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Paesaggio italiano III di Laura Cherubini, Giacinto di Pietrantonio e Cloe Piccoli, Schemi e mappe concettuali di Storia dell'arte contemporanea

Sintesi del libro "Paesaggio italiano III" ed. Silvana editoriale di Laura Cherubini, Giacinto di Pietrantonio, Cloe Piccoli.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 28/06/2024

giuse-iannello
giuse-iannello 🇮🇹

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Scarica Paesaggio italiano III di Laura Cherubini, Giacinto di Pietrantonio e Cloe Piccoli e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! RELAZIONI SU ARGOMENTI A SCELTA STORIA DELL'ARTE CONTEMPORANEA A.A. 2020/21 Prof. LAURA CHERUBINI Argomenti scelti: Gerhard Richter – Yuval Avital - Painting is back- gli anni '80 e la pittura in Italia Marina Abramovic Paesaggio italiano III Gerhard Richter - mostra "Cage" presso Gagosian 3 dicembre 2020 - 3 aprile 2021 Beverly Hills La prestigiosa galleria californiana Gagosian ospita le sei grandi tele di Gerhard Richter intitolate "CAGE (1-6)", dipinte da Gerhard Richter nel 2006 ed esposte nel 2007 alla Biennale di Venezia e nel 2020 al Metropolitan Museum of Arts di New York durante la grande retrospettiva "Painting after all" dedicata all'artista. I sei dipinti richiamano nel titolo il musicista John Cage, che ha influenzato generazioni di artisti con le sue idee e la sua musica : la sua visione artistica "era basata sulla sperimentazione, privilegiando l'inizio di azioni senza sapere a quale risultato avrebbero eventualmente portato, dando così molta più importanza al processo di creazione che al prodotto finale" (fonte Wikipedia), mentre in campo musicale, con "4'33", aveva rivoluzionato il concetto di musica. Richter e Cage si erano sfiorati nell'ambiente dell'Accademia di Dresda, dove il pittore studiava e Cage era stato invitato da Joseph Beuys che vi insegnava negli anni Sessanta. L'atmosfera di creatività fluida della corrente artistica "Fluxus" di cui facevano parte sia Cage, sia Beuys, aveva lasciato profonda traccia nel giovane artista Richter, anche se inizialmente si era applicato a una pittura apparentemente più "classica", ma la dedica in età matura di queste sei importanti tele, con il loro intrecciarsi di pittura ad azione volontaria e di apparente casualità, rende omaggio al grande musicista, riconoscendone la diretta influenza. Infatti Richter dice di non credere in una pittura definitiva, ma in tentativi e sperimentazioni, uno dopo l'altro. Alla domanda di Uwe M. Schneede su questo argomento, "Sarebbe giusto dire che per voi Fluxus ha innescato una sorta di rinascita della pittura?" risponde "Sì, palese, ma in termini di immagini è stato Pop Art con nuovi motivi di immagine. Sicuramente Fluxus ha introdotto una nuova dimensione, un senso di scorrettezza e di follia. Quello era affascinante. Tali performance in Aachen e Dusseldorf, da Cage, Paik, Beuys, e molti altri - non le ho piu’ sperimentate." La serie "Cage", che in inglese significa anche gabbia, è composta da linee pittoriche verticali ed orizzontali che si intersecano e si alternano, colore dopo colore, con frequenti interventi di raschiatura della superficie che lasciano scoperte le macchie di colore sottostanti. Alla domanda di Hans Ulrich Obrist su cosa significhi per lui il termine Informale oggi, durante un'intervista, Richter aveva risposto: : "Per come la vedo io i Tachistes, i pittori dell'Action Painting e gli altri fanno tutti parte del movimento Informale che comprende anche molte altre tendenze. Penso che ci sia anche un elemento informale nell'opera di Beuys, ma questo movimento è nato con Duchamp e con il concetto di caso, o con Mondrian o addirittura con gli Impressionisti. L'Informale è il contrario della composizione classica – di ciò che si faceva sotto la monarchia o sotto gerarchie rigide". . "Quindi in questo contesto lei si considera ancora un