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P. BOERO, C. DE LUCA, La letteratura per l’infanzia, Sintesi del corso di Letteratura

capitoli. 2, 3, 4, 8 – Storia della lettura e della letteratura per l’età evolutiva

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021
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Scarica P. BOERO, C. DE LUCA, La letteratura per l’infanzia e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura solo su Docsity! La letteratura per l’infanzia P. Boero C. De Luca CAP. 2, 3, 4, 8 CAP. II - Dopo l'Unità (1870-1878) 1. Introduzione Tra la presa di Roma (1870) e la morte di Vittorio Emanuele II (1878), fra la Storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis (1870) e le raffinate ironie pregaddiane di Carlo Dossi in La desinenza in A (1878), fra il Verga di Storia di una capinera (1871) e quello dei Malavoglia (1881), fra il tramonto della Destra storica post-cavouriana e l'avvento della Sinistra di Depretis, anche il campo della produzione per l'infanzia conosce alcune significative manifestazioni: anzitutto vi è un'aumentata presenza di testate di letture educative e poi il rafforzamento di collane per l'infanzia e di progetti editoriali specifici. Il grande sviluppo dell'editoria educativa si concentra in questo periodo in poche aree regionali del nord e che altre aree regionali risultano di fatto «scoperte» anche se non prive di qualche significativo contributo: è il caso di Napoli. 2. Lettura a scuola 2.1. Lingua e dialetti Negli anni successivi all'Unità d'Italia la questione della lingua diventa un problema di natura sociale e nazionale. Era stato istituito un sistema scolastico esteso all'intero territorio nazionale, si erano elaborati programmi scolastici la cui finalità era di lottare contro l'analfabetismo, ma i risultati furono scarsi. Nel 1867 il ministro della Pubblica Istruzione Broglio allo scopo di elaborare un progetto organico di intervento per la questione linguistica nomina una commissione di studiosi (di essa fa parte anche Collodi) e chiama a presiederla Alessandro Manzoni, il quale già da tempo va sostenendo l'idea di una lingua comune che attinga all’uso vivo del parlato. A conclusione dei lavori, la commissione produce la relazione Dell'unità della lingua e dei mezzi per diffonderla. Il progetto manzoniano propone l'adozione del fiorentino parlato colto come lingua comune per tutti gli italiani e suggerisce alcuni provvedimenti per diffonderlo in tutta la penisola:  Prima di tutto, la compilazione di un vocabolario che sia deposito del parlato comune;  la destinazione di insegnanti toscani nelle scuole di tutta Italia  l'organizzazione di corsi per insegnanti. La proposta di fiorentinizzazione dell'Italia suscita gli entusiasmi di numerosi intellettuali dell'epoca, ma gli oppositori del progetto, gli antimanzoniani non sono da meno. Tuttavia il problema dell’analfabetizzazione non fece grandi passi. 2.2. I libri scolastici Nell’Italia postunitaria, l’industria editoriale è vivace e agguerrita. La produzione di libri scolastico- educativi aumenta notevolmente. Ai volumi editi del passato rivisitati e adattati alle novità dei programmi, si aggiungono testi di autori nuovi. I contenuti dei libri per la scuola sono soggetti a un’estrema rigidità di struttura e di linguaggio. Uno dei modelli più presenti e diffusi è il Giannetto di Parravicini del 1837. Altre opere sono tenute in maggior o minor conto dagli autori di libri scolastici e utilizzate come modello da replicare con più o meno fedeltà. 1 È difficile che un manuale scolastico osi una qualche innovazione rompendo le regole del rispetto ai valori dominanti. Il libro che avesse tentato di vivacizzare il rapporto con i giovani lettori, sarebbe stato destinato alla «bocciatura».  Accade ai libri di Collodi, compreso il Giannettino pubblicato dall'editore Paggi di Firenze nel 1876. Dal Giannettino Collodi deriva una sorta di serial di libri didattici: nel 1878 esce il Minuzzolo, l'anno dopo La geografia di Giannettino, poi La grammatica di Giannettino (1879), Il viaggio di Giannettino in Italia suddiviso in tre volumi ecc. Franco Frabboni analizzando il Giannettino come strumento scolastico riconosce al libro una serie di apprezzabili «distintivi pedagogici» quali:  l'aderenza all'universo infantile;  l'organicità delle conoscenze «secondo una mappa organica dei contenuti»; l'attenzione alle motivazioni spontanee del ragazzo;  la presenza di «più linguaggi d'uso per trasmettere i contenuti»;  l'idea di una pedagogia come sforzo e impegno intellettuali, e anche di «stemmi didattici» quali la fruibilità;  la dinamicità come partecipazione attiva del discente al proprio processo di apprendimento; la integrabilità con altre fonti-strumenti di informazione;  l' organicità nel senso di presenza di una «idea di istruzione che avviene per sommatoria, cumulo di conoscenze». 3. Gli autori e le opere 3.1. Carlo Collodi. Prima di «Pinocchio» Dato che si è parlato di Carlo Lorenzini (1826-90), alias Carlo Collodi dal nome del paese materno, inserito fra gli autori di libri scolastici, vicino alla Ida Baccini delle Memorie di un pulcino piuttosto che all'Edmondo De Amicis di Cuore, possiamo qui riflettere sulle ragioni cronologiche e critiche di questo spostamento perché se è vero che il capolavoro collodiano si colloca pienamente negli anni Ottanta (esce come vedremo sul «Giornale per i Bambini» fra il 188l e il 1883, mentre Cuore vedrà la luce nel 1886), è altrettanto incontrovertibile il fatto che i veri nodi della formazione e le altre opere del padre di Pinocchio hanno stabile collocazione nei decenni precedenti. Lorenzini inizia abbastanza presto a muoversi fra i libri, ma lo fa come giovane praticante presso la Libreria Piatti di Firenze. Sostenitore dell'Unità nazionale, nel '48 parte volontario, ottenendo al ritorno dalla sfortunata guerra un posto di segretario presso il Senato toscano.  È in questi anni che inizia un'intensa attività giornalistica, non abbandona, però, l'impiego amministrativo, che svolge in parallelo con quello letterario. Senza andare troppo nei dettagli conviene procedere con una sommaria individuazione di testi che in qualche modo rappresentano le fondamenta di Pinocchio. Va notato che i testi collodiani nascono su commissione, sono scritti su invito o proposta di un committente legato al mondo della carta stampata. Anche I miseri di Firenze, furono commissionati a Collodi. Dopo l'avventura dei Misteri e un non felice esordio come autore di teatro (1861) con la commedia Gli amici di casa, Collodi prosegue nell'attività giornalistica, e stringe collaborazioni con Alessandro e Felice Paggi. 2 D'altra parte non deve stupire che le fiabe dei Grimm, e più in generale la fiaba come genere letterario, sono state oggetto delle attenzioni pedagogiche di molti fino al nostro secolo, perché la storia della letteratura per l'infanzia in Italia ha spesso costruito i suoi percorsi su precauzioni, assennatezza e quant'altro serva a fare dei distinguo. Se a ciò si aggiunge la vocazione della nostra cultura letteraria a essere sempre alta, ricca di enfasi, sostanzialmente astratta, si capisce che nell'Italia dell'Ottocento si comincino a raccogliere fiabe della tradizione popolare solo alla fine degli anni Sessanta. Solo dalla metà degli anni Sessanta si comincia a discutere di fiaba in modo più articolato: Vladimir Jakovlevic Propp (1895- I 970), docente di lingua e letteratura russa, tedesca e di folclore all'università di Leningrado, viene conosciuto dai lettori italiani nel secondo dopoguerra con la prima traduzione occidentale del volume Le radici storiche dei racconti di fate (1946), ma l'altro suo testo fondamentale, Morfologia della fiaba (1928), deve aspettare per la traduzione italiana fino al '66. Un ritardo oggi in gran parte colmato, ma legato alla scarsa considerazione di cui hanno goduto in Italia proprio i Grimm. Tuttavia, in questo periodo di interesse per la fiaba, quando escono dalla tipografia, le raccolte dei vari Imbriani non hanno come destinatario il giovane lettore; si collocano nel campo della ricerca folclorica e della «sistemazione» letteraria del prodotto. Perché, allora, parlarne? Un motivo di carattere generale, è che, se è vero che la fiaba ha in sé, come ragioni della propria durata nel tempo:  la semplicità,  la seduzione,  la profondità,  il piacere di narrare,  la vivace finezza dell'ingegno;  è anche vero che, rivolta all'infanzia, ne mette in gioco quell'ambiguo candore, quella dichiarata innocenza che ha costituito una robusta cortina ideologica per generazioni di educatori. Pertanto si può anche capire come nella scuola ha avuto in Italia più fortuna la leggenda che la fiaba, cioè quel racconto <<istruttivo>> di fatti di un passato prossimo identificabile anche graficamente rispetto alla laica finzione fiabesca. 