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PARTE SECONDA riassunti Perticone, Sintesi del corso di Filosofia del Diritto

riassunti seconda e terza parte libro Perticone Filosofia del diritto

Tipologia: Sintesi del corso

2012/2013

Caricato il 22/04/2013

gio992
gio992 🇮🇹

4.4

(7)

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Scarica PARTE SECONDA riassunti Perticone e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia del Diritto solo su Docsity! PARTE SECONDA: LA TEORIA GENERALE DELL'ORDINAMENTO GIURIDICO CAPITOLO 1: IL MONDO DEL DIRITTO. 1.LA REGOLA GIURIDICA E LA SUA ETERONOMIA Il mondo del diritto si presenta come il mondo dell’attività regolata; nel senso che di ogni atto o comportamento si ammette che preesista la regola; e non che ogni atto o comportamento possa esprimere la sua regola; ciò è vero di tutte le forme dell’attività pratica. Il mondo del diritto è il mondo delle regole, delle azioni conformi alle regole. Sul piano dell'attività pratica si è fatta valere l'esigenza di un contenuto come condizione per la validità stessa dell'imperativo. Il valore eteronomico della norma di diritto, considerata come comando, sembra confermato dall'analisi concettuale e dall'esperienza. La distinzione dell’etica dal diritto non si è abbandonata come distinzione di assoluto e relativo, di autonomia ed eteronomia. La norma che, non ha bisogno dell’accettazione del soggetto, non è la norma giuridica, ma qualunque proposizione normativa o soltanto tecnica, in stato diremo di riposo: diventa norma giuridica quando è norma di un comportamento. L’oggettività della legge, in quanto consegnata in un codice, sembra testimoniare della esteriorità del comando giuridico rispetto al soggetto, che agirebbe per attuare la regola o per realizzare i suoi fini non giuridici, mediante l’atto giuridico. La consuetudine rimane distaccata dal soggetto. Noi cerchiamo di dimostrare il carattere autonomo della volontà giuridica, come volontà attuale e distinta da quella etica; di ricavare la distinzione tra i due aspetti dell'attività pratica dal fine immanente all'attività stessa, il fine della convivenza; “fine etico” di realizzare una convivenza di esseri liberi; “fine giuridico” di realizzare una convivenza ordinata. La volontà giuridica è volontà “tipica” del soggetto, che come legislatore, pone la norma e, come consociato, la attua, la fa sua. L'azione, l'atto normativo è il punto di partenza di tutto il processo di formazione delle leggi. Introducendo il concetto della “tipicità del volere”, potremmo delineare e svolgere una concezione della vita associata, sulla base di dovere ed essere, di giustizia e di legalità, affermando “che cos'è di diritto”. 2.LA SCIENZA DEL DIRITTO O TEORIA GENERALE Il problema del diritto e dello stato giungono a impostazioni autonome nel pensiero moderno, dopo una lunga elaborazione nel pensiero antico in cui si pongono le alternative costanti: diritto razionale o diritto storico- lo stato come potenza o lo stato come solidarietà- lo stato monarchico e lo stato poliarchico; infine lo stato di élites o lo stato di partiti, di masse. Come tutte le scienze, essa è una costruzione per concetti, dal particolare al generale, dalle molteplicità all’unità e perciò si chiama anche “dottrina generale” del diritto e dello stato. Il posto assegnato all’attività giuridica si tratta di coprire il “vuoto” tra i termini : scienza e filosofia; si tratta di stabilire un continuo fra l’una e l’altra, o di derivare dalla concezione della realtà umana, alcuni principi, che valgano ad orientare e sostenere la costruzione per concetti, cioè quella scientifica. La scienza ha per base molteplici dati dell’esperienza e da questa si solleva fino ad un vertice in cui la molteplicità si raccoglie nell’unità del sistema: tutte le esperienze si raccolgono intorno ai principi generali, posti al sommo di una gerarchia. È una gerarchia di concetti, la cui estensione si accresce per gradi. Così in ogni situazione speculativa si trova un principio, un gruppo di principi, di norme fondamentali, che operano nell’interpretazione dell’esperienza giuridica e nella costruzione della scienza giuridica. Ciò significa che la filosofia del diritto non è la scienza del diritto, perché non è solo conoscenza del fenomeno e del complesso dei fenomeni giuridici; ma