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Pedagogia dell'infanzia e delle relazioni famigliari, Sintesi del corso di Pedagogia

Itinerari di pedagogia dell’infanzia- ANNA BONDIOLI PRIMO LIBRO Suggestioni pedagogiche a partire dai classici della pedagogia dell’infanzia PEDAGOGIA DELLA FAMIGLIA – SECONDO LIBRO

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 15/06/2021

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Scarica Pedagogia dell'infanzia e delle relazioni famigliari e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! 1 Itinerari di pedagogia dell’infanzia PRIMO CAPITOLO – ANNA BONDIOLI Suggestioni pedagogiche a partire dai classici della pedagogia dell’infanzia La Bondioli inizia parlando del contributo della psicoanalisi, che ha dato a gli studi sull’infanzia, facendo riferimento a Freud. Freud è stato uno di quei studiosi che ha contribuito alla rivoluzione, ponendo attenzione su questa fascia d’età, scoperta nel corso del 900’. 3 sono state le RIVOLUZIONI CULTURALI – RIVOLUZIONI SCIENTIFICHE 1) Quella di Charles Darwin il quale con la sua teoria sull’evoluzionismo, sottolineò il legame che c’è tra individuo – ambiente; di come il processo evolutivo sia un processo legato all’adattamento dell’essere umano, all’ambiente. 2) Seconda rivoluzione è stata quella di Charles Taylor (Teilor) (antropologo) ad affermare che tutti i popoli sono uguali, senza differenze se non il luogo in cui vi è presente il popolo. 3) La terza rivoluzione è stata avviata da Freud, colui che scoprì una dimensione dell’inconscio, il quale spiega l’emotività, la nostra capacità di elaborare certe emozioni e di reagire ad esse. Lo fa a partire dallo studio delle storie degli adulti, ritornando al passando e scoprendo che la costruzione della personalità è dipesa da alcuni avvenimenti accaduti nel corso dell’infanzia. Studiando l’infanzia si possono capire i comportamenti dell’età adulta, e dunque diventa un elemento importante. Freud in qualche modo trova il “bambino” nel paziente adulto e ricostruisce per questa via le caratteristiche dell’età infantile. L’infanzia segna per tutta la vita l’individuo. Si parla d’impulso epistemofilico cioè il bambino presenta un precoce desiderio di conoscere. Questo desiderio di conoscere è vissuto con sentimenti contrastanti e contradditori, legato anche alla fantasia, dunque una conoscenza che fa riferimento anche all’immaginazione. Freud ritrova in alcuni bambini questo impulso epistemofilico, ossia questo desiderio di conoscere. Ci sarà un filone riguardante la psicoanalisi infantile. La psicoanalisi infantile fa riferimento alle esperienze vissute dal bambino e dalla bambina. Oltre a Freud ci sarà anche Melanie Klein. Lei si sofferma sulle relazioni oggettuali, sull’importanza della relazione, mettendo in primo piano alla dimensione relazionale dello sviluppo; e quindi come lo sviluppo della bambina e del bambino dipenda dalla relazione che stabilisce sin dai primi giorni di vita con alcune figure, ad esempio genitori: la mamma. Un’altra figura importante è Donald Winnicott: Winnicott riprendendo l’importanza della relazione che c’è tra un bambino e adulto e tra bambino e madre: l’autrice sottolinea il ruolo del caregiver cioè di colui che si prenda cura in maniera continuativa (i bisogni, le abitudini e sa come intervenire). Questa figura è indispensabile perché il bambino nasce come un individuo che ha dei limiti, avendo bisogno di qualcuno per poter sopravvivere. Winnicott sottolinea il ruolo che ha il caregiver nel soddisfare i bisogni legati alla cura e alla relazione. Ritiene importante perché il bambino ha bisogno di un’altra forma di cura, ossia legata alla relazione, stabilita con l’adulto, ossia la madre, la prima persona che aiuta