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Pascoli - Tutto quello che devi sapere, Dispense di Italiano

Pascoli: vita, poetica del fanciullino, Myricae (Lavandare, Arano, Temporale, Novembre, X Agosto, L'assiuolo), I poemetti (Italy), Il linguaggio pascoliano, Canti di Castelvecchio (Nebbia, La mia sera, Il gelsomino notturno), Discorso La grande proletaria si è mossa

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 18/06/2021

sara.la.greca
sara.la.greca 🇮🇹

5

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6 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Pascoli - Tutto quello che devi sapere e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! Pascoli Pascoli è uno dei poeti italiani più rivoluzionari. Fu un simbolista che potrebbe essere inserito nel maledettismo italiano. La sua produzione è controcorrente, espressione di un’inquietudine, di un turbamento e caratterizzata quasi da una morbosità nel trattare alcuni argomenti come quello della sessualità. è un poeta trasgressivo e provocatorio che ha la capacità di comunicare attraverso altri significati oltre quelli della parola stessa. Nasce nel 1855 a San Mauro di Romagna da una famiglia della piccola borghesia rurale. Il padre era fattore di una tenuta e alla sua morte, tragica per Pascoli perché non ci furono prove su chi lo avesse ucciso, la famiglia si disperde. Subisce quindi, non solo il trauma della perdita del padre, ma anche quello dell’ingiustizia. Scrive per questo evento la poesia X Agosto. Non riesce a rimarginare queste ferite e poco dopo, nel 1868, perde anche la madre e una sorella. Infine nel 1871 e nel 1876 muoiono anche due fratelli. Rimane solo con due sorelle, Ida e Mariù, a lui molto care. Continua a studiare, si diploma al liceo classico a Firenze e successivamente si iscrive alla facoltà di lettere a Bologna, dove è allievo di Carducci. Dopo la laurea diventa insegnante liceale a Matera e Massa, dove si stabilì insieme alle sorelle. Il maledettismo che lo caratterizza può essere notato durante i suoi anni bolognesi, durante i quali frequenta circoli letterari, inizia a bere (morirà di una malattia epatica, probabilmente cirrosi) e diventa protagonista della vita politica. Partecipa infatti ad una serie di manifestazioni organizzate da Andrea Costa, un socialista anarchico rivoluzionario. Durante una di queste manifestazione viene arrestato e rimane in prigione per alcuni mesi. Questa vicenda rappresenta per lui un’altra ingiustizia da parte della legge e del potere. Dopo questo evento rimarrà lontano dalla vita politica, ma non abbandonò l’ideale socialista, ma di un socialismo vagamente umanitario, che propugnava la bontà e la fraternità fra gli uomini. Pascoli aveva come un’ossessione per la ricostruzione del nido familiare, composto soltanto da lui e dalle due sorelle, ed è particolarmente condizionato dal tentativo di ricostruzione del nido familiare. Questo nucleo è però irrecuperabile e perciò ci fa pensare ad una psicologia morbosa che porta alla chiusura del proprio piccolo mondo di affetti familiari e di sicurezze e in cui Pascoli cerca protezione. Questa condizione psicologica è probabilmente dovuta alle esperienze che ha vissuto e il tentativo di guardare al passato che si identifica con una famiglia unita, rassicurante e protettiva. Forse anche l’esperienza di militante politico ha contribuito a questa condizione: la sua esperienza in carcere gli ha fatto vedere il mondo esterno alla sua ristretta famiglia come un nemico, un mondo da cui difendersi. Da questo possiamo capire il suo attaccamento morboso verso le sorelle, al punto che il matrimonio di Ida, nel 1895, fu sentito da Pascoli come un tradimento, una profanazione della sacralità del nido e determinò in lui una reazione patologica con vere manifestazioni depressive. Dopo il matrimonio della sorella, Pascoli si trasferisce a Castelvecchio di Barga insieme a Mariù. Vive a contatto con la campagna e conduce una vita esteriormente serena, ma in realtà turbata nell’intimo da oscure angosce e paure. All’inizio degli anni 90 dell’800 pubblica la raccolta di poesie Myricae, che si amplia negli anni successivi. Nel 1897 pubblica i Poemetti, nel 1903 i Canti di Castelvecchio, nel 