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parafrasi divina commedia purgatorio canto 16, Appunti di Lingue e letterature classiche

parafrasi divina commedia purgatorio canto 16

Tipologia: Appunti

2019/2020
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Caricato il 23/05/2020

giuly181818
giuly181818 🇮🇹

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Scarica parafrasi divina commedia purgatorio canto 16 e più Appunti in PDF di Lingue e letterature classiche solo su Docsity! Testo Purgatorio 16 Quanto tra l’ultimar de l’ora terza e ‘l principio del dì par de la spera che sempre a guisa di fanciullo scherza, 3 tanto pareva già inver’ la sera essere al sol del suo corso rimaso; vespero là, e qui mezza notte era. 6 E i raggi ne ferien per mezzo ‘l naso, perché per noi girato era sì ‘l monte, che già dritti andavamo inver’ l’occaso, 9 quand’io senti’ a me gravar la fronte a lo splendore assai più che di prima, e stupor m’eran le cose non conte; 12 ond’io levai le mani inver’ la cima de le mie ciglia, e fecimi ‘l solecchio, che del soverchio visibile lima. 15 Come quando da l’acqua o da lo specchio salta lo raggio a l’opposita parte, salendo su per lo modo parecchio 18 a quel che scende, e tanto si diparte dal cader de la pietra in igual tratta, sì come mostra esperienza e arte; 21 così mi parve da luce rifratta quivi dinanzi a me esser percosso; per che a fuggir la mia vista fu ratta. 24 «Che è quel, dolce padre, a che non posso schermar lo viso tanto che mi vaglia», diss’io, «e pare inver’ noi esser mosso?». 27 Parafrasi Quanto è lo spazio percorso dal sole, simile a un fanciullo che gioca, dall'inizio del giorno sino alla fine dell'ora terza, altrettanto doveva ancora percorrere fino all'inizio della sera; in Purgatorio era il vespro, mentre in Italia era mezzanotte. E i raggi solari ci colpivano in pieno viso, poiché noi giravamo intorno al monte e procedevamo dritti verso occidente, quando io mi sentii abbagliare da un fulgore molto più intenso di prima ed ero stupito da quel fenomeno che non mi spiegavo; allora sollevai le mani sopra le mie ciglia, proteggendo gli occhi dalla luce eccessiva rispetto alle capacità della mia vista. Come quando il raggio luminoso viene riflesso dall'acqua o da uno specchio, così che il raggio che sale forma un angolo identico a quello del raggio che scende rispetto alla verticale al piano, conformemente a quanto l'esperienza e la scienza dimostrano; così mi sembrò di essere colpito in quel punto da una luce riflessa, cosa che mi spinse a distogliere in fretta lo sguardo. Io dissi: «Che cos'è quello, dolce padre, davanti al quale non posso proteggere la vista senza essere abbagliato, e che sembra muovere verso di noi?» Mi rispose: «Non stupirti se gli angeli ti abbagliano «Non ti maravigliar s’ancor t’abbaglia la famiglia del cielo», a me rispuose: «messo è che viene ad invitar ch’om saglia. 30 Tosto sarà ch’a veder queste cose non ti fia grave, ma fieti diletto quanto natura a sentir ti dispuose». 33 Poi giunti fummo a l’angel benedetto, con lieta voce disse: «Intrate quinci ad un scaleo vie men che li altri eretto». 36 Noi montavam, già partiti di linci, e ‘Beati misericordes!’ fue cantato retro, e 'Godi tu che vinci!'. 39 Lo mio maestro e io soli amendue suso andavamo; e io pensai, andando, prode acquistar ne le parole sue; 42 e dirizza’mi a lui sì dimandando: «Che volse dir lo spirto di Romagna, e ‘divieto’ e ‘consorte’ menzionando?». 45 Per ch’elli a me: «Di sua maggior magagna conosce il danno; e però non s’ammiri se ne riprende perché men si piagna. 48 Perché s’appuntano i vostri disiri dove per compagnia parte si scema, invidia move il mantaco a’ sospiri. 