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Paul Gauguin e la sua opera 'Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?', Appunti di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche

L'artista Paul Gauguin e la sua opera 'Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?'. Gauguin è stato uno degli artisti più interessanti del tardo Ottocento, uomo dalla personalità complessa, inquieto e perennemente insoddisfatto. L'opera va letta da destra a sinistra, all'orientale, e presenta una ricca simbologia. Il giovane al centro, che ricorda il Mercurio della Primavera di Botticelli, sta cogliendo un frutto, metafora della gioventù che sa cogliere la parte migliore dell'esistenza e sottolinea il rapporto diretto tra l'uomo e la natura.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 22/09/2023

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chiam050 🇮🇹

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Scarica Paul Gauguin e la sua opera 'Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?' e più Appunti in PDF di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche solo su Docsity! Paul Gauguin e “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?” Paul Gauguin (1848-1903) è stato uno degli artisti più interessanti del tardo Ottocento. Fu uomo dalla personalità complessa, inquieto e perennemente insoddisfatto, geniale, arrogante, egoista, sognatore. Detestò la vita cittadina e l’ipocrisia della società contemporanea, con i suoi costumi, la sua morale, i suoi stili di vita nei confronti dei quali mostrava uno sprezzante disinteresse. La polemica contro la società Questa polemica contro la società borghese era stata già condotta dagli artisti e dai letterati romantici nei primi anni del secolo ma si era tendenzialmente risolta in un atteggiamento ribelle piuttosto che in una convinzione radicale. Dagli anni Settanta dell’Ottocento, tale polemica si era invece avvalsa di ragioni sempre più specifiche e risentite. La società appariva irrimediabilmente perduta. La pittura della fase polinesiana Come artista, egli seppe trarre da quel suo soggiorno tahitiano l’energia e l’audacia per superare, con uno scatto liberatorio, tutti i mezzi espressivi della tradizione europea. Con la sua sintesi di colore e di segno, creò un’altra realtà, finalmente in sintonia con la parte più autentica, arcaica e primitiva di sé stesso. I suoi colori, densi, sordi, teneri e delicati a un tempo, acquistarono nuove risonanze, musicali e affettive. Non è possibile individuare un percorso lineare nelle tele dipinte durante il soggiorno tahitiano, né per quanto riguarda lo stile né per i temi e i contenuti. In quella lunga fase di grande ricchezza innovativa e inventiva, Gauguin esplorò molte direzioni e, come sempre, non fu sistematico. Egli dipinse soprattutto donne, colte in atteggiamenti statici, pervase dalla placida quiete che accompagnava la loro vita, oppure ritratte sulla spiaggia o mentre si bagnano. In generale, le donne polinesiane di Gauguin sono trasfigurate, viste sotto una luce magica e mitica: nella loro purezza, appaiono come divinità arcaiche, misteriose, imperturbabili. Sono l’emblema della Grande Madre, il simbolo dell’unione primigenia che l’uomo ha con la terra. In tutti questi quadri, poi, il mare, la natura, i costumi, le capigliature danno lo spunto per produrre forme stilizzate, arabeschi lineari, andamenti decorativi. “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?” Una ricca simbologia L’opera va letta da destra a sinistra, all’orientale. La composizione richiama il fregio arcaico di un tempio e segue controllate rispondenze di verticali e orizzontali. Tutte le figure, delimitate da un netto contorno nero, sono praticamente prive di chiaroscuro e non proiettano ombre. La stesura uniforme del colore richiama le vetrate delle cattedrali gotiche. All’estrema destra sono raffigurati un neonato e tre donne sedute; il piccolo sembra abbandonato, ignorato dalle tre ragazze che appaiono piuttosto concentrate su sé stesse, compiaciute dalla propria bellezza. A seguire, due figure femminili, vestite di porpora, si confidano i propri pensieri. Una grande figura accovacciata leva il braccio e le guarda con stupore. Questi ultimi personaggi sono simbolo dei tormenti e delle domande che vivono nell’animo di ognuno e che spesso si cerca di ignorare. Il giovane al centro (unico personaggio maschile), che ricorda il Mercurio della Primavera di Botticelli – un dipinto che Gauguin doveva avere bene in mente – sta cogliendo un frutto; il gesto richiama il peccato originale ma è anche metafora della gioventù che sa cogliere la parte migliore dell’esistenza; più in generale, sottolinea il rapporto diretto tra l’uomo e la natura. Sarebbe questo il significato più probabile della fanciulla in basso, che mangia un frutto tra due gatti bianchi e una capra nera. La divinità posta al centro della parte sinistra, con le braccia alzate come per additare l’aldilà, rinvia alle culture orientali e richiama l’inutilità e la falsità della bugia religiosa. Una ragazza, seduta e seminuda, pare ascoltare l’idolo.
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