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Paniere Domande APERTE E CHIUSE di Storia contemporanea Prof.ssa Bianciardi, Panieri di Storia Contemporanea

Il documento contiene l'intero paniere di domande sia aperte che chiuse di Storia Contemporanea della Prof.ssa Bianciardi di e-Campus.

Tipologia: Panieri

2020/2021

Caricato il 09/02/2021

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Scarica Paniere Domande APERTE E CHIUSE di Storia contemporanea Prof.ssa Bianciardi e più Panieri in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! Lezione 000 01. Dove avvenne l'incidente che divenne la causa dello scoppio del I conflitto mondiale? a Sarajevo 02. Quando scoppiò la I guerra mondiale? nel 1914 03. Chi fu ucciso nel giugno 1914 a Sarajevo? Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico e la moglie Sofia di Hohenburg 04. Giovanni Giolitti di fronte allo scoppio della I guerra mondiale e ad un eventuale ingresso dell'Italia in guerra quale atteggiamento assunse? neutralista 05. Al momento dello scoppio della I guerra mondiale l'Italia di quale alleanza faceva parte? della Triplice Alleanza 06. Quale fu la durata temporale della fase del centrismo in Italia? 1948 - 53 07. Mario Scelba era : un esponente politico DC 08. Quali tra i seguenti schieramenti si espressero a favore dell’entrata dell’Italia nella I guerra mondiale? neutralisti e interventisti 09. In seguito all'incidente di Sarajevo nel giugno 1914 quale fu l'evoluzione degli eventi? l'Austria nel luglio 1914 inviò un ultimatum alla Serbia ritenuta responsabile politica dell'accaduto 10. Allo scoppio della I guerra mondiale l'Italia entrò in guerra? no, si dichiarò neutrale 11. Quale fu l'atteggiamento prevalente assunto dai Partiti socialisti europei di fronte allo scoppio della I guerra mondiale e alla scelta dei diversi governi europei? in grande maggioranza i Partiti socialisti dei diversi paesi europei appoggiarono le scelte interventiste compiute dai rispettivi governi 12. Che ruolo ricopriva Benito Mussolini nel PSI allo scoppio della I guerra mondiale? era direttore dell' "Avanti!" , l'organo di stampa del PSI 13. Nell'ambito della divisione tra interventisti e neutralisti, che si era venuta a creare nella classe politica e nella società italiana in occasione dell'ingresso in guerra del paese, quale schieramento risultava maggioritario in Parlamento? i neutralisti 14. Nell'ambito del dibattito apertosi in Italia allo scoppio della I guerra mondiale e di fronte all'eventualità di un ingresso dell'Italia in guerra, da chi era composto lo schieramento dei cosiddetti "interventisti democratici"? repubblicani, radicali socialriformisti di Leonida Bissolati, irredentisti, alcuni intellettuali di orientamento democratico come Salvemini 15. In occasione dello scoppio del I conflitto mondiale e di un eventuale ingresso in guerra dell'Italia, la classe politica e l'opinione pubblica italiana si divisero in due schieramenti contrapposti: neutralisti e interventisti. Chi faceva parte degli interventisti? gli interventisti democratici , i sindacalisti rivoluzionari, i nazionalisti, i liberali conservatori che avevano in Salandra e Sonnino un loro punto di riferimento 16. Quali paesi furono legati dal Patto di Londra? L'Italia, la Francia, l'Inghilterra e la Russia 17. In occasione dell'eventualità di un ingresso dell'Italia nella I guerra mondiale, l'opinione pubblica e la classe politica italiana si divise in due schieramenti contrapposti neutralisti e interventisti? Chi faceva parte dei neutralisti? socialisti, liberali giolittiani, cattolici 18. Quale alleanza politica sosteneva i governi centristi in Italia? la Democrazia Cristiana, il Partito socialdemocratico, il Partito Repubblicano Italiano, il Partito Liberale Italiano 19. Quando nacque la III Internazionale o Internazionale Comunista? nel 1919 a Mosca 20. Quando i fascisti entrarono nei "blocchi nazionali"? nel 1921 44. Quando e da chi fu fondata in Germania l'Associazione Generale degli Operai Tedeschi? nel 1863 da Ferdinand Lassalle 45. Quando, dove e da chi fu fondato il Partito Socialdemocratico dei Lavoratori in Germania? nel 1869, ad Eisenach, da August Bebel e da Wilhelm Liebknecht 46. Quando e come si costituì in Germania il Partito Socialista dei Lavoratori? si costituì nel 1875 al Congresso di Gotha, dall'unione tra l'Associazione Generale degli Operai tedeschi e dal Partito Socialdemocratico dei Lavoratori, entrambi perseguitati da Bismarck 47. Quando e dove si costituì la Federazione Nazionale dei Lavoratori della Terra? nel 1901 a Bologna 48. Chi dirige la FNLT La socialista Argentina Altobelli 49. Con l'espressione "grande città" nell'Europa di metà Ottocento si intendeva : un centro con almeno 100.000 abitanti 50. Che cosa era il Trade Union Congress ? una Confederazione che in Inghilterra riuniva i rappresentanti delegati di tutti i sindacati più importanti che si costituì nel 1868 come nucleo fondante del movimento operaio inglese 51. Quale dei seguenti aspetti caratterizzava gli esordi del movimento operaio inglese? il movimento operaio inglese non era presente in Parlamento con propri rappresentanti ma era caratterizzato dalla presenza di una forte struttura sindacale di mestiere 52. Come può definirsi la "coscienza di classe" ? la consapevolezza emersa tra i lavoratori di vivere una condizione di vita e di lavoro in comune insieme all'emergere di una decisa volontà di riscossa, di riscatto attraverso la via dell'associazione dalla propria condizione di lavoro, di miseria, di subordinazione e sfruttamento 53. Nel corso dell'Ottocento quali dei seguenti fenomeni contribuirono ad avviare il processo storico dell'urbanesimo? lo sviluppo industriale e la rivoluzione dei trasporti che determinarono un enorme movimento migratorio dalle campagne alle città 54. Chi promosse la costituzione della Lega Socialista Milanese? Filippo Turati e Anna Kuliscioff 55. In quali paesi intorno agli anni '40 dell'Ottocento la popolazione urbana superava quella rurale? la Gran Bretagna 56. Chi tra i seguenti militanti si attivò per promuovere la crescita del movimento internazionalista in Italia ? Costa, Cafiero, Malatesta 57. A quale di queste figure si può associare l'espressione "né Dio, né padrone, né patria!"? a Bakunin 58. Quando nacque il movimento fascista? nel 1919 59. Con l'espressione "Destra Storica" si indica: Un gruppo politico di orientamento liberale che rappresentò la prima classe dirigente italiana e che fu al governo del paese dal 1861 al 1876 60. Che cosa furono le squadre di azione fasciste? squadre armate, spesso composte anche di ex- combattenti, che agivano con la violenza contro gli oppositori 61. La "notte dei lunghi coltelli" fu: un episodio accaduto nella notte tra il 29 e il 30 giugno del 1934 in Germania; fu un'opera di epurazione armata avvenuta per mano delle S.S ai danni delle S.A. (squadre d'assalto) e voluta personalmente da Hitler 62. La Repubblica di Weimar che assetto istituzionale aveva? era una Repubblica parlamentare , federale con un Presidente della Repubblica eletto a suffragio universale diretto 63. Come si comportarono i socialisti italiani in occasione della votazione in Parlamento sull'entrata in guerra dell'Italia? i socialisti votarono contro la scelta interventista del Governo, confermando ancora la loro posizione di contrarietà assoluta alla guerra 64. Quale di questi avvenimenti si rivelò determinante per l’affermazione del Nazismo in Germania? La crisi economica internazionale del '29 65. Il Partito Nazionalsocialista Tedesco si costituì? nel 1920 66. Quando il movimento fascista si trasforma in Partito Nazionale Fascista? nel 1921 67. Quando Mussolini assunse poteri da dittatore? nel 1925 68. Chi furono i fondatori del Partito dei Lavoratori Italiani? Filippo Turati, Anna Kuliscioff, Camillo Prampolini 69. Il Partito dei Lavoratori Italiani nacque da : una frattura fra socialisti e anarchici e operaisti attestati su posizioni intransigenti che negavano i metodi di lotta legale esperibili anche nelle istituzioni politiche e costituzionali di uno Stato borghese ormai avviato verso forme rappresentative liberaldemocratiche 70. Alla riunione di fondazione della I Associazione Internazionale dei Lavoratori da chi era rappresentato il nascente movimento operaio italiano ? da un delegato di Mazzini, sostenitore di un indirizzo di radicalismo democratico non socialista 71. A Genova nel 1892 si costituì: Il Partito dei Lavoratori Italiani 72. Di quale corrente era esponente Mussolini nel 1912? era esponente di una corrente rivoluzionaria 73. Prima di costituire i Fasci di Combattimento Mussolini era : socialista 74. Nel 1912 Mussolini di quale testata giornalistica era direttore? dell'"Avanti" 75. Quali partiti componevano l'alleanza di Fronte Popolare nel 1948? IL PCI e il PSI 76. Quale fu una delle prime imprese dei fascisti? la conclusione dei Patti Lateranensi fra il 1876 e il 1887 99. Quale tra i seguenti personaggi politici rappresentava un riferimento per la "Destra Storica"? Camillo Benso Conte di Cavour 100. Quale era l'orientamento politico e ideale della "Destra Storica"? Liberale 101. In Italia quali schieramenti politici si fronteggiarono alle elezioni politiche del 1948 contendendosi i voti dell'elettorato? Il Fronte Popolare e uno schieramento capeggiato dalla DC comprendente anche i partiti laici minori (PSLI e PRI) 102. Il brigantaggio fu un fenomeno politico che si sviluppò in Italia negli anni: 1861- 1864-65 103. Il fenomeno del brigantaggio esprimeva: tutte e tre le istanze precedentemente elencate 104. Quali tra le seguenti riforme servirono a democratizzare e ad ampliare le basi politiche dello Stato italiano unitario? La legge Coppino del 1877 e la riforma elettorale del 1882 105. La "presa di Roma", l'episodio che sancì l'annessione di Roma al Regno d'Italia avvenne: il 20 settembre 1870 106. Quale tra le seguenti testate giornalistiche fu una delle voci più influenti e rumorose dell'interventismo in occasione dell'entrata in guerra dell'Italia ? "Il popolo d'Italia" 107. Il Patto Atlantico venne firmato 1949 108. Quali nazioni tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento erano impegnate a competere per l'egemonia imperiale nel Mediterraneo? Francia e Gran Bretagna 109. Quale posizione di fondo ispirava il "New Deal" di Roosevelt? la convinzione che lo Stato dovesse intervenire attivamente nell’orientare e indirizzare le attività economiche 110. Il Partito Popolare Italiano nacque nel: 1919 111. La II guerra mondiale scoppiò nel : 1939 112. Chi era a capo del governo quando l'Italia entrò nella I guerra mondiale? Antonio Salandra 113. Quale fu il principale obiettivo perseguito da Crispi come capo del governo? dare nuova forza e vigore allo Stato 114. Il patto di Varsavia venne firmato nel 1955 115. Data in cui si verificò in Italia il cosiddetto “autunno caldo” 1969 116. L'Italia è una repubblica parlamentare ed è un sistema politico che prevede una forma di democrazia rappresentativa . Il Governo per poter governare deve avere la fiducia del Parlamento 117. Chi era Fernando Tambroni? un esponente politico democristiano 118. Durante il secondo conflitto mondiale la Polonia sconfitta e assoggettata venne divisa tra Germania e Unione Sovietica 119. Cosa fece fallire il progetto di "guerra lampo" di Hitler? la resistenza inglese ai bombardamenti tedeschi nel 1940 - 41 120. In seguito al Trattato di Pace del 1947 l'Italia cedette: Trieste 121. Quando venne firmato il Patto d'Acciaio tra Italia e Germania ? nel 1939 122. La Germania durante il II conflitto mondiale invase il Belgio: nonostante fosse neutrale 123. Quali partiti componevano l'alleanza di governo durante la fase politica di centro - sinistra in Italia? Democrazia Cristiana, Partito Repubblicano Italiano, Partito Socialdemocratico Italiano 124. A quale fase politica italiana si associa la politica della "programmazione economica"? alla fase politica di centro - sinistra 125. Chi era Giuseppe Saragat? il fondatore del Partito Socialdemocratico Italiano 126. In che modo Francesco Crispi perseguì l'obiettivo di dare nuova forza e vigore allo Stato? in senso tecnico e per effetto del suo personalismo 127. Quando si svolsero in Italia le prime elezioni politiche dopo l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana? il 18 aprile 1948 128. Quali riforme erano parte del programma del governo Fanfani del 1962? la riforma della scuola media, la nazionalizzazione dell'energia elettrica, l'attuazione delle regioni 129. Il Partito Socialista Italiano era presente con propri rappresentanti nella squadra di governo di Amintore Fanfani del 1962? no, ma in Parlamento il PSI si impegnò a sostenere le riforme contenute nel programma di governo 130. Quando avvenne la scissione di Palazzo Barberini? Nel 1947 a Roma durante il XXV Congresso del Partito socialista italiano (allora PSIUP Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria) 131. La scissione di Palazzo Barberini quale partito interessò? Il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria 132. Chi ricoprì per primo la carica di Presidente della Repubblica Italiana? Enrico De Nicola Coppino ebbe il compito di delineare l’obbligo della scolarizzazione elementare. 4. Decentramento amministrativo e riforma del fisco e della magistratura. 5. Tassa doganale e abbandono del libero scambio per controllare concorrenza straniera. Iniziativa volta a sostenere e a difendere gli interessi del sistema industriale ma i prezzi dei beni di prima necessità aumentarono e questo danneggiò le classi più povere e le produzioni agricole che basavano la propria economia sull’esportazione. 