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Parafrasi I Canto Inferno Dante, Appunti di Storia della lingua italiana

Parafrasi I Canto Inferno Dante

Tipologia: Appunti

2018/2019
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Caricato il 09/12/2019

Paoletta-78
Paoletta-78 🇮🇹

4.7

(23)

14 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Parafrasi I Canto Inferno Dante e più Appunti in PDF di Storia della lingua italiana solo su Docsity! INFERNO CANTO I Il viaggio di Dante, fin dai primi versi del canto, viene identificato come un viaggio dell'umanità tutta, rappresentata dal poeta toscano. Dante, dunque, si trova in una selva buia e intricata, che simboleggia un momento di smarrimento esistenziale. Per uscirne cerca di raggiungere un colle illuminato flebilmente dal sole, ma la sua strada viene bloccata da tre fiere, che rappresentano peccati umani. Prima gli impedisce il cammino una lonza, ovvero la lussuria, poi un leone, che rappresenta la superbia, e infine una lupa, ovvero la cupidigia. Dante viene riscosso nel suo turbamento dal poeta latino Virgilio, che gli si offre come guida nell'unico itinerario possibile per uscire dalla selva: un percorso di purificazione attraverso i tre regni ultramondani, Inferno, Purgatorio e Paradiso, a cui però Virgilio non potrà accedere. Nel mezzo del cammin di nostra vita A metà del cammino della vita umana mi ritrovai per una selva oscura, mi ritrovai in una selva oscura ché la diritta via era smarrita. Perché avevo smarrito la via giusta. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura Ahi quanto è doloroso a dirsi esta selva selvaggia e aspra e forte quanto complicata e difficile da attraversare questa selva che nel pensier rinova la paura! Che solo a pensarci fa rinascere la paura (aspra e forte=dittologia=2 aggettivi concatenati da una e) Tant’è amara che poco è più morte; Tanto è angosciosa che la morte lo è poco di più ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, ma per parlare anche del bene che io vi trovai dirò de l’altre cose ch’i’ v’ ho scorte. Parlerò anche delle altre cose che ho scoperto. Io non so ben ridir com’i’ v’intrai, Io non so bene come arrivai all’interno tant’era pien di sonno a quel punto tanto ero pieno di sonno che la verace via abbandonai. che smarrii la via della verità. quando parla del sonno (torpore dell’anima, richiama sicuramente Isaia e S. Agostino per confluire in Severino Boezio Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto, Ma non appena fui giunto ai piedi di un colle, là dove terminava quella valle Laddove terminava quella valle che m’avea di paura il cor compunto, Che mi aveva rapito il cuore di paura POI CH’I’ - NONAPPENA guardai in alto e vidi le sue spalle guardai in alto le pendici del colle vestite già de’ raggi del pianeta (Dio) illuminate già dai raggi del sole che mena dritto altrui per ogne calle. che guida tutti dritto a prescindere dalla loro strada. Allor fu la paura un poco queta, Allora la paura si placò un pò che nel lago del cor m’era durata Che nel lago del cuore mi era durata la paura la notte ch’i’ passai con tanta pieta. tutta la notte che io passai con tanta angoscia Nel Medioevo credevano che nel cuore ci fosse un piccolo lago dove si radunava tutto il sangue E come quei che con lena affannata, E come quelli col respiro affannato uscito fuor del pelago a la riva, dopo essere usciti dall’acqua giunge alla riva si volge a l’acqua perigliosa e guata, e guarda l’acqua pericolosa così l’animo mio, ch’ancor fuggiva, così l’animo mio che fuggiva ancora, si volse a retro a rimirar lo passo si guardò le spalle a riguardare il tragitto che non lasciò già mai persona viva. che non ha mai lasciato persona viva Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso, Non appena ebbi riposato un poco il corpo stanco ripresi via per la piaggia diserta, ripresi la via per la strada deserta sì che ’l piè fermo sempre era ’l più basso. sicchè il piede fermo era sempre più basso POI CH’EI’ – NON APPENA/LASSO -STANCO Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta, Ecco, quasi a cominciare la salita, una lonza leggera e presta molto, si presenta una lonza leggera e molto agile che di pel macolato era coverta; che era coperta di un pelo maculato e non mi si partia dinanzi al volto, e non mi si allontanava davanti il volto anzi ’mpediva tanto il mio cammino, anzi mi impediva più volte di continuare il mio cammino ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto. che io fui + volte sul punto di tornare indietro volto/volte/volto- usare 3 v. parola con stessa ortografia Temp’era dal principio del mattino, Erano le prime ore del mattino e ’l sol montava ’n sù con quelle stelle e il sole saliva su con quelle stelle ch’eran con lui quando l’amor divino che erano con lui quando Dio mosse di prima quelle cose belle; per la prima volta mosse i pianeti; sì ch’a bene sperar m’era cagione sicchè era un buon motivo per non temere di quella fiera a la gaetta pelle quella belva dalla pelle maculata l’ora del tempo e la dolce stagione; l’ora del tempo e la dolce stagione; ma non sì che paura non mi desse ma non al punto che non mi desse così paura la vista che m'apparve d'un leone. la vista di un leone (superbia) Questi parea che contra me venisse Mi sembrava venisse contro di me con la test’alta e con rabbiosa fame, con la testa alta e la fame rabbiosa sì che parea che l’aere ne tremesse. a tal punto che sembrava che l’aria tremasse Ed una lupa, che di tutte brame Ed una lupa, che di tutte le brame (malizia) sembiava carca ne la sua magrezza, sembrava piena nella sua magrezza e molte genti fé già viver grame, e fece vivere in miseria ossimoro parole che esprimono concetti contrari. questa mi porse tanto di gravezza questa mi diede tanto spavento con la paura ch’uscia di sua vista, con la paura che mi dava il suo aspetto, ch’io perdei la speranza de l’altezza. che io persi la speranza di salire sul monte. E qual è quei che volontieri acquista, E come colui che vince facilmente e giugne ’l tempo che perder lo face, quando giunge il tempo di perdere
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