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Paniere domande aperte elaborate Linguistica italiana Giola Marco 12cfu ecampus, Panieri di Linguistica

Paniere con tutte le 94 domande aperte, ordinate per lezione, molte delle quali elaborate e ben argomentate più della media, valido per l'esame di Linguistica italiana, docente Giola Marco 12cfu ecampus 2020-2021-2022. Esame superato con 27

Tipologia: Panieri

2020/2021

In vendita dal 24/02/2022

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Scarica Paniere domande aperte elaborate Linguistica italiana Giola Marco 12cfu ecampus e più Panieri in PDF di Linguistica solo su Docsity! Linguistica Italiana Prof. Giola Marco Università telematica e-Campus 2020-2021-2022 tutte le 94 lezioni numerate di Tutte le risposte aperte LEZIONE 2: 06 – Quanti e quali sono gli assi di variazione linguistica? La lingua non è da intendersi come un fenomeno statico e immobile. Essa varia attraverso le categorie del tempo, dello spazio, del contesto, della funzione d’uso e della stratificazione sociale. Queste dimensioni di variazione prendono il nome di assi di variazione, e si dividono in cinque dimensioni distinte: la variazione diacronica o storica (per indicare la variazione lungo l’asse del tempo, ad esempio l’italiano antico, quello del ‘500, oppure quello contemporaneo); la variazione diatopica o geografica (per esprimere i mutamenti della lingua in relazione allo spazio); variazione diastratica o sociale (per indicare le variazioni della lingua condizionate dall’appartenenza dei parlanti a diversi strati o gruppi sociali); la variazione diafasica o situazionale (i cambiamenti della lingua in virtù del contesto particolare o globale, della funzione del messaggio o della situazione comunicativa); infine la variazione diamesica (per indicare la variazione condizionata dal mezzo fisico –scritto o orale- con cui viene realizzato il messaggio linguistico. 07 – Che cosa si intende per parlanti «bilingui» in Italia? Molti italofoni (ovvero parlanti che usano correttamente o prevalentemente la lingua italiana) sono bilingui, in quanto parlano accanto all’italiano un dialetto o una lingua minoritaria ufficialmente riconosciuta (ad esempio il sardo, il napoletano, il friulano, il ladino, il francese, ecc.). Come evidenzia Silvia Dal Negro esiste sia un bilinguismo individuale che sociale. Il bilinguismo dunque, lungi dall’essere qualità esclusive di pochi eletti, si configura come caratteristica identitaria e riconoscibile di una determinata area regionale italiana. Chiudendo con le parole della Dal Negro: «Il bilinguismo costituisce la situazione più diffusa a livello sia individuale che di società. La vera eccezione sarebbe piuttosto il monolinguismo». LEZIONE 3: 06 - Quando e in che modo si afferma il fiorentino trecentesco durante la “Questione della lingua”? Originariamente il fiorentino era soltanto uno dei tanti volgari italiani (le varietà italiane discese dal latino e che, a partire dal 1500, verranno chiamate dialetti). Grazie al prestigio delle opere di Dante, Petrarca e Boccaccio la lingua fiorentina cominciò, però, ad esercitare un importante flusso sulle Document shared on www.docsity.com vocale possa produrre dei foni, è necessario che un flusso d’aria originato dai polmoni fluisca verso l’esterno passando attraverso la trachea, la laringe e poi la cavità orale o nasale. Nella laringe si trova la glottide, che a sua volta contiene le pliche o corde vocali, due piccole membrane che possono essere accostate o aperte. Se sono accostate, il flusso d’aria proveniente dai polmoni le fa vibrare, provocando un rumore. I foni prodotti in questo modo sono detti sonori. Se le corde vocali sono aperte, il flusso d’aria provoca solo un leggero fruscio. I foni così prodotti sono detti sordi. Per quanto concerne il grafema invece è la minima unità grafica di un sistema alfabetico. Nelle lingue con alfabeti fonematici, ossia quegli alfabeti con corrispondenza grafema- fonema, le lettere dell'alfabeto sono la rappresentazione o trascrizione grafica di suoni, appunto i foni. Non sempre, però, vi è corrispondenza univoca tra i foni e i grafemi (le lettere), l'inglese ne è un ottimo esempio. Anche in italiano, il cui alfabeto rappresenta apparentemente con ogni lettera un suono della lingua parlata, è caratterizzato da convenzioni del tutto arbitrarie: il grafema <gli> non deve essere letto come una serie di tre suoni; trattasi invece di un trigramma che corrisponde alla laterale palatale. I foni individuano la "qualità sonora delle parole", ma in quanto permettono di distinguere una parola da ogni altra essi hanno un carattere astratto e una funzione distintiva. Intesi in tal modo sono indicati come "fonemi". 08 – Come sono le possibili classificazioni delle vocali? Le vocali vengono classificate a seconda della posizione delle labbra, della posizione della lingua sull’asse verticale e sull’asse orizzontale. Per quanto riguarda la posizione delle labbra, queste possono essere arrotondate (vocali ɔ, o, u) o non arrotondate, cioè distese (vocali a, ɛ, e, i). Quanto alla posizione della lingua sull’asse verticale, essa può trovarsi avanzata verso i denti, in posizione di riposo, o arretrata verso il velo palatino. Abbiamo così vocali anteriori (ɛ, e, i), centrali (a) e posteriori (ɔ, o, u). A volte le vocali anteriori sono dette palatali e quelle posteriori velari. In relazione all’altezza della lingua sull’asse orizzontale, possiamo avere delle vocali medie (ɛ, e, ɔ, o) quando la lingua si trova in posizione di riposo; alte, se la lingua si sposta verso l’alto (i, u), basse, se la lingua si sposta verso il basso (a). In italiano si distinguono due posizioni intermedie: abbiamo Document shared on www.docsity.com infatti vocali medio-alte (e, o) e medio-basse (ɛ, ɔ). Il sistema vocalico dell’italiano standard è particolarmente semplice sia per il numero ristretto di vocali che contiene sia perché tutte e solo le vocali posteriori sono pronunciate con le labbra arrotondate. È possibile che due foni vocalici si trovino all’interno della stessa sillaba. Parliamo in questo caso di dittongo. In senso proprio, un dittongo è formato da una vocale, che costituisce il nucleo della sillaba e dunque può portare l’accento, e da una semivocale, che costituisce la coda della sillaba e non può portare l’accento. LEZIONE 11: 07 – Che cosa si intende per sillaba e quali sono le sue caratteristiche in linguistica? La sillaba è un complesso di suoni che si pronuncia unito con una sola emissione di voce. L'unità prosodica della sillaba è presente nelle realizzazioni foniche di ogni lingua, e il fatto che i parlanti sappiano sillabare con naturalezza nelle proprie lingue dimostra che la sillaba è un elemento del linguaggio implicito nella coscienza linguistica di ogni parlante. È formata da tre o più elementi: un attacco, un nucleo e una coda. Nucleo e coda sono in genere riuniti in un'ulteriore unità prosodica detta rima. Il nucleo è l'unica parte obbligatoria; possono costituire nucleo sillabico le vocali, i dittonghi, e, in