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Paul Maas: la critica del testo, Appunti di Filologia

Appunti introduttivi di filologia e critica del testo. Analisi e commento dettagliato della critica del testo di Paul Maas.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 26/11/2021

C_Eli
C_Eli 🇮🇹

4.8

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Scarica Paul Maas: la critica del testo e più Appunti in PDF di Filologia solo su Docsity! ISTITUZIONI DI FILOLOGIE E CRITICA TESTUALE Alberto Barbaro, un filologo romanzo che si occupava di testi medievali delle varie lingue europee, italiano, francesi d'oil e spagnoli; tra le ultime cose che ha fatto, è stato scrivere un piccolo manualetto che spiega in poche e semplici parole, che cos'è la filologia; Barbaro consulta i maggiori dizionari delle lingue europee e constata qualcosa di strano, in quanto trova varie definizioni, che polarizzano su due ambiti: in lingua anglosassone la filologia tende a sovrapporsi alla linguistica e alla glottologia; nelle lingue romanze, invece, trova una definizione che insiste sulla ricostruzione del testo e sulla sua interpretazione. Dal grande dizionario della lingua italiana di Battaglia: Filologia: disciplina che, mediante la critica testuale, si propone di ricostruire e interpretare correttamente testi o documenti letterari; dottrina che studia l'origine e la struttura di una lingua. Per ricostruire un testo si intende indagare le vie e le forme attraverso le quale un testo è giunto fino a noi, è la storia di un determinato testo nel tempo. Il testo non esiste a prescindere, ma esiste perché ci è giunto attraverso delle vicissitudini, che il filologo deve cercare di ricostruire; il filologo non si accontenta di ricostruire un testo qualunque, ma mira sempre a ricostruire l'originale; ogni copia, ogni trascrizione rappresenta un errore: basandomi, studiando queste, devo riuscire a ricostruire l'originale, ovvero il testo pensato, ideato dall'autore. Non si parla del testo scritto, ma di quello ideale: noi vogliamo capire quello che pensava l'autore, in quanto è anche l'autore stesso, nello scrivere il suo testo, può commettere degli errori: dobbiamo arrivare al testo interiore del poeta, che cosa voleva dire il poeta. Es. Boccaccio, del quale abbiamo tutti gli autografi, e all'interno dei quali è possibile trovare degli errori commessi dall'autore stesso, che a un certo punto inverte il nome di due personaggi nel Decamerone. Il filologo interpreta, è costretto a interpretare, e allora il filologo rende un testo sicuro fino a un certo punto, in quanto implicitamente già commenta e interpreta il testo. Quella del filologo è un'attitudine critica, utilissima che ci aiuta a vagliare le continue informazioni che riceviamo; le domande che dobbiamo sempre più spesso farci: è vero quello che mi dicono? Dov'è la prova di questo? Bisogna risalire all'origina, capire dove, chi e quando è stata prodotta una notizia. Contini, filologo e critico romanzo, parla della filologia come un evento quotidiano a livello a scalare; quindi per Contini faccio filologia anche quando leggo banalmente il giornale: se trovo un refuso, tendo a correggerlo automaticamente; chi legge si interroga sull'eziologia dell'errore, e facendo questo si riesce a capire cosa c'era scritto all’inizio. Anche a Contini fu chiesto di spiegare che cos'è la filologia: il filologo e critico scrive una lunga spiegazione nella quale colloca la filologia all’interno delle scienze, e ne parla in termini di scienza storica, affermando che vi sia una contraddizione all'interno di questa: nel momento in cui faccio storia, la faccio sulla base di documenti, che recupero a distanza: se da un lato si ricostruisce un passato a distanza di tempo, dall'altro lato, parlare oggi di quell'eventi passato, lo rende attuale. Affermava Croce “ogni storia è storia contemporanea”. Anche il processo filologico, di analisi del testo, si colloca nel tempo, sull'asse della diacronia. Afferma ancora Contini che la filologia ripropone un testo nel tempo, lo fa diventare dinamico (da chiuso e statico ad aperto e dinamico), riaprendolo in direzioni opposte, occupandosi del prima e del dopo del testo: l'autore pensa un testo, lo scrive, o di getto oppure con delle pause e delle revisioni: questo è il prima del testo, una fase che può avere una durata significativa e che può dare origina già a diverse copie del testo; per quanto riguarda il dopo la pubblicazione, il testo viene ricopiato, ricopiato ancora, stampato ecc. quindi la filologia di occupa sia del prima, ovvero di quando il testo era ancora nello scrittoio e nelle mani dell'autore, o al massimo di pochi altri, ma anche appunto del dopo. Questo è molto importante quando si parla della filologia d'autore, che studia proprio lo svilupparsi del testo per opera dell'autore. In queste osservazioni di Contini si incontrano due aspetti: fenomenologia dell'originale e fenomenologia della copia, e l'opera di Mass ci descrive proprio questa situazione, ovvero quando l'originale è perduto e non siamo in grado di conoscere il prima del testo, ma conosciamo solo il dopo, parecchio dopo, e attraverso queste copie dobbiamo risalire all'originale. Se quindi il dopo, anche in misura variabile, siamo in grado di ricostruire per il prima non è sempre così. (es. il Fiore, testo