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Paniere filologia germanica 1. Domande aperte, Panieri di Filologia Germanica

Paniere filologia germanica 1, uni ecampus. Domande aperte svolte Professoressa Raffaghello Cristina

Tipologia: Panieri

2021/2022

Caricato il 23/01/2023

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Scarica Paniere filologia germanica 1. Domande aperte e più Panieri in PDF di Filologia Germanica solo su Docsity! L.2 05. Quali sono gli stilemi della poesia germanica antica? Se ne fornisca un elenco e, successivamente, se ne illustrino due dettagliatamente. La Poesia Germanica antica è caratterizzata da diversi stilemi: I. Verso lungo allitterante - si basa sull’allitterazione, ovvero la ripetizione al suo interno del primo elemento sillabico, che sia vocale o consonante. L’allitterazione è connessa con il forte accento percussivo, tipico delle lingue germaniche si trova in posizione fissa e che cade sulla sillaba radicale. II. Formule III. Variazioni IV. Kenning - al plurale Kenninger, è uno specifico tipo di Metafora, usata principalmente nella letteratura anglosassone e scandinava, formata da due elementi giustapposti, o a volte uniti per mezzo del caso genitivo: ad es “il destriero delle onde” si riferisce ad una nave e “torrente delle spade” è la battaglia. Spesso le Kenniger fanno anche riferimento a figure e racconti mitologici norreni come per esempio: L’oro viene chiamato “Il metallo del litigio” V. Heiti VI. Arcaismi 06. Che cos'è la Filologia Germanica e con quali discipline interagisce maggiormente? La Filologia Germanica è una disciplina che si occupa delle lingue germaniche antiche e delle loro attestazioni scritte. Si occupa, in altri termini, di quelle civiltà che hanno una comune origine nel mondo germanico antico e tenta di interpretarne le testimonianze scritte lasciate. Per quanto riguarda il periodo, possiamo affermare che la disciplina si concentra sul periodo medievale delle lingue germaniche, ovvero le fasi antiche e medie di queste lingue. Studiando le attestazioni scritte e il periodo medievale delle lingue, possiamo approfondire la conoscenza e la comprensione delle lingue moderne parlate al giorno d’oggi. Ne avremo, quindi, una prospettiva storica. Chiaramente, per poter offrire una prospettiva storico-diacronica di una lingua, bisogna conoscere bene il contesto storico nel quale nasce e si evolve una lingua. Risultano, perciò, fondamentali molte nozioni delle vicende storiche delle popolazioni di lingua germanica. Perciò la Filologia Germanica si delinea come un insegnamento di carattere storico e interdisciplinare. Per poter comprendere e indagare un testo, esso va innanzitutto inquadrato nel suo contesto storico e poi letto ed interpretato anche grazie all’apporto di altre discipline, come la cultura generale, il diritto germanico, la storia delle religioni, che comporta anche lo studio della mitologia, il folclore e l’etnologia, l’archeologica, la paleografia e persino la geografia. 07. Che cosa si intende con le espressioni 'Germani' e 'Germanico'? Questi due termini sono stati a lungo dibattuti in passato e sono state date loro varie accezioni. L’origine del termine “germani” è tuttora dibattuta. Da un punto di vista storico e culturale, i Germani furono gruppi etnici molto diversi tra loro per origine, natura e composizione. Gruppi germanici furono contrapposti all’antica Roma nell’Europa centrale. I Romani vedevano questi gruppi etnici in modo fuorviante, dettato dal fatto di sentirsi superiori a loro. Molte delle nostre fonti sui germani, le dobbiamo a Tacito. Gli appellativi ‘Germani’ e ‘germanico’ furono utilizzati per la prima volta da Cesare (58-56 a.C.) per distinguerli dal popolo più civilizzato dei Galli. Queste popolazioni condividevano lingue affini tra loro, parte delle consuetudini socio-giuridiche, religiose e delle tradizioni culturali. Dal puto di vista linguistico, l’aggettivo “germanico” indica un gruppo omogeneo dell’indoeuropeo caratterizzato da elementi distintivi propri, riconducibili a una radice linguistica comune antica. Il concetto di ‘cultura germanica” è molto vago. I Germani, infatti, come specificato prima, possono essere ricondotti a società non omogenee dal punto di vista etnico sparse sul territorio centro-settentrionale europeo. A partire dalla seconda metà del I millennio a.C., questi gruppi contribuirono alla formazione di società fluide, entrando in contatto sia con i Celti che con i Romani. Le comunità erano in continuo cambiamento. Molto probabilmente questi gruppi così eterogenei raggiunsero un’unità linguistica a partire dalla fine del II sec. a.C.. La parola “germani” rimanda quindi ad un gruppo caotico di comunità in continuo mutamento e agglomerati di etnie legate da un’unità linguistica. Caratteristica comune di questi gruppi era il fatto di essersi “scontrati” con la civiltà romana. Il Termine “germanico” è una parola che ha un significato preciso solo in riferimento al campo della linguistica. L.3 08. Quali sono le fonti che trattano dei Germani prima di Tacito? Giulio Cesare (100-44 a.C.), intellettuale, politico e generale romano, scrisse i Commentarii de bello gallico (52 a.C.), opera in cui narra prevalentemente le vicende della conquista della Gallia. Egli mostra un interesse piuttosto modesto per la cultura dei Germani. Distingue i celtici Elvezi e i Cimbri; è inoltre il primo a indicare il Reno come confine geografico occidentale della Germania: il Reno era uno spartiacque tra la cultura celtica e quella germanica. Con il ‘cognome’ Germani, egli indica le aggregazioni di alcune tribù settentrionali, probabilmente di provenienza belgica. Parla dell’educazione dei giovani alla fatica e al tardo debutto nella vita sessuale, per ottenere una corporatura più vigorosa; si sofferma sull’organizzazione politica: tra i Germani occident. non esiste un capo/rex/ princeps, il cui potere sia esteso a tutti i clan di una popolazione. Non esiste la proprietà privata dei terreni: questi sono assegnati ogni anno dai ‘magistrati’ a famiglie, che mostra il loro disinteresse a diventare una società stanziale e pacifica, per non minare il loro senso di uguaglianza. I capi non avevano cariche stabili: venivano eletti solo in tempo di guerra. Tito Livio, storico, scrisse gli Ad urbe condita libri CXLII. Parla di usi e costumi e delle guerre di Cesare vs Ariovisto. Strabone di Amasia, (63 a.C. -20 ca.), storico e geografo; molto più informato di Cesare, redige la Geografia in 17 libri, un resoconto dei suoi viaggi. Probabilmente influenzato da precedenti autori, distingue i Germani dai Galli, pur notandone la similitudine per natura e organizzazione politica, ma non li considera come etnicamente diversi; i Germani risulterebbero più primitivi e selvaggi. Ci sono topoi quali nomadismo, ferocia e aspetto fisico caratteristico dei Germani; l’opera è più incentrata sulla geografia, con la descrizione dei fiumi oltre della Germania e di altre tribù. Velleio Patercolo ufficiale in Germania, fu testimone di fatti, luoghi e popoli. Le sue Historiae Romanae (30 ca.) sono un’esposizione sintetica incentrata su elementi quali ferocia, falsità e scarsa astuzia dei Germani. Pomponio Mela (I sec.) geografo ispanico scrisse De chorographia, un repertorio che integra le informazioni di Strabone con altri influssi. Tratta del territorio dei Germani con il consueto confine renano occidentale, ma aggiunge: Alpi, Vistola, la regione dei Sarmati e la costa del Mar del Nord; nello Jutland risiederebbero Cimbri e Teutoni. Vi è il gusto del meraviglioso e alcuni stereotipi: alimentazione a base di carne, furore bellico, grandi corporature. Plinio il Vecchio è autore della monumentale Naturalis Historia (78 ca.) dedicata all’imperatore Tito. È descritta l’Europa sett.: Scandinavia, penisola dello Jutland, isole frisoni; dopo una digressione sulla Germania, sono citati i 5 gruppi tradizionali in cui sono suddivisi i popoli germanici. 