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Patologia Odontostomatologica (patologia orale), Appunti di Patologia

Appunti completi presi in classe e integrati a casa. descrivono le numerose patologie del cavo orale, ben dettagliate.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 28/06/2024

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maria-carbone-1 🇮🇹

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Scarica Patologia Odontostomatologica (patologia orale) e più Appunti in PDF di Patologia solo su Docsity! PATOLOGIA ODONTOSTOMATOLOGICA (principi di patologia del cavo orale) Patologia e medicina orale: disciplina che si occupa delle malattie orali ed oro-facciali generalmente non connesse alle patologie dento-paradontali di tradizionale pertinenza odontoiatrica. Tali patologie consistono prevalentemente nelle malattie della mucosa orale, con riguardo per le forme oncologiche, immunologiche ed infettive, per le orodinie (tutti i bruciori e dolori del cavo orale, ad esempio la BMS, sindrome della bocca urente, detta anche glossodinia, è una condizione clinica caratterizzata da un forte bruciore orale diffuso anche in assenza di evidenti lesioni locali o di altre patologie. È molto diffusa nelle donne sopra i 50 anni. I sintomi sono disordini psicosomatici, percezione di sapore amaro o metallico, dolore alla bocca, secchezza delle fauci e difficoltà nella deglutizione. Le cause del BMS possono essere diverse come il diabete, malattie tiroidee, anemia, sclerosi multipla, herpes o alterazione degli estrogeni), per le patologie osteolitiche (radiotrasparenza) o osteoaddensanti dei mascellari con particolare riguardo alla diagnostica, non la parte terapeutica. Le malattie della mucosa orale possono prendere origine da forme oncologiche, immunologiche e infettive. Sono presenti anche patologie osteolitiche o osteoaddensanti. • Osteolisi: lesione ossea caratterizzata dalla distruzione completa di una parte o di un intero osso che può essere determinata da processi patologici di varia natura, quali infiammazione dell’osso, tumori ossei primitivi o metastatici e così via. • Malattie osteoaddensanti: malattie caratterizzate da un aumento della massa ossea per unità di volume e alterazioni dell’architettura scheletrica, con interessamento talora limitato a zone circoscritte dello scheletro. I molari erompono in media ogni 6 anni: i primi a 6 anni, i secondi a 12 anni e i terzi a 18 anni. La struttura dell’apice del dente ben formata avviene circa 2 anni e mezzo dopo l’eruzione. Bisogna stare attenti a tutte le mucose. In caso di candida bisogna passare un qualcosa per vedere se la patina biancastra viene via (candidosi pseudomembranosa), se non viene via devo pensare ad altro, ad esempio una leucoplachia. Nelle tumefazioni va eseguita la palpazione, va studiata la consistenza. Mucocele o cisti mucosa della ghiandole salivari minori: cisti che si sviluppa da un trauma che causa la rottura di un dotto escretore di saliva. La saliva non riesce ad uscire e si forma la cisti. Si forma una parete cistica con del liquido. Se all’interno del cavo orale sono presenti delle patine biancastre bisogna utilizzare una tecnica che ci consente di capire quale problematica bisogna affrontare. La tecnica consiste nel passare la garza sulla patina biancastra, se questa se ne va potremmo pensare ad una patologia come la candidosi, se non se ne va potremmo pensare all’ipercheratosi ad esempio. • Candidosi: il tipo più comune di candidosi è un’infezione superficiale della bocca, della vagina o della pelle che causa chiazze rosse o bianche con prurito e/o irritazione. I soggetti con il sistema immunitario compromesso possono sviluppare infezioni gravi dell’esofago e di altri organi interni. I farmaci antimicotici possono essere applicati direttamente sull’area interessata o assunti per via orale, ma le infezioni gravi richiedono la somministrazione per via endovenosa. • Ipercheratosi: lesione benigna dell’epitelio che riveste la mucosa del cavo orale. Generalmente rappresenta la reazione dell’epitelio ad uno stimolo irritativo. Qualora non regredisse dopo la rimozione della potenziale causa andrebbe rivalutata clinicamente. ITER DIAGNOSTICO IN PATOLOGIA ORALE Iter vuol dire percorso. L’obiettivo è quello di fare una Corretta diagnosi, se c’è questo si avrà un corretto piano di trattamento. Fasi della prima visita: Il percorso diagnostico per raggiungere la diagnosi finale corretta si ha tramite: • Anamnesi • Esame clinico • Rx • Esami di laboratorio • Ci può essere la diagnosi chirurgica (mentre si opera) • Esame istologico • Diagnosi differenziale • Piano di trattamento umbertp L’iter diagnostico è come un puzzle, bisogna mettere i tasselli al posto giusto. 1) Anamnesi: bisogna valutare la storia clinica del paziente, grazie a questa si può arrivare alla diagnosi anche senza strumenti a volte. Ha lo scopo di indagare sui motivi che hanno spinto il paziente alla visita, conoscere lo stato di salute generale, prevenire possibili complicanze nel corso del trattamento e ricercare eventuali predisposizioni familiari e personali a patologie. Quando c’è un aumento di volume non si può dire se è un’iperplasia o un’ipertrofia perché è una cosa strettamente istologica. I farmaci che determinano l’aumento del volume gengivale sono gli antiepilettici (difenilidantoina), i calcioantagonisti (ad esempio un paziente cardiopatico nifedipina (cercare bene)) e i farmaci per i trapianti (la ciclosporina che serve per inibire il sistema immunitario per evitare il rigetto). Si può fare una gengivectomia. Ci sono dei dentifrici che hanno una concentrazione di sodio lauril solfato (SLS) più alta e si può verificare una specie di dermatite al labbro e in bocca. I vari tipi di anamnesi sono; personale, familiare,,patologica, remota, prossima. Quando abbiamo davanti la bocca di un paziente è molto importante confrontare l’arcata superiore da quella inferiore. L’edema prevede la presenza di essudato. Essudato: liquido prodotto dal corpo come risultato di un processo infiammatorio che fuoriesce dai vasi sanguigni e rappresenta il risultato di un’intensa attività cellulare. Guardando una gengiva prima di dire se questa è ipertrofica (aumento volume cellule) o iperplasica (aumento numero cellule), la frase giusta è aumento del volume gengivale o AVG prima appunto di effettuare un esame istologico e saperlo con certezza. L’anamnesi è familiare, personale fisiologica e personale patologica (prossima o remota) 2) Aspetto clinico delle lesioni dei tessuti molli: bisogna osservare con specchietto e specillo o con 2 specchietti (lui dice 2 specchietti) e una garzina (per la lingua) tutte le mucose con visione diretta e indiretta. È importante anche fare attenzione al pavimento orale perché alcune patologie maligne hanno una loro estensione lì. Si deve fare la palpazione sia interna che esterna, infatti bisogna palpare i linfonodi che non si devono sentire, se sono palpabili c’è qualcosa di natura infiammatoria o neoplastica. Bisogna palpare anche il collo. Bisogna valutare: a. i cambiamenti di colore (la gengiva è rosa corallo, c’è una differenza tra la gengiva aderente e la mucosa alveolare che è piu scura perché è più vascolarizzata). b. la consistenza dei tessuti (molle, dura, doro-elastica o fluttuante) c. Il colore della lesione (rossa, rosa, bruna, bianca, nera, grigia etc), ci possono essere anche i nei nel cavo orale che potrebbero sviluppare in melanoma. d. le dimensioni della lesione e la caratteristica della superficie (corrugata, fissurata, papillare, liscia, rugosa etc). Ad esempio le leucoplachie possono avere delle superfici diverse e possono essere omogenee (meno pericolose) o non omogenee. Aspetto clinico delle lesioni dei tessuti molli: Ad es se una lesione è peduncolata, tipo il fibroma, che ha un peduncolo che origina dalla zona da cui è originata, la consistenza è duro-elastica, oppure una lesione sessile che ha una base di impianto larga, non ha solo un piccolo peduncolo che sporge. Bisogna vedere anche la presenza di papule, macchie bianche o rosse. In linea di massima si dice che quelle bianche sono meno pericolose di quelle rosse perché significa che c’è già un segno di atrofia nell’epitelio, manca già uno strato di epitelio. La mucosa è rosea perché c’è la vascolarizzazione nel tessuto connettivo che però è coperto da uno strato di tessuto epiteliale e poi dallo strato corneo più superficiale (nel caso delle macchie bianche questo si inspessisce, ipercheratosi). Nelle macchie rosse invece questo strato si atrofizza, si distrugge. Viene meno il primo filtro protettivo, quindi l’epitelio, che è sempre protettivo, è più a rischio. Le macchie pigmentate devono essere comunque documentate e il paziente deve essere sottoposto ai follow up. Se cambiano colore e si allargano vanno attenzionati e va fatta una biopsia. L’esame obiettivo sia extraorale che endorale si attua attraverso: • ispezione • palpazione • percussione • auscultazione • messi ausiliari: test pulpari, esami radiografici, transilluminazione etc. • Ulcera da agenti caustici o da intenso calore: da non sottovalutare l’effetto