duecentesco anonimo che Contini ha attribuito a Dante, creando molte discussioni; opera oggettivamente difficile da collocare nella biografia dantesca, forse si tratta di un'opera giovanile). Questo problema delle attribuzioni si intreccia inevitabilmente con il problema dell'interpretazione. Come si fa a risolvere questo problema? È importante porre le condizioni per affrontarlo correttamente, in quanto è importante comprendere bene i dati che sono in campo piuttosto che concentrarci solo sull'arrivo alla risposta esatta, che tante volte non è possibile dare. È importante dire che il campo delle attribuzioni è confinante con quello dei falsi; pensiamo al Dialogo sulla nostra lingua di Macchiavelli, secondo alcuni studiosi si tratta di unOopera autentica, mentre per altri, in quanto i testimoni sono tutti tardi, si tratterebbe di una falsificazione, ovvero un'opera costruita 50 anni dopo. Una storia simile ce l'ha avuta il diario postumo di Montale: nel 1996, Bettarini pubblica un volumetto di poesie che sarebbero venute fuori postume. Il problema è che le notizie riguardo a queste 11 buste provengono solo da un testimone, Cima. Molto probabilmente si tratta di testi apocrifi nei quali però il poeta ha avuto qualche ruolo: per arrivare a questo si è discusso una ventina d'anni, e questo ci fa capire che proclamare un falso è molto difficile. La parola chiave risulta quindi prove! Andrea Battistini scrive un saggio di Clemente Mazzotta, nel quale troviamo un passaggio particolare: paragone il lavoro del filologo a vantaggio del critico letterario, al ruolo di Virgilio nei confronti di Stazio nel Purgatorio XXII (come quel che va di notte; che porta il lume dietro a se e non giova); applica la similitudine al rapporto tra le filologia e la critica; intende quindi che prima arriva il filologo che fa il lavoro sporco, e poi arriva il critico illuminato da questo e mette le cose a posto: non è così, il lavoro è sempre intrecciato. l'ideale sarebbe che il critico non aspettasse l'edizione critica del filologo, che sicuramente aiuta, per leggere il problema con occhio filologico; il filologo infatti non consegna un prodotto finito, in quanto è tutta intrisa di giudizio, di interpretazioni, impliciti del lavoro filologico. LA CRITICA DEL TESTO DI POUL MASS Il libro originale di Mass esce nel 1927, non come un agile volumetto come risulta quello tradotto da Ziffer, ma come voce di un'enciclopedia, di un'opera complessiva che esce in Germania “introduzione alla scienza dell'antichità classica”, un’opera in più volumi che introduce allo studio dell'antichità classica. L'opera di Mass nasce quindi nell’ambito della filologia classica, infatti Mass stesso è un filologo classico che si occupa di testi bizantini. L'opera non si presente quindi come un manuale, ma una breve voce, alla quale era stato assegnato uno spazio ben preciso all’interno dell'enciclopedia, e da questo si capisce la brevitas del lavoro di Mass, e doveva guardare a un pubblico che era interessato più a una teoria della critica del testo, e non ad avere un manuale, Il Mass infatti non va inteso come un manuale. Dopo questa prima edizione, e dopo essersi reso conto di aver scritto un'opera importante, Mass fece altre tre edizioni tutte in forma autonoma nel 1950, 1957 e nel 1960. All’inizio l’opera occupava solo 18 pagine, mentre nell'ultima edizione ne troviamo 34, in virtù di una serie di contributi, di acquisizioni che Mass stesso fa nel corso degli anni, che sono stati posti alla fine nell'opera. La prima traduzione italiana risale al 1952, ad opera di Martinelli, ed è frutto di un'iniziativa di Pasquali, grandissimo filologo, che scrive un'introduzione a questa traduzione. L'enorme fortuna che avrà questo testo, una fortuna quindi postuma, è testimoniata dal fatto che ancora oggi la si studi e la si traduca, ma la testimonianza più ampia e significativa della fortuna dell'opera di Mass è sancita da un testo di Elio Montanari “la critica del testo secondo Poul Mass”: è questo un commento a Mass di 530 pagine, in cui Montanari commenta, come se fosse un classico latino, passo per passo, tutta la critica di Mass, confrontando anche il suo metodo, contestualizzandolo ecc. Poul Mass nasce nel 1880 a Francoforte, e si trovò a vivere un periodo molto particolare, in quanto ebreo in Germania, tanto che, nel 1934, gli fu tolta la cattedra universitaria a Cunnisberg, dove insegnava. Si formò a Berlino e poi a Monaco, dove si interessò a studi di filologia greca e bizantina. Scrive inizialmente cose molto breve, umili, per la maggior parte si tratta di recensioni, e questo gli permise di conoscere in dettaglio molte tradizioni di testi, riuscendo a valutare molte edizioni, e questa enorme esperienza conquistata sul campo contribuì, fu fondamentale per la realizzazione della sua più importante opera. Morì nel 1964 in Inghilterra, a Oxford. Mass non scrive un manuale di critica del testo, ma una teoria: non spiega cosa sia la filologia, ma spiega com'è fatto, su cosa si basa, il metodo filologico. Modo di scrivere molto breve, molto sintetico molto denso, in cui ogni parola risulta fondamentale. Opera divisa in sezioni. A: CONCETTI FONDAMENTALI Ci dice la finalità della critica del testo, ovvero restituire un testo, passato attraverso una serie di trascrizioni che hanno però modificato il testo, il