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Parafrasi Canto VIII dell'Adone, Esercizi di Letteratura Italiana

Parafrasi canto VIII dell'Adone di Marino.

Tipologia: Esercizi

2021/2022

In vendita dal 17/10/2023

CaterinaPernechele
CaterinaPernechele 🇮🇹

5

(2)

12 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Parafrasi Canto VIII dell'Adone e più Esercizi in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! PARAFRASI DELL’Adone, canto VIII – I trastulli Argomento. Adone giunge alle estreme delizie (l’atto sessuale) e trastullandosi dolcemente tra di loro, la dea innamorata e il bel giovane giungono insieme alla meta d’amore (l’orgasmo). 1 Giovani amanti e donne innamorate, in cui arde il dolce desiderio d’amore: io scrivo per voi, a voi parlo, ora voi date ascolto al mio canto. Non può essere che alla vecchiaia (alle persone anziane) debba giovare quello che canto; fugga la dolce esca del vano piacere ai capelli bianchi, alla fronte rugosa e il ciglio aggrottato. 2 Spesso, la ricurva (gobba) e debole vecchiaia, che ha le vene gelate e le ossa vuote, non essendo capace dell’ultima dolcezza, disprezza quello che non riesce ad avere; l’uomo che non è in grado di amare, non ama e sprezza anche il tenore delle note amorose e il bene che gli viene negato di godere, maledice negli altri, per invidia. 3 Lontane, deh! Lontane dalla mia tenera e lusinghiera musa, anime severe e schive! Un’onestà incorrotta dev’essere escluse da delle poesie così tenere e lascive. Ah! Non venga a biasimare quello che lei scrive la rigida accusa di un implacabile censore, la cui calunnia rimprovera le cose irreprensibili con correzioni maligne. 4 La ritrosa ipocrisia non speri di udire concetti impegnati di un poema morale, vedendo nel buono solo i difetti, è abituata a cogliere la spina e rifiutare la rosa. So che, tra le delizie e i giochi degli scherzi innocenti, l’anima amorosa, cautamente, saprà trattare come gioco il ferro e il fuoco, senza causare incendi o ferite/ferirsi. 5 Nei prati iblei, succhiano dallo stesso fiore l’ape benigna e la crudele vipera, e secondo le inclinazioni buone o cattive, convertono [il nettare] l’una in veleno (tosco) e l’altra in miele. Accadrà che qualcuno, dai miei versi, intenda veleno e ne tragga bile, qualcun altro forse sarà meno coraggioso ed empio e prenderà da. 6 Sia modesto l’autore; non si deve curare che i componimenti siano alcuni meno pudici. L’uso delle moine e il vaneggiare dell’arte o non è colpa, oppure è una colpa lieve. Chi, dalle mie rime cosparse d’amore, prova vergogna o si scandalizza, voglia scusare o condannare l’errore giovanile, poiché se la scrittura (penna) è oscena, il cuore è casto. 7 I servitori (sergenti) e le ancelle avevano già portato via le tovaglie (nappe) bianche e i piatti (nappi) d’oro in cui i due innamorati si erano rifocillati con cibi raffi nati (eletti) e leggeri; dopo che dal bacile (baccin) d’oro venne versata acqua profumata (odorati) a lavare le loro mani, volò sulla tavola ingentilita dai fiori (lieta e fiorita) un candido tovagliolo (bisso, tela finissima; metonimia) con cui si asciugarono le dita. 8 Allora, alzatasi da tavola, Venere conduce Adone verso l’ultima torre. Viene subito l’ospite ad aprire la porta dorata della bellissima dimora. Ha nudo il braccio sinistro e un falcono vi infigge l’arcuato artiglio e lo stringe. Le talpe, le tartarughe e i ragni sono sempre fide amiche di costui. 9 Quel giardino è chiuso nell’ampio e molto spazioso interno (seno) della torre principale, assai più spazioso degli altri, e gremito di tutte quante le gioie [che] Amore fu in grado di raccogliere. Un largo cerchio [di piante] e [reso] piacevole per le belle ombre viene a comporre un teatro circolare, che insieme alla grande cinta delle altissime mura protegge la gradevolissima vegetazione. 10 Adone procede e pare che un nuovo sentimento di amorosa dolcezza gli stringa il cuore. Non vi fu mai osceno oggetto in atto languido che lì non venga rappresentato ai suoi occhi. Sia che fermi lo sguardo sia che lo volti, gli son sempre presenti, ovunque guardi, apparenze di lussuria e di piacere, immagini di seduzione e di lusinga, divertimenti, amori. 