caustico della clorexidina (soprattutto la 0,2%). Si può verificare anche con l’aspirina, facendola sciogliere in bocca. • Danno iatrogeno da pasta arsenicale: questa pasta non è più utilizzata. È una sostanza mummificante, manda in necrosi tutto ciò che è vitale. Veniva utilizzata soprattutto da chi faceva l’odontoiatra in maniera abusiva. • Danno iatrogeno da NaOCl (iatros genesis = generato dal medico): da ipoclorito di sodio (al 5%), che si utilizza per irrigare i canali e disinfettarli durante il trattamento endodonzico. Se fatto in maniera non corretta (eccessiva), questa sostanza va oltre apice e determina un edema della guancia e delle ecchimosi all’interno della guancia e anche intorno all’orbita oculare. Bisogna fare innanzitutto lavaggi con fisiologica e poi terapia antibiotica e cortisonica per far regredire l’infezione. Lesioni orali da trattamenti antineoplastici nel cavo orale: • Infezioni orali • Mucosite • Xerostomia • Disgeusia (alterazione del gusto, ha una durata di diversi mesi, se non permanente) • Osteoradionecrosi Stomatomucositi: possono essere conseguenze della radioterapia, creano un danno metabolico. Si ha l’atrofia nella mucosa orale. A volte va interrotta la radioterapia e diventa un problema. Il paziente a volte non riesce ad alimentarsi o a bere. Questa mucosite appare dopo qualche giorno dalla somministrazione dei farmaci antiblasti. Osteonecrosi (ONJ) da radioterapia: si ha l’esposizione di un osso non vivo con sovrapposizione batterica. Sono molto simili alle osteonecrosi da farmaci. Aspetto a batuffolo di cotone nella radiografia. Le flogosi odontogene: sono lesioni infiammatorie che derivano dall’endodonto, dal parodonto o dai tessuti pericoronali e si diffondono nei mascellari, dando luogo a diversi quadri clinici che possono presentarsi a livello intraorale, extraorale e, in casi particolari, in altri distretti anatomici. Classificazione clinica: • Acute: o Ascesso: cavità patologica neoformata in seguito ad un processo flogistico acuto purulento, delimitata da una capsula fibrosa (neoformata, patologica) e contenente un materiale di consistenza semi-fluida e di colorito bianco-giallastro, noto come essudato purulento (pus). (L’empiema invece si crea in una cavità preformata). o Flemmone: processo flogistico acuto nel quale, l’essudato purulento, disperdendosi a livello del tessuto connettivo superficiale o profondo, non è delimitato da una capsula fibrosa. o Adenoflemmone: adenite suppurativa che comprende un ascesso endoghiandolare ed uno preighiandolare. • Croniche: o Fistolizzata: le fistole odontogene prendono origine da un processo infettivo purulento, relativo all’endodonto, al parodonto o ai tessuti pericoronali, che si fa strada tra le zione di minor resistenza dell’osso, del periostio, dei piani muscolari fino ad estrinsicarsi a livello mucoso (fistola intraorale) o cutaneo (fistola extraorale). Quando le fistole sono ritratte vuol dire che sono di vecchia data e quindi tenderanno a cicatrizzarsi. ▪ Mucosa (all’interno) ▪ Cutanea (all’esterno) o Granulomatosa: tessuto fibroso riccamente vascolarizzato (sanguina nel momento in cui si toglie) in cui sono presenti linfociti, plasmacellule, granulociti polimorfonucleati e macrofagi. Quasi costante l’assenza dei batteri. ▪ Circoscritta a un elemento dentale ▪ Diffusa, sono coinvolti più elementi dentali (anche se è diffusa a due radici) Devitalizzando i denti a volte si può risolvere, si deve capire quale dente è coinvolto e devitalizzarlo. Nel causo di trauma ci potrebbe essere lo shock pulpare, se si fa 24/48 h il test di vitalità si avranno tutti negativi. Quindi bisogna farlo nell’immediato e poi dopo 15/20 giorni. Classificazione eziologica delle flogosi odontogene: • Endodontica: sono conseguenti alla necrosi del tessuto pulpare. Le cause possono essere (dalla più diffusa): o Carie penetranti, quando un paziente viene con numerose carie penetranti, egli potrebbe o fare cure oncologiche (a volte il paziente deve usare delle mascherine con del gel al fluoro), oppure potrebbe trattarsi di un paziente tossicodipendente che sente il dolore in modo alterato. o Traumi o Microtraumi o Retrograde: la presenza di un canino incluso che spinge sull’apice di una radice di un altro dente o Lesioni traumai o Iatrogene (fisiche e chimiche) Evoluzione delle raccolte purulente di origine endodontica: Periapicale —> intraossea —> sottoperiostea (dolore continuo, gravoso perché il periostio ha numerose terminazioni nervose, localizzato, si accentua con gli stimoli caldi. Il dente leggermente mobile, allungati perché c’è lo stiramento del legamento parodontale, dolente a masticazione e percussione. Mucosa arrossata ed edematosa) —> sottomucosa o sottocutanea (Dolore attenuato, mucosa arrossata, tumefatta, edema consensuale, fluttuazione. La cute è arrossata, infiltrata, aderente ai piani sottostanti, fluttuazione. Linfoghiandole tumefatte, dolenti, fisse. La febbre è di tipo suppurativo, costante, non superiore a 37,5°). Ad ogni situazione corrisponde una determinata sintomatologia. Il percorso del pus è più a livello mucoso che extraorale perché dipende del rapporto anatomico tra l’apice del dente e l’inserzione del muscolo buccinatore; quindi, se l’apice dentale si trova al di sopra del muscolo, la raccolta si indirizza verso la zona sottocutanea, se invece non viene scavalcato, si ha una fistola intraorale (una raccolta purulenta sottomucosa). La sintomatologia varia a seconda della localizzazione della raccolta. Nel momento in cui si vede una lesione palatale bisogna stare attenti e fare una diagnosi differenziale, perché potrebbe essere un adenoma (consistenza dura, non fluttuante come negli ascessi, delle ghiandole salivari minori (perché il palato ne ha tante). Bisogna fare un’incisione sugli ascessi, sugli adenomi no. Il drenaggio dl pus può arrivare o al palato, o ai seni mascellari, oppure sul versante vestibolare. Edema consensuale: è una risposta edematosa a livello sottocutaneo che insorge come conseguenza della diffusione della raccolta purulenta a livello sottomucoso. La diffusione sottomucosa della raccolta ascessuale che determina una risposta edematosa a livello dei tessuti sottocutanei omolaterali. Il colore della cute però è rosea perché la problematica è sottomucosa, non sottocutanea. A livello della cute non ci sono i segni dell’infiammazione. Inciderla è un errore perché non c’è l’essudato purulento da drenare. Via di drenaggio sottocutanea: ci sono i segni dell’infiammazione. Si può fare il drenaggio (se invece è sottomucosa lo faccio nella zona della mucosa). Nell’arcata inferiore le vie di drenaggio (dipendenti sempre dall’inserzione con il muscolo buccinatore) possono essere: vestibolare, se è intraorale (si ha l’appiattimento del fornice) e linguale, la raccolta purulenta può anche rivolgersi al pavimento orale che si presenta più sollevato (perché avviene sopra al muscolo miloioideo → infarcimento della loggia sottolinguale o anche sotto ad esso → ascesso sottocutaneo). Ci può essere anche un drenaggio sottocutaneo, quindi extraorale. Anche nell’arcata inferiore si può avere l’edema consensuale. Se è vestibolare si può avere ad esempio il mento a galosh. Un’altra via di drenaggio è la zona orale, capita più per le forme parodontali che quelle endodontiche. • Pericoronale: deriva dalla presenza di un dente incluso (più del terzo molare inferiore). Conseguenti alla disodontiasi: eruzione difficile che può riguardare un elemento deciduo o permanente che può dare luogo a fenomeni reversibili o irreversibili e può dare diversi sintomi di diverse intensità e durata. Per parlare di disodontiasi, almeno una cuspide dell’elemento dentario deve essere erotta in arcata, altrimenti si parla di inclusione dentaria. Tutte le complicanze sono dovute a un’infiammazione del sacco pericoronale che porta alla pericoronite (flogosi odontogena di origine pericoronale, quindi ci deve essere la disodontiasi), che è la flogosi del tessuto gengivale che può avere come conseguenze anche degli ascessi (acuti), o cronici o risolversi in breve tempo o con terapia antibiotica. Vie di drenaggio delle flogosi acute (dipendono dalla posizione dell’elemento dentario in disodontiasi): • Disto-vestibolo-versione: raccolta purulenta verso l’angolo della mandibola localizzandosi al di sotto delle fibre d’inserzione del muscolo massetere, si determina il serramento dei mascellari • Disto-linguo-versione: la raccolta va in zona peritonsillare, subtonsillare o a livello del pilastro anteriore del faringe, tumefazione del velopendulo, disfagia, e serramento dei mascellari per l’interessamento del muscolo pterigoideo interno (più pericolosa di quella prima). • Mesio-vestibolo-versione: la raccolta evolve in avanti lungo la doccia formata dalla parete esterna della mandibola, il muscolo buccinatore, il muscolo triangolare e quadrato del mento, esitando all’altezza dei premolari. La raccolta è distante dalla zona di origine, ad es. nei premolari. Si può avere un ascesso migrante. • Mesio-linguo-versione: viene coinvolto il pavimento orale che si solleva perché tutto avviene sopra o sotto il muscolo miloioideo. Anche