1904 i Poemi conviviali. Dal 1892 vinse per ben 12 volte la medaglia d’oro al concorso di poesia latina di Amsterdam. Negli ultimi anni si volle proporre nella funzione di poeta civile, vate dei destini della patria e celebratore delle sue glorie. Scrisse numerosi componimenti e tenne alcuni discorsi pubblici, come La grande proletaria si è mossa. Morì il 6 aprile 1912. Pascoli si concentra sulla poetica delle piccole cose, sulla realtà semplice ed umile, quella che osserva nelle sue passeggiate in campagna. Le piccole cose della campagna della Garfagnana e della Romagna. Le sue poesie sono apparentemente di stampo realistico. Quando pubblica la prima raccolta, Myricae, siamo ancora a fine 1800, in una fase in cui si percepiscono le influenze del positivismo e del realismo. Myricae, del 1891 e pubblicata e rivista anche in edizioni successive, risente del clima realista e positivista. Il fanciullino Testo fondamentale per capire la poetica di Pascoli perché esprime una nuova visione del mondo corrispondente alla disposizione d’animo del fanciullo, puro ingenuo, predisposto alla meraviglia ed è quindi espressione di una condizione irrazionale. Il bambino non ragiona come l’adulto sulla base di causa-effetto, non individua negli eventi una logica consequenziale, ma riflette per intuizione ed immaginazione. Il modo del fanciullo di interpretare il mondo è immediato. C’è una disposizione d’animo simile a quella del fanciullo in ognuno di noi, ma non tutti sono in grado di farlo emergere. Soltanto il poeta ha un fanciullo attivo, capace di esprimere le sue emozioni e le sue sensazioni attraverso questo nuovo approccio. Gran parte degli adulti ha un fanciullo passivo, che può essere evocato grazie al linguaggio poetico. Nel testo Pascoli chiarisce bene questi concetti. Il fanciullo che abbiamo dentro di noi non ha soltanto timori e paure, ma anche gioie. Finché siamo bambini il fanciullino dentro di noi e il fanciullo reale convivono assieme e si confondono le azioni dell’uno e dell’altro. Ma quando cresciamo il fanciullino rimane piccolo. Le sentivamo vivo e per alcuni rimane attivo (poeti), per altri passivo, ma può essere sollecitato all’ascolto. Visto che non può essere individuato con precisione, gli adulti pensano che sia scomparso, che l’esperienza del fanciullo sia conclusa, ma in realtà c’è, basta saper farlo parlare. Il bambino è dentro di noi quando abbiamo paura del buio, perché crede di vedere. Mette in evidenza la capacità immaginativa del fanciullo che abbiamo dentro di noi. In certi momenti dell'esistenza, anche da adulti, il fanciullo riaffiora. Celebra la capacità di mantenere vivo il fanciullo: durante la nostra vita riusciamo a farlo parlare e guidare alcune nostre scelte e azioni. un valore simbolico e si stabilisce una corrispondenza segreta tra lo stornello delle lavandaie e il particolare dell’aratro dimenticato nel campo arato solo a metà: tutto rende un senso di abbandono e incompiutezza, carico di tristezza che viene accentuata dall’atmosfera desolata e nebbiosa. Ciò che gli oggetti esprimono è ripreso anche nel canto popolare, che ribadisce la malinconia, la lontananza, il passare del tempo, la solitudine, l’abbandono. “Campo mezzo grigio mezzo nero”, sensazione visiva, cromatismo delle descrizioni. Poi c’è la sensazione uditiva. Attraverso il fonosimbolismo possiamo immergerci nel suono delle cantilene che accompagnano il lavoro delle lavandare. Nell’ultima quartina. Il vento soffia forte e sembra che le frasche degli alberi nevichino. Tu non torni ancora e quando sei andato sono rimasta sola come l’aratro nel campo lasciato a maggese, come quello descritto nei primi versi. La donna abbandonata è sola come l’aratro in mezzo al campo. L’ultima strofa riporta i canti delle lavandare. Il dettato è semplice, ma sono presenti alcuni artefici: le allitterazioni, le assonanze e le rime interne. Inoltre è presente un enjambement tra i versi 2 e 3 che conferisce un forte spicco a “dimenticato”, termine chiave del componimento. Temporale Bubbolio, suono onomatopeico, espressione prelinguistica. Pascoli lavora su impressioni. Utilizza anche i colori (cromatismo). Sensazioni visive e uditive. Si ha la sensazione che non ci sia una logica