3.5. Altri autori, altre opere Altre importante autore per l’infanzia è Luigi Sailer che ha scritto dei componimenti poetici pei bambini dai 5 ai 10 anni scelti, contenuti in L'arpa della fanciullezza. Notizie su Sailer arrivano dal figlio Antonio, che nella prefazione alla sesta edizione (1888) del libro parla dell'origine remota della famiglia, degli studi letterari all'università di Torino, dell'insegnamento in vari licei del Piemonte, dove era stato costretto a emigrare per ragioni politiche, poi a Milano e a Modena. Il volume di Sailer costituisce una mappa preziosa per entrare nell' idea di libro scolastico. Altro personaggio importante per la letteratura per l’infanzia è il reverendo Charles Lutwidge Dodgson (1832-98), docente di matematica a Oxford (1853-81), che conduce un'esistenza monotona, fu scrittore prolifico e ha pubblicato opere di vario genere. Celandosi dietro lo pseudonimo di Lewis Carroll, dà vita al personaggio di Alice, destinato a lasciare una traccia profonda nella storia della letteratura per l'infanzia. Il suo pseudonimo sembra indicare la propensione a tenere celata e distinta dalla reale attività la propria identità di autore per bambini. 5 Sulla figura di Alice lavora molto revisionando il testo in funzione di un vasto pubblico, dei suoi gusti, delle sue tendenze, differenziandosi dal panorama inglese che confeziona libri per bambini con un occhio al divertimento e uno all'educazione. Alice entra con grande leggerezza, ma anche con grande determinazione nel consueto dibattito pedagogico fra letteratura realistica e produzione fantastica. Ha altri pregi perché riesce a staccarsi dalla comune imitazione dei modi e delle strutture fiabe, è infatti un autonomo racconto fantastico, in cui si mescola illogicità, visioni, e nonsense che però, incidono sulla realtà circostante. Su un piano di realismo si colloca, invece, il romanzo più noto dell'americana Mary Mapes Dodge (1838-1905), Hans Brinker (1865), tradotto in Italia dalla tipografia Lombarda di Milano col titolo Pattini d'argento (1876) e resistente al tempo. È, dunque, significativo dal punto di vista storico che le traduzioni pressoché contemporanee di Carroll e Mapes Dodge seguano destini diversi, l'una verso il silenzio, l'altra verso le innumerevoli ristampe. Tra i vari traduttori, posto di primo piano è occupato da Jules Verne (1828-1905), che fin dai primi anni Settanta vanta traduzioni tempestive e successo di pubblico. Verne inizia a trentacinque anni l'attività di scrittore d'avventura. La sua biblioteca è ricca non solo di romanzi, ma anche di riviste e libri scientifici. Nei suoi romanzi pensa a sottomarini, missili, macchine avventuristiche, ma lo fa partendo dall'esistente, muovendosi nella progettazione con totale fiducia nell’intelligenza dell’uomo. All’ inizio dell’attività di Verne come scrittore di viaggi e d'avventure si pone Viaggio al centro della Terra (1864), ma gli elementi base dei volumi successivi sono già tutti presenti: dall'ipotesi scientifica dello «stato liquido» del centro della Terra alla struttura dei personaggi. Verne fa incontrare chimici e fisici famosi realmente esistiti con il personaggio immaginario, protagonista del libro, il professor Otto Lidenbro, dà verosimiglianza alla narrazione, la affida alla dimensione autobiografica, al racconto in prima persona di uno dei protagonisti della spedizione Anche in Ventimila leghe sotto i mari, secondo libro della «trilogia del mare», la narrazione è in prima persona. L’impegno di Verne a rendere vero l'argomento dei suoi romanzi è legato ai suoi stessi protagonisti. L'espediente del racconto in prima persona rende familiare la fantascienza, a fa vedere che in fondo alla genialità dei personaggi c’è una profonda umanità. CAP. III - L'Italia umbertina (1878-1900) 1. Introduzione Il periodo esaminato inizia con la morte di Vittorio Emanuele II, re dell'Unità nazionale, e si chiude con l'uccisione a Monza del suo successore, Umberto I, sono passati più di vent'anni dagli avvenimenti internazionali di carattere culturale e politico ma anche dai diversi mutamenti interni, quali l'allargamento del diritto di voto (1881) la morte di Garibaldi (1882), il trasformismo di Depretis, il governo di Crispi ecc. È possibile arrivare da questi avvenimenti alla letteratura per l'infanzia e rilevare come, «fatta l'Italia», rimanesse da «fare gli Italiani» e soprattutto bisognava sanare quelle ferite psicologiche provocate dalle aspettative che l’«età eroica» del Risorgimento aveva portato con sé. 6 Da due brani, Entusiasmi dello scapigliato Roberto Sacchetti (1847-81) e Cuore di Edmondo De Amicis, pubblicate a breve distanza l'una dall'altra, è possibile individuare mutato atteggiamento nei confronti del Risorgimento. 2. La lettura a scuola 2.1. Lingua e dialetti Nei programmi del 1888 lo spazio riservato all'insegnamento linguistico è minore rispetto a quello di altre discipline, e ciò in base al principio che la scuola deve servire a tre fini:  a dar vigore al corpo,  penetrazione all'intelligenza  rettitudine all' animo. In questo contesto, tuttavia, l'educazione linguistica non è trascurata, al contrario, alcune indicazioni dei programmi di lingua italiana hanno un carattere innovativo e contengono elementi di didattica che ancora oggi si sottoscriverebbero. Dina Bertoni Jovine ha osservato che il forte richiamo dei programmi del positivismo alla realtà vissuta è funzionale all'intenzione di «ricondurre entro l'ambito dell'insegnamento i problemi sociali del tempo»:  il ritardo nell'alfabetizzazione,  le arretrate condizioni nel campo del lavoro e delle conoscenze scientifiche e tecnologiche,  la frattura tra nord e sud,  lo sfruttamento del lavoro minorile,  la crescente protesta popolare sono le questioni alle quali gli educatori positivisti pensano che la scuola possa dare un qualche contributo utile. Ma il progetto non trova terreno favorevole. Le critiche ai programmi del positivismo e alle finalità sociali che li ispirano non si fanno attendere. In questo clima di restaurazione politica e culturale matura l'idea di programmi nuovi che tolgano «il troppo e il vano» dai precedenti. Si afferma la nuova filosofia di scuola che il ministro Baccelli racchiude nella formula «Istruire il popolo quanto basta, educarlo più che si può». Come dire: la scuola deve educare alla moderazione e deve funzionare come apparato per arginare le tensioni sociali. In materia di insegnamento linguistico i programmi del 1894 accentuano il carattere antidialettale e ripristinano l'insegnamento grammaticale. 2.2. I libri scolastici I programmi del 1888 sono quindi animati da determinati principi. Il maestro, deve saper prendere spunto per le sue lezioni dagli elementi di più immediata esperienza, quali la forma degli oggetti, la loro genesi, l'uso a cui servono, ecc. Un primo catalogo delle «cose» che possono essere oggetto di attenzione lo troviamo nei sillabari dove le pagine ospitano disegni e nomi di materiali il più possibile vicini all' esperienza infantile. In generale però, è difficile che i libri di testo aderiscano alle nuove indicazioni dei programmi del positivismo. I temi, i contenuti, i toni delle letture sono quelli di una tradizione che ruota intorno ai valori della Patria, della Religione, della Famiglia. 