09. Cosa si intende con 'interpretatio'? Quando gli scrittori romani/greci descrivono la popolazione dei Germani, si deve porre attenzione all’interpretazione che ne diamo. Infatti, gli usi e i costumi delle popolazioni solevano essere descritti in relazione alla capacità di omologazione ai canoni della civiltà classica. Più le tradizioni di un gruppo etnico erano vicine a quelle della civiltà romana, ad esempio, più il popolo era considerato civilizzato. Seguendo questa logica, un popolo molto diverso culturalmente dai romani/greci, era percepito come deviante o “barbaro”. I greci, così come i romani, erano convinti della propria superiorità. Gli autori tendevano, quindi, a descrivere un popolo soprattutto dal punto di vista esteriore, facendo sempre notare l’inferiorità di questi popoli. La vita quotidiana e le abitudini di un popolo non sono state descritte in modo oggettivo, bensì sono state interpretate secondo categorie culturali ed etiche classiche che prendono il nome di interpretatio. Esempio: l’interpretatio includeva anche l’ambito religioso. I romani erano convinti che i germani adorassero le stesse divinità, l’unica differenza erano i nomi diversi. L’interpretazio di Giulio Cesare sulle tradizioni religiose e sulla mancanza di sacerdoti germani era fornita con il solo scopo di screditare il mondo religioso germanico. La questione dell’interpretatio si estende alle istituzioni sociali germaniche, chiamate con il nome latino (rex/princeps, proceres/nobiles, ingenui/plebs, liberti/libertini) pur essendo molto diverse da quelle romane. L.4 L.5 03. Si illustri cosa si intende con l'espressione "Età delle migrazioni", indicando anche i secoli in cui questa fase si svolge e i gruppi che ne prendono parte. Con l'espressione "Età delle migrazioni" (Völkerwanderungszeit) si intende quel periodo che va tra la fine del IV sec. d.C. (morte del re ostrogoto Ermanarico) al VI ca. (fino al 568 ca., anno dell’ingresso dei Longobardi in Italia): è un periodo in cui si verifica una riorganizzazione geo-politica dovuta allo spostamento in massa dei Carlo Magno ha un’importanza fondamentale anche per l’impulso dato alla cultura e alla letteratura. Egli avverte la necessità di promuovere una ricostruzione giuridico-amministrativa del regno. La “rinascita” carolingia, dà nuovo valore all’eredità della civiltà romano-bizantina e ne afferma la continuità e la valenza cristiana. Viene promossa la formazione della burocrazia e del personale attraverso la costituzione della Schola Palatina, accademia reale con sede ad Aquisgrana, diretta dall’anglosassone Alcuino di York, esperto di teologia, grammatica latina, greco ed ebraico. Si prende anche consapevolezza della distanza tra la lingua latina dei dotti e la lingua popolare. Il successore di Carlo è il figlio Ludovico il Pio, i figli del quale si spartiscono l’Impero in 3 parti nell’843 con il trattato di Verdun. Si delinea la formazione dei futuri Stati nazionali: a Lotario I spetta il titolo di Imperatore, l’Italia e la Lorena; a Carlo il Calvo la Francia attuale; a Ludovico il Germanico l’odierna Germania. La separazione politica non comporta cambiamenti sul piano linguistico, poiché già precedentemente le varie regioni imperiali erano distinte dal punto di vista degli idiomi. Emblematico è il testo del cosiddetto “Giuramento di Strasburgo” (842): Carlo il Calvo e il fratello Ludovico il Germanico stipulano un patto di fedeltà reciproca e si impegnano a non stringere alcun accordo con l’altro fratello, Lotario. Esso appare in tre parti, una in latino, una in francese e l’altra in tedesco: vi è anche un interesse linguistico dovuto al fatto che il testo è stato trascritto nei due dialetti volgari compresi dai membri dei due eserciti. L.9 → 06. Si descriva cosa si intende con l'espressione "Eptarchia Anglosassone", indicando anche i regni che ne fanno parte e in quale periodo si formano. Nei secc. VII-VIII la Gran Bretagna è un territorio abitato solo in parte e suddiviso in piccoli regni e domini signorili. In effetti, gli Anglosassoni si organizzano in piccole entità politiche, la cosiddetta Eptarchia Anglosassone: Kent (abitanti britanno-latini della regione), Sussex (‘Sassoni del sud’), Essex (‘Sassoni orientali’), Wessex (‘Sassoni occidentali’), East Anglia (‘Angli orientali’), Mercia (Angli ‘della Marca’), Northumbria (‘quelli a nord del fiume Humber’). Le varie dinastie si convertono al Cristianesimo e si diffonde, nei monasteri, una cultura latino-cristiana di buon livello, con rappresentanti quali Beda il Venerabile (VII-VIII sec.) e Alcuino di York (VIII sec.). Nei primi tempi, i regni ags. si contrastano tra loro, tendendo comunque ad espandersi verso ovest ai danni delle popolazioni celtiche. Nel VII-VIII sec. prevalgono politicamente i regni di Northumbria e poi di Mercia; nel IX sec. è invece il Wessex a imporsi. Sul piano linguistico possono essere distinti, infatti, tre macro-dialetti principali: il sassone occidentale, nei 3 regni sassoni, identificabile con il dialetto del Wessex; il kentiano, nel Kent; l’anglico, in East-Anglia, Mercia e Northumbria. Il IX sec. è caratterizzato dalle invasioni vichinghe, alle quali si oppongono Alfredo re del Wessex e successori. Nel 1036 sul trono torna una dinastia anglosassone: l’Inghilterra è un unico regno instabile. Nel 1066 gli Anglosassoni devono affrontare l’esercito invasore di Guglielmo duca di Normandia, che con la battaglia di Hastings si impadronisce del paese. Con la nuova dinastia normanno-francese, termina il periodo anglosassone dell’Inghilterra. L.10 03. Si descriva cosa si intende con l'espressione "Età Vichinga", indicando anche i secoli di riferimento, i popoli che vi prendono parte, le aree oggetto di interesse da parte dei Vichinghi e i motivi che li spingono a spostarsi via mare. I popoli scandinavi restano più a lungo nei luoghi d’origine: non partecipano alle migrazioni dei primi secoli d.C. La loro espansione prende il nome di età vichinga (fine VIII–fine XI sec.) e segue 3 direttrici: verso ovest, sud-ovest e est. Dal sec. VIII, si ha un aumento dell’attività marittima, sia commerciale che a scopo di razzia. La peculiarità del fenomeno vichingo riguarda il fatto che le spedizioni sono legate al commercio, alla pirateria, al mercenariato e, in un secondo momento, all’insediamento politico. Nel sec. VIII l’introduzione della vela e la conoscenza del bordeggio (la navigazione controvento) danno un notevole impulso al fenomeno vichingo. L’attività vichinga vive una rapida evoluzione: dalle incursioni e dal traffico di prodotti locali si passa al commercio di schiavi e merci estere, grazie a imponenti navi da carico. Diventa necessario un maggior controllo dei centri di raccolta e smercio dei beni. Si creano competizioni → la nuova ricchezza determina instabilità e trasformazioni sociali. Aumenta la ricerca di opportunità di sviluppo anche lontane e si assiste a uno spostamento verso aree che possano generare ulteriore benessere. Indubbiamente intervengono anche motivazioni politiche, es. l’unificazione della Norvegia ad opera di Haraldr Chiomabella (VIII sec.) o le guerre interne della Svezia nel IX sec., ma il fattore economico fu determinante. L’Inghilterra e il regno franco sono i primi obiettivi delle incursioni. Importanti città sono saccheggiate (Londra, Amburgo). Il raid più eclatante fu la distruzione dell’abbazia di Lindisfarne nel 793, in Northumbria. All’inizio del IX sec., la Scozia, le Orcadi, Shetland, Fær Øer cadono sotto il dominio norvegese. In Irlanda si fondano insediamenti stabili dal IX sec. e porti commerciali (Cork, Dublino). Le incursioni toccano anche Galles e Cornovaglia. Dal IX sec. aumentano gli attacchi alle coste franche e frisoni e, risalendo i fiumi, i vichinghi arrivano a saccheggiare centri importanti dell’Europa continentale. Dal IX sec., sorgono insediamenti sempre più stabili presso i luoghi d’azione, in particolare in Inghilterra. I vichinghi colonizzarono anche l’Islanda. Fu un evento di riaggregazione politica, dopo i conflitti sorti in seguito all’unificazione della Norvegia da