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parte domande aperte dell'esame di sociologia generale, Appunti di Sociologia

utile per l'esame di sociologia generale, al quale ho preso 27. il documento rappresenta le domande aperte che vengono chieste all'esame

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 06/03/2023

elisa-carmignani
elisa-carmignani 🇮🇹

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Scarica parte domande aperte dell'esame di sociologia generale e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! Parte domande aperte esame di sociologia generale 1) DEVIANZA E CRIMINALITA’: la sociologia ha formulato delle teorie della criminalità per spiegare gli elementi criminogeni. Ha cercato di dare spiegazioni sul perché gli uomini siano spinti alla criminalità nelle sue varie forme. Il tentativo è quello di indagare le cause della devianza e di elaborare sistemi di prevenzione della criminalità. Freud e Jung diversificano le loro proposte di risoluzione del conflitto fra parte conscia e parte inconscia, ma sicuramente entrambi erano d’accordo nel ritenere che ci si spingesse alla devianza quando la pulsione, quella che Freud chiama Es, tracima e invade il campo dell’Io. La prima spiegazione che viene portata alla luce è una spiegazione di tipo biologico, che assume il male alla maniera in cui lo assumeva Lombroso (il problema del deviante è un problema organico) ma si arrivano anche a dei paradossi cercando di mettere in connessione un rapporto violento con una presenza massiccia del testosterone. Un’eccedenza di questo ormone (secondo le teorie biologistiche) aumenta l’aggressività dell’uomo verso la donna ma non si è sicuri da un punto di vista più profondo che una certa presenza di testosterone non sia legata al fatto che la persona abbia vissuto in un contesto che le abbia aumentato l’aggressività. Anche Sheldon riteneva che alcuni tipi di costruzione fisica corrispondessero a personalità diverse, in particolare tre: il tipo endomorfo con un temperamento viscerotonico; il tipo mesomorfo con un temperamento somotonico e infine il tipo ectomorfo con un temperamento cerebrotonico. Poi si passa alla teoria della tensione di Durkheim. Questa teoria vede nell’anomia (cioè la mancanza di norme sociali, che regolano e limitano i comportamenti individuali) un principio di devianza. Merton rielabora questo concetto, secondo il quale queste situazioni nascono da un contrasto fra la struttura culturale e quella sociale, e tenta di dimostrare che noi cadiamo in questa situazione quando ci poniamo delle mete ma non riusciamo a raggiungerle e il fatto che non si riesca a raggiungerle diventerebbe un indicatore che quelle cose non sono più un valore. Il discorso di Merton tende a spiegare la criminalità dei colletti bianchi. La teoria della tensione ci spiega che c’è tensione fra mezzi e fini nella società. Gli individui, per adattarsi ai valori culturali proposti nella situazione prodotta dal contrasto fra mete e mezzi per raggiungerle, possono scegliere fra 5 strade: la conformità, l’innovazione, il ritualismo, la rinuncia e la ribellione. Poi c’è la teoria del controllo sociale, quindi siccome ciascun uomo potrebbe essere spinto a non condividere le regole sociali c’è bisogno che ci sia qualcuno che garantisca le regole sociali. Questo è tutto quello che viene sviluppato da Durkheim, una società funziona se c’è un ordine sociale prestabilito e perché ci sia un ordine sociale prestabilito ci devono essere anche forme del controllo sociale. Secondo Hirschi, una persona compie un reato quando il vincolo che lo lega alla società è debole. Questo legame presenta i seguenti aspetti: l’attaccamento ai genitori o agli insegnanti, l’impegno nel perseguimento degli obbiettivi convenzionali, il coinvolgimento nelle attività convenzionali e infine le credenze. Poi abbiamo la teoria dell’etichettamento, che risale a Goffman, il quale ritiene che se vieni etichettato come deviante allora diventerai deviante. Poi abbiamo la teoria delle subculture, secondo la