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Il Romanticismo e il Colore: L'Influenza di Eugène Delacroix sulla Pittura Moderna, Schemi e mappe concettuali di Estetica

Il concetto di romanticismo e il suo ruolo nella moderna espressione dell'arte, con un particolare focus su eugène delacroix e la sua influenza sulla pittura. L'autore discute della natura dell'arte moderna, dell'importanza del colore e della maniera di sentire, e analizza le opere di delacroix per capire come egli ha contribuito alla definizione del romanticismo nella pittura del xix secolo.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2023/2024

Caricato il 11/03/2024

Miri_ana00
Miri_ana00 🇮🇹

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Scarica Il Romanticismo e il Colore: L'Influenza di Eugène Delacroix sulla Pittura Moderna e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Estetica solo su Docsity! IL SALON DEL 1846 Pag. 14 “L'arte è un bene infinitamente prezioso, una bevanda che rinfresca e riscalda, che ristabilisce lo stomaco e lo spirito nel naturale equilibrio dell'ideale. Ne comprendete l'utilità, o borghesi - legislatori o commercianti - quando, scoccate le sette o le otto, chinate il vostro capo stanco alle braci del focolare e sui cuscini della poltrona. In quel momento, un più acceso desiderare o un fantasticare vi ristorerebbero dall'attività quotidiana”. Pag.16 E perciò naturale, borghesi, che questo libro vi sia dedicato. Poiché ogni libro che non si rivolga alla maggioranza - per numero e per intelligenza - è un libro sciocco. Pag.17-18 Credo sinceramente che la critica migliore debba essere piacevole, che il pretesto di spiegare tutto, non porta ne odio ne amore al suo oggetto e si spoglia deliberatamente di qualunque temperamento, ma - allo stesso modo in cui un bel quadro è la natura rispecchiata da un artista -quella che ci mostrerà tale quadro nello specchio di uno spirito intelligente e sensibile. Sicché la recensione migliore di un quadro potrà essere un sonetto o una elegia. Ma un tale genere di critica è destinato alle raccolte poetiche e ai lettori di poesia. Quanto alla critica propriamente detta, spero che i filosofi comprendano ciò che sto per dire: per essere giusta, vale a dire per avere la sua ragion d'essere, la critica deve essere parziale, appassionata, politica, cioè condotta da un punto di vista esclusivo - purché sia quello che apre il maggior numero di orizzonti. Esaltare la linea a discapito del colore oppure il colore a spese della linea è senza dubbio un punto di vista, ma non molto ampio né granché giusto, e rivela una totale incomprensione dei destini individuali. Non sappiamo in quali dosi la natura ha mescolato nei diversi spiriti il gusto della linea e del colore e per quali vie misteriose essa opera quella fusione il cui esito è un quadro. Un punto di vista più ampio sarà pertanto l'individualismo correttamente inteso: esigere dall'artista l'ingenuità e l'espressione sincera del suo temperamento, sostenute con tutti i mezzi che il mestiere può fornirgli. Pag.19 Stendhal ha scritto una volta: «La pittura non è che morale costruita!» - Secondo che si intenda la parola "morale" in senso più o meno liberale, si può dire lo stesso di tutte le arti. Poiché tutte si risolvono nel fatto che il bello trova espressione attraverso il sentire, la passione e il fantasticare individuali, vale a dire la varietà nell'unità, o le diverse facce dell'assoluto, la critica sconfina a ogni momento nella metafisica. Poiché ogni secolo e ogni popolo hanno il proprio modo di esprimere la bellezza e la morale, se vogliamo intendere con il termine "romanticismo" l'espressione più recente e più moderna della bellezza, per il critico avveduto e appassionato il grande artista sarà quello che al requisito appena enunciato, cioè all'ingenuità, unirà il massimo possibile di romanticismo. Pag.20-21 Il romanticismo non sta propriamente né nella scelta dei temi né nella verità esatta, ma nella maniera di sentire. L'hanno cercato fuori ed è solo dentro che è possibile trovarlo. Per me il romanticismo è l'espressione più recente, più attuale, del bello. Ci sono tante bellezze quanti sono i modi di cercare abitualmente la felicità.