Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Paolo Prodi - La Storia Moderna - Appunti, Sintesi del corso di Storia Moderna

Riassunto e appunti del libro La Storia Moderna di Paolo Prodi - Scienze Storiche Roma Tre a.a. 2019-20

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 22/05/2020

BettinoCrazy
BettinoCrazy 🇮🇹

4.8

(4)

4 documenti

1 / 8

Toggle sidebar
Discount

In offerta

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Paolo Prodi - La Storia Moderna - Appunti e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! Appunti su “La Storia Moderna” di Paolo Prodi Capitolo 1 – La storia come disciplina 1. Il mestiere dello storico Si parte con una provocazione: distruggere il manuale, smantellarlo per capirlo, per entrarci dentro e utilizzarlo come mattone su cui costruire il nostro ragionamento. Essere diffidenti, scettici, porre in discussione ogni affermazione. Questo perché, nell’analizzare la storia come disciplina, ci si rende conto che essa studia il passato che è in noi in funzione del presente. Droysen dice che la storia è quanto delle cose passate sia nel nostro hic et nunc, e che la storia è utile come strumento di sostegno della politica. Marc Bloch, altro grande storico, afferma che bisogna studiare la storia nel suo “divenire”, come il fotogramma di una pellicola. Oggi si assiste a uno sbandamento dovuto alla mancanza di identità collettive, che porta le nuove generazioni a vivere un oggi senza passato. Lo scopo della storia è far emergere brandelli di ciò che siamo ma che non sappiamo di essere. 2. Lo sguardo dello storico: il tempo e lo spazio La quarta dimensione che lo storico ha a disposizione è il tempo, che si vede in tutto ciò che lo circonda. Non solo: lo storico ricerca i rapporti tra spazio e tempo e quindi le ragnatele immense che collegano le vite degli uomini. Non esiste un solo tempo: esistono più tempi storici, più ritmi del divenire, legati alle caratteristiche dei fenomeni specifici che vogliamo studiare. Si va dai ritmi velocissimi della cronaca e quelli più lenti, lentissimi, delle strutture. Con “struttura” si intende quel grumo di eventi che rappresentano elementi di lunga durata. Si tratta comunque di convenzioni: l’età moderna non è mai esistita, come non è mai esistito il medioevo o il rinascimento o il barocco. Sono tutte astrazioni. L’analisi dello storico tocca anche settori della vita umana prima trascurati o ignorati come la vita quotidiana, i sentimenti, la cultura materiale, le malattie etc. Questo perché non esiste una storia generale di prima categoria e una di seconda: i confini tra storia locale e generale sono saltati, ora si parla di una dimensione spaziale accanto a quella temporale. Per questo lo studente dovrebbe utilizzare sempre un atlante storico, per formare il suo sguardo anche in senso spaziale. Bisogna tenere in considerazione anche i rapporti umani e il rapporto tra l’uomo e l’ambiente circostante. 3. L’oggetto dello sguardo: storia generale e storie speciali Sarebbe bene partire da un argomento che interessa realmente, in modo da sconfiggere la piattezza delle analisi storiche che dilagano oggigiorno. Un esempio potrebbe essere leggere la cronaca dell’oggi, trovando paesaggi storici sconosciuti e invisibili per il lettore normale. Un altro grande problema è studiare sulle fotocopie, che pongono l’opera al di fuori del tempo e dello spazio. La storia deve essere definita con campi suoi propri: a) come studio del punto di intersezione delle storie particolari tra di loro. Se lasciate a loro stesse non sono comprensibili, ma se poste in relazione tra loro possono avvicinarsi alla vita concreta; b) come studio di un punto particolare di intersezione o di una linea di confine lungo la quale le singole storie particolari si confrontano col problema del potere, con il conflitto tra libertà e il dominio che caratterizza in tutte le epoche il grande percorso della convivenza umana. Sino a poco tempo fa si tendeva a disprezzare la storia politica vista come un elenco di gesta e di uomini, paci e nozioni estranee alla vita. Ora si tende a una storia che inglobi l’insieme dei rapporti tra gli uomini, nelle loro conquiste e nei rapporti sempre instabili. Come dice Foucault, “bisogna accogliere ogni momento nel discorso della sua irruzione di evento”. 