in questo caso ci possono essere degli edemi consensuali. Bisogna fare le opportune indagini per capire la differenza tra origine pericoronale o endodontica. Ci sono delle forme croniche anche per le flogosi pericoronali. • Flogosi odontogene di origine parodontale: sono conseguenti ad infiammazioni dei tessuti parodontali per obliterazione, anche solo temporanea, delle vie di drenaggio di una tasca infraossea. Evoluzione delle raccolte purulente: o Marginale: nel margine gengivale o Serpignosa: il danno a distanza (il danno è da una parte ma la fistola si manifesta da un’altra parte) o Vestibolare: danno a livello della tasca parodontale Le forme parodontali sono sotto la linea mucogengivale, invece quelle pericoronali sono più verso l’apice. Tasca verticale —> infraossea A volte si può seguire il tragitto della fistola per capire il punto di partenza, con un cono di guttaperca giallo o rosso (20 o 25 di dimensione, radiopaco) —> fistulografia Diagnosi differenziale tra fistole endodontiche (test di vitalità negativo) e fistola parodontale (test di vitalità positivo) (domanda d’esame): • Posizione della fistola • Vitalità del dente (negativo nell’endodontica, positivo nella parodontale) • Presenza di tasche (nelle parodontali) • Radiografia-fistolografia (con o senza cono di guttaperca) In questo modo si può arrivare a una diagnosi corretta per avere un trattamento corretto. Nelle patologie a genesi pulpare si ha una sensibilità alla percussione quando essa viene esercitata in senso verticale, mentre nelle forme di origine parodontale si registra una sensibilità alla percussione laterale. Quando il processo patologico è in fase cronica, generalmente non è accompagnato da un vero e proprio corteo sintomatologico. Altri elementi diagnostici sono la mobilità dentale ed il sondaggio parodontale, che permettono di valutare l’integrità del parodonto, in particolare l’entità dell’attacco epiteliale. Terapia delle flogosi odontogene: • D’urgenza (nelle forma acute), in relazione allo stadio evolutivo della flogosi • Specialistica: bisogna capire se è endodontica, pericoronale o parodontale per capire come agire, come trattare il paziente • Farmacologica mirata (antibiotica) Se abbiamo una raccolta purulenta: • Periapicale intraossea: o Apertura canalare possibilmente con una fresa nuova (drenaggio transcanalare) o Molaggio del dente (abbassare il dente di 1 mm, in caso di sensazione di dente allungato) • Sottomucosa, sottocutanea: o Incisione o Drenaggio L’incisione e il drenaggio si fanno se la raccolta è maturata e quindi fluttuante, se non lo fosse, la si deve far maturare con impacchi caldo-umidi. Cisti gengivali infantili (perle di Epstein): Piccolo nodulo giallastro della mucosa del bordo alveolare osservabile nei primi tre mesi di vita, va incontro ad involuione spontanea e non necessita di trattamento. Deriva da residui della lamina dentale esclusi dall’odontogenesi. Cheratocisti (cisti primordiale-TCO) (domanda d’esame) la più importante, costituisce circa il 10% di tutte le cisti odontogene. Insorge prevalentemente nel secondo e terzo decennio di vita ed interessa piu di frequente i soggetti di sesso maschile. Prima era considerata un tumore. Istologia: clinicamente si caratterizza per un’aggressività locale causata dall’epitelio di rivestimento di tipo paracheratosico e di neoformazioni microcistiche periferiche che sono alla base della notevole tendenza alla ripetizione che si osserva nel 20-25% dei casi. Queste caratteristiche ne giustificano la denominazione di tumore cheratocistico odontogeno (TCO). Questa cisti non depiazza i tessuti ma li erode e demolisce. Appare delimitata da un epitelio squamocellulare pluristratificato, paracheratosico (permangono i nuclei nelle cellule dello strato corneo, ovvero la tendenza dell’epitelio ad aggredire e proliferare, c’è un’attiva mitosi), costituito da 7-8 strati di cellule. Radiograficamente allare come un’area di radiotrasparenza per lo più pluriconcamerata generalmente ben delimitata dal tessuto osseo sano. Solitamente colpisce nella zona canina premolare o nell’arco mandibolare. A volte anche nella sinfisi. Si localizza con frequenza maggiore nella mandibola (65-85% dei casi), la sede preferenziale è il terzo posteriore e la branca ascendente. A causa del suo rapido accrescimento può determinare precocemente la deformazione del profilo del mascellare interessato (aspetto clinico). Ha un altissimo tasso di recidiva quindi spesso si opta per la resezione mandibolare. La diagnosi differenziale radiologica viene fatta con l’ameloblastoma e con il mixoma odontogeno (orletto meno rappresentato e sepimentazione più fitta). Bisogna enuclearle con carattere estremamente conservativo e sottoporre il paziente ad un follow-up serrato (ogni 6-12 mesi per 10 anni). Cisti follicolare (o dentigera): più famosa, origina dall’epitelio ridotto dell’organo dello smalto ed è sempre collegata al colletto di un elemento dentario non erotto. A seconda dello sviluppo dell’area osteolitica, distinguiamo una variante laterale ed una coronale (centrale). Parte sempre dalla giunzione amelocementizia. Spesso riguarda il terzo molare inferiore e il canino superiore perché sono quelli che vanno più incontro ad inclusione perché non c’è abbastanza spazio, perché prendono vita dal gubernaculum dentis del secondo premolare, quindi la gemma del terzo molare inferiore è indietro ma più alta. Il secondo motivo è l’evoluzione, non mangiando più carne cruda o altro, le ossa (mascellare e mandibolare) si sono accorciate, il terzo è l’interruzione in un percorso eruttivo. Il canino superiore nasce orizzonte e poi deve ruotare, anche il terzo molare, è per questo che ci possono essere degli errori. Differenza tra incluso e ritenuto: il dente ritenuto ha ancora possibilità di eruzione in arcata perché l’apice non è ancora ben formato (possiede ancora vis artergo, possibilità di eruzione), un dente incluso invece è già formato. Non è aggressiva al contrario della cisti odontogena. Radiologicamente si manifesta come un’osteolisi uniloculare omogenea che circonda la corona di un elemento dentario incluso, la componente radicokare è esclusa dalla neoformazione cistica. L’orletto osteosclerotico periferico è sempre ben evidenziabile (a sottolineare l’evoluzione lenta della cisti follicolare). Istologicamente l’epitelio di rivestimento è di tipo squamocellulare, non oresenta mai cheratinizzazione e non supera mai i 3 strati cellulari. Se ben enucleata non recidiva mai. Cisti da eruzione: Origina al di sopra della corona di un dente in via di eruzione. Origina dall’epitelio ridotto dell’organi dello smalto. Più frequente in associazione con i permanenti, costituisce circa l’1% delle ciste dei mascellari. Si può non fare nulla o inciderla, drenarla. Ha un colore bluastro ed è situata al margine alveolare in corrispondenza di un elemento dentario in fase di eruzione. Cisti gengivale dell’adulto: Si manifesta con una vescicola ripiena di liquido di colore citrino o bluastro, di dimensioni non superiori al cm. Si localizza sulla gengiva fissa o sulle papille interdentali dei canini e premolari. Cisti naso-palatina: Formata da residui epiteliali del dotto naso-palatino che si riattivano. È la più frequente tra tutte le forme da sviluppo non odontogene rappresentando il 10% di tutte le cisti dei mascellari. È sitospecifica. La forma è detta a cuore di carta da gioco quando si sviluppa verso la spina nasale anteriore. Gli elementi contigui alla lesione possono essere malposizionati, può creare anche un diastema, ma gli elementi dentali conservano la loro vitalità. La sede obbligata è l’area interincisiva del mascellare superiore. Radiograficamente si presenta come una radiotrasparenza con aspetto di un’osteolisi omogenea con orletto osteosclerotico perilesionale, localizzata tra le radici degli incisivi centrali superiori che risultano caratteristicamente dislocate. Istologicamente presenza di un epitelio con le caratteristiche sia di rivestimento pluristratificato, sia respiratorio ciliato (aspetto patognomonico). Per la formazione della faccia ci sono 5 archi branchiali che si uniscono a formare lo stomodeum. Test: • Test di mobilità • Test di vitalità Cisti radicolare: La più frequente tra le cisti dei mascellari, si localizza in prossimità di elementi dentari a polpa necrotica. Origina dai residui epiteliali di Malassez che rappresentano i resti della guaina di Hertwig, primordiale rivestimento della porzione ectomesenchimale del germe dentario. Queste cellule sono presenti nel legamento parodontale dell’80% degli elementi dentari. È una cisti infiammatoria perché i residui di Malassez vengono riattivati dalla necrosi della polpa (infiammazione). Il mascellare superiore è interessato con frequenza maggiore. La necrosi può derivare da carie, traumi, malattia parodontale etc., dopo l necrosi si sviluppa un’infiammazione periapicale del tessuto osseo. Radiograficamente appare coma un’area radiotrasparente uniloculare omogenea che abbraccia la radice dentale di un dente non sano (anche lateralmente all’apice), non vitale, con orletto di osteosclerosi perilesionale