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Pascoli: vita e ideologia, riassunto e tematiche di Il fanciullino, Myricae e Canti di Castelvecchio (analisi di alcune poesie)., Sintesi del corso di Italiano

Appunti e sintesi, vita e contesto storico, caratteristiche letterarie, analisi dell'autore e de Il fanciullino e di Myricae, con relativi riassunto, tematiche, specifica analisi di alcuni brani selezionati. Da Myricae: Lavandare, Novembre, Temporale, Il lampo, X Agosto, L'assiuolo. Dai Canti di Castelvecchio: La mia sera, Il gelsomino notturno.

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017
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Caricato il 15/06/2017

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Scarica Pascoli: vita e ideologia, riassunto e tematiche di Il fanciullino, Myricae e Canti di Castelvecchio (analisi di alcune poesie). e più Sintesi del corso in PDF di Italiano solo su Docsity! Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 1855 - Bologna, 1912) 1855: nasce a San Mauro di Romagna, trascorre un'infanzia agiata in una famiglia agiata e numerosa. 1867: morte del padre assassinato (rimane impunito, non si sa chi sia stato né perché), che insieme ad altri lutti familiari segna profondamente il suo carattere, facendolo restare quasi bambino dentro, tanto da vivere una sessualità umbratile. La sua dimensione affettiva quindi rifiuta nuove relazioni sentimentali, e insicurezze e inquietudini interiori lo portano a privilegiare l'obbiettivo di ricostruire il nucleo familiare paterno e originario (famiglia-nido). 1873: si iscrive a Lettere a Bologna con una borsa di studio, ma nel 1875 perde la borsa per ragioni politiche e interrompe gli studi. 1879: passa alcuni mesi in carcere per aver partecipato a una manifestazione socialista: manifesta infatti idee politiche vicine a un socialismo umanitario, non marxista. 1877-1900: composti i testi nell'edizione definitiva di Myricae, pubblicati tra il 1891 e il 1897. 1895: nominato professore di Grammatica greca e latina all'Università di Bologna. 1897-1903: pubblica i Poemetti, i Canti di Castelvecchio, Poemi conviviali e Il fanciullino, più importante discorso programmatico sulla poesia scritta da Pascoli; insegna a Pisa e a Messina, poi si trasferisce a Bologna, dove eredita la cattedra di Carducci. 1912: muore poco dopo aver pronunciato il discorso La grande proletaria si è mossa, in favore dell'impresa coloniale italiana in Libia: egli torna a schierarsi politicamente, ma ora su posizioni di populismo piccolo-borghese conservatore e nazionalista. L'opera di Pascoli si divide in: • Poesia di ispirazione lirica: prima edizione di Myricae (1891), Canti di Castelvecchio (1903); ne Il fanciullino esplicita la concezione simbolista e analogica che sta alla base della sua produzione poetica. • Poesia che tenta una misura più narrativa e sperimentale e si apre anche a una dimensione ideologica più marcata: Poemetti (1897). • Poesia di intonazione storico-civile, alle cui forme Pascoli si apre negli ultimi anni della vita, ereditando la cattedra di Carducci e la figura pubblica di "maestro". • Poesia di ispirazione classica ed erudita. Il fanciullino (1897) pag. 37, 271 Pubblicato sulla rivista fiorentina Il Marzocco, costituisce una vera e propria dichiarazione di poetica. Il poeta è in realtà un eterno "fanciullino", un sensitivo e veggente, l'Adamo che mette il nome a tutto ciò che vede e sente, capace quindi di vedere le cose, anche le più umili e semplici, come le ha viste per la prima volta Adamo, e di entrare in rapporto con il mistero profondo delle cose, affidandosi alla pura intuizione e facendo a meno della razionalità; egli, anche se adulto e uomo maturo, sa mantenere dentro di sé la sua parte infantile e, invece di soffocarla e reprimerla socialmente, ne libera la voce, lo sguardo e i sensi con cui descrive, conosce e interpreta la realtà in modo più profondo e autentico. Il fanciullino non conosce divisioni di ordine razionale tra verità e immaginazione, tra sogno e realtà, tra ricordo e fantasia, piange e ride insieme, senza un perché razionale, mescola la morte e la vita, la felicità e la sventura, riduce le grandezze ammirate dal senso comune e ingigantisce le “piccole cose” cui invece nella vita adulta nessuno dà valore. La vita adulta è invece un oscuro tumulto dell'anima, disordine, dolore e conflitto. Poesia è invece la lingua di quella forma di conoscenza che è propria di due occhi infantili, capace pertanto di restituire agli uomini l'idea di vivere nella bontà e nell'armonia di un cosmo, cioè di un ordine naturale del mondo, insieme semplice e profondo. Il linguaggio della poesia e la forma di conoscenza del mondo che le sono propri vengono così a coincidere con le caratteristiche di purezza ed essenzialità tipiche di un'immagine universale dell'infanzia umana. Il fanciullino non parla la lingua razionale degli adulti, non adotta una grammatica logica e argomentativa, ma esprime una lingua originaria e talora pregrammaticale: adatta il nome della cosa più grande alla più piccola, e al contrario, e con stupore e loquacità impicciolisce per poter vedere, ingrandisce per poter ammirare, procedendo perciò per analogie e simboli, come i bambini. Il fanciullino, e con esso il poeta, riconosce e scopre le cose per la prima volta, rivelandole così come sono nella loro radicale naturalezza. Pascoli adotta tre livelli di linguaggio: • Pre-grammaticale, costituito da onomatopee (creazione di una parola che non ha alcun significato referenziale ma allude a qualcosa di reale poiché ne riproduce il suono, il rumore, il verso; esempio: fru fru, chiù) e fonosimbolismo (termini con