quale, la devianza, come la conformità, si apprende nell’ambiente in cui si vive. Secondo questa teoria una persona commette un reato perché si è formata in una subcultura. Infine la teoria della scelta razionale, che ritiene i reati un risultato di un’azione intenzionale adottata attivamente dagli individui. L’individuo è un essere razionale, quindi in grado di scegliere se violare o meno una norma. Le forme di criminalità sono di diversi tipi e si possono raggruppare in due grandi gruppi: il primo è l’attività predatoria comune, con questo termine ci riferiamo a tutte quelle azioni illecite condotte con forza o inganno per impadronirsi dei beni mobili altrui. Si distinguono a sua volta altri due sottogruppi: quelli commessi di nascosto, ad esempio furto in appartamento o borseggio; quelli commessi con la violenza, come ad esempio lo scippo o una rapina a mano armata. Il secondo grande gruppo sono gli omicidi, che si possono distinguere in colposo o doloso. Il primo è l’omicidio non voluto dall’agente, il più tipico di questi è il classico automobilista distratto che investe un pedone involontariamente; il secondo è invece l’omicidio di chi agisce con la volontà di uccidere. Inoltre, esiste la “criminalità organizzata”, con questo termine si intende un insieme di imprese che forniscono beni e servizi illeciti e che si infiltrano nelle attività economiche lecite. L’infiltrazione nelle attività legittime avviene costringendo con la forza le imprese ad azioni che altrimenti non compierebbero. In ogni società la conformità alle norme viene mantenuta attraverso l’uso di sanzioni, le quali possono essere formali o informali: le prime sono quelle comminate da gruppi o organi specializzati ai quali è stato affidato il compito di assicurare il rispetto delle norme; le seconde sono quelle poco organizzate provenienti dai familiari, amici, colleghi di lavoro. La severità delle sanzioni dipende dalla gravità dell’infrazione: se una persona viola il diritto penale, si dice che commette un reato; se invece non rispetta le altre leggi, si parla di illecito civile. Per il reato è prevista la pena, una sanzione che può limitare la libertà individuale. Nel secondo caso, invece, incide prevalentemente sul patrimonio di chi li ha commessi. 2) DIFFERENZA DI GENERE (+ domanda sull’essenzialismo e costruttivismo sociale): Nelle scienze sociali si è introdotta la distinzione fra genere e sesso, le differenze di comportamento tra uomini e donne, la divisione sessuale del lavoro e lo status delle donne nelle società antiche e moderne. Per sesso intendiamo le caratteristiche biologiche delle donne e degli uomini, mentre per genere le loro qualità distintive definite culturalmente. Gli uomini e le donne sono dimorfi, ovvero presentano differenze chiare proprio a livello anatomico: organi sessuali, rapporto fra muscoli e tessuto adiposo, altezza e peso. Nelle femmine, grazie alla coppia XX di cromosomi, sono presenti le ovaie, mentre nei maschi, a cui appartiene una coppia di cromosomi XY, sono presenti i testicoli. Gli ormoni sessuali invece determinano le differenze di comportamento fra uomini e donne. Inoltre, sempre anatomicamente, le differenze di sesso sono anche state spiegate facendo riferimento al cervello, alla cosiddetta lateralizzazione del cervello o asimmetria emisferica: nelle donne prevale l’emisfero sinistro, controlla il linguaggio e le attività motorie, mentre nei maschi prevale l’emisfero destro, che è responsabile delle azioni istintive e intuitive, come utilizzare carte topografiche. (3-ESSENZIALISMO E COSTRUTTIVISMO SOCIALE: Numerose teorie sono state elaborate per spiegare le differenze di atteggiamento e di comportamento rilevate fra uomini e donne, tutte possono essere ricondotte a due impostazioni ridotte: l’essenzialismo e il costruttivismo. La prima mette in evidenza il dualismo assoluto dei due sessi e, secondo la quale, le differenze fra mascolinità e femminilità sono naturali, universali e immodificabili; mentre per la seconda mette l’accento sulla somiglianza dei