alcune lingue, le consonanti sonoranti. Una sillaba è detta aperta o libera quando termina per vocale, chiusa o implicata quando termina per consonante. La sillaba tonica, quella su cui cade l'accento o sulla quale deve essere appoggiata la voce per una corretta pronuncia, caratterizza la parola stessa, infatti abbiamo parole tronche quando la sillaba tonica è l'ultima, piane quando la sillaba tonica è la penultima, sdrucciole quando la sillaba tonica è la terzultima, bisdrucciole quando la sillaba tonica è la quartultima. Nella lingua italiana abbiamo in prevalenza parole piane. La sillaba protonica è quella che precede la sillaba tonica. LEZIONE 12: 06 – Che cosa sono i fonemi di inserzione e cancellazione? L’inserzione è l’aggiunta di una vocale o di una consonante, ed ha lo scopo di semplificare la pronuncia di una sequenza di foni. Se l’inserzione avviene all’inizio di una parola si verifica la protesi; se invece avviene alla fine, abbiamo l’epitesi; se si verifica all’interno, si parla di epentesi. Protesi ed epitesi hanno la finalità di fornire degli elementi di «appoggio» per rendere più regolare Document shared on www.docsity.com la scansione sillabica, mentre l’epentesi è volta, generalmente, ad evitare l’incontro di due suoni simili o di difficile pronuncia. La cancellazione è, invece, l’eliminazione di uno o più segmenti vocali o consonantici. Se i segmenti cancellati si trovano all’inizio della parola abbiamo il fenomeno della aferesi, se alla fine si parla di apocope, all’interno sincope. Una particolarità nella cancellazione è rappresentata dall’elisione, causata dal contatto tra due vocali. LEZIONE 15: 05 – Che cosa si intende per «morfema»? Il morfema è la più piccola unità linguistica dotata di significato e si distingue dal fonema che costituisce sì un’unità minima ma non dotata di significato. Secondo l’analisi tradizionale, i morfemi si combinano per formare le parole. Ad esempio, la parola celermente è formata da due morfemi: il morfema lessicale celer-; il morfema grammaticale -mente. I morfemi possono essere liberi o legati a seconda che possano ricorrere da soli in una frase o meno, mentre, un’altra distinzione fondamentale, è quella tra morfema lessicale e morfema grammaticale. Alla prima categoria appartengono tutti quei morfemi il cui contenuto semantico rimanda a referenti o concetti extralinguistici (amic-, buon-, gioc-); alla seconda appartengono i morfemi che esprimono funzioni grammaticali, cioè forniscono informazioni sulle “parole” in quanto elementi linguistici e sui loro rapporti. - In morfologia, che cosa si intende per allomorfo? variante di un morfema determinato da un fonema iniziale della parola seguente oppure da un morfema precedente - Quali sono le caratteristiche del processo di flessione? I processi morfologici più comuni sono: derivazione (formazione di una parola + affisso), composizione (formazione di una parola partendo da due parole autonome) flessione un processo che aggiunge alla parola di base informazioni relative al genere e numero per i nomi e numero, persona, tempo modo e aspetto per i verbi LEZIONE 17: - Come si formano in generale le parole derivate con prefissi? I prefissi sono affissi che si aggiungono alla parte iniziale di una base e presenta delle precise differenze rispetto a quello della suffissazione. Le parole formate con prefissi appartengono alla stessa categoria lessicale e possono unirsi a basi appartenenti a diverse categorie lessicali. LEZIONE 18: Document shared on www.docsity.com un argomento con la funzione di Oggetto diretto; mentre si definisce intransitivo un verbo quando nessuno dei suoi argomenti ha la funzione di Oggetto diretto. I verbi non- transitivi, a loro volta, si suddividono in due classi: inaccusativi (o «non-transitivi essere») e non- inaccusativi (o «non- transitivi avere» o semplicemente intransitivi). Mentre i Soggetti preverbali hanno proprietà sintattiche uniformi, i Soggetti postverbali esemplificati hanno comportamenti sintattici diversi. Se con verbi come “telefonare” (non-transitivo non-inaccusativo) il Soggetto posposto ha le stesse proprietà di un Soggetto preverbale, con verbi come “arrivare” (inaccusativo) il Soggetto presenta delle proprietà comuni a quelle dell’Oggetto diretto dei verbi transitivi, anche se, a differenza dei normali Oggetti diretti, non possiede il caso accusativo. In altre parole, la posizione basica del Soggetto di un verbo inaccusativo è all’interno del sintagma verbale, non all’esterno come i Soggetti degli altri verbi. I verbi inaccusativi a loro volta si distinguono in: (A) semplici, cioè verbi non-transitivi che hanno come ausiliare essere (accadere, andare, arrivare, bastare, cadere, diventare, entrare, morire, nascere, parere, partire, piacere, restare, rimanere, riuscire, scappare, sembrare, stare, succedere, venire, ecc.); fanno eccezione essere e costare; (B) pronominali (detti anche «riflessivi impropri: muoversi, alzarsi, spostarsi; accorgersi, pentirsi, fidarsi, arrabbiarsi, suicidarsi, vergognarsi, ecc.), caratterizzati dal fatto che nella flessione verbale compare obbligatoriamente un clitico riflessivo. LEZIONE 25: 05 – In italiano quali sono gli ausiliari del passivo? I principali ausiliari del passivo sono essere, venire e andare. ”Essere” può essere usato in tutti i tempi e modi, eccetto il trapassato remoto (*Il libro fu stato letto). Con alcuni verbi, la costruzione ‘essere + participio passato’ può prestarsi a una duplice interpretazione, passiva e stativa. Prendiamo come esempio la frase: «La porta è chiusa». Questa frase ha valore passivo se al verbo si attribuisce il valore di azione (‘Qualcuno compie l’azione di chiudere la porta’), ha invece valore stativo se la sequenza è chiusa viene interpretata come la descrizione dello stato in cui il Soggetto si trova (‘La porta si trova in uno stato di chiusura’). Questo genere si frasi possono essere Document shared on www.docsity.com disambiguate dalla presenza di un complemento d’agente o da un avverbio, che suggeriscono una interpretazione passiva, o da un elemento circostanziale indicante durata, che suggerisce un’interpretazione stativa: La porta è chiusa da Antonio / violentemente; La porta è chiusa da due ore. “Venire” si usa solo nei tempi semplici (presente, imperfetto, futuro) e indica azione. Per tanto, ha solo interpretazione passiva: «La porta viene chiusa». Per quanto concerne l’ausiliare del passivo “andare” si usa solo nei tempi semplici e indica necessità: «La porta va chiusa» = La porta deve essere chiusa. LEZIONE 26: 05 – In italiano, quali sono i due valori fondamentali del pronome clitico si? Il pronome clitico “si” ha in italiano due valori fondamentali: (A) impersonale- passivo e (B) riflessivo-reciproco. Il pronome clitico “si” può essere usato come soggetto indefinito con la III pers. sing. del verbo: «Si dice spesso che invecchiando si diventa più saggi»; «Non si deve calpestare l’erba»; «Si sta come / d’autunno / sugli alberi / le foglie». (G. Ungaretti, Soldati). Parliamo in questo caso di Si impersonale. Il si