il bambino. E’ un atteggiamento spontaneo quello della madre di riuscire a mettersi in sintonia col proprio figlio o 2 figlia, riuscendo a capire i suoi bisogni. Winnicott chiama questo intervento: preoccupazione materna primaria, che si sviluppa in alcune FUNZIONI: Funzione di holding (olding) ossia un tenere in braccio psichico, facendo sì che madre e bambino si sentano un’unità. Funzione Ledling - leadling che è la manipolazione, l’insieme delle azioni in cui si sostanza l’azione di cura: cure fisiche, i baci, il contatto con il caregiver. Infine abbiamo Obget Presenting (OBGJET) che è la presentazione dell’oggetto; denota il modo con cui la madre presenta se stessa o il mondo; tutto questo avviene in maniera graduale. L’accudimento è dato dal fatto che il bambino o la bambina sente o ha l’illusione di essere autonomo, di poter fare delle cose e la madre interviene soltanto nel momento in cui è necessario. L’esplicitazione di queste funzioni che permettono il passaggio, secondo Winnicott da una condizione di dipendenza ad una di indipendenza e dunque permette la crescita e l’autonomia psichica del bambino. Si tratta quindi di un processo graduale, sviluppandosi in due tappe: 1) Nel primo momento, è il periodo iniziale, dove la madre illude il bambino di aver egli stesso creato ciò di cui aveva bisogno; lo lascia in autonomia e interviene solo nel caso in cui c’è la necessità. Il bambino percepisce di essere capace di fare delle cose, avendo la situazione di vivere e di essere autonomo. 2) Il secondo periodo, invece, si caratterizza per la riduzione progressiva del sostegno che viene dato dalla madre, ossia dell’accudimento. Questo è il momento della separazione. L’esperienza della separazione e dell’insoddisfazione sta alla base dell’esperienza della realtà. Winnicott parla inoltre delle funzioni materne ossia il contenimento, la manipolazione la presentazione dell’oggetto, tutte funzioni che devono saper svolgere anche le educatrici e le insegnanti. In questi gesti di cura è importante soddisfare non solo un tipo di soddisfacimento fisiologico ma anche attenzione di cura, trasporto emotivo e sintonia. OGGETTO TRANSIZIONALE L’esperienza della separazione sta alla base dell’esperienza della realtà. E’ in questo momento di passaggio che appaiono i cosiddetti fenomeni transizionali ossia di oggetti e suoni che hanno per il bambino un significato particolare; e quindi l’oggetto transizionale ha nel bambino tutte le caratteristiche della figura materna: non può essere sostituito, deve mantenere nel tempo le medesime caratteristiche. Oltre ad essere un “calmante” per il bambino, l’oggetto transizionale inaugura, secondo Winnicott, un’area di esperienza particolare, che perdurerà per tutta la vita. Si tratta del gioco, base del senso dell’esistere con pienezza. ATTACCAMENTO Un altro sfondo concettuale che mette in luce la natura relazionale dello sviluppo è quello della teoria dell’attaccamento. Alcune pratiche educative che fanno parte dei servizi per l’infanzia fanno riferimento alla teoria dell’attaccamento. L’attaccamento secondo Bowlby è una questione di discriminazione e di scelta. Non tutti gli adulti sono scelti dal bambino; non tutti gli adulti riescono a stabilire con il bambino una relazione che è di natura “empatica”; il bambino sceglie a partire dai bisogni fisiologici che l’altro riesce a soddisfare e anche dalla capacità che queste hanno, di stabilire una relazione fondata sul soddisfacimento di bisogni di natura affettiva. Secondo la teoria dell’attaccamento, la presenza di attaccamenti multipli non è una debolezza, dunque si fa riferimento a più figure; il bambino può provare attaccamento anche verso più 5 L’assimilazione è il processo mediante il quale le nuove esperienze e