11 Il felice e piacevole luogo sembra un Paradiso pieno d’angelica festa. Lì il Sospiro esala soffi di fuoco, vaneggia lo Sguardo, e prospera rigoglioso il Riso. Il Gioco corre a baciarsi con lo Scherzo, il Diletto se ne sta seduto in grembo al Vezzo. Con una frusta il Piacere scaccia lontano le pesanti Preoccupazioni e scherza con il Gioco. 12 Il Pensiero amoroso, con la fronte china e con lo sguardo a terra, si tormenta. Il Pregare chiede conforto al Dolore, pace alla Guerra, in atto supplice e dimesso. Il Cenno svela nello sguardo quello che nasconde nel cuore, messo a tacere dal Desiderio. Il Bacio sporge le labbra e succhia le labbra altrui e, nel baciare, si strugge. 13 L’Adulazione sta sulla soglia della tenera dimora e vi conduce il pellegrino. La Promessa lo invita e in guardia il toglie, la Gioia lo accompagna, e sembra ridere. La Vanità accoglie chiunque entri e la Credenza accompagna ogni ritroso. La Ricchezza, vestita di color porpora, gli indica con superbia i suoi tesori. 14 C’è l’Ozio che langue e si riposa, lento e comodo, e siede dopo ogni passo. Il Sonno lo segue pigro, con testa annebbiata e pesante, e si regge a fatica in piedi. Si vede la Gioventù intenta a comporre corone di rose e gigli per il suo capo. Con sé, strette per mano, ha in compagnia Bellezza, Grazia, Vaghezza e Leggiadria. 15 Con il Desiderio ingordo viene insieme la Speranza, perfida, adulatrice e lusinghiera. Con il volto coperto, camminano insieme l’accorto Inganno e la Menzogna. Con i lunghi capelli sciolti, fugge leggera l’Occasione. Al centro balla la Letizia stolta, salta dappertutto la Licenzia disinibita. 16 Putta sfacciata, la Lussuria ha in mano l’esca e il fucile, e applaude l’Infamia. L’infamia, tutta nuda e baldanzosa, non apprezza, poiché non si cura né degli onori né delle lodi. La Frode astuta copre di bei fiori i serpenti che le fanno da orrida e brutta chioma, [come copre] di dolce riso e voce mansueta il veleno aspro e atroce della lingua. 17 L’Audacia trema ai primi furti e si vede rimanere immobile il Pallore, caro agli amanti. Volano per l’aria con ali leggere i vani e vaganti Spergiuri d’amore (le violazioni ai giuramenti d’amore). Vanno con le Ire morbide e facili a placarsi, le dubbi Vigilie e i rozzi Pianti e le gioconde e placide Paure e le Gioie interrotte e non sicure. 18 Qui la terra ride, cantano gli uccelli, i fiori danzano e le frasche suonano, le brezze sospirano e i ruscelli piangono, Eco risponde ai pianti, ai canti, ai suoni. Persino le fiere si amano tra gli arboscelli, i pesci si amano dentro le gelide onde. Le stesse pietre, e le ombre di quel luogo esalano spiriti di fuoco amoroso. 19 “Addio, ti lascio; ormai” disse giunto là l’astuto messaggero di Giove [: Mercurio] “mi accontento, o bell’Adone, di averti scortato fin qui per ignote regioni (contrade) e per te nuove. Infine eccoci sul confine, là dove ogni guerra d’Amore si conclude con la pace. Questa è la sede di quel nobile Senso [: il tatto] a cui solo ogni altro senso si arrende per [capacità di dare] certezza. 20 Talora ogni altro senso può essere molto facilmente deluso dagli oggetti illusori; questo solo, il quale è sempre fedele ministro del cero, e padre dei piaceri, no. Gli altri sensi non dominando il corpo intero ma solo qualche parte, non sono perfetti. Questo distende con un’azione globale le sue forze per tutto il corpo, e lo conquista tutto. 21 Io vorrei parlarne, e ti verre risolvendo più di un dubbio cavilloso (sottile) delle mie scuole (le scuole di medicina —› Mercurio è il dio protettore della pratica medica); ma è tempo di tacere, poiché io comprendo bene che la tua maestra [: Venere] non vuole parole. Io rimango qui dalla mia Herse (figlia di Aglauro, amata da Mercurio) tessendo una ghirlandetta di mirti e di viole. Tu va’ e godi. Io so che in tanta gioia qualunque compagnia ti darebbe fastidio”. 22 Con un tal cenno di sorriso astuto si rivolse a Ciprigna [: Venere] nel dire ciò; poi si sviò da loro, sicché non fu veduto per più di un giorno fino all’uscita. Ma prima di dare l’ultimo saluto ai due ardenti amanti al momento di partire congiunse le destre dell’uno e dell’altro in pegno di premio e gli unì le palme (impalmò) in segno di fedeltà. 