impersonale è sintatticamente distinto dal si riflessivo-reciproco. In primo luogo il si impersonale si usa solo alla III pers. sing. del verbo (Si va, Si legge, ecc.). Il riflessivo-reciproco, invece, può essere usato in tutte e sei le persone (es: Mi lavo, ti lavi, si lava, ci laviamo, vi lavate, si lavano). Inoltre, quando prima del verbo si combinano più clitici , il si impersonale segue il pronome clitico accusativo di III pers. sing, mentre il riflessivo lo precede. Infine, un altro elemento che dimostra che le due funzioni sono distinte si ha quando i due tipi di si si combinano prima di un verbo. La sequenza si riflessivo-reciproco + si impersonale è resa con “ci si”, anziché con “si si”, per evitare che due forme fonologicamente uguali compaiano a contatto. Document shared on www.docsity.com LEZIONE 28: 05 – Quali sono le caratteristiche del paradigma del verbo? Osserviamo anzitutto che all’interno del paradigma del V si distinguono forme con l’accento sulla radice verbale, dette rizotoniche, e forme con l’accento sulla vocale tematica o sul morfema flessivo, dette arizotoniche o arizoatone. Per esempio, nel presente indicativo della I, della II e di alcuni verbi della III coniugazione, sono rizotoniche la I-III singolare e la III plurale. (àmo, àmi, àma, àmano; crédo, crédi, créde, crédono), arizotoniche la I e la II plurale (amiàmo, amàte; crediàmo, credéte). Esistono particolarità anche nel presente indicativo e congiuntivo. La gran parte dei verbui della III coniug. presenta l’interfisso -isc- (1631) nella I-III sing. e nella III pl. del presente (cioè in quelle forme che, negli altri verbi, sono rizotoniche): finisco, finisci, finisce, finiscono, ma finiamo, finite. I verbi “dare e stare” seguono per molte forme la I coniug., ma hanno, rispetto alla flessione regolare, la II sing. in -ai (dai, stai) e non in -i (come in ami, canti), e la III pl. con la /n/ geminata (danno, stanno). La flessione del congiuntivo presente è ugualmente particolare: dia, dia, dia, diamo, diate, diano; stia, stia, stia, stiamo, stiate, stiano. Alcuni verbi della I e della II coniug. (avere, sapere) presentano per le forme rizotoniche del presente indicativo la stessa flessione di dare e stare: ho, hai, ha, hanno; so, sai, sa, sanno. I V fare e andare seguono la flessione di dare e stare in tutte le forme rizotoniche dell’indicativo presente, tranne che nella I sing.: fai, fa, fanno; vai, va, vanno LEZIONE 31: - Come si struttura il sintagma nominale? Il sintagma nominale si struttura con una testa, che è l’elemento principale, e dei modificatori in relazione di dipendenza con la testa. Tra i modificatori che possono trovarsi in posizione di specificatore troviamo la categoria funzionale dei DETERMINANTI, che comprende articoli, dimostrativi, quantificatori (indefiniti e numerali), interrogativi e esclamativi (1). Oltre ai determinanti, possono trovarsi in posizione di specificatore anche i possessivi (2). In alcuni casi, possono trovarsi in posizione prenominale anche i sintagmi aggettivali. I Document shared on www.docsity.com LEZIONE 29 05. Quali sono gli usi del «presente indicativo»? Esprime la simultaneità di un ‘ azione rispetto al momento dell’enunciazione. In alcuni contesti può riferirsi ad eventi realizzati nel passato recente. Il presente indicativo+ avverbio o sintagma pronominale con valore temporale può esprimere posteriorità. Abbiamo anche il presente narrativo (o storico), quando il momento dell’ enunciazione viene spostato indietro nel tempo. 06. Quali sono le caratteristiche dell’«aspetto perfettivo» del verbo? Si suddivide in aoristico e compiuto: Aoristico: fa riferimento ad un evento singolo, considerato nella sua globalità e gli effetti della situazione espressa dal verbo sono non perduranti nel momento di riferimento: Es. Giovanni si tuffò in piscina. Compiuto: esprime il perdurare, nel momento di riferimento, del risultato di un evento compiutosi in precedenza. Es. Giovanni si è tuffato in piscina da alcuni minuti. dativo corrisponde solo all’Oggetto indiretto: Ho regalato un libro a Mario → Gli ho regalato un libro; A me interessa molto il cinema → Mi interessa molto il cinema; Hanno comprato una moto a Miriam → Le hanno comprato una moto. È importante constatare che il clitico dativo non può pronominalizzare i sintagmi preposizionali [a + SN] selezionati da verbi come “pensare, rinunciare, aggiungere, aspirare, abituarsi, ecc., né tantomeno da verbi di movimento come andare, ritornare”, ecc. Alcuni esempi sono le frasi: «Ho rinunciato al viaggio» → *Gli ho rinunciato [ma: Ci/vi ho rinunciato]; «Penso sempre al mio futuro» → *Gli penso sempre [ma: Ci/vi penso sempre]; «È ritornato a casa ieri» → *Le è ritornato ieri [ma: Ci/vi è ritornato ieri] 06 - Indicare a che cosa corrispondono, dal punto della funzione sintattica, i pronomi «clitici locativi» Fare qualche esempio. Il clitico locativo ci (o vi, meno usato) viene classificato nella grammatica tradizionale come un avverbio di luogo, ma il suo comportamento sintattico è analogo a quello di un pronome personale clitico. Può sostituire, infatti, diversi tipi di sintagmi preposizionali che corrispondono a complementi differenti: Complemento di luogo (stato in luogo, moto a luogo, moto per luogo): «Abitiamo da un anno nella nostra casa nuova» → Ci abitiamo da un anno; oppure: «Domani vado dal medico» → Ci vado domani; oppure può riguardare i complementi preposizionali di vario tipo selezionati dal verbo. Ad esempio: Mi devo abituare a questa situazione → Mi ci devo abituare; Aggiungo un po’ di sale alla minestra → Ci aggiungo un po’ di sale. È bene ricordare che “ci/vi” possono pronominalizzare anche sintagmi preposizionali del tipo [a + SN] retti da preposizioni polisillabiche, i cui referenti sono non animati: Metto il coperchio sopra alla pentola → Ci metto sopra il coperchio; Per errore sono finito sotto al tavolo → Per errore ci sono finito sotto. LEZIONE 38: 06 – Quali sono le caratteristiche dei pronomi «riflessivi»? Innanzitutto i pronomi riflessivi si presentano due serie, una di pronomi liberi e una di pronomi clitici. I riflessivi di I e II sing. sono uguali ai corrispondenti pronomi personali , mentre la III sing. e pl. ha una forma diversa, sé (libero) e si (clitico), che è la stessa sia per il singolare che per il plurale. I riflessivi liberi corrispondono, come i pronomi liberi in generale, a dei sintagmi nominali. Hanno solo funzione di caso Obliquo e si usano in due casi: quando il riflessivo è retto da una Document shared on www.docsity.com preposizione; quando il riflessivo è focalizzato, contrastato o contrapposto. I pronomi riflessivi, contrariamente agli altri pronomi personali, hanno un uso solo ANAFORICO (vd. 3601), e, in particolare, vengono usati quando sono coreferenziali (cioè si riferiscono allo stesso referente) con il Soggetto della frase in cui si trovano: Maria si è asciugata i capelli (= Maria ha asciugato i capelli di Maria); Gianni pensa solo a sé stesso (= Gianni pensa solo a Gianni). L’uso del pronome riflessivo implica dunque che il processo