più possibile vicino all'originale. Siamo nell'ambito dei testi antichi dei quali non possediamo gli autografi. Obbiettivo della critica del testo: restituire una copia dell'originale, che evidentemente è andato perduto. Tramandare: consegnare, passare; si parla di un testo tradito, giunto fino a noi. Tramandato o non tramandato: sembra questa un’ovvietà, ma qui Mass dicendo ‘il testo’ intende un elemento fondamentale, ovvero che il testo abbia una natura discreta, non è un unicum, è un insieme di particelle che vanno tutte esaminate per capire se ogni punto rappresenti l'originale. Il filologo inizia allora ad operare: siamo nella prima fase nella recensio, che stabilisce cosa deve/può essere considerato come tradito; mi devo chiedere “qual è il testo che mi è arrivato?” Le lezioni che mi giungono possono essere diverse: alla fine della recensio dovrò stabilire, se ci riesco, quale delle proposte possibili devo considerare genuine. Per fare questo devo censire tutti i testimoni, capire quante testimonianze trasmettono quel testo, per poi confrontarle tra di loro punto per punto (collazione), e stabilire le relazioni che vigono tra i manoscritti. Quando io ho capito questo, posso capire cosa può essere considerato come tradito, ovvero qual è il testo dal quale sono nati tutti gli altri. RECENSIO: ricostruire il testo nel suo stadio più antico possibile, e questo grazie allo studio del rapporto tra le testimonianze. Questo testo che mi è giunto nella forma che ho stabilito, devo chiedermi se è il testo, in ogni suo punto, nella sua forma originale. Se arrivo a capire che non è così, significa che l'archetipo e l'originale che voglio ricostruire ci sono ulteriori copie perdute. Se riesco a dimostrare che nell’archetipo c'è qualcosa che non funziona, devo cercare una strada per arrivare all'originale. Questo varia a seconda del luogo del testo: in certe sue parti il testo può essere considerato genuino mentre in altre no. Questa fase di 6. Presupposti necessari affinché il metodo funzioni. È necessario capire dove ogni testimone si colloca rispetto agli altri, e quanto ha contribuito alla ricostruzione dell'archetipo. Due sono i presupposti che devono valere: - ogni testimone deve seguire un solo modello; no contaminazione; tutto quello che sta sotto l'archetipo deve riprodurre un solo modello: ogni apografo deve avere uno e un solo antigrafo. Ci troveremo davanti ad una tradizione non pure quindi contaminata (trasmissione orizzontale), e rende difficile lo studio delle relazioni tra i testimoni; - ogni copista deve discostarsi dal suo modello: necessità di errori particolari nel senso di deviazioni consapevoli o inconsapevoli commessi dal copista; l'assenza di errori non è sempre un bene, in quanto non ci permette di capire le relazioni tra i testimoni. - icopisti non devono correggere gli errori del modello: no perturbazione, in quanto spesso è difficile da smascherare e da dimostrare. 7. Date le premesse elencate al paragrafo 6, la classificazione va a buon fine, posso ottenere importanti risultati e adempiere agli obbiettivi della recensio: a. si arriva al compito, all’obbiettivo della recensio, ovvero stabilire le relazioni che vigono tra i testimoni conservati; si riescono a ricostruire tutte le biforcazioni prevale il lessico della certezza, che andrà via via a venire meno; b. se io ho almeno tre rami, riesco ad arrivare all'archetipo, a ricostruirlo in ogni suo punto, e posso procedere con l'examinatio; c'è l'eccezione, e questa la troviamo quando abbiamo una diffrazione, ovvero ogni ramo ha una lezione diversa, e quindi la stessa probabilità di rappresentare l'archetipo; un'altra eccezione avviene quando ho difficoltà a ricostruire i sub-archetipi. c. se ho due rami, avrò luoghi del testo che riesco a ricostruire perfettamente (le due famiglie sono concordi), ma se le due discordano (cane-gatto), già aver classificato le testimonianze posso dire che al massimo ho due lezioni soltanto, ovviamente siamo nei rami principali. Maggioranza stemmatica e non numerica! 8. Capitolo nel quale viene elencata la casistica del caso tipico. Siamo sull'albero a due rami, beta e y, e nessun testimone dice niente di chiaro riguardo al proprio modello, non ci dice chi è padre di chi. a. derivazione di un codice da un altro codice conservato; se ] ha tutti gli errori di F, più uno suo, allora J deriva da F; non basta parlare di errori in senso generale però, in quanto se si tratta di un copista molto sveglio che si trova davanti a errori molto semplici, li corregge (contaminazione), e quindi non trasmetterebbe quell'errore. Bisogna quindi ragionare sulla natura dell'errore: e allora ] deve avere tutti gli errori separativi di F più uno suo proprio. Bisogna anche accertarsi che non ci siano luoghi del testo in cui ] ha la lezione buona ed F invece no: in questo caso ] non può essere il figlio di F. b. Uno dei due non deriva dall'altro perché in un luogo del testo presentano errori separativi che non possono essere corretti: G ha un errore separativo nei confronti di H e H ha un errore separativo nei confronti di G, più errori congiuntivi, allora derivano da un modello comune, un gruppo loro dal quale tutti gli altri non derivano. G e H sono fratelli. Epsilon non esiste, è perduto, lo devo supporre e ricostruire con G e H, fratelli che derivano entrambi