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PDF LIBRO VIAGGIO A ARZRUM, Sintesi del corso di Letteratura Russa

PDF LIBRO VIAGGIO A ARZRUM, di Aleksandr S. Puškin

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 30/08/2021

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monica-colombo-3 🇮🇹

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10 documenti

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Scarica PDF LIBRO VIAGGIO A ARZRUM e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Russa solo su Docsity! UNIVERSALE BIBLION Universale Biblion Nikolaj Vasil’evié Gogol” Donna * L'ottava notte Franz Kafka Discorso sulla lingua jiddisch © I guardiani della cripta Lewis Carroll La caccia allo Slualo Un'agonia în otto sc-atti Renato Fava Giacomo, Giacomo Giacomo... e altre commedie Aleksandr S. Pudkin Il viaggio a Argrum Indice Aldo Ferrari Introduzione Puskin nel Caucaso Cronologia della vita e delle opere di Aleksandr S. Puskin Aleksandr S. Puskin IL viAGGIO A ARZRUM Appendice Maurizio Garzoni DELLA SETTA DELLI ]AZIDI 37 45 127 Introduzione Puskin e il Caucaso Russia, CAUCASO, ORIENTE L’Oriente, idea letteraria, bussa e viene accolto in Russia ancor prima che quest’ultima, lenta ma puntuale, lo conquisti con la forza delle armi; si fa strada nelle terre della terza Roma, [..] attraverso un Occidente che a Levante era già penetrato, si era già insinuato, imbevuto, nutrito di fantasticherie e immagi- nazioni orientaleggianti [...].! L’Oriente entra in effetti nella cultura russa già verso la fine del Settecento, con una poco originale riproposi- zione delle fantasie orientaleggianti di molti illuministi europei (da Montesquieu a Voltaire), ma anche grazie alla formazione di un particolare “sublime imperiale” che fu notevolmente caratterizzato dal tema “orientale”? Questo approccio si incontra non solo nelle odi di un poeta im- portante come Gavrila DerZavin (1743-1816), ma anche 1 Bellingeri G., Note sui rapporti letterari “tataro”-russi nell'Ottocento, in “Letterature di frontiera-Littératures frontaliàre9”, 1, 1991, n. 1-2, p. 200. 2 Cf H. Ram, Russian Poetry and the Imperial Sublime, in M. Greenleaf, S. Moeller-Sally (eds.), Russian Subject. Empire, Nation and the Culture of the Golden Age, Evanston (Ill) 1998, p. 21-49. Aldo Ferrari B. Zukovskij).® Ma è soprattutto a partire da Puékin che il Caucaso si pone al centro della creazione letteraria rissa. Comprendere l'approccio di Putkin a questo tema è di fondamentale importanza per definire il rapporto della cultura russa moderna nei confronti dell’Oziente. Sin da- gli anni del liceo Putkin assorbì, attraverso la mediazione della “rinascenza orientale” della cultura europea, un in- teresse profondo per l'Asia e l'Oriente!? e il suo contii- buto alla costruzione di un immaginario orientale russo è indiscutibile. Il tema orientale è visibile chiaramente già nei poemi I prigioniero del Caucaso (1820-21) e La fontana di Bachiisaraj (1822), ambientato quest'ultimo nella Crimea ancora memore della dominazione tatara. Queste opere di Puskin sono decisive perla definizione del Caucaso e della Crimea come spazi “orientali” della Russia, a essa però interni, appartenenti al suo sistema politico imperiale e in qualche modo anche alla sua cultura. Già in 1/ prigioniero del Caucaso, ampiamente impregnato di influssi russoiani (natura-civiltà) € romantico-byroniani (egotismo, orienta lismo), compare quell’ambivalenza nei confronti del rap- porto Russia-Oziente che avrebbe contrassegnato tutte le opere puSkiniane di soggetto orientale. L’ammizazione peri montanari del Caucaso, nobili e postici, contrapposti nella loro naturalità all’artificiosità del russi europei, non ? CR Tartakovskij PNL, Russkgia poeggia è Vostok. 1800-1950. Opyt bi- bliografti, Moskva 1975, p. 10-13. 1° Si veda a questo proposito il capitolo “La formazione “orientale” di Pufkin” nel saggio di L. Magarotto, I/ prigioniero del Caucaso di Putkin in D. Cavaion e L. Magarotto, 1/ mito del Caucaso nella letteratura russa, cit., p. 17-24. 10 Introduzione impedisce, infatti, al poeta di descrivere come ineluttabile la conquista imperiale russa, di cui non tace la violenza: ed io canterò quell’ora gloriosa, quando, presentendo la lotta sanguinosa sul Caucaso irritato, si alzò la nostra aquila bicipite, quando sul grigio Terek per la prima volta rintronò il rombo della battaglia ed il rullo dei tamburi russi, e in mezzo ai combat- timenti con fronte spavalda apparve l’impetuoso Cicianov; te, canterò, 0 eroe, 0 Kotljarevskij, flagello del Caucasol Ovunque tu apparissi come un uragano, al tuo passaggio, come per una nera epidemia, cadevano distrutte intere stirpi [...] Ma ecco, Oriente alza il suo grido! [...] China la tua testa nevosa, piegati © Caucaso: arriva Ermolov!! La necessità storica della conquista russa non è però affermata solo da questo epilogo “imbrattato di sangue”, che gli venne tanto rimproverato da Viazemskij.! Anco- ra più significativo appare il fatto che nel poema è il pur detestabile protagonista russo a prevalere sulla appassio- nata e nobile ciscassa: è quest’ultima a innamorarsi, non ricambiata, del prigioniero, ad apprendemne la lingua, a tradire la sua gente. La superiorità russa sembra così si sultare indipendente dagli stessi valori umani dei prota- gonisti.® Né, d'altra paste, PuSkin si sottrasse all'uso degli stereotipi del “discorso orientalista”, soprattutto ne La fontana di Bachéisargj, inn cui “evidente tributo all’esotismo Pudkin, Opere, Milano 1967, p. 671. Krjag Vjagemskij Turgenevu, in OstaPevskij archiv kujazgj Viagemskich, II, Sankt Peterburg 1899, p. 274-275. 2 Cf. K. Hokanson, Literary Imperialism Narodnost' and Pusbkin's Inven- tion of the Caucasus, in “Russian Review”, 1994, n. 3, p. 348. Aldo Ferrari romantico di maniera sono l’idea della donna orientale ‘creata per l’amore, la contrapposizione tra la truculenta passionalità orientale [..] e la pia mitezza della principes- sina occidentale”! E, del resto, lo stesso Puskin scrisse chiaramente di sentirsi “europeo” nel suo atteggiamento verso l'Oriente: “Lo stile orientale era un modello per me, per quanto può esserlo per noi europei freddi e razionali [..] Un europeo, anche se rapito dallo splendore orientale, deve mantenere l'occhio ed il gusto di un europeo”.!5 Esistono, in effetti, due diverse — e contrapposte — in- terpretazioni dell'approccio di Puékin all’Oriente. Da un lato quella tradizionale russa, secondo la quale egli avrebbe dimostrato anche nei confronti dell'Oriente quella capaci tà di comprensione e immedesimazione che costituisce il suo tratto più significativo, da lui largamente trasmesso alla successiva cultura russa.'" Un riconoscimento presente già in alcuni scritti critici di Belinskij e Gogol, ma che venne definitivamente sanzionato da Dostoevskij nel suo celebre Discorso su Puskin (Ret 0 Puskine) del 1880: “Ci sono stati nella letteratura europea degli Shakespeare, dei Cervantes, % S. Molinari, Putin orientale: La fontana di Bach&isargj, in idem, Lo spirito del testo, a cura di G. Scarcia, Venezia 1993, p. 437. Su questo tema si veda anche l'articolo di K. Hokanson Pusbkint Captive Crimea: Impe- rialism in the Fountain of Bakbchisarai, in M. Greenleaf, S. Moeller-Sally, (eds) Russian Subject. Empire, Nation and the Culture of the Golden Age, Evanston (III) 1998, p. 123-148. 15 A.S. Puskin, PA. Wjageriskomu (A PA. Viagenski),, in idem, Sobra- nie sottnenij, IX, Moskva 1962, p. 148. 16 Per questa visione del rapporto tra PuSkin e l'Oriente si vedano so- prattutto i volumi di N. M. Lobikova, Pustin i Vostok, Moskva 1974 e E. P. Celytev (a cura di), Patkin i mir Vostoka, Moskva 1999. 12 Introduzione strength and poetic prowess of the Orient — putting them in an enviable position of superiority over both East and West®.2* Personalmente, non ritengo necessario aderire all’u- na o all’altra di queste posizioni antinomiche, entrambe fondate su una soluzione selettiva e arbitraria delle apo- rie presenti nelle opere “orientali” di Puskin, che vanno lette ovviamente, oltreché nell’ambito del rapporto Rus- sia-Oriente, sullo sfondo dell’evoluzione personale dello serittore e del più generale sviluppo della letteratura russa. LA STRADA PER ARZRUM All’interno dell’opera di Puskin il Viaggio a Argrum al tempo della campagna del 1829 — scritto nel 1835 sulla base degli appunti del viaggio compiuto nel Caucaso tra il mag- gio e il settembre del 1829° — ha un significato molto par- ticolare.?° In primo luogo da un punto di vista biografico, in quanto descrive un avvenimento importante nella vita % Eadem, Pusbkint Captive Crimea: Imperialion in the Fountain of Bakk- chisaraî, cit., p. 148. ® Questo testo venne pubblicato nel 1836, nel primo volume del “So- ‘vremennik”, la rivista fondata e diretta dal poeta. % Tra gli studi più recenti segnalo quelli di Ju. N Tynjanow, O ‘Puteleesturi vArzrum” in idem, Putin î ego sovremenniki, Moskva 1969, p 192-208; K. Pomorska, Structural peculiarities in “Putesestvie v Argrum”, in A. Kodjak, K. Taranovsky (eds), Aleksander Putkin A Symposium on the 175th An- niversary of His Birth, New York 1976, p. 119-125; N. Ja. Ejdel’man, By? moket ga chrebtom Kavkaza. Russkaja lieratura i obitestvennaja mysl pervoj poloviny XIX v Kavkazskjj kontekst (cap. V, “V Arzrum?), cit; L. Ja. Tar- takovskaja, ‘Putedestvie v Arerum”: chudo$estvennoe issledovanie Vostoka, in E. P. CelySev (@ cura di), Pustin i mir Vostoka, cit., p. 211-229. 15 Aldo Ferrari del poeta, da anni sottoposto a stretto e umiliante control lo da parte delle autorità in seguito al suo quasi-coinvolgi- mento nella rivolta decabrista: Egli desiderava fuggire in un posto qualsiasi per liberarsi da quell’atmosfera soffocante. Parigi e la Cina, il fronte turco © la campagna, ovunque era meglio di Pietroburgo. Dopo che gli erano state rifiutate tutte le domande di espatrio, il 9 maggio 1829 lascia Pietroburgo diretto a Mosca e di qui, senza permesso, parte per il Caucaso con l’intenzione di visitare l’eser- cito stanziato sul confine [...] Il Caucaso, appunto. Il viaggio di Puskin si svolge in gran parte in questa regione, così importante per la sto- ria e la cultura russa. Partiamo dal sottotitolo: a/ #90 def la campagna del 1829. Il 1829 è un momento importante nell’esistenza di Puskin, prima del matrimonio e dell’“au- tunno di Boldino”, ma decisivo per il destino storico del Caucaso. La campagna russa del 1829 rientrava, infatti, nel quadro della guerra con la Turchia, scoppiata l'anno precedente e che si sarebbe conclusa di lì a poco con la pace di Adrianopoli. E questa pace, insieme con quella di Turkmenéaj del 1828, che aveva posto fine all’ultima guerra russo-persiana (1826-1828), determinò il comple- tamento della conquista zarista della Transcaucasia, inizia- ta nel 1801 con l’annessione della Georgia orientale. La prima parte del viaggio di Pu&kin si svolse attraver- so la Russia meridionale, dove, tra l’altro, ebbe un incon- tro di notevole interesse politico e storico-culturale con Ju. M. Lotman, Puitin, te it. Padova 1990, p. 141. 