parte di H. Chiomabella. Vari piccoli proprietari e nobili, provenienti da Norvegia, Irlanda e Inghilterra, si insediano sull’isola negli anni 850-870; fondarono una repubblica oligarchica indipendente, amministrata attraverso l’Allthing, un’assemblea annuale generale. Dall’Islanda partirono varie spedizioni: quella di Eiríkr il Rosso verso la Groenlandia, dove si formano insediamenti a est e a ovest dell’isola. E quella, nel 1002 ca., di Leifr Eiríksson verso le Isole Baffin, il Labrador e il Newfoundland, dove però non si creano colonie durature. Dall’VIII sec., Svedesi (o Vareghi/Variaghi) e Danesi intraprendono una proficua attività commerciale nelle regioni baltica e slava, fino a Bisanzio; la conversione di queste regioni al Cristianesimo avviene nel X sec. Nel sec. XI l’egemonia commerciale varega comincia a indebolirsi e la fine dell’XI secolo è indicata come il termine dell’età vichinga. In questi secoli si sono consolidati i regni di Norvegia, Danimarca e Svezia, mentre l’Islanda rimane una repubblica indipendente fino al XIII sec. Quasi tutte le altre terre occupate dai vichinghi, invece, perdono gradualmente l’impronta scandinava. L.11 03. Cosa è la "Sippe"? Quale istituto giuridico germanico le si potrebbe contrapporre e per quale motivo? La parola germ. Sippe indica un gruppo di individui che riconosce di avere un antenato comune. L’appartenenza ad una Sippe delinea il comportamento di ogni membro: egli dovrà sempre sostenere gli altri membri e proteggerli o intervenire in caso di minacce esterne. Il benessere della Sippe è sempre posto al di sopra del benessere individuale, per questo erano frequenti vendette di sangue e faide familiari per risolvere i problemi e riparare ai torti subiti (Germania). Nella Sippe, le prerogative e i doveri di uomini e donne sembrano rispettare i principi di parità, almeno nei primi secoli d.C. La società germanica era caratterizzata da un ordinamento patriarcale, ma la famiglia della donna rivestiva un ruolo non indifferente. Il lessico mostra, nelle linee parentali acquisite, una nomenclatura precisa di ascendenza indeuropea (‘cognato, fratello del marito’ vs ‘cognato, marito della sorella’). Questi termini indicano l’importanza sociale del vincolo matrimoniale e della parentela acquisita, che comporta un ampliamento della famiglia avviandola verso forme di asso-ciazione più complesse (Tacito). In Scandinavia esistevano anche Sippen sociopolitiche. Esse avevano funzioni sono simili alla Sippe tradizionale, ma senza legami familiari: era una sorta di fratellanza ‘volontaria’, realizzata attraverso un rituale (simbolica mescolanza del sangue dei partecipanti) → la società germanica si evolve in strutture sociali più complesse. Alla Sippe si può contrapporre l'istituto giuridico germanico detto il "COMITATUS": un'associazione intertribale formata da uomini che si dedicano alle armi, con a capo un uomo valoroso, un leader. Tra loro non ci sono legami di sangue ma sono legati dal vincolo di lealtà e fedeltà. I guerrieri sono fedeli al capo e combattono per accrescere la sua ricchezza e la sua gloria. Dall'altra parte il capo protegge e mantiene i suoi seguaci facendogli anche dei doni. Si trattava di una consorteria di armigeri e guardie private che otteneva beni materiali per i propri servigi (metafore letterarie per designare il sovrano: “custode del pane”, “donatore di anelli/bracciali”). I valori che contraddistinguevano questa associazione autoritaria, creata su base volontaria, erano: fratellanza militare, fedeltà, reciprocità di doveri. La competizione era il motore del comitatus, tra i seguaci per compiacere il capo, tra capo e seguaci per compiere azioni audaci o tra i vari condottieri per avere il seguito più forte. L’ingresso in un comitatus comportava un accrescimento del prestigio e di ricchezze; questo istituto comportò una trasformazione culturale profonda e l’avvicinamento a culti meno legati alla natura e più vicini all’esaltazione delle prodezze militari. L.12 03. Si indichino le caratteristiche della figura del "re", come desunte dalle fonti classiche che ci parlano di questo istituto giuridico dei Germani antichi. Si indichino degli esempi di termini utilizzati per designarlo Il termine lat. rex è ambiguo: infatti esso non sottintende determinate funzioni socio-politiche. La monarchia, intesa come istituto politico in cui un sovrano con poteri assoluti regna perché discendente di una stirpe regale, è rara (Tacito Germ.). Per la scelta del re erano importanti i criteri di nobiltà di stirpe e di virtù militare. Il potere del re non è però illimitato, mentre quello del comandante è legata alle azioni belliche. Forse il suo compito si concludeva con la fine della guerra o con la sua morte. Si era davanti a una struttura con due ruoli distinti, quello politico e quello marziale. Le due cariche non sembrano essere incompatibili: un re (rex) avrebbe potuto essere anche un condottiero (dux) e viceversa. Nelle lingue germaniche esistono vari sostantivi che indicano i capi politici e marziali. La figura del ‘sovrano’ è resa con: germ. *theuðanaz (*theuðō ‘popolo, etnia’) ‘signore di un agglomerato territoriale’. Oppure germ. *kuningaz/ *kunungaz, da cui ags. cyning, ata. kuninc ‘appartenente a una stirpe, a un clan’, un’unità etnico- politica regolata da legami di sangue; ingl. king, ted. König ‘re’. Anche germ. *rik-ija- ‘potente’, da cui derivereano ags. rīce, ata. rīhhi ‘regno’. La figura del ‘condottiero’ è resa con: germ. *druhtinaz, ags. dryhten, ata. drohtin ‘capo militare’. Oppure germ. *harja-tuga- ‘condottiero di eserciti’, da cui ags. heritogo, ata. herizogo (ted. Herzog ‘duca’). Germ.* erilaz, ags. eorl ‘guerriero, eroe, principe’, ata. erl ‘uomo’, usato in Scandinavia: norr. jarl indica una carica politica importante, con funzioni militari. L.13 02 Si faccia un confronto tra la descrizione della religione degli antichi Germani antichi offerta da Cesare e quella di Tacito Cesare è il primo a parlare di religione di Germani nel De bello gallico, in un passo inserito per screditarli rispetto ai Galli. Descrive una religiosità arcaica, caratterizzata dall’assenza di una classe sacerdotale. Le divinità non sono rappresentate in forma antropomorfica. I Germani venerano gli elementi naturali da cui traggono benefici: Sole, Vulcano e Luna. Cesare nota anche che non vengono celebrati sacrifici. Le sue affermazioni non sono condivise da altri commentatori: alcune testimonianze sottolineano la pratica di sacrifici umani da parte di anziane profetesse per esprimere predizioni, altre confermano l’esistenza di ‘donne sacre’. Particolarmente importante appaiono sia il culto del sole, sia il culto della luna, associata alla misurazione del tempo: le assemblee sarebbero state convocate nei giorni di novilunio o di plenilunio (Germ). A anche Cesare informa sul fatto che alcuni Germani non ingaggiano battaglia prima della luna nuova. Indubbiamente più articolata è la situazione presentata da Tacito: egli indica che i Germani non costruiscono santuari, ma consacrano alle loro divinità boschi e selve; i Germani interpretano bastoncini opportunamente incisi, il canto ed il volo degli uccelli come pure i fremiti ed i nitriti dei cavalli per trarre profezie (Germ.). In merito all’origine leggendaria dei Germani, Tacito parla del dio Tuisto, figlio della Terra, padre di Manno, antenato e fondatore dell’intera stirpe. Dai nomi dei suoi 3 figli sarebbero chiamate le popolazioni in cui Tacito suddivide i Germani. In generale, l’impostazione dell’autore latino è quella dettata dalla interpretatio: le massime divinità riscontrate sono paragonate a quelle romane, usando gli stessi nomi latini per identificarle e connotarne funzioni e caratteristiche. In particolare, Tacito rileva che i Germani venerano una triade divina composta da Mercurio, al quale offrono sacrifici umani, Ercole e Marte, celebrati attraverso sacrifici di animali specifici (Germ.,9). Parte dei Suebi onorano una divinità femminile, identificata con la dea Iside. Altra