3. Gli autori e le opere 7 De Amicis pubblica L'idioma gentile nello stesso anno in cui vengono emanati nuovi programmi per la scuola elementare. C’è un collegamento tra l'uno e gli altri  poiché sono animati da una identica concezione di educazione linguistica, quale:  netta avversione al dialetto e volontà di estirparne ogni manifestazione  ansia di una lingua unitaria che porti a compimento il processo di unificazione politica e sociale, La diffusione del modello fiorentino di italiano sono i capisaldi del progetto educativo di quegli anni di cauto e moderato progressismo. Addirittura il libro assume la natura di documento ufficiale della politica ministeriale in materia di educazione linguistica. L'idioma gentile è la conclusione e la messa a punto del suo lungo processo di riflessioni sulla lingua e al contempo interpreta l’aspetto linguistico del progetto educativo concepito con la pubblicazione di Cuore.  Tale progetto è caratterizzato dalla consapevolezza che l'unità politica realizzata in Italia è solo il primo passo di una unità assai più sostanziosa ancora da realizzare. Sostenitore delle idee linguistiche di Manzoni e quindi dell’uso vivo di Firenze come norma ideale del parlare e scrivere, De Amicis non dare il suo contributo alla causa. Egli non si pone il problema di come fare per portare la lingua italiana verso le classi sociali meno colte, L'idioma gentile si rivolge, infatti, ai giovani rappresentanti della buona borghesia alla quale sono affidati gli interessi e le sorti del paese. 3.3. Emilio Salgari Emilio Salgari (1862-1911), veronese, di origini modeste, non termina gli studi al Nautico di Venezia e rinuncia alla carriera sul mare che trova invece tanto spazio nella sua opera. Dopo alcuni anni di giornalismo (1887-93) la contemporanea pubblicazione in volume dei primi romanzi (La favorita del Mahdì, Duemila feghe sotto l'America, La Scimitarra di Budda) e il matrimonio con Ida Peruzzi (1892), si trasferisce a Torino (1893); qui l'editore Speirani gli offre una serie di collaborazioni alle sue pubblicazioni per l'infanzia e l'adolescenza e gli permette di vivere del lavoro di scrittore e qui risiederà fino alla morte. Salgari e Ida hanno quattro figli, ma sembrano non essere totalmente in grado di controllare la situazione familiare: Emilio lavora moltissimo ma ha sempre problemi di bilancio, Ida, dopo la tragica conclusione di un parto gemellare (1903), comincia a dare segni di squilibrio mentale e finisce internata in manicomio (1911). Per combattere la tensione, ma anche per mantenere un ritmo di lavoro sostenutissimo, lo scrittore abusa di sigarette e marsala, ha problemi di parziale cecità da un occhio, cade, quindi, ancora di più in profonda depressione, ricorda il suicidio del padre (1889), lo tenta anche lui una prima volta (1908), ma fallisce; riesce nell'intento nel 1911 tagliandosi gola e ventre con un rasoio in un bosco vicino a Torino e lasciando una toccante lettera ai figli e un atto d'accusa contro i suoi editori. Indubbiamente Salgari è vittima di un'editoria selvaggia, preoccupata soprattutto dei risultati di vendita  ma va anche ribadito che probabilmente lo scrittore porta in sé quella disorganizzazione, che se da un lato gli consente di assumere nomi di fantasia per poter riempire più pagine, dall'altro gli impedisce ogni razionale pianificazione del lavoro e dell'amministrazione della famiglia. Salgari cambia molti editori e ogni volta è sostanzialmente deluso. 10 Dall'editore genovese Antonio Donath, conviene partire per avvicinarci all'opera salgariana, già titolare fin dal 1886 di una biblioteca circolante, quando diventa editore di testi popolari e d'avventura conosce i gusti del pubblico e sa cosa chiedere agli autori; pertanto non esita a tracciare precisi itinerari-guida. L'editore fa certamente fortuna con i romanzi salgariani, che vedono molto e in pochi mesi, tuttavia non riconosce a S. condizioni particolarmente favorevoli tanto che passa con Bemporad di Firenze. Molte sono le opere salgariane che ancora oggi conservano una loro freschezza, tra questi in primis i romanzi del West. Il mondo del West salgariano non è quello preciso, storicamente attendibile anche nel dettaglio, lo stesso Salgari non rivendica al suo West grandi spazi, la sua produzione su questo versante appare limitata a una decina di testi. E da questi appare evidente che le descrizioni della natura, della vita degli animali, la sistemazione narrativa dei tipi umani nascono in funzione della volontà di avventura dei protagonisti, i quali, soprattutto nei tre romanzi forse più noti (Sulle frontiere del Far-West, La Scotennatrice, Le Selve Ardenti) perché costruiti come una breve saga della durata di un quindicennio (1863-78), sono impegnati a risolvere difficoltà, a superare ostacoli, a non restare mai immobili. La quotidianità della narrazione salgariana è data, anche dal tipo di linguaggio utilizzato dallo scrittore, un linguaggio molto vicino al parlato e ai modi di dire tipici della conversazione popolare. L'ultimo elemento che colpisce riguarda la presenza di alcuni elementi scabrosi utili a far provare quei brividi di paura-desiderio ai lettori. È chiaro, allora, come un simile autore non piacesse ai benpensanti, non convincesse coloro che richiedevano alla letteratura per i giovani insegnamenti. Neppure il successo di pubblico anche europeo diminuisce la diffidenza degli adulti educatori, del resto solo in anni recenti la cultura accademica ha iniziato ad accorgersi della <<miniera Salgari>>. 3.4. Altri autori, altre opere 3.4.1. Figlie d'un ideale matrimonio fra De Amicis e Louisa Alcott. Se parlare di produzione didattico-morale per giovinette non costituisse un fatto fortemente limitativo dal punto di vista dell'interpretazione critica, bisognerebbe dire che Anna Vertua Gentile (1850-1926) e Sofia Bisi Albini (1856-1919) rappresentano le scrittrici ideali in grado di muoversi con identica disinvoltura fra aneddoti, moralità, storie, scenette, episodi religiosi, consigli pratici, testi di invenzione. Quando la prima ci consegna volumi come Istruzione infamiglia 125, appare evidente che l'impegno non è solo quello <<artigiano>> ma è anche quello dell'industria editoriale che comincia a impostare collane e a curare l'aspetto grafico del prodotto per bambini; significativo è il fatto che la casa editrice Hoepli, affida a Vertua Gentile la cura della parte femminile della collana <<Italia Giovan>>. Anche Bisi Albini vive a contatto con il mondo della scuola, ha un incarico istituzionale, quello di ispettrice degli Asili e delle Scuole elementari di Milano. Il testo di Bisi Albini forse più interessante è Il figlio di Grazia, in cui ci sono tutti gli elementi tipici della sua produzione:  una certa pedanteria descrittiva,  una scarsa attenzione al paesaggio,  un’indubbia capacità di descrizione degli stati d'animo. 11 Quindi Il figlio di Grazia è fonte di motivi tipici della letteratura per l'infanzia di fine Ottocento. Neppure Virginia Treves Tedeschi (1849-1916), in arte Cordelia, brilla come narratrice autonoma da pregiudizi, opportunismi pedagogici, moralismi, a partire dal periodico di letture per l'infanzia, <<Giornale dei fanciulli>> (1881-91), diretto insieme al primo marito Achille Tedeschi, per finire al suo libro forse più noto, Piccoli eroi. Cordelia teme l'interclassismo, prova paura all'idea della perdita di privilegi e potere da parte della sua classe di appartenenza  per questo motivo attua tutte le possibili strategie narrative per nascondere commozioni e pietà all'interno di gerarchie sociali definite. Due casi a parte sono poi quelli di Eva Cattermole Mancini (1846-96) conosciuta con lo pseudonimo di Contessa Lara, e di Emma Perodi (1850-1918). La prima appare disposta a evadere da schemi convenzionali. La sua stessa vita, <<scandalosa>> per l'epoca, terminò teatralmente con il suo omicidio da parte del convivente, il pittore Pierantoni.  produzione in versi che per le novelle e le storie per bambini, da Storie di Natale, in cui riprende il tema dei piccoli saltimbanchi trovati morti nel gelo e affronta senza troppo moralismo il problema dell'infanzia sfruttata e abbandonata, a Una famiglia di topi, in cui, facendo convivere i bambini di una famiglia nobile con la nidiata di una coppia di topini, dà agli animali il compito di riflettere sull'umanità e sulle sue debolezze. Emma Perodi, è stata riscoperta da Antonio Faeti che ha sostenuto la necessità di una lettura differenziata dei suoi testi. Perodi è figura moderna e ha coscienza del pedaggio cui obbliga il moralismo dell'epoca e il percorso di Cuore del popolo e di Cuoricino benfatto risulta, al riguardo, assai indicativo. Solo nelle fiabe abbandona gli aspetti più banalmente didattici e i suoi testi colpiscono per l'originalità nei confronti non tanto dei lavori delle scrittrici coetanee, quanto di quelli degli tanti folkloristi volti a ricostruire fedelmente il dettato popolare. 