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Parafrasi accurata e dettagliata del II libro dell'Iliade, traduzione di Vincenzo Monti, Versioni di Italiano

Parafrasi letterale e accurata del II libro dell'Iliade. Ideale per preparare interrogazioni di italiano e compiti in classe.

Tipologia: Versioni

2023/2024

In vendita dal 17/01/2022

nadia.misino
nadia.misino 🇮🇹

4.8

(6)

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Parafrasi accurata e dettagliata del II libro dell'Iliade, traduzione di Vincenzo Monti e più Versioni in PDF di Italiano solo su Docsity! Tutti ancora dormian per l'alta notte i guerrieri e gli Dei; ma il dolce sonno già le pupille abbandonato avea di Giove che pensoso in suo segreto 5 divisando venia come d'Achille, con molta strage delle vite argive, illustrar la vendetta. Alla divina mente alfin parve lo miglior consiglio inviar all'Atride Agamennone 10 il malefico Sogno. A sé lo chiama, e con presto parlar, Scendi, gli dice, scendi, Sogno fallace, alle veloci prore de' Greci, e nella tenda entrato d'Agamennòn, quant'io t'impongo, esponi 15 esatto ambasciator. Digli che tutte in armi ei ponga degli Achei le squadre, che dell'iliaco muro oggi è decreta su nel ciel la caduta; che discordi degli eterni d'Olimpo abitatori 20 più non sono le menti; che di Giuno cessero tutti al supplicar; che in somma l'estremo giorno de' Troiani è giunto. Disse; ed il Sogno, il divin cenno udito, avviossi e calossi in un baleno 25 su l'argoliche navi. Entra d'Atride nel queto padiglione, e immerso il trova nella dolcezza di nettareo sonno. Di Nestore Nelide il volto assume, di Nestore, cui sovra ogni altro duce 30 Agamennone riveriva, e in queste forme sul capo del gran re sospesa, così la diva vision gli disse: Tu dormi, o figlio del guerriero Atrèo? Tutta dormir la notte ad uom sconviensi 35 di supremo consiglio, a cui son tante genti commesse e tante cure. Attento dunque m'ascolta. A te vengh'io celeste nunzio di Giove, che lontano ancora sute veglia pietoso. Egli precetto 40 ti fa di porre tutti quanti in arme prontamente gli Achei. Tempo è venuto che l'ampia Troia in tua man cada: i numi scesero tutti, intercedente Giuno, in un solo volere, e alla troiana 45 gente sovrasta l'infortunio estremo preparato da Giove. Or tu ben figgi questo avviso nell'alma, e fa che seco non lo si porti, col partirsi, il sonno. Sparve ciò detto; e delle udite cose, 50 di che contrario uscir dovea l'effetto, pensoso lo lasciò. Prender di Troia Tutti i guerrieri e gli dei ancora dormivano nel profondo della notte; ma il dolce sonno aveva già abbandonato gli occhi di Giove che, pensieroso, in segreto stava organizzando come mostrare la vendetta di Achille,con grande strage di vite Achee. A Zeus infine parve miglior cosa inviare ad Agamennone il malefico Sogno. Lo chiama a sé e velocemente gli dice, Scendi, scendi, sogno ingannevole, alle veloci navi dei Greci e, una volta entrato nella tenda di Agamennone, esponi esattamente quello che ti impongo. Digli di armare tutte le squadre, perchè oggi in cielo è stata decisa la caduta di Troia, che gli dei non sono più discordi. Digli che tutti cedettero al supplicare di Giunone, che è giunto l'ultimo giorno dei Troiani. Disse; e Sogno, sentito l'ordine divino, velocemente scese alle navi Achee. Entra nella tranquilla tenda di Agamennone e lo trova avvolto nel dolce sonno. Assume le sembianze di Nestore, di Nestore che Agamennone rispettava più di tutti gli altri capi e, sospeso con questa immagine sulla testa del grande re, gli disse: Tu dormi, o Atride? Non conviene dormire tutta la notte agli uomini potenti, ai quali sono sottomesse tante genti e tanti impegni, Attento, dunque, ascoltami. Vengo a te come messaggero di Giove,che ancora