16 Introduzione il generale Ermoloy, sospettato di simpatie decabriste e che, sino al 1826, era stato governatore generale del Cau- caso. Quindi prosegni verso sud, entrando nelle terre dei ciscassi, la maggiore delle popolazioni del Caucaso setten- trionale.? È forte il contrasto tra il bellicoso atteggiamento verso i montanari nell’epilogo del Prigioniero de/ Caucaso e la nota di comprensione storica, oltreché umana, che troviamo all’inizio del Viaggio a Argrum: I circassi ci odiano. Li abbiamo banditi dai loro pascoli scon- finati; i loro villaggi sono stati rasi al suolo, intere tribù massa- crate. Man mano si addentrano sempre più nelle montagne e da lì conducono le loro scorribande. [...] Non vi sarà pressoché alcun modo per domazli, sino a quando non verranno disarmati, come vennero disarmati i tatari di Crimea, il che è straordinaria- mente difficile da realizzare, a causa del retaggio di faide e della vendetta di sangue che dominano fra di loro? Puskin si chiede come l'impero russo possa compor- tarsi con questo popolo orgoglioso e violenta. La solu- zione gli parve infine essere nella diffusione della civiltà europea modena, anche nei suoi aspetti più prosaici, e — soprattutto — nella predicazione del Vangelo: 2 Per un quadro generale della storia circassa si veda il volume di A. Jaimukha, The Circassians A Handbook, New York 2001, mentre per la loro sorte tragica all'interno dell'impero russo rimando al mio articolo I Circassi in Russia: un genocidio sconosciuto?, in A. Ferrari, Il grande paese Saggi sulla storia e la cultura della Russia, Milano 2012, p. 199-208. 2° Infra p. 60. 17 Aldo Ferrari attività artigianali e commerciali disdegnate dai georgiani, ma di essi, in pratica, non parla in questo punto. È invece prodigo di lodi nei confronti dei georgiani: I georgiani sono un popolo bellicoso. Hanno dimostrato il loro valore sotto le nostre bandiere. Le loro doti intellettuali attendono una maggiore istruzione. In genere sono di tempera- mento allegro e socievole. Nei giorni di festa gli uomini bevono e passeggiano per le strade. Ragazzi dagli occhi neri cantano, saltano e fanno capriole; le donne danzano la /egginka. [...]I georgiani bevono, ma non come noi, e sono sorprendentemente forti.® Possiamo dire che il poeta condivise un sentimento di simpatia verso i georgiani, allora ampiamente diffuso trai russi, soprattutto tra gli esponenti della nobiltà, senza che grarono allora a nord, verso il più sicuro regno di Georgia, che si stava avviando alla sua massima fioritura. Alcuni di questi immigrati armeni entrarono a far parte dell’aristocrazia georgiana, altri si dedicarono al commercio e all'artigianato divenendo l'elemento più numeroso e at- tivo delle città del regno. Sui rapporti armeno-georgiani si vedano gli articoli di B. L. Zekiyan (Premisses pour une métbodologie critique dans ls études armeéno-giorgiennes, in “Bazmavep”, CLXIX (1981), p 460-469 e I/ contesto storico della presenza armena a Tiflis, in “Quaderni del Seminario di Iranistica, Uralo-Altaistica e Caucasologia dell’Università degli Studi di Venezia”, n. 22, Georgica I, Roma 1985, p. 63-66) e A. Ferrari (Un regard sur les relations entre les Eglises arménienne et géorgienne, in “Istina”, LIV, 2009, p. 137-153). Il volume di S.S. Mamulov, Arzzjane v Grugii, Mosca 1995, ha carattere divulgativo, ma contiene molte informazioni sul se- colare insediamento degli armeni in Georgia. Utile anche lo studio di Ju. D Anéabadze e N. G. Volikova, Staryi Tbilisi. Gorod î gora&ane v XIX vele, Mosca 1990. ® Infta p. 77-78. 20 Introduzione ciò impedisse peraltro l'adozione di misure repressive nei confronti della dinastia regale decaduta, che fu deportata in Russia, e della stessa Chiesa, presto privata dell’autoce- falia.?° Tale predilezione ha molte spiegazioni. Vicinanza di confessione religiosa, poiché i georgiani sono ortodossi come i russi, laddove gli armeni hanno una propria Chie- sa, definita apostolica.” Vicinanza di struttura sociale, in quanto la Georgia dell’epoca assomigliava assai alla Rus- sia, essendo una nazione rurale in cui l’aristocrazia domi- nava su contadini asserviti, mentre l’elemento urbano era rappresentato soprattutto da armeni. Insomma, i russi che all’epoca si trovavano a vivere nella Transcaucasia — per lo più funzionari e militari, spesso di origine nobile — si trovavano maggiormente a propio agio con gli aristocia- tici georgiani che con i borghesi armeni, le cui attitudini commerciali e imprenditoriali non riscuotevano grande % Il governatore generale del Caucaso che impattì queste disposizioni fu il principe Cicianow, un georgiano russificato. Eta invece armeno quel generale Lazarev, incaricato di eseguire l’ordine di deportazione, che la regina Mariam, moglie dell'ultimo re, Giorgi XII, pugnalò a mor- te. Sulla politica russa nei confronti della Chiesa georgiana si vedano gli articoli di N. K. Gvosdew, The Russian Empire and the Georgian Ortbodox Church în the First Decade of Imperial Ruk, in “Central Asian Survey”, 1995, w 14, n. 3, p. 407-423, 137 e G. Shurgaia (“la Chiesa ortodossa di ieri e di oggi”) in A. Ferrari (a cura di), Popoli e Chiese dell'Oriente Cristiano, Edizioni Lavoro, Roma 2008, p. 249-303, nonché la monografia di S. Merlo, Russia e Georgia. Ortodossia, dinamiche imperiali e identità nazionale (1801-1991), Milano 2010, soprattutto p. 9-70. Cfi A. Ferrari, Collaboration sans interaction. L'Eglise arménienne au sein de l'Empire russe, in D. Savelli (éd.), La Redigion de l'autre. Reactions et inte- actions entre religions dans le monde russe, in “Slavica Occitania”, 29 (2009), p.117-137. 21 Aldo Ferrari entusiasmo. Simbolico di questo rapporto può essere considerato il caso dello scrittore e diplomatico Aleksandr Griboedov (1795-1829), che sposò una principessa geor- giana, cieando un vero e proprio emblema dell'amicizia russo-georgiana;?° un suo matrimonio con una ricca mer- cantessa armena di Tiflis sarebbe stato invece pressoché impensabile. Peraltro, la predilezione russa per i georgiani rispetto agli armeni era in contrasto con il fatto che questi ultimi vedevano il dominio russo assai più volentieri dei primi, ai quali era stata sottratta una pur precaria indipen- denza e che si sarebbero ribellati più volte, sino alla rivolta del 1832, che vide coinvolti i nomi migliori dell’aristocra- zia georgiana.*° Lasciatosi alle spalle Tiflis, Putkin superò il Bezobdal, la “montagna che separa la Georgia dall'antica Armenia”.4! Ecco, vale la pena di soffermarci su questo punto. Benché ormai inserita nell'impero russo, la Georgia è per Puskin un'entità del presente, mentre l'Armenia sembra * Cfr RG. Suny, Russian Rule and Caucasian Societ, 1801-1856: The Georgian Nobility and the Armenian Burgeoisie, in “Nationalities Papers”, VI, 1 (primavera 1979), p. 53-78. Sull’aristocrazia georgiana nell’im- pero russo si veda C. Toumanofi Les maisons princiàres giorgiennes de Empire de Russie, Roma 1983 e A. Ferrari, La nobiltà georgiana e armena nell'Impero russo, in A. Fettati, F. Fiorani, F. Passi, B. Ruperti (a cura di), Semantiche dell'Impero Atti del Convegno della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, 21 Febbraio 2007, 14-15 Maggio 2008, Napoli 2009, p. 377-396. ® Cf. D, Brower, Griboedov': piano, in “Caucasus and Central Asia Newletter”, Issue 7, Spring 2005, p. 3-6. #° Su questa cospirazione si veda l’articolo di S. F. Jones, Russian Imperia! Administration and the georgian Nobility: The georgian Conspiraoy of 1832, in “Slavonic and East European Review”, 1987, w 65, n. 1, p. 53-76. 4 Infia p. 82. 22 Introduzione «Da Teheran» — «Che cosa portate?» — «Griboed»”# Puskin discende quindi verso sud attraverso le regioni dell’Armenia orientale e pernotta a Gyumui, città chiama- ta poi Aleksandropol’, Leninakan in epoca sovietica, osa ritornata all'antica denominazione, AI risveglio vede una montagna innevata, a due cime. «Che montagna è?, domandai stiracchiandomi e udii in risposta: «È l'Ararat» Com'è forte l'azione dei suoni. Guardavo avido la montagna biblica, vedevo l’arca approdata alla sua vetta in una speranza di rinnovamento e di vita, e il corvo e la colomba che ne volavano via, simboli di condanna e pacificazione...‘ Quindi Putkin supera lArpataj, confine tra l'impero russo e quello ottomano prima della guerra. Egli stesso rileva con entusiasmo che per la prima volta si trova in “terra straniera”. Un aspetto molto importante nella bio- grafia di PuSkin: Galoppai verso il fume con un sentimento indefinibile. Mai ancora avevo visto terra straniera. Una frontiera aveva per me qualcosa di misterioso: sin dall’età infantile i viaggi erano stati il mio sogno prediletto. A lungo avevo condotto poi vita da nomade, girovagando ora per il sud, ora per il nord, ma mai # Infra p. 83. 4 Ivi, p.87-88. In realtà da Gyumui è visibile non l'Ararat ma il quasi altrettanto imponente, e foneticamente simile, Aragac. Cf Puiinskie mesta. Putevodite?, v. II, Moskva 1988, p. 267. Occorre peraltro tener presente che il nome armeno dell’Ararat è Masis. Sul monte Ararat/ Masis e il suo significato simbolico, si veda il mio articolo I/ monte Ara- rat, in J. Ries e G. H. Baudry (a cura di), Montagna sacra, Milano 2010, p. 123-133. 25 Aldo Ferrari ancora mi ero svincolato dai confini della smisurata Russia. Entrai lieto nel sospirato fiume e il buon cavallo mi condusse sulla riva turca. Ma quella riva era già stata conquistata: dunque, mi trovavo ancora in Russia. La sua meta era l’antica città armena di Kars, dove contava di raggiungere l’esercito russo. Incontrò tuttavia un ufficiale, dal quale venne a sapere che l’esercito ave- va già lasciato questa città. La notizia sconvolse Puskin: “Non posso descrivere la mia disperazione: il pensiero che sarei dovuto tomare a Tiflis, dopo aver tanto sofferto, invano, nella deserta Armenia, mi aveva completamente annientato”.5! Più che le “sofferenze” di Puskin, dovute presumi- bilmente alle scomodità del viaggio, è qui da sottolineare l'espressione che egli usa per descrivere il paese: “deserta Armenia” (pustyrngia Armenija). Un'espressione che rischia di sfuggire o di non essere pienamente intesa se non alla luce delle dolorose vicende storiche dell'Armenia, in par- ticolare di queste regioni centrali che avevano sofferto se- coli di devastanti invasioni, deportazioni ed emigrazione. In molti luoghi l'Armenia poteva quindi apparire deserta, cosicché l'osservazione di Puskin risulta corretta, anche se non esplicita l'origine di tale desolazione, il suo retroscena di memorie gloriose e, insieme, dolorose. 