divinità femminile è la Madre Terra, chiamata Nerthus, il cui culto, diffuso presso molte etnie, sarebbe legato a riti della fecondità (Germ.,40). L.14 5 In merito alla religione nordica, si faccia un confronto Asi/Vani, citando divinità appartenenti ad entrambe le famiglie Nella mitologia nordica, le maggiori divinità sono suddivise in due gruppi: gli Asi (Æsir) e i Vani (Vanir). I primi (di cui fanno parte: Odino, Thórr, Týr, Heimdallr, Baldr, Hœnir, Ullr, Bragi, Loki ecc.) sono associati soprattutto alla sovranità, al diritto e alla guerra; rappresentano quindi una religiosità di tipo bellicoso. Occupano una posizione preminente, dopo un lungo scontro, conclusosi con un accordo di pace, con i Vani, l’altra famiglia divina. Questi (rappresentati da: Njörðr, Freyr, Freyja ecc.) sono maggiormente legati alla magia, alla natura, alla fecondità e alla pace. Il dualismo Asi-Vani mostra gli aspetti contrastanti della religiosità germanica, spiegati come il risultato di un sincretismo tra culti più arcaici, legati al ciclo della natura, e quelli sarebbero entrati in contatto con quegli intermediari e avrebbero acquisito la sequenza grafica. Per quanto riguarda la tradizione scrittoria nord-etrusca, su di essa si basano vari alfabeti italici, almeno fino al VI sec. a.C., quando, con il ritiro etrusco verso la Pianura Padana, l’influsso continua nelle nuove regioni e l’alfabeto subisce delle modifiche. Vi sono alcune caratteristiche che presentano similitudini tra le rune e le sequenze presenti nelle regioni del nord-Italia, come per es. la variabilità della direzione e la semplificazione dei suoni doppi. Un’iscrizione confermerebbe l’ipotesi dell’origine nord-italica e nord-etrusca: si tratta di un’incisione sul cosiddetto Elmo B di Negau, proveniente da un deposito militare romano a Negau (in Stiria, Slovenia). Il ritrovamento sarebbe la conferma dei contatti tra i popoli germanici e quelli delle regioni alpine, ma non vi è accordo tra gli studiosi. L.19 L.20 L.21 03. Si illustri dettagliatamente la cosiddetta "Oral-Formulaic Theory" Gli studi del Romanticismo sulla poesia arcaica posero l’accento sul fatto che nelle culture antiche il patrimonio poetico era il risultato del sommarsi di singoli canti affidati alla memoria. K. Lachmann elaborò la Liedertheorie (1816), la sua teoria della composizione poetica: egli riteneva che i singoli canti venissero variati, ampliati nei dettagli da ogni cantore, il quale, per ottenere creazioni personalizzate, sfruttava elementi tradizionali di cui esistevano numerose variazioni. Negli anni ’30 del 1900., con le indagini di M. Parry e A. B. Lord, si arrivò alla teoria “oralista”/“Teoria oral- formulare” (Oralformulaic Composition Theory), basata sul rapporto tra composizione orale, improvvisazione e aspetti memoriali, attraverso la catalogazione di un notevole numero di testimonianze e variazioni di cantori orali dei Balcani. Secondo tale teoria, in una cultura orale l’impiego di “formule” rappresenterebbe il modo migliore per raccontare in versi un evento o un concetto, tramandandoli in forme rielaborate più volte autonomamente da singoli cantori anonimi. Il poeta avrebbe a disposizione del materiale tradizionale che lo agevolerebbe nella composizione di un’opera nuova sul piano del contenuto, ma rispettando modelli metrici, stilemi formulari e un corpus lessicale definiti. Si tratta della cosiddetta composition during performance che caratterizza le tradizioni poetiche a trasmissione orale e che ben si adatterebbe anche alla poesia germanica antica. L.22 4 Quali sono gli stilemi della poesia germanica antica? Se ne dia un elenco e se ne illustrino 2 dettagliatamente Gli elementi che connotano la poesia germanica antica hanno in comune la funzione di aiutare il cantore nella memoriz-zazione, non tanto del verso, quanto dei singoli stilemi che possono facilitare l’improvvisazione e la riformulazione di un tema, aggiungendovi immagini diversificate e al tempo. La Poesia Germanica antica è caratterizzata da diversi stilemi: I. Verso lungo allitterante - si basa sull’allitterazione, ovvero la ripetizione al suo interno del primo elemento sillabico, vocale o consonante. L’allitterazione è connessa con il forte accento percussivo, tipico delle lingue germaniche si trova in posizione fissa e che cade sulla sillaba radicale. Il verso lungo è formato da 2 emistichi o semiversi, separati da una cesura o pausa di senso, uniti tra loro mediante l’allitterazione in sillaba accentata. Ogni semiverso contiene 1/2 misure portatrici di accento forte, o arsi e un numero variabile di sillabe atone, o tesi. L’allitterazione si basa sulla ripetizione del suono della prima arsi del secondo semiverso; questo suono può essere ripreso una volta nel secondo semiverso, e 1/2 volte nel primo semiverso. Il modello prevede l’allitterazione tra consonanti identiche, oppure tra vocali diverse. L’allitterazione interessa di preferenza i sostantivi. II. Formule III. Variazioni IV. Kenning - al plurale Kenningar, è uno specifico tipo di Metafora, usata principalmente nella letteratura anglosassone e scandinava, formata da due elementi giustapposti, o a volte uniti per mezzo del caso genitivo: ad es “il destriero delle onde” si riferisce ad una nave e “torrente delle spade” è la battaglia. Spesso le Kenniger fanno anche riferimento a figure e racconti mitologici norreni come per esempio: L’oro viene chiamato “Il metallo del litigio” V. Heiti VI. Arcaismi L.23 03. Perché dopo la conversione, i popoli germanici adottano l'alfabeto latino (o greco)? Si lllustrino almeno due esempi di adattamento dell'alfabeto operato dai popoli germanici La conversione al Cristianesimo, religione che si basava sulla fissazione scritta dei testi, e il contatto con il mondo classico greco-latino furono le cause principali che portarono i Germani da una trasmissione orale del sapere a una registrazione scritta diversa dalle iscrizioni runiche, per poter redigere testi più lunghi, di argomento religioso, giuridico o altro. La scrittura runica ha un impiego specificamente epigrafico e risulta poco adatta alla stesura di testi di una certa ampiezza. Quindi i Germani si rivolsero all’esempio delle lingue scritte per eccellenza del mondo tardo- antico, vale a dire agli alfabeti greco e latino, per compensare la lacuna. Infatti, si rese necessario creare un sistema di comunicazione scritta che permettesse loro di interagire con le culture del mondo classico, sia per i sempre più profondi contatti reciproci, favoriti dalla cristianizzazione, sia per dare maggior impulso alle relazioni dal punto di vista giuridico, legislativo ed economico, considerato anche il sempre maggiore prestigio politico dei regni germanici. Quando si trattò di inserirsi nella tradizione latina, per esempio mettendo per iscritto in latino le leggi e le consuetudini giuridiche proprie della loro cultura, l’adozione dell’alfabeto fu relativamente lineare. Quando, invece, si trattò di redigere documenti in una lingua volgare, fu necessario ricorrere ad attenti adattamenti grafici, per poter rendere al meglio le differenze fonetiche degli idiomi germanici rispetto al modello di partenza. I Goti furono la prima popolazione germanica coinvolta nel processo di elaborazione di un sistema alfabetico scritto. Nel IV sec., per tradurre la Bibbia nella loro lingua, il vescovo Wulfila avvertì l’esigenza di creare un modello alfabetico che rappresentasse correttamente i suoni propri del gotico. L’alfabeto così ideato rimase appannaggio dei Goti e non si diffuse alle altre etnie germaniche, infatti, scomparve contemporaneamente alla lingua gotica nel VI sec. Wulfila si basò prevalentemente sulle lettere greche, in qualche caso su quelle latine e in due casi forse sulle rune (vocali /u/ e /o/). Per quanto riguarda gli Anglosassoni, essi adottarono l’alfabeto latino secondo il modello in uso al tempo della loro conversione, tra VI e VII sec.. Nell’adattamento scompaiono simboli latini quali i <q>, <k>, <z>; vengono aggiunti simboli quali <æ> (ash) per /æ/, la runa thorn <þ> e il segno <ð> per la fricativa dentale sia sorda che sonora /θ, ð/, la runa wynn <w> per /w/; talvolta, per annotare la lunghezza delle vocali, venivano impiegati degli accenti. Questa scrittura, detta ‘Minuscola anglosassone’ o ‘Minuscola insulare’, fu impiegata fin verso il XII sec. e si diffuse anche in altre aree. L.24 04. Si illustri la figura di Carlo Magno: epoca di attività, importanza dal punto di vista storico, politico e in special modo con riferimento alla Rinascita carolingia Nel regno dei Franchi dell’VIII sec. vi è a una fase cruciale per gli studi e la trasmissione culturale. Con i Carolingi, la cancelleria conosce una fase proficua, caratterizzata da una migliore gestione e da modalità più organiche di redazione dei documenti scritti, che viene unanimemente definita “rinascita”. Infatti, avviene un recupero della classicità nel sistema educativo cristiano, oltre a quello del latino classico come lingua dei documenti ufficiali. Le lingue volgari ottengono anche loro una legittimazione verso l’uso scritto, grazie a una capillare alfabetizzazione di monaci e diaconi. Questo percorso di rinnovamento politico, amministrativo e culturale è promosso in particolar modo da Carlo Magno, bilingue e dotato di una considerevole biblioteca personale, ma semi-analfabeta e privo di una cultura letteraria. Con Carlo Magno il regno conosce una discreta fioritura culturale. Egli vuole dotarsi di un apparato giuridico- amministrativo efficiente, obiettivo che cerca di realizzare con una serie di concili e la promulgazione di missive. Inoltre, Carlo fonda la scuola di palazzo, o Schola Palatina, un’accademia reale di studiosi con sede ad Aquisgrana, alla cui guida viene chiamato Alcuino di York (786-796). Fondamentale è l’influenza di Anglosassoni e Irlandesi, i quali sono invitati a dirigere scuole monastiche e scriptoria grazie alle loro competenze ermeneutiche ed ecdotiche. Grande impegno viene profuso nella cura della redazione e copiatura dei testi e vengono predisposte regole precise per la produzione e la trasmissione libraria. L’eredità di Carlo Magno è recepita dal nipote Carlo il Calvo → numerosi manoscritti e documenti ufficiali, fioritura di importanti biblioteche monastiche e l’attività proficua di molti intellettuali. 05. Si illustri la figura di Alfredo il Grande: epoca di attività, importanza dal punto di vista storico, politico e in special modo con riferimento alla "Rinascenza alfrediana" I secoli VIII e IX sono caratterizzati da una vistosa decadenza culturale dell’Inghilterra, a causa della partenza di tanti intellettuali cristiani alla volta dell’Europa continentale da evangelizzare, chiamati dai Franchi per le loro competenze. La maggior parte della popolazione anglosassone era ancora illetterata e la cultura orale era preminente anche tra gli aristocratici e i membri del clero. Si registra un impoverimento della produzione letteraria, anche per via delle incursioni vichinghe che aggravarono la situazione, a causa dell’uccisione e del rapimento di tanti monaci, venduti come schiavi. Un re impegnato nella rivitalizzazione del livello culturale dell’Inghilterra fu Alfredo il Grande re del Wessex († 899). La sua biografia (del vescovo Asser) lo esalta per la moralità e profonda religiosità, oltre che per la sua grande erudizione. Alfredo volle reagire alla profonda crisi della società anglosassone affidandosi alla cultura. Il re denunciò la necessità di rivolgersi all’estero per ottenere validi maestri. Alfredo auspica che lo studio dei testi più importanti avvenga in lingua volgare: dato fondamentale del suo programma è il riconoscimento del volgare quale veicolo prioritario della rinascita. Si avvia un programma di traduzione di testi antichi ed ecclesiastici, la registrazione dei fatti più importanti della storia nazionale nella Cronaca Anglosassone e una nuova redazione delle leggi. Era previsto anche lo studio del latino classico per gli ecclesiastici e l’alfabetizzazione dei nobili. L’eredità del re è recepita dal pronipote Eadgar (riforma benedettina). L.25 06. Si illustrino le caratteristiche della Bibbia Gotica (la cosiddetta Bibbia di Wulfila): epoca di redazione, tradizione manoscritta, particolarità della traduzione in gotico e dell'alfabeto utilizzato Una varietà “ufficiale” di gotico, trascritto con caratteri nuovi realizzati sul modello grafematico della minuscola greca dal vescovo Wulfila (fine IV sec.), rappresenta il mezzo per la codificazione del principale documento gotico conservato, la traduzione dal greco di lunghe porzioni della Bibbia (la cosiddetta Bibbia di Wulfila). L’alfabeto di riferimento è greco,. Il vescovo Wulfila e i suoi collaboratori non traducono volutamente le parti dell’Antico testamento direttamente collegate a guerra e violenza, tese a neutralizzare il più possibile la terminologia connessa con la sfera bellica. Di quanto tradotto, attualmente sono conservate le seguenti parti: circa tre quarti del Nuovo Testamento, le Lettere di S. Paolo e, per quanto riguarda il Vecchio Testamento, un frammento del Libro di Nehemia. La produzione letteraria gotica è contrassegnata, dunque, dallo straordinario risultato ottenuto nel campo della traduzione. Wulfila e il suo gruppo hanno creato un numero considerevole di calchi linguistici e neologismi e ricorrendo il meno possibile a prestiti lessicali. È evidente l’influsso greco nella sintassi e nell’ordine delle parole, allo scopo di rispettare scrupolosamente il senso del testo che funge da modello. Risulta difficile valutare quanto la lingua della traduzione fosse vicina a quella parlata, in considerazione del tipo di testo oggetto della traduzione stessa. Oltretutto essa è indubbiamente opera di uomini di alto livello culturale, con una solida istruzione alle spalle. Infatti, il testo biblico comporta l’utilizzo di un lessico ben preciso, limitato, e non può essere sufficiente a fornire una corretta panoramica dell’effettiva ampiezza del patrimonio lessicale del gotico coevo. Inoltre, si tenga presente che non possediamo il manoscritto originale della Bibbia di Wulfila, poiché i codici che ci sono giunti risalgono tutti al V-VI sec., epoca del regno ostrogoto in Italia. L.26 05. Cosa è il Gotico di Crimea? Se ne racconti la vicenda della scoperta. Sembra essere esistita una traccia più recente del gotico, o comunque un dialetto affine: si tratta del Gotico di Crimea. Nella seconda metà del XVI sec., il diplomatico fiammingo de Busbecq si trovava a Costantinopoli in qualità di ambasciatore; egli incontrò 2 persone provenienti dalla Crimea e, interrogandoli, si rese conto che molti termini da loro pronunciati avevano un’origine germanica. Quindi Busbecq annotò nelle sue lettere un centinaio di quelle parole (86 e 3 versetti), pubblicate poi a Parigi. Alcune parole sembrano avere delle affinità L.30 L.31 05. Qual è la situazione dialettale dell'alto tedesco? Permette una normalizzazione della lingua che possa essere compresa da tutti allo stesso modo? Per quanto riguarda la storia della letteratura di area alto tedesca, si tenga presente l’enorme frammentazione politica ma anche dialettale. La tradizione letteraria alto tedesca è fatta partire dalla metà dell’VIII sec. Cronologicamente, essa è suddivisa in 4 fasi principali: Althochdeutsch (ata.), 750 ca. – 1050 ca.; Mittelhochdeutsch (atm.), Frühneuhochdeutsch (atprotom.), Neuhochdeutsch ‘alto tedesco moderno’. Si ha inoltre una distinzione a livello geografico: le denominazioni precedute dall’aggettivo ted. hoch sono contrapposte a quelle con ted. nieder, per differenziare le prime, meridionali, dalle seconde, settentrionali. Questa separazione tra Hochdeutsch ‘alto tedesco’ e Niederdeutsch ‘basso tedesco’ ha una motivazione derivante dalla conformazione geografica della Germania, con il Sud montuoso e il Nord pianeggiante, ma ha anche una importante valenza linguistica. Infatti, tale distinzione denota due aree dialettali delineate da un’importante peculiarità del consonantismo: le due regioni sono