da lontano veglia su di te. Giove ti consiglia di mettere subito in arme tutti Achei. E' giunto il tempo che la grande Troia cada nelle tue mani: gli dei,grazie all'intercessione di Giunone, sono tutti d'accordo, e ai Troiani li aspetta la sconfitta finale preparata da Giove. Ora tu memorizza bene questo avviso nell'animo, e fai in modo che non scompaia Quando ti sveglierai. Detto ciò scomparve e per le cose sentite, al contrario di ciò che avrebbe dovuto, lo lasciò pensieroso. Sperò di prendere quel di stesso le mura egli sperossi, né di Giove sapea, stolto! i disegni, né qual aspro pugnar, né quanta il Dio 55 di lagrime cagione e di sospiri ai Troiani e agli Achivi apparecchiava. Si riscuote dal sonno, e la divina voce dintorno gli susurra ancora. Sorge, e del letto su la sponda assiso 60 una molle s'avvolge alla persona tunica intatta, immacolata; gittasi il regal manto indosso; il piè costringe ne' bei calzari; il brando aspro e lucente d'argentee borchie all'omero sospende, 65 l'inviolato avito scettro impugna, ed alle navi degli Achei cammina. Già sul balzo d'Olimpo alta ascendea di Titon la consorte, annunziatrice dell'alma luce a Giove e agli altri Eterni; 70 quando con chiara voce i banditori per comando d'Atride a parlamento convocaro gli Achei, che frettolosi accorsero e frequenti. Ma raccolse de' magnanimi duci Agamennone 75 prima il senato alla nestorea nave, e raccolti che fùro, in questi accenti il suo prudente consultar propose: M'udite, amici. Nella queta notte una divina vision m'apparve, 80 che te, Nestore padre, alla statura, agli atti, al volto somigliava in tutto. Sul mio capo librossi, e così disse: Figlio d'Atrèo, tu dormi? A sommo duce cui di tanti guerrieri e tante cure 85 commesso è il pondo, non s'addice il sonno. M'odi adunque: mandato a te son io da Giove che dal ciel di te pensiero prende e pietate. Ei tutte ti comanda armar le truppe de' chiomati Achei, 90 ché di Troia il conquisto oggi è maturo; poiché di Giuno il supplicar compose la discordia de' numi, e grave ai Teucri danno sovrasta per voler di Giove. Tu di Giove il comando in cor riponi. 95 Sparve, ciò detto, e quel mio dolce sonno m'abbandonò. La guisa or noi di porre gli Achivi in arme esaminiam. Ma pria giovi con finto favellar tentare, fin dove lice, i sentimenti. Io dunque 100 comanderò che su le navi ognuno si disponga alla fuga, e sparsi ad arte voi l'impedite con opposti accenti. le mura di Troia quel giorno stesso, e non conosceva, lo stolto, i progetti di Giove, né quanti motivi di lacrime e sospiri per i Greci e per i Troiani il Dio preparava. Si sveglia dal sonno e la voce divina ancora gli sussura intorno. Si tira sue, seduto sul bordo del letto, indossa ‘una morbida tunica nuova, immacolata; si getta addosso il manto regale, indossa 1 bei calzari, infila sulla spalla la spada lucente con le borchie d'argento, impugna lo scettro inviolato, ereditato dagli avi e va alle navi degli Achei. Già dall'Olimpo scendeva l'Aurora, annunciatrice della luce agli Dei e agli uomini; quando i banditori, per comando di Agamennone, a voce alta convocavano gli Achei, che velocemente accorsero numerosi. Ma Agamennone dapprima riuni i nobili capi in assemblea alla nave di Nestore, e, una volta raccolti, con queste parole propose il suo prudente progetto; Acoltatemi, amici. Nella tranquilla notte ebbi una visione divina che a te, Nestore, sia come altezza, sia come modi, sia come volto somigliava in tutto. Sul mio capo si mise e mi disse: Atride, tu dormi? Ad un sommo capo che ha il peso di tanti guerrieri e impegni non si addice il sonno. Ascoltami dunque. Io sono mandato a te da Giove, che dal cielo si prende cura di te e ha pietà. Lui ti comanda di armare tutte le truppe degli Achei, perchè è