verbale «si rifletta» sul referente del Soggetto (correggersi, lodarsi; comprarsi un prodotto ecc.), o comunque su referenti pertinenti al Soggetto, come parti del corpo (per es. lavarsi le mani, tagliarsi le unghie, asciugarsi/tingersi i capelli ecc.) o indumenti (per es. stirarsi la camicia, sporcarsi il vestito, ecc.). Se il riflessivo si trova in una proposizione dipendente, esso si riferisce sempre al Soggetto della dipendente, anche se questo non viene esplicitamente espresso. LEZIONE 40: - Che cosa si intende per frase complessa? Si intende un intera struttura fraseale che contiene tra i suoi costituenti una proposizione. All’interno di una frase complessa ogni singola frase che contiene una proposizione è detta matrice. Una frase matrice può essere subordinata a un’altra frase. Se una frase non è subordinata ad un'altra frase è detta principale LEZIONE 42: - Come può essere descritto il periodo ipotetico? È una costrizione formata da due frasi, la matrice (apodosi) che esprime conseguenza e una proposizione condizionale introdotta dalla congiunzione se (protasi) che esprime una condizione. Esistono due periodi ipotetici: della realtà e dell’irrealtà LEZIONE 43: 02. Che cosa si intende per «ordine marcato» delle parole nella frase? Si intende che l’ordine delle parole, sulla base delle proprietà sintattiche, sono strutturate in modo basico nella frase. LEZIONE 45: - Che cosa riguarda la deiessi temporale? Riguarda espressioni che fanno riferimento al momento dell’enunciazione: avverrà nel tempo (ora, adesso, allora), espressioni temporali (fra tre giorni, due settimane fa..) - Che cosa riguarda la deiessi spaziale? Document shared on www.docsity.com Riguarda le espressioni che fanno riferimento al luogo in cui si trova il parlante nell’atto di comunicare: avverbi (qui, qua, lì, là) aggettivi e pronomi dimostrativi (questo quello) e verbi (andare, venire) LEZIONE 46: - Quali sono i principali tratti fonologici dell’italiano dell’uso medio? La neutralizzazione dell’opposizione tra vocali medio alte e medio basse, le voci che si distinguono per il tratto di altezza (pesca frutto, pesca sport). La neutralizzazione dell’opposizione tra s sorda e s sonora in contesto intervocalico (viene usata ancora al sud, mentre al nord c’è una progressiva neutralizzazione). L’assenza del raddoppiamento fono sintattico cioè il raddoppiamento della consonante all’inizio di parola, (a ccasa, resta ancora in forme fiorentine) il fenomeno non si realizza al nord e la pronuncia nazionale tende ado orientarsi su quella settentrionale. L’assenza della protesi i davanti a s+ consonante (per isbaglio, in Isvizzera) resta ancora per iscritto come forma cristallizzata nella lingua scritta. Il ricorso limitato delle varianti eufoniche ed, ad cioè l’uso di congiunzione di queste particelle si è persa nella lingua odierna ed è rimasta nelle forme di incontro della stessa vocale (ad Anna, ed Enrico). Infine la scarsa produttività dei fenomeni di elisione e troncamento, cioè l’uso di espressioni (ci si vede all’otto, ne’ campi, s’è mangiato assai) sono rimaste nell’italiano toscano e si sono prese nell’uso nazionale Document shared on www.docsity.com opere segnalano, per condannarle, delle forme ritenute scorrette. Non sempre queste indicazioni sono chiare. Le indicazioni dirette di carattere fonetico, per esempio, che potrebbero darci indicazioni preziose per l'evoluzione del sistema fonologico dal latino alle lingue romanze, sono difficilmente interpretabili perché si servono di una terminologia spesso ambigua. Per il lessico, e in realtà anche per l'evoluzione fonetica del latino, possiamo ricavare molte indicazioni importanti dalla cosiddetta Appendix Probi (V-VI d.C.); dalle Iscrizioni: Le numerosissime iscrizioni pubbliche che la civiltà romana ci ha lasciato, eseguite da scalpellini professionisti, sono generalmente scritte in un ottimo e spesso solenne latino. Ma ci sono anche scritture più modeste, occasionali. Queste sono molto più interessanti, perché rivelano l’imbarazzo di chi si muove con difficoltà tra forme ufficiali poco conosciute e forme familiari ma prive della dignità generalmente necessaria alla scrittura; dalle Lettere: Lettere. Papiri, cocci e tavolette cerate conservano delle lettere di privati, scritte fuori dai rigidi canoni letterari. Dall’Egitto provengono circa 300 lettere in latino, molte delle quali, scritte da militari o dettate da questi a degli scribi professionisti, trattano di piccoli traffici e altre faccende quotidiane, e riflettono un uso vivo, e talora scorretto, della lingua. E infine dalla Letteratura tecnica: Le artes, e cioè quelle che noi chiameremmo discipline scientifiche e tecniche, come architettura e ingegneria, medicina e veterinaria, dietetica e culinaria, agricoltura e geografia, ecc. ecc., erano ritenute nell'antichità classica inferiori a discipline come la retorica e la grammatica, la matematica e la geometria. 05 – Che cosa si intende per «dittongamento di tipo toscano» (o «spontaneo»? Il dittongamento toscano (o spontaneo) è uno dei fenomeni più tipici dell’italiano letterario derivato dalla toscanità. Consiste nel dittongamento di una “e” o “o” breve latina tonica in sillaba libera in posizione incondizionata, cioè indipendente dalla presenza di un determinato fono successivo. Diverso dal dittongamento toscano è quello metafonetico, tipico dei dialetti meridionali. In questi dialetti la “e” e la “o” breve latina si dittongano, tanto in sillaba aperta quanto implicata, solo a condizione che nella sillaba finale della base latina si trovasse una “i” lunga o una “u” breve. Alcune caratteristiche del dittongamento toscano sono: e breve: dedit-diede; ferum-fiero; heri-ieri; petram-pietra. O breve: bonum-buono; core-cuore; locum-luogo; nocet-nuoce. Document shared on www.docsity.com LEZIONE 52: - Illustrare il concetto di rima siciliana Il sistema fonologico siciliano ha per punto di partenza lo schema maggioritario che vale per il fiorentino e per gran parte nelle lingue romanze, ma lo fa evolvere ulteriormente. Questo sistema era quello in uso presso la scuola poetica siciliana alla corte di Federico II. I copisti e i poeti toscani, nel momento incui trascrissero e tradussero nei loro volgari le liriche dei siciliani, adattarono queste rime al loro sistema fonologico, rimando con e,i,u e introdussero nei loro componimenti delle rime imperfette. Tale uso, detto rima siciliana, divenne nel secondo ‘200 una prassi stilistica abbastanza frequente, ma venne abbandonata progressivamente nel corso del ‘300. LEZIONE 53: - Che cosa si intende per metafonesi o metafonia? Si intende il processo di assimilazione per il quale, in una parola, la vocale tonica subisce un cambiamento regolare per effetto della vocale finale. Questo fenomeno si può osservare bene in due varietà italiane, una settentrionale (il veneto) e una meridionale (il napoletano). Quella veneta è provocata da i finale che fa abbassare la o tonica ed è tonica; la metafonesi del napoletano e di un area molto larga dell’Italia meridionale è più vasta perché