da epsilon. Questo ragionamento vale ad ogni livello, fino ad arrivare, a risalire al sub-archetipo. Ci sono in campo due processi: quello della recensio, che conduco attraverso gli errori, fondando quindi la mia teoria sugli errori per capire le relazioni tra i testimoni; e il passaggio della ricostruzione dell’archetipo, che avviene grazie alla precedente schematizzazione realizzata grazie alla recensio. È importante tenere distinti il processo di realizzazione dello schema e il suo utilizzo. Le divergenze possono avvenire tra le lezioni adiafore, ovvero lezioni che hanno la stessa importanza e sulle quali è difficile decidere. c. È lo stesso ragionamento, portato alla famiglia beta; ho tre fratelli che dipendono da beta, e questi devono avere errori congiuntivi, quindi monogenetici, condivisi solo da A B C, più un errore separativo, quindi poligenetico, proprio. Non ci devono essere inoltre luoghi del testo in cui due di loro si congiungano in errore contro al terzo. Allora A B C sono fratelli che fanno parte della famiglia beta; sono figli di beta. Tutte le lezioni che si trovano in un solo testimone non risultano utili per ricostruire beta e gamma, e quindi vanno eliminati: eliminatio lectionum singolarum. d. Il procedimento ricostruttivo procede all'infinito; quale che sia la grandezza dell'albero, il procedimento è sempre lo stesso. e. Per quanto riguarda l'archetipo le cose sono diverse. Se ho solo le famiglie beta e gamma ed entrambe le lezioni concordano, allora avrò il testo di alfa, ovvero l'archetipo. Ma se le lezioni di beta e gamma non concordano mi troverò davanti a due varianti, con le quali non mi posso comportare seguendo il ragionamento fin qui descritto. f. Per Mass le varianti sono quelle nella parte più alta dello schema. Qui Mass fa delle considerazioni che in realtà non toccano il filologo, in quanto lui non se ne accorgerebbe mai: sa che l'albero reale non ce l'avrà mai, che non potrà mai avere tutti i testimoni esistiti. g. Propone un altro esempio nel quale depaupera ulteriormente lo schema. Il sistema però non cambia, funzione come abbiamo già visto. Quindi ancora, qualsiasi sia lo stemma, il processo è sempre lo stesso, ricostruisco punto per punto lo stessa fino ad arrivare all'archetipo. Il discorso si sta solo estendendo. Come costruire lo schema avendo tre testimoni. h. Mass continua a simulare; se la situazione prevedesse di avere solo A e B, quello che nel caso tipico era beta, ora diventa alfa, ovvero l'archetipo. Ancora il ragionamento non cambia. i. Cosa ci sia a monte della tradizione, arrivare all'albero reale, è impossibile saperlo, e anche non importante. Non è decisivo sapere quanti passaggi ci siano stati, l'importante è definire i rapporti correttamente. Non è importante perché l'albero ideale rappresenta in scala quello reale 9. Mass ci rimanda sempre allo stesso schema, aggiungendo il ramo K, ovvero il terzo ramo: non c'è nessun errore congiuntivo che può legare K ad altri testimoni, ha solo errori separativi rispetto a gamma e a beta. Per la restituzione di alfa con tre iparchetipi vale il ragionamento fatto per i rami inferiori: maggioranza stemmatica e non numerica. Attenzione alle ad una anomalia un motivo c'è, e se non lo si trova allora l'anomalia non può essere che frutto di corruttela che deve essere congetturata. Processo della lectio difficilio: se trovo una lezione difficile e una facile, è più probabile che nell'originale ci sia quella difficile e che il copista abbia banalmente congetturato. Però bisogna fare attenzione a questo processo. = anomalie prodotte da corruttela: solo in questo caso intervengo con una congettura. Possiamo trovare anomalie molto forti, oppure lievi anomalie, ma anche diverse di queste ultime che si sommano, ovvero diverse piccole anomalie, piccoli luoghi del testo che risultano dubbi. Di fronte a queste piccole anomalie, le congetture spiegano spesso come quella corruttela, quell'anomalia si sia prodotta: la congettura spiega le ragioni della corruttela, come questa si è prodotta. Evoca il concetto delle congetture diagnostiche: ancora la congettura mi spiega come si sia prodotto l'errore. Bisogna essere molto puntigliosi nell'esaminare un testo tradito, bisogna continuamente chiedersi se l'autore abbia realmente scritto così, perché non l’ha detto in un altro mondo; Per congetture diagnostiche si intende quel continuo provare a produrre nuove soluzioni, congetture, che a partire dal testo tradito mi fanno capire cosa c'è al di là di quest'ultimo, ovvero l'originale. Questa continua produzione di congetture va bene, in quanto stimola continuamente la ricerca: nel momento in cui una congettura risulta sbagliata, qualcuno la toglierà di mezzo portando nuove prove ecc. Il fatto che non si trovi subito una soluzione valida per una corruttela non significa che devo lasciare perdere, magari nel parlo nell’introduzione, il dubbio deve rimanere dubbio; concetto di diffrazione, del quale ne parla Contini: una lezione rara, lectio difficilior, viene fraintesa dai copisti, la tradizione non sarà concorde, tutte le famiglie avranno lezioni diverse, e allora il filologo, confrontando tutte queste lezioni diverse, potrà risalire ad una lectio difficilior che ha causato tutto questo. 