arrivato il giorno della conquista di Troia, perchè le preghiere di Giunone hanno messo d'accordo gli dei e si prepara una Grande sconfitta per i Troiani Tu tieni a mente il comando di Giove. Detto ciò, scomparve, e quel sogno mi abbandonò. Ora noi esaminiamo il modo con cui armare gli Achei. Ma prima conviene con false notizie, per quanto possibile, testarne i sentimenti. Io dunque comanderò che ognuno possa fuggire su le navi, voi invece cercate Di impedirlo con parole opposte. sottrarre alle carene era di tutti la faccenda e la gara. Arde ogni petto del sacro amore delle patrie mura, 205 e tutto di clamori il cielo eccheggia. E degli Achei quel dì sarìa seguìto, contro il voler de' fati, il dipartire, se con questo parlar non si volgea Giuno a Minerva: O dell'Egioco Padre 210 invincibile figlia, così dunque, il mar coprendo di fuggenti vele, al patrio lido rediran gli Achivi? Ed a Priamo l'onore, ai Teucri il vanto lasceran tutto dell'argiva Elèna 215 dopo tante per lei, lungi dal caro nido natìo, qui spente anime greche? Deh scendi al campo acheo, scendi, ed adopra Suvvia, scendi al campo greco, parla in e togliere i fermi alle carene. Tutti gli animi ardono per l’amore per la propria patria e in cielo echeggiano tutte le voci. E quello sarebbe stato stato il giorno della partenza, contro il volere degli dei, se Atena non si fosse rivolta con queste parole a Era: O figlia invincibile di Zeus, così dunque, coprendo il mare di navi in fuga, gli Achei torneranno in patria? Così lasceranno a Priamo e ai Troiani il vanto di Elena, dopo che tanti greci morirono per lei, lontani dalla patria? lusinghiero parlar, molci i soldati, frena la fuga, né patir che un solo 220 de' remiganti pini in mar sia tratto. Obbediente la cerulea Diva dalle cime d'Olimpo dispiccossi velocissima, e tosto fu sul lido. Ivi Ulisse trovò, senno di Giove, 225 occupato non già del suo naviglio, dolore ma del dolor che il preme, e immoto in piedi. Gli si mise davanti Minerva, dagli occhi azzurri, dicendo:”O figlio di Laerte, prudente Ulisse, così dunque ve ne andrete?e tornerete in Gli si fece davanti la divina Glaucopide dicendo: O di Laerte generoso figliuol, prudente Ulisse, 230 così dunque n'andrete? E al patrio suolo navigherete, e lascerete a Priamo di vostra fuga il vanto, ed ai Troiani d'Argo la donna, e invendicato il sangue. di tanti, che per lei qui lo versaro, 235 bellicosi compagni? A che ti stai? T'appresenta agli Achei, rompi gl'indugi, dolci adopra parole e li trattieni, né consentir che antenna in mar si spinga. Così disse la Dea. Ne riconobbe 240 l'eroe la voce, e via gittato il manto, che dopo lui raccolse il banditore Eurìbate itacense, a correr diessi; e incontrato l'Atride Agamennéne, ratto ne prende il regal scettro, e vola 245 con questo in pugno tra le navi achee; e quanti ei trova o duci o re, li ferma con parlar lusinghiero; e, Che fai, dice, v aloroso campione? A te de' vili disconvien la paura. Or via, ti resta, modo lusinghiero, addolcisci i soldati, ferma la fuga, non sopportiamo che una sola delle navi sia messa in mare. La diva dagli occhi azzurri obbedì e scese velocissima dalle cime dell'Olimpo e subito fu sul lido. Lì trovò Ulisse, simile a Giove in saggezza, che non si occupava di partire ma del che provava, fermo in piedi. patria? E lascerete a Priamo il vanto della vostra fuga? E ai Troiani lascerete Elena? e non vendicato il sangue di tanti compagni che qui morirono? Che fai? Vai dagli Achei, rompi gli indugi, usa parole dolci e trattienili, non permettergli di mettere in mare le navi. Così disse la dea. Ulisse ne riconobbe la voce, gettò via il mantello, che raccolse dopo di lui il messaggero Euribate, e si mise a correre; Quando incontrò Agamennone ne prese lo scettro