solitamente ben evidenziabile. La diagnosi differenziale si fa con il granuloma (che ha un’assenza di orletto osteosclerotico ed è di dimensioni più piccole, non supera mai il cm di diametro). L’aspetto microscopico è caratterizzato da un epitelio piatto pluristratificato con infiltrati infiammatori polimorfonucleati. Cisti residua: Rappresenta l’evoluzione di una cisti radicolare non enucleata durante l’estrazione dell’elemento dentario responsabile della sua istogenesi. Ha tutti i segni della cisti radicolare. Bisogna toglierla perché va facilmente in sovrainfezione, con flogosi etc. Anch’essa origina dai residui epiteliali del Malassez. Cisti paradentale (non l’ha spiegata): cisti infiammatoria localizzata lateralmente alle radici del terzo molare inferiore parzialmente erotto. Radiograficamente c’è una trasparenza uniloculare associata alla radice del terzo molare erotto parzialmente. Presenza di un sottile epitelio non cheratinizzato. Spesso in anamnesi si riscontra una storia di ripetuti episodi di pericoronite. Lesioni pseudocistiche: Sono lesioni che hanno l’aspetto radiografico e clinico simile alle cisti, ma sono prive di rivestimento epiteliale (a volte anche l’orletto sclerotico). Sono asintomatiche e non causano la perdita di vitalità. Sono 2: • Pseudocisti aneurismatica: cavità ossea non rivestita da epitelio con contenuto siero-ematico. Rare sono le dislocazioni dentarie e la deformazione del profilo osseo. Spesso queste pseudocisti formano un vuoto attorno al dente ma continuano a fornire vascolarizzazione. Bisogna fare il test di vitalità. Sono conseguenza di traumi riportati in età giovanile ed insorgono prevalentemente nella zona premolare/molare della mandibola. • Lacuna di Stafne: cavità ossea che si osserva a livello del terzo posteriore della branca orizzontale della mandibola, inferiormente al canale mandibolare. Per lo più priva di contenuto è asintomatica e di riscontro occasionale. È sitospecifica, non causa depiazzamenti dentali, solo lievi depiazzamenti del canale mandibolare. Potrebbe costituire un punto di fragilità importante nella mandibola che potrebbe comportare una frattura patologica (non derivata da un trauma). La diagnosi ce la dà il referto istologico, prima si parla solo di sospetto diagnostico. Cisti odontogena calcificante (cisti di Gorlin): Lesione rivestita da epitelio odontogeno che presenta una multistratificazione con cellule colonnari ed altre simili al reticolo stellato. Si oresenta come un’area di radiotrasparenza con dentro delle sostanze radiopache (percheil calcio e quello che sta nelle ossa). La porzione calcificata sono cellule che hanno perso la componente epiteliale e comportano un accumulo delle ghost cells. Devo stare attenta, perchè la maggior parte delle volte si fa l’enucleazione, non le resezione. PREVENZIONE PRIMARIA DEL CARCINOMA ORALE: Diagnosi delle lesioni dei tessuti molli del cavo orale: La diagnosi precoce è la chiave per poter curare il tumore e sopravvivere. Come ogni tumore ci sono 4 stadi (staging) dipendente 3 fattori: • Dimensione tumore, estensione locale (T) • Infiltrazione linfonoidale (N) • Presenza di Metastasi extradistrettuali (M) TNM Gradi di differenziazione (grading): • G1 istologicamente ben differenziato • G2 moderatamente differenziato • G3 scarsamente differenziato • G4 indifferenziato • Gx grado di differenziazione non identificabile La percentuale di sopravvivenza è molto più alta nello stadio I-II (83%) rispetto allo stadio III (56%) IV (34%) Purtroppo ancora oggi nel 63% dei casi la diagnosi viene fatta nello stadio III-IV. In Italia ci sono circa 4500 casi l’anno, il carcinoma orale è quindi un problema di salute pubblica. Il carcinoma orale è un quadro clinico sul quale l’odontoiatra (e anche l’igienista e altri componenti) può svolgere un ruolo dominante. Insorge principalmente nel soggetto maschile ma si sta via via equilibrando. Rapprensenta il 5% delle neoplasie per gli uomini e il 2% per le donne. È il sesto cancro più diffuso al mondo, al terzo posto negli individui di sesso maschile. È più prevalente al Nord Est e al sud (Sud Sicilia), perchè le persone sono più esposte al sole e invece al nord est perché culturalmente bevono più alcol. Le sedi più colpite sono: labbro inferiore, margini linguali, pavimento orale, trigono retromolare e palato molle, gengiva e cresta alveolare, mucosa geniena. I fattori di rischio principali sono l’alcol e il fumo, poi un rischio è la troppa esposizione solare. L’età più colpita risulta essere quella tra i 40 e i 65 anni ma al momento si sta avendo un abbassamento dell’età e, soprattutto in età giovanile, non si riscontrano i soliti fattori di rischio. Oltre il 90% dei tumori maligni del cavo orale è costituito da carcinomi squamocellulari. Il carcinoma istologicamente è caratterizzato da cellule pavimentose organizzate in nidi neoplastici. Aspetti clinici (non penso li chieda all’esame): • Vegetante: meno aggressivo rispetto alle altre forme. Più frequente nelle mucose gengivali e geniene. • Ulcerativo: fortemente dolente, con margini rialzati e duri, il fondo è necrotico. Più frequente sul palato, sui margini della lingua e sul pavimento orale. • Infiltrante: è la forma più subdola perché spesso clinicamente non è visibile se l’esame clinico non è accurato. Può avere dimensioni limitate ma ha un’infiltrazione periferica precoce e soluzioni di continuo della mucosa colpita. Più frequente sui margini linguali e nel pavimento della bocca. Prevenzione: • Primaria: riconoscere e allontanare i fattori di rischio • Secondaria: diagnosi tempestiva delle lesioni epiteliali potenzialmente maligne (LEPM) • Di sviluppo • Immunomediate (lichen planus) • Infettive (candidosi) • Leucoplakie È importante fare una diagnosi differenziale tra le vere leucoplakie e le ipercheratosi. Aspetto clinico: • Omogenea (meno pericolosa): o Piana: è la forma più frequente. Si presenta come una lesione di aspetto uniforme, piana o lievemente rilevata rispetto ai piani circostanti di colore biancastro e non asportabile (Se le lesioni superano i 2 cm non sono comunque da sottovalutare). o Corrugata: macchia biancastra omogenea con aspetto superficiale moderatamente rilevato. o Plicata: forma rara per i pazienti che masticano il tabacco. o A pietra pomice o ad impronta digitale • Non omogenee: o Nodulare: tipica della regione retro-commisura,e con aspetto disomogeneo, con minuscole formazioni similnodulari di colore biancastro. È associata alla candida, si riduce cun un trattamento antimicotico. o Ulcerata o Eritroleucoplachia Leucoplachia verrucosa proliferativa (LVP): raro quadro clinico aggressivo che esordisce come una forma locale di Leucoplachia e si diffonde dividendo multifocale, con vaste aree ipercheratosice esofitiche, più frequente nelle donne intorno ai 60 anni di eta. Ha un’alta potenzialità degenerativa. Le recidive sono molto comuni. Il trattamento prevede un approccio chirurgico escissionale con dei follow up ristretti. Solo il 37% dei pazienti utilizza tabacco e il 25% gli alvolici. Si riduce a volte con la terapia antimicotica. Eritroplachia: Macchia o placca di colore rosso vivo con displasia istologica. È una lesione rara, nell’80% dei casi è già un carcinoma.è asintomatica. Palato del fumatore reverse: si presenta con un diffuso colore grigliastro, spesso costellato di piccoli punti rossi sul palato (i dotti delle ghiandole salivari minori infiammati). Talvolta si osservano aree sedi di vere e proprie ustioni con sparsi foci ipercheratosici. Chilosi solare: lesione del vermiglio del labbro soprattutto inferiore. È dovuto alla troppa esposizione solare. Il labbro perde la sua elasticità. Si potrebbe sviluppare il carcinoma. Lichen planus orale Fibrosi sottomucosa: malattia frequente nelle popolazioni asiatiche. L’epitelio è molto sottile. Lupus eritematoso discoide Bisogna: • Ricercare e valutare tutte le macchie bianche e rosse della mucosa orale • Stimolare i pazienti ad abolire i fattori di rischio, soprattfumo e alcool • Non somministrare nulla prima di una diagnosi (nemmeno i collutori, soprattutto a base alcolica, che irrita ancora di più) • Sospettare di ogni lesione orale che non guarisca dopo 15 giorni (perché è il periodo del turnover cellulare dell’epitelio), rivalutare il paziente dopo questi giorni. Le tecniche diagnostiche in patologia servono a valutare e a testare un’eventuale infezione di eventuali batteri o funghi. Tra le tecniche diagnostiche c’è il tampone. Con il tampone va richiesto anche l’antibiogramma e antimicogramma per capire la carica batterica e dare il giusto antibiotico e antimicotico. Come tecnica diagnostica, riferendosi alla patologie sospette, ci sono il blu di toluidina che colora la zona dove c’è una replicazione cellulare maggiore, e le tecniche diagnostiche di fluorescenza con l’utilizzo di una lampada che emette una luce ad una lunghezza d’onda intorno ai 490 nm (luce blu) e dà un’immagine più scura o una verso il verde. Va ad evidenziare i fluorofori, sostanze che nei tessuti emettono fluorescenza. Se c’è il tessuto normale, la luce viene assorbita dai fluorofori e diventa verde, invece se c’è un’infiammazione appare di colorito scuro (ma non è necessariamente una lesione neoplastica, la tecnica puoessere quindi utile ma non è super precisa). Queste tecniche vengono utilizzate per dare indicazioni sul luogo in cui fare la biopsia. BIOPSIA: È il momento più importante nel controllo delle lesioni orale. Deve essere fatta con le corrette metodiche rispettando i confini della lesione. Esame bioptico —> esame istologico, che è diverso dall’esame citologico, quest’ultimo si fa con uno spazzolino particolare che serve per prendere alcune cellule mediante lo sfregamento. Queste cellule vengono poi messe su un vetrino e osservate. Anche questa tecnica può dare falsi negativi perché si potrebbe non sfregare abbastanza e perdersi le cellule displastiche. È utile però per gli screening. L’istologico invece sì. La biopsia può essere chirurgica o non chirurgica (esame citologico) La biopsia è fondamentale per fare la diagnosi delle lesioni, il nostro ruolo è quello di una sentinella. Un’ulcera non sanguinante è meno pericolosa di una sanguinante. È più pericolosa anche quella con i margini duri e dolenti piuttosto che non dolenti. 