generi e ritiene le differenze di genere una costruzione sociale. Quindi per l’essenzialismo maschi e femmine ci si nasce, mentre per il costruttivismo ci si diventa. Un’impostazione simile a quella essenzialista si ritrova nell’essenzialismo femminista, per il quale uomini e donne hanno tratti completamente diversi: i primi tendono alla separazione, all’isolamento, al dominio e alla gerarchizzazione; le seconde invece all’associazione, all’unione, alla cooperazione e alla cura degli altri. Secondo alcune studiose, queste differenze dipendono da fattori biologici, invece secondo altre devono essere ricondotte all’esperienza della maternità e al diverso rapporto che i figli hanno con la madre.) Il genere, inoltre, è una costruzione sociale e infatti le differenze negli atteggiamenti e nei comportamenti degli uomini e delle donne variano culturalmente, come si può notare dagli studi condotti da Margaret Mead su tre tribù, nelle quali atteggiamenti e ruoli delle donne e degli uomini si differenziano: gli Arapesch, i Mundugumor e i Tschambuli. Anche la divisione sessuale del lavoro è un tratto culturale, che esiste in tutte le società e che esisteva anche nell’antichità. Gli studi hanno reso evidente che certi compiti in alcune società sono considerati propri degli uomini, mentre altri propri delle donne. Per spiegare appunto la divisione sessuale del lavoro sono state formulate varie ipotesi: la prima considera decisivo la maggiore forza fisica degli uomini; la seconda, chiamata “ipotesi della compatibilità con l’allevamento dei bambini”, sostiene che le donne svolgano compiti che possano essere interrotti e ripresi facilmente proprio per permettere loro di poter allattare e prendersi cura dei figli; la terza è chiamata “ipotesi della spendibilità” e afferma che gli uomini svolgano compiti più pericolosi perché sono più sacrificabili delle donne dal punto di vista della riproduzione. In questo contesto è interessante parlare del concetto di status delle donne, che è multidimensionale e che comprende il controllo delle risorse economiche, il potere politico e l’autonomia Le lingue parlate sono un risultato di un processo di differenziazione linguistica avvenuta molto rapidamente nel corso del tempo. Con l’ipotesi unitaria si rafforza anche la tesi di coloro che sostengono che il linguaggio è innato, idea già esplicata da Aristotele e Cartesio. Secondo alcuni pensatori sarebbero proprio le analogie strutturali che si riscontrano in tutte le lingue a far pensare che vi sia una grammatica universale innata. Alcuni biologi evoluzionisti considerano essenzialmente il linguaggio il risultato di un processo di selezione naturale che ha fornito alla specie umana un “vantaggio evolutivo” rispetto alle altre specie. Basano le loro teorie su due considerazioni: empirica e teorica. Quella teorica riguarda il problema dei vantaggi evolutivi: il linguaggio verbale è un’invenzione dell’homo sapiens, gli ominidi che l’hanno preceduto comunicavano a gesti, la dimostrazione di questo sarebbe nel fatto che nessuno tra gli organi dell’apparato fonatorio svolge come funzione primaria la produzione di suoni. I vantaggi evolutivi per la specie umana sono stati accresciuti con l’invenzione della scrittura. La considerazione empirica riguarda invece lo studio di alcuni disturbi del linguaggio, ereditari, che si manifestano nell’incapacità di usare certe categorie grammaticali. Le argomentazioni degli evoluzionisti lasciano presumere che vi sia una base biologica del linguaggio. [Le lingue umane hanno quindi fondamento comune e la loro origine si confonde con l’origine stessa della specie.] Giambattista Vico elaborò tre idee importanti: il linguaggio nasce insieme al pensiero; le prime parole usate dagli uomini sono suoni che imitavano dalla natura; i modi di esprimersi dei bambini equivalgono a quelli di uno stadio primitivo. La prima parola per Vico risolveva quindi un problema cognitivo. Viene sancito il legame profondo tra pensiero e linguaggio. Le operazioni fondamentali del pensiero trovano