regale e , con esso in mano, si diresse tra le navi achee; e a tutti quelli che trovava, un capo o un re, diceva con parole lusinghiere: Cosa fai, valoroso campione? A te non conviene la paura, che è dei vili. Suvvia, resta, ti prego, 250 pregoti, e gli altri fa restar. La mente ben palese non t'è d'Agamennéne; egli tenta gli Achei, pronto a punirli. Non tutti han chiaro ciò che dianzi in chiuso consesso ei disse. Deh badiam, che irato 255 non ne percuota d'improvvisa offesa. Di re supremo acerba è l'ira, e Giove, che al trono l'educò, l'onora ed ama. S'uom poi vedea del vulgo, e lo cogliea vociferante, collo scettro il dosso 260 batteagli; e, Taci, gli garrìa severo, taci tu tristo, e i più prestanti ascolta tu codardo, tu imbelle, e nei consigli nullo e nell'armi. La vogliam noi forse far qui tutti da re? Pazzo fu sempre e fai restare gli altri. Non ti è ben chiara la volontà di Agamennone, lui tenta gli Achei per poi punirli. Non tutti sanno quello che disse in assemblea. Stiamo attenti che, arrabiato, non si vendichi. E’ dura l’ira di un re supremo e Giove, che lo educò al trono, lo onora e ama. Se poi vedeva qualcuno del popolo che spettegolava, lo colpiva con lo scettro dorso: Taci tu!gli urlava severo, e ascolta quelli più forti, codardo, tu incapace nei consigli e in guerra. Vogliamo essere forse tutti dei re? Folle è il regno con più re. 265 de' molti il regno. Un sol comandi, e quegli Uno solo sia il comandante, colui al quale cui scettro e leggi affida il Dio, quei solo ne sia di tutti correttor supremo. Così l'impero adoperando Ulisse frena le turbe, e queste a parlamento 270 dalle navi di nuovo e dalle tende con fragore accorrean, pari a marina onda che mugge e sferza il lido, ed alto ne rimbomba l'Egeo. Queto s'asside ciascheduno al suo posto: il sol Tersite 275 di gracchiar non si resta, e fa tumulto parlator petulante. Avea costui di scurrili indigeste dicerìe pieno il cerèbro, e fuor di tempo, e senza o ritegno o pudor le vomitava 280 contro i re tutti; e quanto a destar riso infra gli Achivi gli venìa sul labbro, tanto il protervo beffator dicea. Non venne a Troia di costui più brutto ceffo; era guercio e zoppo, e di contratta 285 gran gobba al petto; aguzzo il capo, e sparso di raro pelo. Capital nemico del Pelìde e d'Ulisse, ei li solea morder rabbioso: e schiamazzando allora colla stridula voce lacerava 290anche il duce supremo Agamennéne, sì che tutti di sdegno e di corruccio fremean; ma il tristo ognor più forti alzava le rampogne e gridava: E di che dunque ti lagni, Atride? che ti manca? Hai pieni 295 di bronzo i padiglioni e di donzelle, delle vinte città spoglie prescelte e da noi date a te primiero. O forse pur d'auro hai fame, e qualche Teucro aspetti Zeus diede lo scettro e le leggi, lui solo sia il capo supremo. Così, usando il comando, Ulisse ferma le truppe ed esse di nuovo, facendo rumore, correvano dalle navi e dalle tende a riunirsi , come un'onda che mugge e s’infrange sulla spiaggia e ne rimbomba il mare. Tutti si sedettero al proprio posto tranquilli: solo Tersite non smetteva di gracchiare e faceva rumore, il parlatore petulante. Costui aveva il cervello pieno di parole volgari, difficili da accettare e senza ritegno o pudore le vomitava; e diceva tutto quello che gli veniva in mente per far ridere, tra gli Achei, lo sfrontato beffatore. Non venne a Troia nessun brutto ceffo peggio di lui,né con una così grande e curva gobba, con la testa a punta, con pochi capelli. Nemico di Achille e di Ulisse, di solito li attacava come un cane rabbioso: e schiamazzando allora , con la sua voce stridula, attaccava anche il capo supremo Agamennone, così che tutti fremevano di sdegno e disapprovazione; ma l'infelice ogni momento alzava i rimproveri e gridava: Di cosa ti lamenti Agamennone? Hai le tende piene di bronzo e ragazze, scelte dal bottino delle città vinte e da da noi date a te per primo. O forse hai fame anche di oro, e aspetti qualche troiano che d'Ilio uscito lo ti rechi al piede, 300 prezzo del figlio da me preso in guerra, da me medesmo, o da qualch'altro Acheo? O cerchi schiava giovinetta a cui mescolarti in amore alla spartita? Eh via, che a sommo imperador non lice 305 scandalo farsi de' minori. Oh vili, oh infami, oh Achive, non Achei! Facciamo vela una volta; e qui costui si lasci qui lui solo a smaltir la sua ricchezza, onde a prova conosca se l'aita 310 gli è buona o no delle nostr'armi. E dianzi nol vedemmo pur noi questo superbo ad Achille, a un guerrier che sì l'avanza di fortezza, for onta? E dell'offeso non si tien egli la rapita schiava? 315 Ma se d'Achille il cor di generosa bile avvampasse, e un indolente vile non si fosse egli pur, questo sarìa stato l'estremo de' tuoi torti, Atride. Così contra il supremo Agamennéne 320 impazzava Tersite. Gli fu sopra repente il figlio di Laerte, e torvo guatandolo gridò: Fine alle tue faconde ingiurie, ciarlator Tersite. E tu sendo il peggior di quanti a Troia 325 con gli Atridi passar, tu audace e solo non dar di cozzo ai re, né rimenarli su quella lingua con villane aringhe, né del ritorno t'impacciar, ché il fine di queste cose al nostro sguardo è oscuro, 330 né sappiam se felice o sventurato questo ritorno riuscir ne debba. Ma di tue contumelie al sommo Atride so ben io lo perché: donato il vedi di molti doni dagli achivi eroi, 335 per ciò ti sbracci a maledirlo. Or io cosa dirotti che vedrai compiuta. Se com'oggi insanir più ti ritrovo, caschimi il capo dalle spalle, e detto di Telemaco il padre io più non sia, 340 mai più, se non t'afferro, e delle vesti tutto nudo, da questo almo consesso non ti caccio malconcio e piangoloso. Sì dicendo, le terga gli percuote con lo scettro e le spalle. Si contorce 345 e lagrima dirotto il manigoldo dell'aureo scettro al tempestar, che tutta gli fa la schiena rubiconda; ond'egli che, uscito da Troia, ti si inginocchi per riscattare con tanto oro il figlio preso in guerra da me o qualche altro Greco? O cerchi qualche giovane schiava a cui unirti? Suvvia che ad un sommo capo non è far scandalo riguardo ai minori. O vili, o infami Achee e non Achei! Partiamo e lasciamo qui costui a godersi la sua ricchezza in modo che se serve o no l’aiuto delle nostre armi. E noi abbiamo visto questo superbo far sgarbo ad Achille, ad un guerriero che lo supera così tanto di forza. E non si tiene egli la schiava rapita? Ma se Achille, anche se arrabbiato, non fosse anche lui un vile, questo sarebbe stato l’ultimo dei tuoi torti, Agamennone. Così Tersite delirava contro il capo supremo Agamennone. Subito gli fu sopra Ulisse, guardandolo storto, gridò: Finiscila con le tue logorroiche offese, pettegolo Tersite. E tu, essendo il peggiore di quanti giunsero a Troia con gli Atridi, tu audace e solo non ti scontrare con i re, e non parlarne con parole volgari e non impicciarti del ritorno perché la fine di questi fatti a noi è oscura e non sappiamo se questo ritorno sarà felice o sventurato. Ma io so il perché delle tue offese al capo Agamennone: ti dai da fare per offenderlo perché vedi che gli Achei gli fanno molti doni. Ora io ti dirò cosa accadrà. Se ti trovo un'altra volta a impazzire, mi cascasse il capo dalle spalle, e io non sia più il padre di Telemaco, mai più, se nonti afferro e ,svestito, non ti caccio da questa nobile riunione piangente e malconcio. Così dicendo lo percuote sul dorso e sulle spalle Si contorce e piange il brigante, sotto i colpi dello scettro dorato, che gli fa tutta la schiena rossa. per questo egli , reso ormai docile dal dolore nulla cal della guerra. Ove n'andranno i giuramenti, le promesse e i tanti consigli de' più saggi e i tanti affanni, le libagioni degli Dei, la fede 450 delle congiunte destre? Dissipati n'andran col fumo dell'altare? Achei, noi contendiamo di parole indarno, e in vane induge il tempo si consuma, che dar si debbe a salutar riparo. 