16. Fra più congetture, tipiche dei testi classici, scelgo in base allo stile e al contenuto della congettura, ma anche in base a quale congettura è in grado di spiegarmi meglio l’eziologia dell'errore. Conta quindi prima la pertinenza e poi il fatto che la corruttela riesca a spiegare l'errore, che però non sempre è possibile. In questo secondo caso si deve tener presente: = gli errori che ci possiamo aspettare con maggiore possibilità: passaggio da lectio difficilior a lectio facilior, perché è più probabile e facile soprattutto per i copisti; = corruttele che troviamo spesso nella stessa tradizione per un intervento sistematico del copista (parola brutto); = tutto va contestualizzato, centralità della storia della tradizione: sapere quali errori si possono produrre tra l'originale e l'archetipo, capendo tra le mani di chi il testo è passato ecc... L'eziologia è sempre secondaria, viene sempre dopo la pertinenza, e la usa quando devo scegliere tra più congetture o quando devo scegliere se congetturare o mettere una crux. Fa una raccolta di esempi di errori, cataloga gli errori, per capire quali sono quelli più frequenti e probabili. Si dovrebbero catalogare gli errori, vedere come ricorrono: sarebbe questo un desiderio di Mass, difficilmente praticabile, in quanto l'utilità pratica sarebbe inferiore allo sforzo fatto, in quanto ogni copista, ogni opera, ogni tradizione è diversa. Interpolazione: modificazione, aggiunta al testo che viene fatta consapevolmente dal copista, senza però che venga dichiarata; risultano molto pericolose, tante volte è difficile trovarle in quanto i copisti sanno essere molto furbi; inoltre, quando ne trovo una, tutta mi genera sospetto. Si tratta di falsificazioni per volere dimostrare, giustificare qualcosa e dare come originale qualcosa che invece non lo è, ma che è stato modificato. Anche qui ritorna l'importanza della conoscenza dello stile dell'autore. Le modifiche hanno sempre un fine, sono molto frequenti nelle opere storiche: autori/copisti che aggiungono delle informazioni, del materiale, ma anche per difendere alcune posizioni, per rendersi amico quell'imperatore o quel condottiero... quindi le motivazioni delle interpolazioni possono essere diverse. In questi termini la filologia è anche il metodo con il quale ci si accerta se determinati documenti sono veri o falsi. Le interpolazioni non vanno confuse con le redazioni d'autore, parliamo di pluralità redazionale, ovvero le diverse redazioni della stessa opera, modifiche prodotte dall'autore stesso, per abbellirlo, per aggiornarlo, o semplicemente per modificarlo: pensiamo ai Promessi Sposi di Manzoni. La storia delle interpolazioni è strettamente intrecciata con quelle delle falsificazioni di intere opere. Ritorna all'archetipo: quando queste scende di grado, perché c'è qualcosa che sta sopra, viene declassato a portatore di varianti, ovvero trovo un nuovo manoscritto che non condivide nessun errore con beta, gamma e kappa e neppure gli errori d'archetipo, quindi questo nuovo testimone sta sopra in due modi: o è fratello dell'archetipo, che diventa portatore di varianti (sub-archetipo), oppure diventa addirittura il padre dell'archetipo, declassato a descriptus. Decido se è un fratello oppure il padre dell’archetipo: se S presenta errori che alfa non ha, è chiaro che questi due testimoni sono fratelli (errori separativi di S su alfa e di alfa su S); ma se io invece ho errori separativi di alfa, ma S non ha nessun errore separativo in più rispetto ad alfa, allora S è il padre (assenza di errore separativo di S rispetto ad alfa). Dice “in questi tratti” in quanto Mass pensa siano dei frammenti, delle citazioni, che sono testimoni parziali. Se io ho un frammento, vedo che S è il padre, in quanto non ho errori separativi rispetto ad alfa; tutte quelle anomalie che ora vedo nell’archetipo, sopra il quale non c'era niente fino a prima, devo immaginare che ci siano anche quando S non mi dà più il testo (in quanto ricordiamo essere solo un frammento), quindi anche in altre parti di quello che ritenevo essere l'archetipo. Ovviamente questa è una situazione di fortuna. Le citazioni montano a qualcosa di più antico rispetto ai miei manoscritti, quindi alcune possono restituirmi una porzione di testo più integra e sana, e farmi capire quanto l'archetipo sia attendibile e capire quale tipologia di errore può commettere. Parlando di frammento e citazione parliamo di una porzione minima di testo, ma rivelatrice, in quanto ho un termine di confronto, mi serve per valutare l'archetipo in quella piccola parte, gli errori che l'archetipo in quella porzione di testo commette rispetto ad S che allora sarà il testo sano. È quindi un grande aiuto nell’examinatio, nella valutazione dell’archetipo. Esempio: Tacito. Raccogliere la tipologia di errori di un descriptus per capire quando è portatore di varianti o codex unicus per capire come 19. Nel caso di una tradizione bipartita, ovvero la lezione dell’archetipo non è dato in modo univoco dai sub-archetipi, la recensio porta spesso (spesso, perché la situazione è ancora più complessa: anche il sub-archetipo può essere incerto, e in quel caso diventa un problema per stabilire la lezione dell'archetipo; ABC giallo, D bianco, E rosa, Y rosso) a due varianti (beta e gamma): l'examinatio deve ora stabilire se una, o nessuna, delle due varianti è genuina, se una delle due varianti la si può ritenere l'archetipo. Siamo