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Pablo PIcasso riassunto, Sintesi del corso di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche

Pablo PIcasso vita, cubismo in generale, analisi Les Demoiselles D'Avignone e Guernica

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 23/04/2019

manuela.dellanna
manuela.dellanna 🇮🇹

4.4

(27)

14 documenti

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Scarica Pablo PIcasso riassunto e più Sintesi del corso in PDF di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche solo su Docsity! Pablo Ruiz y Picasso (1881/1973) è stato tutto quello che un artista può desiderare di essere: inconfondibile, prima di tutto; e poi, ricco, famoso, invidiato, imitato. L’emblema dell’artista moderno, senza dubbio; per certi versi, l’incarnazione del genio artistico del Novecento. Picasso, cui certo non difettò il coraggio di rischiare e all’occorrenza anche di cambiare idea, ha dato un contributo essenziale alla trasformazione dell’arte: tutti i pittori della generazione successiva hanno dovuto, in qualche modo fare i conti con lui. L’arte europea ha, insomma, un “prima” e un “dopo” Picasso. Viene considerato il massimo artista del XX secolo e uno dei maggiori artisti di tutti i tempi. I motivi sono diversi. È un artista dalle capacità tecniche straordinarie, particolarmente versatile. Non si dedica solo al disegno e alla pittura tradizionali, ma sperimenta metodi nuovi come il collage, l’uso di materiali insoliti, la grafica, la stampa, la scultura, la ceramica, la scenografia. Tutta la sua carriera artistica è segnata da una continua spinta all'auto superamento. Picasso non si ferma mai, passa da una corrente all’altra e si immerge completamente in ogni esperienza. La sua produzione artistica è particolarmente vasta e complessa, non può racchiudersi in una ‘maniera’. Picasso ha provocato nell’arte una svolta così definitiva, così totale, paragonabile a quella di Giotto o di Michelangelo, aprendo una strada nuova all’espressione. Per quanto risulti difficile delineare degli elementi costanti nello stile di un artista così prolifico e pieno di rivolgimenti stilistici, alcune caratteristiche fondamentali del suo stile sono: ● chiarezza ed equilibrio nelle composizioni ● forme e volumi solidi ● grande senso del colore ● potenza espressiva e immediatezza dell’immagine Pablo Picasso (1881-1973) nacque a Malaga, in Spagna, da un padre, insegnante nella locale scuola d’arte, che lo avviò precocemente all’apprendistato artistico. A soli quattordici anni venne ammesso all’Accademia di Belle Arti di Barcellona. Due anni dopo si trasferì all’Accademia di Madrid. Dopo un ritorno a Barcellona, effettuò il suo primo viaggio a Parigi nel 1900. Vi ritornò più volte, fino a stabilirvisi definitivamente. Dal 1901 lo stile di Picasso iniziò a mostrare dei tratti originali. Ebbe inizio il cosiddetto «periodo blu» che si protrasse fino al 1904. ↪ Il nome a questo periodo deriva dal fatto che Picasso usava dipingere in maniera monocromatica, utilizzando prevalentemente il blu in tutte le tonalità e sfumature possibili. I soggetti erano soprattutto poveri ed emarginati. Picasso li ritraeva preferibilmente a figura intera, in posizioni isolate e con aria mesta e triste. Ne risultavano immagini cariche di tristezza, accentuata dai toni freddi (blu, turchino, grigio) con cui i quadri erano realizzati. Dal 1905 alla fine del 1906, Picasso schiarì la sua tavolozza, utilizzando le gradazioni del rosa che risultano più calde rispetto al blu. Iniziò quello che, infatti, viene definito il «periodo rosa». ↪ Oltre a cambiare il colore nei quadri di questo periodo cambiarono anche i soggetti. Ad essere raffigurati sono personaggi presi dal circo, saltimbanchi e maschere della commedia dell’arte, quali Arlecchino. I saltimbanchi sognanti che egli dipinge a quel tempo non rivelano solamente l'amore del pittore per il circo, ma anche una visione meno esasperata della vita (legata forse alla diminuzione della miseria degli anni vissuti a Montmartre) e una modificazione della sua teoria estetica. In particolare, cambia la relazione tra il soggetto e la pittura. Fino al 1905, cioè, la pittura non aveva altra funzione che quella di descrivere il soggetto, senza escludere una deformazione espressionistica, ma tuttavia con gran rispetto per la realtà descritta. In seguito, tendono ad affermarsi le emozioni propriamente materiali della pittura: così, un particolare tocco di rosso viene ad avere la stessa importanza del sentimento della malinconia o della tenerezza materna. Inoltre il disegno tende a essere semplificato. Pablo Picasso non pensa certamente di eliminare dai suoi quadri la rappresentazione delle emozioni: al contrario, gli pare più giusto esprimere i sentimenti invece di descriverli. La svolta cubista avvenne tra il 1906 e il 1907. In quegli anni vi fu la grande retrospettiva sulla pittura di Cezanne, da poco scomparso, che molto influenza ebbe su Picasso. E, nello stesso periodo, come molti altri artisti del tempo, anche Picasso si interessò alla scultura africana, sulla scorta di quella riscoperta quell’esotico primitivo che aveva suggestionato molta cultura artistica europea da Gauguin in poi. Da questi incontri, e dalla volontà di continua sperimentazione che ha sempre caratterizzato l’indole del pittore, nacque nel 1907 il quadro «Les demoiselles de Avignon» che segnò l’avvio della stagione cubista di Picasso. Una pietra miliare nel lungo corso della storia dell’arte. Un quadro mostruoso. “Mostro”, dal latino monstrum, vuol dire prodigio, cosa