2 tipi: • Incisionale: prelevare una porzione di tessuto (per lesioni di più di 1/1,5 cm, ha una funzione solo diagnostica) • Escissionale: ha funzione diagnostica e terapeutica Tecniche di asportazione con lama normale oppure: Bisturi circolare: è un bisturi a forma di cercio che asporta la lesione (questa lesione poi sarà visibile al microscopio e si vedranno tutti gli strati dell’epitelio). Il bisturi circolare affonderà nel tessuto e con una curette dermatologica si asporta la carota di tessuto. Dopo si mette una spugna emostatica con qualche punticino per tenerla, si possono anche non mettere i punti, bisogna comprimere. È una tecnica poco invasiva. Diversi tipi: • A lama fredda: il tessuto deve essere di dimensione più ampia rispetto alla lesione (almeno 4-5 mm), una volta prelevato, il tessuto deve essere inserito in formalina in un sistema chiuso. La porzione di tessuto non deve essere troppo superficiale, deve arrivare almeno al tessuto connettivale, deve sanginare (altrimenti • Medical device Fasi: • Anastesia (intorno alla lesione, perché sennò il liquido potrebbe inficiare il risultato) • Va inserito il filo di sutura in mezzo alla lesione con cui fare la trazione • Va inciso a losanga il confine della lesione • Una volta asportata la lesione vanno messi i punti Biopsia laser: • Vantaggi: o Buona emostasi o Buona guarigione o Guarigione per seconda intenzione (senza punti di sutura) o Campo operatorio pulito (perché non c’è sangue) • Svantaggi: o Artefatti da diatermoescissione (il laser produce molto calore, infatti con potenze troppo alte il tessuto si può distruggere). Gli artefatti possono essere causati da: ▪ L’operatore ▪ La lunghezza d’onda Quando usare la lama fredda e quando il laser: • Lesioni sospette: o Biopsia Incisionale—> lama fredda o Biopsia escissionale —> lama fredda o laser (se si ha una certa esperienza, margini più ampi) • Lesioni non sospette: o Biopsia escissionale —> laser (bisogna mantenere dei margini di sicurezza più ampi della tecnica a lama fredda) La lama fredda è ancora la migliore alternativa. Si sta lavorando ad un sistema di biopsia liquida, perché anche nel follow up si dovrebbero fare delle biopsie che sono invasive. Si tratta di un prelievo o di sangue o di saliva (che funziona già nel carcinoma ai polmoni o altro) in cui andare a ricercare i biomarkes (anche predittivi), si vanno a cercare degli mRNA che poi permettono di avere uno scopo diagnostico, prognostico o terapeutico (medicina personalizzata, quindi aiutano a scegliere quale terapia attuare). Biopsia ottica: si sta cercando metodiche diagnostiche meno invasive. Vengono utilizzate le proprietà della luce. Le patologie infettive del cavo orale: Infezione: interazione di un agente biologico (microrganismo) e un ospite recettivo (uomo, animale). Malattia infettiva: espressione clinica dell’infezione All’infezione non segue necessariamente la malattia. Il decorso di un’infezione dipende da vari fattori: • Patogenicità di un agente infettivo (infettività, capacità di penetrare, virulenza, il grado in cui il microrganismo invade, stabilità, quanto è stabile nell’ambiente) • Microambiente • Stato immunitario dell’ospite Patologie infettive del cavo orale, ad eziologia: • Virale • Batterica • Micotica Lesioni vescicolo bollose: Herpes simplex: le infezioni da HSV sono comuni eruzioni vescicolari della cute e della mucosa. Il nome deriva dal greco herpein, che vuol dire furtivo. È un’infezione cronica ricorrente. È un virus a DNA con envelope. È un virus che non viene riconosciuto velocemente dal sistema immunitario per la presenza di un capside (cercare bene). Si conoscono 2 tipi: il tipo 1, quello più frequente nel cavo orale, e il tipo 2 che si trasmette per via orogenitale (ormai anche nel cavo orale). Si trasmette per: • Contatto • Con i fluidi corporei Si manifesta in 2 forme: • Primaria (sistemica): infezione iniziale • Secondaria (localizzata): riattivazione del virus in un individuo già infettato precedentemente. Patogenesi: Ospite sieronegativo (che non ha avuto mai contatti con l’herpes) —> contatto con HSV —> malattia primaria (gengivostomatite erpetica primaria), spesso è asintomatica (si dice che sia subclinica, c’è solo a livello sistemico) —> guarigione (risoluzione), l’ospite è sieropositivo, il virus rimane latente nei gangli nervosi —> malattia secondaria (si manifestano le classiche vescicole sulle labbra, sul palato e sulla gengiva. • Si localizza nella regone ano-genitale ma può esserci nel cavo orale, in seguito alla trasmissione per via sessuale. • Piu del 90% è provocato dai sottotipi non oncogeni 6 e 11. • Si presenta come una lesione esofitica con caratteristici aculei superficiali, ecco perché si chiama acuminato • Può essere cheratinizzata (bianca) o non cheratinizzata (rosea). Iperplasia epiteliale focale: • Correlata ad alcuni gruppi etnici (Stati Uniti, Brasile, Messico, Groenlandia). • Colpisce i bambini con livello socioeconomico basso che vivono in condizionino povertà. • Dovuta ad HPV 13 e 32. • Lesioni papulari multiple e rilevate a superficie piatta o lievemente papillare di colorito bianco rosso che si localizzano a livello delle mucose geniene, delle labbra, della lingua e della gengiva. Il papilloma virus colpisce di più il maschio, anche non bevitore e non fumatore, di razza caucasica. I tumori HPV positivi hanno una prognosi miglione, rispondono meglio ai trattamenti. Sars-Cov-2: Ha un recettore di attacco della mucosa orale, espresso a livello oro-faringeo (lingua, tasche parodontali). Il covid può causare lesioni come: • Ulcerazioni mucopurulente • Ulcerazioni emorragiche Il principale bersaglio del covid è il recettore dell’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2), particolarmente espresso a livello oro faringeo (lingua, tasche parodontali). Altri organi o sistemi che esprimono i recettori ACE2 sono il polmone, il cuore, il rene, il tratto gastrointestinale e il sistema vascolare periferico.H Non si capisce ancora se è direttamente il covid a causarle oppure se avvengono in persone debilitate, dal deterioramento delle condizioni sistemiche dei pazienti. Si curano con i corticosteroidei. Patologie ad eziologia batterica: Sifilide: malattia provocata dalla spirocheta treponema pallidum. Si trasmette con: • Contatto sessuale con partner con lesioni attive • Trasmissione di sangue • Da mamma a feto, transplacentare (è già secondaria), passaggio placentare Infezione primaria —> sifiloma primario: ulcera profonda con base rossa, marrone o viola con un bordo sollevato. Guarisce spontaneamente. Sifilide secondaria: sintomi come febbre, linfoadenopatie, lesioni mucocutanee (condiloma latum). A livello orale lesione macula-papulare simil verrucose. In questa fase sono molto infettive. Dopo alcuni anni in assenza di trattamento: sifilide terziaria A livello sistemico: • Paralisi e tabe dorsali • Aneurismi • Perforazioni del palato (ulcere destruenti) Sifilide congenita: triade di Hutchinson • Cheratite interstiziale • Sordità nervosa • Dente di Hutchinson: anomalia di struttura, caratterizzati da un margine incisale che si presenta a forma di semiluna per la contemporanea alterata formazione dello smalto e della sottostante dentina. Trattamento: a base di un cocktail di antibiotici, in genere la penicillina. Tubercolosi: infetta circa 1/3 della popolazione monsiale, ogni anno muoiono circa 3 milioni di persone. È dovuta al mycobacterium tubercolosis. C’è una notevole recrudescenza su scala mondiale, fa parte delle patologie emergenti, dovuta in principal modo alla diffusione dell’HIV. Eziologia: è dovuta al Mycobacterium tubercolosis. Le vie di trasmissione sono la via aerea attraverso goccioline di aerosol infetto. Si sviluppano lesioni di tipo granulomatoso. Patogenesi: capacità di resistere alla degradazione dei macrofagi; sviluppo di una reazione di ipersensibilità di tipo IV —> risposta infiammatoria di tipo granulomatoso. A livello del cavo orale si presentano delle ulcere croniche indurite con margini