artista informale?" chiede ancora Obrist. "In principio si. L'epoca informale è appena iniziata." La mostra di Gagosian comprende anche otto disegni inediti che uno dei più granti Artisti viventi, Gerhard Richter appunto, ha realizzato nell'estate del 2020. "The communicator" e "Ecstasy II" , Galleria Lia Rumma 28.4.2021- 30.6.2021 Per rivitalizzare Via della Spiga a Milano, duramente colpita dai lockdown pandemici e ribadirne il legame con le Arti, alcune vetrine ospitano importanti artisti contenporanei: ATO Art Takes Over accoglie Moniva Bonvicini e Ariel Schlesinger, VIA Visiting Installation Arte ha in vetrina l'installazione di Nathalie Du Pasquier e Lia Rumma dà spazio a un gruppo di sculture denominate "The Communicator" e un'opera fotografica "Ecstasy II" di Marina Abramović, del 2012. Le sculture sono teste di cera lucida con pietre dure e preziose, come lapislazuli, malachite, zaragonite, cristalli, quarzo, ossidiana, vetro. Sono ricavate dal calco del volto dell'Artista serba e rientrano in quella ricerca del significato simbolico che sempre più spesso attribuisce anche alle ultime performance. Dal 1995 al 2015 le tematiche che affronta, legate alla meditazione e trasccendenza, si concretizzano nei Transitory Objects che sono sculture ma sono anche strumenti per viaggi interiorii e per comunicare attraverso le cariche energetiche di quarzo, ossidiana e delle altre pietre. L'immagine fotografica in mostrqa da Lia Rumma ritrae Marina Abramović a occhi chiusi, in atteggiamento meditativo. Sono lontani i tempi in cui sottoponeva il proprio corpo a prove al limite della sopportazione del dolore, saggiandone le reazioni davanti a stimoli come il pettinare ossessivamente la cute dei capellli fino a farla sanguinare (Art Must Be Beautiful/Artist Must Be Beautiful, 1975) o mettendo a disposizione degli spettatori veri e propri strumenti di tortura e perfino di morte lasciandoli liberi di usarli su sé stessa (Rhythm 0, 1974); durante la quale saggia insieme il sadismo del pubblico e la sua resistenza al dolore fisico e psicologico. Era il momento di "Azione Sentimentale", 1973, dove Gina Pane si infila nel braccio spine di rose, o di "Seedbed" con Vito Acconci che si masturba nascosto sotto il pavimento in legno della galleria mentre un microfono ne amplifica la voce. L'incontro, nel 1975, di Marina Abramović con l'artista tedesco Ulay aveva segnato l'inizio della performance di relazione che indagava le dinamiche nella coppia e della coppia con il mondo esterno, dando vita ad azioni memorabili come costringere il pubblico a passare tra i loro corpi nudi, uno di fronte all'altro (Imponderabilia, 1977), o Death Itself, in cui i due si baciavano respirando l'uno l'aria dell'altro finchè non cadevano a terra privi di aria e di sensi. L'addio stesso deli due artisti, nel 1988, divenne la performance The lovers, in cui si separarono percorrendo più di duemila chilometri lungo la Grande Muraglia cinese. I tempi sono cambiati e mentre gli anni '60 e '70 sono statii caratterizzati dalla sperimentazione con il corpo e sul corpo, (lei stessa si definisce "la nonna della performance art"), Abramović cerca ora una dimensione più relazionale nel senso di comunicazione con il pubblico a livello profondo (The Artist is present, 2012). Marina Abramović nacque come pittrice dapprima figurative e poi astratta e le sculture esposte da Lia Rumma in Via della Spiga tornano all'arte concreta distaccandonsi dall'immaterialità della performance art, ma le sono accomunate dalla incessante ricerca sull'uomo e sulle sue connessioni con l'Universo, spirituale e materiale. "PAESAGGIO ITALIANO III" a cura di Laura Cherubini, Giacinto Di Pietrantonio, Cloe Piccoli "Paesaggio italiano III", SilvanaEditoriale, è il terzo di quattro libri che Laura Cherubini, Cloe Piccoli e Giacinto di Pietrantonio hanno scritto come cronaca degli incontri con Artisti che si sono fatti notare per loriginalità