4. Gli strumenti concettuali: i tipi ideali Quello dello storico è un mestiere a metà strada tra l’umanista e lo scienziato, ma i suoi risultati sono validi solo hic et nunc, relativamente al fenomeno che indaga, senza alcuna pretesa di validità eterna e universale. Questo distingue lo studio della storia da ogni filosofia o teologia della storia da una parte e le scienze naturali dall’altra. C’è stata in passato la presunzione che la storia potesse costituire la chiave di interpretazione della realtà, e quindi solo possedendo una chiave interpretativa si potesse comprendere la storia (storicismo). L’unica cosa che interessa allo storico è l’uomo nella sua incarnazione sociale concreta. Partendo da concetti storiografici possiamo discendere alla realtà. In seguito all’osservazione noi possiamo giungere a un nuovo concetto più utile alla comprensione della realtà indagata con un processo continuo di revisione del punto di partenza (tipi ideali = strumenti concettuali. Barocco, Rinascimento, nobiltà, mercantilismo sono tutti strumenti validi solo nei limiti della definizione che ne diamo e nel tempo e nello spazio determinati in cui li applichiamo). Nessun fenomeno può essere indagato senza partire da categorie, concetti o tipi ideali e nessuna di queste categorie può rimanere indenne dai risultati di una ricerca veramente innovativa e concreta. 5. Il laboratorio storico: le fasi della ricerca Pensiamo a uno storico come un artigiano, quello che segue il progetto dall’inizio alla fine. Per questo bisogna isolare e definire ogni fase del lavoro. 1) Prima fase: fase progettuale, quella che porta alla formulazione della domanda, l’ipotesi di ricerca. Si muove sul piano personale dello storico (perché la storia è inseparabile dallo storico, come disse Benedetto Croce). Qui entrano in gioco fattori come la sensibilità dello storico, lo stato degli studi sull’argomento, la presenza di testimonianze che lascino intravedere la possibilità di mutare il quadro delle conoscenze già acquisite. Questi elementi vanno miscelati. 2) Seconda fase: scavo dei dati bibliografici, delle testimonianze o delle fonti. Va miscelata con la prima: il passaggio è soltanto costituito dalla convinzione che l’ipotesi sia seria e fattibile e che la ricerca possa portare a risultati innovativi. Per gli studi storici l’utilità di una pubblicazione vecchia può essere molto più alta di una recente, per questo si risale indietro. Sia nei musei che nelle biblioteche che (soprattutto) negli archivi possiamo trovare buona parte delle fonti che ci serviranno nel nostro lavoro. Dipende tutto da qual è il progetto culturale del luogo. 3) Terza fase: la critica e l’interpretazione delle fonti. La prima distinzione da compiere è quella tra autenticità della fonte e la sua veridicità. Una cosa è dimostrare l’autenticità di un documento (ossia che un documento sia stato effettivamente emanato), un’altra è la veridicità, ossia dimostrare che quel documento dica il vero. Nell’esame dell’autenticità prevalgono la critica esterna e l’esame morfologico della fonte. Nell’esame della veridicità prevale la critica interna, cioè l’esame dei dati contenuti nella testimonianza e la comparazione con i dati derivanti da altre testimonianze. Bisogna tener presente che anche i falsi in quanto tali possono avere un’importanza immensa, basti pensare alla falsa donazione di Costantino. 4) Quarta fase: elaborazione o stesura del testo. Elementi comuni da inserire sono: l’esposizione dell’ipotesi di partenza, lo stato attuale degli studi e delle conoscenze sul problema, l’esposizione del lavoro, una valutazione del passo avanti o delle novità che sono state introdotte. È importante che ogni dichiarazione abbia un riscontro preciso nella documentazione bibliografica o nella citazione delle fonti. Le fonti devono essere elaborate e in qualche modo “strizzate” facendone uscire fuori il succo. Capitolo 2 – La Storia Moderna 1. La discussione sul moderno “Storia moderna” è un termine che in Italia abbiamo recepito dall’esterno, ma che qui viene utilizzata con molta differenza di significato rispetto al mondo anglosassone. Reinhard Koselleck ha definito il “tempus modernum” come l’età in cui per la prima volta nella storia dell’umanità il tempo si storicizza e la storia diventa progressiva. Il nostro interesse verso l’età moderna è l’interesse verso Nascono le Chiese confessionali, che caratterizzano la prima età moderna in simbiosi e