sottominati e fondo tipicamente caseoso, si localizza sulla lingua e palato. Coinvolgimento ossa mascellari —> osteomielite tubercolare. Trattamento: terapia antibiotica. Il trattamento è tramite la terapia antibiotica. Ci sono molti casi si HIV quindi molte patologie vengono riacutizzate (ad es la tubercolosi era quasi debellata). G.U.N.A e P.U.N.A: Sono due malattie parodontali ad evoluzione rapida e a carattere distruttivo. Fattori predisponenti dell’ospite: • Sistema immunitario compromesso • Fumo • Stress • Malnutrizione • HIV • Immunocompromissione o immunidepressione Gli studi microbiologici indicano che le specie principali associate con la guna e la puna sono P. Intermedia, fusobacterium e i microrganismi spirochetali. Aspetto clinico: papille mozzate, ulcerazioni “a punch” tra le papille, gengiva eritematosa e dolorante. Foetor ex ore, salivazione aumentata, sapore metallico. Le leucemie possono mimare problematiche gengivali, quindi bisogna stare attenti se le lesioni non passano dopo la terapia. La puna si distingue dalla guna per la perdita di attacco clinico e per la perdita ossea nei siti affetti. Trattamento: scaling, root planing sotto anestesia, scacqui orali con clorexidina 0,2%. Ci sono delle applicazioni in gel da applicare in loco, idratazione, dieta morbida, vitamine, terapia antibiotica e antipiretica se c’è coinvolgimento sistemico. Diagnosi differenziale con l’HSV, lichen erosivo, pemfigoide mucoso, malattie ematiche. Regressione dopo terapia parodontale. Eziologia micotica: Candida —> agente infettivo Candidosi —> malattia Causata dal microrganismo c. Albicans e da specie correlate, ma meno comuni quali c. Tropicalis, c. Glabrata, c. Krusei. Commensale di membrane mucose del tratto digestivo, della cute, della mucosa orale e della mucosa vaginale. Infezione micotica opportunistica che scatena la patologia solo in alcune condizioni: • Sistemici: o Immunodeficienza o Diabete o Disturbi endocrini o Terapia con corticosteroidi o Gravidanza o Terapia antibiotica prolungata (sistemica) o Tumori e loro terapia • Locali: o Xerostomia o Scarsa igiene orale o Presenza di dispositivi protesici La c. Albicans produce proteasi in grado di degradare le IgA che tappezzano le mucose degli individui normali, svolgendo la funzione di impedire una significativa adesione del micete alle cellule target. La degradazione delle IgA rappresenta l’evento responsabile della trasformazione di candida nella forma miceliale aggressiva sottoforma di IFE che penetrano in profondità fino al circolo ematico. Si ha una fase inattiva sottoforma di spore, poi la spora diventa un IFE che rilascia degli enzimi che degradano le Iga che difendono le mucose. Distinguiamo 2 forme: • Acuta o Pseudomembranosa: più diffusa , sono asportabili con una garza (scraping, domanda d’esame). Lascia sotto un colore rossastro. In alcuni casi i pazienti sono asintomatici, altre volte no (disfagia, dolore e bruciore) o Atrofica o eritematosa: ha un aspetto arrossato, sul palato o lingua, legate spesso ai farmaci • Cronica o Atrofica cronica (stomatite da protesi): colore rosso vivo che ripete la forma delle protesi rimovibile o Cheilite angolari: lesioni bianche fissurate, caratteristiche dei pazienti che hanno una diminuzione della dimensione verticale o Iperplasia cronica: ▪ Leucoplachia da candida: zona retrocommissulare, leucoplachia non omogenea ▪ Glossite rombica mediana: si trova sulla lingua, area eritematosa di forma rombica anteriore alle papille circumvallate È una lesione che si verifica anche nei pazienti con HIV. La diagnosi si fa con il tampone orofaringeo. L’esame deve essere fatto prima o almeno 7 giorni dopo dal termine di una terapia antibiotica o antimicotica per evitare un falso negativo (per vedere se è passata). Il trattamento è a base di antimicotici (mycostatin o diflucan, che è sistemico, più importante, si dà al paziente con carica più elevata, se ha la protesi si dà il daktarin che si mette su di essa). Gli antimicotici non possono essere ingeriti dai pazienti con il diabete perché innalzano la glicemia. Questi farmaci fanno interferenza anche con altri farmaci anticoagulanti, antiepilettici, antipsicotici etc. Anche in questo caso non si fanno ingerire (anche se sarebbe meglio ingoiarli, hanno più effetto). Lesioni associate con HIV: • Candidosi orale • Leucoplachia capelluta • Eritema gengivale lineare • Linfoma non Hodhkin • Sarcoma di Kosi • Guna Riassorbimenti dentari: classificazione: • Interni o esterni: a seconda del punto di partenza della patologia • Radicolari o coronali: in base alla sede • Comunicanti o non comunicanti: a seconda che l’usura della parete dentaria sia completa o incompleta Riassorbimento esterno: Si verifica quando il processo distruttivo origina nei tessuti compresi nello spazio periodontale. Cause: fenomeno secondario a processi infiammatori del periodonto, difetti dell’epitelio giunzionale o della giunzione amelocementizia. Frequenti in caso di reimpianto, trauma, rapido movimento ortodontico, denti inclusi e patologie periapicali. Diagnosi: radiografica. Evoluzione: rapida distruzione dell’elemento dentario, regressione e riparazione dei riassorbimento da parte di un tessuto dall’aspetto variabile dalla dentina all’osso in relazione alla dimensione della lesione. • Forma major (sindrome di Steven-Johnson): caratterizzata da lesioni ampie, diffuse e di lunga durata, con andamento limitato a uno o più cicli circoscritti in un breve periodo. La remissione spontanea si verifica dopo 2-3 cicli. • Forma minor: si osservano piccole lesioni simmetriche, di breve durata (3-5 giorni), con andamento ciclico di diversi anni. Clinico: le lesioni presentano un alone eritematoso periferico che circonda un'area edematosa pallida al centro della quale è presente un'ulteriore area necrotica scura (lesione bersaglio o ad iris), è sempre simmetrica sia a livello mucoso che cutaneo e ciò rappresenta un carattere peculiare della lesione. È presente anche negli arti inferiori. Nella lingua assume un aspetto simile alla lingua su una mappa geografica, ma a differenza di quest'ultima la lesione non varia in sede e di aspetto nel tempo e poi in questo caso presenta sintomatologia. Pseudopolimorfismo lesionale. Eziopatogenesi: accumulo di linfociti T in sede perivascolare in corrispondenza dei capillari delle papille dermiche che rappresentano i siti antigenici "self" specifici. L'immunofluorescenza diretta mostra depositi di C e IgM. La diagnosi si fa attraverso l’anamnesi ripetuta sempre e poi con l’esame istologico. In questo caso ci aiuta l’esordio improvviso legato ad una di quelle cause che ho elencato prima. Il trattamento come tutte la patologie autoimmuni è a base di cortisone che ha effetti collaterali, quindi va modulato (ad es innalza la glicemia). Stomatopatia aftosa ricorrente (SAR), aftosi: è acuta. Anche qui c’è una predisposizione genetica. Intervengono anche i fattori ambientali come le carenze, infezioni virali, traumi, stress, intolleranze e farmaci. Si localizzano sulla mucosa non cheratinizzata, questo permette la diagnosi differenziale con l’herpes che invece si localizza in quella cheratinizzata. La diagnosi differenziale si fa anche con le ulcere traumatiche, si rimuove il trauma e si vede se va incontro a regressione. È inutile fare la biopsia sulle afte e in generale sulle ulcere perché la necrosi non dà nessun suggerimento sul tessuto. • Aftosi major: solo il 10% dei casi, superiori a 1 cm, dolenti, guarigione più lunga di circa 4 settimane, possono rimanere cicatrici • Minor: circa il 70%, afte minori di 1 cm • Ulcerazioni erpetiformi ricorrenti: piccole afte multiple di 1-2 mm che regrediscono autonomamente e possono dare recidive • (forme meno frequenti:) • Afta solitaria o volgare • Alitosi ricorrente associata a sindrome di behcet Questo ambito comprende un'ampia gamma di manifestazioni cliniche con caratteri anatomo-patologici comuni e diverso comportamento clinico e prognostico. L'elemento comune è la presenza di lesioni ulcerative più o meno estese che possono essere localizzate ovunque sulla mucosa orale. La denominazione attualmente più utilizzata è quella di Stomatopatia Aftosa Ricorrente (SAR), dove il termine aspecifico “Stomatopatia” ha sostituito il precedente termine di stomatite che implicava una eziopatogenesi infiammatoria non accettata da tutti. Caratteristica è la tendenza alla recidiva e il fatto che assumano un andamento ciclico reiterato, tale da accompagnare il paziente dall'infanzia/adolescenza per il resto della sua vita. Le afte compaiono prevalentemente sulle aree non cheratinizzate della mucosa orale, più frequentemente in sede geniene, vestibolare, linguale, sul pavimento orale e sul palato molle. Le localizzazioni sul palato duro e sulla mucosa aderente sono rare ma non impossibili. L'insorgere della lesione è preannunciato da una sensazione di turgore o bruciore nella sede interessata, che il paziente individua con estrema precisione anche in assenza di obiettività clinica. Nell'arco di circa 24 ore compare un'area eritematosa turgida (fase pseudodovesicolare) che rapidamente cede, per macerazione