consequenzialità, come se fosse il fanciullino ad osservare e a vedere il temporale lontano, ascoltasse i suoni e vedesse i colori e li riportasse sulla pagina bianca. Le parole evocano, non spiegano. L’evocazione lascia libera possibilità interpretativa al lettore. Vuole descrivere le suggestioni che il bambino prova osservando un temporale in arrivo. Completiamo li informazioni della poesia grazie al titolo: è un temporale che si allontana oppure che si sta avvicinando a seconda del punto di osservazione. Sentiamo l’inizio del temporale dal rumore che fa. L’orizzonte è rosso, forse per i fulmini e i lampi, come se fosse infuocato, lontano, verso il mare. Di solito pensiamo che l’orizzonte rosso sia al tramonto e che sia presagio di una bella giornata, ma in questo caso il rosseggiare e il fuoco all'orizzonte sono il segno del temporale e la sua anticipazione. La descrizione ha una valenza simbolica e sembra alludere a qualcosa di minaccioso e inquietante. Questo senso viene accentuato dal senso di indeterminatezza spaziale. Nero di pece a monte: le nubi sono nere come la pece. Linguaggio di tipo analogico e metaforico. Nel cielo ci sono delle nubi chiare che sembrano stracci. In mezzo al cielo nero verso il monte c’è un casolare che sembra un’ala di gabbiano. Il nero si interrompe per dare spazio al bianco del casolare, che ricorda un’ala di gabbiano. Si da voce al fanciullino, all’evocazione, all’immaginazione e alla speranza di scorgere in mezzo al nero il gabbiano e le sue ali. Il casolare rappresenta la sicurezza e l'approdo, la casa, il nido. Ha valore di rassicurazione e di speranza. Spesso il riferimento al volo degli uccelli è positivo ed è legato alla speranza e alla liberazione dalle sofferenze. Tuttavia è un simbolo e quindi è ambiguo, non esplicita, ma suggerisce, allude. La punteggiatura serve per spezzare il ritmo, per frammentare il verso. I due punti servono solitamente per spiegare ciò che è stato detto, oppure per introdurre un elenco (funzione esplicativa). In questo caso non hanno funzione esplicativa ma sono utilizzati per collegare in modo profondo. L’unica volta in cui spiega bene è l’ultimo verso “un’ala di gabbiano”. Servono per sostituire dei nessi logico sintattici. Vengono utilizzate immagini che vengono giustapposte. Inquietudine e angoscia sono costanti e spesso si traducono in morte. Tentativi di recuperare i suoi cari. Mondo interiore e misterioso che viene evocato. Novembre “Gemmea” un sostantivo viene reso un verbo, però nei manoscritti l’accento sia sulla prima sillaba, come aggettivo. L’aria era gemmea, come una gemma, limpida e trasparente. L’aria creava gemme, così’ cristallina e limpida che sembrava produrre gemme. L’aria è cristallina e il sole è così chiaro che tu (generico lettore) ricerchi gli albicocchi in fiore e senti l’odorino amaro del prunalbo (biancospino) nel cuore. La sensazione di primavera fa si che tu cerchi gli albicocchi e ti sembra di sentire il profumo del biancospino. Il profumo però lo stente nel cuore, desidera sentirlo, come se la sensazione olfattiva fosse riservata soltanto all’ambito emotivo e quindi sente con il cuore e non realmente con il naso. Il verso 5 è chiarificatore e si apre con una forte avversativa “il pruno è secco e le piante stecchite, se osserviamo il cielo è sereno ma le piante sono spoglie e i rami sono rinsecchiti come se ornassero il cielo di trame nere. E il cielo è vuoto, non ci sono uccelli e il rumore dei passi sul terreno secco fa immaginare che sia vuoto”. Immagine funebre, come se camminasse su dei sepolcri. “Tutto è in silenzio. Si ode ascoltate il fruscio delle fragili foglie che cadono” Onomatopeico e ipallage. Viene accentuata la caduta delle foglie spostando l’aggettivo fragile da foglie a cadere. La conclusione è perentoria: la conclusione è che non siamo in primavera, ma in inverno ed è l’estate di san martino, l’11 novembre, vicino alla celebrazione dei defunti, mese per la rievocazione dei defunti. Tentativo di rievocare la presenza dei morti. Le due strofe finali richiamano l’immagine della morte. Opposizione tra illusione e realtà: rapporto dialettico tra illusione e realtà, come se il fanciullino, osservando il cielo e il paesaggio, si lasciasse illudere