riguarda sia le vocali medio alte sia quelle medio basse - Come si comportano le vocali toniche in iato nell’evoluzione del latino volgare? Per iato si intende una sequenza di due vocali appartenenti a due sillabe diverse. Lo iato è per certi versi il contrario del dittongo: mentre nel dittongo le vocali fanno parte della stessa sillaba di cui una sola delle due costituisce il nucleo; nello iato ciascuna delle due vocali mantiene il valore di nucleo sillabico. Dal punto di vista articolatorio, lo iato rappresenta una sequenza difficile da pronunciare, perché viola l’ideale alternanza tra vocali e consonanti nella catena fonica LEZIONE 54: - Quali sono i fenomeni di cancellazione nell’italiano antico? La posizione atona è una posizione debole, per cui può capitare che le vocali (o più in genere le Document shared on www.docsity.com sillabe) atone siano soggette a fenomeni di cancellazione. Ricordiamo che se i segmenti cancellati si trovano a inizio della parola abbiamo AFERESI, se si trovano a fine parola abbiamo APOCE o troncamento, mentre se si trovano all’interno della parola abbiamo SINCOPE LEZIONE 56: - Che cos’è la gorgia toscana? È il fenomeno per cui nelle varietà toscane le consonanti occlusive sorde in contesto intervocalico si spirantizzano passando alle fricative esempio capo=kapo. Questo fenomeno non risale al fiorentino antico, ma si è sviluppata relativamente tardi ed è tuttora produttivo LEZIONE 57: - Come evolvono i principali nessi consonante + L? Si trasforma in consonante + jod se il nesso è in posizione intervocalica, la consonante precede j raddoppia. - Come evolvono i principali nessi consonante + jod? L’evoluzione del sistema fonologico del latino ha portato allo sviluppo di jod anche in parole in cui non era presente originariamente. Nel latino volgare si assiste ad un processo di semplificazione della struttura sillabica volto a eliminare gli iati formati da i, e + vocale. Si è passati già nella prima età imperiale ad una nuova divisione sillabica del tipo: 1- passaggio evoluzione di I, E a J; 2- passaggio per un fenomeno di dissimilazione sillabica, la consonante che veniva prima della j si è raddoppiata; 3- passaggio in un terzo momento per un fenomeno di assimilazione e coascenza, la j si è fusa con la consonante precedente dando luogo a un fonema palatale LEZIONE 59: 05 – Che cosa si intende per «livellamento analogico»? Il livellamento analogico consiste nella soppressione degli allomorfi, cioè delle differenti realizzazioni del medesimo morfema. La presenza, all’interno di un paradigma nominale o verbale, di due o più allomorfi accresce la complessità di una lingua, perché il parlante deve memorizzare più forme, anziché una, e deve sapere quando usarle. La soppressione degli allomorfi, pertanto, risponde a un principio di economia linguistica. Vediamo un esempio. In italiano e in molte varietà Document shared on www.docsity.com in quello di articolo definito. Vediamo più da vicino come si pone il problema. In quali casi si usa l’articolo determinativo? Ci sono diversi casi. L’articolo determinativo può indicare la classe (o specie): IL Leone è il re della foresta. Oppure oppone anche un membro di una classe noto al parlante e all’ascoltatore a uno generico o noto solo al parlante (introdotto con l’articolo indefinito). Es.: È venuto IL vetraio (= che sia io che tu conosciamo). L’articolo può anche indicare che ci si riferisce a un elemento noto perché già nominato nel discorso: Un giovane si è ferito cadendo. IL giovane è stato ricoverato. Constatiamo comunque che, all’apparire dei primi testi, nei secc. IX-X l’articolo determinativo ha già acquisito tutta la gamma degli usi che ha nell’italiano moderno. - Come si comporta il sistema dei casi nel passaggio dal latino all’italiano? I casi in latino sono un’eredità indoeuropea. I morfemi di caso servivano al tempo stesso anche per esprime re il numero e qualche volta il genere. Nella lingua italiana, i morfemi flessivi dei nomi hanno perso la funzione causale e mantenuto il genere e numero. In italiano la maggior parte dei nomi deriva dall’accusativo LEZIONE 63: - Come si comporta il sistema delle coniugazioni verbali nel passaggio dal latino all’italiano? In latino i hanno 4 coniugazioni e in italiano se ne hanno 3. Vi sono diversi passaggi: il promo riguarda l’uguaglianza tra i singolare e III plurale; il secondo passaggio riguarda la I persona SON che ha subito l’influsso della I persona di verbi regolari che termina in –o; il terzo passaggio, la I singolare e la III plurale ha perso il morfema –o; infine il quarto passaggio riguarda il morfema di III persona plurale –no. LEZIONE 65: - Come si forma il futuro italiano? Dalla giustapposizione dell’infinito del verbo e dal presente dell’ausiliare HABERE - Come si forma il condizionale italiano? Si sviluppa da forme analitiche ottenute dalla combinazione dell’infinito e dal prefetto dell’ausiliare HABERE LEZIONE 67: - Quali sono le cause principali del cambiamento semantico dal latino all’italiano? Document shared on www.docsity.com Sono molteplici, fattori di carattere socio culturale, relativi ai mutamenti della società tra tarda antichità e alto medioevo. Ogni cambiamento semantico appare dettato dalla necessità di esprimere dei concetti nuovi o vecchi in modo più efficace ed adeguato. Il parlante infatti quando deve esprimere un concetto nuovo per cui non ha a disposizione un segno linguistico, oppure quando la forma che ha a disposizione non gli sembra adeguata per portare a termine con successo il processo comunicativo, ha tre possibilità: creare una parola nuova sfruttando i processi morfologici della lingua, avvalersi di una parola straniera o usare una parola vecchia in una nuova accezione LEZIONE 68: - Che cosa si intende per gallicismo? Si tratta del termine con cui vengono descritti i prestiti detti francesismi, dal francese antico lingua d’oil e quelli detti provenzalismi derivati dalla lingua occitana d’oc. I gallicismi hanno influenzato in modo preponderante la lingua e la letteratura volgare italiana fino al 1200 in cui raggiunse il suo culmine, nella metà del ‘300 e tra la metà del ‘600 e i primi del ‘900. - Che cosa si intende per prestito? Si intendono le parole ricavate da lingue straniere. Queste parole, così come per i cultismi, si presentano in forme irregolari dal punto di vista dell’evoluzione fonetica, in quanto non sono passate dal latino volgare all’italiano modificandosi con l’evoluzione della lingua, ma sono passate attraverso un’altra lingua che possiede leggi fonetiche diverse. LEZIONE 70: 04 – Quali sono le caratteristiche principali della lingua del «Decameron»? Il Decameron di Giovanni Boccaccio rappresenta uno dei testi fondamentali della lingua italiana. La lingua in quest’opera, ancor più di quella della Commedia, riflette la situazione del fiorentino del Trecento. Questo, però, vale solo in parte per la sintassi: Boccaccio modella la sua frase su quella latina, facendo ricorso abbondantemente alla subordinazione (o ipotassi) e collocando di norma il verbo alla fine