3° Infra, p. 88. Su Pudkin regegdigj e sui suoi rapporti con l'Oriente si veda l'articolo di D. I Belkin, Puteiestvenniki i issledovateli Vostoka — “qna- Rome davnie poeta” in Rossija - Vostok - Zapad, Moskva, 1998, p. 189-199. 8! Infia, p. 89. 26 Introduzione E lo stesso può dirsi di un altro episodio del Wigggio. Giunto a Kars, il poeta viene ospitato da una famiglia ar- mena. Vedendo che uno dei giovani di casa è interessato alle vicende belliche, Puskin gli chiede di accompagnar- lo nell’accampamento dell'esercito russo: “Dopo una mezz'ora uscii da Kars, e Artemij (così si chiamava il mio armeno) già galoppava accanto a me su di uno stallone turco, con una flessuosa lancia curda in pugno e il pugnale alla cinta, vaneggiando di turchi e battaglie”.®2 Puskin è qui evidentemente ironico nei confronti del giovane membro di una nazionalità che allora non godeva di grande reputazione quanto a coraggio e capacità milita- ri. È sarebbe il caso, se l'occasione fosse più adatta, di fare un lungo exezrss sul singolare destino degli armeni, noti sin dall’antichità come una stirpe guerriera, sorta di lan- zichenecchi o di high/anders del Vicino Oriente, costret- ti dalle vicende storiche a rinunciare progressivamente a questa vocazione guerriera e a divenire famosi — caso sin- golare e raro di miuscita mutazione antropologica — come mercanti e finanzieri in mezzo mondo. Eppure capaci, quando ne avessero l'opportunità — tra l’altro nell’impero ottomano era fatto loro divieto, come a tutti i cristiani, di portare armi — di rivelarsi ancora combattenti notevo- li. Pensiamo, nel XVIII secolo, alla rivolta di Dawit' Bek, che tenne per diversi anni in scacco gli eserciti turchi e Ivi, p.91-92. Così li definisce Peter Brown (La formazione dell'Europa cristiana. Uni sersalismo e diversità, Roma-Bari 1995, p. 205), che continua: “gli Armeni si distinguevano negli eserciti di entrambi gli imperi [bizantino e per- siano, A. F.]. Provenivano da una cultura che mirava a formate eroi. 27 Aldo Ferrari dimenticare l’ora radiosa in cui il principe di Varsavia [Paskevié, A. F] [...] insieme con il nostro immortale Nersés con il vangelo e la croce in mano entrarono nella fortezza per festeg- giare il giorno della liberazione del paese armeno. [...] I soldati cominciarono ad entrare nella fortezza e in mille luoghi, in mille finestre, la gente non era in grado di aprire la bocca, tanto erano soffocati dalle lacrime, ma chiunque avesse un cuore nel petto vedeva bene che quelle mani, quegli occhi irrigiditi, impietriti, fissi al cielo, parlavano senza parole; neppure la distruzione dell'inferno avrebbe avuto per i peccatori un significato pari alla presa della fortezza di Erevan per gli armeni. Dinanzi al pathos, letterario e ideologico, di una pa- gina come questa, che rivela tutto il secolare complesso di aspettative quasi messianiche da parte degli armeni in una liberazione dal dominio islamico,® le parole di Puékin sull’atteggiamento dei bambini armeni di Kars suonano frettolose, ignare... Probabilmente ha poco senso rimpro- veraigli di non aver percepito quanto per gli armeni quel momento storico fosse decisivo, quanto salvifica l'avan- zata dell'esercito russo — si ricordi che, non a caso, oggi esiste una presenza territoriale armena solo dove nello scorso secolo giunse l'impero russo e nel nostro l'Armata Rossa — ma credo sia legittimo segnalare qui un momento di defaillance di quella facoltà di “simpatia universale” (sse- mirnaja otsyutivo#) e di “reincarnarsi in un altra nazionali tà” che, come si è visto prima, gli è tradizionalmente attii- X. Abovyan, Ver&' Hayastani, cit., p. 287-288. Su questo aspetto si veda A. Ferraci, Alla ricerca di un regno. Profezia, nobiltà e monarchia în Armenia tra Settecento e Ottocento, cit., soprattutto p. 61-70, 91-111. 30 Introduzione buito nella cultura russa. Sembra difficile non condividere in questo caso la tesi dello storico statunitense di origine armena RG. Suny, secondo il quale l'atteggiamento di Puskin nei confronti degli armeni è “either indifferent or condescending” 4 Tra l'altro, anche in altri casi in cui Puékin fa riferi mento agli armeni nella sua poesia, il trattamento loro ri- servato non è particolarmente favorevole, Non tanto in quello della poesia giovanile Lo scialle nero (canzone moldata), in cui la donna greca amata dal narratore lo tradisce con un armeno, in quanto nessun giudizio di merito è espres- so su quest'ultimo. Ma sicuramente nel caso del poema incompiuto Tazif, composto tra la fine del 1829 e l’inizio del 1830 e collegato con il viaggio di Puékin ad Arzrum, in particolare con il soggiorno di due settimane, sulla via del ritomno, a Gorjadie Vody, nel Caucaso settentionale, dove si interessò ai costumi dei circassi.® La vicenda è nota: un giovane montanaro caucasico, influenzato dall'e- tica cristiana, rifiuta di applicare la legge patriarcale della vendetta di sangue e viene per questo scacciato dal padre. Il quale, indignato per tale infrazione della tradizione, si rivolge al figlio con queste parole: “Vattene via — tu non sei mio figlio, tu non sei un cereneg, sei una vecchia. Sei un vile, uno schiavo, un armeno”.£ Anche se ammettiamo la precedentemente ricordata 4 RG. Suny, Images of Armenians în Russian Empire, in RG. Hovan- nisian (edi), The Armenian Image in History and Literature, Malibu 1981, p.112. © Cit. Puikin î Kavkag, cit., p. 169. & A. S. Pudkin, Opere, cit., p. 745. 31 Aldo Ferrari interpretazione di Lotman, che vede in quest'episodio un'indicazione della potenzialità incivilitrice e cristianiz- zatrice del Caucaso da parte della Russia, in opposizione alle distruzioni che pure arrecava la sua brutale conquista militare, resta il fatto che il poeta, ancora secondo le parole di Suny “uses the Armenian as a metaphor for trickery, de- ception, and cowardice”.? Non è evidentemente necessario identificare l’opinione sprezzante che degli armeni ha il ceceno-padre con quella personale di Puskin. Ma occorre ricordare che lo stereoti- po negativo dell’armeno vile e affazista era diffuso sia nella mentalità dei bellicosi montanari del Caucaso sia in quella dell’aristocrazia georgiana, le cui valutazioni venivano allora in una certa misura accolte dalla cultura russa. Lo stesso Griboedov aveva nei confronti di questa popolazione un atteggiamento “abbastanza freddo”, come ci dice l’armeni- sta e armenofilo Jurij Veselovskij (1872-1918), spiegando- lo con il fatto che “questo popolo non manifestava allora quell’aspirazione ai lumi ed alla cultura che avrebbe mostra- to due-tre decenni più tardi e che [..] gli interpreti [coni quali Griboedov era venuto a contatto] erano tra i peggiori rappresentanti di questo popolo”. Tutto questo per dire che non sembra necessario ne- a R. G. Suny, Insages of Armenians in Russian Empire, in R. G. Hovan- nisian (ed.), The Armenian Image in History and Literature, cit., p. 117. & A questo riguardo, oltre al già citato R. G. Suny, Images of Armenians in Russian Empire, si veda A. Fertati, L'eroe, il mercante, îl sovversivo: figure dell'Armeno nella cultura russa pre-risoluzionaria, ini Le minoranze come oggetto di satira, a cura di A. Pavan e G. Giraudo, v. I, Padova 2001, p. 180-188. 9 CR. Ju. Veselovskij, Odbrki arzgiansbgj literatury, istorii, kultury, Erewan 1972, p. 339. 32 Introduzione Erano tutte di viso gradevole, ma nessuna era una bellezza; quella che conversava presso la porta con il signor Abramovié era, probabilmente, la sovrana dell’harem, lo scrigno dei cuori, la Rosa dell'amore; o almeno, così m’immaginavo. Finalmente il signor Abramoviè interruppe il suo interro- gatorio. La porta si chiuse. I visi nella finestrella scomparvero. Visitammo giardino e casa e facemmo ritorno molto soddisfatti della nostra ambasciata. E così, avevo visto un harem: rari sono gli europei cui è capi- tato. Eccovi la base per un romanzo orientale. In effetti, solo una forzatura polemica può indurre a parlare di “supercilioussness” e “arrogance”” riguardo a questo testo putkiniano, che descrive un Oziente senza esotismo né misteri, colto in una quotidianità ormai lon- tana dagli stereotipi “orientalisti”. Ma, al tempo stesso, in queste pagine sembrano del tutto assenti il proteismo e l’universalismo sintetico che i critici russi attribuiscono tradizionalmente a PuSkin. Si ha piuttosto l'impressione che l'Oriente, ormai spogliato degli orpelli romantici e “orientalistici”, gli appaia invece sostanzialmente muto, inintelligibile, come le aspirazioni degli armeni locali, op- pure le grida, forse imprecazioni, che il derviscio rivolge al poeta: “Uscendo dalla sua tenda, vidi un giovane, semi- nido, con un berretto di pelo di montone, una pertica in mano e un otte [...] dietro le spalle. Gridava a squarciago- 7 Ivi, p. 120-121. C& L. A. Tartalktovskaja, “Putelestvie v Argrum”. cbudotestvennoe issledovanie Vostoka, cit., p. 226. %6 K. Sahni, Crucifiing 4be Orient. Russian Orientalisna and the Colonisation of Caucasus and Central Asia, cit., p. 51. 35 Aldo Ferrari la. Mi dissero che era [...] un derviscio, venuto a salutare i vincitori. Lo cacciarono a fatica”.” Per il Pugkin del Viaggio a Aryum, quindi, l'Oriente non è più una miniera di suggestioni poetiche, ma un luo- go reale da avvicinare e comprendere, pur con evidente difficoltà, come uno dei “due specchi contrapposti [l’altro è ovviamente l'Occidente] nel riflesso dei quali i russi pos- sono comprendere se stessi”? ? Infia, p. 112. ®© B. Uspenskij, Put e l'Oriente, in S. Bertolissi (a cura di) Putin e l'Oriente, Napoli 2001, p. 19. 36 Cronologia della vita e delle opere di Aleksandr S. Puskin 1799, 26 maggio — Aleksandr nasce a Mosca, in via Moléanovka (oggi via Bauman). È figlio di Sergej L'voviè Puskin, discenden- te da un'antica e nobile famiglia di origine baltica, e di Nade3da Osipowna Gannibal, discendente dall’etiope Hannibal, il “Ne- gro di Pietro il Grande”. 1811, estate — Lo zio, il poeta Vasilij L’vovit Puskin, iscrive Aleksandr al Liceo di Carskoe Selo, da poco fondato e che verrà poco dopo inaugurato alla presenza della famiglia imperiale. 1813 — Puskin compone A Natalia (K Natal’è), prima poesia pervenutaci, ancora conservata presso il Liceo. 1814 — A quest'anno risale Ricordi a Carskoe Selo (Vospominani- ja v Carskom Selo), litica composta dal giovane Puskin e letta alla presenza di Gavrila DerZavin, il decano dei poeti russi, che avrebbe apprezzato il dono lirico del giovane. 1827, estate — Puòkin, dopo aver concluso il Liceo, si trasferisce a Pietroburgo. 1817-1820 — Inizia il periodo pietroburghese di Puskin, che si riflette anche nel primo capitolo dell’Eugenso Onegin. Frequenta poeti, letterati, gente di teatro. Fra i suoi amici, gli ex compagni di liceo, come Del’vig c Kjuchel’beker e intellettuali affermati, come Karamzin, Zukovskij, Batjutkow Turgenev, Caadaev, En- Aleksandr S. Puskin dell'Ariosto 2 Ariostova “Orlando Furioso”); A Vjagemskijj (K Vjazemskomu), A Jagykov (K Jazykovu), Canti su Sten’ka Razin Pesni o Stenfke Razine). 