154. Quale dinamica di relazione fra il parlamento, il governo e il re, si affermò nel Regno d’Italia dopo l’unificazione? Il 17 Marzo 1861 fu proclamata l’unificazione dello Stato italiano sotto il nome di Regno d’Italia, il quale fu una monarchia costituzionale dal 1861 al 1946 basata sullo “Statuto Albertino”. Si configurava con il Re al vertice dello Stato che riassumeva in sé i tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario; seppur esercitati non in maniera assoluta. Tale forma di governo fu avversata dalle frange repubblicane, internazionaliste e anarchiche. Il 21 febbraio 1861 la nuova Camera dei deputati approvò un disegno di legge con il quale Vittorio Emanuele II assunse il titolo di Re d'Italia. La prima classe dirigente del Parlamento italiano fu la cosiddetta “Destra Storica”, un gruppo di orientamento liberale moderato che si riconosceva nelle sue direttrici principali, nella politica di Camillo Benso, conte di Cavour. In opposizione vi era la “Sinistra Storica” di orientamento democratico che trovava le sue matrici politiche in Mazzini e nell’azionismo diretto di tipo garibaldino. La Destra storica al governo, era un gruppo omogeneo formato da membri appartenenti all’aristocrazia dei grandi proprietari terrieri e dalla grande borghesia. Tale formazione politica portò avanti l’eredità di Cavour, realizzando una politica basata sullo scrupoloso rispetto delle libertà costituzionali, sull’accentramento ed unificazione amministrativa e legislativa del paese, sull’economia di tipo liberista e su un approccio laico nei rapporti tra Stato e Chiesa. La Destra individuò nel “brigantaggio” una minaccia all’Unità appena raggiunta, un fenomeno di guerriglia che durò dal 1861 al 1865 che si sviluppò nel Sud del paese contro la nuova classe dirigente italiana. I ceti più poveri erano dilaniati dalle poverissime condizioni di vita, in particolare i contadini meridionali, che non accettarono i nuovi dominatori piemontesi e sfogarono la loro collera nelle rivendicazioni legittimiste dei Borboni e di quanti volevano il loro ritorno alimentando lo stato di agitazione sociale e insurrezionale. 155. Quale modello di sviluppo economico per l’Italia fu definito dai governi della Sinistra Storica? E quali furono le misure e i provvedimenti che la Sinistra Storica scelse di adottare per concretizzare tale modello? Nel 1876 il governo di Destra fu battuto alla Camera su un progetto di statizzazione delle ferrovie. Il Re affidò a Agostino Depretis, esponente della “Sinistra Storica” l’incarico di presiedere il Governo. Iniziò una fase nuova nella politica italiana che si protrasse fino al 1887. Con Depretis si avviò una pratica di governo detta del “trasformismo” per cui il sistema politico italiano perdeva il carattere bipartitico, finendo per gravitare intorno ad un grande centro dal quale erano escluse le ali estreme. La Sinistra aumentò tuttavia la spesa pubblica e abolì la Tassa sul macinato: proprio in questi anni inoltre, anche per le conseguenze di una crisi agraria internazionale che quindi investì l’Italia, si verificò il cosiddetto “decollo industriale” del paese attraverso una politica di sgravi fiscali e di investimenti a favore dello sviluppo industriale, sfatando il mito che lo l’economia italiana dovesse fondarsi solo sull’agricoltura. In queste circostanze si affermò una linea di sostegno dello Stato all’industria che fu evidente con l’introduzione di due tariffe protezionistiche (1878 – 1887); la via protezionistica si rivelò una sorta di percorso obbligato per l’industrializzazione del paese ma aggravò il divario fra Nord e Sud. 156. Che cosa fu il fenomeno del "trasformismo"? Nella storia della politica italiana il trasformismo emerse dopo il 1880 nel Regno d'Italia, come prassi comune ai gruppi parlamentari, di Destra e Sinistra, di variare le maggioranze in base a convergenze d'intenti su problemi circoscritti anziché su programmi politici a lungo termine. Il singolo parlamentare non era legato a un partito, per il semplice motivo che nell'Italia dell'Ottocento i partiti organizzati non esistevano. La candidatura alle elezioni era personale e ciò favoriva l'individualismo del singolo deputato. La base elettorale era ristretta: il deputato rispondeva del proprio operato alla propria base clientelare. Il passaggio di un parlamentare da uno schieramento all'altro era segno della conclusione di una trattativa nella quale il deputato aveva mercanteggiato il proprio voto in cambio della soddisfazione di certi interessi privati. Durante il periodo in cui il trasformismo fu prassi politica, le maggioranze parlamentari che di volta in volta si costituirono poggiarono su singole personalità politiche che, manovrando il costituirsi delle varie combinazioni di gruppi parlamentari, risultarono l'unico elemento di stabilità politica. Con il governo della “Sinistra storica” di Depretis si avviò una pratica di governo detta appunto del “trasformismo”, desunto da un suo discorso tenuto a Stradella, per cui il sistema politico italiano perdeva il carattere bipartitico, finendo per gravitare intorno ad un grande centro dal quale erano escluse le ali estreme. 157. Quali atti e fatti concretizzarono in Italia la svolta protezionistica e l’avvio del processo di industrializzazione? La svolta protezionistica e l’avvio del processo di industrializzazione in Italia furono portate avanti dal governo della “Sinistra Storica” di Depretis che dovette far fronte alla crisi agricola che volle mitigare abolendo innanzitutto la tassa sul macinato. In quegli anni, la notevole crescita della produzione cerealicola americana aveva infatti portato in Italia un notevole aumento delle importazioni di grano a prezzi molto contenuti e il sistema liberista inaugurato da Cavour capitolò nel luglio 1887 in seguito all'approvazione in parlamento della nuova tariffa doganale. La misura protezionista di Depretis, che fu presentata come misura di adeguamento al clima di concorrenza internazionale, provocò come effetto un aumento del processo di industrializzazione al Nord, in particolar modo dei settori tessile e siderurgico. Gli anni dei governi Depretis furono infatti caratterizzati da un notevole incremento della rete viaria e ferroviaria, passata dai 2.700 chilometri del 1861 ai 12.000 della fine degli anni '80. I vantaggi del Nord furono considerevoli perché Depretis, di fronte alla crisi agricola, rinunciò a mediare fra la linea liberista e “agricolturista”, gradita ai proprietari terrieri meridionali, e la linea di Destra più incline al processo di industrializzazione, che risultò vincente. Già nel 1882, d'altronde, la riforma elettorale aveva aumentato il peso politico degli elettori del nord Italia, sanzionando definitivamente il successo del settentrione nella maggioranza di Depretis. 158. Che cosa fu il fenomeno del "trasformismo"? Nella storia della politica italiana il trasformismo emerse dopo il 1880 nel Regno d'Italia, come prassi comune ai gruppi parlamentari, di Destra e Sinistra, di variare le maggioranze in base a convergenze d'intenti su problemi circoscritti anziché su programmi politici a lungo termine. Il singolo parlamentare non era legato a un partito, per il semplice motivo che nell'Italia dell'Ottocento i partiti organizzati non esistevano. La candidatura alle elezioni era personale e ciò favoriva l'individualismo del singolo deputato. La base elettorale era ristretta: il deputato rispondeva del proprio operato alla propria base clientelare. Il passaggio di un parlamentare da uno schieramento all'altro era segno della conclusione di una trattativa nella quale il deputato aveva mercanteggiato il proprio voto in cambio della soddisfazione di certi interessi privati. Durante il periodo in cui il trasformismo fu prassi politica, le maggioranze parlamentari che di volta in volta si costituirono poggiarono su singole personalità politiche che, manovrando il costituirsi delle varie combinazioni di gruppi parlamentari, risultarono l'unico elemento di stabilità politica. Con il governo della “Sinistra storica” di Depretis si avviò una pratica di governo detta appunto del “trasformismo”, desunto da un suo discorso tenuto a Stradella, per cui il sistema politico italiano perdeva il carattere bipartitico, finendo per gravitare intorno ad un grande centro dal quale erano escluse le ali estreme. 160. Quando e dove nacque la I Associazione Internazionale dei Lavoratori? Quali caratteristiche ebbe al momento della sua costituzione? Quali erano le sue componenti? Chi rappresentò il nascente movimento operaio italiano al Congresso di Fondazione della I Internazionale? Fino ai primi anni ‘70 dell’Ottocento il solo tipo di organizzazione operaia con una certa diffusione nel paese era quella rappresentata dalle società operaie di mutuo soccorso, interclassiste, in parte controllate dai mazziniani, in parte gestite da esponenti moderati. Con l’inasprirsi della questione sociale e dello scontro fra classi, le società operaie di mutuo soccorso, proprio per il loro atteggiamento estraneo a ogni ipotesi di conflittualità di classe, persero terreno, favorendo l’affermarsi in Italia di nuove prospettive di emancipazione sociale. In Italia si diffuse così l’internazionalismo socialista, cioè derivante dalle idee e dalle esperienze promosse dalla fondazione a Londra della “I Associazione Internazionale dei Lavoratori” o “I Internazionale” che si costituì il 28 settembre 1864 presso la St. Martin’s Hall. Tale Associazione era diretta da un Comitato composto da inglesi, francesi, tedeschi, fra i quali Karl Marx, polacchi e svizzeri che si accordarono per promuovere una serie di iniziative di solidarietà a favore dei polacchi e stabilirono anche intese per affrontare i problemi derivati alle industrie tessili ( come la disoccupazione e la diminuzione dei salari) in seguito agli effetti prodotti dalla guerra civile americana e soprattutto alla difficoltà di importare il cotone. La I Internazionale dunque riunì quindi diverse componenti tra loro ( riformista, mazziniana, marxista, anarchico – libertaria legata alle figure di Proudhon e di Bakunin), rispondendo anzitutto all’esigenza di stabilire una forma di raccordo internazionale tra il movimento operaio che andava formandosi nei vari paesi, assumendo diverse forme organizzative e indirizzi ideali. Le società operaie italiane erano rappresentate da un delegato di Mazzini, sostenitore dunque di un indirizzo di radicalismo democratico non socialista. 165. Che cosa fu il Movimento di GL (Giustizia e Libertà)? Chi erano i principali animatori di questo movimento? Giustizia e Libertà fu un movimento politico liberal-socialista fondato a Parigi nell'agosto del 1929 da un gruppo di esuli antifascisti, come Emilio Lussu, tra cui emerse come leader Carlo Rosselli, questi era un intellettuale socialista antifascista. Il movimento era vario per tendenze politiche e per provenienza dei componenti, ma era comune la volontà di organizzare un'opposizione attiva ed efficace al fascismo, in contrasto con l'atteggiamento dei vecchi partiti antifascisti, giudicati deboli e rinunciatari. Il movimento Giustizia e Libertà svolse anche un'importantissima funzione di informazione e sensibilizzazione nei confronti dell'opinione pubblica internazionale, svelando la realtà dell'Italia fascista che si nascondeva dietro la propaganda di regime, in particolare grazie all'azione di Gaetano Salvemini, che era stato l'ispiratore del gruppo e il maestro di Rosselli. Carlo e il fratello Nello Rosselli, anch’egli intellettuale e studioso di storia delle origini del movimento operaio italiano, furono entrambi assassinati nel 1937 in Francia da sicari fascisti. 166. Che cosa erano le società di mutuo soccorso? Quando si diffusero in Italia? Chi ne promosse la politicizzazione in senso democratico? Le prime forme di associazioni operaie si erano diffuse in Europa, prima del 1848, e associavano i lavoratori più qualificati e pagati, rifacendosi alla tradizione delle antiche corporazioni artigiane e avevano per lo più finalità di cooperazione, di mutuo soccorso fra i soci, escludendo quelle di rivendicazione, rivolte contro i datori di lavoro. In Italia il proletariato di fabbrica era, in questa fase, davvero esiguo. Gli sparuti gruppi di artigiani e di operai si organizzavano in società di mutuo soccorso, diffusesi negli anni 70 dell’800, promosse su iniziativa di Mazzini, fautore dell’emancipazione e della politicizzazione delle classi popolari attraverso la cooperazione e il mutuo soccorso ma contrario al collettivismo e alla lotta di classe. Lo nascita di un movimento operaio organizzato in Italia fu ostacolata dal ritardo registrato nello sviluppo industriale e quindi dalla mancata formazione di un proletariato di fabbrica moderno e numeroso. Il censimento del 1871 indicava solo un 20% di popolazione attiva impiegata nel settore industriale, in maggioranza lavoranti in botteghe artigiane. Solo nel tessile, (dove rimaneva comunque diffuso il lavoro a domicilio) erano presenti unità produttive di un certo rilievo che prevalentemente utilizzavano manodopera femminile e minorile, che spesso alternava il lavoro in fabbrica e quello nei campi. Ma con l’inasprirsi della questione sociale e dello scontro fra classi, le società operaie di mutuo soccorso, proprio per il loro atteggiamento estraneo a ogni ipotesi di conflittualità di classe, persero terreno, favorendo l’affermarsi in Italia di nuove prospettive di emancipazione sociale. 167. Che cosa fu la Concentrazione d'Azione Antifascista ? Quando si costituì? Chi la costituì? La Concentrazione d’azione antifascista fu un'aggregazione unitaria tra le diverse componenti dell'opposizione antifascista in esilio, operante in Francia tra il 1927 e il 1934, allo scopo di condividere una comune piattaforma di lotta contro il fascismo. Le componenti diverse di opposizione antifascista erano i socialisti delle due correnti, sia i riformisti che i massimalisti, i repubblicani e i liberali democratici eredi di Giovanni Amendola e Piero Gobetti. Durante il ventennio fascista infatti, la maggiore parte degli esponenti di queste forze trovarono rifugio in Francia, paese in cui si trasferirono anche i vecchi capi del socialismo italiano come Filippo Turati e Claudio Treves, ormai anziani, oltre ai nuovi protagonisti della storia socialista, come Pietro Nenni e Giuseppe Saragat. In Francia si trasferì anche la Confederazione Generale del Lavoro. Dal punto di vista ideale tale “Concentrazione” voleva rappresentare una prosecuzione dell’esperienza dell’Aventino e di essa riproponeva i caratteri e i motivi di contrasto. Nonostante la polemica interna tra le forze e i partiti antifascisti che agirono nell’ambito della Concentrazione, venne svolta un’importante attività di antifascismo che si segnalò innanzitutto sul piano della testimonianza e della propaganda, con la loro opera inoltre riuscirono a tessere e mantenere i contatti con gli emigrati trasferitisi in Francia per motivi di lavoro. Attraverso l’azione di propaganda e di tipo pubblicistico, cioè con la stampa dei loro giornali, che pubblicarono dall’estero, riuscirono a far sentire sul piano internazionale la voce dell’Italia contraria al fascismo, proseguirono inoltre l’attività di elaborazione, di discussione ideale e politica sulle cause della sconfitta subita ad opera del fascismo e sulle vie da intraprendere per il ritorno della democrazia in patria. 