del periodo (7721-7731). Alcuni esempi: «Tacevasi»: secondo la legge Tobler- Mussafia, quando il verbo è a inizio di frase, il clitico si trova in posizione postverbale; «qual»: come nel testo di Dante, troviamo anche qui vari casi di troncamento di /e/ e /o/ dopo /l, r, n/: Document shared on www.docsity.com «dicitor» , «sarebber», «alcun», «vinizian», «Signor», «diavol», e tanti altri; altra caratteristica della lingua è il termine «brieve»: in questa forma il dittongo continua regolarmente la Ĕ latina (< BRĔVEM). Meritano menzione le forme: «domandollo» (‘lo domandò’ -oggi si dice ‘gli domandò’; «seco»: ‘con sé’. È la continuazione del latino SĒCUM, che insieme a meco e teco (< MĒCUM, TĒCUM), si era conservata nell’italiano antico e si è mantenuta per lungo tempo nella lingua letteraria; e, infine, «sappiendo»: è la regolare continuazione del gerundio latino (ablativo) SAPĬENDO. In italiano moderno c’è stata livellamento analogico, e il gerundio di sapere si costruisce regolarmente a partire dal tema del presente sape- come negli altri verbi della II coniugazione: sapendo come vedendo, leggendo, ecc. LEZIONE 72: 01 – Quali sono le caratteristiche principali della lingua del «Cronica» dell’Anonimo romano? La lingua della Cronica esibisce una serie di tratti linguistici tipici dei dialetti meridionali che poi, a seguito della toscanizzazione avvenuta tra XV e XVI secolo, il romanesco ha del tutto perso. Oggi il dialetto di Roma si presenta come una varietà fondamentalmente di tipo fiorentino, con alcuni tratti – in realtà abbastanza rari – mediani. Le altre varietà laziali (con l’eccezione di quelle nella fascia settentrionale, che hanno subito l’influsso dei dialetti toscani) si presentano molto più «meridionali» di quanto non sia il romanesco moderno. Tra i fenomeni più notevoli, segnaliamo: - il dittongamento metafonetico di Ĕ e Ŏ per effetto di -Ī e -Ŭ finali; il mancato innalzamento di /e/ atona a /i/ in de; il passaggio di G davanti a vocale anteriore a /j/, tratto tipico ancor oggi delle varietà centro-meridionali; la neutralizzazione tra /b/ e /v/ in tutte le posizioni, tratto caratteristico dei dialetti italiani centrali e meridionali; il passaggio di /s/ a /dz/ dopo liquida (perzona ) ancor oggi tipico delle varietà centro-meridionali; la conservazione dell’occlusiva sorda intervocalica /t/, che distingue le varietà centro-meridionali da quelle settentrionali; l’esito -ARĬUM > -aro, laddove il toscano ha –aio; il passato remoto di I coniugazione in -ao, che anticamente distingueva i volgari del Centro-Sud (cfr. anche 7221) dal toscano che ha -ò e –ì. LEZIONE 73: 06 - Che cos’è « L’indovinello Veronese»? Document shared on www.docsity.com da altre lingue che adatta alla fonologia e alla morfologia del fiorentino. Infatti i latinismi, numerosissimi soprattutto perché il latino rappresenta per Dante il lessico tecnico-scientifico e la lingua dei modelli a cui si riferisce (Virgilio, Ovidio, Orazio, Lucano..); anche i sicilianismi sono molto usati, visibili nel mancato dittongo di parole come core, oppure nell’uso delle rime siciliane; infine Dante ricorre a parole appartenenti a volgari italiani diversi dal fiorentino, soprattutto per fare parlare i personaggi che entrano in scena con il loro linguaggio. La grande abilità di Dante sta anche nel maneggiare la lingua a più diversi livelli diastatici del fiorentino contemporaneo, recuperando termini bassi e plebei LEZIONE 77: - Quali sono le caratteristiche principali della lingua poetica di Petrarca? La rigorosa selezione a cui Petrarca sottopone il reale, si traduce in una lingua che impiega un numero ristrettissimo di vocaboli, non solo, ma il suo linguaggio è anche rigorosamente uniforme, pochi termini ammessi sono attinti tra quelli più piani e generici. Petrarca rifiuta ogni parola troppo corposa e precisa, troppo realistica ed espressiva, troppo aulica e rara. Per questo si è soliti contrapporre il plurilinguismo di Dante con il monolinguismo di Petrarca. La lingua recepisce in modo molto ridotto la lezione della Commedia dantesca, ma recupera le esperienze che l’avevano preceduta: la poesia stilnovista e prestilnovista. Ciò spiega la presenza nel Canzoniere di sicilianismi della lirica della scuola siciliana, in numero minore provenzalismi. Ampio ricorso ai latinismi, depurati dalla lezione dantesca. La sintassi è tesa ala volontà del poeta di sottrarre la struttura della frase alla banalità del linguaggio quotidiano, mediante procedimenti retorici che creano effetti di simmetria o di variazione: chiaismi, antitesi, anafore, allitterazioni, enjambenets. La figura fondamentale dello stile è la dittologia sinonimica cioè l’espressione di un concetto per mezzo di una coppia di nomi o aggettivi di significato analogo. Per ciò che concerne la sintassi, il periodo petrarchesco appare relativamente elementare. - Quali sono le caratteristiche principali della prosa di Boccaccio? La tradizione dalla prosa letteraria nasce con il Decameron, scritto da Boccaccio 1349-1353. La Document shared on www.docsity.com lingua dell’opera nella sua eccezionale ricchezza si presenta meno polimorfica di quella della coeva poesia, ad eccezione delle ballate che concludono le diverse giornate. Si rarefanno i sicilianismi, tipici della tradizione lirica con forme monottongate. Si trovano forme provenzali, suffissi, gallicismi, soprattutto nella introduzione e nella cornice e nelle novelle della X giornata, e svolgono la funzione di impreziosire il discorso, conferendogli letterarietà. La lingua è un fiorentino medio-alto e spazia da forme auliche e latineggianti nelle sezioni di tono elevato, alla mimesi dell’oralità delle novelle. Utilizza varietà linguistiche diverse dal fiorentino e troviamo i primi casi di registrazione di fenomeni tipici della lingua parlata: le dislocazioni a destra e sinistra, il tema libero, il che polivalente. A lingua usata nel Proemio, nell’introduzione della cornice e nelle novelle di materia tragica è caratterizzata da uno stile alto e sostenuto, che prevede periodi molto lunghi, ricchi di subordinate, ispirato ai modelli latini LEZIONE 78: 08 – Che tipo di lingua analizza la grammatica di Leon Battista Alberti? Fondamentale nella linguistica italiana è il ruolo svolto da Leon Battista Alberti (1404-1472), nato a Genova da un esiliato fiorentino. Grande intellettuale dell’Umanesimo – che fu studioso di letteratura e di matematica, scrittore e straordinario architetto, pedagogista e teorico dell'arte, Alberti manifestò piena fiducia verso il volgare, scrivendo o traducendo nel suo idioma materno molte delle sue opere, e elaborando un vero programma di promozione della nuova lingua. Alberti fu l’autore della prima grammatica del volgare (che fu anche la prima grammatica di una lingua moderna), negli anni tra il 1437 e il 1441. Si tratta di una grammatica del fiorentino dell’«uso» contemporaneo: l’autore mira a descrivere le strutture grammaticale della sua lingua, e non tiene conto – come succederà nel secolo seguente – degli usi linguistici degli scrittori più autorevoli