superficiale, all'erosione. Nella maggior parte dei casi (forma minore) la lesione è rotondeggiante, ben delimitata, circondata da un alone eritematoso periferico che non supera alcuni mm di diametro. Evoluzione clinica e anatomopatologica: • Fase prodromica • Fase preulcerosa • Fase ulcerosa • Fase di guarigione Nella fase prodromica, pur esistendo sintomi di bruciore, non sono ancora oggettivamente evidenti alterazioni delle mucose. Dopo circa 24 ore si verifica la fase preulcerosa in cui appare evidente il primo segno anatomo-patologico macroscopico della lesione, rappresentato da una macula o papula eritematosa, nel cui contesto compare successivamente una piccolissima area edematosa che, staccando l'epitelio sovrastante, ne determina la necrosi. La fase ulcerativa si verifica dopo un ulteriore periodo di 24 ore per dissoluzione dell'epitelio danneggiato; il fondo è necrotico, concavo, ricoperto di materiale fibrino-leucocitario, i cui margini infiltrati sollevano leggermente l'epitelio circostante; il grado di infiltrazione diventa notevole se insorge una superinfezione. Il colore può variare dal bianco al giallo-grigiastro, la forma è rotonda od ovale con bordi edematosi e rilevati, di colore rosso carminio. L'evoluzione si conclude con la fase di guarigione: l'infiltrazione e il dolore scompaiono, il fondo dell'ulcera si pulisce assumendo, grazie a fenomeni di riepitelizzazione, un colore rosato. La guarigione avviene, nelle forme minori, senza cicatrici; nelle forme maggiori l'afta è molto profonda e guarisce lentamente con cicatrici permanenti. Eziologia: Fattori predisponenti: • Genetica • Infezioni virali • Infezioni batteriche • Patologie sistemiche Fattori grilletto o scatenanti: • Stress psicoemotivi • Stati carenziali • Squilibri ormonali • Fattori allergici • Traumi Fattori determinanti: • L'unico elemento determinante è l'alterazione immunitaria. Gli altri fattori agiscono creando reazioni incrociate a livello tissutale o provocando danni immunitari a livello centrale. La causa di queste afte può essere anche una malattia tra cui la colite ulcerosa, la celiachia o il morbo di Chron. Le afte quindi possono essere anche il primo segno di queste patologie. Regrediscono da sole ma si può dare qualcosa a base di acido ialuronico o la clorexidina, o anche il laser a bassa potenza non a contatto. Lichen ruber planus (è una lesione potenzialmente maligna, all’1%, ma i pazienti hanno una prognosi peggiore): Malattia autoimmune della cute e delle mucose a carattere infiammatorio e cronico. Epidemiologia: colpisce tra lo 0,02-2% della popolazione adulta. La fascia di età più colpita è 30-50 anni, prevalenza femminile netta F:M=2:1. Eziopatogenesi: nonostante il Lichen Planus sia una patologia conosciuta e studiata da tempo (i primi studi risalgono al 1860), non siamo ancora arrivati a formulare un'ipotesi eziopatogenetica accettata da tutti, a volte c’è una correlazione con lo stress. Patogenesi: distruzione dei cheratociti dello strato basale. Clinica: prende il nome di Lichen ruber planus per il rossastro (caffelatte) delle papule cutanee. A livello mucosale, il cavo orale è senza dubbio la sede più coinvolta con frequenze più elevate su mucosa buccale, arcate, gengiva, lingua. Esistono forme che interessano esclusivamente le mucose e, in questo caso, la mucosa interessata è sicuramente quella orale. Forme cliniche: definito “il grande ingannatore”, si presenta clinicamente con aspetti multiformi in maniera sincrona, è bilaterale e simmetrico, da questo si differenzia con le altre lesioni. Guance e lingua sono le aree più colpite. A volte il paziente non se ne accorge, asintomatico, altre volte sente un sapore metallico, o fastidi o bruciori. Lesioni bianche: • reticolare: è la forma più comune. Le lesioni si presentano come sottili striature biancastre traslucide (strisce di Wickham) leggermente rilevate che si intersecano variamente tra loro su una superficie mucosale apparentemente sana. Le sedi preferenziali sono rappresentate dalla mucosa buccale e labiale. • a placca: caratterizzata da placche biancastre traslucide rilevate ed irregolari circondate da un alone eritematoso perilesionale. Le sedi preferenziali sono la mucosa buccale e la lingua. • lineare Lesioni rosse: • bolloso: forma rara, le bolle variano di dimensioni da pochi mm a pochi cm di diametro con contenuto siero- sangue. La loro durata nella cavità orale è ridotta. Diagnosi differenziale clinica con pemfigo, pemfigoide ed EBA. Dolore • atrofico: le zone colpite appaiono lisce e depresse al centro, la mucosa è rossastra per assottigliamento dell'epitelio. Le sedi preferenziali sono la mucosa buccale e la lingua. (ci possono essere delle linee biancastre di fibrina) • Erosivo: caratterizzato da erosioni più o meno estese che possono essere sede di fenomeni displastici anche gravi e che, di conseguenza, possono andare incontro a formazioni degenerative di tipo carcinomatoso. Insieme alla forma atrofica è annoverata tra le condizioni precancerose. Le alterazioni biochimiche e morfologiche che si verificano con l'insorgenza di questa forma di Lichen Planus costituiscono un terreno ideale per l'azione ripetuta di molteplici noxae patogene. Le forme bianche sono forme quiescenti che non mostrano carattere evolutivo. Tuttavia alcune forme, sebbene inizialmente bianche, si riattivano diventando forme rosse, lesioni a carattere progressivo e ad alto potenziale displastico. Dal punto di vista cutaneo possono comparire delle papule. Nell’istologico si ha un infiltrato a banda di linfociti a livello della membrana basale. Cancerogenesi: Il carcinoma orale insorto su un precedente Lichen Planus sembra avere una prognosi peggiore in quanto presenta capacità metastatiche più aggressive sia a livello tissutale che linfonodale. Diagnosi differenziale con tutte le lesioni bianche (compresi i lichenoidi che assomigliano al Lichen ma hanno cause diverse, non sono autoimmuni, possono essere reazioni da contatto, ad es con l’amalgama, o anche i restauri, bisogna chiedere i patch test ai materiali odontoiatrici, da farmaci ad es ipertensivi, lesioni da pazienti che hanno malattie sistemiche etc, anche i lichenoidi sono considerati potenzialmente maligni, il rischio di sviluppare un carinoma è del 5%, più alto rispetto a quello del lichen). I pazienti fanno terapia topica cortisonica (clobetasolo a cui si associa il mycostatin perché il cortisone può far insorgere la candidosi) o sistemica nei casi più importanti. Si controlla solo il sintomo e l’evoluzione della patologia. Se il paziente non risponde a entrambe si devono dare farmaci immunomodulatori che vanno impostati con un medico. Importanti i follow up, prima ogni 3 mesi, dopo a 4 e poi a 6. Patologie bollose: sono tre, sono patologie caratterizzate dalla presenza di bolle e arrossamento cutaneo. La cosa che le differenzia è dove si generano a livello istologico. Pemfigo: Gruppo di patologie vescicolo bollose che si manifestano a livello della cute e delle mucose con formazione di bolle nello spessore dell'epitelio (bolle intraepiteliali). La formazione delle bolle è dovuta all'azione di autoanticorpi, IgG, che interferiscono con l'adesione cellulare, attaccando e distruggendo le proteine che costituiscono gli emidesmosomi (colpisce i desmosomi, tengono uniti i cheratinociti, la membrana basale con lo strato basale, nello specifico le desmocleine, una componente degli emidesmosomi), dando origine al fenomeno dell'acantolisi (le bolle si formano in questo modo, un distacco tra i cheratinociti). La bolla che si forma è a livello intraepiteliale. Ci sono le desmocleine 3 e 1 (sono proteine), la 3 viene espressa solo dall’epitelio orale, mentre la cute esprime sia la 1 che la 3, quindi se si colpisce solo la 3 le bolle saranno solo nel cavo orale, perché sulla cute la 1 riesce comunque a fare il suo lavoro. Le bolle sono quasi sempre rotte e doloranti, si possono verificare anche sulle gengive. Classificazione: • P. Volgare, più frequente • P. Vegetante • I primi 2 sono gli unici che ci interessano perché coinvolgono il cavo orale. • P. Foliaceo • P. Eritematoso • P. Braziliano Pemfigo indotto: • Da farmaci • Da ustioni • Da radiazioni UV • Da radiazioni infrarosse (IR) Epidemiologia: Patologia poco frequente (0,5% delle dermatosi), con: • 0,5-3,2 nuovi casi/100.000 individui all'anno • Maschi = femmine Nessuna prevalenza razziale, unica eccezione per gli ebrei Ashkenaziti per motivi genetici legati al fenotipo HLA-DRW4. Eziologia: Xerostomia: Deficit di secrezione salivare causato da un'alterazione delle ghiandole salivari maggiori ma soprattutto di quelle minori. Aspetti clinici: si manifesta con difficoltà nel parlare, masticare e deglutire, disgeusia (alterazione del gusto) e, quando coinvolge anche faringe, esofago e trachea, si hanno disfagia, mal di gola, tosse secca e aumentata suscettibilità alle infezioni. Xeroftalmia: Assenza quasi totale di secrezione lacrimare che causa alterazioni e modificazioni corneali e congiuntiviti. Aspetti clinici: fotosensibilità, bruciore, sensazione di corpo estraneo (sabbia negli occhi Lupus eritematoso sistemico (LES): Il lupus eritematoso