e contenuti a partire dagli anni 2000, e che per questo motivo sono stati invitati a parlare  delle loro pratiche artistiche, e non solo, agli studenti dell'Accademia di Brera. Spesso sono loro stessi ex studenti dell'Accademia e sono abbadtanza vicini alla generazione che li ascolta. Questo può essere motivo di stimolo e di incoraggiamento per chi vorrebbe inserirsi seriamente nel difficile mondo dell'arte, che di sicuro non regala niente ma che non è impossibile da scalare per chi possiede gli strumenti giusti e la preparazione accademico puà essere uno di questi. Il terzo volume di "Paesaggio italiano" dà spazio agli incontri con Invernomuto, Masbedo, Gianmaria Tosatti, Luca Trevisani e Giuseppe Stampone: una cinquina decisamente in forte ascesa, se consideriamo gli ultimi eventi e mostre che li hanno visti protagonisti. Gianmaria Tosatti, per esempio, è appena stato designato come unico artista del Padiglione Italia della Biennale di Venezia e nel contempo è stato nominato Direttore artistico della Fondazione della Quadriennale di Roma. Il paesaggio artistico che questo volume delinea è fatto di videoartisti (Invernomuto, Masbedo, in parte Luca Trevisani), di Artisti che lavorano soprattutto site-specific con installazioni ambientali che si inseriscono nel tessuto culturale che li ospita (Gian Maria Tosatti), ma anche di Artisti come Giuseppe Stampone, che cerca di attualizzare il disegno della tradizione italiana con tematiche attuali; un orizzonte quanto mai variegato, quindi, che si inserisce in un panorama internazionale che non è mai stato così ricco di forme espressive e di linguaggi artistici quanto in questo momento storico. I MASBEDO (Nicolò Massazza e Jacopo Bedogni) nel video "Todestriebe" evocano un rito di amore e di morte attraverso la figura della mantide religiosa (che dopo l'accoppiamento si nutre del compagno) e si ricollegano idealmente all'Angelus di Millet ma anche all'arte povera con un rimando alla Fondazione Merz. In "Ionesco suite" c'è un tavolo (oggetto intorno al quale, come nel letto, si dipanano le vite) e due sedie vuote. Sul tavolo vi sono vasi di cristallo vuoti, fragili e puri come l'esistenza ai suoi esordi. Cominciano a cadere coriandoli dapprima colorati, poi neri e infine una colata di cemento da una gru posta a 30 metri do altezza, che azzera tutto. É facile leggere una metafora della vita umana, dal suo esordio attraverso la fanciullezza per arrivare infine alla morte. Entrambi i video proseguono la ricerca iniziata con "Teorema di incompletezza", 2008, in cui viene evidenziata la terribile potenza della natura contrapponendola all'estrema fragilità della vita umana. I loro video interagiscono con molteplici manifestazioni culturali come l'architettura, il mito, la religione per dare esiti che si potrebbero definire esistenzialismo tecnologico; usando quanto di più recente la tecnologia per le comunicazioni offre prendono atto dell'inesorabile incomunicabilità tra gli Esseri umani. Non si può non rimandare queste tematiche al cinema di Michelangelo Antonioni e alla sua "Trilogia dell'incomunicabilità", ma anche a tutto l'esistenzialismo francese e a Jean Paul Sartre in particolare. Gli INVERNOMUTO (Simone Bertuzzi e Simone Trabucchi) sono la seconda coppia di videoartisti invitati all'Accademia di Brera per parlare della loro arte e in particolare di "Negus", un progetto che nasce a Vernasca, luogo di origine dei due artisti, e si snoda attraverso l'Etiopia passando attraverso la cultura giamaicana. Parte quindi da un rito svoltosi nel 1936 durante il quale viene bruciata l'effige del Negus Haile Selassie I per vendicare la morte di un soldato locale per arrivare a comporre un lavoro artistico composto di fatti reali, pura invenzione e miscellanea di linguaggi che hanno nella musica rasta un condimento ideale. GIAN MARIA TOSATTI realizza lavori site-specific indagando sulla memoria collettiva, quindi sulla storia, ma