51 Ma se l’amor de la spera supprema torcesse in suso il disiderio vostro, non vi sarebbe al petto quella tema; 54 ancora: quello è un messo celeste che viene a invitarci a salire. Ben presto vedere certe cose non solo non ti darà fastidio, ma ti procurerà gioia per quanto la natura ti ha disposto a ciò». Dopo che raggiungemmo l'angelo benedetto, egli disse con voce lieta: «Accedete qui ad una scala, meno ripida delle altre». Noi salivamo, ormai allontanatici da quel punto, e dietro di noi fu cantato 'Beati i misericordiosi', e 'Godi tu che vinci'. Il mio maestro e io, soli, salivamo entrambi; e io pensai, mentre salivo, di acquistare vantaggio grazie alle sue parole; e mi rivolsi a lui domandandogli così: «Cosa volle dire lo spirito di Romagna (Guido del Duca) parlando di 'esclusione' e di 'compagni'?» Allora mi rispose: «Egli conosce il danno del suo maggior peccato; dunque non ci si deve stupire se lo rimprovera, perché non se ne debba provare dolore. L'invidia spinge a sospirare perché i vostri desideri si concentrano su quei beni il cui possesso diminuisce, quanti più sono coloro che li possiedono. Ma se l'amore dell'Empireo indirizzasse il vostro desiderio verso l'alto, il petto non avrebbe quel timore; infatti in Cielo, quanto più numerosi sono coloro che godono di un bene, tanto maggiore è il bene 105 Poi vidi genti accese in foco d’ira con pietre un giovinetto ancider, forte gridando a sé pur: «Martira, martira!». 108 E lui vedea chinarsi, per la morte che l’aggravava già, inver’ la terra, ma de li occhi facea sempre al ciel porte, 111 orando a l’alto Sire, in tanta guerra, che perdonasse a’ suoi persecutori, con quello aspetto che pietà diserra. 114 Quando l’anima mia tornò di fori a le cose che son fuor di lei vere, io riconobbi i miei non falsi errori. 117 Lo duca mio, che mi potea vedere far sì com’om che dal sonno si slega, disse: «Che hai che non ti puoi tenere, 120 ma se’ venuto più che mezza lega velando li occhi e con le gambe avvolte, a guisa di cui vino o sonno piega?». 123 «O dolce padre mio, se tu m’ascolte, io ti dirò», diss’io, «ciò che m’apparve quando le gambe mi furon sì tolte». 126 Ed ei: «Se tu avessi cento larve sovra la faccia, non mi sarian chiuse le tue cogitazion, quantunque parve. 129 Ciò che vedesti fu perché non scuse d’aprir lo core a l’acque de la pace che da l’etterno fonte son diffuse. Quando la mia anima tornò in sé e percepì le cose reali all'esterno, io riconobbi di aver avuto visioni dal contenuto veritiero. Il mio maestro, che mi vedeva simile a un uomo che esce poco alla volta dal sonno, disse: «Che cos'hai, che non ti reggi in piedi e hai camminato per più di mezza lega (per molta strada) con gli occhi velati e le gambe impacciate, come qualcuno gravato dal vino o dal sonno?» Io dissi: «O dolce padre mio, se mi ascolti io ti dirò ciò che mi è apparso quando le gambe non mi reggevano». E lui: «Se tu avessi cento maschere sopra il volto, i tuoi pensieri, per quanto minimi, non mi sarebbero nascosti. Ciò che hai visto voleva indurti a non rifiutare di aprire il cuore alle acque della pace (alla mansuetudine), che sono versate dalla fonte eterna (l'amore di Dio). Non ti chiesi cosa avessi come fa quello che guarda con l'occhio corporeo che non vede, quando il corpo giace esanime; ma te lo chiesi per accelerare il tuo passo: così bisogna pungolare i pigri, lenti a muoversi quando tornano svegli». Noi camminavamo nel vespro, fissando gli occhi davanti a noi per quanto ce lo consentivano i raggi del sole, bassi e luminosi. 132 Non dimandai "Che hai?" per quel che face chi guarda pur con l’occhio che non vede, quando disanimato il corpo giace; 135 ma dimandai per darti forza al piede: così frugar conviensi i pigri, lenti ad usar lor vigilia quando riede». 138 Noi andavam per lo vespero, attenti oltre quanto potean li occhi allungarsi contra i raggi seròtini e lucenti. 141 Ed ecco a poco a poco un fummo farsi verso di noi come la notte oscuro; né da quello era loco da cansarsi. Questo ne tolse li occhi e l’aere puro. 145 Ed ecco poco a poco avanzare verso di noi un fumo, oscuro come la notte, dal quale non era possibile scansarsi; questo ci accecò e ci tolse l'aria pura.
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