dialettica con gli Stati moderni come titolari della nuova sovranità (cuius regio, eius et religio), gli Stati confessionali: l’appartenenza alla Chiesa non è determinata solo dalla condivisione di un credo, ma da professioni di fede giurate. È in questa situazione che si sviluppa il disciplinamento sociale come processo in cui crescono realtà come mercato e ideali come libertà e democrazia. Lo sviluppo della coscienza e l’angoscia dell’individuo che si sente diverso da un universo da cui ha preso le distanze, lacerato tra norme morali e leggi del diritto positivo statale: a questo tema gli storici si sono interessati negli ultimi anni. Il processo di secolarizzazione in senso proprio, come distacco dal trascendentale, inizierà solo nel XVII secolo con quella che è stata chiamata la crisi della coscienza europea e si svilupperà man mano che la società non avrà più bisogno dell’unità religiosa come puntello ideologico. 4. Il versante politico: lo stato moderno Lo Stato moderno è caratterizzato da tre elementi tra loro integrati: un territorio, una popolazione e il monopolio del potere legittimo. Mancando uno solo di questi elementi non si ha Stato nel senso moderno del termine. Nel Medioevo abbiamo la coesistenza di più fonti e più livelli di potere, in concorrenza tra loro (Chiesa, poteri cittadini e feudali, ecc). Gli organismi dell’età moderna sono concepiti come entità fisse e immobili, come riflesso dell’ordinamento del cosmo nella vita sociale: vi possono essere differenze nei regimi, ma la res publica è immobile. I mutamenti sono solo al vertice, nell’alternanza al potere di persone o fazioni diverse. Il numero degli Stati si riduce drasticamente dal Medioevo all’età moderna. Nel Settecento si può parlare di circa una trentina di Stati sovrani in Europa, in perenne lotta per il mantenimento dell’equilibrio. Questa semplificazione è avvenuta mediante una serie di conflitti e guerre lunghissima, quasi interminabile. La violenza ha come sbocco non l’annientamento dell’avversario ma la ricostituzione di un nuovo equilibrio di potere. La guerra è lo strumento fondamentale per la costruzione dello Stato: permette ad esso il monopolio della violenza anche in tempo di pace nei confronti della popolazione; è nella guerra che si manifesta al limite estremo il rapporto tra individuo e Stato, ma è nella pace che trova la sua quotidiana manifestazione. La costruzione dello Stato, per gli storici delle dottrine politiche, potrebbe affondare le basi già nel Cinquecento, con una prima teorizzazione nel Principe di Machiavelli e la concezione dello Stato come organismo nel Leviatano di Hobbes. La presenza dello Stato rimane molto a lungo debole e contrattuale, ma trova la sua maturazione solo nel corso degli ultimi secoli, dopo la maturazione dello Stato-nazione. Avviene la definitiva separazione tra sfera della proprietà privata e sfera del potere politico; la formazione di mercati nazionali; la nascita della grande ricchezza mobiliare; l’abbandono del pluralismo degli ordinamenti giuridici medievali universalistici in funzione del monopolio da parte della legge positiva e la costituzione di una rete di tribunali. Nasce l’apparato burocratico e il fisco, gli eserciti permanenti, la moderna diplomazia. Nasce un corpo di funzionari chiamati “ufficiali” sempre più vasto e organizzato; nasce lo stipendio, istituto limitato precedentemente al rapporto di lavoro privato. Tutto questo però dipende dai grandi costi che devono essere affrontati per la costruzione delle strutture statali e che portano tutti i bilanci alla bancarotta o a forti passività. Adesso le forme continue di tassazione sono permanenti, l’imposizione fiscale alimenta la sete di denaro che caratterizza tutte le monarchie. Per quanto riguarda l’esercito, esso è stabile. Lo Stato è costruito in funzione della guerra. A partire dal XV secolo gli eserciti sono permanenti e organizzati. Sono un elemento di continuità del potere. Si passa quindi dai corpi di mercenari alla coscrizione forzata di leva. Per quanto riguarda la politica estera, nascono le moderne ambasciate per andare incontro all’esigenza di alleanze e controalleanze. Non è solo un mutamento tecnico, perché la diplomazia è ciò che tiene in vita il nuovo ordine interstatale. Si modifica quindi il modo stesso di concepire la politica: non è un puro contrapporsi tra sovrano e sudditi, ma una