** La filosofia del progresso offre una chiara spiegazione della cosa. Poiché sono esistiti tanti ideali quante maniere diverse in cui i popoli hanno inteso la morale, l’amore, la religione ecc., il romanticismo non consisterà in una esecuzione perfetta, ma in una concezione affine alla morale del tempo. È perché alcuni l'hanno identificato con la perfezione del mestiere che abbiamo avuto il rococò del romanticismo, incontestabilmente il più insopportabile. Prima di tutto bisogna perciò conoscere quegli aspetti della natura e quelle situazioni dell'anima che gli artisti del passato hanno disdegnato o non hanno conosciuto. Chi dice romanticismo dice arte moderna, vale a dire intimità, spiritualità, colore, aspirazione verso l'infinito, espressi con tutti i mezzi a disposizione delle varie arti. Ne consegue che c'è una evidente contraddizione tra il romanticismo e le opere dei suoi principali adepti. Che il colore abbia una parte importantissima nell'arte moderna non può stupire. Il romanticismo è figlio del Nord e il Nord è colorista. I sogni e le credenze fantastiche si generano nella bruma. L'Inghilterra, patria del colorismo esasperato, le Fiandre e metà della Francia sono immerse nelle nebbie; Venezia stessa si bagna nella laguna. Quanto ai pittori spagnoli, a loro appartengono più i contrasti che i colori. All'opposto, il Mezzogiorno è naturalista, giacché la natura vi appare così bella e così luminosa che l'uomo, non avendo nulla da desiderare, non trova niente da inventare che sia più bello di ciò che vede. Qui regna l'arte all’aria aperta - poche centinaia di leghe più su sogni profondi prendono consistenza negli atelier e gli sguardi della fantasia si perdono negli orizzonti grigi. Pag.22 [Il Mezzogiorno è brutale e assertivo come uno scultore nelle sue composizioni più delicate; il Nord sofferente e inquieto si consola con l'immaginazione e, quando fa della scultura, questa sarà più spesso pittoresca che classica] Pag. 22-23 Proviamo a immaginare un ampio spazio di natura che sia tutto un verdeggiare, un rosseggiare, uno sfavillio e una iridescenza privi di regola, e nel quale tutte le cose, diversamente colorate a seconda della loro costituzione molecolare, mutevoli di attimo in attimo allo spostarsi dell'ombra le della luce, e agitate dal lavorio interno del calore, si trovino in una perpetua vibrazione, che fa tremare le linee e perfeziona la legge del movimento eterno e universale. Pag.24 Questa grande sinfonia del giorno, che è l'eterna variazione della sinfonia dello ieri, questo succedersi di melodie, in cui la varietà proviene sempre dall'infinito, questo inno complicato si chiama colore. Pag.25 Il colore è dunque l'accordo di due toni. Il tono caldo e il tono freddo, l'opposizione dei quali è a base dell'intera teoria, non possono definirsi in una maniera assoluta: non esistono se non in quanto relazione. Pag.27 L'armonia è la base della teoria del colore. La melodia è l'unità nel colore o il colore generale. La melodia esige una conclusione, è un insieme nel quale tutti gli effetti concorrono a un effetto generale. Di conseguenza la melodia lascia nello spirito un profondo ricordo. La maggior parte dei nostri giovani coloristi difetta di melodia. Il modo appropriato per sapere se un quadro è melodioso è guardarlo sufficientemente da lontano per non comprenderne né il soggetto né le linee. Se è melodioso ha già un senso, ha già preso il suo posto nel repertorio dei ricordi. Pag. 28-29 Non so se qualche studioso di analogie abbia definito su basi solide un raffronto completo dei colori e dei sentimenti, ma rammento un passaggio di Hoffmann che esprime perfettamente la mia idea e che piacerà a tutti coloro che amano in maniera sincera la natura: «Non è soltanto in sogno e nel lieve delirio che precede il