23 Restarono soli nella densa ombra prodotta dalle fronde dopo che Mercurio si allontanò e tacque. Una sorgente irrigava e solcava il vicino prato erboso, di cui la potente Natura si compiace. Le acque bagnano il bosco, e il bosco ombroso si specchia nelle acque limpide, di modo che un solo giardino si presentava alla vista sdoppiato in due giardini, uno vero e uno finto. 24 Un ruscello porta da questa sorgente, che sgorga a livello del suolo, modesta e lenta, il suo piccolo corso arcuato lungo un letto tortuoso. Sembrerebbe di cristallo e di argento, se non se ne sentisse lo sciabordio (mormorio). Ha le sabbie d’oro e per questo Amore (il cieco Dio) è sempre occupato a raccoglierlo con le sue mani, con il quale fabbrica poi le frecce dorate, perenne tormento degli uomini infelici. 51 Le acque si vanno a versare, in maniera lenta e pacifica, in conche di sassi raffinati, in modo tale che l’acqua che cade si può raccogliere dal primo ordine dei balconi più in basso. Pigra cade l’onda lucente e si muove cristallina lentamente così che mentre si muove in un così ricco canale, ammira ambiziosa le sue bellezze. 52 E poi, per un tubo nascosto, ciascuna onda passa alla sua destinazione e, traboccando con fragore, rimbomba, tanto lucente quanto più scura. Ogni casa sembra una spelonca o una tomba, la luce del sole sembra luce lunare. Pallido vi entra per vie anguste, tanto che non c’è notte e non c’è giorno. 53 Il portico dove si rovescia l’acqua sostiene una serie di archi curvi. Là dove l’acqua della fontana si viene a riversare, vi sono dei marmi dipinti di colore strane e decorati di belle macchie e di vene lucenti che imbelliscono il muro interno. Propongono tutto intorno bei riposi agiati dei giacigli opachi e dei morbidi seggi in ombra. 54 Ma nessuna opera artificiale si compara con l’arte mirabolante della cava testuggine, che risplende arricchita di gemme preziosi, e non vi si trova nessuna gemma banale: vi è quella che sembra cielo, quella che sembra erba, vi è quella che come fuoco arde e lampeggia; non ci sono stucchi, ma solo smalti lavorati finemente in lamelle d’oro. 55 Tra i bei confini delle rive fiorite l’onda raccolta traspare così serena che non diminuisce i valori dei fregi delle rive e cos’ descrive in sé tutti le decorazioni della volta superba. In delle acque così belle e vivaci Cinzi non disdegnerebbe di essere vista e sorpresa; forse Narciso preferirebbe vagheggiare il suo bel viso in acque così belle. 56 Credo che qui avviene che la ninfa loquace che per Narciso divenne muta, resa voce, ora si compiace di abitare dove egli già compiacque di pavoneggiarsi. Qui l’ombra seguace delle ultime parole fugge per le acque di arco in arco, lontano, e come dentro l’alta mole di Olimpia, moltiplica le risposte alle parole. 57 Allora arrivò una coppia e scorse l’altra nel più vicino angolo dei bei bagni; e non passò molto tempo che da qui si accorse che uscivano un fremito sommesso fatto di parole e di baci. Adone andò verso quella parte e per vedere si avvicinò. Vide e abbassò lo sguardo al fondo della fonte perché la vergogna gli fece abbassarlo. 58 Sulla sponda di un letto ha lì scorto un satiro libidinoso e lascivo che con il braccio avvolto attorno a una bellissima ninfa, ne coglie il fiore nascosto di ogni piacere. Palpa con una mano l’avorio vivo del suo dolce fianco per suo piacere e con l’altra che è occupata ad altra opera, tocca la parte più dolce e più nascosta. 59 La giovinetta geme tra i nodosi e i nerboruti amplessi del robusto amante, e con occhi languidi e vergognosi si mostra dispettosa e disdegnosa. Allontana il viso dai baci ingordi e numerosi, e nega la dolcezza, e così facendo la alimenta di più; ma mentre si sottrae e combatte, ricambia i baci nelle scaltre ripulse. 60 Finge ritrosia e con accorte sciocchezze finge di sottrarsi da lui e intanto tra le ruvide contorsioni si incatena di più e più si annoda e viene cinta, in modo tale che mai più forte una spranga inchioda e stringe un legno con un legno. Non so se Flora o Frine o Taide riuscirono mai a trovare oscenità così laide. 61 L’alto piacere dell’impudica visione è come una serpe nel petto giovane e desideroso; non può essere che un debole cuore resista alle forze d’Amore, tiranno e mago; anzi per l’esca della dolce immagine, il desiderio incitato acquista vigore; e, stimolato verso il suo naturale corso, non è da meravigliarsi se infrange i limiti. 62 E la sua dea, che ha il cuore stretto di nodi amorosi, intenta a seguirlo, lo motteggia e lo tenta durante il cammino con arguti detti e modi astuti: “Godi pure” diceva tra sé “oh coppia contenta, il frutto dei tuoi dolci sospiri. Sospiri ben sparsi e pianti ben sparsi, felici amori e più felici amanti! 63 La fortuna sia con voi. Non so se per me chi mi ha imprigionato [il cuore] sarà tanto cortese”. Così parla accanto ad Adone e sorride, mentre pensa, intanto stringendogli forte il fianco sinistro con il braccio destro. E già colei che li porto lì spargeva dalla sua bocca mille incoraggiamenti. 64 Come fiamma con fiamma aumenta il fuoco, e così favilla con favilla aggiunge luce o come raddoppiato a poco a poco prende sempre più forza il fiume, così il giovane raddoppia la passione del disonesto gioco e pare che si consumi [nella passione], e tutto preda della sua ingorda lascivia non si ricorda della sua modestia. 65 Già diventato più di sé stesso si sente drizzare verso il cuore l’acuta freccia, tanto che ormai non riesce a sostenere lo stimolo di quel focoso ardore; perciò anelando il gran desiderio a cui il cuore lo sprona, assalendolo, bramoso di diventare totalmente felice, rivolto alla sua dea la bacia e dice: 66 “Ohimè, io muoio, io muoio, se non mi dona opportuna pietà un aiuto maturo. Se non vi importa di me, già si sprigiona e già si avvia la mia vita al suo termine. La fiamma brilla, e l’anima già pronta e disposta sembra che debba uscire dal corpo. La bellezza per cui è necessario che io muoia ancora smuove le membra con lo spirito. 67 Appena l’amore superbo venne oggi a sfidarmi con tali vezzi in una dolce guerra, anch’io tesi l’arco, e ora temo che il nervo per l’eccessiva durezza non mi si spezzi. Non ne posso più, non venga preso in giro o disprezzato il troppo ardire del vostro umile servo che pure vorrebbe, come potete vedere, toccare la meta ultima della gloria”. 68 Parlando così e aprendo con un gesto languido la falda del lieve vestito, mostrò scoperta senza nessun velo l’impazienza della sua accesa voglia. “Sopporta la speranza” disse lei allora “finché ci accolga una migliore disposizione, e rassicurati; perché a breve dalla Comodità, mia fida ancella, ci verrà data una stanza più bella. 69 Sopporta in pace il piacere ritardato che nelle dilazioni cresce molto. Ti basti sapere che mi distrugge il fuoco reciproco di un reciproco amore. Con te, nell’ora della prima luce, mi avrai, ti giuro, in un luogo più segreto. Rassicurati, tieni la mia fede come pegno, e presto avverrà che la tua nave entrerà in porto”. 70 Come un buon cacciatore talora, che vede infuriato il fiero cane da caccia d’Irlanda, benché la preda desiderata passi vicina al suo lato, però non gli concede così presto che [il cane] gli domanda, anzi fermo e tenace ad ogni strappo tiene il collare che gli imprigiona il collo, 71 Così non meno, scaldando di più l’affetto col godimento difficile, l’amante accorta, mentre lui voleva aprire la porta con la chiave amorosa al suo più grande piacere, frena l’impeto del primo desiderio del giovinetto, e lo bacia e lo conforta. Poi con la bella mano lo incita e lo invita a muoversi verso un’altra parte. 72 Il piede può uscire da quelle chiuse stanze verso un’ampia corte, attraverso più usci; sopra le porte delle stanze si vede scritta la virtù di ogni lavacro. Ogni acqua ha virtù di vario tipo, come testimonia anche l’esperienza degli altri. Quale vigore, quale sapore contenga l’acqua, lo mostrano in maniera chiara il tatto e il gusto. 73 O gentile miracolo, come può una vena che scorre da una sola sorgente stillante in vari recipienti contenere in sé così tante doti e qualità! Chi può di tutte queste acque dire i benefici? Alcuna più, alcuna meno gelida o calda, qualcuna è più torbida, qualcuna più limpida, qualcuna è dolce, altra salsa e altra amara. 74 La nature di quelle acque dove si posero la bella dea con il suo gradito amante era composta della stessa fonte insidiosa che congiunse Ermafrodito a Salmace, e in sé conteneva la proprietà nascosta di rinfiammare il desiderio tiepido, oltre che le erbe che erano infuse in essa erano dotate della stessa virtù. 75 Vi era il fallo e il satirio di cui il fiore e la radice fanno figure oscene, la mente che è salace per netura, e vi era una commistione di altre erbe, già raccolte alle pendici di Lampsaco. Amore, dimmi tu nel bel bagno com’era a vedersi nudo quel corpo sacro. 76 Le graziose Nereide, in mezzo alle acque, con le chiome sparse, quando iniziò la tempesta non si mostrarono così belle ai condottieri di Argo. Non so se mai la sua stella apparve più chiara quando sorse dall’oceano; il bel viso sembra il sole nascente, il seno sembra l’alba e quella conca sembra il mare. 77 Una statua di ninfa, incisa e fatta del marmo più puro che abbia valore, posta su una ricca fontana, oppure un bel ritratto di pregiato avorio, che un nobile fabbro intaglia, somiglia appunto nella bianchezza, nell’atto, solo il movimento la rende diversa; ela rendono differente dal sasso scolpito i capelli dorati e la porpora del viso. 78 Gli umori ghiacciati e cristallini arsero al fulgore delle tremolanti stelle e le pietre umide e le rive vicine avvamparono di insolite fiamme. Si vedevano accese sulle belle guance dolci fiamme come di rose e di rubini e nel bel seno come dentro un mare di latte nuotare due intatte mele. 79 Ora quale caso fortunato ammassa sulla fronte l’ampio volume della treccia bionda; quale cometa lascia andare parte della sua scia per indorare la sponda; l’aira che a volte la scompiglia escuote la fa increspare ed ondeggiare insieme alle onde, per cui i capelli rugiadosi e sparsi al vento sembrano oro che distilli argento. 80 L’onda d’amore sembrava che, colpita da una bellezza così preziosa, si disfacesse di piacere e desiderava rendersi dura e spesso avara di sé la chiudeva nel seno, come gelosa. La chiudeva, ma a che scopo se era così luminosa che difficilmente la teneva nascosta al bell’Adone? Infatti riluceva nel morbido gelo come fa la gemma attraverso il vetro o una lampada velata. 81 Oh che assalto lascivo gli muove contro al cuore l’atto gentile, mentre si lava e si pulisce! Ora si tuffa nelle acque, ora si solleva, ora vi immerge le labbra rosse, ora spruzza di quel dolce e cristallino liquido con la candida mano il caro amante, ora se ne spruzza il seno ed ora la fronte e fa piacere di vivo piacere la fonte. 82 Anche Adone, anch’egli spogliato dei leggiadri strumenti, pieno di stupore e di piacere, ha lo spirito acceso sotto il viso gelato, agghiacciando di fuori, arde dentro e, mentre ha lo sguardo fisso sul suo bel fuoco (su di lei), lascia uscire dall’animo un breve sospiro così profondo e così ricolmo d’amore che sembra voglia sospirare il cuore. 83 Dice sospirando: “Ahi quale folgore ardente, quale candido baleno mi abbaglia? Come vedo, io spettatore felice, vibrare come di fiamma i begli occhi e come di neve il bianco seno? Forse quest’anima è abita le acque del cielo? O questo è un cielo terreno? Il cielo sceso in terra, Veng chiunque a vedere quaggiù il sole in un acquario. 84 Io credo che Paride non vide nella valle dello Xanto una beltà tale nella stessa dea, né arse a tal punto di un fuoco d’amore quando ammiro la mal ammirata donna argiva, quanto io la vedo tentatrice e quanto sento l’anima sciogliersi in fiamma viva; fiamma di cui non credo fosse maggiore quella che arse e distrusse la sua patria (Troia). 85 Dimmi, padre Nettuno, se ti ricordi quando ella uscì dalle tue spume salate, dimmi se vedesti tanto splendore raccolto e tanta luminosità nelle sue belle membra. Dimmi tu, o Sole, quella bellezza non sembra oggi maggiore del solito? Maggiore di quando in cielo tu fosti invidiato testimonio agli altri dei della sua bellezza. 86 Endimione, tu fosti meno fortunato, indegno di ammirare quello che io oggi ammiro, quando la candida dea scese dal supremo balcone del limite argentato. Cedi a me, oh misero Atteone, che io ardo e sospiro per un oggetto più degno e il nostro destino è differente, perché io ne traggo vita e tu ne ottieni morte. 87 Oh bellezza immortale, perché ti lavi nelle onde che sono meno pure di te? Le acque con le tue macchie diventano pulite e con le tue brutture si fanno belle. Deh, visto che io sono destinato a gioie così soavi e ad avventure così favorevoli, permetti che io ti lavi con vivi pianti e ti asciughi con ardenti sospiri. 88 E se è vero che nelle fonti e nei fiumi a volte sfavilli il fuoco amoroso, fa che io mi consumi nell’acqua come Aci e come Alfeo io mi liquefaccia e gocci. Forse condensato tra le nuvole cerulee ammirando il mio fondo chiaro e tranquillo, nella stagione calda la mia bella fiamma mi guizzerà tra le braccia. 89 Così parla e intanto gli umori freddi prendono forza dalle fiamme amorose. Amore li stringe e stringe i corpi e i cuori con legami tenaci e indissolubili. Col nodo che temprò i passionali ardori, fece delle braccia catene e dei baci nodi, e con la propria benda egli pulì le membra gelide e gocciolanti. 90 Il sole era giunto alla fine del suo grande viaggio e, sparendo, aveva lasciato smarriti i fiori. Le ombre volanti e orrori di sonno facevano scorta ai silenzi e alle brine notturne. La notte chiudeva i dividerle [le anime] una spiaggia libica, un oceano profondo, una montagna inaccessibile, pure è peggio lasciare il proprio bene che desiderarlo e non goderlo mai. 116. Godiamo e amiamoci l'un l'altro. l'Amore è pietoso per l'Amore e degno di essere ricambiato con l'amore è solo l'amore. In virtù di un amore fedele due anime diventano un'anima sola e due cuori un solo cuore. Se cambia luogo il cuore anche l'anima cambia luogo e vive in altri, ma in se stessa muore. L'Amore abita il corpo abbandonato e l'anima fa le veci del cuore. 117. Oh! ineffabile e infinita dolcezza, soave piaga e arsura piena di diletto, dove, quasi come una Fenice incenerita, il cuore ha insieme la culla e la tomba. Dove l'anima ferita da due begli occhi muore non morendo e non si preoccupa del suo morire e, trafitta d'amore, sospira e illanguidisce senza dolore, senza arma e senza sangue. 118. Così l'anima impara la dolcezza del morire, fatta esca alla passione, bersaglio alla freccia, e sente, a causa di una ferita mortale provocata da una fiamma dolcemente amara, una morte immortale. Morte che è salute al cuore, che è cara ai sensi, non è morte, anzi è vita, è nascita. L'Amore che la colpisce con le sue frecce e che l'incendia per farla morire, le rende la vita. 119. E, dunque, se la tua volontà corrisponde alla mia e se i miei desideri corrispondono ai tuoi; se quanto piace a te, tanto desidero anch'io e quanto piace a me, tanto vuoi anche tu; se un solo desiderio è diviso in due petti e vi è un'anima comune tra noi; se ti prendi il mio cuore e mi dai il tuo, perché di due corpi non fai un corpo solo? 120. Oh, dolce favilla della mia anima! Oh, dolcissimo martirio del mio cuore! Oh dei miei occhi luce e pupilla! Oh, mia tenerezza! Oh mio sospiro! Volgimi quegli [occhi] da cui stilla ogni grazia, fonti di puro di puro e tremante zaffiro, porgimi la coppa di rubino dove mi è destinata dalla sorte di bere la morte. 121. Volgi a me quei begli occhi. Occhi vividi, occhi specchi luminosi dei miei occhi, occhi faretre e archi e fucine ardenti delle frecce intinte nel piacere, occhi stelle fatali del cielo d'amore, vive sorgenti del sole della bellezza; stelle serene la cui bella luce può eclissare perpetuamente la mia stella. 122. Porgimi la tua bocca. Oh! cara bocca, uscio di gemme della reggia del sorriso, siepe di rose in cui un arabo fiato come viperetta amorosa saetta e scocca, arca di perle da cui trabocca ogni bene, cameretta di porpora, antro odoroso, dove fugge, dove si nasconde Amore dopo che ha rubato un'anima, ucciso un cuore."- 123. [Venere] tace, ma quale sia lo stile che riesca a distinguere appieno il significato di ciascuna paroletta? Certo è indegna di loro [due amanti?] ogni altra lingua che non sia quella che ha che ha la forma così dolce [lingua d'amore?]. Così parlando e ammirando, ebbra e piena di desiderio, acquieta la sete ma non la placa anzi, perché baciando le dolci labbra e i dolci occhi più arde e si consuma. 124. Bacia e dopo aver baciato guarda e ammira le bellezze baciate; ora lui, ora lei. Ribacia e poi sospira e risospira per le dolcezze gustate; ora lui, ora lei. Vivono due vite in una vita sola e spira una sola lingua confusa in due lingue. Congiungono i cuori sulle labbra e le anime corrono a intrecciarsi insieme. 125. L'antro cavernoso e ruvido risuona di note tronche e fugaci "ti adoro - ti adoro". Dice l'uno: "Dimmi, o Dea, questi tuoi baci si muovono dal cuore così come dalle labbra?" Risponde l'altra: "Il cuore si bacia con le mordaci labbra, l'amore è il fabbro del bacio, il cuore lo distilla, le labbra poi lo scossano, più ne gode l'anima e meno la bocca. 126. Questi non sono baci, ma doni loquaci di un concorde desiderio amoroso. Le lingue ingorde, tacendo, parlano attraverso di loro e non loro silenzio esprimono grandi sensi. I sospiri e i baci stessi sono i muti accenti del mio cuore che morde baciandolo il tuo. Le anime accese d'amore si rispondono tra loro con voci che loro solo intendono. 127. Il bacio vince [porta le palme] la parola, il sospiro e lo sguardo, che sono espressioni d'amore, perché colpendo il centro del cuore con la [sua] freccia che ha sulla punta delle labbra, accoppia le anime. Quale soave ristoro, per il fuoco di cui io ardo, unire le bocche le bocche, alleggerire i corpi! Le bocche sono api e rose, desiderose di nettare, sono nel contempo assetate e dissetanti. 128. Il bel rosso che imporpora le labbra non v'è alcun dubbia che sia sangue. Ora se la nostra anima sta nel sangue come dicono i saggi, dunque, quando baciando entro in un torneo, la tua anima bacia la mia anima, e mentre tu ribaci io ribacio, il bacio accoppia la mia anima con la tua. 129. Il bacio che viene dall'anima siede sul sommo delle labbra amate, dove si raccoglie il fiore degli spiriti, come se avesse un corpo animato. Qui, con un so quale dolce rabbia, l'amore l'uccide e dove muore resta sepolto; ma voi baci divini, poi, laddove ha il sepolcro lo resuscitate. 130. Mentre le bocche si scontrano, mentre i baci si feriscono con i baci, le anime sono toccate da un così profondo piacere che, quasi fugaci, aprono le ali per volare; e tanta dolcezza piove in loro che essendo i cuori recipienti piccoli per contenerla, la versano dalle labbra e le anime stesse vanno sulle labbra desiderando di morire. 131. Quando il bacio spinge l'anima a morire, gli spiriti tremano tra i più vivi ardori, le lingua cambiano di bocca e i cuori di petto, lo spirito si stringe all'altro spirito e il cuore all'altro cuore. Gli occhi palpitano e l'incarnato delle guance viene tinto e scolorito da un pallore amoroso; e gli amanti esperti a volte morendo ritardano il morire per morire in due. 132. La tua anima morendo fugge da te e io baciandola la prendo moribonda, e in quel vitale morire che ci distrugge, mentre tu mi dai la tua, io ti rendo la mia; e chi mi ammira sospirando e si consuma, io consumo sospiro anch'io e morendo ammiro; e quando ti guardo e ti bacio, vorrei che morire ad ogni sospiro dell'anima." 133. L'altro le dice: "Anima mia, fai dunque sì che io cambi la morte con una vita immortale. Che l'anima possa volare in cielo in modo che sia felice, fatta simile agli eterni dei. Fa' che io viva e che io muoia e, se ciò è lecito, fa' che io riviva poi con un destino migliore. Fa che nello istante, languendo dolcemente, io viva nella tua bocca e muoia nel tuo seno. 134. Le tue rosse labbra uniscano il mio desiderio al tuo in uno stesso luogo. Le nostre anime, i nostri cuori, i nostri spiriti vivano e muoiano insieme. Il feritore sia al contempo ferito, come la feritrice muoia ferendo, in modo che i nostri ardori, mentre che io muoio e tu muori, siano ravvivati dal nostro morire insieme. 135. Oh mia cara! Permettimi che a mio piacere io penda di continuo dalle tue labbra, fa' sì che la scarsità d'amore non allontani le tue rosse labbra dal mio bianco petto, né, ti prego, una severità dispettosa sottragga i tuoi begli occhi al mio ardente affetto. Morendo io visrò in te e tu in me, così ti restituirò quanto tu mi doni. 136. Se in noi non c'è niente di nostro e non c'è nessuna cosa che possa dirsi tua o mia, se il mio cuore non è per niente mio, come credo anche che il tuo non sia tuo; poiché tu sei la mia fiamma e io sono il tuo fuoco, e ciò che brama l'uno, l'altro desidera; poiché l'amore ha fatto e controfirmato tra di noi questo contratto, 137. Permettimi che io ti ribaci e che, reciprocamente, ci stringiamo e abbracciamo. Pungimi, feriscimi, uccidimi e fammi svenire finché l'anima non sudi e il cuore non geli. Il mio ardore infiammi te e la tua fiamma infiammi me e uno stesso laccio ci cinga. Un perpetuo movimento abbiano le lingue e siano doppi i nodi delle braccia e delle labbra. 138. L'amore, come un uccellino attraente e carezzevole, con altri suoi cento fratelli lascivi e folli, vola, scherzando e tenendo nascosto l'arco, attraverso il fiore delle tue morbide labbra. E non vuole che io sazi la mia fame, quasi geloso delle sue dolcezze, perché appena io, per mitigare la mia passione colgo un bacio, lui mi trafigge il cuore. 139. Ma quando scampo da lui e mi rifugio dove il tuo bel viso è più roseo, io beato raccolgo una più dolce ambrosia di quella che si gusta in paradiso. Mi struggo, sentendo spirare dalle rose del tuo sorriso un dolce zefiro [venticello] il quale accresce con l'ardore del fuoco che consuma il mio cuore. 140. Questi che io prendo non sono baci, sono arie profumate della dolce Arabia, di una dolcezza che io non capisco, profumate più che la cannella, sono i profumi che l'amore va ricavando dall'anime innamorate. Sembra che in queste porpore sia raccolto tutto il miele che hanno il Parnaso, l'Ibla e l'Imetto [monti greci]. 141. Oh me felice! Che ho potuto meritare quel dolce "mai" che tanto mi ha fatto bene. Ma nel mio piacere sono così folle che nello stesso tempo bacio e parlo. E' così grande il piacere che non vorrei occupare la mia bocca in altro. E il core stesso si addolora con la bocca quando i baci lasciano spazio alle parole." 142. "E io" diceva lei "che mi vanto di godere nei supremi seggi una gloria infinita, lassù non trovo tanto piacere che possa pareggiare questa gioia. Prenditi pure ciò che chiedi e chiedi quanto ti piace di me, conquistami a tuo piacere. Ecco, il cuore con piccole scosse, sospirando e tremando, viene a te oh mio bene. 143. Oh mio cuore! Lancia nel mio cuore come una dolce saetta la lingua d'amore. E su una pietra [cote] di rubino affila la punta che mi attira a un dolce morire e fa che morendo anch'io senta il tuo dolce morire. Il ferire sembri un serpente, poiché spesso stanno ben nascosti i serpenti tra le rose. 144. E se forse ti spiace imitare la vipera perché essa è velenosa e solitaria, almeno muovila [la lingua] come una rondine fugace fa guizzare la sua coda lasciva. Oppure l'astuto Amore t'insegni ad incresparla come le fronde di un giovane ulivo. Falla vibrare così che la tua bocca arciera simile a tuoi begli occhi mi ferisca il cuore." 145. Replica lui: "Non sono questi gli occhi dolci da cui scocchi frecce al cuore? Non sono gli occhi con cui da poco hai arso il mio cuore? Oh, begli occhi!" E mentre dice queste le bacia gli occhi. Ella soggiunge: "Begli occhi! Occhi celesti, motivo per cui il cuore trabocca di dolcezza! Cuore per cui io vivo senza cuore, tesoro di cui io sono povera, vita della quale io muoio." 146. E allora il lusingatore: " Tu sei quel cuore da cui il mio cuore riceve vita. Cuore mio..." Voleva dire di più, ma lei gli beve con un bacio il cuore e la parola. Lei si strugge per lui, e lui per lei, come una falda di neve a un raggio di sole. Risuonano i baci e dalla cava spelonca forse mai l'eco non rispose a un così dolce suono. 147. Il sommo del piacere, il fine del desiderio fanno un solo nodo dell'uno e dell'altro cuore. I petti nell'estasi d'amore emettono un mormorio di profondi sospiri. Le anime stillano in un umore tiepido, un oblio di piacere opprime i sensi. Le lingue tornano fredde, i volti pallidi e gli occhi vacillano rivolti al cielo. 148. Le anime stanche, rapite verso il cielo d'amore, tramortiscono e languono ebbre di gioia. Non so narrare i ripetuti sospiri, i singulti, le dolci ferite della guerra amorosa. Ditelo voi, fresche arie e onde correnti, voi che li avete visti e uditi e voi, verdi mirti, alti pini e ombrosi allori, testimoni di amori felici. 149. Ma già fugge la luce del giorno e ritorna l'ombra e il sole si avvicina al Marocco e dalla parte dell'oriente si vede il cielo imbrunire, la terra cambia il verde manto in uno scuro. Già la cicala cede il canto al grillo e l'usignolo alla civetta, che garrisce verso le stelle e maledice il fuggente raggio del bel pianeta [il sole?].
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