corrispondenza nelle strutture del linguaggio. Accanto alla funzione cognitiva vi è quella comunicativa del linguaggio. Per comunicare dobbiamo avere qualcosa da comunicare, tuttavia non possiamo pensare se non con gli strumenti che ci sono forniti dal linguaggio. Affinché ci sia un atto comunicativo devono essere presenti: emittente, ricevente, canale, codice e messaggio. Perché ci possa essere comunicazione il codice dev’essere condiviso tra emittente e ricevente. Il concetto di condivisione del codice indica che il linguaggio è una convenzione sociale e che ha carattere normativo. L’acquisizione delle competenze linguistiche è un fenomeno abbastanza misterioso, richiede un’assidua interazione sociale. La lingua che apprendiamo come lingua madre è una delle tante lingue che esistono e anche una delle varianti che si parla nel nostro stesso paese. Tutte le lingue presentano caratteristiche strutturali comuni. Da ciò si sviluppa la scuola linguistica strutturalista. Gli appartenenti a questa scuola studiano la lingua come un sistema strutturato di parti indipendenti che rispondono a una serie di regole astratte. Sostengono la presenza di elementi statici (universali linguistici) in ogni lingua, e di elementi di naturale convenzionale arbitrari. I linguisti della scuola romantica vedevano nella lingua l’espressione più genuina dello spirito di un popolo. Erano portati a mettere in evidenzia ciò che differenzia una lingua dalle altre, piuttosto che ciò che le rende simili. La lingua è vista come un fattore di differenziazione culturale che stabilisce dove sono i confini della nazione. Si osservano comunque fenomeni di contaminazione linguistica: nella lingua che avrà il sopravvento resteranno tracce consistenti della lingua soppressa. Quindi le lingue sono fenomeni sociali dinamici, variano nello spazio e mutano nel tempo. Tra le varie informazioni che trasmettiamo al nostro interlocutore vi è anche la collocazione nello spazio socioculturale, vale a dire la stratificazione sociale. Questo perché vi sono differenze significative nei modi di esprimersi degli appartenenti alle diverse classi sociali. Il linguaggio varia anche in relazione alla situazione sociale nella quale avviene la comunicazione. Una delle prime distinzioni è quella tra linguaggio privato e pubblico. Le differenze sono maggiori a seconda che la comunicazione avvenga in forma orale o in forma scritta. Viviamo nell’epoca delle comunicazioni di massa, che raggiungono in modo rapido molti individui che generalmente vivono in luoghi diversi e distanti. Il concetto di massa è difficilmente definibile. Possiamo dire che non è una cerchia ristretta di persone, ma non è nemmeno un aggregato di grandi dimensioni come le nazioni. Il concetto compare associato ad attributi negativi: è amorfa e manipolabile. Eccezionalmente le masse possono diventare protagoniste e quando ciò accade è perché sono guidate da qualcuno che è in grado di influenzarle. Per quanto riguarda il settore di informazione, una parte minima arrivano ai giornali, e l’accesso alle informazioni è caratterizzato da diverse variabili: la popolarità, chi ha più potere. I media nell’ultimo secolo sono in grado di manipolare il consenso delle persone sia in ambito politico che in quello della pubblicità. La comunicazione circola attraverso le reti sociali e in questa circolazione i contenuti dei messaggi possono risultare forzati o al contrario indeboliti. 6) INTERAZIONE SOCIALE: Per spiegare l’interazione sociale è bene prima definire l’azione individuale che è un primo concetto di base della sociologia. Secondo la definizione di Weber per “azione sociale” si intende un agire che sia riferito al comportamento di altri individui e orientato nel suo corso in base a questo. Weber distingue quattro tipi di azione: l’azione razionale rispetto allo scopo, se chi agisce valuta razionalmente i mezzi rispetto agli scopi, considera gli scopi in rapporto alle conseguenze che potrebbero derivarne; l’azione razionale rispetto al valore, se chi agisce compie ciò