168. Illustrare quali intenti guidarono l'azione della Destra Storica , la I classe dirigente dell'Italia Unita, nell'opera di unificazione dei codici civili, penali e di commercio del regno d'Italia. Venne realizzata l'unificazione di tutti i codici o rimase qualche discrepanza? La “Destra Storica”, operante negli anni dal 1861 al 1876, svolse a seguito dell’Unificazione del Regno d’Italia. Fra i primi impegni del governo, ci fu quello di portare a termine l’unificazione amministrativa e legislativa dello Stato, estendendo la legislazione del Regno Sardo a tutto il paese, scelta che riflette il ruolo trainante dello stato piemontese liberalista. La legge di unificazione amministrativa fu varata nel marzo 1865 che ricalcava le leggi Rattazzi del 1859 sull’ordinamento comunale e provinciale con impianto centralistico e gerarchico, riconoscendo alle Province le funzioni amministrative. Per il governo dei Comuni veniva previsto un consiglio comunale eletto a suffragio ristretto e un Sindaco di nomina regia, che aveva funzione di direzione della vita politica locale ma era controllato tramite il Prefetto. La figura di controllo delle Province era proprio il Prefetto, funzionario tipico dell’amministrazione francese, ed era posto a capo della Deputazione Provinciale, organo esecutivo che svolgeva funzioni politiche di tutela su tutte le amministrazioni comunali. Nel Gennaio 1876 per mezzo di decreti legislativi separati fu realizzata l’unificazione legislativa con l’entrata in vigore dei codici civile, di commercio e della marina mercantile. L’ispirazione di fondo comune a questi tre codici era la volontà di sancire la priorità del diritto proprietario: per rimarcare i valori di fondo del liberalismo e dell’individualismo borghesi. Con il codice civile si intendeva riaffermare una visione borghese dei rapporti sociali entro la quale due entità soprattutto erano tutelate: l’individuo e la famiglia. Ad esempio si stabiliva che chi veniva condannato per debiti poteva essere arrestato, e inoltre veniva introdotto il matrimonio civile per riaffermare la tutela statale sulla famiglia. In questa occasione non fu però possibile pervenire anche all’unificazione del codice penale perché in Toscana la pena di morte era già stata abolita mentre negli altri Stati annessi al Regno d’Italia rimaneva ancora in vigore. La scelta che si poneva era tra due alternative quella di reintrodurre la pena di morte in Toscana, la meno fattibile, oppure di eliminare la pena di morte in tutto il territorio nazionale. Questa proposta abolizionista inizialmente era prevalente, sostenuta dal giurista Pasquale Stanislao Mancini, e difatti venne approvata dalla Camera ma non dal Senato, di nomina regia. Il Senato infatti esprimeva gli ideali aristocratici più conservatori. In campo penale rimase quindi questa discrepanza che si trascinò fino al 1889 quando il nuovo codice Penale detto “Zanardelli” dal nome del Ministro Guardasigilli, dove la pena di morte veniva finalmente abolita su tutto il territorio nazionale. 169. Quali erano le funzioni del prefetto secondo la Legge di unificazione amministrativa del 1865 del Regno d'Italia? A seguito dell’Unità d’Italia, fra i primi impegni del governo della “Destra Storica” ci fu quello di portare a termine l’unificazione amministrativa e legislativa dello Stato, estendendo la legislazione del Regno di Sardegna a tutto il paese, scelta che riflette il ruolo trainante dello stato piemontese liberalista di matrice Cavouriana. La legge di unificazione amministrativa fu varata nel marzo 1865, che ricalcava le leggi Rattazzi del 1859 sull’ordinamento comunale e provinciale con impianto centralistico e gerarchico, riconoscendo alle Province le funzioni amministrative. Per il governo dei Comuni veniva previsto un Consiglio Comunale eletto a suffragio ristretto e un Sindaco di nomina regia, che aveva funzione di direzione della vita politica locale ma era controllato tramite il Prefetto. La figura di controllo delle Province era proprio il Prefetto, funzionario tipico dell’amministrazione francese, ed era posto a capo della Deputazione Provinciale, organo esecutivo che svolgeva funzioni politiche di tutela su tutte le amministrazioni comunali. 171. Quali erano i principali gruppi o consorterie che componevano la Destra Storica ? Con l’espressione “Destra storica” s’intende una corrente ideale e politica i cui esponenti sono costantemente maggioritari nel Parlamento piemontese e in quello italiano dopo il 1861 e che si trovano quindi a gestire gli anni a cavallo dell’Unità nazionale. L’aggettivo “storica” (come nel caso della Sinistra che ad essa si oppone) serve a sottolineare la differenza rispetto alle formazioni successive, più direttamente legate alla questione sociale, che saranno tipiche del XX secolo. Benché il ciclo politico della Destra storica inizi nel 1849, comprendendo quindi anche gli anni dei governi D’Azeglio e Cavour, l’espressione è correntemente utilizzata per indicare il primo quindicennio politico dell’Italia unita, caratterizzato da un indirizzo politico di marca liberal-conservatrice. La Destra che domina il Parlamento ed esprime i primi governi dell’Italia unita è descrivibile come un’area politica e non come un partito. Questo per varie cause: innanzitutto, la cultura liberal-conservatrice ottocentesca è estranea o contraria all’idea di una formazione organizzata, contando più sull’iniziativa del singolo e sull’accordo parlamentare; in secondo luogo, il sistema elettorale, basato su piccoli collegi uninominali, garantisce l’elezione ai notabili che possano disporre di estese influenze e clientele, mentre solo l’allargamento del suffragio e la nascita di formazioni operaie alla fine del secolo renderanno necessarie forme di coordinamento politico ed ideologico più ampie e strutturate. economico e di ordinato progresso civile. La linea politica seguita da Giolitti non può intendersi se non in stretta connessione con il nuovo periodo di espansione industriale che interessò allora l’Italia. La fase di grande depressione dell’economia in Italia, con le riduzioni di produttività, la crisi finanziaria, il malessere dei ceti inferiori e i disordini interni, ebbe il suo culmine con gli eventi del 1898 che sembrarono portare il paese sull’orlo di una crisi sociale e istituzionale irreversibile;sin dal 1896 tuttavia, limitatamente al settore industriale fu possibile scorgere i segnali della ripresa dell’economia che poi sarebbe sfociata nella grande espansione dei primi 15 anni del 900. 176. Quando si registrò in Italia un intenso processo di formazione e crescita delle organizzazioni del lavoro? Perché? Fino ai primi anni ‘70 dell’Ottocento il solo tipo di organizzazione operaia con una certa diffusione nel paese era quella rappresentata dalle società operaie di mutuo soccorso, interclassiste, sorte più o meno alla metà del secolo, in parte controllate dai mazziniani (che quindi rifiutavano la lotta di classe, auspicando una solidale collaborazione fra i “ceti produttori” – industriali e lavoratori- che Mazzini, rifacendosi a Saint – Simon, contrapponeva ai “ceti oziosi” – aristocratici, monarchici, burocrati e esponenti del clero) in parte gestite da esponenti moderati. Esse erano state concepite come strumenti di educazione politica del popolo, con scopi anche di mutuo aiuto e solidarietà fra i lavoratori, che rigettavano però la lotta di classe ed escludevano quindi il ricorso allo sciopero, ritenuto strumento dannoso. Con l’inasprirsi della questione sociale e dello scontro fra classi, le società operaie di mutuo soccorso, proprio per il loro caratteristico orientamento mazziniano, estraneo a ogni ipotesi di conflittualità di classe, persero terreno, favorendo l’affermarsi in Italia di nuove prospettive di emancipazione sociale. In Italia si diffuse così l’internazionalismo socialista, cioè le idee e le esperienze promosse dalla Fondazione a Londra della I Associazione Internazionale dei Lavoratori (o I Internazionale) che avvenne nel 1864 a Londra. 177. Perché fu importante il Governo Zanardelli – Giolitti? Nel febbraio 1901, caduto il governo Saracco, iniziano le consultazioni al Quirinale per decidere il successore del vecchio statista sabaudo. Il capo della maggioranza era Sidney Sonnino ma il re Vittorio Emanuele III preferisce affidare l'incarico a Giuseppe Zanardelli, che pure si trova in minoranza nel Parlamento, per almeno tre motivi: 1) è l'espressione di quella sinistra liberale che ha vinto la crisi di fine secolo 2) è l'unico politico non "sovversivo" che può contare sul consenso dei socialisti 3) ha l'esplicito appoggio di Giovanni Giolitti. Giolitti fu infatti Ministro degli Interni durante il gabinetto Zanardelli (1901- 1903) , che inaugurò la svolta liberale di inizio secolo, e nel corso del quale fu in effetti l’ispiratore della politica governativa. La politica giolittiana fu orientata dal perseguimento di due obiettivi tra loro connessi: un obiettivo di sviluppo economico e di ordinato progresso civile. La linea politica seguita da Giolitti non può intendersi se non in stretta connessione con il nuovo periodo di espansione industriale che interessò allora l’Italia. 178. Cosa voleva comunicare Andrea Costa scrivendo "la lettera ai miei amici di Romagna" del 1879? A chi si rivolgeva? Quale messaggio voleva veicolare con questa lettera? Il passo decisivo che avviò una significativa svolta nell’ambito del movimento socialista, fu compiuto da Andrea Costa, che era stato tra i principali animatori del movimento operaio italiano nella fase insurrezionista-bakuninista. Il 27 luglio 1879 indirizzò una lettera “Ai miei amici di Romagna” , cioè ai suoi compagni internazionalisti anarchici, che fu pubblicata il 3 agosto sulla rivista “La Plebe”, con la quale annunciava di sposare una nuova via e una nuova strategia per continuare a perseguire il mito della nuova società. Nella lettera, ribadì cioè immutata la fede negli obiettivi del comunismo anarchico e quindi nell’irrinunciabile progetto rivoluzionario, ma indicava la necessità di individuare nuovi strumenti e diverse modalità d’azione per realizzarla. Il ripensamento di Costa traeva origine, non solo dalla considerazione del susseguirsi fallimentare dei tentativi insurrezionali registratisi in Italia, ma anche dalla presa d’atto dei crescenti successi conseguiti da vari soggetti e realtà del socialismo evoluzionista europeo sul piano politico elettorale. Una certa attenzione era indirizzata ad esempio alla socialdemocrazia tedesca, che anche negli anni seguenti sarà un riferimento per il nascente Partito Socialista Italiano. 179. In Italia quali esponenti politici , tra gli altri, furono gli autori del famoso gesto del “rovesciamento delle urne” e perché? A contrastare l’approvazione delle “leggi liberticide” di Pelloux fu l’opposizione socialista, radicale e repubblicana che con la tattica dell’ ostruzionismo parlamentare, consistente nel cercare di prolungare all’infinito le discussioni in aula, valendosi di tutti gli appigli legali e procedurali offerti dai regolamenti parlamentari, cercò di non arrivare mai alle votazioni dei provvedimenti in oggetto. I deputati dell’opposizione si sforzarono inoltre di dare al loro impegno parlamentare un significato educativo pedagogico, di vera e propria formazione della coscienza civica sforzandosi cioè di sensibilizzare con i loro fogli e organi di stampa l’opinione pubblica sul valore essenziale delle libertà politiche fondamentali, sull’importanza del dovere civico della ribellione verso il sopruso messo in atto nei confronti della legge e della libertà. Tra i socialisti si segnalò soprattutto per consapevolezza democratica il deputato reggiano Camillo Prampolini. Si ebbero momenti epici di lotta per la libertà di cui furono protagonisti gli esponenti dell’opposizione: famoso l’episodio avvenuto il 30 giugno 1899 del cosiddetto “rovesciamento delle urne”, di cui furono autori tra gli altri i deputati socialisti, Camillo Prampolini, Andrea Costa, Leonida Bissolati e Giuseppe De Felice Giuffrida, che nell’estremo tentativo di impedire la votazione della modifica del regolamento parlamentare, buttarono a terra le urne predisposte per le operazioni di voto, causando la sospensione dei lavori. 180. Quale fu l’atteggiamento di Giolitti nei confronti della crescente pressione rivendicativa della classi lavoratrici? Riconosceva legittimità alle istanze di rivendicazione dei lavoratori e alle organizzazioni sindacali e politiche che di tali istanze si fecero interpreti? La prima esperienza di Governo di Giovanni Giolitti risale agli anni 1892 – 1893, durante i quali non solo si costituì il Partito dei Lavoratori Italiani ma si svolse anche l’agitazione dei Fasci Siciliani e i moti dei lavoratori del marmo della Lunigiana. Le modalità con le quali Giolitti affrontò queste manifestazioni di protesta e di rivendicazione popolare distinsero sin da questi anni la sua linea politica come decisamente più avanzata e progressista. Giolitti sin da subito assunse un atteggiamento contrario al ricorso della forza pubblica per sedare le manifestazioni rivoltose, e ben determinato in ogni caso a resistere alle pressioni dei settori più conservatori della classe dirigente liberale, che invece invocavano un atteggiamento deciso e di tipo repressivo da parte del Governo per ristabilire l’ordine pubblico. Egli faceva soprattutto affidamento sul fatto che sia i proprietari terrieri, sia i proprietari delle miniere,che ricoprivano poi di fatto i ruoli chiave anche nelle amministrazioni locali, fossero alla fine indotti a approvare provvedimenti che servissero in qualche modo a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori delle campagne e degli operai. Tale tipo di condotta valse sin da subito al Presidente del Consiglio aspre critiche da parte dei conservatori. 