sonno, ma anche da sveglio, quando ascolto della musica, che trova una analogia e una intima connessione tra i colori, suoni e i profumi. Mi pare che tutte queste cose siano state generate da uno stesso raggio di luce e debbano accordarsi in un meraviglioso concerto. Soprattutto l'odore delle calendule brune e rosse produce su di me un effetto magico. Mi fa cadere in una fantasticheria profonda e in quei momenti odo come in lontananza suoni d'oboe gravi e profondi» Pag.30 [I coloristi disegnano come la natura: le loro figure sono naturalmente delimitate dalla lotta armoniosa delle masse colorate. I puri disegnatori sono filosofi e distillatori di quintessenza. I coloristi sono poeti epici. CAPITOLO IV Eugène Delacroix Pag.30 Romanticismo e colore mi portano dritto a Eugène Delacroix. Non so se egli vada fiero della sua qualità di romantico, ma qui è il suo posto, perché da molto tempo - e fin dalla sua prima opera - gran parte del pubblico ne ha fatto il capo della scuola moderna. Pag.58 L'altro quadro raffigura un mercato di donne in attesa dei loro compratori. Sono donne vere, donne della nostra civiltà, dai piedi arrossati dalle calzature, un po' comuni. un po' troppo rosee, che un turco ottuso e sensuale acquisterà per bellezze sopraffine. Quella che è ritratta di schiena, e le cui natiche sono avvolte in un velo trasparente, ha ancora in testa un cappellino di modista, cappellino acquistato in rue Vivienne o al Temple. La poveretta è stata certamente rapita dai pirati. Il colore di questo quadro è di una notevolissima leggerezza e trasparenza di toni. Si direbbe che Tassaert abbia preso a cuore la maniera di Delacroix. Pag.59 Vi sono al Salon due curiosità di un certo rilievo: i ritratti di Petit Loup e di Graisse du dos de buffe dipinti da Catlin, la guida dei selvaggi. Quando Catlin sbarcò a Parigi con i suoi abitanti dello lowa e il suo museo, si sparse la voce che egli era un brav'uomo che non sapeva né dipingere né disegnare, il quale soltanto grazie alla perseveranza e alla pazienza aveva realizzato alcuni buoni bozzetti. Fu una sua innocente furbizia o stupidità dei giornalisti? È oggi assodato che Catlin sa dipingere e disegnare molto bene. I due ritratti citati basterebbero a fornirmene la prova, se non avessi il ricordo di molti altri pezzi altrettanto belli. Soprattutto i suoi cieli mi avevano colpito per la loro leggerezza e trasparenza. Catlin ha reso in maniera superba il carattere libero e fiero e l'espressione nobile di questi coraggiosi individui. La costruzione delle teste è perfetta. Con la bellezza delle loro pose e la scioltezza dei loro movimenti, questi selvaggi permettono di capire la scultura antica.* Nel colore c'è poi qualcosa di misterioso che mi avvince più di quanto sappia dire. Il rosso - il colore del sangue, della vita - era tanto copioso nel suo fosco museo che davvero inebriava. I paesaggi (montagne boscose, immense savane, fiumi solitari) erano inyariabilmente, eternamente verdi. Pag.71 Poiché il colore è quanto c'è di più naturale e di più visibile, il partito dei coloristi è il più folto e il più importante. L'analisi, che facilita l'esecuzione, ha sdoppiato la natura in colore e linea e, prima di intraprendere lo scrutinio degli artisti che formano il secondo partito, penso sia utile offrire qui la spiegazione di certi principi che li guidano, talvolta perfino a loro insaputa. Pag.72-73 Ma siccome non si dà circonferenza perfetta, l'ideale assoluto è una sciocchezza. Il gusto esclusivo del semplice porta l'artista inetto all'imitazione del medesimo tipo. I poeti, gli artisti e l'intera razza umana sarebbero davvero infelici, se l'ideale - entità assurda e impossibile - fosse trovato. Che cosa farebbe ciascuno di noi del suo povero io - della sua linea spezzata? Ho già osservato che il ricordo è il grande criterio dell'arte. L'arte è una mnemotecnica del bello: ora, l'imitazione esatta guasta il ricordo. Ci sono poveri pittori per i quali la minima verruca è una fortuna: non solo si guardano