1826-1829 — Putkin vive tra Mosca, Pietroburgo, Michajlovskoe, Malinniki (possedimento della famiglia Vul’£ nel governatorato di Tver). 1827, 31 luglio-10 agosto — Lavora al racconto storico incom- piuto I/ negro di Pietro il grande (Arap Petra Velikogo) e scrive numerose liriche tra cui: L'angelo (Angel), Messaggio a Delvig Po- slanie Del'vigu), 19 ortobre 1827 (19 oktjabrja 1827). 1828, aprile-ottobre — Putkin scrive il poema Poltaza, pubblicato nel 1829. 1828, 4 novembre — Termina il settimo capitolo dell’Onegin. Tra le liriche scritte in quest'anno: Agli ami Diuz'jam), Ricor do (Vospominanie), Dono inutile, dono casuale Dax naprasnyi, dar sludajnyj), I/ poeta e la folla (Poet i tolpa). 1829, maggio-settembre — Compie un viaggio nel Caucaso al seguito dell'esercito e partecipa alla presa di Arzrumi sulla base dei suoi appunti pubblicherà nel 1835 I/ viaggio a Argrum. In quell’anno scrive il Romanzo in lertere, rimasto incompiuto e pub- blicato solo nel 1857. Tra le numerose creazioni: A una calmueca (Kalmyèke), Sui colli di Georgia giace la tenebra notturna (Na chel- mach Gruzii ledit noènaja ma), De Hofz (2 Gafiza), Lo scudo di Olkg (Olegov èéit), I/ Caucaso (Kavkaz), Monastero sul Kaghek Monasty? na Kazbeke), L'assemblea degli insetti (Sobranie na- sekomych); il poema Tagi? sarà pubblicato nel 1837; il “piccolo dramma” Rusa/ka rimarrà incompiuto. 1830, 6 maggio — Puskin si fidanza ufficialmente con Natalja Nikolaevna Gonarova. 40 Cronologia della vita e delle opere 1830, estate-autunno — Il 31 agosto parte per Boldino, pos- sedimento di famiglia, nel governatorato di Nignij Novgorod (oggi Gor'kij). Vi rimane tre mesi; per il poeta è un momento di eccezionale fervore creativo (l'autunno d’oro di Boldino”). Scrive la fiaba in versi Storia del pope e del suo operaio Balda (Skazka 0 pope i o rabotnike ego Balde); termina il Viaggio di Onegin, l'ottavo capitolo dell’Exgenso Onegin (in origine il nono), meno la Lettera di Onegin a Tatiana, ma il 19 ottobre dà alle fiamme quanto aveva scritto del cosiddetto decimo capitolo. Termina i drammi I/cavaliere avaro (Gkupoj Rycar), che sarà pubblicato nel 1836, Mozart e Salieri, che sarà rappresentato il 27 gennaio 1832, Il convitato di pietra (o Don Giovanni) (Kamennyj Gost). Scrive il racconto Storia del villaggio di Gorjuchino (storija sela Goriuchina) e il poemetto Le casetta a Kolorma Domik v Kolomno. 1830, 5 dicembre — Puskin fa ritorno a Mosca. Tra le liriche scritte nel 1830: A/ poeta (Poetu), I demoni Besy), Elegia. La gioia spenta dei folli anni (Elegija. Bezumnych let ugassee vesel’è), Versi scritti di notte durante l'insonnia (Stichi sofinennye noè’ju vo vremja bessonicy). 1831, 18 febbraio — Sposa Natal’ja Nikolaevna Goncarova. 1831, agosto — PuSkin scrive la fiaba in versi Storia dello zar Sal fan (Skazka o care Saltane). A quest'anno risalgono il racconto in prosa Reslavler, lasciato incompiuto e pubblicato nel 1832, e diverse liriche tra cui Ai calunniarori della Russia (Klevetnikam Rossi), Anniversario di Borodino Borodinskaja Godovsina). 1832 — Inizia il romanzo Dubrosskji incompiuto, verrà pubblica to nel 1841. Tra le liriche di quest'anno: A Gredi? (Gnedicu), La Lella (Exasavica), Frammenti (Oteyvki). 1833, gennaio — Inizia il romanzo Le figlia del capitano (Kapi- 41 Aleksandr S. Puskin tanskaja doèka), che terminerà e pubblicherà nel 1836. Inizia il saggio storico Storia di Pugadév (Istorija Pugatéva), pubblicato incompiuto nel 1834. 1833 — Puòkin scrive i poemi Angelo (Andielo) e II cavaliere di bronzo (Mednyj vsadnilà, la fiaba Storia del pescatore e del pesciolino Gkazka o rybalke i rybke), il romanzo Le dama di picche Pikovaja Dama), pubblicato nel 1834, la fiaba La storia della Reginetta morta è dei sette eroi (Skazka o mertvoj caremne i 0 semi bogatwrjach), pubblicata nel 1835. Inizia a lavorare al poema (incompiu- to) Egerskj, pubblicato nel 1836. Fra le liriche composte in quest'anno: Autunno (Osen?), Nel campo aperto c'inargenta (V pole Gistom serebritsja), I campanelli suonano (Kolokol'tiki zvenjat). 1833, 30 dicembre — Per volontà di Nicola I, Puèkin viene nomi- nato “gentiluomo di camera” (Ramzeriunke), una carica di corte che il poeta ritiene umiliante. 1834 — Termina la fiaba in versi Storia del galletto d'oro (Skazka o zolotom petuche), pubblicata nel 1835. Tra le liriche scritte in quest'anno: È tempo amico mio, è fempo! (Pora, moj drug, pora!) e i Canti degli slavi occidentali Pesni zapadnych slavian). Inizia la stesura della Storia di Pietro il Grande, che rimarrà incompiuta. 1835 — Scrive Le notti egizie (Egipetskie nodi), frammento di un romanzo incompiuto, pubblicato nel 1837 postumo. Ini- zia la stesura di Scene dei tempi cavallereschi (Sceny iz rycarskich vremén), dramma rimasto incompiuto. Tra le liriche composte in quest'anno: Da Anaereonte (2 Anakreonta), traduzioni poe- tiche; La nube (Tuta), Nella natia Spagna (Na Ispaniju rodnuju). 1836 — Putkin fonda la rivista letteraria “Il Contempora neo” (Govremennil). Tra le liriche di quest'anno: All'artista (Chudo3niku), Da Pindemonte (tz Pindemonte), Quando, fiori città erro pensieroso (Kogda za gorodom, zadumtiv ja brodu), Nor cor 42 Il viaggio a Arzrum Capitolo primo Capitolo secondo Capitolo terzo Capitolo quarto Capitolo quinto Il viaggio a Arzrum 52 74 93 103 113 47 Aleksandr S. Puskin sulla campagna di Arzrum. Mai mi sarebbe potuto venire in mente che si parlasse di me, se in quello stesso libio non avessi trovato il mio nome tra i nomi dei generali di un Corpo speciale cauca- sico. Parmi les chefs qui la commandaient (l'année du Prince Paskewiteh) on distinguait le Généra! Mouravief ... le Prince Géorgien Tsitsevaze ... le Prince Armenien Beboutof ... le Prince Potemkine, le Ginéral Raiewstay et enfin — Mr Pouchkine... qui avatt quitté la capitale pour chanter les exploits de ses compatriotes? Lo ammetto: queste righe del viaggiatore francese, a dispetto degli epiteti gratificanti, furono per me molto più spiacevoli che non gli attacchi delle riviste russe. Il cercare l'ispirazione mi è sempre sembrata una bizzarzia assurda e sciocca: l'ispirazione non la trovi; è lei stessa a dover trovare il poeta. Andare in guerra allo scopo di cantare eroiche imprese belliche future sarebbe stato per me da una parte troppo presuntuoso, dall’altra troppo ripiove- vole. Io non m'immischio in valutazioni militari. Non è affar mio. Può darsi che l’ardito passaggio attraverso il Sagan-Lu, che il movimento di truppe con cui il conte ? Ivi, p 241; la citazione effettuata da Pulkin differisce lievemente dall'originale. 4 Sottolineato nel testo originale. 50 Il viaggio a Arzrum Paskeviè tagliò fuori il serasti da Osman-Pascià, che la disfatta di due corpi nemici in sole ventiquattr'ore, che la rapida avanzata su Arzrum, il tutto coronato da un com- pleto trionfo, può anche darsi che tutto ciò sia eccezional- mente degno di schemo, agli occhi dei militari (come, ad esempio, il signor console per il commercio, Fontanier, autore del Vigggio in Oriente): ma io proverei vergogna a scrivere satire contro il celebrato Condottiero che amabil- mente mi ospitò all’ombra della sua tenda e che trovò il tempo, nel mezzo delle sue grandi angustie, di rivolgermi un'attenzione lusinghiera. L'uomo che non necessita della protezione dei Grandi ha a cuore la loro affabilità, anche perché altro, da loro, non può pretendere. Un’accusa di ingratitudine non dev'essere lasciata senza replica, come fosse una miserabile critica o un attacco letterario. Ecco perché mi sono deciso a pubblicare questa prefazione e a diffondere i miei appunti di viaggio, così come #ufto quanto! da me scritto sulla campagna del 1829. A. Puskin 3 Ivan Fédorovié Paskeviè (1782-1856), generale, comandante in capo nella guerra contro la Persia (1827-1828); partecipò alla guerra contro i Turchi (1828-1829); nominato maresciallo, successe (1831) a LL Dibit nella repressione dell’'insurrezione polacca scoppiata l’anno prima. Nel 1848 aiutò l’Austria a sottomettere gli Ungheresi, occupò la Transil- vania e impose al generale Gòrgey la capitolazione di Viligos (1849). Partecipò alla guerra di Crimea e fi: sostituito dopo la sconfitta di Si- listria (1854). 4 Comandante in capo dell'esercito ottomano. ? Sottolineato nel testo originale. 51 Aleksandr S. Puskin CAPITOLO PRIMO Le steppe — Una tenda calmucca — Le acque del Caucaso — La Strada Militare georgiana — Vladikavkaz — Funerali osseti — Il Terek — La gola di Darial’® — Traversata di montagne innevate — Primo sguardo sulla Georgia — Gli acquedotti — Chozrev-Mizya — Il governatore di Dust .. Da Mosca mi misi in viaggio in direzione di Kaluga, Belev e Oi, e in tal modo feci duecento verste in più; così, ho visto Ermolov? Vive a Orél, nei cui dintomi si trova la sua proprietà. Arrivai da lui alle 8 del mattino e nono trovai in casa. Il mio cocchiese mi disse che Ermo- lov non frequenta nessuno, eccezion fatta per il proprio padre, un modesto, pio vecchio; che i soli che non riceve sono gli impiegati municipali, ma che per chiunque altro L'ingresso è libero. Trascorsa un'ora, tornai da lui. Ermo- lov mi ricevette con la consueta amabilità. A un primo sguardo, non rinvenni in lui la minima somiglianza coni suoi ritratti, dipinti generalmente di profilo. Volto tondo, ® La grafia di questo toponimo rispetta quella dell'originale (russo mo- derno: Darial). ? Aleksej Petrovié Ermolov (1772-1861), generale dell'esercito russo durante le guerre napoleoniche e simpatizzante dei decabristi. 52 Il viaggio a Arzrum tiquatti’ore, Finalmente scorsi le steppe di Vorone® e mi lanciai liberamente per la pianura verde. A Novoterkassk incontrai il conte PuSkin,! anch'egli in viaggio per Tiflis, e fummo d'accordo nel proseguire il viaggio insieme. Il passaggio dall'Europa all’Asia si fa più percepibile di ora in ora: i boschi spariscono, le colline si appianano, Perba Sinfoltisce e mostra maggior vigore nella vegeta- zions; appaiono uccelli ignoti ai nostri boschi; sui dossi erbosi che segnalano la via principale posano aquile, quasi a montare la guardia, e osservano il viandante; per pascoli fertili di indocili giumente errano fieri armenti.?! I calmucchi si sistemano nei pressi delle baracche delle stazioni di posta. Nei pressi delle loro tende pascolano i loro orsibili cavalli issuti, a voi noti grazie ai magnifici disegni di Ozlovskij. In quei giorni andai a vedere una tenda calmucca (una graticciata di vimini a riquadii, protetta da feltro bianco). Tutta la famiglia si stava riunendo per fare colazione. Al centro bolliva una caldaia e il fumo usciva da un'apertura fatta in cima alla tenda. Una giovane calmucca, piuttosto piacente, cuciva, fumando tabacco. Sedetti accanto a lei. 19 Vladimir Alekseevié Musin-PuSkin (1798-1854), ufficiale russo; fu aiuto comandante della I armata di Fabian Vil’gelmovié Osten-Saken; nel 1826, per i suoi legami con i decabristi, fil arrestato e incarcerato. ®° Versi tratti dal poema Petr Ve44jj v Ostragotke (“Pietro il Grande a OstrogoZ”), di Kondratij Fédorovit Ryleey (1795-1826), condannato a morte per la sua partecipazione alla rivolta dei decabristi. 