separate dalla presenza o meno degli esiti del fenomeno detto Mutazione alto tedesca antica (Althochdeutsche Lautverschiebung, LV), o anche Seconda mutazione consonantica (zweite Lautverschiebung, LV). Questo fenomeno è particolarmente presente nei dialetti del Tedesco Superiore (alemanno e bavarese), perde di intensità nel Tedesco centrale (francone orientale, francone renano, francone renano meridionale, francone centrale) dove appare in modo discontinuo, fino a essere assente nei dialetti più settentrionali. Come linea di demarcazione teorica è stata scelta la cosiddetta Linea di Benrath, a sud della quale le consonanti occlusive mostrano gli esiti della LV. L.32 4. Si descriva la poesia allitterante di area alto tedesca: che tipi di attestazione abbiamo? A che epoca risalgono? Verso la metà del IX sec., la letteratura tedesca antica conosce un periodo di sviluppo. La cosiddetta Preghiera di Wessobrunn, in bavarese, contiene l’inizio di un poema sulla Creazione, forse risalente all’VIII sec.: una poesia di 9 versi, accompagnata da una preghiera, note, rune e altre peculiarità anglosassoni. Si ipotizzata un influsso insulare, visto che in Inghilterra il tema dell’origine del mondo era molto apprezzato. Il testo descrive il vuoto del Nulla primordiale. Vi è una composizione piuttosto complessa e di difficile interpretazione sulla fine del mondo e sul Giudizio Universale, con una rielaborazione dell’Apocalisse di Giovanni: il cosiddetto Muspilli (830 ca.), scritto a Salisburgo, area bavarese. Il titolo, assegnato dal primo editore con il probabile significato di “fine del mondo”, è controverso; nella mitologia norrena Muspell è il nome del gigante che alberga nel regno del fuoco. Il poema ata. consta di 103 versi, è incompleto e trascritto in modo casuale, probabilmente da uno scriba inesperto, sui margini bianchi di un codice latino. Gli studiosi hanno pensato a un’origine a più mani, con due trame narrative diverse, una sul Giudizio Universale, l’altra sull’Anticristo. Di forte impatto risultano le terribili visioni apocalittiche che invitano il peccatore al pentimento, mentre il mondo verrà distrutto da un grande incendio scatenato dallo scontro tra le schiere di Satana e quelle di Cristo. Uno dei testi più famosi della letteratura tedesca antica è il Hildebrandslied (Carme di Ildebrando), un carme di 68 versi mutilo della fine, trascritto verso l’820. Gli studiosi non sono d’accordo in merito al motivo che può aver causato la copiatura di quest’opera: più volte si è tentato di valutare forma, contenuto e le condizioni di trasmissione del poema. La lingua è un’interessante mescolanza di alto e basso tedesco → crea ulteriori incertezze sulla provenienza dell’opera. Si presenta come un carme eroico tradizionale, unico nel suo genere per l’area alto tedesca. L’ispirazione non è chiara: alla tragicità dell’imminente scontro tra padre e figlio sono intrecciati elementi elegiaci e l’idea del destino ineluttabile. Ambientazione è l’Italia al tempo del conflitto tra Odoacre e Teoderico, ma la realtà storica risulta trasfigurata: Teoderico qui è un esule che torna in patria dopo 30 anni. La vicenda è incentrata su due guerrieri in procinto di scontrarsi in duello, ossia Ildebrando e suo figlio Adubrando. L’accorata invocazione a Dio del guerriero più anziano “rappresenta la testimonianza più diretta del dilemma tra la forza del destino pagano germanico e il disegno di salvezza cristiano, oltre che tra ethos guerriero e legami familiari”. Il carme si interrompe prima dello scontro, ma l’esito è noto attraverso altre testimonianze letterarie: Adubrando non sopravvive al duello. Il testo è caratterizzato dall’impiego di variazioni, heiti, arcaismi, allitterazione, oltre a un lessico tipico del diritto e della guerra. Al X sec. risalgono altri testi in versi allitteranti appartenenti a un genere misto tra benedizioni, incantesimi e rimedi medicali. I più famosi in ata. sono gli Incantesimi di Merseburgo, due brevissimi componimenti in francone orientale, che menzionano alcune divinità pagane. L.33 06. Si parli dei maggiori esponenti dell'epica cavalleresca di area alto tedesca media, indicando anche le opere loro attribuite Dal 1170 si sviluppa velocemente una produzione letteraria di alto livello poetico, perlopiù concentrata nella Germania meridionale; la lingua di riferimento è l’atm. Il primo grande poeta del periodo atm. cortese è Hartmann von Aue, attivo negli ultimi 20-30 anni del XII sec., cavaliere al servizio di un signore non identificato. I suoi romanzi noti sono: Erec, Gregorius, Iwein, Der arme Heinrich (Il povero Enrico) e spaziano dal ciclo bretone a storie di Papi (Gregorius). Le sue opere sono caratterizzate da slanci lirici e introspezione religiosa, lo stile è limpido e chiaro; Altro grande esponente del periodo classico è Wolfram von Eschenbach (attivo intorno al 1200-1220). Forse originario della Franconia centrale, è un cavaliere laico che dice di essere oppresso dalla povertà. Il suo romanzo principale è il Parzival (25000 versi brevi rimati a coppie). Il linguaggio di Wolfram è artificioso e spesso involuto e oscuro; nonostante questo, ha conosciuto grande fortuna tra i contemporanei e non solo. L’ultimo rappresentante del periodo classico è Gottfried von Straßburg, attivo intorno al 1210, del quale possediamo un romanzo, il Tristano (19500 versi), incompiuto. Chiamato meister dai poeti coevi, probabilmente non è un cavaliere, ma ha una notevole cultura classica che mostra ampiamente nelle divagazioni presenti nel suo poema. Il suo stile preciso e curato lo avvicina a Hartmann. L.34 06. Che tipo di documentazione caratterizza la letteratura di area antico sassone? Si fornisca un elenco delle opere il più dettagliato possibile e se ne illustri la più famosa e importante. L’espressione ANTICO SASSONE indica un gruppo di dialetti di un’ampia area della Germania settentrionale, la fascia lungo le coste del Mare del Nord e lo Schleswig. Essi sono attestati dall’VIII sec. e non sono interessati dal fenomeno della LV. I Sassoni continentali furono sottomessi dai Franchi e fatti convertire al Cristianesimo (772-804). La tradizione scritta in antico sassone risente di questa situazione: la documentazione conosciuta è solo a carattere cristiano. Tra le opere troviamo: Heliand, Genesi in antico sassone, Abecedarium Nordmannicum, benedizioni e formule di scongiuro, contro vermi, slogature e catarri, versioni dei Salmi e omelie, professioni di fede; il cosiddetto Indiculus superstitionum, con una lista di pratiche da censurare; formule battesimali, la traduzione di un’omelia anglosassone di Beda, glosse e versioni interlineari di testi latini; un’iscrizione numismatica; la traduzione del Credo. Verso l’840 viene commissionata la traduzione dei testi biblici in antico sassone: per questo viene composto il poema noto come Heliand ‘salvatore’. Con questo titolo si indica un poema epico di ca. 6000 versi lunghi allitteranti, mancante della fine. Esso è dedicato a un non ben precisato Ludouuicus piissimus augustus (forse Ludovico il Pio?) ed è una versione armonizzata dei Vangeli. L’opera è preceduta da 1 prefazione in prosa e in versi, che individuano le ragioni della composizione nella necessità di divulgare il nuovo credo. Difficile è valutare se la lingua sia una lingua sassone ben definibile. Il Heliand infatti mostra caratteristiche dei dialetti ingevoni, l’influenza francone e quella anglosassone. Il Heliand mostra una costruzione erudita e rigorosa, con la presenza di elementi narrativi prefissati. È evidente, inoltre, l’intento di avvicinare le vicende di Cristo alla sensibilità locale, con personaggi “riletti” in chiave germanica: Dio è rappresentato come un re, Cristo è principe “condottiero di popoli” e “pastore delle città”, il seguito è composto dagli Apostoli “guerrieri”; Erode è un “donatore di armille”; Satana possiede un mantello che rende invisibile. L’anonimo poeta ha molto talento dal punto di vista stilistico; dal punto di vista dottrinario, vi sono