straordinaria, contro natura. Ed è forse il primo quadro che abbandona definitivamente il naturalismo, l’idea che l’arte migliore sia quella che imita la realtà come appare ai nostri occhi. Un’opera fuori dall’ordinario, dunque. Pablo Picasso la dipinse tra il 1906 e il 1907 a Parigi (oggi però si trova al MOMA di New York) inaugurando la breve ma intensa stagione del Cubismo, un’Avanguardia artistica del Novecento tra le più dirompenti. Il nome che la definisce è del tutto occasionale: nel 1908 il pittore Henri Matisse aveva descritto, in senso spregiativo, alcune opere di Georges Braque come composte da “piccoli cubi”. L’anno seguente il critico Louis Vauxcelles le definì “bizzarrìe cubiste”. E, come era accaduto per l’Impressionismo e per i Fauves, una denominazione inizialmente negativa diventa il nome ufficiale del movimento. Il Cubismo, un movimento rivoluzionario, era ufficialmente nato. Il punto di partenza era l’opposizione alla “meccanica” riproduzione del reale che veniva rimproverata all’Impressionismo, una visione puramente “retinica” del mondo, a favore, invece, di una realtà interpretata in modo razionale, un mondo “capito”, non soltanto “visto”. Gli oggetti, quindi, andavano raffigurati come realmente sono e non come appaiono. Secondo questo criterio, un cubo non deve essere rappresentato in prospettiva (e quindi come apparirebbe agli occhi di un osservatore) ma con tutti i piani ribaltati. Questo perché il primo tipo di immagine è “verosimile“, somiglia al modo in cui vediamo le cose, ma non è “vera“: nella prospettiva possiamo vedere al massimo tre facce (il cubo invece ne ha sei) e le facce non appaiono quadrate ma a forma di quadrilateri irregolari (ed anche questo contrasta con le reali proprietà geometriche del cubo). Quella tra la prospettiva e lo sviluppo del cubo è la stessa differenza che passa tra il fenomeno e il noùmeno di cui parla Kant (ma appena lo dico in classe si leva un coro di “Nooo! La filosofia nooo!”), cioè l’apparenza e l’essenza delle cose. I cubisti partono, dunque, dallo studio della realtà per scomporla e ricomporla in un nuovo ordine che cancella persino la distinzione tra gli oggetti e lo spazio che li circonda. Il medesimo oggetto viene colto da diverse angolazioni che poi vengono sovrapposte nella rappresentazione. Quello che ne risulta è la visione simultanea di tanti punti di vista differenti e quindi la rappresentazione del soggetto nella sua totalità. Il processo di scomposizione in piani e di successiva ricomposizione disintegra le forme, elimina la distinzione tra figura e sfondo e abbandona definitivamente la prospettiva rendendo complicato anche l’individuazione del soggetto dell’opera (in genere ritratti e nature morte, generi abbastanza congeniali alla scomposizione geometrica). È come se il dipinto fosse il riassunto sincronico di un percorso che l’artista ha fatto intorno al soggetto da ritrarre. Dunque, per la prima volta, viene mostrata anche la “quarta dimensione”, il fattore tempo (ma è stata messa da parte la terza, la profondità). In una incredibile coincidenza temporale, la definizione di tempo come quarta dimensione della realtà, era postulata, negli stessi anni, dalla Teoria della Relatività di Albert Einstein. La contemporaneità dei due fenomeni sembrerebbe piuttosto casuale. E tuttavia è davvero singolare come, in due campi molto lontani tra loro, si avverta la stessa esigenza di superare la conoscenza empirica, sensibile, della realtà per approdare a nuovi modelli di descrizione e rappresentazione del reale. Einstein e Picasso, dunque, teorizzano contemporaneamente che la conoscenza dello spazio e del tempo sono relativi al punto di osservazione. Il primo formula una legge matematica, il secondo una visualizzazione artistica. Sulla nascita del Cubismo influisce anche la conoscenza dell’arte primitiva dell’Africa e dell’Oceania con le sue forme schematiche, deformate e geometrizzate. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento e fino ai primi decenni del Novecento, infatti, era maturata in tutta Europa una forte insoddisfazione nei confronti della cultura occidentale: entra in crisi il concetto stesso di cultura, intesa come sapere nozionistico, libresco e tradizionale. Rinasce l’interesse per il “primitivismo” (che include anche l’arte infantile, arcaica, popolare e quella di malati ed emarginati), per le sue capacità espressive, per la libertà dalle leggi prospettiche tradizionali, per la sensibilità deformante, per la sua forte spiritualità e per la creatività istintiva. Il Cubismo è profondamente influenzato anche dalla pittura schematizzante di Paul Cézanne che con la sua geometrizzazione delle forme ne è considerato un anticipatore. Braque e Picasso, infatti, cercarono di seguire le regole indicate, in una celebre lettera, da Cezanne: “in natura tutto è modellato secondo tre moduli fondamentali: la sfera, il cono e il cilindro. Bisogna imparare a dipingere queste semplicissime figure, poi si potrà fare tutto ciò che si vuole”. Anche in questo caso, dunque, l’esigenza è di mostrare la realtà non come appare, ma nel modo in cui la mente ne percepisce l’apparenza: alla realtà-vista si sostituiscono così la realtà-pensata e la realtà-creata. Da queste premesse nasce il Cubismo il cui sviluppo ufficiale è compreso tra il 1908 e l’inizio della Prima Guerra Mondiale. In questo breve arco di tempo si distunguono due fasi: ● il Cubismo Analitico (1908-1912) caratterizzato da un’accentuata frammentazione delle forme e dall’uso di
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