3.4.2. Stranieri in Italia. Robert Louis Stevenson (1850-94), scrittore per vocazione ha instabile salute e vita avventurosa, vissuta sulle due sponde dell’Atlantico in Europa e in America e, infine, dopo altri viaggi, a Upolu (1891) nelle isole Samoa, diventando per la gente del luogo Tusitala, il narratore. Pubblica articoli, saggi, racconti e romanzi. Nel periodo 1878-1900 approdano in Italia altri numerosi titoli stranieri ed è segno positivo di un'industria editoriale che comincia a lasciare i rassicuranti canali del libro didattico per affrontare il mare aperto dell’amena lettura o almeno del prodotto da vendere al di fuori dei consigli di maestri, genitori e altri adulti ragionevoli. Dall'Inghilterra giunge la traduzione di Misunderstood (1869) di Florence Montgomery (1843-1923), che contribuisce a indirizzare la nostra letteratura verso un bambino protagonista disegnato in tutta la sua complessità psicologica, nei suoi difficili rapporti con il mondo adulto; Incompreso è certo romanzo passato come classico della letteratura per l'infanzia più commovente, ma in questo caso ci interessa ribadirne la centralità anche rispetto alle traduzioni di altri classici, provenienti dal mondo americano: The Lamplighter (1854) di Marie Susanne Cummins 12 La narrativa di tipo realistico trova in Giuseppe Ernesto Nuccio (1874-1933) un significativo rappresentante. La storia personale di Nuccio è esemplare perché fu davvero figlio del Risorgimento: suo padre, palermitano, ufficiale dei bersaglieri di La Marmora, sposò la milanese Clotilde Gerli, figlia di uno scultore piuttosto noto, e dal nord tornò in Sicilia nel 1878. La storia personale di Nuccio è stata ampiamente rievocata elogiata per evidenziare la precoce vocazione pedagogica e la sensibilità verso i più deboli e sofferenti. In realtà una valutazione completa dello scrittore avrebbe richiesto fin dagli anni Cinquanta, in cui molte sue opere furono ristampate, un atteggiamento diverso, pronto a verificare sui testi dichiarazioni critiche di sostegno incondizionato. Nuccio si muove sul terreno della produzione per l'infanzia in modo articolato, è attento all'evoluzione dei tempi, ai cambiamenti delle esigenze degli adulti educatori. Egli però non sa, infatti, sfruttare totalmente ciò naturalismo e verismo nella loro versione <<siciliana>> gli offrono. Significativo è il fatto che accanto al Nuccio scrittore abbia convissuto il Nuccio operatore culturale, e non è neppure casuale che le aspirazioni ideali del Nuccio verista trovino accoglienza nell'ideologia e nella prassi educativa del regime fascista. Fra il Nuccio verista dei Racconti della Conca d'Oro e quello fascista del Richiamo dei fratelli è possibile collocare il resto della sua esperienza di narratore, in particolare quella che va dai racconti di Bambini e bestiole a Orlandino alla ricerca di Angelica: nessuno dei racconti brilla di originalità. 3.3. Enrico Novelli (Yambo): la coazione al racconto Yambo, pseudonimo di Enrico Novelli (1876-1943), muove i primi passi della sua formazione nell'ambiente teatrale, la sua è una teatralità fantasiosa, sorridente, a volte irriverente. Ma anche facilona e spavalda. La sua carriera di scrittore, disegnatore, giornalista, drammaturgo inizia con un'alta consapevolezza di sé e del suo mestiere: a 15 anni pubblica il suo primo romanzo, di matrice verniana, Dalla Terra alle Stelle, subito dopo scrive e illustra Il cavaliere nero e fonda e dirige «Il Marciapiede» una <<Rivista Settimanale Illustrata di Yambo>>. Da quegli anni in poi Yambo pubblica un centinaio di libri, molti racconti e novelle, collabora a giornali e riviste, dirige il quotidiano di Firenze <<La Nazione>> e fonda un <<Teatro dei Fantocci>> che ha molto successo in Italia e all'estero. Ordinare la vasta produzione di Yambo e individuare dei filoni narrativi o dei periodici è impresa difficile e inutile. Possiamo però distinguere romanzi di avventure, romanzi storici, scritti umoristici, libretti di divulgazione scientifica, racconti, fantascienza, scritti teatrali. Leggendo i suoi libri si ha spesso l'impressione di trovarci in un universo narrativo nato da un accumulo di materiali di varia provenienza. Yambo si appropria di vari linguaggi e schemi narrativi e li riutilizza, magari per farne parodia, nelle sue storie per ragazzi. La sua carriera di scrittore prende il via con storie alla Salgari. Fa il verso a Poe con Il manoscritto trovato in una bottiglia, conosce i romanzi francesi di Jules Verne e Camille Flammarion ed è molto più vicino a Albert Robida. Trova adatti soprattutto le esperienze letterarie che tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, in Italia e all'estero, si ispirano al nascente mito del progresso e della macchina e che avranno esplicita e compiuta espressione nel Futurismo. È difficile trovare nella produzione di Yambo zone che consentano al lettore di soffermarsi a riflettere. Ad esse manca anche la dimensione utopica che si sposa bene con l'immaginazione. 15 Il carattere fondamentale della scrittura di Yambo è quello di una autentica coazione a raccontare, di un irrefrenabile assillo narrativo. Altri fattori specifici della scrittura yambiana sono:  il carattere esagerato delle sue trovate;  il tono umoristico e goliardico;  la rinuncia a ogni morale conclusiva e a qualsiasi ammaestramento edificante. Questi ingredienti quando sono ben combinati ed evitano di cadere in eccessi e in compiacimenti creano una ricetta narrativa che raggiunge immediatamente la curiosità e l'intelligenza dei ragazzi. Si stabilisce così tra scrittore e lettore un rapporto di pieno coinvolgimento e pare che la lettura, come puro divertimento, sia connaturato alla scrittura di Yambo. 3.5. I volteggi di Antonio Rubino Antonio Rubino (1880-1964), poeta, scrittore, illustratore, pare fra le vittime più illustri del pregiudizio che vuole la produzione per l'infanzia e per l'adolescenza chiusa in spazi ristretti, in oasi di sereno moralistico buon senso, in paradisi davvero artificiali di innocenza e candore. Rubino esordisce in volume nel 1911 con Versi e disegni, il libro oltre a segnalare l'invenzione di un modo specifico di fare, consente di verificare il solido legame fra le prime prove poetiche e la successiva produzione per bambini comprese le bande disegnate, le vignette, i cartoni animati. L’universo di Rubino si divide con velocità in suoni e sensazioni, diventando parodia delle tentazioni del simbolismo esagerato.  Proprio perché coinvolge il lettore nelle sue trame di immagini e parole, non rinuncia a giustiziare con l'ironia e il grottesco ogni pretesa di morale assoluta. Nel corso della sua carriera Rubino crea almeno una cinquantina di personaggi, dal 1934 assume la direzione del mondadoriano<<Topolino>>. Delinea tipi e caratteri, mescola elementi diversi, ma non abbandona la razionalità della sua costruzione. Nel primo dopoguerra, Rubino è impegnato su molti fronti di produzione, ma soprattutto nella stesura e pubblicazione di due brevi romanzi illustrati, Viperetta e Tic e Tac, ovverossia l'orologio di Pampalona, che da un punto di vista storico costituiscono sicuramente il vertice del percorso creativo dell’autore, non solo per la loro storia editoriale ma anche perché diventano il compendio di tutti i temi rubiniani. La vocazione antiretorica aiuta Rubino a evitare quelle intonazioni moralistiche che caratterizzano la letteratura patriottica dai <<tamburini sardi>> ai <<piccoli alpini>> e gli impedisce eccessivi atti di fede anche durante il fascismo. In conclusione possiamo dire che R. apparentemente interessato solo al suo lavoro, aveva saputo guardarsi intorno, leggere la realtà del mondo contemporaneo e restituirne una sintesi movimentata, divertita, più ottimistica di quella prodotta agli inizi della sua lunga carriera. 