omissioni e rielaborazioni evidenti; ci si sofferma più sui fatti della vita di Gesù piuttosto che sulla dottrina. La fonte teologica principale sembra essere il commento di Rabano Mauro al Vangelo di Matteo. Per circa un secolo e mezzo, dopo il 1000 si assiste per l’antico sassone ad un vuoto letterario. Infatti, si hanno nuove attestazioni scritte solo verso la metà del XIII sec.: la lingua appare notevolmente diversa rispetto all’antico sassone, di cui comunque costituisce il proseguimento. Tale periodo è conosciuto come quello del basso tedesco medio (btm.). L.35 L.36 7.Quali sono le caratteristiche della letteratura storiografica di area nordica?Si facciano esempi di opere storiografiche La produzione storiografica norvegese non ha lo stesso peso e ampiezza di quella islandese. Nell’isola, infatti, essa è interessante per la tradizione poetica, il genere locale delle ‘saghe’ e l’imponente riflessione linguistica che prende forma in trattati grammaticali in volgare. I primi intellettuali islandesi di rilievo sono Sæmundr Sígfsson il Saggio, al quale sono state attribuite opere in lat. andate perdute, e Ari Thorgilsson († 1148), l’autore dell’Íslendingabók, ‘Libro degli Islandesi’, sulla storia dell’Islanda dall’870 al 1118. Ad Ari è attribuito anche il Landnámabók, sulla colonizzazione dell’isola, descritta seguendo le genealogie familiari che vi si insediarono, utile per gli autori delle saghe familiari. Vi sono altri lavori importanti per la storiografia riguardo di eventi e sovrani norvegesi (IX-XII sec.): cioè la Morkinskinna (La pergamena scura/sciupata) e la Fagrskinna (La pergamena chiara/bella), la Orkneyinga saga (Saga degli uomini delle Orcadi), la Færeyinga saga (Saga degli uomini delle Fær Øer) compilate nel XIII sec. L’opera più ampia e probabilmente più famosa è la Heimskringla (Circolo dell’universo): composta verso il 1230 dall’intellettuale islandese Snorri Sturluson († 1241), essa raccoglie le biografie di sedici re norvegesi e inizia con una storia sull’origine leggendaria della dinastia svedese: la Ynglinga saga (Saga degli Ynglingar). 08. Cosa sono le saghe? Di cosa trattano? Il sostantivo norr. saga affine al verbo per ‘parlare’, indica una composizione in prosa di lunghezza variabile, narrata da autori spesso anonimi, che ha avuto particolare fortuna in Islanda e Norvegia, fino a diventare un genere di grande successo, messo per iscritto solitamente nel XIII-XIV sec. Scopo di queste creazioni è l’informazione su eventi storici e l’esigenza di mantenere viva la memoria culturale locale, ma anche l’intrattenimento. Le saghe possono essere suddivise in gruppi a seconda del tema principale. Ci sono quelle le Saghe degli Islandesi, le Íslendingasögur, che trattano della migrazione, della vita sociale sull’isola, di personaggi importanti e dei loro avvenimenti: Saga di Njáll il Bruciato, Saga degli abitanti della valle di Lax, Saga degli Sturlungar, Saga di Erik il Rosso ... Un sottogruppo è quello delle Saghe dei re messo per iscritto in Islanda tra XII e XIV sec.: in queste saghe non è semplice delineare il confine tra storia e creazione letteraria, ma esse rappresentano una fonte storio- grafica per la società norvegese, dato che vi sono descritti i re tra IX e XIII sec. Si citano la Saga di Óláfr Tryggvason e la Saga di Óláfr il Santo, i sovrani responsabili del consolidamento della nuova fede in Norvegia. Vi è poi il gruppo delle Saghe dei Vescovi, che trattano dell’espansione del Cristianesimo. Si hanno le Saghe del tempo antico, opere islandesi del tardo XIV sec. ispirate a leggende germaniche continentali, miti antichi e genealogie norvegesi e danesi, per es. la Saga dei Völsunghi. Vi sono poi le Saghe dei cavalieri, ispirate ai protagonisti del ciclo bretone. 09. Cosa è l'Edda di Snorri? A quale area linguistica appartiene e a che epoca risale? Snorri Sturluson († 1241) è stato un politico e storico controverso. Una delle sue opere più famose è la cosiddetta Edda di Snorri, o Edda in prosa, cioè una trattazione dedicata all’arte degli scaldi, i poeti di corte, realizzata in un periodo in cui tale canone letterario sembra essere in declino. L’opera di Snorri è tramandata da molti manoscritti, nessuno dei quali risulta essere l’originale; la sua finalità è quella di fornire regole a un’attività poetica ormai lontana dal canone originario e che spesso abusa eccessivamente di tecniche stilistiche elaborate, come le creazioni metaforiche estremizzate, poco apprezzate dalla Chiesa. L’opera consta di tre parti e un ‘Prologo’, forse aggiunto in epoca successiva per mano di altri autori: infatti esso tende a ridimensionare il peso delle divinità descritte da Snorri nel primo capitolo, presentandoli come re e regine. La prima parte si intitola Gylfaginning, ‘L’inganno di Gylfi’: è un racconto dettagliato della mitologia nordica in forma di finta certezza per descrivere miti e divinità, sulla cui base si fondano molte kenningar. Il secondo capitolo, Skáldskaparmál (Dialoghi sull’arte poetica), riguarda la dizione scaldica ed è organizzato in una sequenza di domande-risposte a riguardo di lingua e stile poetici, desunti da opere di vari scaldi. Il terzo e In epoca alto-medievale la presenza di Germani in Italia ha lasciato tracce importanti nel lessico: molte parole di origine germ. sono penetrate nel volgare che stava nascendo dal latino. La situazione di altre lingue romanze è simile: il rumeno non ha prestiti germ., lo spagnolo ne ha un numero limitato, l’italiano qualche centinaio, il francese ne ha più di tutti. Per quanto riguarda l’italiano, i prestiti rappresentano la parte più cospicua del superstrato linguistico germanico sovrappostosi alla base latina. In linguistica, con superstrato si intende “lo strato linguistico che, per motivi di conquista o di prestigio culturale o politico, si è in un certo periodo storico sovrapposto alla lingua indigena, senza riuscire a imporsi, ma determinando reazioni nelle strutture fonologiche, morfologiche e soprattutto lessicali di quella lingua”. Alcuni prestiti sono piuttosto antichi, sono entrati nel latino di età tarda imperiale, come per es. sapone, un prodotto di scambio tra Germani e Romani o alce, un animale che, secondo Casere, abitava la Selva Ercinia. La maggior parte dei vocaboli di origine germanica sono entrati nel latino (lingue neolatine) tra i sec. VI-IX. Le etnie che contribuirono all'arricchimento lessicale furono Ostrogoti, Longobardi e Franchi, dominatori di buona parte dell’Italia. Rientrarono termini appartenenti al campo semantico delle "parti del corpo" come ad esempio anca, guancia, milza, schiena (origine presunta longobarda); al c. semantico della guerra termini come bandiera, guerra, schiera, guardia; al c. semantico delle "relazioni sociali" termini come barone, faida, feudo, rango, castaldo; al c. semantico dei colori parole come bianco, bruno (dal colore del manto dei cavalli), grigio; al campo della lavorazione del legno parole come scaffale, gruccia, banco, stecca; o altri campi semantici come le parole albergo, stamberga, stalla, fiasco, arraffare, guardare, russare, scherzare, stropicciare, spaccare etc. Infine, ci sono toponimi di origine germanica nei luoghi dove hanno vissuto più a lungo (Lombardia, Brera etc.) e nomi germanici (Alberto. Roberto, Alfredo, Edoardo, Enrico, Gertrude etc.). L.43 07. Di quale ceppo linguistico fa parte il germanico? Si indichino inoltre i tre sottogruppi delle lingue germaniche e le lingue germaniche moderne Le lingue germaniche fanno parte del CEPPO LINGUISTICO INDEUROPEO (ie.) che va dall’India all’Europa. L’ie. è una sorta di lingua madre originaria, non attestata ma ricostruita attraverso la comparazione di tutti i gruppi ie.; si pensa che lo stadio unitario sia databile al III millennio a.C. Le lingue germaniche moderne sono: inglese, tedesco, nederlandese (olandese e fiammingo), lingue scandinave, dialetti minori e due lingue che si sono estinte da secoli: il gotico (importanti testimonianze scritte) e il longobardo (conosciuta attraverso