181. Quando avvenne il “decollo industriale” dell’Italia ? Nel 1876 il governo di Destra fu battuto alla Camera su un progetto di statizzazione delle ferrovie. Il Re affidò a Agostino Depretis, esponente della “Sinistra Storica” l’incarico di presiedere il Governo. Iniziò una fase nuova nella politica italiana che si protrasse fino al 1887. Con Depretis si avviò una pratica di governo detta del “trasformismo” per cui il sistema politico italiano perdeva il carattere bipartitico, finendo per gravitare intorno ad un grande centro dal quale erano escluse le ali estreme. La Sinistra aumentò tuttavia la spesa pubblica e abolì la Tassa sul macinato: proprio in questi anni inoltre, anche per le conseguenze di una crisi agraria internazionale che quindi investì l’Italia, si verificò il cosiddetto “decollo industriale” del paese attraverso una politica di sgravi fiscali e di investimenti a favore dello sviluppo industriale, sfatando il mito che lo l’economia italiana dovesse fondarsi solo sull’agricoltura. In queste circostanze si affermò una linea di sostegno dello Stato all’industria che fu evidente con l’introduzione di due tariffe protezionistiche (1878 – 1887); la via protezionistica si rivelò una sorta di percorso obbligato per l’industrializzazione del paese ma aggravò il divario fra Nord e Sud. 182. Quale fu il programma di governo di Ferruccio Parri nel 1945? Quali partiti sostenevano il suo governo? Dopo la Liberazione dalla dittatura fascista, Bonomi si dimise dall’incarico di guida del governo per cedere il passo ad una figura che fosse più rappresentativa dell’Italia liberata. Dopo un lungo testa a testa fra la Dc e il Psi, alla fine la scelta ricadde su Ferruccio Parri, importante esponente del PDA, piccola formazione politica che tuttavia, come abbiamo detto, aveva dato un contributo alto e significativo alla lotta di resistenza. Inoltre ciò che rendeva indiscutibile la scelta di Parri derivava dal suo profilo personale di uomo, di politico, di combattente antifascista, dal momento che Parri si era distinto, con il nome di battaglia di Maurizio, come uno dei più importanti capi militari della Resistenza. Il governo Parri si avvalse ancora del sostegno di tutti i partiti che avevano composto il CLN e si propose innanzitutto di riportare alle condizioni di normalità politica il paese in un contesto ancora pesantemente condizionato dalle contrapposizioni esasperate del periodo di guerra. Parri annunciò tra i suoi impegni primari quello di dar corso quanto prima ad un processo di epurazione che avrebbe dovuto coinvolgere persone che avevano ricoperto alte cariche negli apparati amministrativi e nel settore economico durante il ventennio, comunicò inoltre la volontà di adottare una serie di misure che si proponevano di rivitalizzare le piccole e medie aziende mentre si prevedeva di tassare in maniera più consistente le grandi imprese. Tali decisioni allarmarono il settore più moderato delle forze politiche con il PLI che in novembre ritirò il proprio appoggio al governo che quindi cadde. arresti e condanne molto dure per i principali esponenti delle forze di opposizione. Il nuovo secolo iniziò con l’uccisione del re Umberto I, il 29 luglio 1900, per mano di un anarchico, Gaetano Bresci con quel gesto volle vendicare le vittime delle repressioni del ‘98 a Milano, ottenne invece di ridare fiato alle posizioni dei più tenaci fautori di quella politica repressiva che aveva registrato nell’epilogo della crisi di fine secolo il suo fallimento. 188. Quando si formò il Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna? Chi promosse la sua formazione e con quali motivazioni? Andrea Costa nell’aprile 1881, insieme ad Anna Kuliscioff, un’esule russa, anarchica- rivoluzionaria e oppositrice dello zarismo, che aveva conosciuto in Svizzera ed era divenuta sua compagna (figura che in seguito si rivelerà importantissima per la nascita del Partito Socialista Italiano) iniziò a pubblicare il settimanale “Avanti!” e nell’agosto dello stesso anno, durante un congresso clandestino svoltosi a Rimini, a cui parteciparono circa 40 delegati romagnoli , dette vita al Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna. Nel programma si confermava l’ipotesi finale della rivoluzione, ma al tempo stesso si proponeva un strategia evoluzionista orientando di fatto l’attività del partito sulla propaganda popolare, sulla promozione dell’organizzazione sindacale e cooperativa dei lavoratori sulla partecipazione alla lotta amministrativa e politica. La composizione sociale del partito era di ceti artigiani, piccola borghesia e lavoratori manuali. La nuova formazione non aveva però i tratti del partito moderno, aveva infatti ancora caratteristiche localistiche, era destrutturato, organizzato in una specie di confederazione fra gruppi diversi ai quali veniva lasciata la possibilità di chiamarsi come loro pareva e di adottare il programma che volevano . La vicenda del Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna rappresentò comunque una svolta perché per la prima volta si ammetteva la partecipazione a competizioni politico elettorali. 189. Quali erano i principali motivi ed elementi che alimentavano la prospettiva ideale del movimento internazionalista in Italia? La crescita del movimento internazionalista in Italia fu opera soprattutto di alcuni militanti anarchici come Andrea Costa, Carlo Cafiero e Errico Malatesta. Nel 1872 a Rimini si svolse il I Congresso della Federazione Italiana dell’’Associazione Internazionale dei Lavoratori al quale intervennero ben 21 sezioni decisamente schierate sulla linea bakuniana. Bakunin accusava i marxisti di voler fondare una nuova forma di potere statale ispirata però da un identico motivo di dispotismo di carattere politico tecnocratico. Bakunin era quindi fautore di una forma di organizzazione della società risultante dalla libera federazione di gruppi di produttori o di comuni autogestiti che avrebbero reso superflua qualsiasi forma di autorità centralizzata e coercitiva perché più rispondente alle esigenze naturali dei lavoratori e all’istinto volto alla collaborazione sociale che li ispirava. La prospettiva di azione di cui era sostenitore era anarchica e insurrezionale, consistente nell’attività di una rete di società segrete che attraverso metodi di lotta armata e cospirativa avrebbero dovuto avviare il processo rivoluzionario, rifiutando quindi lo strumento del partito politico e l’azione politica legalitaria, di tipo parlamentare. Questa concezione romantica, cospirativa, che si rivolgeva ai ceti rurali ma in generale alle masse diseredate senza distinzioni fra operai, contadini o sottoproletari, si adattò meglio del marxismo a quei paesi e a quegli strati sociali che ancora non avevano conosciuto la fase dello sviluppo industriale. Questo fu anche il motivo per cui in un primo tempo l’internazionalismo socialista si diffuse in Italia con un orientamento ispirato più alle idee di Bakunin che non a quelle di Marx. Costa, Cafiero e Malatesta si attivarono in quegli anni nell’organizzazione di una serie tentativi e moti insurrezionali che si rivolsero soprattutto ai ceti contadini ma il cui esito fu fallimentare. Ciò indusse Costa a rivedere la linea seguita fino ad allora, optando per la definizione di un programma più concreto di azione, che anzitutto prevedeva la creazione di un vero e proprio partito. 190. Quando nacque la II Associazione Internazionale dei Lavoratori? Quali caratteristiche aveva? Quali caratteristiche avevano i partiti che la componevano? L’occasione per la creazione della II Internazionale fu data dal contemporaneo svolgimento a Parigi di due Congressi organizzati per celebrare il centenario della presa della Bastiglia il 14 luglio 1889: uno indetto su iniziativa delle “Trade Unions” inglesi e della tendenza riformista del movimento operaio francese cosiddetta “possibilista” di Brousse; l’altro convocato dai socialisti marxisti francesi, al quale intervennero le più importanti organizzazioni marxiste europee, insieme a delegazioni statunitensi e argentine. Durante la riunione furono inoltre prese alcune iniziative significative: si proclamò il 1° maggio “festa dei lavoratori” (fu scelta questa data perché negli USA il 1° maggio 1886 si era verificato un grande sciopero per l’introduzione delle 8 ore giornaliere di lavoro) e si lanciò per tutte le organizzazioni socialiste l’obiettivo della conquista delle 8 ore lavorative; si definì un programma di misure di legislazione sociale da perseguire; si sollecitarono i proletari a entrare nei partiti socialisti dei rispettivi paesi, per prendere parte alla vita politica, per la conquista del potere politico. A differenza della I Internazionale, che aveva ambito ad essere una sorta di centrale dirigente della classe lavoratrice di tutto il mondo, la II Internazionale appariva assai di più come una federazione di partiti nazionali autonomi e sovrani. fra i quali il Partito socialdemocratico tedesco, che per la sua forza assunse una posizione di grande rilievo. Nel 1900 la II Internazionale si dotò di propri organi: si costituì allora una Segreteria Internazionale e un Comitato Interparlamentare. 191. Argomentare brevemente sul revisionismo marxista? Quali furono i principali interpreti del revisionismo marxista? Per revisionismo del marxismo si intende il processo storico e l'atteggiamento teorico di revisione dei fondamenti concettuali dell'ideologia marxista. Il rappresentante più autorevole fu il tedesco Eduard Bernstein, che, procedendo dalla constatazione che le previsioni marxiane riguardo all'inasprimento della lotta di classe e alla proletarizzazione dei ceti medi non si erano realizzate, negò l'imminenza di un processo rivoluzionario. Bernstein infatti considerava una parte importante della dottrina di Marx come non avente carattere scientifico ma fosse una costruzione teorica nella quale Marx aveva piegato i fatti alle proprie esigenze dottrinarie. Bernstein non assegnava ai fattori economici quella funzione esclusiva e determinante nell’evoluzione della storia e della società , ritenendo che in essa avessero un’influenza significativa anche i fattori morali ed etici; rifiutava la teoria del valore considerato come quantità di lavoro e tendeva ad individuarlo invece nell’utilità dei beni prodotti; respingeva quindi il concetto di plusvalore; constatava poi una serie di fatti che andavano in senso contrario alle previsioni di Marx: la concentrazione del capitale non si realizzava affatto con la rapidità indicata da Marx; il proletariato non si impoveriva, ma migliorava lentamente la sua condizione; e anche il previsto processo di proletarizzazione delle classi medie non trovava corrispondenze nella realtà , anzi si poteva al contrario rilevare la formazione di un ceto medio sempre più cospicuo, anche se legato ai processi di produzione della grande industria; la lotta di classe pertanto, nell’interpretazione di Bernstein non si acutizzava, come prefigurato da Marx ma veniva piuttosto attenuandosi; la lotta di classe, dunque rimarcava Bernstein era un fatto reale ma non poteva rappresentare il mezzo per trasformare la società; il capitalismo poi pareva ben lontano dall’essere vicino al crollo profetizzato da Marx, rivelava piuttosto una insospettata capacità di modificarsi e di superare le crisi; lo Stato borghese diventava sempre più Stato democratico. Bernstein concluse così che “la trasformazione socialista della società diventa possibile col perfezionamento e l’allargamento delle istituzioni politiche ed economiche che già funzionano” e che la socialdemocrazia doveva avere “il coraggio di liberarsi da una fraseologia sorpassata, in presenza dei fatti, e di accettare d’essere un partito di riforme sociali e democratiche” Bernstein indicò la linea d’azione che la socialdemocrazia avrebbe dovuto seguire . Nella sua elaborazione veniva meno innanzitutto la fase della dittatura del proletariato prevista da Marx. Bernstein rilevava infatti come la visione dello stato elaborata da Marx, vale a dire la concezione dello stato come strumento di dominio e di repressione della classe dirigente borghese, non reggesse di fronte all’irrompere di un fatto che nei tempi moderni veniva affermandosi inesorabilmente : la democrazia . I passi avanti compiuti dalla democrazia, col progressivo allargamento del suffragio universale, con la tendenza alla parificazione dei cittadini di fronte alle istituzioni statali, privava lo Stato del carattere di classe per farne piuttosto, almeno in potenza lo strumento per perseguire l’interesse generale . La dittatura del proletariato dunque non solo non era più necessaria, secondo Bernstein, ma si sarebbe risolta in una dittatura di oratori e di letterati che non avrebbe assolutamente portato al dissolvimento impossibile dello Stato. 