le nuove informazioni vengono assorbite e poi elaborate in modo da “inserirsi” in categorie mentali che già possediamo e che non vengono modificate dagli stimoli nuovi. Il bambino non muta i propri schemi comportamentali, semplicemente li ripete per il piacere che questo procura, sentendosi capaci di agire sul mondo. Ad esempio un bambino di pochi mesi che sa sbattere un cucchiaino sul tavolo, continuando a ripetere il gesto per il puro gusto di farlo. Mentre l’accomodamento comporta forme nuove di padronanza e conoscenza, l’assimilazione è solo una forma di esercizio del “già noto”. Questo processo di assimilazione/accomodamento conduce all’adattamento ossia quando i due processi sono in equilibrio. Attraverso l’osservazione e il metodo clinico, nel corso dello sviluppo si individuano per fasce d’età alcune fasi di sviluppo del bambino, ossia: - Periodo senso-motorio: dalla nascita ai due anni - Periodo preoperatorio: dai 2 ai 7 anni - Periodo delle operazioni concrete: dai 7 agli 11 anni - Periodo delle operazioni formali: dagli 11 anni in poi Ciascuna di queste fasi si caratterizza per dei comportamenti specifici che non possono essere modificati, finché il bambino, con la maturazione e l’esperienza, avrà riorganizzato il suo modo di vedere se stesso e il mondo e sarà in grado di svolgere nuove operazioni mentali. SVILUPPO COGNITIVO DEGLI STUDI DI PIAGET- TEORIA (Costruttivista ed epistemologo) Piaget è studioso che ha elaborato una teoria sullo sviluppo dell’intelligenza a partire dall’osservazione e dai colloqui che ha avuto con i bambini; questa elaborazione di questa teoria di tipo cognitiva, è una costruzione che ha contribuito a dare l’idea dell’infanzia come un’età attiva e importante: il bambino che è costruttore della sua conoscenza, del suo sapere. E’ ancora oggi, un modello di riferimento perché l’osservazione dei comportamenti dei bambini e delle bambine ha permesso di identificare alcuni comportamenti ricorrenti in alcune fasce d’età, permettendo anche alcuni stadi di sviluppo, “oggetto di critica” da parte dei sociologi dell’educazione. IL GIOCO SECONDO PIAGET Piaget (1945) sostiene che il gioco è parallelo allo sviluppo cognitivo. Il bambino riesce a vivere una dimensione fantasticata, mantenendo comunque un legame con la realtà effettiva creando dei simboli per rappresentare la realtà esterna in base a quelli che sono i suoi bisogni. L’egocentrismo infantile (ossia l’incapacità cioè di assumere il punto di vista altrui), caratterizza secondo Piaget, la fase del pensiero pre-operatorio. Piaget sottolinea, nella teoria che egli formula, l’apporto che hanno i pari, proprio nel corso dell’attività ludica: il gioco diventa per Piaget un’attività che aiuta il bambino a relazionarsi all’altro, superando il suo egocentrismo. Ciascun bambino vorrebbe far prevalere il proprio punto di vista e le proprie idee. Quando sorgono conflitti, il bambino si sforza di comprendere il punto di vista altrui; in questo processo, non solo impara a decentrarsi, ma acquisisce anche il vero significato della norma come accordo tra "eguali", finalizzata alla buona organizzazione sociale. E’ da questo punto di vista che è Piaget, valorizza il gioco tra compagni, in particolare quello di regole. 