è valutazione del comportamento, dei tipi di comportamento, secondo il diritto, fissati in un sistema giuridico: non è un giudizio di fatto, ma di valore. Poiché il fatto, nella scienza, e nella filosofia giuridica, è l'azione, possiamo dire che il punto di partenza di questa costruzione filosofica e scientifica è una filosofia dell'azione. La filosofia dell'azione è il punto d'arrivo del pensiero moderno. CAPITOLO 2 : LA NOZIONE DELL'ORDINAMENTO GIURIDICO 1.DIRITTO E STATO Partiamo dalla definizione di due concetti: 1) l'attività giuridica come “la realizzazione di una convivenza ordinata”: definizione antica in cui è possibile riconoscere il valore costruttivo della volontà sei soggetti consociati e il carattere obiettivo della produzione storica che chiamiamo ordinamento giuridico; 2) lo stato come “l'organizzazione unitaria di una società storicamente determinata”, in cui lo stato si presenta come la stessa società civile , vista nel suo ordinamento normativo. La scienza giuridica non può non adeguarsi nel suo svolgimento teorico alla coscienza giuridica, cioè all’esigenza e alla nozione di lecito e di giusto. 2.IL DIRITTO COME SISTEMA DI NORME Il diritto, dal punto di vista speculativo, come volontà costante, è la “realizzazione di una convivenza ordinata”. Considerato dal punto di vista scientifico, cioè come ordinamento, il diritto è un “sistema di norme”, di imperativi, di regole, codificate o non, espressione della coscienza giuridica attuale, perciò obbliganti per chi le impone, per l’individuo, per il gruppo, per lo stato. Le norme ci si presentano come un complesso di proposizioni, non tutte formulate come imperative, e in cui l’elemento del “comando” può essere riguardato sotto l’aspetto logico formale, cioè astrattamente. Se consideriamo la norma come “manifestazione di volontà” , volontà che vuole la norma, dobbiamo aggiungere che ogni distinzione tra il mondo della norma ed il mondo della volontà, è ingiustificata. Se consideriamo il valore concreto della norma, prescindendo da esso non è possibile alla dommatica di venire a capo di certe questioni che essa stessa ha proposto. Il diritto è la coscienza storica che lo crea e lo attua. Imperativo giuridico sarebbe, secondo il Thon, quello che realizza un dato fine, cioè la tutela di interessi. Anche dal punto di vista dell’ordinamento positivo la norma è volontà: volontà in cui si realizza la sintesi di libertà e di solidarietà che è la sintesi tipica della vita di relazione; è norma giuridica in quanto vige, e vige in quanto si attua come norma di diritto, inserita in un sistema, in un ordinamento. 3.LE DIVERSE TEORIE Dal punto di vista oggettivo il diritto è “norma imperativa”, ordinamento dello stato, che ne assicura la validità; nell’esperienza giuridica dei popoli o codificazione scritta, validità significa statualità. Si può accettare la nozione di diritto come norma positiva, ma non è la norma che qualifica il comportamento come atto giuridico, ma il fine che si assegna al comportamento, in quanto idoneo a soddisfare un bisogno. Dal punto di vista intersoggettivo, il diritto è “un rapporto”, incontro di volontà vincolanti, limitazione reciproca della libertà del soggetto consociato e del suo potere e dovere giuridico. Questo rapporto non è dunque un rapporto genericamente pratico, ma è, un rapporto giuridico, caratterizzato dal fine che deve raggiungere. La nozione del diritto come rapporto inserisce come esperienza giuridica nel vasto sistema delle situazioni obbiettive che si creano nella vita associata. Coglie la realtà del diritto come processo di formazione, attraverso il rapporto della norma giuridica. Da questo punto di vista il diritto si presenta come istituzione, nasce e si identifica con la struttura ma suggerisce un rinvio. Ubi societas ibi ius, in altre parole il diritto è nella società, ma non il diritto è la società stessa in ogni sua forma istituzionale. Come del diritto considerato come norma può affermarsi che si esaurisce nella pura formalità, così del diritto considerato come rapporto possiamo dire che esso è giuridico in quanto si richiama ad una norma, e del diritto come istituzione possiamo dire che esso risolve la giuridicità nella regolarità. 