55 Aleksandr S. Puskin «Come ti chiami? — *** — «Quanti anni hai — «Dieci e otto» — «Cosa stai cucendoò — «Brache» — «Per chi — «Per me» Mi diede la sua pipa e si mise a far colazione. Nella caldaia bolliva del tè con grasso di mon- tone e sale. Mi offrì la sua scodella. Non volevo rifiutarmi e bevetti una sorsata, cercando di non respirare. Non cre- do che un’altra cucina popolare possa concepire qualcosa di più schifoso. Chiesi qualcosa da mangiare. Mi diedero un pezzettino di came secca di giumenta; anche di questo mi compiacqui. La civetteria calmucca mi allarmava; slog- giai alla svelta dalla tenda e mi allontanai dalla Circe della steppa. A Stavropol’ vidi ai confini del cielo le nuvole che ave- vano colpito i miei sguardi esattamente nove anni prima. Erano sempre le stesse, sempre allo stesso posto. Sono le vette innevate della catena del Caucaso. Da Georgievsk capitai a Gorjalie Vody! Qui trovai un forte cambiamento: ai miei tempi i bagni si trovavano in piccole stamberghe tirate su frettolosamente. Le fon- ti, perlopiù nella loro condizione originaria, sprizzavano, gettavano sbuffi di vapore e colavano dalle montagne in direzioni diverse, lasciandosi dietro tracce bianche e ros- sicce. Attingevamo l’acqua bollente con un ramaiolo di corteccia, o col fondo di una bottiglia infranta. Ora sono stati edificati bagni splendidi e case. Un viale alberato di giovani tigli conduce per le pendici del Masuk. Ovunque stradine linde, panchine verdi, aiuole ordinate, ponticel- ?! Stazione termale nei pressi di Pjatigorsk; letteralmente “Acque bol- lenti”. 56 Il viaggio a Arzrum li, pesgole. Le fonti sono rivestite in pietra e intarsiate; alle pareti dei bagni sono affisse le prescrizioni di polizia; ovunque ordine, pulizia, eleganza... Lo ammetto: le terme caucasiche offrono adesso mag- gior conforto; ma rimpiansi la loro iniziale, selvaggia con- dizione; rimpiansi i petrosi sentieri scoscesi, gli arbusti e i burroni non recintati lungo i quali mi accadeva di inerpi- carmi. Lasciai le terme con mestizia e mi rimisi in viaggio per Georgievsk. Presto si fece la notte. Il cielo limpido si coperse di milioni di stelle. Viaggiavo lungo la riva del Podkumok. Qui talvolta sedeva con me A. Raevskij,? in ascolto della melodia delle acque. Il Bestu, grandioso, si andava delineando in lontananza, sempre più nero, cinto dai monti suoi vassalli, e infine scomparve nell’oscurità ... Il giomo dopo ci mettemmo quindi in viaggio e giun- gemmo a Ekaterinograd, un tempo città sede del gover- natorato. Da Ekaterinograd inizia la Strada militare georgiana; la tratta postale si interrompe. Danno a nolo i cavalli fino a Vladikavkaz. Vengono assegnati un convoglio di cosacchi e fanti di scorta e un cannone. La posta parte due volte la settimana e i forestieri si uniscono ad essa; ciò viene chia- mato occasione? Stemmo ad attendere per poco tempo. La posta arrivò il giorno seguente e, alle 9 del mattino del terzo giorno, eravamo pronti per metterci in viaggio. Al Allusione al soggiorno, in questa stessa regione, nel 1820, al segui to della famiglia Raevskij; Aleksandr Raevskij (1795-1868) era fratello di Marija, amore giovanile dell'Autore e andata in sposa al decabrista principe Volkonskij. © L'Autore utilizza il termine okagga. 57 Aleksandr S. Puskin Riuscimmo a distinguere anche il pastore, forse un russo catturato un tempo e invecchiato in schiavità. Ci imbat- temmo ancora in tumuli funerari, in rovine. Due, tre lapidi monumentali erano sul ciglio della strada. Lì, secondo i costumi dei circassi, sono sepolti i loro cavalieri. Unf'isci- zione tatara, la raffigurazione di una sciabola, di un targa}? intagliati sulla pietra, erano stati lasciati a nipoti predoni in ricordo dell’antenato predone. I circassi ci odiano. Li abbiamo banditi dai loro pascoli sconfinati; i loro villaggi sono stati rasi al suolo, intere tri- bù massacrate. Man mano si addentrano sempre più nelle montagne e da lì conducono le loro scorribande. L’amici- zia dei circassi pacificati è infida; sono sempre pronti ad aiutare i loro conterranei turbolenti. Lo spirito della loro cavalleria spietata evidentemente si è infiacchito. Di rado attaccano i cosacchi se sono alla pari come numero, mai la fanteria, e alla vista di un cannone si danno alla fuga. Al contrario, non perdono mai occasione con un drap- pello debole o indifeso. Questa zona è piena di dicerie sulle loro malvagità. Non vi sarà pressoché alcun modo per domali, sino a quando non verranno disarmati, come vennero disarmati i tatari di Crimea, il che è straordinaria- mente difficile da realizzare, a causa del retaggio di faide e della vendetta di sangue che dominano fra di loro. Pugnale e sciabola sono parti del loro corpo e il bambino inizia a padroneggiarli ancor prima di ciangottare. Per loro l'omi- cidio è un semplice gesto. Custodiscono i prigionieri nella Il #ar2ga, © tanga, è un simbolo clanico, tipico delle culture delle step- pe, ma diffiiso anche tra i popoli del Caucaso settentrionale [n.d.C.]. Cic STRJa, sw 60 Il viaggio a Arzrum speranza del riscatto, ma li trattano con disumanità spie- tata, li obbligano a lavorare oltre le loro forze, li nutrono di pasta malcotta, li picchiano quando salta loro in mente e mettono loro di sentinella i propri ragazzini, i quali, per una parola, hanno il dinitto di farli a pezzi con le loro scia- bole da bambini. Poco tempo fu preso un mite circasso, che aveva sparato a un soldato. Egli si giustificava col fatto che il suo fucile era carico da troppo tempo. Che fare con un popolo del genere? Tuttavia, dobbiamo augurarci che la conquista della regione orientale del Mar Nero, ostaco- lando i circassi nel commercio con la Turchia, li induca ad avvicinarsi a noi. L’ascendente del lusso può favorime Passervimento; il samovar potrebbe essere un'importan- te innovazione. Vi è un mezzo più forte, più etico, più consono allo spirito del nostro secolo: la predicazione del Vangelo. I circassi hanno abbracciato la fede maometta- na® molto recentemente. Sono stati irretiti dall’energico fanatismo degli apostoli del Corano, tra i quali si distin- gueva Mansur, uomo straordinario, che a lungo fomen- tò il Caucaso contro l’impero russo e infine, catturato da noi, morì nel monastero Soloveckij.* Il Caucaso attende i missionari cristiani. Ma per la nostra ignavia è più facile infondere lettere morte al posto di parola viva e mandare ® Così nel testo; si intende “musulmana”, o “islamica”. * Riferimento alla leggendaria figura di Mansur Ufurma, da alcuni identificato anche con l'italiano Giambattista Boetti (1743-1798). Tra la vasta bibliografia si segnalano i testi di H. Vahramian (2 cura di), Giovanni Battista Boetti (1743/1794), che sotto il nome di profeta Mansur con- quistà l'Armenia, il Kurdistan, la Georgia e la Circassia e vi regnò sei anni quale sovrano assoluto, Milano 1989 e S. Vitale, L'imbroghio del turbante, Milano 2006 [n.d.C.]. 6l Aleksandr S. Puskin libri muti a gente che non sa né leggere né scrivere. Asrivammo a Viadikavkaz, l'antica Kap-kaj, ingresso alle montagne. È attorniata da villaggi osseti. Ne visitai uno e mi trovai per caso a un funerale. Nei pressi di una sakfja® si accalcava della gente. In cortile vi er un canso, con due buoi al giogo. Parenti e amici del mosto amsivava- no da ogni parte e con un pianto sonoro entravano nella casetta, dandosi colpi alla fronte con i pugni. Le donne erano tranquille. Il cadavere venne portato fhosi sul man- tello di pelo di capra; Like a warrior taking his rest With his martial clak around hin£ lo adagiarono sul carro. Uno degli ospiti prese il fucile del defunto, soffiò via la polvere dall’otturatore e lo pose accanto al corpa I buoi si misero in cammina Gli ospiti si avviarono al seguito. Il corpo doveva essere seppellito tra i monti, a una trentina di verste dal villaggio. Purtroppo, nessuno fu in grado di spiegarmi queste cerimonie. Gli osseti sono la tribù più povera fra i popoli che ri- siedono nel Caucaso; le loro donne sono bellissime e, da quanto si sente, molto bendisposte verso i viaggiato ri. Alle poste della fortezza incontrai la moglie e la figlia di un osseto detenuto. Gli portavano il pasto. Ambedue apparivano tranquille e coraggiose; tuttavia, al mio avvi- ® Tipica abitazione delle zone caucasiche, in genere una piccola ca- panna in argilla. % Versi tratti dalla ballata Str John Moore burial aggiunta al ms. C, forse di mano del poeta Orest Somov (1793-1833). 62 Il viaggio a Arzrum Qui trovai una sudicia copia manoscritta del Prigionie- ro del Caucaso, che, lo confesso, rilessi con grande piacere. Tutto quanto è fiacco, giovanile, abbozzato; ma molto è indovinato ed espresso correttamente. Il mattino seguente, quindi, ripartimmo. Prigionieri tur- chi lavoravano alla strada. Si lagnavano del cibo che da- vano loro. Non riuscivano assolutamente ad abituarsi al pane nero russo. Questo mi rammentò le parole del mio amico S.[eremetev] [P],*? al suo ritomo da Parigi: «Si vive male a Parigi, fratello: niente da mangiare; non si riesce ad avere pane nerob» A sette verste da Lars si trova il posto di guardia di Darial’. La gola porta lo stesso nome. Rocce si ergono da ambole parti, come pareti parallele. Qui è così stretto, così stretto, scrive un viaggiatore, che non soltanto vedi, ma ti sembra di avvertire l’angustia. Uno sbrindello di cielo, come un nastro, azzurreggia sopra la vostra testa. I rivoli, che cadevano dalla vetta del monte in sottili e vaporosi fiotti, mi rammentarono il Ratto di Ganimede, uno strano dipinto di Rembrandt. Per di più, anche la gola è lumeg- giata appieno nel suo stile. In altri punti il Trek erode propio il piede delle rocce e sulla strada, come una diga, si sono andate ammucchiando pietre. Non lontano dal po- sto di guardia, un ponticello è stato gettato audacemente attraverso il fiume. Ci si sta come su di un mulino. Il pon- ticello dondola tutto, mentre il Terek romba come le ruote Così ed. critica utilizzata, che esprime un dubbio sull’identificazio- ne del personaggio citato, il cui nome, come quello di tutti gli altri, ven- ne censurato, PV. Seremetev (1799-1837) fi un diplomatico distaccato preso l'ambasciata russa a Parigi. 