dialettica che porta alla nascita dell’individuo moderno. Al centro c’è il concetto di fedeltà non come dovere di obbedienza, ma come conformità e adesione anche interiore a un sistema di potere. La metamorfosi successiva porta a una nuova coscienza collettiva in cui Stato e nazione si fondono (dalla Rivoluzione Francese). Non cresce solo il potere dello Stato, ma la sua dialettica con l’individuo, il modo in cui è cambiata nell’età moderna la stessa vita politica. C’è una continuità assoluta tra antico regime e il periodo successivo alla rivoluzione francese, sino ai giorni nostri, ma si possono comunque definire delle fasi intermedie: 1) Prima fase: lo Stato confessionale. Cuius regio, eius et religio. Il suddito deve seguire la religione del principe e dello Stato. Le confessioni religiose sono un primo cemento dell’identità collettiva. È il papato che diventa un prototipo dello stato moderno, unendo praeceptio e instructio. 2) Seconda fase: Assolutismo illuminato. Le strutture statali si sono rafforzate per permettere l’affermarsi della ricerca dei fini propri nell’ordine e nella “felicità” pubblica, e per sviluppare la demolizione di corpi e poteri autonomi sopravvissuti all’interno dello Stato stesso. In questo quadro si afferma il principio della tolleranza religiosa non come “libertà” ma come tolleranza vera e propria. 3) Terza fase: Stato-nazione, che si apre in modo traumatico con la rivoluzione. L’idea di nazione e di patria come anima collettiva nel quale il cittadino è assorbito e incorporato sin dalla nascita: pro patria mori. L’amore per la patria sino a morire per essa. Nello Stato emergono i princìpi fondamentali che si esprimono nelle nuove carte costituzionali: garanzie per i diritti di libertà dei singoli nel quadro di una divisione dei poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario). Il cittadino viene consacrato sovrano attraverso il voto. 5. Il versante culturale e scientifico: università, stampa, istituzioni educative Un primo passo in avanti si può individuare nella nascita delle università e nello sviluppo del pensiero teologico, filosofico e giudiziario a partire dai secoli XII-XIII. L’università nasce organizzata come un’associazione giurata di studenti e docenti, e questo è importante per l’affermazione della figura del “dottore” come interprete del mutamento della società. La prima classe dirigente è quella dei dottori delle università. Nell’età moderna si ha una fuoriuscita di tutte le scienze dall’orbita della teologia e della filosofia. La città è il terreno dove cresce questa nuova cultura in rapporto con l’ascesa dei commercianti e della borghesia. La stampa diventa l’elemento moltiplicatore di queste conoscenze: l’invenzione della stampa cambia il volto dell’Europa. Senza l’invenzione della stampa non avremmo avuto lo sviluppo tumultuoso delle idee, quindi rappresenta una vera e propria rivoluzione. Nel Cinquecento il progresso di alfabetizzazione e istruzione diventa già più visibile in tutta l’Europa occidentale. L’istruzione diventa uno strumento di mobilità e di ascesa sociale. La vita economica, amministrativa e politica è sempre più fatta di scrittura, di registrazioni in cui fissare il turbinio della vita sociale sempre più mobile. È un modo diverso di porsi di fronte alla realtà. Per la prima volta, la conoscenza del mondo fornisce anche gli strumenti per cambiarlo. La misurazione del tempo si evolve con l’invenzione dell’orologio e la sua diffusione a partire dal XIII secolo: dai campanili si arriva all’orologio da tasca nel Seicento. Questo avviene in tutti i campi della vita umana. L’Umanesimo e il Rinascimento appaiono non solo come sviluppi intellettuali, ma come ideologie in cui si esprime questa visione del mondo: l’uomo diventa il centro di un universo che si dilata sempre di più e che appare regolato da leggi che coincidono con quelle della ragione. Non si tratta di un processo omogeneo nello spazio e nel tempo: le coordinate cronologiche sono diverse. Muta lo stesso concetto di Dio e il modo di rapportarsi a lui, mutano gli attributi della divinità: Dio è visto come creatore di un mondo da lui dotato di leggi sue proprie, un mondo che tocca all’uomo scoprire. Si apre un nuovo spazio per la coscienza individuale, che la Riforma aveva esaltato. Da una costola della teologia nasce l’etica come scienza del comportamento. Nei confronti