4.IL FINE DELLA CONDOTTA E DELLA NORMA Il fine della condotta umana è “lo svolgimento della personalità nella storia”. Concetto che non può dirsi estraneo al mondo delle norme giuridiche. Tutti i principi positivi, che servono ad interpretare CAPITOLO 3 : L'AZIONE E LA NORMA 1.NORMA E ATTIVITA' Il diritto si può considerare come “norma” e come “attività”, cioè come norma cristallizzata in una formula, o come attività creatrice della regola di comportamento. Considerato come norma interessa la scienza; considerato come attività interessa la filosofia giuridica, ma promuovendo la formazione di giudizi e la definizione di principi che si traducono in sistemi di norme, pone alcune condizioni della scienza. L’attività che chiamiamo giuridica si presenta alla coscienza comune secondo un paradigma, che va dai principi come valori, alle norme come imperativi. Parlando di imperativo e di norma agendi, non ci riferiamo solo alla volontà normatrice, che ha trovato la via per trasformarsi in legge scritta, ma alla volontà normatrice che si manifesta come volontà giuridica anche nella consuetudine. Così viene dimostrato che il problema del fondamento del diritto contiene quello della fonte di produzione del diritto, che è la volontà normativa del soggetto. Poiché non solo la legge formale, ma ogni manifestazione di volontà obbligante debbono considerarsi allo stesso titolo regole e norme giuridiche, generali o particolari, qualunque sia la loro fonte immediata di produzione. La fonte mediata si trova nella volontà di realizzare una dato ordine di convivenza. La fonte di cognizione va ricercata nella proposizione normativa, idonea alla risoluzione di una controversia giuridica. 2.LA CATEGORIA DEGLI ATTI NORMATIVI E I PROBLEMI DELLA COSTRUZIONE SCIENTIFICA Tra i problemi dell’esperienza giuridica troviamo quello delle fonti normative- leggi e consuetudine. Le diverse categorie di fonti si riducono ad una, quella degli atti normativi: atti cioè che sono da considerare come portatori della norma giuridica, sono inoltre il risultato del giudizio di idoneità di un comportamento a conseguire un fine che si qualifica come giuridico. La fenomenologia della realtà giuridica comincia con l'avvertimento di un bisogno, il quale promuove un comportamento più idoneo allo scopo: è l'atto giuridicamente obbligatorio. La tecnica lo traduce nella forma astratta della legge. Risulta così evidente il carattere volontario della consuetudine come atto normativo, come manifestazione univoca di volontà di agire per il conseguimento di un fine riconosciuto come giuridico; i suoi requisiti: razionalità, uniformità, durata, opinione, convinzione, abitudine, ecc. confermano questa tesi: la consuetudine non crea la “cosa” diritto, perché il diritto non è una cosa, ma una norma d’azione, che risulta idonea a perseguire una conseguenza giuridica. 3.L'ATTIVITA' CONVENZIONALE Chi si attenesse per la qualificazione della norma giuridica, al fine di realizzare una convivenza ordinata, rimarrebbe di fronte alla difficile ricerca delle cosiddette regole convenzionali (il rispondere al saluto). Che cosa sono queste regole di condotta, non giuridiche, non etiche, né economiche ma convenzionali? Come regole di convivenza anche le regole convenzionali o del costume si riportano a quel principio di solidarietà e cooperazione che sta a base di ogni concezione della vita associata, e dunque rientrano nel più vasto campo dell’attività regolata. Anche queste norme ci rappresentano un dovere, come disciplina della condotta e come imperativo, che vi si attua, e non soltanto un dovere formale, per la struttura logica della proposizione in cui si esprime. Per renderci conto di ciò è necessario eliminare tutto quello che nell’esperienza dell’attività convenzionale non è che derivato e sopraggiunto, rispetto all’elemento semplice e primitivo. Non dobbiamo chiederci perché rispondiamo al saluto ma in ciò che questi sentimenti, istinti, hanno di fondamentale e comune, per rispetto della convivenza sociale. Queste regole di vita denunciano l’accordo attorno ad un oggetto determinato; inoltre il carattere convenzionale della norma è in funzione del grado di intensità del sentimento e della volontà. Come la legge positiva, così la regola convenzionale, si deve riportare a principi. La natura morale, ora giuridica, ora economica, che la regola convenzionale rivela, mediante questo risalire ai principi, in cui essa è