significato referenziale e concettuale, ma alludono al significato attraverso il suono delle parole; esempio: miagolio, tonfo, sciacquare, fruscio, rimbombo); • Grammaticale: linguaggio normale di registro medio; • Post-grammaticale: uso di un registro linguistico alto e specifico e di termini tecnici (esempio: cirri, garrula). Reazione alla crisi della poesia: • Carducci vuole rilanciare un'idea della poesia alta e classicista e insieme di severo impegno civile. • D'Annunzio offre un'idea più moderna di un poeta superuomo, in virtù soprattutto delle sue eccezionali doti di estetismo raffinato, eroico e mondano. • Pascoli presenta un modello di poeta apparentemente debole e umile, in realtà la fiducia nella potenza della parola poetica e nella superiorità della sua forma di conoscenza, manifestate nel simbolismo del fanciullino, non è meno salda di quella che esprimono Carducci e d'Annunzio. I tre poeti sono però accomunati dal tentativo di reagire con forza ad un'idea di crisi della funzione e del ruolo tradizionale della poesia e del poeta dentro la società moderna, e a quell'idea di decadenza dell'arte propria del periodo storico e del Decadentismo. Poemetti (1897) Pubblica una prima edizione nel 1897, nel 1900 ne pubblica un'altra e nel 1904 una terza (Piccoli Poemetti), a cui aggiunge nel 1909 una nuova raccolta (Nuovi Poemetti). Si nota il tentativo di superare il frammentismo e impressionismo verso una poesia narrativa che privilegia il testo più lungo, la suddivisione in sezioni, a volte la forma del dialogo. Si afferma una notevole propensione allo sperimentalismo linguistico, con una mescolanza di lingue, dialetti e gerghi. Temi affrontati: • Contrapposizione tra la città , sede di convulsi sviluppi della moderna società industriale e di massa, e la campagna, luogo della bontà della civiltà contadina e occasione di rifugio nella sanità morale della natura. • Problematiche sociali (povertà e sofferenze nel mondo contadino, emigrazione dalle campagne) in un’ottica di umanitarista populista insieme a un nazionalismo piccolo-borghese. Myricae (1890-1900) 5 edizioni: il nucleo originario è già nella decina di poesie pubblicate sulla rivista Vita nuova nel 1890. La prima edizione esce nel 1891, in quelle successive aumenta progressivamente il numero delle liriche, fino a 156 nel 1900. Struttura: all’aumento dei testi corrisponde anche la struttura dell’opera in sezioni, assumendo una fisionomia organica e coerente di un vero e proprio libro. L’organizzazione interna risponde a criteri retorico-formali, infatti a ognuna delle sezioni corrisponde una forma metrica prevalente. Titolo: Myricae rimanda alle Bucoliche di Virgilio, che è per Pascoli il punto di riferimento classico della sua poesia, e significa tamerici (piante di basso fusto, molto comuni nella campagna italica e diffuse sulla costa). Sempre dal passo in cui Virgilio nomina tali piante, Pascoli ricava le epigrafi di Myricae e Canti di Castelvecchio, in cui risulta evidente e programmatica l’intenzione di Pascoli di dichiarare la sua come una poesia “di piccole cose” collocate dentro scenari di esperienza comune e quotidiana. Temi: • rapporto con la natura e inquietudine del “viaggio” esistenziale: la siepe (vedi Infinito di Leopardi) rappresenta il confine che rassicura l’io e lo protegge dentro la familiarità e la certezza delle proprie cose e oltre il quale si estende un mondo ignoto che minaccia insicurezza e straniamento; la nebbia delle campagne autunnali è invocata dal poeta perché gli nasconda il richiamo allettante delle cose lontane che vogliono ch’ami, che vada, ma che sono immaginate nel contempo ebbre di pianto; la luce improvvisa di un lampo, che nell’oscurità dei campi illumina una terra ansante, livida, in sussulto, è come l’occhio di un uomo che muore e che largo esterrefatto s’aprì e si chiuse nella notte nera. • La famiglia è un nido: il nido protegge e accoglie finché non si ha le ali per volare, ma è fragile e una folata di vento può spazzarlo via, e d’inverno rimane vuoto e abbandonato; Pascoli proietta simbolicamente il violento trauma infantile della sua condizione di orfano e il bisogno esistenziale che lo tormenta tutta la vita di costruire un “nido” di affetti sicuri che lo proteggano e lo consolino. • Morte: l’immagine di una vita felice e piena di senso si dimostra illusoria come il tepore ingannevole del sole di novembre dell’”estate di San Martino”, e il chiù, eco lontana del verso di un uccello notturno, diviene un richiamo lugubre e nell’io che ascolta si trasforma in un pianto di morte. • interiorità e memoria, bisogno di dialogo e comunicazione. Lavandare (1892-94) Madrigale di tre strofe, forma poetica tipica del ‘600: da Carducci in poi si sperimenta in forma e linguaggio. La lirica appare come un quadro di vita campestre che ritrae con pennellate di colore luoghi e figure della civiltà contadina secondo modi descrittivi da bozzetto impressionistico e verista. (immagine visiva e uditiva) In realtà nell’ultima quartina la canzone delle “lavandare” verso il migrante amato (temi di malinconia, solitudine e partenza) trasforma la descrizione della realtà esterna in percezione soggettiva e interiore di una condizione esistenziale di solitudine in cui diviene simbolo l’immagine di un aratro dimenticato tra la nebbia dei campi autunnali. L’aratro, solo e senza buoi, si trasfigura così in simbolo di una situazione umana, interiore e soggettiva di solitudine ed estraneità: il simbolo è dunque il tentativo di unire in una totalità di comprensione e comunicazione le cose che nella vita appaiono frammentate e chiuse nel loro reciproco isolamento.
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