192. Quando si formò il Partito Operaio Italiano? Chi furono i principali esponenti del POI? Nel 1882, a Milano, alcune associazioni operaie decisero di costituire il Partito operaio italiano, (POI) che nacque in polemico antagonismo nei confronti delle forze borghesi democratiche e radicali Il Partito nacque infatti da una divisione creatasi nell’ambito del Consolato Operaio di Milano che in origine era un federazione di arti e mestieri, a sfondo mutualistico, sotto l’influenza di radicali come Antonio Maffi e Carlo Romussi. Il Partito Radicale di Felice Cavallotti, erede della tradizione democratico risorgimentale, nel 1879 aveva creato con i Repubblicani una Lega della democrazia che aveva assunto un programma (comprendente la revisione in senso democratico dello Statuto Albertino, l’introduzione del suffragio universale, la nascita di un esercito popolare e la riforma fiscale) con il quale, alla vigilia delle elezioni del 1882, si proponeva di estendere la propria influenza fra le classi operaie e urbane. Tale tentativo invece non solo fallì ma favorì l’emergere di una sensibilità operaistica, diffidente e in aperta polemica con la tradizionale dirigenza borghese del movimento operaio, determinata a portare avanti le proprie istanze di rivendicazione salariale e di classe. Il POI si presentò infatti come partito, o meglio come federazione di associazioni operaie, rigidamente classista, esclusivista e corporativo:ammetteva infatti nelle sue file solo i lavoratori manuali, escludendo così, aprioristicamente, qualsiasi infiltrazione borghese. Il POI rivendicava la legittimità della lotta di resistenza e dello sciopero, sosteneva inoltre la lotta democratico mazziniana per i diritti civili e politici come il suffragio universale, giornalista e politologo italiano, tra i primi e più importanti leader del socialismo italiano e tra i fondatori, a Genova nel 1892, dell'allora Partito dei Lavoratori Italiani che diventerà, nel 1893 a Reggio Emilia, Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, avendo ancora questo nome al convegno di Imola nel 1894 e, nel 1895 con il congresso di Parma, Partito Socialista Italiano. Appartenente ad un famiglia di alta borghesia lombarda, Turati aveva militato nelle organizzazioni della democrazia radicale. Fondamentale per la sua maturazione politica e ideale era stato l’incontro con Anna Kuliscioff, divenuta poi sua compagna di vita, giovane esule russa, largamente introdotta negli ambienti e nei circuiti del socialismo europeo. Turati di formazione positivistica, sia attraverso tali influenze, sia attraverso il legame diretto con l’ambiente milanese, che si configurava comunque come la realtà più avanzata dal punto di vista sia economico che politico- associazionistico in Italia, era giunto a maturare l’adesione alla dottrina marxista nella percezione che essa possedesse quel più alto grado di elaborazione teorica che la rendeva una guida più adeguata cui ispirare l’azione del movimento operaio; con Labriola convergeva pertanto sull’esigenza di affermare in Italia una cultura socialista ispirata ai principi del socialismo scientifico. Si serravano intanto i collegamenti tra gli esponenti e i nuclei più rappresentativi del mondo socialista (ad esempio quello romagnolo di Costa, quello milanese di Turati, quello di Reggio Emilia raccolto intorno a Camillo Prampolini ecc.) impegnati, nonostante le divergenze, in un medesimo progetto di riunione delle sparse forze socialiste in un movimento nazionale; l’impegno di Turati sul piano politico si faceva sempre più intenso; nel luglio 1889 annunciò a Costa la costituzione di una Lega socialista milanese, sodalizio vicino al POI che raccoglieva i socialisti operaisti e tutti gli altri socialisti, “intesa la parola – spiegava Turati – con una certa larghezza però senza confusionismo”, esclusi gli anarchici. Ad impartire un'accelerazione decisiva al processo di unificazione delle varie anime della sinistra furono, da un lato, la formazione della II Internazionale, avvenuta tra i Congressi di Parigi e di Bruxelles, a cavallo degli anni 1889 – 1891, che adottò la dottrina marxista in una versione venata di evoluzionismo positivistico, e dall'altro, la grande affermazione elettorale ottenuta dalla Socialdemocrazia tedesca (SPD) che in Germania nelle elezioni per il Reichstag del 1890, avvenute dopo la fine della legislazione antisocialista, ottenne il 20% dei voti. Entrambi gli avvenimenti dimostrarono che il movimento operaio era ormai una realtà, un soggetto politico nei fatti non più trascurabile, così come la “questione sociale” di cui si faceva interprete si imponeva ai governi come termine di confronto non ulteriormente rinviabile. 197. Quando e dove fu fondata la Federazione Italiana dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori? In Italia per opera soprattutto di alcuni militanti anarchici come Andrea Costa, Carlo Cafiero e Errico Malatesta fu fondata nel 1872 a Rimini la Federazione Italiana dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori alla quale intervennero ben 21 sezioni decisamente schierate sulla linea bakuniana. Costa, Cafiero e Malatesta si attivarono in quegli anni nell’organizzazione di una serie tentativi e moti insurrezionali che si rivolsero soprattutto ai ceti contadini ma il cui esito fu fallimentare. Ciò indusse Costa a rivedere la linea seguita fino ad allora, optando per la definizione di un programma più concreto di azione, che anzitutto prevedeva la creazione di un vero e proprio partito. 198. Quale fu la linea politica seguita da Crispi come capo del governo? Quando Giolitti diede le dimissioni alla fine di novembre del 1893, Crispi tornò al potere il 15 dicembre dello stesso anno. I primi atti del suo governo furono esattamente quelli che la borghesia conservatrice si attendeva da lui, chiamato ad assumere il ruolo dell’ “uomo forte” , richiesto da una fase politica durante la quale l’ordine pubblico pareva loro compromesso da gravi minacce insurrezionali. Crispi proclamò lo stato d’assedio in Sicilia e operò militarmente la repressione dei Fasci Siciliani così come del movimento anarchico in Lunigiana; i principali esponenti dei due movimenti furono imprigionati . Questa politica autoritaria e repressiva fu estesa arbitrariamente da Crispi contro tutte le organizzazioni operaie e socialiste: nell’ottobre del 1894 il Partito Socialista e le organizzazioni sindacali vennero messe fuori legge. A determinare la caduta di Crispi fu infine, non solo il riemergere delle sue responsabilità nello scandalo della Banca Romana, ma soprattutto il fallimentare esito della guerra in Africa. Dopo che nel 1890 era stata proclamata la Colonia Eritrea, si era infatti determinata una situazione di conflitto con il Negus Menelik sulla questione del Trattato di Uccialli che aveva portato ad una contrapposizione tra i due paesi, tanto che l’Italia, nel dicembre 1895, aveva subito una sanguinosa sconfitta all’Amba Alagi. Crispi, messo al centro delle accuse dall’opposizione socialista e democratica, perseverò nella politica espansionista che nel marzo del 1896 portò allo scontro finale tra 70.000 Etiopici e 16.000 Italiani ad Abba Garima, presso Adua, che si risolse in un vero massacro per gli Italiani. In Italia scoppiarono così violentissime agitazioni contro il Governo che costrinsero Crispi a rassegnare le dimissioni. 199. Perché Andrea Costa ebbe un ruolo chiave nello sviluppo del socialismo e del movimento operaio in Italia? A partire dal 1871 Bakunin divenne il principale punto di riferimento in Italia delle sezioni dell’Internazionale che iniziarono a diffondersi a ritmo crescente nel paese. La crescita del movimento internazionalista in Italia fu opera soprattutto di alcuni militanti anarchici come Andrea Costa, Carlo Cafiero e Errico Malatesta. Nel 1872 a Rimini si svolse il I Congresso della Federazione Italiana dell’’Associazione Internazionale dei Lavoratori al quale intervennero ben 21 sezioni decisamente schierate sulla linea bakuniana. Costa, Cafiero e Malatesta si attivarono in quegli anni nell’organizzazione di una serie tentativi e moti insurrezionali che si rivolsero soprattutto ai ceti contadini ma il cui esito fu fallimentare. Ciò indusse Costa a rivedere la linea seguita fino ad allora, optando per la definizione di un programma più concreto di azione, che anzitutto prevedeva la creazione di un vero e proprio partito. Il passo decisivo che avviò una significativa svolta nell’ambito del movimento socialista, fu compiuto proprio da Andrea Costa, che era stato tra i principali animatori del movimento operaio italiano nella fase insurrezionista – bakuninista. Il 27 luglio 1879 indirizzò una lettera “Ai miei amici di Romagna” , cioè ai suoi compagni internazionalisti anarchici, con la quale annunciava di sposare una nuova via e una nuova strategia per continuare a perseguire il mito della nuova società. Nella lettera, ribadì cioè immutata la fede negli obiettivi del comunismo anarchico e quindi nell’irrinunciabile progetto rivoluzionario, ma indicava la necessità di individuare nuovi strumenti e diverse modalità d’azione per realizzarla. Il ripensamento di Costa traeva origine, non solo dalla considerazione del susseguirsi fallimentare dei tentativi insurrezionali registratisi in Italia, ma anche dalla presa d’atto dei crescenti successi conseguiti da vari soggetti e realtà del socialismo evoluzionista europeo sul piano politico elettorale. Una certa attenzione era indirizzata ad esempio alla socialdemocrazia tedesca, che anche negli anni seguenti sarà un riferimento per il nascente Partito Socialista Italiano. 200. Illustrare le principali caratteristiche della Società di Mutuo Soccorso in Italia In Italia, dopo il 1848, il proletariato di fabbrica era, in questa fase, davvero esiguo. Gli sparuti gruppi di artigiani e di operai si organizzavano in società di mutuo soccorso, promosse su iniziativa di Mazzini, fautore dell’emancipazione e della politicizzazione delle classi popolari attraverso la cooperazione e il mutuo soccorso ma contrario al collettivismo e alla lotta di classe. Lo nascita di un movimento operaio organizzato in Italia fu ostacolata dal ritardo registrato nello sviluppo industriale e quindi dalla mancata formazione di un proletariato di fabbrica moderno e numeroso. Fino ai primi anni ‘70 dell’Ottocento il solo tipo di organizzazione operaia con una certa diffusione nel paese era quella rappresentata dalle società operaie di mutuo soccorso, interclassiste, sorte più o meno alla metà del secolo, in parte controllate dai mazziniani (che quindi rifiutavano la lotta di classe, auspicando una solidale collaborazione fra i “ceti produttori” – industriali e lavoratori- che Mazzini, rifacendosi a Saint – Simon, contrapponeva ai “ceti oziosi” – aristocratici, monarchici, burocrati e esponenti del clero) in parte gestite da esponenti moderati. Esse erano state concepite come strumenti di educazione politica del popolo, con scopi anche di mutuo aiuto e solidarietà fra i lavoratori, che rigettavano però la lotta di classe ed escludevano quindi il ricorso allo sciopero, ritenuto strumento dannoso. Con l’inasprirsi della questione sociale e dello scontro fra classi, le società operaie di mutuo soccorso, proprio per il loro caratteristico orientamento mazziniano, estraneo a ogni ipotesi di conflittualità di classe, persero terreno, favorendo l’affermarsi in Italia di nuove prospettive di emancipazione sociale. In Italia si diffuse così l’internazionalismo socialista, cioè le idee e le esperienze promosse dalla Fondazione a Londra della I Associazione Internazionale dei Lavoratori (o I Internazionale) che avvenne nel 1864 a Londra. 201. Quando nacque la I Associazione Internazionale dei Lavoratori e quali caratteristiche ebbe? L’inasprimento della questione sociale e dello scontro fra classi, le società operaie di mutuo soccorso, proprio per il loro caratteristico orientamento mazziniano, estraneo a ogni ipotesi di conflittualità di classe, persero terreno, favorendo l’affermarsi in Italia di nuove prospettive di emancipazione sociale. In Italia si diffuse così l’internazionalismo socialista, cioè le idee e le esperienze promosse dalla Fondazione a Londra della I Associazione Internazionale dei Lavoratori o I Internazionale che avvenne nel 1864 a Londra alla St. Martin’s Hall. Era diretta da un Comitato composto da inglesi, francesi, tedeschi (fra i quali Marx), polacchi e svizzeri. La I Internazionale riunì quindi diverse componenti tra loro ( riformista, mazziniana, marxista, anarchico – libertaria legata alle figure di Proudhon e di Bakunin), rispondendo anzitutto all’esigenza di stabilire una forma di raccordo internazionale tra il movimento operaio che andava formandosi nei vari paesi, assumendo diverse forme organizzative e indirizzi ideali. Le società operaie italiane erano rappresentate da un delegato di Mazzini, sostenitore dunque di un indirizzo di radicalismo democratico non socialista. Alla riunione erano presenti poi seguaci del russo Bakunin, anarchico e rivoluzionario, e sostenitori del “socialismo scientifico” di Marx ed Engels. Marx riuscì a far prevalere alcuni assunti che connotavano in senso orientare in qualche modo il loro atteggiamento verso posizioni più moderate. In un secondo tempo Giolitti contava sulla possibilità di orientare l’evoluzione del movimento fascista in senso più moderato. In questa ottica si inserì la decisione di Giolitti stesso di indurre lo scioglimento della Camera e di arrivare alle nuove elezioni del Maggio 1921, in vista delle quali, proprio per arginare la crescita dei partiti di massa socialista e popolare, si adoperò per agevolare la formazione dei cosiddetti “blocchi nazionali”, liste di coalizione formate dai gruppi “costituzionali” conservatori, liberali e democratici all’interno dei quali volle che fossero inclusi anche i fascisti. In realtà in tal modo Giolitti e la classe dirigente liberale offrirono ai fascisti un’occasione di legittimazione senza pretendere nulla in cambio, sul fronte della rinuncia ai metodi violenti e illegali. Proprio in occasione delle elezioni le violenze fasciste, al fine di condizionarne gli esiti, si intensificarono. Nonostante tutto, il risultato delle elezioni deluse le attese di Giolitti e di quanti avevano voluto andare al voto: i socialisti diminuirono di poco il loro consenso elettorale,i popolari incrementarono il loro seguito elettorale; i liberaldemocratici, chesipresentarono uniti nei blocchi nazionali, recuperarono voti ma non abbastanza da poter riacquisire una posizione dominante in Parlamento. Il dato più significativo era il fatto che 35 deputati fascisti facevano il loro esordio in Parlamento alla guida di Mussolini.Il risultato delle elezioni, che assicurò al governo un sostegno troppo esiguo, condusse Giolitti alle dimissioni, nel luglio del 1921. 