della tradizione (Dante, Petrarca, Boccaccio). Questa grammatica – concepita con dei criteri tanto moderni – purtroppo non circolò e non ebbe alcun influsso sulle grammatiche elaborate in seguito. Se ne conserva fortunosamente soltanto una copia manoscritta, redatta per il letterato e filologo Pietro Bembo, di cui avremo modo di parlare ampiamente. Un altro tentativo compiuto da Alberti Document shared on www.docsity.com per rilanciare il volgare fu il Certame coronario, una gara patrocinata dai signori di Firenze, i Medici, e svoltasi nella chiesa di Santa Maria del Fiore il 22 ottobre 1441. Otto concorrenti si cimentarono nella scrittura di un testo poetico sul tema della «la vera amicizia». LEZIONE 80: 05 – Quali sono le principali ricadute della “Questione della lingua” nella rielaborazione dell’«Orlando furioso» di Ariosto? La redazione definitiva del 1532 dell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto rappresenta il migliore sforzo, nella prima metà del Cinquecento, da parte di un letterato settentrionale, di affrancarsi dalla koiné padana per tentare l’adozione del toscano letterario trecentesco secondo il modello additato da Pietro Bembo, di cui Ariosto era amico personale. Scriverà nel canto conclusivo del poema: «...là veggo Pietro / Bembo, che ’l puro e dolce idioma nostro, / levato [‘tirato’] fuor del volgar uso tetro [‘oscuro’], / qual esser dee [‘come deve essere’], ci ha col suo esempio mostro [‘mostrato’]» (Orlando furioso 46 15). Questi versi, aggiunti nell’ed. 1532, esprimono il debito che Ariosto sentiva di avere verso gli insegnamenti di Bembo. Sin dalla prima stesura (1516), Ariosto tenta di modellare la propria lingua sul fiorentino letterario, ma non riesce a evitare che nel testo si insinuino diversi settentrionalismi e latinismi, soprattutto quando la fonologia del suo volgare diverge da quella toscana e coincide con quella latina (per es. nella conservazione di e in sillaba atona, laddove il toscano ha l’innalzamento a i). Molte incoerenze sono poi visibili nella rappresentazione delle consonanti doppie e scempie, e delle affricate. La revisione linguistica in senso toscaneggiante continua anche nell’edizione del 1521, che però è deturpata dagli interventi dei tipografi, di dubbia cultura, i quali spesso introducono varianti fonomorfologiche settentrionali più arretrate rispetto al testo del ’16. Il percorso si chiude con la definitiva edizione del 1532, che appare quella più prossima ai canoni linguistici teorizzati nelle Prose della volgar lingua. LEZIONE 81: 05 – Qual è la posizione di Machiavelli in materia di lingua? Il manifesto della tesi cosiddetta «fiorentinista» è il Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua del 1524, attribuito ormai unanimemente a Niccolò Machiavelli (1469-1527). Il Discorso assegna il Document shared on www.docsity.com LEZIONE 83: - Quali sono le caratteristiche principali della lingua di Galileo? Galileo scrisse testi in un elegante latino accademico, ma nelle opere maggiori e più mature utilizzò il volgare. Infatti nei testi più importanti Il saggiatore 1610 e Discorsi sopra i due massimi sistemi 1632 utilizzò il volgare di qualità sorprendentemente elevato. Fece ricorso all’uso di un registro medio, spesso elegante unito a grande chiarezza di lessico e sintassi. La sua prosa si apre a inserti di toscano parlato e si preoccupa della revisione del lessico della fisica e dell’astronomia cercando termini tecnici in maniera univoca. Egli tende a non introdurre neologismi costituiti da forme e radici greche e latine, ma a dotare di significato tecnico parole già dell’uso comune. Per scopo scientifici usa il cannocchiale e adeguerà quest’uso ne Il saggiatore. Altri neologismi dotti finiranno per essere usati per esempio microscopio. La scelta di Galileo era in controtendenza rispetto all’uso generale della scienza LEZIONE 84: - Quali sono le caratteristiche principali del Vocabolario degli Accademici della Crusca? Nel 1612 viene pubblicato a Venezia la prima edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca, ne seguiranno altre quattro. Gli Accademici di fatto fornirono il tesoro del fiorentino Document shared on www.docsity.com trecentesco, integrandolo però con l’apporto di scrittori moderni. Erano inclusi autori non toscani (Bembo, Ariosto, ma non Tasso) e vennero privilegiati gli autori fiorentini (Lorenzo De’Medici, Machiavelli, Berni e lo stesso Salviati) muovendo dall’idea di continuità tra la lingua antica e quella contemporanea, il fiorentino vivo. In questo modo si inserirono termini fiorentini dialettali, ignoti alla lingua letteraria comune. Nel 1623 uscì la seconda edizione e nel 1691 la terza edizione, che fu radicalmente diversa e mostrava un’apertura alla modernità; furono introdotte voci del mondo scientifico, Galileo e fu aggiunto Tasso LEZIONE 85: - Quale era la posizione degli illuministi nei confronti del Vocabolario della Crusca? Gli illuministi italiani si collocarono su posizioni spesso fortemente critiche verso la tradizione. Tra i bersagli della polemica ci sono le prescrizioni dell’Accademia della Crusca, che affermava in modo rigido la supremazia della lingua fiorentina del tre-cinquecento. Nella rivista illuminista Il Caffè, Alessandro Verri pubblica nel 1764 un articolo Rinunzia avanti notaio al Vocabolario della Crusca, nel quale s afferma la dissociazione del Verri alle prescrizioni degli accademici. Infatti si afferma che la lingua può essere arricchita e accresciuta da chiunque per diritto, che la lingua italiana non ha raggiunto il suo culmine di perfezione e arricchimento pertanto è necessario arricchire la lingua con parole nuove per esprimere concetti nuovi e per fare questo è necessario poter attingere a prestiti da lingue straniere. Tale procedimento è in grado di accrescere non solo il vocabolario ma anche il repertorio complessivo di idee. Tuttavia la proposta degli illuministi rimane sganciata da una prospettiva costruttiva e di dare un modello alternativo LEZIONE 87: - Quali sono le peculiarità della lingua di Vittorio Alfieri? Vittorio Alfieri operò nelle sue opere una ricerca esasperata dell’italiano colto e arcaico. La parte più importante della sua produzione letteraria è rappresentata dalle tragedie inversi. Egli tende a distanziarsi dallo stile melodico del melodramma utilizzando un linguaggio teatrale Document shared on www.docsity.com fondato su un classicismo severo e selettivo. Si trasferì a Firenze per imparare la lingua, non utilizzò il fiorentino vivo ma la lingua letteraria che cercò di assimilare attraverso uno studio attentissimo della tradizione. Alfieri fu sempre mosso da una vocazione antimoderna che lo spinse a estraniare la lingua dal proprio tempo mediante il massiccio ricorso a arcaismi e latinismi. Inoltre cercò di allontanare il linguaggio delle sue tragedie da quello lirico e epico mediante ogni tipo di artificio fonico come suono aspri e dissonanti, ma anche artifici metrici con variazioni di ritmo e retorico sintattico con inversioni e iperbati LEZIONE 88: 04 – A quale tipo di lingua