è una malattia infiammatoria cronica, ritenuta di natura autoimmune, in quanto vi è il costante riscontro di autoanticorpi di vario tipo nelle sedi delle lesioni e, talvolta, anche in circolo. Epidemiologia: • Femmine, età media 30 e di razza nera • Maschi anziani/bambini senza differenze razziali • Neri:Caucasici=3:1 • Eziologia: probabilmente di natura multifattoriale con azione sinergica su soggetti geneticamente predisposti. o Genetica ambientale (radiazioni UV) o Virale o Farmaci o enzimatica Clinica: si manifesta sulla cute con placche o papule eritematose ricoperte da scaglie fortemente aderenti (lesioni simil-crostose). Le lesioni della mucosa orale compaiono nel 70-80% dei casi (LED). L'interessamento sistemico di più distretti dà luogo al quadro sindromico tipico della patologia. Forme cliniche: • Lupus eritematoso discoide (LED), cronico • Lupus eritematoso cutaneo subacuto (LECS) • Lupus eritematoso acuto (LEA) LED: Lesioni orali asintomatiche nel 15-50% dei casi. Si trovano sulla mucosa buccale, mucosa gengivale e mucosa labiale. Hanno aspetto discoide con area centrale eritematosa con macchie biancastre da cui si dipartono striature bianco-argentee che si estendono per 2-5 mm. Può essere confuso con il lichen. LECS: Le lesioni orali, nella forma subacuta, possono allargarsi creando ulcerazioni; lesioni al palato duro si riscontrano nel 40% dei casi accompagnate da edema e petecchie emorragiche. LEA: Espressione cutanea del LES in fase attiva. Compaiono nel giro di poche ore, sono lesioni altamente pigmentate: • esantema a farfalla del viso • iperpigmentazione residua Immunopatologia: Patologia da immunocomplessi con alterazioni dell'immunità sia cellulare che umorale. Danno localizzato nello strato basale con perdita di organizzazione ed orientamento cellulare, edema intercellulare, formazione di vacuoli sia intra che extracellulari e ipercheratosi. Tutto ciò provoca un aumento dello spessore della membrana basale. Sono presenti aree di necrosi focale e reperti sempre rilevabili, degenerazione idropica delle cellule basali. Infiltrato istiolinfocitario perivascolare localizzato a livello della giunzione dermo-epidermica. PMN e altre cellule sono assenti di infiammazione acuta. Osteonecrosi dei mascellari: Le necrosi delle ossa mascellari, caratterizzate da una progressiva distruzione delle ossa mascellari, possono essere dovute a 3 cause: • terapia radiante nella regione testa-collo • cause iatrogene (ad es prima si faceva la devitalizzazione chimica, questi composti arsenicali uscivano dal foro apicale e portavano alla necrosi dei mascellari) • farmaco-correlata Le osteonecrosi farmaco-correlate stanno diventando sempre più diffuse perché i farmaci che le creano vengono sempre più prescritti. L’osteonecrosi dei mascellari farmaco correlata è una reazione avversa a dei farmaci, si caratterizza per la progressiva distruzione e necrosi delle ossa mascellari. La caratteristica è che il paziente non deve aver effettuato radioterapia testa-collo nell’ultimo anno perché altrimenti si parlerebbe di osteoradionecrosi. Le tipologie di farmaci sono essenzialmente 2: • anti riassorbitivi: bifosfonati (i primi di cui si è scoperta la relazione con l’osteonecrosi nel 2003 → BRONJ, termine che indicava l’osteonecrosi causata dai bifosfonati) e denosumab (non agisce sull’osteoclasto ma lo fa sul ranchelle che compressa il recettore Ranch che attiva l’osteoclasta, quindi il ranch non riconosce il ranchelle e non si attiva il riassorbimento), impediscono che avvenga il riassorbimento osseo. I bifosfonati legano l’idrossiapatite (possono essere assunti per via orale o per via endovenosa, sia l’effetto che i rischi sono maggiori) si inseriscono all’interno degli ostecoclasti inducendone l’apoptosi, impedendo quindi il riassorbimento osseo, si distinguono in 2 tipi: o ammino bifosfonati, con presenza di atomi di azoto nelle catene laterali. Maggior rischio di dare osteonecrosi rispetto ai secondi perché hanno una potenza maggiore. o non ammino bifosfonati, assenza atomi di azoto • anti angiogenetici, che possono essere gli inibitori del “vascular endothelial grow effector” (cercarli bene) etc. questi farmaci riducono la formazione di vasi sanguigni che aiutano a non apportare più nutrimento di sangue alle metastasi Questi farmaci si utilizzano nell’osteoporosi, nella prevenzione e nel trattamento di metastasi ossee da tumori solidi (mammella, prostata e rene), nel mieloma multiplo e nel trattamento di altre patologie dell’osso come la malattia di “Pejet” o l’ipercalcemia maligna. Oggi questi farmaci si utilizzano anche come prevenzione dell’osteoporosi, soprattutto in donne che dopo un tumore sono state costrette ad una menopausa precoce e quindi sono più a rischio di osteoporosi. Solo dal 2008 si capì che non solo i bifosfonati potevano causare osteonecrosi → DRONJ (osteonecrosi da farmaci in generale, cercarli). Oggi invece si è arrivati al MRONJ → inserisce tutti i farmaci, anche gli anti angiogenetici Le necorsi correlate ai bifosfonati non sono però così diffuse, si arriva al 5% circa per via endovenosa e allo 0,01-0,04% con assunzione orale, però se i pazienti fanno trattamenti odontoiatrici invasivi, ad esempio le estrazioni, il rischio si alza. Work up diagnostico: si parte da un sospetto di osteonecrosi, si attua una diagnosi differenziale e poi si arriva ad una diagnosi definitiva. Si parte quindi dall’anamnesi farmacologica, se non si conosce un farmaco andarlo a cercare su internet. Poi procedere con l’anamnesi generale e sistemica, perché alcune patologie possono essere un cofattore dello sviluppo dell’osteonecrosi. Ovviamente la dose, la via con cui si prendono questi farmaci e il periodo di tempo influiscono sulla probabilità di sviluppare osteonecrosi. I bifosfonati hanno un’emivita che dura 10 anni, il rischio diminuisce col tempo. Il denosumab dura 32 giorni. I pazienti diabetici o che assumono cortisoni per lungo termine hanno più rischio di sviluppare l’osteonecrosi. Spesso i pazienti onclologici fanno anche terapia cortisonica. Ci sono anche dei fattori di rischio locali come i trattamenti odontoiatrici invasivi (estrazione o implantologia), patologie infiammatorie dento-parodontali, protesi rimuovibili incongrue. I pazienti devono fare l’igiene ogni 3-4 mesi per evitare infiammazioni. Il denosumab ha lo stesso rischio degli anti angiogenetici, hanno un rischio minore e per meno tempo rispetto ai bifosfonati. Esame obiettivo: le osteonecrosi si presentano con l’osso esposto (è stato inserito anche il probed bone, osso che può essere sondato ma non è visibile). Bisogna far fare l’ortopanoramica dove si vedono le aree irregolari di distruzione dell’osso associate ad osteosclerosi, l’osso risulta più bianco (aspetto a batuffolo di cotone). Per avere più precisione si deve effettuare una TC, combine o dentascan, per programmare la terapia. Classificazione: in Italia è stata fatta una classificazione combinata sulla bronj ma si applica anche sulle mronj. Si distingue: • bronj focale: la presenza di almeno un segno clinico minore (alitosi, ascesso, esposizione di osso, fistola, mobilità etc.), deve esserci un segno alla TC superficiale, si deve trovare solo al livello del processo dento- alveolare, la parte più superficiale dell’osso. Bronj focale di tipo B se c’è soprainfezione, di tipo A se non c’è. o sintomatica, con dolore e/o suppurazione, se c’è suppurazione si dà la terapia antibiotica (tipo B) o asintomatica (tipo A) • bronj diffusa: nella TC il tutto è esteso a livello basale della mandibola o del mascellare • bronj complicata: come la diffusa ma si associa anche la fistola extraorale. Si frattura la parte necrotica e quindi si può avere la mobilità della mandibola. Si può avere anche un problema al naso con fuoriuscita dei liquidi se viene interessato il mascellare superiore Strategie preventive: andare dal dentista prima di iniziare la terapia con questi farmaci e, se necessario, effettuare tutti gli interventi invasivi (poi si può iniziare il farmaco dopo che sia avvenuta almeno la guarigione mucosa). Il dentista deve dare il nullaosta odontoiatrico e il dentista deve eliminare tutte le foci infettive. Se il paziente è già in corso di trattamento si possono fare 2 cose quando si deve fare un trattamento odontoiatrico e non si è ancora sviluppata l’osteonecrosi: o sospendere il farmaco, se il paziente è in condizione di poterlo fare, perché riduce, ma non azzera, il rischio, perché in questi 2-3 mesi (periodo dragolide, una “vacanza dal farmaco”) i bifosfonati vengono almeno rimossi dai cheratinociti, quindi si favorisce la guarigione mucosa e i batteri non si infiltrano, si devono fare sciacqui di clorexidina ed eliminare tutti i batteri. I trattamenti odontoiatrici devono esser fatti sotto terapia antibiotica (con 2 antibiotici insieme). Si deve sempre aprile un lembo e chiuderlo immediatamente per evitare che entrino i batteri. Si tratta in 2 modi: con la chirurgia (non è detto che guarisca, ci possono essere delle recidive) o con terapia medica (farmaci, clorexidina o biostimolazione laser).
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