205. Illustrare circostanze, fatti, situazioni, accadimenti delle elezioni del 1924 in Italia. Come alle elezioni del 1921, sotto il simbolo del fascio, si era riformata l’alleanza elettorale composta da cattolici, fascisti e liberali ma, a differenza che nel 1921, questa volta, alle nuove elezioni del 1924, erano stati i fascisti ad occupare un ruolo dominante. Significativa fu anche l’impostazione che Mussolini aveva voluto imprimere alla consultazione elettorale cioè quella di un appello all’unione nazionale al di sopra delle divisioni dei partiti tradizionali; per questo motivo aveva chiamato i gruppi politici a lui favorevoli a dissolversi nel listone governativo, nel quale quindi, si era voluto rimarcare, che avrebbero trovato posto tutti coloro che si erano dimostrati disposti a collaborare in maniera disinteressata, in nome di un superiore interesse della nazione. Le elezioni, si erano svolte nell’aprile del 1924 in un clima di violenza fascista dilagante ai danni dei candidati e delle sedi dei partiti e dei gruppi di opposizione e soprattutto dei socialisti e dei popolari . Le liste di opposizione malgrado si fossero presentate divise e malgrado gli enormi ostacoli e le violenze, erano riuscite a raccogliere notevoli consensi soprattutto al nord. Le violenze proseguirono comunque anche nei giorni successivi alle elezioni . Una volta riaperta la Camera, Giacomo Matteotti, segretario del Partito Socialista Unitario, il 30 maggio denunciò dai banchi del Parlamento le violenze e le illegalità che avevano accompagnato tutta la campagna elettorale e le stesse consultazioni elettorali, contestandone, proprio alla luce di questi fatti la validità. Il 10 giugno Matteotti fu rapito da un gruppo di squadristi , caricato a forza su un’auto e ucciso a pugnalate. Questo gravissimo fatto, sollevò l’indignazione dell’opinione pubblica contro il fascismo. L’uccisione di Matteotti rappresentava l’ultimo e il più clamoroso di una lunga serie di gravi atti di violenza. A prescindere dalla responsabilità personale e diretta, quello che emergeva era che Mussolini aveva la responsabilità quantomeno morale e politica: il fascismo mostrava di non voler rinunciare all’uso della violenza e alla volontà di sopraffazione che non identificavano dei tratti transitori del fenomeno, rivelandosi piuttosto motivi costitutivi del fascismo. Il delitto Matteotti rappresentò un momento di vera e propria crisi per l’ascesa di Mussolini al potere: Mussolini procedette a sostituire il capo della polizia, ordinò alcuni arresti di esponenti fascisti e rinunciò egli stesso alla carica di Ministro degli Interni. Per protestare contro questo atto gravissimo i deputati socialisti, popolari, comunisti, repubblicani, liberali seguaci di Amendola, nel corso di una riunione svoltasi a Montecitorio, decisero di non prendere più parte ai lavori della Camera fino a quando non fossero ristabilite condizioni di effettiva legalità democratica gravemente compromessa. 206. In cosa consistette la "Secessione dell'Aventino"? Il delitto Matteotti (1924) rappresentò un momento di vera e propria crisi per l’ascesa di Mussolini al potere: Mussolini procedette a sostituire il capo della polizia, ordinò alcuni arresti di esponenti fascisti e rinunciò egli stesso alla carica di Ministro degli Interni. Per protestare contro questo atto gravissimo i deputati socialisti, popolari, comunisti, repubblicani, liberali seguaci di Amendola, nel corso di una riunione svoltasi a Montecitorio, decisero di non prendere più parte ai lavori della Camera fino a quando non fossero ristabilite condizioni di effettiva legalità democratica gravemente compromessa. Durante questa riunione, il socialista unitario Filippo Turati affermò che gli oppositori del fascismo si ritiravano “sull’Aventino delle loro coscienze”, per questo motivo la scelta delle opposizioni di astenersi dalla partecipazione ai lavori parlamentari fu indicata come “secessione dell’Aventino” . Gli “aventiniani” condussero la loro azione su un piano strettamente legalitario, la loro iniziativa aveva un grande respiro ideale ma i presupposti sui quali si basava non si realizzarono: essi confidavano che il governo sarebbe alla fine caduto sotto l’urto della “questione morale” e dell’indignazione dell’opinione pubblica; confidavano inoltre in un intervento del Re volto a ristabilire la legalità compromessa oltre ogni limite. Sulla base di queste convinzioni gli aventiniani rifiutarono qualsiasi azione di forza, anche perché sentivano di non avere più il controllo delle classi lavoratrici, ormai disperse e fiaccate nella loro volontà di lotta da anni di violenze e intimidazioni, le cui organizzazioni erano state distrutte, i cui più importanti esponenti erano stati o uccisi o imprigionati: anche per questo quindi la proposta dei comunisti di proclamare uno sciopero contro il governo venne dagli altri componenti dell’opposizione respinta. Il timore delle componenti di sinistra, non comuniste, dello schieramento aventiniano era quello di condurre i lavoratori, disorganizzati e deboli, ad uno scontro di piazza con la borghesia e le forze conservatrici,che invece erano in posizione di forza, che avrebbe potuto con tutta probabilità risolversi in una sconfitta e anche in un massacro. Mussolini inoltre fece sospendere i lavori della Camera e ottenne un voto di fiducia a larga maggioranza dal Senato. Quando i maggiori esponenti dell’Aventino presentarono al re le prove della colpevolezza di Mussolini, il re, in nome della correttezza costituzionale, si rifiutò di prendere iniziative. 207. Quando venne costituita la MVSN (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) ? Perché la sua costituzione rappresentò una grave violazione della legalità? Nel gennaio del 1923, con un decreto, venne istituita la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN), un’organizzazione armata, posta agli ordini del capo del governo, con compiti di mantenimento dell’ordine pubblico. Mussolini aveva concepito la costituzione della MVSN, nella quale avrebbero dovuto confluire le squadre d’azione, anche come strumento per contenere e porre un argine al potere debordante dei ras. Il fatto grave era nella violazione della legalità costituzionale dello Stato liberale, della veste legale e istituzionale accordata alla costituzione di una milizia di Partito che si poneva a lato dell’esercito e delle forze di polizia alle quali tradizionalmente era affidata la tutela dell’ordine pubblico e l’esecuzioni delle leggi dello Stato. Lo squadrismo, nonostante la creazione della MVSN, continuò ad agire indisturbato contro le opposizioni, oggetto anche di una vera e propria repressione legale da parte anche della polizia e della magistratura ordinaria che scioglieva amministrazioni, dava ordine di sequestrare giornali e emetteva ordini di arresto. 208. In cosa consistette la strategia di "costituzionalizzazione" perseguita da Giolitti nei confronti del fascismo? Giolitti in questa fase storica volle utilizzare il fascismo, lo squadrismo e la violenza che connotavano quegli anni, come mezzi per contenere le richieste di socialisti e popolari, per orientare in qualche modo il loro atteggiamento verso posizioni più moderate. In un secondo tempo Giolitti contava sulla possibilità di orientare l’evoluzione del movimento fascista in senso più moderato. In questa ottica si inserì la decisione di Giolitti stesso di indurre lo scioglimento della Camera e di arrivare alle nuove elezioni del Maggio 1921, in vista delle quali, proprio per arginare la crescita dei partiti di massa socialista e popolare, si adoperò per agevolare la formazione dei cosiddetti “blocchi nazionali”, liste di coalizione formate dai gruppi “costituzionali” conservatori, liberali e democratici all’interno dei quali volle che fossero inclusi anche i fascisti. In realtà in tal modo Giolitti e la classe dirigente liberale offrirono ai fascisti un’occasione di legittimazione senza pretendere nulla in cambio, sul fronte della rinuncia ai metodi violenti e illegali. Proprio in occasione delle elezioni le violenze fasciste, al fine di condizionarne gli esiti, si intensificarono. Nonostante tutto, il risultato delle elezioni deluse le attese di Giolitti e di quanti avevano voluto andare al voto: i socialisti diminuirono di poco il loro consenso elettorale,i popolari incrementarono il loro seguito elettorale; i liberaldemocratici, chesipresentarono uniti nei blocchi nazionali, recuperarono voti ma non abbastanza da poter riacquisire una posizione dominante in Parlamento. Il dato più significativo era il fatto che 35 deputati fascisti facevano il loro esordio in Parlamento alla guida di Mussolini.Il risultato delle elezioni, che assicurò al governo un sostegno troppo esiguo, condusse Giolitti alle dimissioni, nel luglio del 1921. 209. Perché secondo Marx la solidarietà di classe rappresentava il vero elemento di forza della classe proletaria ? Secondo Marx nel procedere del divenire storico, la funzione rivoluzionaria poteva appartenere solo al proletariato, non più alla borghesia che aveva esaurito il suo ruolo propulsivo nella storia, dunque rivoluzionario. Solo il proletariato, secondo Marx, identificava la classe che era sorta dall’affermarsi del sistema di produzione industriale e che dunque era interessata all’ulteriore sviluppo delle forme moderne di produzione e non ad un regresso, ad un ritorno indietro. La forza della classe del proletariato consisteva, secondo Marx, nella solidarietà di classe derivante dalla condivisione delle stessa condizione di lavoro (nelle fabbriche), che quindi, come tale, dalle fabbriche, era suscettibile di ampliarsi alla nazione e sul piano internazionale. L’interesse, e quindi la causa dei proletari, erano gli stessi in tutto il mondo, risultanti dalla medesima condizione lavorativa e quindi potevano essere condivisi e Hegel, con gli autorevoli giuristi Friedrich Carl von Savigny e Eduard Gans. Il primo, appartenente alla vecchia scuola storica e conservatore, considerava il diritto una creazione dello spirito popolare; il secondo, hegeliano e liberale, concepiva il diritto come prodotto dello sviluppo dialettico dell'idea e studioso anche di Henri de Saint-Simon era favorevole a riforme sociali che alleviassero le condizioni delle classi popolari. Con una formazione culturale di impronta illuministica Marx inizia a scrivere una Filosofia del diritto che tuttavia interrompe dopo un centinaio di pagine, convinto che «senza un sistema filosofico non si può concludere nulla». Durante il decorso di una malattia legge tutte le opere di Hegel, ricevendone una forte impressione. 213. Illustrare la dottrina del materialismo storico e spiegare quale fu la sua importanza per la storia politica, sociale e del pensiero politico dell'Ottocento e del Novecento. L'analisi di Karl Marx è materialistica perché considera come determinanti per lo sviluppo della storia umana e per la creazione di un ordine sociale diversi fattori strutturali materiali, in particolare tecnologici ed economici. Questa visione della storia si differenzia da quella degli idealisti, che alla base dei cambiamenti politici e sociali pongono la politica, la filosofia, l'arte o la religione, quelli cioè che Marx chiama elementi sovrastrutturali. La storia, secondo Marx- non è che la storia della produzione, o meglio dei rapporti di produzione, e le idee dominanti sono sempre le idee della classe dominante, cioè della classe che ha a propria disposizione i mezzi della produzione materiale: “ Le idee dominanti – scriveva - non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee”. La classe dominante “è costretta, non fosse che per raggiungere il suo scopo, a rappresentare il suo interesse come interesse comune di tutti i membri della società ossia a rappresentarle come le sole razionali e universalmente valide”. Anche la classe rivoluzionaria, secondo Marx, non veniva meno a questa logica: “ La classe rivoluzionaria si presenta senz’altro, per il solo fatto che si contrappone a una classe, non come classe ma come rappresentante dell’intera società, appare come l’intera massa della società di contro all’unica classe dominante”. Per cui ne derivava che “Lo Stato è la forma in cui gli individui d una classe dominante fanno valere i loro interessi comuni e in cui si riassume la società civile di un’epoca” . Per questo motivo Marx sosteneva che per abolire le contraddizioni insite nella società borghese, si doveva procedere all’abolizione dello Stato, e quindi delle classi. 214. Illustrare i momenti salienti della vicenda biografica di Karl Marx Karl Marx ( 1818, Treviri – 1883, Londra) era nato da famiglia borghese di origine ebraica, aveva studiato a Bonn e a Berlino dove si addottorò in filosofia nel 1841 ed entrò in contatto con un gruppo della “sinistra hegeliana” il cui leader era il filosofo Bruno Bauer. Tra il 1842 e il 1843 collaborò alla “Gazzetta Renana” , un giornale di orientamento liberale che fu soppresso dal governo prussiano dopo pochi mesi. Marx decise quindi di emigrare, si trasferì a Parigi dove, con Arnold Ruge (altro esponente della “sinistra hegeliana”), dette vita ad una nuova rivista gli ” Annali franco – tedeschi”. A Parigi ebbe i primi contatti con le associazioni segrete e i circoli di sinistra che si ispiravano al socialismo utopistico e incontrò Friedrich Engels. Sempre a Parigi Marx procedette nel suo percorso di analisi critica del pensiero di Hegel, sulla base degli assunti sviluppati da uno dei maggiori esponenti della “sinistra hegeliana”, Ludwig Feuerbach (1804 – 1872). A questa fase si fanno risalire le opere “La Critica del diritto statuale hegeliano e i Manoscritti economico filosofici (pubblicati postumi nel 1927). Fu soprattutto in questi anni che Marx strinse con Engels quei legami di amicizia e di collaborazione che si sarebbero mantenuti per tutto il corso della sua vita, i cui primi risultati furono due saggi, La sacra famiglia (1845) e L’ideologia tedesca (1846), con i quali espose i motivi del suo dissenso dagli hegeliani di sinistra, dai quali venne progressivamente distaccandosi per il carattere più pratico e meno strettamente filosofico – speculativo che voleva dare alla sua attività. Nel 1846 Marx fu costretto a lasciare Parigi e si stabilì a Bruxelles dove con Engels fondò un Comitato di corrispondenza comunista; aderì alla Lega dei Giusti, la prima organizzazione internazionale comunista (che aveva sezioni in Germania, Francia, Svizzera, Ungheria, Scandinavia ) nell’ambito della quale, al fine di far prevalere, la sua concezione della storia cioè il materialismo storico, polemizzò contro alcuni degli indirizzi di pensiero predominanti fra i gruppi che tentavano di promuovere la causa del movimento operaio, contrastando sia l’umanitarismo, sia le posizioni del sarto Wilhelm Weitling (1808 – 1871), che all’epoca era il riferimento dei gruppi di operai tedeschi emigrati (Weitling era sostenitore di una concezione di comunismo egualitario, influenzata dai socialisti francesi ma ispirata anche alla Bibbia), sia le idee di Pierre Joseph Proudhon (1809 – 1865), riformatore sociale francese il cui pensiero si ispirava al socialismo utopista di Saint- Simon e Fourier. Nel 1847, nel corso del suo II Congresso a Londra La Lega dei Giusti mutò il nome in “Lega dei comunisti” e conferì a Marx e a Engels il compito di scrivere il Manifesto, un testo nel quale i due attivisti e studiosi riassunsero, in forma semplice e schematica, in linea con gli intenti di divulgazione che il documento doveva avere, il frutto delle loro elaborazioni ideologiche e delle loro esperienze. 