3.6. I crepuscolari dell'infanzia La presenza dell'infanzia nelle opere dei crepuscolari è duplice:  un lato è la dolceamara età trascorsa, la dimensione di vita disimpegnata dai vincoli della realtà adulta;  dall’altro, il bambino viene visto come fattuale interlocutore e destinatario di scritti in prosa e in versi. Ricordo e ritorno all’'infanzia attraverso il ricordo della propria esperienza acquistano toni a volte patetici e nostalgici, altre volte toni malinconicamente estenuati per una serenità perduta e non 16 più riconquistabile. Sono sempre comunque il risvolto personale e autobiografico di un disagio generale legato alla crisi della cultura e dell'ideologia borghese sentita agli inizi del secolo.  Ciò che più importa è la vera e propria rivoluzione del linguaggio poetico tradizionale che i Crepuscolari attuano nel primo decennio del secolo. Ai modi solenni e ricercati dell'Ottocento e alla retorica dannunziana essi sostituiscono un linguaggio che si ritira, spesso con animo ironico e insieme nostalgico, a rappresentare la quotidianità delle piccole cose, l'universo dell'intima familiarità e dei luoghi grigi e provinciali. Uno stile polemicamente dimesso fatto di vocaboli d'ogni giorno. La seconda dimensione che si concretizza nella produzione di versi e fiabe per l'infanzia, è quella che autorizza a dedicare attenzione ai Crepuscolari in un panorama storico di letteratura giovanile. Questa produzione è segnata nella maggior parte dei casi dalla tenerezza e dall'abbandono dall'affabilità e dal gioco, innegabile è però lo stretto intreccio tra i due ambiti di scrittura. Il catalogo degli scritti destinati specificamente all'infanzia non è cospicuo. Prima di passare all'esame di questi scritti, dobbiamo soffermarci su alcuni autori del crepuscolarismo infantile:  Lina Schwarz (1876-1947), autodidatta, attenta ai problemi sociali soprattutto poetessa per bambini.  Corrado Govoni (1884 -1965) è celebre e celebrato nell' ambito della letteratura giovanile grazie a una poesia La Trombettina. L'unica opera che Govoni scrive per l'infanzia è quel quasi sconosciuto Libro del bambino pubblicato a Milano nel 1913 presso l'editore Rizzoli, in una edizione particolarmente curata.  Veramente singolare il caso di Aldo Palazzeschi (pseudonimo di Aldo Giurlani, 1885-1974). Pur non avendo scritto nulla per l'infanzia, ha avuto e continua ad avere grande fortuna presso i piccoli specie per certi suoi componimenti poetici, inseriti in libri di lettura per la scuola elementare e nelle antologie per la scuola media. C’è da dire che l'esperienza dei Crepuscolari, sovrapposta e intrecciata a quella del pascolismo, avrà una lunga schiera di seguaci che sin estenderà fino agli anni Cinquanta. 3.7. Guido Gozzano: l'aulico e il prosaico Guido Gozzano, esponente dei Crepuscolari, nel 1914 riunì sei fiabe per il volume I tre talismani. Un'altra raccolta di sei fiabe, ordinata dall'autore, fu pubblicata nel 1917 presso l'editore milanese Treves, con illustrazioni di Golia (Eugenio Colmo), con il titolo La principessa si sposa. Le due raccolte hanno avuto per tutto il Novecento notevole fortuna presso i lettori più giovani. Gozzano scrisse per bambini anche alcuni versi che risultano marginali rispetto al resto della sua produzione poetica. È questo un piccolo gruppo di otto liriche nate come poesia d'occasione, che furono riproposti per decenni a intere generazioni di piccoli scolari nei libri di lettura della scuola elementare. Non marginali nella produzione gozzaniana sono le fiabe, le quali meritano attenzione in quanto contengono molti degli elementi classici dei racconti popolari, non soltanto sono abitate da fate, orchi, maghi e maghesse, re e regine, principi e principesse, gnomi e animali mostruosi, ma le vicende si sviluppano secondo i moduli e i procedimenti tipici della tradizione. La rivisitazione che G. fa della fiaba tradizionale è un’operazione che ha precedenti illustri, in Capuana e Collodi. In fine, in quanto a temi e personaggi inventa poco, rimanipola materiali vari antichi e moderni che ricava da classici italiani e stranieri della letteratura popolare. 17 Era, questo, l'obiettivo dell'esistenza e della diffusione del <<Giornalino>>; ad esso contribuirono scritti di molte firme prestigiose ma il progetto fu tenuto vivo e alimentato soprattutto dalle famose Pìstole d'Omero, di Ermenegildo Pistelli. Quando il Gian Burrasca uscì in volume, nel 1912, il messaggio ideologico risultò ancora più appoggiato e più esplicito. Per comunicare con i suoi giovani lettori Vamba adotta una lingua colloquiale che è il risultato di un impianto stilistico, sintattico lessicale riconducibile a quella che i linguisti indicano come varietà toscana degli italiani regionali. Direttore del settimanale e autore delle avventure del giovanissimo personaggio, è troppo avvertito promotore delle sue avventure per non prestare attenzione alle ragioni linguistiche connesse alla diffusione del giornalino. Resta da osservare poi che l'opzione stilistica contribuisce a salvaguardare Vamba dagli intimismi pedagogici ancora presenti, come eredità della cultura deamicisiana, in troppi scritti per l'infanzia. Detto ciò, può essere utile vedere da vicino alcuni degli elementi di colloquialità che evidenziano la lingua del Gian Burrasca. I caratteri più evidenti sono i seguenti:  La mimesi dell'oralità , numerosi sono i passaggi della narrazione articolati secondo i parametri e i ritmi del parlato;  Il discorso libero indiretto, il fenomeno d’intreccio tra due punti di vista, quello del narratore e quello del personaggio, è disseminato per tutta l'estensione del libro;  Il <<che>> polivalente. 3.12. Ermenegildo Pistelli: nei panni di Omero Redi Il frate scolopio Ermenegildo Pistelli (1862-1927), filologo, scrittore, educatore, quando scriveva per ragazzi, aveva bisogno di un alter ego Omero Redi capace di guardare e giudicare con gli occhi scapati di ragazzo <<privo del senso del contrasto e della relatività>> e al tempo stesso di far tesoro della ricca esperienza e della sanguigna visione del mondo del <<professore>>. Dal 1906 al 1911 sulle pagine del «Giornalino della Domenica» escono le Pìstole che Omero Redi, indirizza al direttore del periodico, Vamba, per raccontare <<tante cose buffe che succedono nelle scuole>>.  Le Pìstole funzionano come un osservatorio delle vicende politiche, culturali, scolastiche, oltre che di costume. Accanto alle voci di autorevoli intellettuali gli interventi del ragazzo per finta Omero Redi sul «Giornalino della Domenica», si guadagnano un proprio spazio specifico, e la sua voce non è intimidita dal confronto. Vestiti i panni dell'enfant terrible o <<ragazzo camorro>> Pistelli ironizza su questioni linguistiche, scolastiche e pedagogiche, politiche . Gli obiettivi preferiti sono soprattutto quelli politici. Toni meno violenti usa per qualsiasi altro motivo di polemica che non sia politico, anche per le questioni pedagogiche che più di frequente lo vedono non essere d’accordo con l'ufficialità ministeriale e accademica. La figura di Pistelli è segnata da contraddizioni, e al riguardo sono state espresse opinioni contrastanti. 3.13. Collodi Nipote e <<Sussi e Biribissi>> Paolo Lorenzini (1876-1958), figlio di un fratello di Carlo Collodi, calca, firmandosi Collodi Nipote le scene della letteratura per l'infanzia per moltissimi anni come autore di testi narrativi e continuatore del Pinocchio dello zio , scrittore per la radio e il cinema, traduttore, direttore di periodici per ragazzi. Il successo pieno, comunque, non gli sorride mai anche se come scrittore sa 20 far tesoro delle sue esperienze lavorative al punto che i tre anni passati in Argentina gli servono per la pubblicazione di tre romanzi di discreta fattura: Le avventure di Chifellino, Il testamento di Berlingaccio, Chitarrino e Tirindello. L'unico testo che pare offrire più spunti a livello critico è Sussi e Biribissi, in cui non mancano quel tratto toscano e quell'ironia tipici del Collodi maggiore.  