65 Aleksandr S. Puskin che muovono le macine. Di fronte a Danal’, su di un'erta roccia, si vedono le rovine di una fortezza. Dice la leggen- da che vi si fosse rifugiata una tal regina Daria, che diede il suo nome alla gola; una favola. Dazial’, nell’antica lingua persiana, significa “porta”. Secondo la testimonianza di Plinio, la porta del Caucaso, detta erroneamente Caspia, si trovava qui. La gola era sprangata da una posta vera e propia, di legno, con rinforzi di ferro. Al di sotto, scrive Plinio, scorre il fiume Diriodoris. Lì venne eretta anche una fortezza per arrestare le scorribande di tiibù feroci; etc. Pensate al viaggio del conte ]. Potocki,* le cui erudite ricerche sono coinvolgenti come romanzi spagnoli. Da Dasial’ ci digemmo verso il Kazbek. Vedemmo la Porta della Trinità (un arco prodotto nella roccia da un'e- splosione di polvere da sparo); sotto di essa una volta si snodava una strada, ma ora vi fluisce il Terek, che muta spesso il proprio corso. Non lontano dal villaggio di Kazbek attraversammo la Besenaja Balka,* un burrone che nella stagione delle gran- di piogge si trasforma in un impetuoso torrente. A quel tempo era completamente asciutto e fragoroso soltanto Jan Nepomucen Potocki (1761-1815), scrittore polacco, studio- so dell'antichità, archeologo, autore, fra l’altro, di Vayage dans les Stepr [Sic] d'Astrakban et du Caucause, edito postumo a Patigi nel 1829, da cui Puskin trasse le sue citazioni di Plinio. “ Il nome significa letteralmente “torrente furioso”; sulla situazione attuale dei luoghi qui citati, si veda S.S. Chernomorets [et al.], Giacier and debris flow disasters around Mt Kagbek, Russia/ Georgia, in Debris-Flow Hagards Mitigation: Mechanics, Prediction and Assessment, a cura di C.-L. Chen, JJ. Major, Millpress, 2007, pp 691-702; la preziosa testimonianza di Puskin relativa al 1829 è citata a p. 698. 66 Il viaggio a Arzrum nel nome. Il villaggio di Kazbek si trova ai piedi del monte Kazbek e appartiene al principe Kazbek. Il principe è un uomo di circa quarantacinque anni, di statura superiore a quella di una guardia del reggimento PreobraZenskij, Lo trovammo nel duchan (si chiamano così le bettole georgiane, che sono molto più misere e sporche di quelle russe). Sull’uscio, per terra, era posato un otre panciuto (di pelle di bue), che dispiegava le sue quattro gambe. Il colosso ne suggeva il dichir®8 e mi fece alcune domande, cui risposi con la consi- derazione dovuta al suo titolo e alla sua statura. Ci conge- dammo da grandi amici. Fanno presto ad affievolirsi, le impressioni. Erano tra- scorse soltanto ventiquattr'ore e il mugghiare del Terek conle sue cascate ortide, le rupi e i precipizi non attirava- no più ormai la mia attenzione. La smania di giungere a Tiflis mi dominava, assoluta. Transitavo accanto al Kazbek conlo stesso distacco di quando una volta avevo navigato accanto al Catyrdag È anche vero che il tempo piovoso e caliginoso mi impediva di vedeme il tetto innevato che, secondo l’espressione del poeta, puntella la volta del cielo. Si attendeva il principe persiano. A una certa distanza dal Kazbek ci vennero incontro alcune carrozze e bloc- carono la strada angusta. Nel mentre che le vetture se ne andavano prendendo diverse direzioni, l'ufficiale del con- voglio ci comunicò che accompagnava il poeta di coste persiano e, assecondando un mio desiderio, mi presentò 4. Tipico vino caucasico. 4 Citazione da Po/usaldat (“Mezzo soldato”, 1826), di Denis Vasil'eviè Davydov (1784-1839). 67 Aleksandr S. Puskin cima del monte. Qui si trova una croce in granito, un vec- chio monumento?! restaurato da Ermolov Qui di solito i viaggiatori scendono dalle vetture e van- no a piedi. Recentemente è transitato un certo console straniero: era così debole, che aveva ordinato che gli fos- sero bendati gli occhi; lo condussero reggendolo sotto le ascelle e, quando gli tolsero la benda, egli cadde in ginoc- chio, ringraziò Iddio, etc., il che sorprese assai le guide. L’istantaneo passaggio dal tertibile Caucaso alla grade- vole Georgia è incantevole. D’improvviso l’aria del Sud comincia a spirare ogni tanto sul viaggiatore. Dall’alto del monte Gut si apre la valle di Kajfaur con le sue rocce abitate, con i suoi giardini, con il suo Aragva luminoso, che si snoda come un nastro d’argento, e tutto ciò in scala ridotta, in fondo a un precipizio di tre verste, per il quale corre una strada pericolosa. Scendemmo a valle. La luna nuova apparve su un cielo chiaro. L’ania della sera era quieta e tiepida. Trascorsi la notte in riva all’Aragva, a casa del signor Ciljaev Il giorno seguente mi congedai dall’amabile proprietario e mi avviai oltre. Qui comincia la Georgia. Valli luminose, bagnate dall’allegro Aragva, subentrarono alle gole cupe e al ter- nibile Terek. Al posto di nude rocce vedevo accanto a me montagne verdi e alberi da frutta. Gli acquedotti dimo- stravano la presenza di civiltà. Uno di essi mi colpì perla perfezione dell'illusione ottica: l’acqua pare scorra per la montagna dal basso verso l'alto. A Pajsamir mi fermai per il cambio dei cavalli. Qui in- contrai un ufficiale russo, che scortava un principe persia 51 Il ms. C reca: monumento di Pietro il Grande. 70 Il viaggio a Arzrum no. Poco dopo udii un suono di campanelli e un'intera fila di Kata)? (muli), legati l'uno all’altro e caricati all’asiatica, si avviò lungo la strada. Io andai a piedi, senza aspettare i cavalli; e a circa mezza versta da Ananur,® alla svolta del- la strada, incontrai Chozrev-Mirza. Le sue vetture erano ferme. Proprio lui gettò uno sguardo fuori dalla sua car- rozza e mi salutò con un cenno del capo. Poche ore dopo il nostro incontro, dei montanari aggredirono il principe. Sentendo il fischio delle palle, Chozrev balzò fuori dalla sua carrozza, montò un cavallo e si allontanò al galoppo. I russi che erano con ui si stupirono della sua baldanza. Il fatto è che il giovane asiatico, non abituato alla carrozza, vedeva in questa più una trappola che una protezione. Giunsi ad Ananur a piedi, senza provare stanchezza. I mie cavalli non arrivavano. Mi dissero che alla città di Duset rimanevano non più di dieci verste e mi avviai di nuovo a piedi. Ma non sapevo che la strada salisse per la montagna. Queste dieci verste ne valevano venti buone. Si fece sera; andavo avanti, salendo sempre più in alto. Era impossibile perdersi; ma qua e là un fango argillo- so, che sorgeva dalle fonti, mi arrivava alle ginocchia. Ero completamente esausto. L’oscuiità aumentava. Sentivo Pululato e il latrato dei cani e mi rallegravo, figurandomi che la città non fosse lontana. Ma mi sbagliavo: latravano i cani dei pastori georgiani e ululavano gli sciacalli, belve comuni in quella zona. Maledicevo la mia insofferenza, Così nel testo; si tratta di una variante del termine regionale caucasi- co kater“figlio di un asino e di una cavalla, mulo”, attestato in russo dal 1567 nella forma 4abr, cft. STRJa, sv. 2 Il testo del “Sovremennil?” reca la variante Akanur. 71 Aleksandr S. Puskin ma non c’era nulla da fare. Infine vidi delle luci e, verso mezzanotte, capitai presso delle case nascoste da alberi. La prima persona che incontrai si mise a disposizione per condurmi dal governatore della città e pretese da me, per questo, un adag La mia apparizione dal governatore della città, un vec- chio ufficiale georgiano, produsse un grande effetto. Io chiedevo anzitutto una camera dove potermi spogliare, in secondo luogo un bicchiere di vino, in terzo luogo l’abag per il mio accompagnatore. Il governatore non sapeva come accogliermi e, con imbarazzo, mi guardava di sop- piatto. lo, vedendo che non si spicciava a esaudire le mie richieste, cominciai a spogliarmi davanti a lui, chiedendo perdono de /a liberté grande®® Fortunatamente trovai in tasca il foglio di viaggio, che provava come io fossi un pacifi- co viaggiatore e non un Rinaldo Rinaldini.® Il benedetto salvacondotto ebbe effetto immediato: la camera mi fu assegnata, il bicchier di vino servito e l’abag venne elar- gito alla mia guida, con una paterna ramanzina per la sua avidità, infamante per l'ospitalità georgiana. Mi gettai sul divano, sperando, dopo la mia impresa, di addormentarmi del sonno di un bogafyr:” no, tutt’altrol Le pulci, molto più pericolose degli sciacalli, mi assaltarono, e non mi diedero Piccola moneta d’argento, anticamente in circolazione nel Caucaso. In francese nel testo. Allusione al personaggio letterario, un bandito, protagonista di un’o- pera dello scrittore tedesco Christian August Vulpius (1762-1827). 5? Il dogabr è l'eroe della poesia epica russa, nelle creazioni popolari i difensori della terra russa che compiono difficili imprese guerresche © ardue fatiche, oppure personaggi dotati di grande forza, bellezza, intelligenza o ricchezza 72 Il viaggio a Arzrum fermai. «Andiamo, andiamo» mi disse il padrone «oggi è martedì: è il giorno delle donne, Non fa niente, non c'è niente di male — «Naturalmente, non c'è niente di male» gli risposi, «al contrario» L’apparite di uomini non fece alcuna impressione, Esse continuarono a ridere e a par- lare fra di loro. Neppure una si sbrigò a coprirsi con la sua dadra, neppure una smise di spogliarsi. Sembrava che fossi entrato come l'uomo invisibile. Molte di loro erano assolutamente magnifiche e avvaloravano la fantasticheria di T. Moore: a loveh Georgian maid, With all the bloom, the freshenti glow Of her own country maiden's lsoks When warm they rise from Teftis' brookes Lalla Rookh* AI contrario, non conosco nulla di più abominevole delle georgiane vecchie: sono delle megere. Il persiano mi fece entrare nei bagni: una fonte bol- lente, ferrugino-solforosa defiuiva in una profonda vasca scavata nella roccia. Da quando sono nato mai ho trovato, né in Russia, né in Turchia, qualcosa di più sontuoso dei bagni di Tiflis. Li descriverò dettagliatamente. Il padrone mi affidò alle cure del tataro-bagnino. Deb- bo confessare che era privo del naso: questo non gli im- pediva di essere un maestro nella sua arte. Gassan (si chia- 8° Lalla Rookb (1817) è una storia “orientale” di Thomas Moore (1779- 1852). Il titolo è tratto dal nome della protagonista, la figlia dell’impe- ratore mogul Aurangzeb (1618-1707). 75 Aleksandr S. Puskin mava così il senza-naso tataro) cominciò col distendermi su di un tiepido piano di pietra; poi iniziò a flettermi le membra, a tendermi le articolazioni, a battermi forte con il pugno; io non percepivo il benché minimo dolore, bensì uno stupefacente rilassamento. (I bagnini asiatici talvolta vanno in deliquio, vi balzano sulle spalle, vi sfiorano lungo i fianchi coni piedi e vi danzano la prigjad&@? sulla schiena, e sempre bené°). Dopo di ciò, mi frizionò lungamente con una manopola di lana e, dopo avermi colpito con forti getti d’acqua tiepida, si mise a lavarmi con una sacca di tela insaponata. Sensazione ineffabile: il sapone bollente vi si riversa addosso come arial N.B.: la manopola di lana e la sacca di tela vanno necessariamente importati nel ba- gno russo: i cultori saranno riconoscenti per una simile Innovazione. Dopo la sacca, Gassan mi lasciò andare nella vasca; e con ciò ebbe termine la cerimonia. A Tiflis speravo di incontrare Raevskij,"! ma, saputo che il suo reggimento si era già messo in marcia, decisi di chie- dere al conte Paskeviè licenza di viaggiare con l'esercito. A Tiflis trascorsi circa due settimane, e feci conoscenza conla società locale. Sankovskij,°? editore del “Bollettino di Tiflis”, mi raccontò molte cose singolari su questa regio- Danza popolare russa, tipica per i saltelli a ginocchia piegate. In italiano nel testo. Nikolaj N. Raevskij il giovane, comandante della brigata di cavalleria sotto il conte Paskeviè, amico di Puskin dai tempi della scuola ® Pavel Stepanovié Sankovskij (1798-1832) fondò nel 1828 il primo giornale russo in Transcaucasia, il “Tiflisskie Vedomost)”, che veniva pubblicato in tre lingue: nuisso, georgiano e persiano. 