di essere già in primavera, ma poi si torna all’oggettività, alla realtà. Da questo mondo che circonda l’osservatore arrivano segnali inquietanti: rumori, messaggi, segni della precarietà della solitudine e dal regno dei morti. La vita è affidata alla fragilità del cadere delle foglie. Vengono utilizzate tutte le sfere sensoriali. Si ha apparentemente un quadretto di natura impressionistico, ma in realtà il paesaggio primaverile si colloca in un’altra dimensione rispetto a quella effettuale: la primavera è solo illusoria ed è creata con l’immaginazione e non percepita attraverso i sensi. La precisione terminologica naturalistica è al servizio di una poesia intesa come illuminazione e rivelazione, che ne muta totalmente il significato. Nella seconda strofa si inserisce una nuova dimensione e subentra la reale stagione autunnale. Tornano immagini fortemente visive, ma anche questa descrizione non è realistica: dietro il paesaggio si disegna l’immagine simbolica della morte. Immagini di morte sono anche il silenzio che apre l’ultima strofa e il rumore delle foglie secche che cadono. Al verso 11 è presente un’ipallage: l’aggettivo fragile viene riferito al verbo “cadere” anziché alle foglie. Inoltre è presenta una sinestesia: la realtà astratta del movimento evoca una sensazione tattile che si confonde con una uditiva , il lieve rumore delle foglie secche che cadono. La sinestesia è particolarmente utilizzata dai poeti decadenti perché sottolinea le segrete corrispondenze della fusione tra l’io e il mondo, il soggetto e l’oggetto. Anche l’ossimoro “l’estate fredda dei morti” (vv 11-12) ha una valenza simbolica e allude al nucleo della poesia, l’apparenza di vita nella natura che cela in realtà la presenza della morte. Non a caso è posta in chiusura della poesia, a suggellare l’intero componimento, in contrapposizione alle immagini vitali e gioiose che lo aprivano. Il tessuto connettivo della sintassi è frantumato attraverso l’uso di ellissi dei verbi copulativi, dello stile nominale e di una fitta interpunzione. Quest’ultima alimenta il senso di fatica e angoscia e rende la conflittualità tormentosa dell’anima pascoliana. Inoltre c’è ricerca di una discorso analogico, fatto di lampi intuitivi, di illuminazioni frammentarie e momentanee collegate da segrete corrispondenze e analogie. 10 Agosto Parla della morte del padre in modo esplicito e chiaro. Giorno di San Lorenzo, giorno in cui è stato ucciso il padre di Pascoli. Tutto il mese di agosto vediamo in cielo possiamo vedere le stelle cadenti. Pascoli, in questa poesia i simboli sono esplicitati, mette in relazione le stelle che cadono con il pianto. è come se il cielo piangesse insieme a lui per la morte del padre, per il dolore della famiglia. Nella notte di San Lorenzo sa perché tante stelle cadono dal cielo. Il cielo piange profondamente e mostra questo sfavillio di stelle interpretato come un pianto. Una rondine ritornava al tetto, l'uccisero, cadde in mezzo agli spini, aveva in bocca un insetto per i rondinini. Due punti usati per frammentare il verso, non per spiegare. La rondine viene uccisa ed ora è là, caduta, e sembra una croce e protende quel verme verso il cielo che è lontano. Il suo nido, sineddoche per i rondinini che attendono il cibo, è nell’ombra, i rondinini aspettano invano e pigolano sempre più piano perché perdono le speranze e stanno morendo di fame. Simmetria della poesia: anche un uomo tornava al suo nido. Anche in questo caso i versi sono frammentati e ciò da una forte carica espressionista alla lettura. Anche un uomo tornava alla sua casa, e prima di morire ha detto “perdono”. è come se nei suoi occhi fosse visibile un grido. Portava due bambole in dono per le figlie. Sembra gridare e ora in quella casa abbandonata lo aspettano inutilmente. Egli è rimasto si precisa in una voce, il verso dell’assiuolo che viene da uno spazio indefinito nella notte. Tutto ciò ha qualcosa di lugubre e funebre. All’inizio della seconda strofa si ripresentano immagini quiete e serene: le stelle che brillano nel chiarore diffuso e lattiginoso, il rumore del mare che si associa a immagin consolanti. La metafora “cullare” rievoca sensazioni di abbandono infantile alla dolcezza materna. Il rumore indistinto