anche sul ricordo personale. Il suo lavoro richiede un'integrazione con il visitatore per far scattare l'interazione tra questi due aspetti della memoria, diventa quindi relazionale nel senso che senza il fruitore non potrebbe esistere. Il ciclo "Le sette stagioni dello spirito" per stessa ammissione dell'autore parte dlle emozioni in lui suscitate da L'estasi di Santa Teresa del Bernini e si snoda attraverso sette edifici abbandondati della Città di Napoli, segnati dalle difficili vite che vi si sono consumate. Parte nel 2013 dalla Chiesa dei SS. Cosma e Damiano, chusa dalla Seconda Guerra Mondiale, al centro di un incrocio di strade e di vite difficili da districare, da un Ufficio anagrafe di Piazza Dante, con le altezze dei bambini là registrati e che ormai sono morti, con l'annotazione di matrimoni consumati chissà con quali esiti: attraversa la Peste, l'Estate, l'Inferno di Lucifero. Lascia infine uno spiraglio di speranza nel Paradiso dell'Ex Ospedale Militare, dove un giardino dell'Eden si apre inaspettatamente tra le brutture del presente. Gli edifici abbandonati vengono con questa opera restituiti alla fruizione pubblica, purtroppo solo momentaneamente, e divengono essi stessi opera d'arte. Gian Maria Tosatti sì ispira alla tradizione italiana di artisti a tutto tondo (Michelangelo, Leonardo) e infatti giudica sia un errore l'eccessiva specializzazione dell'artista contemporaneo, con il relativo restringimento delle competenze che non permette quelle ibridazioni che sono la vera novità dell'arte di oggi. LUCA TREVISANI ha la capacità di utlizzare diversi media come scultura, video, performance, installazione, narrazione. Ha studiato al DAMS e partecipato a Manifesta 7, ha esposto al MAXXI di Roma e alla Biennale di architettura a Venezia. Un curriculum artistico di tutto rispetto, quindi, ma come se non bastesse scrive anche racconti e narra storie. Filo conduttore del suo lavoro "Sudan",storia dell'ultimo rinoceronte bianco è il dualismo tra stabilità e instabilità, equilibrio e precarietá, mitologia e immaginario. Il suo mondo è in continua trasformazione. "La salvezza non è nella forma chiusa delle cose" dice l'Artista, bisogna "dimenticarsi i confini tra le singole opere...Non esistono più immagini ma solo catene di immagini". Luca Trevisani lavora con la Instax, una polaoid della Fuji, quindi uno strumento che fa dell'immediatezza e dell'impossibilità della post-produzione il suo focus. Attraverso storie che sono metafore dell'esistenza riflette sul rapporto tra Uomo e Natura: "...quindi il mio lavoro ha a che fare con che cos'è la natura, se è ciò che pensiamo che sia o se è una necessità per trovare il nostro posto nel mondo." La Natura è intesa come regola del gioco, come software e non come forma. GIUSEPPE STAMPONE ha studiato a L'Aquila dove c'è un'Accademia sperimentale. Vi hanno insegnato anche Docenti ora a Brera come la stessa Laura Cherubini e Domenico Spinosa. Parte proprio dalla condizione del post-terremoto de L'Aquila con l'opera "Cartoline da L'Aquila" in cui pone l'accento sulla falsità delle promesse di ricostruzione da parte della politica, che si è limitata a rifare le facciate, fedele alla metafora dei sepolcri imbiancati di cristiana memoria. Stampone durante l'intervista a Brera sottolinea la responsabilità politica ed etica dell'artista. È insieme antico, padrone della tecnica, e molto contemporaneo, usa molto Internet anche come linguaggio artistico. Nell'opera "Architecture of intelligence" i suoi disegni, uniti alle immagini e alle strutture di altri artisti, delineano un percorso nel paesaggio naturale che apre nuove prospettive nate dall'interazione tra arte e natura, artificio e dato nativo. Fedele all'idea che le cose migliori nascono da interazioni tra intelligenze diverse ha all'attivo diverse collaborazioni con artisti prestigiosi: Ugo la Pietra, Stefano Arienti e
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