76 Il viaggio a Arzrum ne, sul principe Cicianov su A.P. Ermolov, etc. Sankovskij ama la Georgia e ne predice un futuro promettente. La Georgia si affidò alla protezione della Russia nel 1783, il che non impedì al celebre Aga-Mochamed®* di espugnare e mettere a sacco Tiflis, e di farne prigionie- ri e deportame 20.000 abitanti (1795). La Georgia passò sotto lo scettro dell’imperatore Alessandro nel 1802. I georgiani sono un popolo bellicoso. Hanno dimostrato il loro valore sotto le nostre bandiere. Le loro doti intellet- tuali attendono una maggiore istruzione. In genere sono di temperamento allegro e socievole. Nei giorni di festa gli uomini bevono e passeggiano per le strade. Ragazzi dagli occhi neri cantano, saltano e fanno capriole; le donne danzano la Jegginka.® Il suono delle canzoni georgiane è piacevole. Me ne hanno tradotto una, parola per parola; sembra sia stata composta in tempi recenti; in essa è una sorta di insensatez- za orientale, che ha una sua dignità poetica. Eccola a voi: Anima, di fresco nata in paradiso! Anima creata per mia felicità! da te, immortale, attendo la vita. Da te, Primavera fiorente, da te, Luna piena, da te, mio Angelo © Pavel Dmmitrievié Cicianov (1754-1806), principe russo di origine ge- orgiana, generale di fanteria. & Afa-Muhammad Khan Qajar (1742-1797), scià di Persia dal 1794. & In realtà nel 1801. $ Danza caucasica caratterizzata dal ritmo veloce. 9° Si tratta della rielaborazione della romanza Werenngj pemi, del poeta georgiano Dmitrij Tumanitvili @ 1821). © Nel testo: diunede/naja, letteralmente: “di due settimane”; il termine è un Agpax nell'opera di Putkin. cft. SJaP, sw. 77 Aleksandr S. Puskin obbedendo al dovere, vivono in Georgia perché così viene loro ordinato. I giovani consiglieri titolari? vengono quag- giù per il grado di assessore di collegio, così tanto brama- to. Questi e quelli considerano la Georgia come l'esilio. Il clima di Tiflis si dice sia insalubre. Le febbri calde di questa zona sono terribili; le curano con il mercurio, il cui utilizzo è inoffensivo, a causa della calura. I medici ne nutrono i loro ammalati, senza alcuno scrupolo. Si dice che il generale Sipjagin”* sia morto perché il suo medico personale, giunto con lui da Pietrobwigo, atterrito dal pro- cedimento suggetito dai dottori di qui, non somministrò il mercurio all’ammalato. Le febbri locali sono simili a quelle della Crimea e della Moldavia e vengono curate nella stes- sa maniera. Gli abitanti bevono l’acqua del Kura, torbida ma gra- devole. In tutte le fonti e i pozzi l’acqua sa fortemente di zolfo. D'altronde il vino qui è d’uso talmente corrente, che l'imperfezione dell’acqua passerebbe inavvertita. A Tiflis fui sorpreso dal basso valore del denaro. Per aver attraversato due strade con una vettura, liberandola dopo mezz'ora, dovetti pagare due rubli d’argento. Sulle prime pensai che il postiglione volesse approfittarsi dell’i- © Secondo la tabella dei ranghi delle carriere di funzionari e militari, introdotta da Pietro il Grande e rimasta in vigore fino alla Rivoluzio- ne, il grado di consigliere titolare della carriera civile corrispondeva a quello di tenente (capitano di cavalleria) dell'esercito e di luogotenente di flotta in marina; era il nono su quattordici; quello di assessore di col- legio era l'ottavo; il primo era il massimo (cancelliere — generalissimo feldmaresciallo — generale-ammitaglio). * Nikolaj Martenjanovi& Sipjagin (1785-1828), governatore militare di Tiflis. 80 Il viaggio a Arzrum gnoranza del nuovo arrivato; ma mi dissero che il prezzo era proprio quello. Tutto il resto è costoso in proporzione. Ci recammo alla colonia tedesca, e qui pranzammo. Be- vemmo una birra fatta lì, di un gusto molto sgradevole, e pagammo molto caro per un pranzo molto mediocre. An- che nella mia trattoria mi davano da mangiare a caro prez- zo e male. Il generale Strekalov,'? celebre gastronomo, una volta mi invitò a pranzo; sfortunatamente, da lui le vivande venivano servite a ciascuno in base al grado e a tavola sede- vano ufficiali inglesi con le spalline da generale I domestici mi servirono con tale solerzia, che mi alzai da tavola affa- mato. Che il diavolo si porti il gastronomo di Tiftis! Attendevo con impazienza le decisioni sulla mia sorte. Finalmente ricevetti un biglietto da Raevskij. Mi scriveva di affrettarmi per Kars, perché nel giro di qualche giorno armata si sarebbe dovuta muovere in avanzata. Partii il giorno seguente. Viaggiavo a cavallo, sostituendo gli animali ai posti di guardia cosacchi. Attorno a me la terra era arsa dalla cani- cola. I villaggi georgiani da lontano mi sembravano splen- didi giardini, ma, avvicinandomici, vedevo solo qualche povera sakfa all'ombra di pioppi impolverati. Il sole era tramontato, tuttavia l’aria era ancora soffocante: Notti cocenti! Stelle inconsuete! La luna riluceva; tutto era calmo; soltanto lo scalpitio 7 Stepan Stepanoviè Strekalov (1781-1856), aiutante di campo dell’im- peratore e poi governatore militare di Tiflis dal 1828 al 1831. gl Aleksandr S. Puskin del mio cavallo si diffondeva nel silenzio nottumo. Viag- giai lungamente senza imbattermi in tracce di abitato. In- fine vidi una ska solitaria. Mi misi a bussare alla porta. Uscì il padrone. Chiesi dell’acqua, dapprima in russo, poi in tataro. Non mi capì. Negligenza stupefacente! A trenta verste da Tiflis e sulla via per Persia e Turchia, non sapeva una parola né di russo, né di tataro. Dopo aver pemottato al posto di guardia cosacco, all’al- ba mi rimisi in viaggio. La strada si snodava per montagne e boschi. Incontrai dei viaggiatori tatari; tra di loro erano alcune donne. Sedevano sui cavalli, avviluppate nella loro dadra, di loro erano visibili soltanto gli occhi e i calcagni. Cominciai a salire sul Bezobdal, la montagna che separa la Georgia dall'antica Armenia. Un'ampia strada, ombreg- giata da alberi, si snoda attorno alla montagna. Sulla vetta del Bezobdal passai attraverso una piccola gola chiamata, credo, Porta dei Lupi, e mi venni a trovare sul confine naturale della Georgia. Mi apparvero delle nuove monta- gne, un nuovo orizzonte; sopra di me si stendevano campi fertili, verdi. Gettai ancora una volta uno sguardo sulla Georgia riarsa e cominciai a scendere per il declivio soave della montagna verso le fresche pianure d'Armenia. Con piacere indescrivibile notai che la calura d'improvviso si era attenuata: il clima era già un altro. Il mio servitore era rimasto indietro con i cavalli da ca- rico. Andavo da solo per un deserto fiorente, attomiato dai monti in lontananza. Distratto, oltrepassai il posto di guardia dove avrei dovuto sostituire i cavalli. Trascorsero più di sei ore, e cominciai a stupirmi del prolungarsi della tappa. Vidi da una parte dei mucchi di pietre, simili a delle 82 Il viaggio a Arzrum della Fama è probabile derivi dall’amor proprio: nella re- alizzazione della Fama entra infatti anche la nostra voce. La vita di Griboedov fu ottenebrata da alcune nubi; conseguenze di brucianti passioni e di circostanze inco- ercibili. Sentì l'esigenza di fare i conti una volta per sem- pre con la propria giovinezza e di dare una brusca svolta alla propia vita. Diede addio per sempre a Pietrobuigo e all’oziosa negligenza; partì per la Georgia, dove trascorse otto anni in occupazioni appastate, indefesse. Il suo ritomo a Mosca, nel 1824, fu una svolta nel suo destino e l’inizio di successi ininterrotti. Il manoscritto della sua commedia Che disgrazia, l'ingegno! produsse un effetto indescrivibile e lo collocò d'un tratto tra le fila dei nostri migliori poeti. Di lì a poco, la sua perfetta conoscenza di quella regione, dove era iniziata la guerra, gli schiudeva innanzi un muovo campo di azione: fu nominato ambasciatore. Giunto in Georgia, spo- sò colei che amava... Non conosco nulla di maggiormente invidiabile degli ultimi anni della sua burrascosa esistenza. La stessa morte, che lo colse nel mezzo di un valoroso, im- pari combattimento, non ebbe per Griboedov alcunché di termbile, di penoso. Essa fu istantanea e bellissima. Peccato che Griboedov non abbia lasciato le sue me- moriel Scriverne la biografia sarebbe stato affare dei suoi amici; ma le persone ragguardevoli da noi scompaiono senza lasciar traccia. Siamo piggi, noi, e disinteressati ... A Gergery incontrati Butuilin," che come me stava Polevoj, fi uno dei primi periodici russi aperti alla cultura occidentale e in particolare al romanticismo; venne soppresso nel 1834. ® NA. Butuzlin (1801-1867), aiutante del ministro della guerra, il con- J te CemySev [n.d. 85 Aleksandr S. Puskin raggiungendo l’esercito. Butuzlin viaggiava con tutti gli sfizi possibili. Da lui, pranzai come a Pietroburgo. Sta- bilimmo di viaggiare insieme; ma il demone dell’insoffe- renza si impadroni nuovamente di me. Il mio servitore mi domandò il permesso di riposare. Mi rimisi in viaggio da solo, persino senza guida. La strada era sempre quella assolutamente sicura. Attraversata una montagna e giunto in una valle om- bieggiata da alberi, vidi una sorgente d'acqua minerale, che scorreva trasversalmente alla strada. Qui incontrai un prete armeno, che, venendo da Erivan, andava ad Achaleyk. «Che c’è di nuovo a Erivanò» gli domandai. «A Ezivan c'è la peste» rispose lui; «e che si dice di Achalcykd» — «Ad Achalcjk c’è la peste» gli risposi io. Dopo esserci scambiati queste simpatiche novità, ci congedammo Passavo a cavallo tra campi fertili e prati in fiore. La messe ondeggiava in attesa della falce. Stavo in ammira- zione della bellissima terra la cui fecondità in Oriente è divenuta proverbiale. Verso sera giunsi a Pemik. Qui c’e- ra un posto di guardia cosacca. Un sottufficiale mi pre annunciò una burrasca e mi consigliò di fermarmi per la notte, ma io volevo ad ogni costo raggiungere Gumry in giornata. Mi attendeva il valico di montagne poco elevate, fron- tiera naturale del pascialato” di Kars. Il cielo era coper- to di nubi; speravo che il vento, che si ingagliardiva osa dopo ora, le avrebbe disperse, Ma la pioggia cominciò a gocciolare, facendosi sempre più forte e fitta. Da Pemnik ®° Nell'impero ottomano, la