guarda il Purismo ottocentesco? Nei primi decenni del XIX secolo si diffuse in Italia il movimento del Purismo, una corrente linguistico-letteraria di orientamento tradizionalistico che, oltre al rigetto dei forestierismi, in particolare di quelli provenienti dal francese, propugnava un ritorno a modelli di scrittura del Trecento. Il principale esponente del Purismo fu il veronese Antonio Cesari (1760-1828). Il Cesari curò un’edizione del Vocabolario della Crusca (la cosiddetta «Crusca Veronese»), aggiungendo numerose voci trecentesche (Verona 1806- 11). La celebre Accademia era stata infatti sciolta nel 1783 dal granduca Pietro Leopoldo, e riunita insieme ad altre Accademie nell’Accademia Fiorentina. Verrà ripristinata però nel 1808. Un altro importante esponente del Purismo fu il napoletano Basilio Puoti (1782-1847), che creò una scuola privata che fu frequentata, tra gli altri, da Francesco De Sanctis (1817-1883), il futuro, grande storico della letteratura italiana. Come Cesari, Puoti rifiutava i neologismi e i francesismi, e in generale, più che la lingua francese in sé, la mescidanza tra le lingue. Come ha osservato Maurizio Vitale, se i classicisti insistevano sulla qualità artistica dell’opera presa a modello, e ammettevano un limitato margine di rinnovamento, i puristi assumevano invece una fase dell’evoluzione linguistica come stato di «purezza», indipendentemente dai pregi artistici del testo. LEZIONE 89: 06 – Qual è la lingua del «Fermo e Lucia»? Il problema della lingua letteraria fu al centro della riflessione di Alessandro Manzoni (1785-1873) Document shared on www.docsity.com scientifica, l’impostazione del modello fiorentino era impossibile da percorrere in quanto l’unità della lingua non poteva essere calata dall’alto attraverso un intervento pilotato dalle istituzioni, ma sarebbe stata una conseguenza del progresso della nazione, cioè dalla reale unificazione sociale economica e culturale del Paese. In questa visone Ascoli anticipa ciò che realmente Document shared on www.docsity.com Downloaded by: EmanueleUno (dale_91@live.it) succederà nel nuovo Regno d’Italia, dimostrando che la lingua è uno strumento di comunicazione che non può esistere fuori dal contesto sociale e dunque dipenda da fattori extralinguistici. Col tempo e con lo sviluppo economico e intellettuale, la cultura moderna si orienterà in una visone di unità della lingua vicina al suo pensiero. LEZIONE 91: - Quali sono le caratteristiche principali della lingua di Verga? Verga utilizza una lingua italiana nel lessico e nelle forme caratterizzata tratti tipici dell’oralità popolare. Egli non usa il dialetto che avrebbe prodotto un testo scarsamente comprensibile alla maggioranza dei lettori, infatti i sicilianismi sono pochi e necessari, ma fa ricorso a un linguaggio spoglio e povero punteggiato di modi di dire, paragoni e proverbi, cioè tratti sintattici tipici del parlato. Nel fare questa operazione linguistica Verga segue due procedimenti fondamentali: l’impersonalità dell’autore e la regressione del narratore che si abbassa al livello dei personaggi e ne condivide la mentalità e la prospettiva. Verga persegue l’obiettivo di riferire i fatti colle medesime parole semplici e pittoriche della narrazione popolare. LEZIONE 92: - Quali tratti particolari identificano la lingua poetica di Giovanni Pascoli? Pascoli realizzò in poesia ciò che Manzoni elaborò in prosa, cioè una rivoluzione linguistica, il suo intento era quello di eliminare la specificità secolare della lingua letteraria per avvicinarla a quella parlata. Per fare questo Pascoli ripudia il principio aristocratico del classicismo che esige una rigorosa separazione tra ciò che è elevato e sublime e ciò che è basso e umile; per Pascoli anche gli oggetti più umili e dismessi sono ricchi di poesia. Sul piano lessicale la grande novità pasco liana sta nella ricerca di nominare con la massima precisione le cose e i rumori che si Document shared on www.docsity.com traduce nell’adozione di termini specifici e prosaici derivati dai lessici speciali, del dialetto, della botanica, della zoologia e delle tecniche agricole e dell’artigianato. Gianfranco Contini definisce questo aspetto postgrammaticale, perché i sottocodici sono elaborazioni successive alla lingua comune, disciplinata da una norma codificata che si usa per la comunicazione quotidiana. Pascoli fa ampio ricorso a materiale onomatopeico e puramente fonico, si tratta di componenti pregrammaticali perché non fanno parte della lingua codificata e quindi privi di valore linguistico - Quali tratti particolari identificano la lingua poetica di Gabriele D’Annunzio? Grandissimo poeta italiano esordisce nel segno del classicismo carducciano per poi allontanarsene; elabora una lingua poetica colta ma non precodificata; infatti il ritorno alla lingua antica, il latino e l’italiano delle origini avviene senza passare attraverso l’ormai usurato linguaggio lirico tradizionale. D’Annunzio reinventa il linguaggio poetico dalle sue origine recuperando voci italiane e arcaiche della antica classicità e direttamente dalla fonti. Il poeta preferisce Dante a Petrarca e a Boccaccio. Il latino costituisce il serbatoio da cui attinge maggiormente. L’uso di latinismi serve a precisare e concretizzare concetti e cose. Dal punto di vista sintattico predomina la paratassi basata su frasi brevi e spesso nominali LEZIONE 93: - Che tipo di lingua cercò di adottare il regime fascista nella prima metà del Novecento? Il regime fascista adottò una politica linguistica nazional-puristica in dirette in varie direzioni: la lotta all’uso del dialetto; la lotta contro le lingue delle minoranze altoatesine e giuliane; il rifiuto delle parole straniere. Risultarono efficaci le misure adottate nei confronti delle minoranze alloglotte tedesche e slave, mentre la lotta all’uso del dialetto fu relegato al solo contesto scolastico. Al contrario venne promosso un elenco di prestiti che dovevano essere banditi dall’uso per le parole straniere, sostituendo il concetto con corrispondenti forme italiane LEZIONE 94: - Quali sono le caratteristiche principali dell’italiano aziendale? Uno dei settori linguisticamente più innovativi della lingua contemporanea è la comunicazione Document shared on www.docsity.com aziendale, fino a qualche decennio fa usata negli uffici, nello scritto e nel parlato formale, era un linguaggio burocratico, artificioso dal punto di vista sintattico e lessicale. È nato negli uffici delle multinazionali e si è diffuso in ogni luogo di lavoro. È una varietà molto ricca di neologismi, di prestiti e soprattutto anglicismi, si è consolidata nel tempo come linguaggio tecnico. Nella sua connotazione risulta spesso ambiguo perché fa uso di termini dell’economia e più precisamente si avvale di tecnicismi collaterali, definizione di Luca Serianni, cioè parole tecniche che non sono richieste da una specificità comunicativa, ma usate come espedienti per innalzare il livello linguistico dell’enunciato Document shared on www.docsity.com
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