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Parafrasi canto VII Divina Commedia, Appunti di Italiano

Parafrasi con testo a fronte del VII canto della Divina Commedia di Dante

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 05/01/2023

alessandra-rn5
alessandra-rn5 🇮🇹

5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Parafrasi canto VII Divina Commedia e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Testo «Pape Satàn, pape Satàn aleppe!», cominciò Pluto con la voce chioccia; e quel savio gentil, che tutto seppe, disse per confortarmi: «Non ti noccia la tua paura; ché, poder ch’elli abbia, non ci torrà lo scender questa roccia». 7 Poi si rivolse a quella ’nfiata labbia, e disse: «Taci, maladetto lupo! consuma dentro te con la tua rabbia. Non è sanza cagion l’andare al cupo: vuolsi ne l’alto, là dove Michele fé la vendetta del superbo strupo». 13 Quali dal vento le gonfiate vele caggiono avvolte, poi che l’alber fiacca, 15 tal cadde a terra la fiera crudele. Così scendemmo ne la quarta lacca pigliando più de la dolente ripa che ’l mal de l’universo tutto insacca. Ahi giustizia di Dio! tante chi stipa nove travaglie e pene quant’io viddi? e perché nostra colpa sì ne scipa? Come fa l’onda là sovra Cariddi, che si frange con quella in cui s’intoppa, così convien che qui la gente riddi. Qui vid’i’ gente più ch’altrove troppa, e d’una parte e d’altra, con grand’urli, voltando pesi per forza di poppa. Percoteansi ’ncontro; e poscia pur lì si rivolgea ciascun, voltando a retro, gridando: «Perché tieni?» e «Perché burli?». Così tornavan per lo cerchio tetro da ogne mano a l’opposito punto, gridandosi anche loro ontoso metro; Parafrasi «Oh, Satana, oh, Satana, re dell'Inferno!» cominciò a dire Pluto con la voce roca; e quel nobile saggio che seppe ogni cosa, per confortarmi disse: «Non farti sopraffare dalla paura, poiché, per potere che abbia questo demone, non ci impedirà di scendere questa roccia». Poi si rivolse a quel volto gonfio d'ira e disse: «Taci, maledetto lupo! consuma dentro di te con la tua rabbia. Non è senza ragione il nostro viaggio verso il fondo dell'Inferno: si vuole così in Cielo, dove l'arcangelo Michele vendicò il supremo peccato». Come le vele gonfiate dal vento cadono ravvolte, se l'albero della nave si spezza, così cadde a terra la belva crudele. Allora scendemmo nel IV Cerchio, procedendo più in basso in quella dolorosa voragine che contiene tutto il male del mondo. Ahimè, giustizia divina, chi mai ammassa tante pene e tormenti quanti ne vidi io in quel luogo? e perché la nostra colpa ci strazia in tal modo? Come fa l'onda presso Cariddi, quando si infrange con quella che proviene da Scilla, così quei dannati devono danzare la ridda. Qui vidi più dannati che in qualunque altro luogo d'Inferno, che da una parte e da quella opposta facevano rotolare massi con la forza del petto, urlando. Andavano a cozzare gli uni contro gli altri, quindi ciascuna schiera si voltava indietro e gridavano reciprocamente: «Perché tieni stretto il masso?» e «Perché lo fai rotolare?» poi si volgea ciascun, quand’era giunto, per lo suo mezzo cerchio a l’altra giostra. E io, ch’avea lo cor quasi compunto, dissi: «Maestro mio, or mi dimostra 38 che gente è questa, e se tutti fuor cherci questi chercuti a la sinistra nostra». Ed elli a me: «Tutti quanti fuor guerci sì de la mente in la vita primaia, che con misura nullo spendio ferci. Assai la voce lor chiaro l’abbaia quando vegnono a’ due punti del cerchio dove colpa contraria li dispaia. Questi fuor cherci, che non han coperchio piloso al capo, e papi e cardinali, in cui usa avarizia il suo soperchio». E io: «Maestro, tra questi cotali dovre’ io ben riconoscere alcuni che furo immondi di cotesti mali». Ed elli a me: «Vano pensiero aduni: la sconoscente vita che i fé sozzi ad ogne conoscenza or li fa bruni. In etterno verranno a li due cozzi: questi resurgeranno del sepulcro col pugno chiuso, e questi coi crin mozzi. Mal dare e mal tener lo mondo pulcro ha tolto loro, e posti a questa zuffa: qual ella sia, parole non ci appulcro. Or puoi, figliuol, veder la corta buffa d’i ben che son commessi a la fortuna, per che l’umana gente si rabbuffa; ché tutto l’oro ch’è sotto la luna e che già fu, di quest’anime stanche non poterebbe farne posare una». «Maestro mio», diss’io, «or mi dì anche: questa fortuna di che tu mi tocche, che è, che i ben del mondo ha sì tra branche?». E quelli a me: «Oh creature sciocche, Così tornavano indietro nel Cerchio buio da ogni lato al punto opposto, continuando a gridare le parole ingiuriose; poi, una volta arrivati dall'altra parte, tornavano a voltarsi e ricominciavano la giostra. E io, che avevo il cuore gonfio di angoscia, dissi: «Maestro mio, mostrami che dannati sono questi e se questi alla nostra sinistra che hanno la tonsura furono tutti chierici». E lui a me: «Tutti quanti in vita ebbero la mente ottenebrata, così che non fecero alcuna spesa con misura. La loro voce lo esprime chiaramente quando giungono ai due punti del Cerchio, dove la loro colpa opposta li separa in due schiere distinte. Questi, che non hanno i capelli sul capo, furono chierici, e papi e cardinali, in cui l'avarizia esercita il suo eccesso». E io: «Maestro, io dovrei certo riconoscere alcuni fra questi dannati, che si macchiarono di queste colpe». E lui a me: «Il tuo pensiero è vano: la vita dissennata che li fece peccare, ora li rende del tutto irriconoscibili. Verranno a cozzare in eterno: gli avari risorgeranno dalla tomba col pugno chiuso, i prodighi coi capelli tagliati. Il troppo spendere e il troppo risparmio ha tolto loro il Paradiso, e li ha posti a questa contesa: non uso altre parole per descrivere la loro pena. Ora, figliuolo, puoi vedere la corta durata dei beni che sono affidati alla fortuna, per cui l'umanità si affanna tanto; infatti, tutto l'oro del mondo e che già fu in passato, non potrebbe far acquietare neppure una di queste anime».
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