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Parafrasi Canto I, Divina Commedia, Dispense di Letteratura Italiana

Parafrasi molto dettagliata del primo canto dell’inferno della grande opera di Dante Alighieri.

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 02/01/2019

ShesRachele
ShesRachele 🇮🇹

3 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Parafrasi Canto I, Divina Commedia e più Dispense in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Parafrasi del primo canto dell’Inferno ! Per la parafrasi della prima terzina, rimando alle pagine delle dispense. Parafrasi dei vv. 4-21: Ahimé, quanto è difficile [riuscire a] rendere l’idea dell’asprezza e della spaventosità di quel bosco tenebroso, tanto [difficile] che solo al ripensarvi la paura si ripresenta. Quel bosco è, quanto ad angoscia, solo un poco meno pauroso della morte: ciò nonostante, in esso ho incontrato anche il bene e quindi racconterò anche di tutte le altre cose che vi ho visto. Non sono in grado di dire come avessi fatto a entrarci, perché nel momento in cui abbandonai la retta via era completamente immerso nel sonno [ero quindi in uno stato di totale incoscienza]. Ma quando fui arrivato ai piedi di un colle, nel punto in cui terminava la valle che mi aveva trafitto il cuore di paura, sollevai lo sguardo verso l’alto e vidi le pendici del colle essere già inondate dai raggi del sole, il pianeta che con la sua luce guida chiunque, animali e uomini, permettendo loro di non sbagliare strada. Allora la paura, che aveva dilagato nel mio animo per tutta quella notte che avevo trascorso con tanta angoscia, si placò un poco. Parafrasi dei vv. 22-36 E come fa colui che, dopo essere sopravissuto al mare in tempesta ed essere finalmente giunto a riva, si volta indietro e, con il respiro ancora affannato, guarda ciò a cui è scampato, così fece il mio animo, che, nonostante fosse ancora in fuga, si voltò indietro a guardare il varco che nessun uomo vivo attraversò mai. Dopo che ebbi riposato un poco il corpo stanco, ripresi il cammino, attraversando quella landa desolata, con un’andatura simile a quella di uno zoppo, poiché il piede che poggiava a terra era sempre quello che rimaneva più in basso. Ed ecco che, quasi all’inizio della salita, mi apparve una lince, snella e veloce, il cui manto era interamente maculato; e mi stava Parafrasi dei vv. 1-3: Ero circa a metà del tempo che a ogni uomo è concesso di vivere [avevo circa 35 anni], quando mi ritrovai [non saprei dire come – pur sapendo perchè] ad attraversare una foresta così buia - poiché non vi arrivavano i raggi del sole - che mi era impossibile riprendere la strada che mi avrebbe condotto senza deviazioni al bene e alla salvezza, quella strada che si prende girando sempre a destra, a ogni bivio, e che io avevo smarrita; ma l’avevo smarrita non perché avevo casualmente sbagliato strada, ma perché, avevo fatto la scelta sbagliata prendendo consapevolmente e coscientemente [= sapendo bene di farlo] la via di sinistra, cioè la strada del male e del peccato. davanti, e non si muoveva, e, anzi, ostacolava e precludeva a tal punto il mio cammino che fui tentato più volte di tornare indietro. Parafrasi dei vv. 37-48: Erano le prime ore del giorno, e il sole saliva in congiunzione con la costellazione dell’Ariete, [la stessa] che era con lui quando Dio e la sua infinita potenza d’amore dettero, nel momento della creazione, movimento e vita ai corpi celesti, cioè a tutta la bellezza dell’universo [il sole è congiunto all’Ariete in primavera e tradizionalmente si afferma che Dio creò il mondo in primavera]; di conseguenza, l’ora del giorno [il momento dell’aurora] e il fatto che quello fosse un giorno di primavera mi facevano sperare che avrei avuto ragione di quella fiera dal manto maculato. Ma non tanto che potessi evitare di avere paura dell’improvvisa apparizione di un leone, che veniva verso di me minaccioso e affamato, e tutta l’aria intorno tremava alla presenza di quell’animale. Parafrasi dei vv. 49-63: E una lupa, la cui estrema magrezza rivelava come fosse tormentata da una miriade di brame inappagate e che già tanti uomini aveva fatto soffrire, con il terrore che emanava dal suo aspetto mi inflisse tanta angoscia, che io perdetti definitivamente la speranza di potere raggiungere la cima del colle. E come accade a colui che [per un po’] con piacere accumula ricchezze, ma che poi, un giorno, vede abbattersi su di sé circostanze che gli fanno perdere tutto, per cui diventa disperato, così divenni io, reso tale da quella bestia che non conosce pace, e che, avanzando minacciosa verso di me, a poco a poco, ma inesorabilmente, mi faceva ritornare nel luogo dove i raggi del sole non arrivano. Mentre stato rovinosamente indietreggiando, mi fu offerto allo sguardo un uomo, il cui aspetto era quello di chi non parla da molto tempo. Parafrasi dei vv. 64-90: Quando vidi costui in quel luogo desolato, gli gridai: “Abbi compassione di me, chiunque tu sia, uomo vivo o morto non importa”. Egli mi rispose: “Non sono più uomo vivo, ma lo sono stato; e i miei genitori furono entrambi lombardi, nati entrambi a Mantova. Nacqui quando ancora era vivo Giulio Cesare, ma negli ultimissimi anni del suo impero, e la mia vita trascorse sotto il giusto governo di Ottaviano Augusto, nel tempo in cui ancora la religione ufficiale era quella pagana e politeista. Sono stato un poeta, e cantai le imprese di quel giusto figlio di Anchise che venne in Italia dalla città di Troia, dopo che Troia fu incendiata. Ma tu, per quale motivo torni indietro, verso tanta angoscia? Perché non raggiungi la vetta di quel dolce colle che fonte e causa di ogni gioia?” “Sei dunque proprio ‘quel’ Virgilio? Sei davvero quella fonte che produce un fiume di nobili parole poetiche?”, risposi io a mia volta, tenendo gli occhi bassi in atteggiamento di reverenza. “Onore e luce di tutti i poeti, possano essere un motivo di merito presso di te tutto il tempo e tutta la passione con cui ho letto i tuoi versi. Tu sei il mio maestro e l’autorità poetica suprema; tu sei l’unico dal quale ho appreso il bello stile che mi ha reso vero poeta. Vedi quella bestia a causa della quale io sono tornato indietro: aiutami a sfuggirle, antico saggio, poiché è lei che mi fa tremare le vene e i polsi di paura”. Parafrasi dei vv. 91-111: “Devi prendere un’altra strada”, rispose, quando mi vide piangere, “se vuoi uscire vivo da questo luogo terribile, dal momento che questa bestia, che ti fa urlare di paura, non permette a nessuno di passare sulla sua via, e lo impedisce fino ad arrivare a uccidere; e ha una natura così crudele e feroce che non riesce mai a saziare la sua brama vogliosa, e dopo che ha mangiato ha più fame di prima. Molti sono le bestie con cui si accoppia, e sono destinati a diventare ancora di più, almeno fino a quando non arriverà un cane da caccia che la farà morire sbranandola. Non saranno possedimenti né ricchezze a nutire questo cane, ma la saggezza, la virtù e la generosità; e umili saranno i suoi natali,
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