antroponimi, toponimi e prestiti nelle lingue romanze). L’inglese è la lingua più usata a livello mondiale. È lingua ufficiale in UK., Irlanda, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa, alcune regioni dell’Asia e dell’Africa. Il tedesco è lingua ufficiale in Germanica, Austria, Svizzera e in Alto Adige. Il nederlandese è diffuso nei Paesi Bassi (olandese) e parte del Belgio (fiammingo); in Sud Africa è parlato l’afrikaans. Le lingue scandinave sono rappresentate da: norvegese in Norvegia e islandese in Islanda, danese in Danimarca e svedese in Svezia; feroese, dialetto delle isole Fær Øer. Il frisone si distingue in frisone occidentale, orientale e settentrionale. Il germanico, come l’ie., è una lingua non attestata cui si può risalire attraverso la comparazione. La nascita del germanico si colloca tra il V e il I sec. a.C.; i dialetti si distinguono poi in tre gruppi: germanico orientale (gotico), germanico settentrionale (runico →età vichinga →norreno), germanico occidentale, il più variegato: - inglese (anglosassone → ingl. medio → ingl. moderno) - alto tedesco interessati dalla LV (antico → medio→ protomoderno→ moderno) - Frisone (antico → moderno) - Basso tedesco (antico sassone → btm→ moderno, plattdeutsch) - Olandese (antico basso francone → olandese medio → olandese moderno) – Longobardo. L.44 04. Si illustrino i concetti di "proto-germanico" e "germanico comune". Le prime attestazione di lingua germanica si hanno nel I sec.d.C. Gli studiosi di grammatica comparata hanno ipotizzata che nel periodo antecedente alle attestazioni scritte le lingue germaniche avessero avuto una fase comune a cui fu dato il nome di proto-germanico (Urgermanisch). Come il germanico comune, anche il proto-germanico non è documentato, si tratta di una fase ricostruita. Il protogermanico si configura come uno stadio unitario che comprende i fenomeni che lo contraddistinguono rispetto all’ie; e il germanico comune riguarda una seconda fase che mostra i fenomeni comuni alle lingue germaniche. Quindi si tratterebbe di un insieme di dialetti, in analogia con la realtà linguistica che conosciamo al giorno d’oggi. L.45 5. Si elenchino le caratteristiche di ascendenza indoeuropea ereditate dal germanico e se ne descriva una a scelta Le caratteristiche che identificano il germanico come un gruppo di lingue appartenente al ceppo indoeuropeo, cioè i tratti di continuità tra l’indoeuropeo e il germanico, sono le seguenti: - fonetica: il senso della quantità vocalica; il mantenimento delle serie occlusive nel consonantismo; - apofonia: variazione della vocale radicale (binden band gebunden); - sistema flessivo per nomi e verbi; - sistema pronominale; - comparazione dell’aggettivo; - Sistema verbale; apofonia (verbi forti), distinzione di tempi, modi, persona, numero, aspetto e attivo/passivo - lessico: nomi di parentela, animali, piante, parti del corpo, numerali, vocaboli appartenenti al linguaggio comune; - strategie di formazione di nuove parole - declinazione debole - semplificazione del sistema verbale (mantenuti i tempi presente e preterito e i modi si riducono a 3: indicativo, ottativo (congiuntivo), imperativo. È mantenuto l’aspetto durativo del tema del presente, che può avere anche valore di futuro. Si mantiene soltanto la diatesi attiva; ma ormai il passivo è espresso con l’impiego di ausiliari. Si conservano i verbi forti: 6 classi, più la settima che comprende gli antichi verbi a raddoppiamento. Si aggiungono i verbi deboli.) Per quanto concerne la formazione di nuove parole, i sistemi di derivazione e composizione del germanico sono di origine indoeuropea, così come gli affissi utilizzati. Questi sono morfemi che da soli non avrebbero alcun significato, ma solo uniti ad altri morfemi esprimono varie informazioni: a seconda della loro posizione rispetto alla radice sono detti prefissi (ted. Ge-birge ‘monti’), infissi (got. sta-n-dan ‘stare’), suffissi (es. ags. ealdor-dōm ‘supremazia’). 06. Si illustrino le caratteristiche del passaggio dall'indoeuropeo al germanico per quanto riguarda l'accento In ie. l’accento era musicale e aveva una posizione libera; nel “germanico comune” l’accento si fissa sulla sillaba radicale (si parla di accento rizotonico), quindi non può mai trovarsi su prefissi o suffissi, che sono sempre atoni. Inoltre, l’accento germ. è di tipo intensivo, vale a dire che la sillaba accentata viene pronunciata con maggior forza espiratoria. N.B.: nei verbi con prefisso, l’accento cadeva sulla radice (ted. er- ‘teilen), perché il prefisso risultava distinto dal verbo, mentre nei nomi il prefisso era già parte integrante della parola e l’accento cadeva sulla sillaba iniziale (es. ted. ‘Urteil). Come conseguenza dell’accento germ. intensivo i confini della sillaba si fanno meno netti; con la rizotonìa, la sillaba radicale viene messa in evidenza e con il tempo le atone si indeboliscono sempre più, fino a cadere. Fenomeni linguistici riconducibili all’accento rizotonico sono: sincope, frattura, metafonia. Si passa, inoltre, da un sistema di tipo sintetico, dove le desinenze hanno funzione distintiva e indicano il valore della parola all’interno della frase, a un sistema di tipo analitico, in cui per evidenziare quelle stesse funzioni si utilizzano articoli, pronomi, preposizioni. Le lingue germ. moderne sono analitiche, mentre nelle fasi antiche erano tendenzialmente sintetiche. Nella coniugazione verbale si è reso obbligatorio l’uso del pronome: es. ingl. I play; he plays L.46 05. Si elenchino le caratteristiche esclusive del germanico -la fissazione dell'accento sulla sillaba radicale (vedi risposta precedente) -la riduzione del sistema vocalico (es. i fonemi ie. Ā, Ō lunghi si riducono al solo fonema germ. */o:/), -l'esito delle liquide e nasali L,R,M,N che in ie. potevano sostenere una sillaba senza l’ausilio di una vocale ora non possono e in molte lingue si sviluppano vocali d’appoggio. -Apofonia mantenuta principalmente nei paradigmi dei verbi forti -la I mutazione Consonantica → Le serie di occlusive ie., labiali, dentali, velari e labiodentali, in germ. subiscono modificazioni nel modo di articolazione - occlusive sorde ie. P T K KW > fricative (o spiranti) sorde germ. */f, , x, xw/ rese graficamente con <f, þ, h, hw> -occlusive sonore aspirate ie. BH DH GH GWH > fricative (o spiranti) sonore germ. *[ƀ ð ǥ ǥw] (> occlusive sonore) - occlusive sonore ie. B D G GW > occlusive sorde germ. */p, t, k, kw/, rese graficamente con <p, t, c/k, q/kw/qu> - Legge di Verner - ie. P, T, K, KW , S > germ. [ƀ, ð, ǥ, ǥw, z] da sorde a sonore - Per effetto del fenomeno detto rotacismo, germ. */z/ > */r/ nel germ. nordoccidentale. - semplificazione del sistema verbale (vedi domanda 5 l.45) -sviluppo di una categoria dei verbi deboli L.47 06. Si illustrino le caratteristiche della categoria dei "verbi deboli" in modo dettagliato I verbi deboli sono quasi tutti derivati da verbi forti, da aggettivi o sostantivi e sono raggruppati in quattro classi. I verbi che vengono ordinati nella prima classe si rifanno al tema indoeuropeo caratterizzato dalla presenza del suffisso –èye-/-èyo– (-ji-/-ja-) e sono in prevalenza causativi derivati da verbi primari (nasjan “salvare”) e fattitivi derivati da aggettivi (got. Fulljan “riempire” da fulls “pieno”). I verbi deboli ordinati nella seconda classe sono invece caratterizzati dal formante in -ò- che corrispondente all’indoeuropeo -à-; esempio dal latino piscàri, abbiamo in germanico fiskòn; i verbi della seconda classe sono denominativi ed atematici (il formante -ò- è direttamente unito alle desinenze). Per quanto riguarda la terza classe, il suffisso per i verbi deboli è derivante dall’indoeuropeo -è- (lat. habère “avere”) e sono per lo più deverbativi con significato durativo e denominativi con significato incoativo. La quarta classe è invece caratterizzata da un formante -na- di grado ridotto rispetto al formante indoeuropeo -nà-; ne fanno parte verbi fullnan o gawaknan “svegliarsi”.
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