215. Perché secondo Marx la solidarietà di classe rappresentava il vero elemento di forza della classe proletaria? Secondo Marx nel procedere del divenire storico, la funzione rivoluzionaria poteva appartenere solo al proletariato, non più alla borghesia che aveva esaurito il suo ruolo propulsivo nella storia, dunque rivoluzionario. Solo il proletariato, secondo Marx, identificava la classe che era sorta dall’affermarsi del sistema di produzione industriale e che dunque era interessata all’ulteriore sviluppo delle forme moderne di produzione e non ad un regresso, ad un ritorno indietro. La forza della classe del proletariato consisteva, secondo Marx, nella solidarietà di classe derivante dalla condivisione delle stessa condizione di lavoro (nelle fabbriche), che quindi, come tale, dalle fabbriche, era suscettibile di ampliarsi alla nazione e sul piano internazionale. L’interesse, e quindi la causa dei proletari, erano gli stessi in tutto il mondo, risultanti dalla medesima condizione lavorativa e quindi potevano essere condivisi e perseguiti su scala mondiale; questo dato oggettivo rappresentava, secondo Marx, anche la condizione indispensabile del successo della lotta rivoluzionaria che il proletariato avrebbe dovuto intraprendere, di qui l’invito e l’esortazione che concludeva Il Manifesto “proletari di tutti i paesi unitevi!”. Marx aveva così tracciato per il proletariato europeo un programma rivoluzionario da concretizzarsi nel breve periodo, teorizzando le prime linee di una nuova concezione di socialismo . Nel Manifesto Marx proponeva e impostava infatti anche un programma politico per il proletariato, soggetto protagonista della rivoluzione, che decretando l’abolizione della proprietà privata, cioè borghese, avrebbe portato ad un nuovo e diverso assetto delle forme della produzione e ad un nuovo, diverso e corrispondente ordinamento sociale. 216. Indicare i principali contenuti dell'opera "Il capitale" Il Capitale è l'opera maggiore di Karl Marx, considerata il testo-chiave del marxismo e una delle opere principali per la filosofia marxista. Il sottotitolo dell'opera, Critica dell'economia politica, evidenzia chiaramente la contrapposizione esplicita di Marx all'economia politica di stampo liberista all'epoca dominante. Marx, partito dalla scuola della politica economica degli economisti classici, con i suoi studi se ne allontana, ridefinendo la centralità del lavoro nei processi di creazione, accumulazione e ricircolazione del capitale e introducendo il concetto di plusvalore altrimenti non identificato. Tutto il pensiero di Marx può essere visto come una riflessione in chiave critica sui temi sollevati da Adam Smith e David Ricardo, tra i massimi esponenti di quella scuola, e la teoria marxiana del valore è chiaramente impostata nella teoria del valore-lavoro degli economisti classici, tanto che alcuni considerano Marx, per quanto ne scardinerà tutto l'apparato, l'ultimo grande esponente della scuola classica. Il Capitale non può essere considerato soltanto un trattato di economia in quanto - parlando del sistema economico - Marx espone anche le caratteristiche generali della società capitalistica e dei rapporti che ci sono tra i suoi componenti. Alla base del Capitale c'è la tesi del materialismo storico, che si propone di spiegare attraverso la Dialettica, considerata come metodo, le condizioni e le caratteristiche della vita materiale attraverso le contraddizioni a cui danno luogo. Per la dialettica, Marx è debitore nei confronti del filosofo Hegel. Secondo Marx inoltre le condizioni e le caratteristiche della vita materiale, incidono inevitabilmente sugli altri aspetti della vita sociale, in quanto esiste una struttura, che è costituita dall'economia, che determina varie sovrastrutture, che da questa dipendono (Struttura e sovrastruttura). Marx analizza il sistema capitalistico per capire come questo sia nato, in modo particolare come si sia sviluppato e evidenzia le contraddizioni insite in questo modo di produzione. L'autore è convinto che le caratteristiche delle diverse società storicamente esistite dipendano essenzialmente dai mezzi di produzione e dalle tecniche produttive utilizzati, nonché dei rapporti sociali di produzione. Per rapporti sociali di produzione si intendono i rapporti tra le varie classi che si fronteggiano nel processo produttivo. La caratteristica che differenzia l'economia borghese dalle altre forme di economia è il fatto che i capitalisti non producono al fine di consumare la merce, ma al fine di accumulare ricchezza. Alla base di questo sistema economico c'è il capitalista, che investe denaro in merci, le quali vengono usate nel processo produttivo per poi venderne il prodotto e ricavarne una somma di denaro maggiore di quella investita. Ciò è possibile soprattutto grazie al plusvalore che proviene dal pluslavoro dell'operaio, cioè una eccedenza di lavoro prestato rispetto a quello che sarebbe necessario per produrre i beni di consumo dei lavoratori o, ciò che è lo stesso, rispetto al lavoro rappresentato dai salari dei lavoratori. Questo lavoro in più, gratuitamente prestato, rimane a disposizione del capitalista ed è l'unica fonte del profitto. Marx da un lato riconosce un ruolo storico propulsivo al progresso svolto dall'economia borghese, che ha liberato gli uomini dai vincoli personali di dipendenza giuridica e ha liberato le forze produttive dai vincoli che ne ostacolavano lo sviluppo nei precedenti sistemi. Nel contempo egli dimostra l'aspetto critico di quell'economia, tant'è che evidenzia le sue contraddizioni, che si territoriali. In realtà, nel marzo del 1939, Hitler occupò tutta la Cecoslovacchia, spingendo Londra a siglare un accordo di garanzia con la Polonia, obiettivo dichiarato dell'espansionismo nazista. Uno sviluppo inatteso si ebbe il 23 agosto 1939 con la firma a Mosca di un trattato di non aggressione tra Germania e URSS (patto Molotov-Ribbentrop). Il 1° settembre 1939 i tedeschi invasero la Polonia. Due giorni dopo Francia e Inghilterra dichiararono guerra alla Germania. Era maturata nel Duce la convinzione che l'Italia dovesse prepararsi a combattere una guerra parallela a quella dei tedeschi. Il 10 giugno 1940 Mussolini annunciò con enfasi l'entrata in guerra dell'Italia contro la Francia e l'Inghilterra. In ottobre il Duce decise di attaccare la Grecia, senza preventiva comunicazione all'alleato tedesco che ne venne informato quando le operazioni erano già in corso. L'attacco partì dall'Albania e anche in questa circostanza l'impreparazione risultò lampante. Dopo due settimane i greci erano in grado di controbattere, mentre gli inglesi impedivano l'utilizzo della flotta silurando tre corazzate nel porto di Taranto. All'inizio del 1941 il fronte era di fatto bloccato in un conflitto di posizione che non lasciava presagire sviluppi favorevoli all'Italia. Fu a quel punto che Hitler cominciò a prefiggersi la conquista tedesca della Grecia. Hitler preparò quindi l'attacco alla Grecia: sottoscrisse trattati di alleanza con Romania e Ungheria nel novembre 1940 e con la Bulgaria nel marzo 1941. La Iugoslavia, che non aveva accettato di allearsi con la Germania, fu invasa. In Grecia, Salonicco fu costretta alla resa il 9 aprile; anche le divisioni greche, che avevano occupato quasi un terzo dell'Albania, si arresero il 22 aprile. Il 27 aprile le truppe tedesche occuparono Atene: il re e il governo fuggirono a Creta, che tuttavia fu conquistata il mese dopo. 221. Illustrare le vicende del "colpo di stato della birreria" in Germania. l Putsch di Monaco noto anche come "Colpo di stato della birreria", in tedesco fu un tentativo fallito di colpo di Stato organizzato e attuato da Adolf Hitler tra l'8 novembre e il 9 novembre del 1923, assieme ad altri leader del Kampfbund, tra cui Erich Ludendorff. La sera dell’8 novembre del 1923, con una squadra armata, fece irruzione in una birreria di Monaco dove erano in corso una manifestazione e un ritrovo di nazionalisti e ai quali prendevano parte il capo del governo bavarese, il locale comandante dell’esercito e il capo della polizia. Hitler dichiarò decaduto il governo di Berlino e tentò di arrestare le tre autorità presenti, con il proposito di indurli a collaborare al colpo di Stato. Nella confusione generale le tre autorità riuscirono a fuggire e a raggiungere una caserma dell’esercito da dove dettero l’ordine di reprimere il tentativo eversivo. Nello scontro a fuoco che seguì vennero uccisi 16 nazionalsocialisti. Hitler fu arrestato e condannato a cinque anni di carcere dei quali scontò solo 9 mesi. 222. Illustrare le principali riforme approvate in Italia negli anni '70 in Italia? Esplicitare e indicare durante quale fase politica furono approvate tali riforme. Gli anni ’70 sono stati un decennio molto difficile per l’Italia, non solo per i problemi globali dell’economia ma soprattutto per la scarsa tenuta del tessuto sociale e delle istituzioni. Il vento di rivendicazioni e proteste pacifiche del ’68 fu sostituito da un’ondata di estremismo violento, sia di destra che di sinistra. Le istanze che animavano le battaglie intraprese da studenti e operai furono accolte solo in parte dalle forze politiche: sul piano dell’istruzione ad esempio fu introdotta la liberalizzazione degli accessi alle facoltà universitarie. Altre leggi importanti furono introdotte: lo Statuto dei Lavoratori; provvedimenti importanti che servivano ad istituire le Regioni, previste dalla Costituzione ma non ancora attuate, ciò fu la premessa indispensabile per permettere, nel 1970, lo svolgimento delle prime elezioni regionali; nel 1970, in dicembre, venne approvata la Legge Fortuna-Baslini che introduceva in Italia l’istituto del divorzio; nel 1975 venne approvata la riforma del diritto di famiglia che stabiliva la parità giuridica fra i coniugi e venne introdotto l’abbassamento della maggiore età da 21 a 18 anni, al quale si collegava anche il diritto di voto; nel 1978 ancora un fronte di forze laiche e di sinistra, contrapposto ad uno schieramento capeggiato dalla DC, votò l’introduzione di una legge che rendeva legale e regolava l’interruzione volontaria della gravidanza. Negli anni ’70 dunque spirava un vento di rinnovamento e fu soprattutto il PCI a interpretare queste istanze di cambiamento della società, soprattutto di settori giovani di essa. 223. In cosa consistette la formula politica della "solidarietà nazionale" in Italia? La presa di coscienza che si verificò in larghi settori della sinistra dopo l’uccisione di Aldo Moro, unita a provvedimenti di potenziamento delle forze dell’ordine che furono adottati dalla classe politica, consentirono allo Stato di riportare le prime vittorie nella lotta al terrorismo. Intanto il nuovo governo di “solidarietà nazionale” procedette a mettere in atto provvedimenti che miravano al risanamento dell’economia di fronte ai quali anche il PCI mostrò un atteggiamento responsabile e di moderazione persino sul fronte delle rivendicazioni sindacali, fornendo quindi un sostegno alla politica di austerità avviata dal governo. Fu approvata in questi anni anche un’importante riforma sanitaria che stabiliva il principio del diritto per tutti ad accedere a cure gratuite e che procedeva ad una generale riorganizzazione della sanità pubblica .In generale comunque le speranze di risanamento della politica, coltivate da settori dell’opinione pubblica di sinistra, andarono deluse. Continuarono infatti a verificarsi numerosi casi di corruzione che coinvolsero addirittura il Presidente della Repubblica, il democristiano Giovanni Leone, costretto a dare le dimissioni nel 1978 in seguito ad accuse di complicità con alcuni gruppi di affari. Al suo posto fu eletto, con un larghissimo consenso il socialista SandroPertini. 224. Cosa furono i Patti Lateranensi? I Patti Lateranensi sono degli accordi sottoscritti tra il Regno d'Italia e la Santa Sede l'11 febbraio 1929. Sottoposti a revisione nel 1984, essi regolano ancor oggi i rapporti fra la Repubblica Italiana e la Santa Sede. Ai Patti si deve l'istituzione della Città del Vaticano come Stato indipendente e la riapertura dei rapporti fra Italia e Santa Sede dopo la loro interruzione nel 1870. Per il regime fascista fu un trionfo dal punto di vista della propaganda, Mussolini infatti poté vantarsi di aver realizzato la storica conciliazione tra Stato e Chiesa, dopo che tutti i governi liberali che avevano provato a fare lo stesso in precedenza avevano miseramente fallito. Più nello specifico i Patti Lateranensi si articolarono in tre parti: 1. Un TRATTATO INTERNAZIONALE con il quale la Santa Sede poneva fine alla cosiddetta “questione romana”. La Santa Sede riconosceva lo Stato italiano e la sua capitale e il Regno d’Italia riconosceva a sua volta la sovranità della Chiesa sullo “Stato della città del Vaticano”. 2. Una CONVENZIONE FINANZIARIA: con la quale il Regno d’Italia si impegnava a pagare una forte indennità finanziaria a titolo di risarcimento per la perdita dei territori dello Stato Pontificio ai tempi dell’Unità d’Italia; 2. Un CONCORDATO: che regolava i rapporti interni fra Chiesa e Regno d’Italia, compromettendo in maniera significativa il carattere spiccatamente laico che aveva caratterizzato il Regno d’Italia fin dalla sua nascita. Nel concordato si stabiliva ad esempio che il matrimonio religioso avesse immediati effetti civili; che l’insegnamento della dottrina cattolica fosse considerata fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica; che i sacerdoti fossero esonerati dal servizio militare; che l’Azione Cattolica e le organizzazioni che da essa dipendevano potessero continuare a portare avanti le proprie attività a patto che ciò avvenisse sotto la sorveglianza delle gerarchie ecclesiastiche e soprattutto mantenendosi al di fuori dei partiti politici e in generale della politica. 