in una pre-examinatio siccome l'archetipo ancora non ce l'ho, allora valuto le due lezioni del sub-archetipo. Il caso tipico. Ho due varianti, una delle quali la riconosco genuina, mentre l'altra è una corruttela dell'altra: due casi nei quali l'errore mi spiega, mi presuppone la lezione giusta (colazione - collazione): mi trovo a scegliere, a selezionare: selectio. Esempio: Trovo che un ramo della tradizione mi porta Cotronensis, mentre l’altra mi porta Ronensis; inizialmente posso pensare che siano saltate le prime lettere, ovvero che uno sia la corruttela dell'altro, e quindi scelgo attraverso la selectio. Procedo poi con l'examinatio dell'archetipo. Casi non tipici: a) Nessuna delle due lezioni dei sub-archetipi è genuina, sono entrambe erronee, e congetturando attraverso la combinatio (una selectio che è combinatio; ragiono sulle due lezioni erronee fino ad arrivare a congetturare l'archetipo) arrivo a congetturare la lezione dell'archetipo. Poi procedo con l'examinatio dell'archetipo. Esempio: trovo Ronensis e Cotensis, città che non esistono. Prendendo le prime sillabe dell'una e la unisco alla seconda: arrivo così a Cotronensi, ovvero Crotone, nome di città che esiste e che nel testo effettivamente ci può stare. Quello che c'è scritto in corpo minore: questo caso è il caso in cui il testo si era conservato fino all’archetipo, luogo in cui entrambi i rami fraintendono il testo dell'archetipo; il testo quindi è sano fino all’archetipo, altrimenti non potrei congetturare; ma questo non è detto, altrimenti sarebbe l'originale: è solo stato frainteso. b) Ho due varianti che entrambi mi consentono di ricostruire la lezione dell’archetipo, l'originale, che allora rimane dubbio. Devo spiegare l'origine di entrambe le varianti, non mi devo e non posso accontentare di spiegarne solo una. Se anche solo la genesi di una lezione mi rimane oscura, non devo accettare per forza l’altra, in quanto l'origine di quella che sono portata a scartare potrebbe celare la lezione genuina. Esempio: trovo Panormitani e un Ronensi, ovvero una lezione totalmente accettabile, in quanto Palermo è una città, mentre una lezione che non capisco, in quanto Ronensis non significa nulla, allora per selectio scelgo Panormitani; non lo posso fare perché non ho spiegato l'origine della variante Ronensis, in quanto potrebbe risalire ad una lezione che invece è quella genuina (Cotronensi). c) Definire la lezione del sub-archetipo; devo prima ricostruire gamma, per mezzo di combinatio, selectio... e tutte e tre le lezioni devono essere giustificate. Posso avere un ramo più conservativo, beta, e uno che è meno conservativo, gamma: dall'archetipo a gamma forse gli snodi sono stati di più, oppure abbiamo avuto un copista frettoloso; posso accorgermi dunque di avere un ramo che, per sua natura, ha più snodi intermedi, ma se lo stemma è giusto, può avere ragione anche il ramo meno conservato: è sempre 50 e 50, hanno pari valore, pari possibilità di avere la lezione giusta, in quanto i due rami si sono formati da un errore separativo di gamma s beta e un errore separativo di beta su gamma, quindi almeno in un punto il ramo che ritengo più corrotto ha comunque ragione. Non bisogna quindi privilegiare un ramo piuttosto di un altro. Sono questi i casi di contaminazione, ovvero quando la tradizione è contaminata a livello di sub-archetipi, e bisogna capire dov'è, bisogna cercare, riuscire a circoscriverla, e i casi di diffrazione; la contaminazione, come la collazione, è un'operazione molto stancante, e c'è necessità di contaminare quando il testo non regge, oppure quando i maestri di scuola nel medioevo vogliono avere un testo migliori, con le varianti delle tradizioni (esigenza scolastica); la contaminazione fa sparire gli errori separativi, e quindi la costruzione dello stemma diventa praticamente impossibile: ne emerge che il metodo stemmatico non è sempre possibile, soprattutto appunto quando siamo davanti ad una tradizione fortemente contaminata. In questi casi adottiamo altri criteri, altri metodi: una delle strategie più invalse è quella di basa l'edizione su diversi manoscritti prendendo i testimoni da aree geografiche periferiche e distanti (quelle periferiche sono conservative, quelle centrali sono innovatrici), paragonando quindi le varianti sullo stesso livello, in quanto non abbiamo una gerarchia. Sono le varianti adiafore che mi danno il settore che nelle corruttele non significative appartengono una volta a un ramo, una volta all’altro, quindi c'è stata contaminazione. Tanto volte posso trovare il vel. Per quanto riguarda la diffrazione, ovvero quando ho uno stemma a tre rami e ogni sub-archetipo mi dice qualcosa di diverso: devo valutarli tutti come se fossero la lezione giusta, dell’archetipo. In questo paragrafo velatamente accenna anche che un'altra caratteristica della trasmissione dei testi è la pluralità redazionale, ovvero il fatto che l’autore interviene più volte nel testo: questo in età moderna è più facile da conoscere con certezza, ad esempio è noto il caso dei Promessi Sposi, ma in età medievale questo è più difficile, in quanto le varianti d'autore non sono documentate storicamente. Quando facciamo l'edizione critica di un testo che prevede una pluralità redazionale devo dare al lettore la possibilità di conoscerle e confrontarle. Quindi, quando troviamo