Sussi e Biribissi è un piccolo capolavoro: due ragazzi, Sussi e Biribissi molto diversi nel fisico, ma legati da grande amicizia, vogliono imitare i protagonisti del verniano Viaggio al centro della Terra e affrontano un’assurda discesa negli inferi delle fogne di Firenze: il mondo sotterraneo riserva loro numerose sorprese, e dopo varie peripezie Sussi e Biribissi torneranno in superficie. Nel libro giocano un ruolo di rilievo anche gli animali. Bisogna tuttavia osservare che le vicende di Sussi e Biribissi sono un ricalco della trama del Don Chisciotte della Mancia di Cervantes :  per la dinamica degli avvenimenti  anche per il motivo generatore della storia. Gli elementi comuni ai due libri sono molteplici:  prima di tutto i personaggi, tre in entrambi i casi (due umani e un animale)  la finalità del viaggio intrapreso, un itinerario intenso, una meta soltanto immaginata e nei fatti mai raggiunta, che occupa totalmente pensieri e azioni dei protagonisti. Quello che conferma l'ipotesi del ricalco è la comune idea generativa delle due storie. Collodi Nipote sembra aver avuto un vero culto per il capolavoro di Cervantes, fino a costruire nel suo racconto Il cavalier Pellicola la <<storia quasi vera di un piccolo Don Chisciotte>>. Il romanzo vive autonomamente grazie ad un sapiente dosaggio di situazioni grottesche e di allusioni a un immaginario popolare costruito proprio su quelle fantasie narrative che Collodi Nipote sembrava temere. La sua lingua è farcita di toscanismi, il tono narrativo concitato, scomposto, denso di effetti comici inattesi. 3.14. Altri autori Tomaso Catani e Alberto Cioci sono due autori contemporanei, che conservano un ruolo di testimonianza attraverso due cicli narrativi, che ebbero successo, la <<collezione Marchino>> per Catani e la trilogia dedicata alla continuazione di Pinocchio per Cioci. Tomaso Catani (1858- 1925), docente di Storia naturale alle Scuole Pie fiorentine e autore di numerosissime pubblicazioni, dalla storia Ugo e Beppino a quella del Cavalier Mirtillo, dal romanzo umoristico Rosellino sulla Luna, a quello di carattere storico-religioso Il pergolato delle rose, nelle sue pagine sembra abbandonare i percorsi segnati da una doppia tradizione, quella che approfitta del racconto per trasmettere dati e nozioni scientifiche e quella esopiana che veste gli uomini con costumi animali. Catani è interessato a recuperare da profondo dell'immaginario collettivo le suggestioni favolose, mostruose, esotiche degli antichi bestiari e le oscure presenze della favolistica popolare. Non è un caso, che due dei più attenti lettori della produzione per bambini nell'Italia postunitaria, Luigi Santucci e Antonio Faeti, assegnino a Catani un posto di rilievo; secondo Santucci, infatti, lo scrittore miscela sapientemente reale e fantastico, non puntando su ammaestramenti ma sulla fantasia. Antonio Faeti dedica all’autore pagine che mostrano non solo l'efficacia del sodalizio 21 Catani-Chiostri, ma indicano anche un preciso itinerario di lettura per tutti quegli altri autori perché fuori dagli schemi pedagogici. Alberto Cioci (1867-1925), noto soprattutto come continuatore di Collodi in una trilogia che ha avuto vasta notorietà è l'esempio di come un autore per l'infanzia possa rielaborare motivi e personaggi noti senza scadere nel convenzionale e contribuisce positivamente a un'educazione del gusto. L'elemento magico risulta poco presente nella trilogia. L'ironia di Cioci tocca convenzioni sociali, conformismi, ipocrisie, la Toscana granducale e agricola che tanto peso ha avuto nella storia dell'educazione nazionale e nella stessa evoluzione della letteratura per l’infanzia costituisce un punto di partenza anche per il lavoro di Cioci. I primi anni del secolo sono fecondi di buone sorprese anche perché conoscono la presenza di autori attivi in altri campi, ma che si cimentano nella scrittura per bambini con pochi testi. Il caso forse più significativo è quello di Luigi Barzini (1874/1947), giornalista di fama mondiale, inviato speciale del <<Corriere della Sera>>, presente sui luoghi di molti conflitti. È proprio il gusto della modernità di Barzini, unito a una magica atmosfera orientale, gioca un ruolo determinante nel suo unico, validissimo libro per bambini Le avventure di Fiammiferino (1906), ambientato durante il conflitto russo-giapponese. Anche Tomaso Monicelli (1883-1946) appartiene alla schiera di giornalisti che si sono dati alla scrittura per l'infanzia. I manuali di letteratura giovanile ignorano la figura e l'opera di Monicelli. Eppure egli ha nel campo della letteratura per ragazzi un ruolo non irrilevante sia come scrittore che come editore. Mentre Collodi, Vamba e Rodari hanno dedicato all'invenzione di storie infantili un impegno specifico che li ha portati a innovare rispetto al passato e a creare figure immortali Barzini e Monicelli sono stati stimolati piuttosto dalla curiosità di provare a cimentarsi con modalità di scrittura lontane da quelle abituali. Fra gli autori attivi in altri campi, ma non lontani dalla produzione per l'infanzia, dobbiamo ricordare anche Renato Simoni (1875-1952), commediografo, critico teatrale di ambiente milanese, talento agile, eclettico e discorsivo, che nel 1913 sul <<Corriere dei Piccoli>>, in anonimato, dà vita al Collegio La Delizia in ottonari illustrati da Antonio Rubino. Simoni e Rubino inventano uno dei tanti mondi alla rovescia cari a una letteratura per l'infanzia anticonvenzionale e scarsamente propensa al moralismo; nell'universo capovolto del collegio il lettore può trovare, infatti, tutti quegli elementi di dissacrazione e stravaganza che se da un lato costituiscono la cifra stilistica dello stesso Rubino, dall'altro confermano l'esistenza in Italia di una linea minoritaria attenta a correggere con umorismo e ironia le conclusioni forzate e il moralismo dei messaggi destinati all'infanzia. Fra gli scrittori solo occasionalmente prestati alla scrittura per bambini è opportuno inserire un ultimo nome, quello di Renato Fucini (1843-1921), noto come poeta in gergo pisano (con lo pseudonimo di Neri Tanfucio) e come osservatore e bozzettista del mondo toscano. 22  lo sviluppo dell'industria culturale e in particolare dell'editoria, a volte nelle forme di coraggiose e intelligenti iniziative. Segno di un'attenzione all'infanzia meno episodica e casuale rispetto al passato è la nascita della rivista <<Schedario>> che sotto la direzione di Enzo Petrini diventa un apprezzabile mezzo di informazione e cultura intorno al prodotto per il bambino. Negli anni Cinquanta nascono premi letterari, ma per l’editoria non si aprono nuovi orizzonti della letteratura per l'infanzia, poiché si continua a parlare di censure, di commissioni di controllo sulle pubblicazioni per bambini, di battaglie per la buona stampa. Vi sono però molte iniziative innovative. Negli anni Sessanta, si sviluppa una particolare area di diffusione dei libri per l'infanzia determinata, poi, dai rapporti che la produzione editoriale istituisce con la scuola. Dopo la legge che introduce nella seconda e terza media la lettura obbligatoria di un'opera di narrativa moderna, italiana o straniera, alcune case editrici danno vita a collane specifiche di testi commentati. Per parte sua la scuola promuove esperienze di insegnamento che sfociano nella produzione di testi che, una volta pubblicati, hanno grande successo. Il caso più celebre è quello del maestro elementare Mario Lodi. Nella sua scuola di Vho di Piadena, in provincia di Cremona, nasce Cipi, che Lodi scrive rielaborando testi dei suoi alunni. In relazione ai contenuti dei libri per l'infanzia, distinguiamo due filoni:  uno progressivo, libertario, democratico, che riesce a svincolarsi dal tradizionale patetismo ottocentesco ed è alimentato dalla volontà di confrontarsi con i problemi più cocenti dell’attualità per presentarli, senza mascheramenti ai ragazzi.  uno conservato e moralista, che coincide con la produzione cattolica ed è sostenuto dalle correnti conservatrici della pedagogia. 2. La lettura a scuola 2.1. Lingua e dialetti In questi anni è naturale che l'uso dei dialetti come unici idiomi di comunicazione quotidiana è dominante. La crescita di ruolo dell'istruzione negli anni Cinquanta e Sessanta non è lineare, ha momenti di arresto e di ripresa, fa registrare occasioni e fermenti di innovazione, come, ad esempio, l'elevamento dell'obbligo scolastico a 14 anni, e diffusi atteggiamenti di conservazione e di reazione, come il processo di clericalizzazione dell'insegnamento primario. I programmi per le scuole elementari del 1955 si collocano tra le scelte politiche e culturali conservatrici, soprattutto per gli aspetti istituzionali e strutturali che li caratterizzano. Dobbiamo richiamare ora due fondamenti concettuali: 1. il primo stabilisce che il mondo del bambino è intuizione, fantasia, sentimento, senza considerare gli interessi scientifici pure presenti e vivi nel comportamento dei piccoli; 2. il secondo fondamento dei programmi consiste nel generalizzare il carattere confessionale che i programmi danno all’istruzione. 