che ritiene gli sia comandato dal dovere, da una causa che reputa giusta, senza preoccuparsi delle conseguenze; l’azione determinata affettivamente, se si tratta di pure manifestazioni di gioia, gratitudine, vendetta, affetto; l’’azione tradizionale, se sono semplice espressione di abitudini acquisite. Se l’attenzione è orientata su due o più individui contemporaneamente, si individuano altre unità elementari dell’analisi sociologia: la relazione e l’interazione sociale. Due o più attori che orientano reciprocamente le loro azioni stabiliscono una relazione sociale, quest’ultime sono cooperative, perché orientate a raggiungere fini comuni. L’interazione sociale invece consiste nella relazione fra due o più attori reagendo alle azioni degli altri. Con l’interazione si realizza, si riproduce e si cambia il contenuto di una relazione. Da questo punto di vista, la relazione è la base o il supporto dell’interazione e quest’ultime sono importanti per la strutturazione della società e sono gli elementi base per la definizione di gruppo. Un gruppo sociale è un insieme di persone fra loro in interazione con continuità secondo schemi relativamente stabili, le quali si definiscono membri del gruppo e sono definite come tali dagli altri. I caratteri dei gruppi cambiano con la loro dimensione, questa differenza si trova nel fatto che l’interazione può essere diretta, ad esempio con la famiglia, oppure in parte diretta e in parte indiretta, ad esempio in un’azienda, l’interazione diretta con i colleghi di lavoro e quella indiretta con la direzione. Questa differenza d’interazione è collegata al modo in cui gli individui comunicano fra loro. 7) NARCISISMO: La componente narcisista è una componente che dall’individualità si è trasferita alla società e poi dalla società, in un circolo vizioso, si è riprodotta all’interno di ciascuno di noi. Quindi ognuno di noi ha fatto i conti con la propria componente narcisistica, una componente che Freud individuava come essenziale in una certa fase dello sviluppo della personalità ma che riteneva poi assolutamente nociva nell’affermarsi, nell’affermazione della personalità, nel senso che una personalità dominata da una componente narcisista è una personalità distruttiva e anche autodistruttiva. Che curvature può assumere il narcisismo? Da un lato nella direzione della nevrosi isterica e dall’altro nella nevrosi ossessiva. La nevrosi isterica può collocarsi vicino al tratto borderline e una parte ossessivo compulsivo. Questi due tratti sono importanti, questa curvatura che porta alla nevrosi isterica è prevalentemente femminile, mentre la nevrosi ossessiva compulsiva è prevalentemente maschile. Il fenomeno di nevrosi isterica può essere identificato con il fenomeno borderline. Ci sono 2 espressioni che ci danno la misura di che cosa caratterizzi questa curvatura: la prima è la parola utopia, l’isterica è caratterizzata da un ideale utopistico, l’ossessivo compulsivo è caratterizzato da una cifra chiamata impotenza. Utopia e impotenza. Utopia perché la donna isterica vive di utopia, perché è spinta dal desiderio che viene dalla sessuazione alla ricerca del godimento ma lo differisce alla ricerca di un ideale (mito del principe azzurro che costringe questa pulsione al godimento a non trovare mai soddisfazione in nessuna cosa ideale). È il desiderio che si riproduce all’infinito. Ogni oggetto che lascio entrare nella mia vita non soddisfa la mia domanda di appagamento. Vivo nell’utopia perché cerco un ideale che è al di là. Anche quando trova un uomo che sembra richiamare la presenza dell’ideale alla fine troverà sempre un difetto. Impotenza: qui il narcisismo sversa verso l’impotenza, c’è la paura del giudizio dell’altro. L’ossessivo compulsivo non cerca neanche il desiderio del desiderio. L’impotente rinuncia a cercare nell’altro l’appagamento perché è un narcisista e quindi l’altro è usato come una cosa oppure è un qualcosa dal quale nascondersi. È un fenomeno legato dall’incapacità di mettersi in gioco. Evito il confronto dell’altro per paura di far