455 Tien fermo, Atride, il tuo coraggio, e fermo su gli Achei nelle pugne alza lo scettro: ed in proposte, che d'effetto vote cadran mai sempre, marcir lascia i pochi che in disparte consultano se in Argo 460 redir si debba, pria che falsa o vera si conosca di Giove la promessa. lo ti fo certo che il saturnio figlio, il giorno che di Troia alla ruina sciolser gli Achivi le veloci antenne, 465 non dubbio cenno di favor ne fece balenando a diritta. Alcun non sia dunque che parli del tornarsi in Argo, se prima in braccio di troiana sposa non vendica d'Elèna il ratto e i pianti. 470 Se taluno pur v'ha che voglia a forza di qua partirsi, di toccar si provi il suo naviglio, e troverà primiero la meritata morte. Tu frattanto pria ti consiglia con te stesso, o sire, 475 indi cogli altri, né sprezzar l'avviso ch'io ti porgo. Dividi i tuoi guerrieri per curie e per tribù, sì che a vicenda si porga aita una tribù con l'altra, l'una con l'altra curia. A questa guisa, 480 obbedendo agli Achei, ti fia palese de' capitani a un tempo e de' soldati qual siasi il prode e quale il vil; ché ognuno con emula virtù pel suo fratello combatterà. Conoscerai pur anco 485 se nume avverso, o codardìa de' tuoi, o poca d'armi maestrìa ti tolga delle dardanie mura la conquista. Saggio vegliardo, gli rispose Atride, in tutti della guerra i parlamenti 470 nanzi a tutti tu vai. Piacesse a Giove, a Minerva piacesse e al santo Apollo, ch'altri dieci io m'avessi infra gli Achei a te pari in consiglio; ed atterrata cadrìa ben tosto la città troiana. interessa la guerra. Dove andranno a finire i giuramenti, le promesse, i consigli dei più saggi e le tante sofferenza, i sacrifici agli Dei, le fede delle strette di mano? Se ne andranno sprecati con il fumo dell’altare? Achei, noi litighiamo invano, e perdiamo tempo in cose vane e il tempo passa, ........... ? E tu Agamennone, tieni duro e guida gli Achei nelle battaglie: e lascia marcire nelle proposte che non avranno nessun effetto quei pochi che, in disparte, si consultano sul dover ritornare ad Argo prima che si sappia se la promessa fatta da Giove sia vera o falsa. lo ti assicuro che, il giorno in cui gli Achei si imbarcarono per portare la rovina a Troia, Zeus fece un sicuro cenno di approvazione, lampeggiando sulla destra. Non ci sia dunque nessuno che parli del tornare ad Argo, se prima con in braccio una sposa troiana non vendichi il rapimento di Elena e le sofferenze. Ma se qualcuno ha lo stesso voglia di partire da qua a forza, provi a toccare la sua nave, e per primo troverà la meritata morte. Tu intanto, o signore, prima consigliati con te stesso e poi con gli altri, e non disprezzare il mio parere. Dividi i tuoi guerrieri in tribù e fratrìe, in modo che a vicenda si diano aiuto una tribù con l’altra e una fratrìia con l’altra. In questo modo, se gli Achei ti obbediranno, ti sarà chiaro sia dei capitani sia dei soldati quali siano i valorosi e quali i vigliacchi; perché ognuno con simile virtù combatterà per suo fratello. Così scoprirai anche cosa ti impedisce la conquista delle mura di Troia: se un dio ostile, se la viltà dei tuoi, o se la scarsa Bravura con le armi. Gli rispose Agamennone: “Saggio vecchio, tu sei sempre davanti in tutte le assemblee della guerra. Volessero Giove, Minerva e il santo Apollo che io potessi averne altri dieci saggi come te tra gli Achei; e sconfitta Troia cadrebbe ben velocemente. 