25 In materia di educazione linguistica i programmi del '55 respingono il naturale plurilinguismo che caratterizza le esperienze comunicative umane e affermano il principio del monolinguismo che li porta a sostenere una indifferenziata nozione di lingua scritta e lingua parlata e, ancora una volta, a considerare il dialetto idioma imperfetto. 2.2. I libri scolastici I libri della scuola elementare degli anni Cinquanta e Sessanta sono stati oggetto di molte attenzioni e analizzati con particolare cura, hanno suscitato dibattiti e polemiche. Dalle analisi i sussidiari e i libri di lettura escono in pessimo stato, le accuse sono pesanti, tutte in abbondanza documentate. I dati mettono in evidenza che il libro di lettura vive in un altro mondo, un mondo verde e fiorito, un mondo meraviglioso per tutti i bambini senza distinzione. L'inadeguatezza educativa, e anzi la nocività, dei libri di testo erano state denunciate già tre anni prima, nel 1969, da un gruppo di maestri di Genova che avevano consultato un gran numero di sussidiari e di libri di lettura e ne avevano ricavato sufficiente materiale per dimostrare quanta stupidità era diffusa da questi libri. Questa protesta riscuote successo e suscita roventi polemiche:  da una parte si schiera chi si dichiara contro i libri di testo e ne chiede l'abolizione a favore di una pluralità di materiali sostitutivi più vivi e stimolanti;  dall’altra c'è chi, da destra e da sinistra, difende la funzione educativa del libro di testo e al massimo ne propone miglioramenti sostanziali per renderlo più efficace nell'azione formativa. Nessuno, com'è ovvio, vuole rinunciare al libro come strumento di formazione dei bambini. Dal versante della pedagogia laica del MCE viene proposta alla scuola l'idea, già realizzata da Freinet in Francia, di una <<Biblioteca di Lavoro>>, una collana di monografie sui temi più disparati di vita vissuta e dei prodotti del lavoro e dell'arte. Il progetto prende vita e viene realizzato, su iniziativa di Lodi, dall'editore fiorentino Luciano Manzuoli, a partire dal 1972. 3. Gli autori e le opere 3.1. I percorsi dell’editoria I percorsi editoriali degli anni Cinquanta e Sessanta meritano attenzione perché sono vent'anni di routine, ma anche di cambiamenti, di riedizioni di classici, di valorizzazione degli autori nuovi. Non possiamo quindi che muoverci non dimenticando che ogni sintesi si pone come lettura, come interpretazione che dalla scelta di un singolo libro risale all'impostazione di una collana, all'ideologia di un editore. Giocando su elementi cronologici precisi, si può assumere il 1958 come data esemplare per identificare due linee di tendenza destinate a incidere profondamente negli sviluppi editoriali contemporanei; per questo ci spostiamo a Firenze, che fin dagli anni del Risorgimento è stata culla della letteratura per l'infanzia, e osserviamo le diverse esperienze di due case editrici storiche:  la Marzocco Bemporad, <<figlia>> del Paggi collodiano;  la Vallecchi, costruita (1913) sulIe esperienze d'avanguardia di Soffici e Papini. 26 Un Catalogo generale 1958 di Marzocco Bemporad e la nascita di alcune collane per giovani dirette da Donatella Ziliotto presso la Vallecchi ci permettono di associare la tranquilla affermazione del primo editore alle esplosive novità del secondo.  Scorrendo, dunque, il Catalogo Bemporad ci si accorge della sostanziale continuità con la tradizione di Paggi, per l’attenzione al mondo della scuola, l’offerta di nomi noti, la sistemazione delle novità all'interno di una cornice editoriale. È come se l'editore non volesse forzare gli schemi generali entro i quali si muove il prodotto per bambini e ragazzi e anzi si preoccupasse di portarvi anche quei nomi nuovi che avrebbero potuto suscitare diffidenza e sospetto  Passando all'iniziativa di Vallecchi si deve riconoscere che la vera anima delle scelte è Donatella Ziliotto (1932), che deve molto alla letteratura per l’infanzia del secondo dopoguerra. Se i casi Marzocco Bemporad e Vallecchi possono costituire un esempio di tendenze editoriali alla fine degli anni Cinquanta, verso gli anni Sessanta si assiste al forte sviluppo della casa editrice Einaudi fondata nel '33 da Giulio Einaudi e aperta verso tutte le direzioni del sapere, questa non pensa in modo organico alla letteratura per l'infanzia fino agli anni Cinquanta, quando, dopo l'uscita delle Fiabe italiane di Calvino (1956) e degli altri volumi di fiabe inaugura una collana di <<Libri per ragazzi>> destinata a lasciare il segno nella storia della letteratura italiana per l'infanzia. A cominciare dal primo, Le straordinarie avventure di Caterina (1959) di Elsa Morante (19l2-1985), passano negli oltre ottanta volumi pubblicati in un trentennio i testi e gli autori più significativi del periodo. 3.2. Italo Calvino: un lungo viaggio attraverso la fiaba Poiché Calvino si divertiva a inventare fiabe della tradizione popolare, le raccolse in un libro, Fiabe italiane (1956). Le duecento novelle, appartenenti alla cultura popolare delle diverse regioni della penisola e delle isole, sono il frutto di un paziente e attento lavoro di selezione dalle raccolte folkloristiche di numerosi ricercatori e studiosi italiani dell'Ottocento e del Novecento. Il percorso delle fiabe dalla forma orale alla stesura di Calvino ha dovuto attraversare un doppio filtro:  il primo, dei folkloristi che le hanno trasferite sulla carta dalla viva Voce dei narratori;  il secondo, tutto e solo calviniano, che le trascrive dai dialetti in italiano. Delle pagine premesse alla raccolta delle duecento fiabe a noi interessa soprattutto un passaggio dedicato ai rapporti che la fiaba ha con la letteratura per l'infanzia. In poche righe Calvino riesce a concentrare osservazioni preziose sulla fiaba  come genere da diventare guida all’interpretazione delle narrazioni popolari nei tempi attuali. Si sofferma con particolare attenzione su tre temi: il pubblico della fiaba, i caratteri della fiaba infantile e la finzione morale della fiaba:  il pubblico della fiaba, ricorda che la fiaba destinata ai bambini è una forma narrativa derivata; 27  le filastrocche appartengono al filone umoristico e ironico di Landolfi;  nei due racconti la dimensione fantastica della scrittura di Landolfi, si piega verso l'infanzia e, facendo proprio il repertorio di personaggi e situazioni della fiaba tradizionale, invade i territori dei racconti di meraviglie e sperimenta un singolare impasto narrativo tra temi incantati, umoristici, grotteschi e terrificanti. La totale osservanza delle norme generatrici di fiabe codificate nella lista delle <<funzioni>> di Propp consente a Landolfi di confezionare due storie di assoluta adesione alla tradizione popolare. Marcello Argilli (1926) inizia a occuparsi di letteratura per l’infanzia negli anni Cinquanta. Le sue prime prove in volume risentono del clima di quegli anni e se, sul piano dei contenuti, aprono la strada a motivi della sua produzione successiva sul piano della forma segnalano una continuità con i modi espressivi della tradizione. La militanza e l'intenso lavoro politico all'interno del PCI di quegli anni lo portano presto a cercare nella produzione per bambini nuove strade, che si allontanino dall'antico moralismo e da quella pesante ipoteca cattolica che dal '55 comincia a gravare sugli stessi programmi della scuola elementare. Dalla metà degli anni Sessanta la produzione di Argilli comincia a dividersi in tre grandi filoni:  uno legato alla fiaba moderna per bambini;  uno legato all'attenzione verso il mondo degli adolescenti;  uno inserito in quella strategia dell'attenzione verso i media che lo ha portato a collaborare alla stesura di programmi televisivi. Nella produzione degli ultimi dieci anni Argilli sembra privilegiare la dimensione della fiaba moderna rispetto ad altre strutture narrative. Di Giuseppe Bufalari (1927) appaiono subito evidenti alcuni elementi quando ci si avvicina alla