bene dal dimenticarla, ma bisogna che la facciano quattro volte più grossa. In tal modo gettano gli amanti nella disperazione (e un popolo che fa fare il ritratto del suo re è un amante). Tanto lo scendere troppo nel particolare quanto il troppo generalizzare impediscono il ricordo. All'Apollo del Belvedere o al Gladiatore preferisco l'Antinoo, perché l'Antinoo è l'ideale dell'affascinante Antinoo. Sebbene il principio universale sia uno, la natura non produce nulla di assoluto neppure di completo." non vedo che individui. Ogni animale, in una stessa specie, differisce per qualcosa dal suo simile, e tra le migliaia di frutti portati da un albero è impossibile trovarne due identici (sarebbero infatti lo stesso). La dualità, che è la contraddizione dell'unità, ne è pure la conseguenza.* L'infinitezza nella varietà si manifesta in maniera sconvolgente soprattutto nella razza umana. Senza contare i grandi tipi che la natura ha distribuito nei diversi climi, ogni giorno vedo passare sotto la mia finestra un certo numero di calmucchi, di Osage, di indiani, di cinesi e di antichi greci, tutti più o meno pariginizzati. Ogni individuo è un'armonia). Pag.74 Il disegno e una lotta fra la natura e l'artista, nella quale questi trionfa tanto più facilmente quanto meglio comprende le intenzioni della natura. Non si tratta per lui di copiare, ma di interpretare in una lingua più semplice e più luminosa. Pag.76 I disegnatori puri sono dei naturalisti dotati di un senso eccellente, ma disegnano per raziocinio, mentre i coloristi, i grandi coloristi, disegnano per temperamento, quasi a propria insaputa. Il loro metodo è simile alla natura: disegnano perché colorano. I disegnatori puri, se volessero essere logici e fedeli alla loro professione di fede, si contenterebbero della matita nera. Si danno tuttavia al colore con incredibile ardore e non si accorgono della contraddizione. Iniziano delimitando le forme in maniera implacabile e assurda e in seguito pretendono di riempire quegli spazi. Questo metodo ancipite ostacola incessantemente i loro sforzi e conferisce a tutte le loro opere un non so che di amaro, di faticoso, di controverso. Ciascuna di esse è un eterno processo e una dualità stancante. Un disegnatore è un colorista mancato. Pag. 84 Ci cono due modi di intendere il ritratto: la storia è il romanzo. Il primo consiste nel rendere fedelmente, con rigore e minuzia, il contorno e il modellato del soggetto. Ciò non esclude l'idealizzazione, che, per i naturalisti illuminati, equivarrà a scegliere l'atteggiamento più caratteristico, quello che esprime più compiutamente i costumi interiori. Si tratta inoltre di saper accentuare ragionevolmente ogni particolare importante, di mettere in luce tutto quanto in natura è rilevato, risentito e primario, e di trascurare o fondere nell'insieme tutto quanto è insignificante o effetto di una menomazione fortuita. I maestri della scuola storica sono David e Ingres. Gli esempi migliori sono i ritratti di David che si sono potuti vedere all'esposizione Bonne-Nouvelle e quelli di Ingres, per esempio Bertin e Cherubini. L'altro metodo, proprio dei coloristi, consiste nel fare del ritratto un quadro, un poema con tutti i suoi elementi, spazioso e ricco d'immaginazione. Questa è un'arte più difficile, perché più ambiziosa. Occorre saper immergere una testa nei molli vapori di una calda atmosfera, o farla avanzare dalle profondità di un crepuscolo. L'immaginazione ha qui una parte maggiore, e tuttavia, così come spesso il romanzo è più vero della storia, capita pure che un soggetto sia reso più chiaramente dal pennello esuberante e duttile di un colorista che dalla matita di un disegnatore. Pag.80-90 capitolo intero Lo chic - parola orrenda e bizzarra e di moderno conio, di cui ignoro addirittura l'ortografia,* ma che sono costretto a usare perché consacrata dagli artisti per esprimere una mostruosità moderna - significa: assenza di modello e di natura. Lo chic è l'abuso della memoria. Si tratta d'altronde