contenuta. La regola convenzionale è sostanzialmente norma giuridica se risponde al fine di una convivenza ordinata. CAPITOLO 4 : LA PRODUZIONE E LA SISTEMAZIONE DEL DIRITTO 1.LA FORMULA POLITICA E IL SISTEMA GIURIDICO Il processo di formazione del sistema di norme, attraversa due momenti più o meno distinti l’uno dall’altro: 1) il momento della traduzione della “formula politica” nelle norme fondamentali che costituiscono il “dritto politico” che sta a base di tutto il sistema; 2) il momento della formulazione della norma in senso stretto, attraverso i tempi e nei modi previsti dal diritto politico e attraverso la ripetizione di atti, capace di creare regole consuetudinarie, nel quadro delle norme fondamentali. A base di ogni sistema deve rilevarsi la presenza di un gruppo di principi, in una formula. Questa formula si precisa entro le linee dei due concetti chiave della autonomia e della solidarietà. La formula dello “stato di diritto”, nel senso storicamente definito di stato liberale ad economia capitalistica, può essere interpretata con la nozione del “contratto”, quella dello “stato sociale” in considerazione della realtà dello stato contemporaneo, a economia controllata, deve essere interpretata con la nozione di solidarietà obbiettiva. Nel momento della creazione dell’ordine giuridico, si delinea il rapporto tra realtà giuridica e realtà politica. La realtà giuridica si salda alla realtà politica e la continua, ed il cosiddetto diritto politico segna il punto di congiunzione. I problemi che si considerano sempre aperti per la politica sono però risolti nel diritto positivo, questa è la sintesi dei due termini sotto un principio di ordine che li unifica. Se la politica è moto e lotto, il diritto non è immobilità e quiete. La scienza del diritto non è politica, ma non può ignorare la politica. 2.LA DOMMATICA E I SUOI LIMITI La dommatica giuridica non può sottrarsi all'azione dei principi che regolano la produzione del diritto. Deve prendere coscienza non solo dei suoi limiti, ma anche della natura e portata dei suoi strumenti di lavoro. Il mondo della dommatica si presenta come pieno di concetti immobili, ma è una immobilità che non può ingannare un osservatore attento. Questi concetti della scienza obiettiva del diritto sono concetti in movimento, e non insensibili allo sviluppo dei rapporti concreti della vita giuridica e alla evoluzione della coscienza storica del diritto. Dunque, questa scienza è tendenzialmente obiettiva, nel senso che fissa, nei suoi schemi rigidi, i dati dell’esperienza; ma non implica affatto che essa non debba rivedere i suoi schemi, le sue categorie particolari, e crearne di nuove, per accogliere ed ordinare i suoi dati. Non è giustificata la pretesa dommatica di svolgersi con piena autonomia scientifica nei confronti della stessa realtà giuridica. I concetti fondamentali di ogni scienza non sono concetti immobili ed autonomi. Il sistema della dommatica giuridica, come ogni sistema di concetti generali, è un sistema “aperto”. In questo sistema “aperto” della dommatica giuridica come in ogni sistema di scienza, deve operare la nozione e la posizione del fine dell'ordinamento. 3.LA ROTAZIONE DEI CONCETTI GIURIDICI: LIBERTA' E AUTORITA' Consideriamo il diritto come volontà e il comando come comando autonomo, i concetti di autorità e libertà, potere e dovere, obbligo e pretesa, si presentano con linee degne di precisazione. Vi è un'antinomia insuperabile. Da una parte, l'esigenza della certezza e costanza della norma e del diritto, che porterebbe a una situazione statica. E d'altra parte, l'esigenza della mobilità e della vita del diritto col suo interno dinamismo. Posta l’antinomia come insolubile, ogni frattura del sistema assumerebbe un carattere catastrofico, come di un crollo totale. Invece il gioco dialettico dei due termini, promuovono il rinnovamento e lo svolgimento progressivo della coscienza giuridica e dell’ordine positivo. Così le due esigenze si affermano nella costruzione e nella interpretazione delle singole norme. Dietro le norme si trovano i principi generali; il ricorso ad essi conferma o riporta, quando sia turbata, l’armonia nel sistema con l’espulsione di singole norme discordanti. È un processo che si può indicare come passaggio dal contratto alla legge e dalla legge al diritto. L'autorità è nella