testi divergenti dobbiamo cercare di ricostruire come sono trasmessi, ipotizzando che siano pluralità redazionali, che ci sia stata contaminazione, interpolazioni, diffrazioni ecc... 20. Questi metodi adesso vengono usati normalmente, ma prima (della sua codificazione dell'examinatio) o si seguiva la vulgata, il testo più diffuso, o si seguiva la maggioranza dei testimoni (100, 2, 10 non importa nulla, devo capire la posizione delle testimonianze), oppure si seguiva il manoscritto più antico, migliore: il codice più antico è sicuramente più importante, in quanto non può dipendere da nessun’altro sopravvissuto, non può essere descriptus; posso inoltre avere codici più recenti in posizione più alta, in quanto negli altri rami gli snodi possono essere stati maggiori. Anche oggi, con la new filology, si sta attaccando il metodo stemmatico ritenendolo arbitrario e in quanto ritengono di non arrivare mai all'archetipo; propongono quindi di prendere il codice migliore, codex optimus, e pubblicarlo, in quanto storicamente esistito. Errore di trattare il codex optimus, il migliore, come codex unicus a prescindere, anche - Che due codici sono legati assieme rispetto a un terzo (ho due fratelli più un codice indipendente), dimostrato dalla presenza di errori congiuntivi, monogenetici, errori che non possono essere commessi in maniera indipendente dai testimoni; sono errori che imparentano; A e B hanno commesso lo stesso errore in maniera dipendente. Utilizzabilità degli errori separativi e congiuntivi per i principali tipi stemmatici: - A non può essere il padre perché B ha un errore separativo contro A, ma A non ha un errore separativo contro B; - B non può essere il padre perché A ha un errore separativo contro B ma B non ha un errore separativo contro A; - AeBsono fratelli perché hanno entrambi un errore separativo contro l’altro, quindi dipendono da un manoscritto in questo caso perduto; - Tra due codici, se B è del secolo 11 e A del secolo 9, B non può aver generato, quindi essere il padre di A: il dato cronologico può aiutare; - A è il padre, in quanto non ha errori in più rispetto a B, in quanto gli errori separativi B non li può aver sanati; Nel caso di testi di minore estensione posso immaginare che un ramo A copia dall'antigrafo senza commettere errori: cambia poco, arriverò a dire quindi che A è il padre, mi funge da antigrafo, se i due testi sono coevi; sarà sbagliato, ma appunto a me non cambia nulla, perché ha copiato dall’'antigrafo senza commettere errori, quindi anche se dico che A è il padre di B non è completamente sbagliato: la storia di quell'antigrafo risulterà “sbagliata”, ma rimane il fatto che A sia uguale all’antigrafo dal quale ha copiato senza commettere errori. Se abbiamo tre testimoni i tipi stemmatici possono essere 22. Come prima cosa bisogna indagare se uno è il padre: 1. Errore separativo di B, errore separativo di C, errore congiuntivo di B e C condiviso da A, che non presentando errori separativi contro B e C risulterà il padre; 2. Errore separativo di B, errore separativo di C, errore congiuntivo di B e C non condiviso da A, e quindi si presuppone un testimone perduto; A non ha errori separativi contro B e C. Quattro possibilità con snodi sempre bifidi: 1. Errore separativo di B contro C, errore separativo di C contro B, Be C hanno errori congiuntivi e un errore separativo su A, che a sua volta ha un errore separativo su BETA, 2. A ha errori separativi su B e C, B ha errori separativi su Ce A, C ha errori separativi su B e A (quindi ogni ramo ha errori separativi contro gli altri) e tutti hanno errori congiuntivi con l'antigrafo. Quando trovo un quarto codice, D, devo capire e condivide le corruttele di C, di beta... inizio a collazionare e capire con quali errori si imparenta: se non si imparenta con nessuno potrebbe essere alfa, il padre, o un altro ramo. LA RITICA DI BEDIER Accusa mossa da Bedier a Mass sulla stemmatica: in particolare Bedier ha negato l'esistenza di stemmi a tre, quattro, cinque rami, ma a dominare ovunque è il bipartitismo, non quindi solo a livello di sub-archetipo, ma anche nei rami inferiori: è tutto a spina di pesce. Mass qui si incarta tanto in quanto effettivamente questa osservazione è disarmante, in quanto Mass non arriva mai a pensare alla possibilità di mettere dei cerotti, e non considera neanche le pluralità redazionali: vuole quindi difendere a tutti i costi la stemmatica, ma non con le spiegazioni giuste, convincenti, come lo possono essere l'unificazione non supportabile di due varianti, e la pluralità redazionale, che Mass, da bizantinista, non ha sotto gli occhi. *1 Mass sta dicendo che le lezioni particolari non esistono, ma in realtà non è così; siamo a livello di portatori di varianti, ma attenzione, perché a livello di sub-archetipo non vado in modo automatico; Mass è per un apparato critico molto strigato, ovvero nel quale troviamo le edizioni utili ai fini della ricostruzione; oggi però si sostiene che la filologia non sia solo critica del testo, ma che sia anche fare storia della tradizione, capire chi lo riprende, come, dove... quindi i nostri apparati cercano di essere un po’ più ricchi. Quello che dice Mass è quindi sbagliato teoricamente e ormai quasi inammissibile. Ci dice di non segnare i portatori di varianti, ma questo non è vero: anche in uno stemma tripartito