475 Ma me l'Egìoco Giove in alti affanni sommerse, e incauto mi sospinse in vane gare e contese. Di parole avemmo gran lite Achille ed io d'una fanciulla, ed io fui primo all'ira. Ma se fia 480 che in amistà si torni, un sol momento non tarderà di Troia il danno estremo. Or via, di cibo a ristorar le forze itene tutti per la pugna. Ognuno l'asta raffili, ognun lo scudo assetti, 485 di copioso alimento ognun governi i corridor veloci, e diligente visiti il cocchio, e mediti il conflitto; onde questo sia giorno di battaglia tutto e di sangue, e senza posa alcuna, 490 finché la notte non estingua l'ire de' combattenti. Di guerrier sudore bagnerassi la soga dello scudo sui caldi petti, verrà manco il pugno sovra il calce dell'asta, e destrier molli 495 trarranno il cocchio con infranta lena. Qualunque io poscia scorgerò che lungi dalla pugna si resti appo le navi neghittoso, non fia chi salvo il mandi dalla fame de' cani e degli augelli. 500 Così disse, e al finir di sue parole mandàr gli Achivi un altissimo grido somigliante al muggir d'onda spezzata all'alto lido ove il soffiar la caccia di furioso Noto incontro ai fianchi 505di prominente scoglio, flagellato da tutti i venti e da perpetue spume. Si levàr frettolosi, si dispersero per le navi, destàr per tutto il lido globi di fumo, ed imbandîr le mense. 510 Chi a questo dio sacrifica, chi a quello, al suo ciascun si raccomanda, e il prega di camparlo da morte nella pugna. Ma il re de' prodi Agamennbne un pingue toro quinquenne al più possente nume 515 sagrifica, e convita i più prestanti: Nestore primamente e Idomenèo, quindi entrambi gli Aiaci, e di Tidèo l'inclito figlio, e sesto il divo Ulisse. Spontaneo venne Menelao, cui noto 520 era il travaglio del fratello. E questi fér di sé stessi una corona intorno alla vittima, e preso il salso farro nel mezzo Agamennòne orando disse: Ma a me Giove sommerse tra i guai, e incautamente mi spinse in vani litigi e contese. lo e Achille avemmo una grande lite per una fanciulla ed io fui il primo ad arrabbiarmi. Ma se tornassimo d'accordo Troia cadrà in un attimo. Ora via, andate tutti a rinforzarvi con il cibo per la battaglia. Ognuno riaffili la lancia, ognuno sistemi lo scudo, ognuno dia abbondante cibo ai cavalli, e con attenzione controlli i carri, e pensi alla guerra; in modo che questo sia un giorno intero di battaglia, sempre a combattere, senza sosta, finchè non arrivi la notte a fermare l’ira dei guerrieri. Si bagnerà di sudore dei guerrieri la cinghia dello scudo sui caldi petti, si stancherà la mano sopra la presa della lancia, e i cavalli stanchi tireranno il carro con fatica. Quelli che poi io troverò che resteranno lontano dalla battaglia, presso le navi, sopraffatti dalla pigrizia, non si salveranno dalla fame dei cani e degli uccelli. Così disse e , alla fine delle sue parole, gli Achei alzarono un fortissimo grido, simile al muggire dell'onda, agitata dal furioso Noto, quando si spezza sull’alto lido, incontrando uno scoglio che sporge, flagellato da tutti i venti e da continue schiume del mare. Si alzarono frettolosi, si dispersero tra le navi, si alzarono per tutto la spiaggia nuvole di fumo, preparano le mense. Chi faceva sacrifici per un dio, chi per un altro, ciascuno pregava il proprio dio, e lo pregava di salvarlo dalla morte nella battaglia. Ma il re dei guerrieri, Agamennone, sacrifica un grasso toro di 5 anni al più potente degli dei e invita i più nobili: per primo Nestore e Idomenéo, quindi entrambi gli Aiaci e il figlio Tideo (Diomede), e per sesto il divino Ulisse. Per conto suo venne Menelao, a cui ben nota era la sofferenza del fratello. E questi si riunirono a cerchio intorno alla vittima e, presi i grani d'orzo, nel mezzo Agamennone disse pregando: Glorioso