sua origine e natura, la volontà prevalente e obbiettivata in norma obbligatoria. In tema di volontà generale, si richiama a Hegel e alla “ragione universale” portatrice di una volontà stati, regolati dal diritto internazionale, sono rapporti fra individui di stati diversi; e sono questi individui insieme i creatori e destinatari delle norme. CAPITOLO 6 : IL SOGGETTO E LA PERSONA GIURIDICA 1.IL SOGGETTO SINGOLARE Soggetto giuridico vuol dire soggetto capace di volere, cioè di determinarsi all'azione, con la sua autonomia. Il soggetto che, di fronte alla legge, si considera obbligato dall'esterno, è un soggetto che non si rende conto che questa sua obbedienza alla legge è un atto di ricognizione della sua propria volontà particolare, fatta legge. Il gruppo in cui si organizza e si supera la individualità singolare del soggetto umano è la famiglia. In essa si definisce lo stato di libertà e di solidarietà del soggetto, che si può dire entrato già nel mondo giuridico ancor prima della nascita. Questa società naturale è un “ordinamento” apprezzabile dal punto di vista etico, economico e giuridico; il che conferisce alla famiglia un carattere di autarchia, per cui, in determinate epoche essa si presenta come un vero e proprio organismo politico. La patria potestà, che simboleggia l’unità di tutti i poteri nella famiglia, è sempre il fulcro del sistema di rapporti fra i coniugi, fra i genitori e i figli, fra tutti i membri della società familiare. 2.L'ENTE COLLETTIVO Lo svolgimento dell'attività del soggetto, promuove l'organizzazione di nuclei a tipo prevalentemente economico: forse associative, conosciute come universitates o enti intermedi tra la società naturale, la famiglia, la società politica, lo stato. Con il gruppo professionale si entra in pieno nel mondo delle persone giuridiche come enti subcollettivi. Il problema della persona giuridica è, insieme a quello della proprietà, dell'obbligazione, della pena e del processo, uno dei cardini della teoria generale del diritto. Lo stato è oltre che persona morale e ordinamento originario, persona giuridica reale; e ciò anche dal punto di vista dello stato- sovranità, dello stato-servizio pubblico, dello stato-sopra struttura di ogni regime. 3.LA PERSONA GIURIDICA COME PROBLEMA Lo studio del soggetto di diritto (individuo, gruppo organizzato, familiare o professionale, stato) ripropone il problema della persona giuridica. Come dal soggetto singolo si passa all'ente collettivo? Nella teoria e storia di questo problema confluiscono tre elementi: il romano, il canonico, il germanico. I romani considerano il diritto hominum causa, anche quando una pluralità di uomini associati agiscono vice personae, non vedono che è sorta accanto o dalle unità individuali associate una persona nuova. Lo stato romano, la Republica , è la più antica persona giuridica di diritto pubblico, sul cui tipo si formarono tutte le altre. Così dallo stato si va alle unità minori, ai municipia, alle coloniae, e da questi ai collegia e alle altre associazioni lecite, cui compete una capacità patrimoniale. In diritto romano non esistono corporazioni di diritto privato; la sola attività patrimoniale non costituisce tuttavia una persona giuridica autonoma. Il diritto germanico, nell’età delle invasioni, non era assurto al concetto di un ente che vivesse di vita propria distinta da quella dei consociati. La corporazione, deve vedere una società “in mano comune” i cui beni sono beni degli individui e non dell'ente. Dove c’è influenza del diritto germanico, questa va riportata entro modesti confini, per il comune non si può dire che sia una filiazione della società tedesca, perché il diritto romano aveva riconosciuta la personalità giuridica della civitas. Il diritto canonico offe una diversa prospettiva. Il concetto trascendente di istituzione, capace di abbracciare la fondazione, la stessa corporazione, può dirsi creato dai canonisti. Ogni ente è istituzione divina: dietro alla persona contingente sta la persona reale dell’Ecclesia. 