che proviene dalle fratte induce una nota più misteriosa e segna il passaggio al clima della seconda quartina. Il “sussulto” nel cuore del poeta è dovuto all’eco di dolore, il “grido” che risuona nell’interiorità dell’io lirico vengono ripresi dal verso dell’assiuolo. Nella terza strofa ritorna la luce lunare che colpisce le cime degli alberi, ma subito si inseriscono notazioni più negative, il sospiro del vento, il suono delle cavallette. L’incertezza e l’ambiguità sono sottolineate da una domanda, che ipotizza il valore simbolico di quel suono. Per il poeta le porte della morte non si aprono ed è impossibile il dialogo con i morti. L’angoscia della morte, che non consente la rinascita della vita, non permette il ritorno dei cari scomparsi. Alla fine della poesia il verso dell’assiuolo si concreta in un “pianto di morte”. Riaffiora alla memoria del poeta il pensiero della sua tragedia personale, evocato dai rumori misteriosi e dal grido dell’assiuolo. La cancellazione dei passaggi logico-discorsivi accresce la forza suggestiva, che sembra alludere a segreti legami tra le cose. L’uso del sostantivo astratto con il complemento di specificazione accresce l’indefinitezza dell’espressione e accentua il carattere simbolico, inquietante e minaccioso dell’immagine. L’allitterazione, col suo valore onomatopeico, accresce il carattere misterioso e inquietante dell’immagine indeterminata. La poesia è un’affollarsi di sensazioni in cui si delinea sempre di più qualcosa di misteriosamente angoscioso. I verbi sono posti all’inizio dei versi, la costruzione è sintattica, fondata su paratassi. Non si crea una struttura logica, ma il reale si frantuma in impressioni isolate e il legame che le unisce è analogico, simbolico, allusivo, segreto. I Poemetti Vengono pubblicati nella loro versione definitiva in due raccolte distinte, i Primi poemetti nel 1904, e i Nuovi poemetti nel 1909. Sono componimenti più ampi di quelli di Myricae e che assumono un taglio narrativo. I versi brevi vengono sostituiti dalle terzine dantesche. Pascoli descrive l’ambiente rurale e la vita di campagna, in particolare una famiglia di Barga, che viene descritta in tutti i momenti caratteristici della vita contadina. L’intento del poeta è quello di celebrare la piccola proprietà rurale presentandola come depositaria dei valori tradizionali e autentici. La famiglia contadina appare a Pascoli come un rifugio rassicurante e per questo utilizza simboli (il nido, la nebbia avvolgente) che simboleggiano la famiglia, la protezione e la ricerca di sicurezza. Tuttavia il mondo umile e rurale è un ambiente idealizzato e idillico e ignora gli aspetti più crudi della realtà popolare. Riferimenti ai simboli sono talvolta eccessivi e ridondante, come in 10 Agosto. Inoltre i simboli emergono in modo meno istintivo e più razionale. Pascoli inizia lo sperimentalismo linguistico. Il linguaggio pascoliano - Gianfranco Contini Contini individua tre linguaggi differenti utilizzati da Pascoli: 1. il linguaggio agrammaticale o pre-grammaticale → è il linguaggio del fanciullino, ricco di significati simbolici espressi attraverso il fonosimbolismo 2. il linguaggio grammaticale → è quello della comunicazione ordinaria 3. il linguaggio post-grammaticale → è l’italo-inglese utilizzato dai migranti, un linguaggio inventato e che deriva da quello ordinario. Pascoli scrive utilizzando lo sperimentalismo linguistico perché, se la lingua normale coincide con una visione sicura e determinata della realtà, allora le eccezioni linguistiche rivelano che è caduta ogni certezza fondata sull’interpretazione logica del mondo. Inoltre Contini distingue due tipi di sublime: uno superiore ed aulico, l’altro inferiore e delle cose umili. In entrambi i casi Pascoli persegue il raro restando comunque legato alle radici. Italy In questa poesia, Pascoli mostra il suo interesse per il tema dell’emigrazione. All’inizio del 1900 in Italia si verificò un’ondata di emigrazione verso il nuovo continente e lo stesso Pascoli è colpito da questo fenomeno. Infatti, oltre ad essere un danno economico, rappresenta anche una ferita profonda a livello emotivo in quanto molte persone sono costrette ad abbandonare i loro familiari e il loro nido. Quello di