zona controllata dal pascià. Nel testo: palable 86 Il viaggio a Arzrum a Gumiy si calcolano 27 verste. Serrai le cinghie del mio burka, infilai il cappuccio sopra il berretto e mi affichi alla Provvidenza. Trascorsero più di due ore. La pioggia non cessava. L'acqua colava a fiotti giù dal mio Sura appesantito e dal cappuccio intriso di pioggia. Infine un rivolo gelido cominciò a infiltrarmisi dalla cravatta e piesto la pioggia mi inzuppò tutto sin nelle ossa. La notte era buia; un co- sacco andava innanzi, indicando la strada. Prendemmo a innalzarci per la montagna, nel frattempo la pioggia era cessata e le nubi si erano dissipate. Mancavano solo una decina di verste a Gumry Il vento, soffiando in libertà, era così forte che in un quarto d'ora mi asciugò del tutto. Non credevo sarei scampato a un febbrone. Infine, verso la mezzanotte, raggiunsi Gumry. Un cosacco mi condus- se direttamente al posto di guardia. Ci fermammo pies- so una tenda, nella quale entrai di corsa. Vi trovai dodici cosacchi che dormivano l'uno accanto all’altro. Mi fecero posto: io mi gettai sul mio burga, ormai esanime per la stanchezza. Quel giorno avevo percorso 75 verste. Caddi nel sonno come morto. I cosacchi mi svegliarono all'alba. Il mio primo pensie- 10 fu: non aviò mica la febbre? Ma sentivo di essere in for- ze, di star bene, grazie a Dio; non v'era traccia non solo di malattia, ma neppure di stanchezza. Uscii dalla tenda nella fresca aria mattutina. Sorgeva il sole. Sul cielo luminoso sfavillava una montagna innevata, a due cime. «Che mon- tagna è?», domandai stiracchiandomi e udii in risposta: «È l'Ararat»®® Com'è foste lazione dei suoni. Guardavo avi- ® In realtà da Gumey è visibile il monte Aragac. 87 Aleksandr S. Puskin mio turco me la indicava, ripetendo: Kars Kard e spingeva al galoppo il suo cavallo; io lo seguivo, tormentandomi nell’inquietudine: il mio destino si sarebbe dovuto deci- dere a Kars. Qui avrei saputo dove si trovava il nostro accampamento e se ci sarebbe stata per me ancora la pos- sibilità di raggiungere l’esercito. Nel frattempo il cielo si era ricoperto di nubi e cadeva di muovo la pioggia; ma io di questo non mi curavo più. Entrammo a Kars. Nell’avvicinarmi alla porta delle mura, sentii il tamburo russo: suonavano la sveglia. La sentinella mi prese il foglio di viaggio e si recò dal coman- dante. Rimasi in piedi sotto la pioggia per quasi mezz’ora. Finalmente mi fecero passare. Ordinai alla guida di con- durmi direttamente ai bagni. Andavamo per strade strette e ripide; i cavalli sdrucciolavano sul lastricato turco di cat- tiva qualità. Ci fermammo presso una casa dall’apparenza abbastanza misera. Erano i bagni. Il turco scese da caval- lo e si mise a battere alla porta. Nessuno rispondeva. La pioggia mi cadeva addosso a catinelle. Finalmente da una casa vicina uscì un giovane armeno e, dopo aver scam- biato qualche parola con il mio turco, mi chiamò pres- so di sé, esprimendosi in un russo abbastanza pulito. Mi condusse, per una stretta scala, al secondo piano della sua casa. In una camera, arredata con divani bassi e tappeti antichi, sedeva una vecchia, sua madre. Ella mi si avvi- cinò e mi baciò la mano. Il figlio le ordinò di accendere il fuoco e di prepararmi la cena. Io mi spogliai e sedetti davanti al fuoco. Entrò il fratello minore del padrone, un ragazzo sui diciassette anni. Ambedue i fratelli erano stati a Tiflis, dove avevano vissuto qualche mese. Mi dissero che le nostre truppe erano partite il giorno prima e che 90 Il viaggio a Arzrum il nostro accampamento si trovava a 25 verste da Kars. Mi tranquillizzai del tutto. La vecchia mi preparò subito della carne di montone con cipolla, che mi parve il vertice dell’arte culinaria. Tutti insieme ci coricammo nella stessa 10 mi distesi davanti al camino, che si stanza per dormire; stava spengendo, e mi addormentai nella dolce speranza di vedere, l'indomani, l'accampamento del conte Paskevié. La mattina andai a visitare la città. Il più giovane dei miei ospiti si era offerto di essere il mio cicerone. Visitan- do le fortificazioni e la roccaforte costruita su di una roc- cia inaccessibile, non capivo in che modo avessimo potuto impadronirci di Kars. Il mio armeno mi spiegava come poteva le azioni militari di cui era stato egli stesso testimo- ne. Notando in lui interesse per la guerra, gli proposi di venire con me nell’esercito. Acconsentì immediatamente. Lo mandai a cercare dei cavalli. Si presentò con un uffi- ciale, che esigeva da me una richiesta scritta. A giudicare chi tratti asiatici del suo volto, non ritenni fosse necessario rovistare fra le mie carte, e tirai fuori dalla tasca il primo foglietto che mi capitò. L'ufficiale, dopo averlo esaminato con autorevolezza, ordinò immediatamente di condurre a Sua Grazia i cavalli, secondo richiesta, e mi restituì il mio documento; era un'epistola a una calmucca, che ave- vo abborracciato in una delle stazioni cosacche. Dopo una mezz'ora uscii da Kars, e Artemij (così si chiamava il mio armeno) già galoppava accanto a me su di uno stallone turco, con una flessuosa lancia curda® in pugno e il pu- gnale alla cinta, vaneggiando di turchi e battaglie. ® Nel testo: kurtinsk$i cft. SJaP, su; il termine è un hapax nell'opera di Puskin. 91 Aleksandr S. Puskin Andavo per una terra ovunque coltivata a grano; intor- no erano visibili dei villaggi, ma erano deserti; gli abitanti erano fuggiti. La strada era splendida e lastricata nei tratti melmosi; attraverso i ruscelli erano stati costruiti dei ponti in pietra. Îl terreno si elevava visibilmente; cominciavano ad apparire le prime vette della catena del Sagan-Lu, l'antico Tauro. Trascorsero circa due ore; m'innalzai su di un'ele- vazione dolcemente pendente e all'improvviso vidi il no- stro accampamento, dislocato lungo la sponda del Kars-daj; qualche minuto dopo ero già nella tenda di Raevskij. 92 Il viaggio a Arzrum del proprio vantaggio. Attraversammo felicemente l’infida gola e ci fermammo sulle alture del Sagan-Lu, a dieci ver- ste dall’accampamento nemico La natura attorno a noi era cupa. L’aria era fredda, i monti coperti di pini tristi. I burroni erano coperti di neve. « nec Armentis in oris, amice Valgi stat glacies iners mensis per omnes Avevamo fatto appena a tempo a riposare e a fini- re di pranzare, che udimmo dei colpi di fucile. Raevskij mandò qualcuno a chiedere notizie. Gli riferirono che i turchi avevano intrapreso un conflitto a fuoco contro i nostri picchetti avanzati. Io andai con Semidev®® a osser- vare un quadro per me nuovo. Incontrammo un cosacco ferito: sedeva vacillando sulla sella, pallido e insanguina- to. Due cosacchi lo sostenevano. «Sono molti, i turchi?» domandò Semitey «Arrivano a frotte, quei porci, Vostra Grazia» rispose uno di loro. Traversata una gola, all’im- provviso vedemmo sul declivio di un monte dirimpetto circa 200 cosacchi, disposti in ordine sparso e, sopra di loro, circa 500 turchi. Î cosacchi si ritiravano lentamen- te; i turchi avanzavano con grande audacia, miravano a 20 passi di distanza e, dopo aver sparato, arretravano al galoppo. I loro alti turbanti, i bei do/zan,® le fulgide bar- ® Orazio, Carmina, Il, Carme IX ® Nikolaj Nikolaevié Semidev (1792 ca-1830), decabrista. ®°_ Voce di origine turca: “mantello con cappuccio, cappa”; cfi. STRJa, sw doloman, doliman. 95 Aleksandr S. Puskin dature dei cavalli costituivano un contrasto marcato con le divise azzurre e i semplici finimenti dei cosacchi. Quindi- ci dei nostri erano già rimasti feriti. Il tenente colonnello Barsov mandò a chiedere rinforzi. In quel mentre egli stesso fil ferito a una gamba. I cosacchi erano smarriti. Ma Barsov montò di muovo a cavallo e rimase presso il proprio reparto. I rinforzi arrivarono in tempo. I turchi, appena se ne accorsero, sparitono immediatamente, la- sciando sulla montagna il cadavere nudo di un cosacco, decapitato e mutilato. I turchi inviano le teste mozzate a Costantinopoli e lasciano l'impronta delle mani, inzup- pate nel sangue, sulle loro bandiere. Gli spari cessarono. Le aquile, compagne di viaggio degli eserciti, si levarono in volo sulla montagna, cercandosi dall'alto la preda. In quel momento apparve un gruppo di generali e ufficiali: era arrivato il conte Paskeviè e si stava dirigendo verso la montagna dietro la quale erano spasiti i turchi. Questi erano appoggiati da 4000 cavalieri, nascosti in una pic- cola valle e nei burroni. Dall'alto della montagna ci ap- parve l'accampamento turco, separato da noi da burroni e alture. Fummo di ritorno tardi. Attraversando il nostro accampamento vidi i nostri feriti, cinque dei quali mori- rono quella notte stessa e il giorno appresso. La sera an- dai a trovare il giovane Osten-Saken, rimasto ferito quel giorno stesso in un altro combattimento. La vita nell’accampamento mi piaceva molto. Il can- none ci destava all’alba. Il sonno in tenda è sorprenden- temente salutare. A pranzo, sopra lo $as#£? asiatico, be- vevamo birra inglese e champagne, ghiacciato tra le nevi ®° Pietanza di carne di montone arrostita; cfi. STRJa, sw. 96 Il viaggio a Arzrum del Tauro. Il nostro ambiente era multiforme. Nella ten- da del conte Raevskij si riunivano i deX"! dei reggimenti musulmani; e la conversazione si svolgeva per mezzo di un interprete. Nel nostro esercito si trovava anche gente delle nostre regioni transcaucasiche e abitanti di terre da poco conquistate. Tra di loro guardavo con curiosità gli jazidi, considerati in Oriente adoratori del diavolo. Vi- vono ai piedi dell’Ararat, in circa trecento famiglie. Essi hanno riconosciuto il dominio del sovrano russo. Il loro capo, un uomo alto, mostruoso, in mantello rosso e ber- retto nero, veniva talvolta a riverire il generale Raevskij, capo di tutta la cavalleria. Io cercavo di conoscere dallo jazidi la verità sulla loro religione. Alle mie domande egli rispondeva che è una favola vuota la diceria secondo cui gli jazidi adorano Satana; che essi credono in un solo Dio; che, secondo la loro legge, maledire il diavolo, in verità, è considerato sconveniente e abietto, poiché egli ora è sventurato, ma col tempo può essere perdonato, poiché non si possono porre limiti alla misericordia di Allah. Questa spiegazione mi tranquillizzò. Ero conten- tissimo del fatto che gli jazidi non adorassero Satana; e i loro errozi mi parvero assai più perdonabili. Il mio servitore apparve all’accampamento tre giorni dopo di me. Era arrivato con un convoglio pesante di rifornimenti” che, fortunatamente, in vista del nemico %! Titolo nobiliare nell'impero ottomano; turco bel “signore”, anche bej; cft. STRJa, sv. Nel testo: sugenburg (tedesco Wagenburd, voce attestata in russo dal 1755; il termine è un hapax nell'opera di Pudkin. Il IWagenburg era un si- stema difensivo, di epoca medievale, formato da carri disposti in forma 97
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