4.REALTA' E FINZIONE La persona giuridica ha il valore di realtà che posseggono tutti gli enti del mondo giuridico, non materiali e corporei – e quindi una realtà diversa dalla persona fisica, formalmente. Questa realtà incorporea si concreta, si risolve, nella realtà degli uomini singoli che la compongono, associandosi; non in quanto singoli, ma in quanto associati. La soluzione per la quale la persona giuridica sua un concetto di relazione o un modo di concepire unitariamente i rapporti fra i singoli, è insoddisfacente perché considera la unificazione e non vede l’unità. Bisogna dunque cercare la personalità nell’unità, come un gruppo di soggetti o anche un soggetto singolo può divenire un altro soggetto autonomo giacché per essere trattato come tale, si deve ammettere che lo diventi. Secondo il Gierke, mentre il concetto di persona è per il diritto romano fondato su quello dell'individuo singolo – e mantenuto su terreno privatistico - in diritto germanico viceversa, il concetto di persona si presenta fondato su un'unità organica di individui collegati. Di qui la realtà della persona collettiva, formata da uomini organizzati corporativamente, che tende al raggiungimento di fini, i quali superano gli interessi ed i fini particolari dei singoli mediante una volontà e una azione comune. Alcuni autori riconoscono nella volontà il carattere fondamentale del diritto subbiettivo. Questa facoltà di volere, sembra necessario allo Zitelmann di astrarla dal soggetto, dichiarando non essenziale la sua corporeità, così che si trovi la volontà anche senza la persona fisica: volontà incorporale. 5.LA TEORIA DELL'ISTITUZIONE Un'esigenza del pensiero giuridico è il fine di una costruzione obiettiva del diritto, svolta dalla dottrina francese. Essa si fonda sulla equazione realtà=istituzione ( cioè associazione = ente reale ). E' il tentativo più riuscito di evasione dalla alternativa: finzione-realtà. Non solo la persona morale e giuridica, l’ente collettivo è una realtà istituzionale, ma anche la persona singola, l’individuo, quello che viene chiamato persona fisica. Questa obiettività è intesa in senso psicologico. Vi sono delle realtà, delle idee, che esistono in un numero determinato si individui in modo subcosciente. Queste idee hanno valore di realtà oggettiva in confronto delle volizioni coscienti, che rappresentano il momento soggettivo. Una tale unità, che si chiama istituzione, si realizza così nell'individuo come nell'ente; essa genera la regola di diritto grazie al suo potere di autogoverno. L’istituzione è un’organizzazione sociale, stabilita in relazione con l’ordine generale delle cose, la cui permanenza è fondata su l’equilibrio di forze e la divisione dei poteri costituisce per se stessa un ente giuridico. Oggetto è l'idea per cui le forze operanti nella società e nella storia sono ed agiscono come forze dell'individuo e degli individui consociati. Ogni essere è l'idea di una opera da realizzare. 6.IL SOGGETTO DELL'AZIONE GIURIDICA Crediamo che il problema sulla natura della persona giuridica si debba risolvere nel senso della realtà della persona, che agisce giuridicamente. Quando si considera il diritto come attività, come volontà del soggetto ( del legislatore e del consociato) , non si può far ricorso alla finzione, alla personificazione o spersonificazione, elevando a soggetto giuridico la cosa o il patrimonio. Allora il soggetto di questa volizione attuale, la persona giuridica, non può essere che reale. Soggetto della persona giuridica è il titolare del diritto, il rappresentante dell’ente, il titolare dei beni. Abbiamo dunque una concezione della realtà e del diritto a cui non si adegua la nozione di persona giuridica finta o astratta. Vi è contraddizione tra dottrina ed esperienza. La dottrina conosce il soggetto, reale, sia pure non corporeo, ma individuo; l’esperienza giuridica ci mette in presenza di unità collettive distinte dagli individui; la scienza giuridica non ha saputo far meglio che astrarre dall’individuo, o dalla pluralità di individui, la volontà o l’interesse, e su questo concetto astratto ha tentato di costruire la realtà della persona giuridica. La personalità che si rivela nell'atto della volizione cosciente, è dell'individuo. Non vi è una coscienza e una volontà dello stato e di altri enti comunque qualificati, finché si considerino astrattamente. La volontà collettiva è la coincidenza di più volontà singole; chi la attua può considerarsi il rappresentante dei singoli da cui essa emana. Lo stato come la corporazione constano di una pluralità di persone e di volontà.
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