piuttosto di una memoria della mano che del cervello. Ci sono infatti artisti dotati di una memoria profonda dei caratteri e delle forme (Delacroix o Daumier) e che pure non hanno nulla da spartire con lo chic. Lo chic può paragonarsi al lavoro di quei calligrafi, provvisti di bella mano e di una penna ben tagliata per la scrittura inglese o corsiva, che sanno tracciare con sicurezza a occhi chiusi, al modo di uno svelto ghirigoro, la testa di Cristo o il cappello dell'imperatore. Il significato della parola poncifha più di una analogia con quello della parola chic. Si riferisce tuttavia più in particolare alle espressioni della faccia e agli atteggiamenti, Vi sono collere poncif e stupori poncif, per esempio quello reso da un braccio orizzontale con il pollice divaricato. Nella vita e nella natura s'incontrano cose ed esseri poncif, che sono come il compendio stesso delle idee volgari e banali che ci si fa di tali cose e tali esseri: i grandi artisti ne hanno pertanto orrore. Tutto ciò che è convenzionale e tradizionale ha a che fare con lo chic e il poncif. Quando un cantante si porta la mano al cuore, questo significa di solito: l'amerò per sempre! - Se stringe i pugni dirigendo lo sguardo verso il suggeritore o il piancito, significa: morirà, il traditore! Ecco il poncif. Pag.122-127 (18esimo capitolo intero) Molti attribuiranno la decadenza della pittura alla decadenza dei costumi.** Un simile pregiudizio di bottega, che ora circola nel pubblico, è una cattiva scusa degli artisti. Questi avevano infatti interesse a rappresentare unicamente il passato: il compito è più facile e la pigrizia se ne giovava. È vero che la grande tradizione si è persa, e la nuova non è sorta. Altro non era, quella grande tradizione, che l'idealizzazione, fattasi comune e consueta, dell'antico modo di vivere: vita vigorosa e guerriera, stato di difesa da cui ogni individuo traeva l'abitudine dei gesti gravi, degli atteggiamenti maestosi e violenti. A questo si aggiunga una magnificenza pubblica che si rifletteva nella vita privata. In notevole misura, la vita antica rappresentava. Essa era fatta soprattutto per il piacere degli occhi, e tale paganesimo quotidiano ha giovato meravigliosamente alle arti. Prima di indagare quale possa essere il lato epico della vita moderna e di provare con degli esempi che la nostra epoca non è meno fertile di motivi sublimi che le epoche passate, va detto che, siccome tutti i tempi e tutti i popoli hanno avuto la loro bellezza, è sicuro che anche noi abbiamo la nostra. È nell'ordine delle cose. Ogni bellezza racchiude, al pari di qualunque fenomeno concepibile, qualcosa di eterno e qualcosa di transitorio: di assoluto e di peculiare. La bellezza assoluta ed eterna non esiste, o piuttosto non è che un'astrazione ricavata dall'involucro comune delle diverse bellezze. L'elemento peculiare di ogni bellezza viene dalle passioni, e poiché noi abbiamo le nostre peculiari passioni, abbiamo la nostra bellezza. Se si escludono Ercole sul monte Eta, Catone Uticense e Cleopatra, i cui suicidi non sono suicidi moderni,* quali suicidi si vedono nei quadri antichi? Nelle esistenze pagane, votate al desiderio, non troviamo il suicidio di Jean-Jacques* e nemmeno quello, strano e meraviglioso, di Raphaël de Valentin. Quanto all'abito che indossiamo, la veste dell'eroe moderno - sebbene sia passato il tempo in cui gli imbrattatele si vestivano da mamamusci** e fumavano nei fucili da caccia - c'è ancora molta gente, negli atelier e nel mondo, che vorrebbe rendere poetico Antony*** abbigliandolo con un mantello greco o una tunica di due colori. E tuttavia non ha forse la sua bellezza e il suo fascino indigeno questo nostro abito tanto vilipeso? Non è l'abito obbligato del nostro tempo, un tempo sofferente che porta fin sulle sue gracili e nere spalle il simbolo di un perpetuo lutto? Notate che l'abito nero e la finanziera non hanno soltanto la loro bellezza politica, in quanto espressione
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