i portatori di varianti li indico sempre, altrimenti l'edizione critica a cosa serve? Quindi Mass in queste prime righe ha sbagliato, in quanto appunto i portatori di variante vanno sempre riportati. Mass ci dice quella che è la critica di Bedier, il quale sostiene che gli studiosi arrivano sempre ad uno stemma bifido perché anche psicologicamente non vogliono rinunciare alla libertà di scegliere tra due varianti adiafore: davanti fiori giallo - fiori rosi per Bedier sono i critici che scelgono, creando falsi stemmi, proprio perché vogliono decidere loro se i fuori erano gialli o rossi. Il sistema di Mass quindi, dice Bedier, non serve a niente. Mass qui sembra dimenticarsi tutto quello che aveva detto, ovvero la pre-examinatio, l'examinatio, e il fatto che nulla sia meccanico. Bedier, per dire questo, analizza le edizioni critiche, che spesso sono erroneamente bifide, in quanto i filologi cadono in queste tentazioni di non vedere un copista che sana un errore di archetipo (il terzo ramo magari sta sanando, non è lui quello in errore...). Ora Mass si difende dicendo che il fenomeno si spiega in maniera più innocente, ma in realtà non è così. Il vero problema degli stemmi bifidi è che spesso sono sbagliati, più problematici; ma le risposte che Mass doveva dare a Bedier erano altre: Mass non spiega perché le edizioni critiche rimontano al 90% a stemmi bifidi (Bedier diche che c’è un problema di metodo, che evidentemente non funziona, o che i filologi vogliono scegliere personalmente davanti a varianti adiafore, ma anche questo è sbagliatissimo, perché non posso scegliere a caso, devo sempre giustificare la scelta). Alla luce di decenni possiamo giustificare questo fatto e possiamo dire quali attenzioni dobbiamo fare per non alterare la realtà quando andiamo a ricostruirla. | punti in cui il filologo spesso ricorre in errore sono sostanzialmente tre: - l'indebita fusione di due rami contro un terzo, ovvero quando, dopo aver creato il nostro stemma a tre rami analizzando le lezioni e ragionando se le divergenze sono congiuntive o separative, mi trovo a non valutato una lezione (A a Ronensi, Beta ha Panormitani, D Ronensi) diversa dalle altre due e sono per questo spinta ad unire le due lezioni uguali; ma come mi giustifico l'origine di questa variante? Devo chiedermi se i due rami che hanno la lezione dell’archetipo e quindi è D che ha una lezione singolare? È questo il mancato riconoscimento di un errore d'archetipo e che un ramo mi sta tentando di ingannare. In questo ragionamento è fondamentale che la congiuntività e la separatività di un errore la decida il cose come veramente queste sono andate mi accorgerei che B è figlio di A, ma visto che vedo che A ha una serie di piccoli errori mentre B ha il testo giusto, in quanto ha congetturato, arrivo a ipotizzare che siano errori di A su B, ovvero ipotizzo che siamo fratelli, quindi arrivo ad uno stemma bifido. Mass quindi mette in luce come sia difficile. Nei rapporti di dipendenza l'onere della prova, ovvero colui che deve dimostrare, è colui che nega la dipendenza, ovvero chi dice che siano fratelli, e per questo devo trovare un errore separativo. 2. RECENTIORES NON DETERIORES Pasquali aveva detto una cosa apparentemente innocua, ovvero che i codici più alti, con i quali solitamente si inizia in quanto sono i più vicini cronologicamente dall'autore e perché il manoscritto più antico non può dipendere da nessun'altro, non sia per forza peggiore degli altri. Un codice più antico può benissimo avere meno errori rispetto a codici copiati più recentemente. Poso quindi avere un codice del 13esimo secolo stemmaticamente più alto di un codice dell’1lesimo: la datazione interessa fino a un certo punto. Esistono quindi solo codici dipendenti o indipendenti da testimoni conservati o ricostruibili: tutto si gioca su dipendente o indipendente. 3. CONGETTURE DIAGNOSTICHE Incoraggiamento alla congettura; siamo inclini a giudicare se una congettura è giusta, ovvero ho sanato bene e sono giunta all'originale, mentre invece la congettura è una parte essenziale per verificare il testo durante l'examinatio. Per questo le congetture sono diagnostiche, ovvero sono uno strumento per verificare se un testo è sano oppure no, serve a capire lo status di salute del nostro testo. Perché Boccaccio ha detto in questo modo e non in quest'altro? La congettura diagnostica mi permettere di dubitare sempre del testo per verificare se il testo. Prima di soppesare una congettura soppesiamola bene: se noi la trovassimo non come una congettura ma come trasmessa da un testimone, chiediamoci se la interpreteremo come corrotta. Quando ho una lezione d'archetipo o delle congetture che non mi convincono è sempre meglio cautelarsi mettendo o una crux, ovvero dire che non ho ancora trovato una congettura soddisfacente, oppure indicare in apparato che questo è un locus sospectus, ovvero che il testo corre, ma in quel punto ho il sospetto che possa essere successo qualcosa tra l'originale e l'archetipo e che lungo questa storia qualcuno abbia risolta, abbia messo una pezza affinché il testo corra lo stesso, ma ho il sospetto che non sia dell'autore: questo per cautelarsi di trovare un nuovo testimone che quel punto me lo da come non corrotto. Emerge quindi l'importanza della recensio.
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