sua produzione, quali la discrezione, la profondità, e la coerenza. Presente per anni come maestro elementare e appassionato esploratore dei fondali marini, non ha cercato il facile successo per mantenere una certa distanza fra i suoi grandi romanzi costati anni di riscritture e un altro tipo di produzione più legata all'attualità e alle tematiche tanto care alla scuola (storia antica, droga) non ha esitato a indossare i panni di Luciano Soldan dandoci prodotti importanti, mai scadenti, coerentemente impiantati sui due filoni a lui più congeniali, quello del mare e quello dell'impegno civile. Negli anni Cinquanta, Bufalari lavora come assistente sociale in Lucania e dalla sua esperienza viene fuori un romanzo, La masseria. Sulla stessa linea di romanzo civile si inseriscono negli anni successivi Pezzo da novanta, Cile: ricerca della libertà e Voscenza henedica; il primo e il terzo legati a un argomento di tragica attualità come la mafia, il secondo dedicato al golpe cileno di Pinochet. Da questi testi emerge la serietà dello scrittore. Quando, poi, la capacità di analisi di Bufalari lasciano la terraferma i risultati appaiono a livello stilistico ancora più significativi e legano Bufalari al suo maestro in intensità narrativa, il toscano Romano Bilenchi. Ripercorrendo gli eroi malinconici salgariani dobbiamo far riferimento a Mino Milani (1928) e al suo personaggio di Tommy River. Fra gli <<eroi di carta>> per ragazzi e non solo per loro Tommy River è forse il più contemporaneo perché riesce ad esprimere persuasivamente il contrasto fra la realtà tragica, circoscritta, schiava del tempo che scorre impietoso e la grandezza del sogno. 30 Se Le avventure di Tommy River possono essere assunte come rimedio alle troppe verità della scrittura educativa e costituire un momento di alta riflessione sulla condizione crepuscolare della letteratura italiana del Novecento, non bisogna dimenticare il resto della produzione di Milani, che indica la forte predisposizione dello scrittore verso un racconto storico, che non sia deformazione dei fatti o ancor peggio ottimistico lieto fine, ma diventi sempre percorso di crescita individuale. Significative, infine, dal punto di vista narratologico diverse prove a fumetti. Altro personaggio da ricordare è Renée Reggiani che ha abbandonato alla fine degli anni Sessanta i territori della produzione per ragazzi per impegnarsi in testi narrativi e saggistici per adulti che hanno avuto notevoli riconoscimenti di pubblico e critica e sono diventati best seller nelle letture per la scuola media. Dal punto di vista storico il libro più importante è comunque Il treno del sole che narra le vicende di una famiglia siciliana trapiantata a Torino e i drammi dell'inserimento in un contesto sociale totalmente estraneo. Il romanzo è molto interessante soprattutto se lo si lega ai primi anni Sessanta. Con Domani dopodomani e Carla degli scavi continuerà in parte la strada aperta dal primo romanzo, aggiungendo a livello espressivo qualche riuscito tentativo di aggancio ai modi narrativi del mezzo televisivo, dallo spostamento dell'azione da un posto all'altro alla rapidità dei dialoghi. Chi ha invece dedicato la sua intera esistenza alla produzione per bambini e ragazzi è stata Luciana Martini di cui ricordiamo, fra gli altri, Non deve accadere, libro non indulgente verso il mondo degli adulti attenti alle avanzatissime tecnologie, ma poco propensi ad esaminare i problemi della sicurezza e della convivenza pacifica. Il mondo di chi scrive per ragazzi è certamente variegato e diverso nelle scelte, nei comportamenti, nella disposizione davanti al lettore. C'è chi non rinuncia al paternalismo, al tono zuccheroso, all'illusione che una forte dose di ottimismo allontani le difficoltà. C'è chi, invece, come Luciana Martini, nel rapporto letterario adulto-giovane non fa sconti, non ha paura di possibili tensioni, di eventuali incomprensioni perché sa che non è corretto né bluffare né rinunciare a se stessi. Anche l'opera di Lucia Tumiati (1926) nasce sotto il segno di questa coerenza, la scrittrice racconta con gli occhi di un bambino perché tutti i bambini devono sapere, devono conoscere, devono aprire gli occhi; Lucia Tumiati sa mettere in gioco i valori con molta leggerezza e il testo suo forse più riuscito, Una cartella di sogni, nonostante la presenza di temi tradizionali della letteratura per l'infanzia (il bambino povero, la scuola) è denso di passaggi delicati, di istanti di vera magia lirica. T. affronta, poi, in chiave moderna l'universo della fiaba; le sue Fiabe di libertà rappresentano in modo attendibile la visione del mondo della scrittrice, che, all'interno di un universo folle e consumistico, sembra prendere atto dell'impossibilità della solidarietà e dell'amicizia disinteressata e quindi forza la scrittura a farsi veicolo di utopia, di proposta radicale, di impegno rivoluzionario. 4. Giornali per l'infanzia 4.1. <<Il Vittorioso>>: tra avventure e umorismo 31 Il <<Vittorioso>>, nato nel 1937 come settimanale e pubblicato fino al 1966, è il prodotto di un coraggioso atto di intelligenza dell’universo dei mass-media. Compreso il fumetto vengono stampate e diffuse enormi quantità, e che i fondatori del giornale scelgono come elemento caratterizzante delle sue pagine. Il merito del <<Vittorioso>> è legato soprattutto alla scelta di ospitare fumetti di soli autori italiani. La decisione:  è condizionata dal clima di ostilità del fascismo nei confronti dei fumetti stranieri;  i fondatori del giornale ritengono i comics americani , siano inadatti ai ragazzi italiani. Di conseguenza in breve tempo si forma intorno alla testata un nutrito e motivato gruppo di autori (soggettisti e disegnatori) in grado di sottrarsi all'influenza delle tecniche fumettistiche americane e di elaborare proprie invenzioni. È un giornalino che punta a presentare ai giovani destinatari (in prevalenza di sesso maschile) storie scritte o disegnate, di autori italiani, e che conta per la diffusione, oltre che sulle edicole, soprattutto sulla capillare rete delle parrocchie, non può non riscuotere il favore di gran parte dei ragazzi italiani. La dimensione umoristica del <<Vittorioso>> è legata soprattutto al nome di Benito Jacovitti che, a partire dal 1940, pubblica numerosissime storie a fumetti, tanto che nella fantasia di molti lettori l'identità del giornale è inscindibilmente associata alle sue allegre e confuse tavole. Negli anni Cinquanta si accentua una certa componente confessionale e conservatrice, Ma ciò vale più per la parte dei fumetti che vede impegnati numerosi autori di prestigio, la parte scritta che propone racconti dovuti per buona parte a firme del passato, mantiene sostanzialmente una rigida continuità con la tradizione dei periodici per ragazzi e con la proposta di storielle edificanti e moralistiche. <<Il Vittorioso>> ci fornisce l'occasione per parlare di Domenico Volpi (1925), figura centrale nello sviluppo della letteratura italiana per l'infanzia del secondo Novecento: redattore-capo, attivissimo nell'associazionismo giovanile cattolico, già docente di Tecniche della comunicazione, collaboratore della Rai in molte trasmissioni, ci consegna una consistente produzione saggistica e narrativa, che spazia da una fortunata Didattica dei fumetti, a romanzi fantascientifici, storici, di ambientazione moderna e contemporanea, alla biografia, alla fiaba. 4.2. <<Il Pioniere>>: l'antifascismo di Cipollino e Chiodino In concorrenza con <<Il Vittorioso>> nasce nel 1950 il settimanale <<Il Pioniere>> diretto da Dina Rinaldi e, solo per i primi due anni, da Gianni Rodari. Il nuovo giornalino di sinistra può contare sulla rete delle case del popolo e le sezioni del Partito comunista, e fa affidamento sull'organizzazione giovanile API (Associazione dei Pionieri d'Italia). L'uscita del periodico non è tranquilla, suscita negli ambienti cattolici reazioni di ostilità e di malanimo. Ad alcuni collaboratori del <<Pioniere>>vengono rivolte accuse pesantissime. Il giornale adotta una formula mista che si colloca a metà strada tra <<Il Giornalino della Domenica>>, <<Il Vittorioso>> e il <<Corriere dei Piccoli>>. Temi portanti e dominanti sono:  la Resistenza  l'antifascismo. 32
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