Pascoli è un “socialismo sentimentale”: prova una vicinanza emotiva verso colore che devono lasciare il nido familiare e il nido della patria. Il poeta conosce una famiglia che era emigrata, aveva vissuto qualche anno a Brooklyn e aveva fatto ritorno in Italia perché la figlia Maria, o Molly, si era ammalata di tubercolosi e aveva bisogno di un’aria più salubre. Il tratto caratteristico di questa poesia è l’impasto linguistico che Pascoli riproduce: viene utilizzato sia un linguaggio comune, grammaticale, ma talvolta anche tecnico, sia un linguaggio pre-grammaticale, sia quello post-grammaticale, ossia nuovi termini che derivano sia dall’italiano, sia dall’inglese. Inizialmente la bambina, Molly, è spaventata perché non riconosce i luoghi della Garfagnana, dove hanno vissuto i suoi genitori, ma subito si ambienta e stringe un legame profondo con la nonna. La vicenda si conclude quando la bambina finalmente guarisce, ma la nonna si ammala e muore. La mia sera Questa poesia appartiene ai Canti di Castelvecchio ed è composta da 5 strofe. Leggendo, possiamo notare che Pascoli utilizza sia la lingua ordinaria e quella alta tipica della poesia, sia la lingua pre-grammaticale. Infatti sono presenti molti effetti fonosimbolici come onomatopee e allitterazioni. La poesia inizia in modo cupo, ma sin dalla prima strofa viene dato il senso di trasformazione e di cambiamento. Ai versi 5 e 6 è inoltre presente un anacoluto, ossia un cambiamento di posizione tra soggetto e complemento oggetto, che costringe il lettore a soffermarsi. Tutte le strofe terminano con lo stesso termine, “sera”. Successivamente nella seconda strofa il cielo si apre, ma il verbo “aprire” viene riferito alle stelle, come se fossero fiori che sbocciano. Tuttavia c’è qualcosa che destabilizza, è un fiume che continua a singhiozzare. Il fiume rappresenta una traccia della bufera, come la traccia di un dolore passato. Al verso 15 è presente un ossimoro, “dolce singulto”. Nella terza strofa viene esplicitata la metafora e Pascoli vorrebbe non provare più dolore e riposarsi da esso. Nella quarta strofa afferma che per le rondini, il giorno è stato povero di cibo a causa del temporale, ma ora il pasto serale sarà migliore e il nido sarà nuovamente accogliente. Entra al verso 31 l’io lirico: nemmeno Pascoli ha avuto la sua parte di cibo, metafora per le relazioni affettive che non ha potuto vivere a pieno. La quinta strofa si apre con un’onomatopea che riproduce il suono delle campane proveniente dal cielo azzurro. Al verso 36 sono presenti un ossimoro e una sinestesia (“voci di tenebra azzurra”). Negli ultimi versi viene presentata la regressione del poeta alla sua condizione neonatale o forse, addirittura a quella prenatale. È evidente il tentativo di Pascoli di tornare alle origini, in simbiosi con la madre, per poter trovare la serenità e la protezione del nido. La sera viene paragonata all’ultima parte della vita, come Foscolo aveva fatto in Alla sera, ma la modalità della poetica di Pascoli è nuova perché parla dell’inconscio della sera. Canti di Castelvecchio Nei Canti di Castelvecchio (1903) ritornano le immagini della vita di campagna e ricompare una misura più breve, lirica anziché narrativa. C’è la ricerca di un rifugio rassicurante e consolante dal dolore che si concretizza nel nido. Vengono utilizzate anche le immagini della nebbia e della siepe che impediscono la visione di ciò che appartiene al mondo esterno. Non mancano tempi inquieti e morbosi come l’eros e la morte. Nebbia Questa poesia appartiene alla raccolta dei Canti di Castelvecchio. Pascoli dimostra di avere un ideologia piccolo-borghese. Fa una richiesta d'amore e di ricostruzione del nido familiare, ma sarà destinato a ricevere una delusione che lo porta a cercare il dialogo con la famiglia di origine. Inizia così il dialogo con i morti che diventerà un monologo. Pascoli si chiude nella sua solitudine rispetto al mondo esterno e in questa poesia chiede alla nebbia di proteggerlo perché ciò che si trova al di là è sconosciuto e fa paura, tuttavia lo attrae. Le cose lontane gli chiedono che le raggiunga, che ami, ma l'unica cosa che vuole vedere è la morte. Chiede quindi alla
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