de' nembi adunatore Sommo Giove, tu che abiti in cielo, 525 Massimo Giove abitator dell'etra, adunatore di nubi,prima che il sole pria che il sole tramonti e l'aria imbruni, tramonti e venga buio fai che io abbatta fa che fumanti al suol di Priamo io getti al suolo in fiamme gli alti palazzi di Priamo, gli alti palagi, e d'ostil fiamma avvampi e incendi le porte del palazzo; le regie porte; fa che la mia lancia fai che la mia lancia squarci l'armatura 530 squarci l'usbergo dell'ettòreo petto, sul petto di Ettore, e che intorno a lui e che dintorno a lui molti suoi fidi molti dei suoi uomini fidati siamo distesi boccon distesi mordano la polve. a faccia in giù a mordere la polvere. Disse; ed il nume l'olocausto accolse, Disse; e il dio accettò il sacrificio, ma non il voto, e a lui più lutto ancora ma non ascoltò la preghiera e per lui 535 preparando venìa. Finito il prego stava preparando ancora più sofferenza. e sparso il farro, ed incurvato all'ara Finita la preghiera, sparso il farro, tirato della vittima il collo, la scannaro, indietro sull'altare il collo della vittima, la discuoiaro, ne squartàr le cosce, la sgozzarono, la scuoiarono, ne tagliarono le rivestîr di doppio zirbo, e sopra le cosce e le avvolsero nel grasso, e vi 540 poservi i crudi brani. Indi la fiamma posero sopra i pezzi di carne cruda. d'aride schegge alimentando, a quella. Quindi alimentarono la fiamma con pezzi di cocean gli entragni nello spiedo infissi. legno e ci cuocevano le viscere infilzate nello Adusti i fianchi, e fatto delle sacre spiedo. Bruciacchiati i fianchi, e assaggiate viscere il saggio, lo restante in pezzi le sacre viscere, il restante lo fecero in pezzi 545 negli schidon confissero, ed acconcia- e lo infilarono negli spiedi, e arrostito con cura -mente arrostito ne levaro il tutto. lo tolsero dal fuoco. Finita l'opra, apparecchiàr le mense, Finito di cucinare e preparate le tavole, e a suo talento vivandò ciascuno. ciascuno mangiò a volontà. Di cibo sazi e di bevanda, prese Sazi di cibo e di bevande iniziò così 550 a così dire il cavalier Nestorre: a dire il cavaliere Nestore: Re delle genti glorioso Atride “Re delle genti, glorioso Atride, Agamennòn, si tolga ogni dimora si tolga ogni freno all'impresa che il Dio all'impresa che in pugno il Dio ne pone. ci ha dato in pugno. Degli araldi la voce alla rassegna La voce degli araldi convochi sul lido 555 chiami sul lido i loricati Achei, i corazzati Achei, e noi guardiamo le e noi scorriamo le raccolte squadre, squadre raccolte e provochiamo l'ira e di Marte destiam l'ira e il desìo. e l'invidia di Marte. Assentì pronto il sire, ed al suo cenno Approvò subito il capo, e al suo cenno, l'acuto grido degli araldi diede l'acuto grido degli araldi diede agli Achei 560 della pugna agli Achivi il fiero invito. l'invito per la battaglia. Corsero quelli frettolosi; e i regi Corsero frettolosi gli Achei; e i re, discendenti di Giove alunni, che seguìan l'Atride, di Giove, che seguivano Agamennone, li li ponean ratti in ordinanza. Errava mettevano subito in ordine. Minerva in mezzo, e le splendea sul petto Passeggiava Minerva nel mezzo, e sul 565incorrotta, immortal la preziosa petto le splendeva intatta, immortale, Egida da cui cento eran sospese la preziosa Egida dalla quale pendevano frange conteste di finissim'oro, cento frange di oro finissimo e ciascuno e valea cento tauri ogni gherone. valeva cento tori. In quest'arme la Diva folgorando. Con queste vesti che brillavano la Dea 570 concitava gli Achivi, ed accendea incitava glia Achei, e accendeva l'energia l'ardir ne' petti, e li facea gagliardi nei petti, e li rendeva forti, a combattere a pugnar fieramente e senza posa. Fieramente senza sosta.
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