225. Perché si può affermare che il 1956 fu un anno di svolta sul piano internazionale? Quali furono i principali accadimenti verificatisi durante questo anno? A seguito della morte di Stalin, avvenuta nel 1953, si aprì una nuova fase interna all’URSS e nei suoi rapporti coi paesi satellite. Tale fase viene soprannominata del “disgelo”. Proprio nel 1956 si riunì il XX Congresso del PCUS, dove Kruscev mostrò la volontà di spezzare quella linea di continuità con l’epoca staliniana, denunciandone peraltro i crimini e le esasperazioni totalitarie. Iniziava così il processo di “destabilizzazione” dell’Unione Sovietica che coinvolse non solo la sfera politica ma anche quella ideologica. In Polonia e Ungheria si auspicava che l’egemonia e il controllo russo assumesse toni più mitigati ma proprio nel 1956 tali attese vennero smentite, così esplosero le rivolte del popolo. Polonia e Ungheria erano paesi più industrializzati e legati culturalmente all’Europa Occidentale con leader comunisti nazionali indipendenti dall’URSS. Tuttavia vi era una differenza sostanziale: in Polonia le sommosse si svilupparono dallo sciopero degli operai di Poznan e furono sostenute dalla Chiesa Cattolica si risolsero con un compromesso pacifico; in Ungheria invece l’insurrezione antisovietica fu repressa dall’URSS con l’invasione dei carri armati a Budapest. Questi avvenimenti scossero molto l’opinione pubblica europea di sinistra che provò forte riprovazione per la dirigenza comunista. Stabilizzata la situazione delle nazioni europee uscite dal conflitto, pose la questione di dare un ruolo alla nuova Europa, non più potenza mondiale ma comunque culla dell’identità occidentale. 226. Quali furono le caratteristiche peculiari del movimento del '68 in Italia? Nella primavera del 1968 giunse anche in Europa il movimento di contestazione giovanile del ’68 che ebbe una rapida e inarrestabile diffusione. L'anno passato alla storia come "il Sessantotto" si caratterizzò subito come una protesta giovanile in cui la componente generazionale giocava un ruolo essenziale. I motivi che erano a base della protesta, nella fattispecie in Italia, erano i seguenti: 1. La contestazione del sistema scolastico e universitario: venivano criticati i contenuti retrogradi degli insegnamenti e le discriminazioni classiste e rigide per l’accesso all’istruzione. 2. La contestazione del Capitalismo: si doveva porre rimedio all’esasperazione dell’individualismo e del consumismo. 3. Il rifiuto dei valori tradizionali della società borghese con i suoi istituti: veniva criticata la religione e la Chiesa, la famiglia e le tradizioni. 4. Vi erano numerose proteste Pacifiste dovute a: la guerra in Vietnam, l’antiamericanismo, l’internazionalismo. Il movimento del ‘68, emerso prima negli Stati Uniti e poi giunto anche in Europa, ebbe appunto immediati riflessi anche in Italia. Le particolari condizioni della società italiana, infatti, caratterizzarono i contenuti della protesta in maniera specifica. In primo luogo, in Italia una forte tradizione marxista aveva caratterizzato soprattutto nel secondo dopoguerra la cultura della sinistra italiana: da qui l'impronta socialista della rivolta studentesca, in parte riconducibile anche alla seduzione del Maoismo, fu più netta. In secondo luogo, e forse questa è la conseguenza più importante e duratura, il Giordania. Nonostante questo coordinamento però, Israele, con l’appoggio occidentale, ebbe rapidamente la meglio. La conclusione della I guerra arabo-israeliana decretava un nuovo assetto della regione, rimettendo in discussione quanto stabilito dall’Onu. Nel 1949 Israele occupava un territorio doppio rispetto alle dimensioni decise dall’ONU, mentre i Palestinesi avviarono l’esodo verso la Giordania, in seguito alla cospicua perdita di territori da essi abitati.Era il primo atto di una questione dalla difficile risoluzione, che avrebbe condizionato per decenni gli equilibri internazionali. 232. Da chi fu promossa la cosiddetta "Legge Truffa"? Quando e con quali obiettivi fu elaborata? Nel periodo in cui Mario Scelba fu l’esponente politico democristiano di spicco, dal momento che ricoprì dal 1947 al 1955 l’incarico di Ministro dell’Interno, le crescenti preoccupazioni dovute alla pressione esercitata dalle sinistre e al timore di un’eventuale aumento di consensi da parte delle forze di destra, indusse De Gasperi, in vista delle elezioni del 1953, ad intraprendere una riforma della legge elettorale in senso maggioritario, così da difendere la tenuta della coalizione di governo in caso di possibili mutamenti degli equilibri politici. La proposta democristiana era quella di assegnare il 65% dei seggi alla Camera a quel partito o coalizione di partiti che riuscissero ad ottenere la metà più uno dei voti. Dato che questo risultato era nei fatti alla portata solo della Dc, le forze di opposizione ribattezzarono la proposta di nuova legge elettorale “legge truffa” e cercarono di avversare in tutti modi la sua approvazione che tuttavia avvenne nel marzo del 1953. Nel giugno però, in occasione delle elezioni, la coalizione di maggioranza, pur risultando vincente nei fatti e negli equilibri politici, non riuscì a raggiungere la soglia che permetteva di far scattare il meccanismo del premio di maggioranza, fatto per cui la Dc e De Gasperi registrarono una prima battuta di arresto. 233. Illustrare in cosa consistette la Cassa del Mezzogiorno in Italia. Quando fu istituita e da chi? Tra la fine degli anni ‘50 e gli inizi degli anni ‘60 era in atto in Italia la ripresa industriale. In questo periodo ebbe infatti inizio l’ondata migratoria dalle campagne alle città che negli anni seguenti avrebbe assunto dimensioni davvero considerevoli. I governi de Gasperi di questi anni avviarono anche un’altra importante riforma: la “Cassa per il Mezzogiorno” che consistette nell’istituzione di un ente statale che avrebbe avuto l’obiettivo di promuovere lo sviluppo economico e civile del sud attraverso i finanziamenti statali per le infrastrutture ( strade, acquedotti, centrali per l’energia elettrica ) e la garanzia della possibilità di accedere a crediti agevolati se si volevano creare industria in aree depresse del paese. La quantità di risorse destinate al Sud fu davvero ingente, considerando anche il fatto che la Cassa per il Mezzogiorno rimase in vita per circa trent’anni, fino al 1983; i risultati ottenuti non corrisposero tuttavia alle attese: in parte il denaro che confluì al Sud servì per risollevare complessivamente il tenore di vita delle regioni meridionali tuttavia non si conseguì l’obiettivo sperato, quello di avviare un processo autonomo di modernizzazione e di sviluppo economico e civile che potesse colmare, almeno in parte, la distanza che ancora separava la parte settentrionale da quella meridionale del paese. 234. Illustrare le scelte di politica economica perseguite da Stalin in URSS. Nel periodo fra le due guerre mondiali, gli anni della depressione e dell’espandersi del fascismo in tutta Europa, molti lavoratori e intellettuali antifascisti intravedevano nell’Unione Sovietica una speranza: infatti proprio nell’URSS si tentava di dare vita ad un sistema sociale politico ed economico ispirato a principi nuovi e socialisti che, come tale, poteva rappresentare un’alternativa sia del fascismo che del capitalismo. Stalin tra il 1927 e 1928 volle dunque procedere verso lo sviluppo industriale, in particolare dell’industria pesante che poteva giovare allo sviluppo della nazione e concorrere così con le altre potenze capitalistiche. Stalin era consapevole che era necessario che lo Stato fosse in grado di imporre un controllo completo sui processi economici, realizzando una realtà economica collettivizzata. A tale scopo individuò un ostacolo nel ceto dei Kulaki, piccoli e medi proprietari terrieri che vennero accusati di arricchirsi a danno del popolo. Stalin adottò contro di loro la requisizione forzata e altre misure repressive. Nel 1929, data la resistenza opposta dai Kulaki, Stalin impose la collettivizzazione forzata del settore agricolo e l’eliminazione dei Kulaki come classe. A contraddire questa linea fu Bucharin, l’esponente bolscevico più importante dopo Stalin, sostenitore convinto della NEP (Nuova politica economica) e della necessità di preservare l’alleanza sociale fra il ceto operaio e quello contadino, che, insieme ai suoi sostenitori, fu messo da parte. Venne avviata la collettivizzazione forzata, reprimendo l’azione dei contadini ricchi e di tutti coloro che resistevano alle requisizioni e ai trasferimenti nelle fattorie collettive, i “kolchoz”. Molti contadini furono fucilati, altri arrestati o deportati in Siberia. Durante questa fase di repressione, fra il 1932 e il ’33, in Russia si verificò una grave carestia che fece morire di fame moltissime persone. Disastroso fu anche il bilancio economico di queste iniziative che solo sul finire degli anni ’30 si avvicinò ai livelli della NEP. La “rivoluzione dall’alto”, come la definì lo stesso Stalin, cambiò il volto del paese, trasferendo risorse economiche e energie umane in modo massiccio dal settore agricolo a quello industriale che portò il paese ad essere grande potenza industriale. La crescita industriale, a tappe forzate, fu predisposta e realizzata da Stalin con interventi di pianificazione statale dell’economia detti “Piani”. Il Piano Quinquennale, dal 1928 al 1932, pose una serie di obiettivi molto ambiziosi e in gran parte raggiunti, venne infatti registrata una crescita senza precedenti: produzione industriale aumentata del 50% e nel caso di carbone e acciaio del 200%. Con il secondo Piano Quinquennale, dal 1933 al 1937, la produzione crebbe ancora del 120%. Il raggiungimento di questi successi fu il risultato di diversi fattori: l’enorme concentrazione di risorse, reso possibile dal prelievo di ricchezza a danno della popolazione rurale soprattutto; la capacità di Stalin di motivare ideologicamente i lavoratori verso gli obiettivi dei piani; la disciplina e i ritmi di lavoro serrati imposti nelle industrie con incentivi e gratificazioni per i lavoratori più produttivi (si pensi a Stachanov). Tutto questo contribuì a creare il mito dell’Urss in Occidente, complice il fatto che furono nascosti all’opinione pubblica gli enormi costi umani e il carattere totalitarista dello Stato Russo. Il potere di Stalin era infatti sorretto da un rigido apparato burocratico e poliziesco ma anche dal consenso spontaneo che i lavoratori conferivano alla sua figura di erede di Lenin e di artefice dell’industrializzazione. 235. Alla morte di Lenin quali esponenti politici russi si fronteggiarono per la sua successione ? Quali idee e progetti avevano per il futuro dell'URSS? Nel 1922 si ebbero le prime manifestazioni di quella malattia che in un breve volgere di tempo avrebbe condotto alla morte Lenin, nel 1924. Nei due anni della malattia di Lenin si aprì di fatto, all’interno del Partito comunista, la lotta per individuare il suo successore. La partita si giocò tra due personalità di primo piano del regime Lev Trotzkij e Josip Djugasvili detto Stalin, e si innescò a partire dal 1923 intorno alla questione della burocratizzazione e della centralizzazione del ruolo del Partito entro lo Stato e degli enormi poteri che, in conseguenza di questo processo, si venivano concentrando nella figura del segretario generale del Partito stesso. All’interno del gruppo dirigente, a dare voce all’esigenza di combattere l’iperburocratizzazione degli apparati e di aprire nuovi spazi di traduzione della democrazia “sovietica”, cioè consiliare, nelle strutture del Partito e dello Stato, fu infatti Trotzkij, la figura che nel gruppo dirigente bolscevico appariva senz’altro più autorevole dopo Lenin, per il ruolo svolto nella rivoluzione e nella guerra civile. Trotkij non criticava Stalin solo sul problema dell’involuzione in senso autoritario che aveva interessato la struttura del Partito, ma anche in merito alle prospettive internazionali della Rivoluzione Russa: la posizione di isolamento internazionale dello Stato sovietico era data da una struttura economica arretrata ed era necessario uno sviluppo economico attraverso l’industrializzazione. Trotzkij teorizzò infatti la “Rivoluzione permanente”, identificando il ruolo dello Stato sovietico come promotore della rivoluzione nell’Occidente capitalistico. A questa tesi Stalin contrappose la teoria del “Socialismo in un paese solo” contraddicendo sì l’impostazione bolscevica, che avrebbe voluto coinvolgere il proletariato di tutto il mondo, ma poneva al centro la necessità più grande, in quel momento: quella di concentrare gli sforzi nella costruzione del socialismo in Russia. La lettura Staliniana possedeva il merito di essere molto attuale e veritiera, smentendo la possibilità di innescare un processo rivoluzionario su scala mondiale e introducendo l’elemento di patriottismo tale da sollecitare il paese. Le posizioni di Stalin risultarono confermate dal comportamento delle maggiori potenze europee che riconobbero lo Stato Sovietico e avviarono con esso le relazioni diplomatiche. Questo fatto mise da parte le tesi di Trotzkij. 236. In cosa consisteva la NEP? Nel marzo del 1921 si svolse a Mosca il X Congresso del Partito Comunista che prese importanti decisioni, tra cui, sul piano economico, si decise di abbandonare il Comunismo di guerra e di avviare un nuovo corso di politica economica: la NEP. Questa, introduceva elementi di liberismo nel campo della produzione e degli scambi commerciali. I contadini erano sempre tenuti a consegnare ai comitati statali una quota fissa dei loro raccolti ma era permesso loro di vendere, cioè commerciare le eccedenze. Questa strategia aveva lo scopo di incentivare la produzione agricola per avere maggiore disponibilità di beni alimentari. L’iniziativa privata venne incoraggiata anche nel settore della piccola industria Produttrice di beni di consumo anche se lo Stato mantenne il controllo sui settori chiave della produzione industriale (siderurgico, meccanico, elettrico ecc.) oltre che sulle banche. La Nep ebbe effetti positivi e complessivamente rivitalizzanti sull’economia russa. Nelle campagne i Kulaki, i contadini proprietari, tornarono a giocare un ruolo dominante nel controllo del mercato agricolo; la liberalizzazione introdotta nel settore del commercio, se rese disponibili maggiori quantità di beni di consumo, provocò tuttavia il formarsi di una classe di commercianti che si arricchirono rapidamente. Inoltre le piccole imprese registrarono progressi maggiori rispetto alle industrie di Stato, dove non c’era lavoro per tutti e i salari erano bassi e non potevano essere migliorati a causa della scomparsa dei sindacati. Proprio la
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