della politica questo cambiamento culturale ha conseguenze importanti: viene meno il latino come lingua universale, le lingue moderne diventano strumenti per legami sempre più stretti tra cultura e potere, e la stampa diviene uno strumento a servizio del potere. Le università attraversano una grave crisi tra il Medioevo e l’età moderna per la perdita della loro caratteristica di universalità: si moltiplicano le nuove fondazioni ma si regionalizzano e sono sempre più legate ai prìncipi e alle monarchie. Accanto crescono nuove istituzioni come le accademie e le società scientifiche, che riescono a superare i lacci delle vecchie culture e diventano diretta espressione del potere statale. 6. Il versante economico: la rivoluzione industriale Non si può negare che la rivoluzione industriale abbia costituito la svolta più importante della società occidentale, però bisogna aggiungere che non è solo un punto di partenza, ma anche un punto di arrivo di un’evoluzione verso il moderno avvenuta grazie ai versanti visti in precedenza. Tra medioevo ed età moderna in Europa si spezza il legame tra ricchezza immobiliare (il possesso della terra) e il potere politico che aveva caratterizzato le civiltà precedenti. La ricchezza mobiliare, legata alla moneta e al commercio, diventa autonoma e forma un livello superiore completamente distinto, anche se il possesso della terra rimane sempre importante. Il sovrano perde il diritto di disporre liberamente delle ricchezze dei sudditi se non attraverso la mediazione del fisco, ma nasce il liberismo moderno con un rovesciamento dei valori tradizionali legato alla nuova ideologia dell’individuo. La novità importante è la separazione degli aspetti economici della vita sociale e il loro costruirsi in ambito autonomo. Ciò che colpisce è che mentre nel medioevo l’Europa appare una regione molto povera, nella prima metà del Settecento è già incredibilmente più ricca e al centro di una rete mondiale di traffici che apporta materie prime da tutto il mondo. Sono cambiati i “fondamentali” dell’economia. Come? 1) Si sviluppa la popolazione: dal XII al XIV secolo si apre una nuova fase di espansione demografica, frenata dai grandi flagelli di peste e carestie. All’inizio dell’età moderna le città che superano i centomila abitanti sono pochissime, ma nel Settecento Parigi, Londra, Amsterdam hanno centinaia di migliaia di abitanti. 2) Nascono associazioni di arti e mestieri, le corporazioni, che permettono il mantenimento e l’elevazione continua degli standard di produzione. L’Italia sembra esclusa da questo processo, arriva in ritardo. Si è parlato nel Seicento di decadenza e di “rifeudalizzazione”. Questo per vari motivi: perdita dell’importanza nel Mediterraneo, maggior costo dei prodotti italiani, inflazione, e fattori spirituali, per il peso che avrebbe esercitato la Controriforma come freno e repressione dell’innovazione sulla società italiana. 7. Il versante spaziale: l’espansione del modello europeo La dimensione spaziale investe tutti gli aspetti della vita sociale, politica e culturale. L’espansione europea nel mondo è una caratteristica fondamentale dei secoli della prima età moderna. Sul versante antropologico nasce il primo confronto tra civiltà diverse, dalla lotta corpo a corpo con la civiltà islamica alla reconquista della penisola iberica, si passa alle grandi esplorazioni oceaniche e alla conquista di nuovi continenti. Sul piano culturale si passa dalla discussione sugli antichi e i moderni che caratterizza la prima fase dell’Umanesimo all’affermazione della superiorità della nuova civiltà europea cristiana sulle altre civiltà delle terre appena scoperte. Sul versante scientifico si ha la rivoluzione copernicana che rimpicciolisce e definisce la terra, ma anche la rappresentazione cartografica del pianeta. La storia dell’età moderna è essenzialmente una storia dell’Europa e della conquista del mondo da parte dell’Europa. Non si può negare che sia un’età in cui l’Europa conquista il mondo e che i tratti fondamentali di questa civiltà planetaria sono quelli che hanno caratterizzato l’Europa: mercato, liberalismo, democrazia. Alla fine del Quattrocento l’Europa è ancora una piccola appendice del continente asiatico. Agli inizi del XIX secolo, gli Stati europei e la loro estensione nordamericana controllano e dominano
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved