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Parafrasi canto XXVI Inferno, Appunti di Italiano

Il documento contiene la parafrasi del canto XXVI dell'Inferno di Dante Alighieri con breve elenco puntato dei principali avvenimenti.

Tipologia: Appunti

2017/2018

In vendita dal 06/03/2023

Pucci_Simone
Pucci_Simone 🇮🇹

43 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Parafrasi canto XXVI Inferno e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! 1. Invettiva contro Firenze 2. Pena dei consiglieri di frodi 3. Incontro con Ulisse e Diomede 4. Ulisse narra il suo ultimo viaggio e la sua morte CERCHIO VIII: ❖ 8^ BOLGIA: consiglieri fraudolenti (contrappasso per analogia: come hanno avuto una lingua ardita nel parlare, ora i peccatori sono condannati al dolore all’interno di lingue di fuoco; è anche possibile interpretare le fiamme come simbolo dell’ardore della curiosità e dell’intelligenza impiegate -male- in vita) Gioisci, o Firenze, dal momento che sei così grande che voli sul mare e sulla terra e la tua fama si diffonde anche all’Inferno! Tra i ladri ne trovai cinque che erano tuoi cittadini, tali che ne provo vergogna, e tu non aumenti per maggiore onorevolezza. Ma, se verso il mattino si sognano cose vere, tu sentirai, da qui nel giro di poco tempo, ciò che Prato, nonchè altre città, ti augura. E se fosse già accaduto, non sarebbe troppo presto (sarebbe già tardi). Così sia, dato che deve solamente/comunque accadere! Perchè ciò mi peserà sempre di più, man mano che invecchio. Noi ci allontanammo e la mia guida risalì su per le scale che prima ci avevano resi pallidi a scendere, e mi trasse a sè; e, proseguendo per la via solitaria, tra le punte e le rocce della pietra il piede non riusciva a togliersi d’impaccio senza le mani. Allora provai dolore/paura ed ora torno a provarne quando rimando il pensiero a ciò che ho visto, e dirigo (tengo a freno con le briglie) maggiormente l’intelletto di quanto io sia solito fare, perchè non corra senza che la virtù lo guidi; così che, se un astro favorevole o la bontà Divina mi hanno concesso il bene (la salvezza), non me lo tolga io stesso. Tante lucciole quante quelle che il contadino che si riposa sull’altura vede giù nella vallata nel periodo in cui il sole ci tiene meno nascosta la sua superficie (in estate) e quando la mosca lascia il posto alla zanzara (al tramonto), forse da là dove vendemmia e zappa, così ve ne erano sotto forma di fiamme nell’ottava bolgia, che ne risplendeva interamente, così come io mi accorsi non appena giunsi là dove appariva il fondo. E come colui che si vendicò con gli orsi (Eliseo) vide il carro di Elia allontanarsi, una volta che i cavalli si furono levati al cielo, e che non lo poteva seguire con lo sguardo senza che vedesse nulla se non una fiamma che, come una nuvoletta, saliva verso l’alto, così si muove ogni anima sul fondo della fossa, in modo tale che nessuna mostra l’anima nascosta all’interno, ed ogni fiamma cela un peccatore. Io ero sul ponte a guardare ritto in piedi (e mi stavo sporgendo) a tal punto che, se non avessi afferrato uno spuntone, sarei caduto in basso senza essere stato spinto. E la mia guida, che mi vide tanto teso, disse: “All’interno delle fiamme vi sono le anime; ciascuno è avvolto dalla fiamma di cui è arso”. “O mio maestro”, risposi, “nel sentirtelo dire ora sono più sicuro; ma mi ero già accorto che fosse così e ti volevo chiedere chi fosse colui che viene, diviso in tal modo sulla punta, e che pare alzarsi dalla pira sulla quale Eteocle fu posto con il fratello”. Mi rispose: “Lì dentro sono martoriati Ulisse e Diomede, che vanno insieme incontro al giusto castigo così come insieme andarono incontro all’ira divina; e all’interno della loro fiamma si piange il tranello del cavallo che funse da porta da cui uscì/nacque la nobile origine dei Romani. Vi piangono l’inganno a causa del quale, sebbene morta, Deidamia si duole ancora per Achille, e quello che portò al furto del Palladio”. “Se essi possono parlare da dentro queste fiamme”, dissi io, “o maestro, ti prego molto e nuovamente, e che la mia preghiera valga come mille, di non negarmi di
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