crollare il proprio mondo. Nel caso dell’isteria c’è un differimento continuo del desiderio (per esempio l’anorgasmia-incapacità della donna di provare un orgasmo- è messa in relazione a questo desiderare il desiderio), mentre Freud pensava che l’isteria nascesse da un blocco energetico reprimendo la libido, molti disturbi alimentari sono legati a questo tipo di nevrosi narcisistica. Il secondo passaggio è la fase dello specchio, una fase studiata prima da Freud. Secondo Freud il fenomeno isterico nasce da una patologia di questa fase di specularizzazione di guardarsi allo specchio che è femminile perché guardandosi allo specchio la bambina non vede tutto di sé stessa perché non vede la propria genitalità a differenza del bambino. In questa fase resta qualcosa di invisibile, mondo interno che non si mostra all’esterno. La madre vive lo stesso e quindi inizia a cercare il segreto della femminilità guardando altre donne. Poi c’è la fase del riconoscimento patologico, è la fase in cui l’isterica non riesce a collocare la propria identità se non imitando altre donne. Una donna è attratta da un uomo non perché abbia un valore di per sé ma perché è stato l’uomo di un’altra donna che vuole imitare. Quindi ciò che l’altra donna desidera diventa un’indicazione per trovare una propria dimensione. Quindi la scienza moderna, distingue il narcisismo in 4 diverse articolazioni: Approccio narcisistico generalizzato: i soggetti sono gestibili ma possono provocare gravi danni a livello relazionale. L’azione del soggetto non mira a distruggere l’altro fisicamente, bensì mentalmente. Il soggetto inizia, con il suo interlocutore, una lotta finalizzata alla distruzione psicologica di quest’ultimo che, però, viene considerato importante solo fino a quando egli è una fonte di approvvigionamento per il soggetto narcisista. Approccio narcisistico fallico-isterico: il soggetto maschio è esibizionista così come il soggetto femmina. Il narcisista fallico è un soggetto che pensa di essere ammirato da chiunque, ha un senso di sé esagerato e, indipendentemente dalle sue caratteristiche fisiche, pensa di essere una sorta di polo attrattivo e, pertanto, cerca di rapportarsi agli altri in modo che possano ammirarlo, riconoscerlo e apprezzarlo facendolo sentire in sintonia con l’immagine illimitata che ha di sé. La narcisista isterica presenta caratteristiche analoghe, ma in senso inverso. La narcisista tende ad attirare l’attenzione su di sé mettendosi in condizioni di suscitare tali attenzioni, per poi respingerle. Narcisismo borderline: il disturbo borderline è molto diffuso e si può innestare su disturbi precedenti, quali il narcisismo. Chi soffre di questo disturbo vive su una linea di confine che separa la nevrosi e la psicosi. La nevrosi caratterizza un disturbo che non inibisce la normale vita psichica ed è caratterizzata da ansia, sentimenti di inadeguatezza e insoddisfazione. Al contrario, la psicosi crea un quadro psicopatologico che può portare alla perdita della facoltà di intendere e di volere. Il soggetto borderline vive momenti in cui si svaluta completamente e altri in cui si sente il padrone del mondo. Narcisismo paranoico-perverso: questa tipologia è quella più pericolosa. Il narcisismo, in questo caso, è una caratteristica fondante dell’azione criminale, specialmente degli omicidi a sfondo sessuale. L’obiettivo di questi soggetti è quello di distruggere anche fisicamente. 8) OTTO MODELLI DEL MALE: Gli otto modelli del male permettono di classificare qualsiasi reato criminologico. Molti di questi modelli spingono nella direzione del condizionamento ambientale come causa del male. Ci sono due orientamenti: uno biologistico (il male è un fatto biologico, il male appartiene all’uomo in maniera organica) la natura è la causa del male o una certa devianza che accade in natura, altri dicono che la causa del male va cercata nel vissuto. qualsiasi tipo di crimine che possiamo affrontare può essere spiegato attraverso il ricorso di questi
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