6 Nella fascia che va dai 0 ai 6 anni, lo sviluppo cognitivo si modifica, si alimenta, attraverso una serie di processi mentali, che è frutto della maturazione e dell’interazione tra l’individuo e il mondo degli oggetti e delle persone; sono individuati alcuni processi mentali tipici della mente del bambino (aspetti che ci interessano per la fascia 0-6 è che Piaget individua nello studio che fa del comportamento dei bambini è che porta alla teoria dello sviluppo dell’intelligenza. Sono: - Il REALISMO: in cui il bambino si considera al centro dell’universo ma allo stesso tempo ignora l’esistenza della propria soggettività, cioè non sa fare le distinzioni tra “me” e “l’altro” - L’ANIMISMO in cui attribuisce vita agli oggetti, sia animati che non animati - Il PENSIERO MAGICO ossia la possibilità di influenzare un oggetto o un evento, senza avere un contatto diretto - L’ARTIFICIALISMO nel senso che concepisce tutti i corpi come “fatti dall’uomo” o “fatti per l’uomo”, concepito come essere onnipotente. VYGOTSKY – vigosky Un autore che negli stessi anni studia il processo legato allo sviluppo dell’intelligenza dei bambini e delle bambine è Vygotsky, proponendo un approccio socio-culturale. Vygotsky condivide l'idea del bambino come “un costruttore attivo” ma pone attenzione sull'apporto delle relazioni sociali: parla del ruolo che ha il LINGUAGGIO, ossia un amplificatore culturale sulle capacità di un individuo. Questo linguaggio che diventa strumento attraverso il quale i bambini e le bambine apprendono i discorsi, le parole, i ragionamenti, si trasforma da strumento funzionale alla relazione a strumento funzionale alla costruzione del “pensiero”. Il linguaggio è quel veicolo senza il quale non sarebbe possibile la trasmissione della cultura. IL GIOCO SECONDO VYGOTSKY – VIGOSKY Vygotskij (1966) ha offerto un importante contributo evidenziando una funzione cognitiva e una componente affettiva. Il gioco, secondo lo studioso, permette al bambino di far fronte alla tensione che sorge ogni volta che un desiderio non può essere immediatamente soddisfatto. Il pensiero è separato dagli oggetti e l’azione nasce più dalle idee che dalle cose. Nel corso dello sviluppo il bambino imparerà a fare sempre più ricorso alla parola creando scenari ricchi e significativi. COSA DISTINGUE VYGOTSKY DA PIAGET Per Piaget il linguaggio è una conseguenza dello sviluppo del pensiero mentre per Vygotskij pensiero e linguaggio si sviluppano in modo diviso, pur influenzandosi a vicenda. Vygotsky scrive, diversamente da Piaget, che lo sviluppo non va nel senso della socializzazione ma va nel senso della trasformazione delle relazioni sociali in funzioni psichiche. ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE La concezione socio-culturale dello sviluppo costituisce lo sfondo su cui collocare e comprendere il concetto di “zona di sviluppo prossimo”, che mette in luce l’importanza, nella 7 promozione dello sviluppo, di un processo sociale nel quale un membro più esperto, offre aiuto a uno meno competente, nella soluzione di un problema o nell’acquisizione di un’abilità. La zona di sviluppo prossimo da contezza del valore che ha il linguaggio ed è la distanza tra il livello di sviluppo attuale e il livello di sviluppo potenziale, che può essere raggiunto con l’aiuto e il supporto di altre persone. - Il livello di sviluppo attuale è costituito da ciò che un bambino sa fare da solo -La zona di sviluppo prossimale è un concetto introdotto per la prima volta da Vygotskij e indica l’area in cui si può osservare cosa il bambino è in grado di fare da solo e quali sono i potenziali apprendimenti possibili nel momento in cui è sostenuto da un adulto competente; è una sorta di ponte tra le capacità di sviluppo attuali del bambino e quelle potenziali, ottenibili attraverso l’iterazione con una persona più esperta. La zona di sviluppo prossimo è quella zona di sviluppo su cui agisce e interviene l’educatore, definendo quelle funzioni che non sono ancora mature ma che sono nel processo di maturazione, funzioni che matureranno è che sono in uno stato embrionale; queste funzioni potrebbero essere chiamate “boccioli” o “fiori” dello sviluppo. GIOCO – SITUAZIONI IMMAGINARIE La caratteristica essenziale di ogni tipo di GIOCO è la creazione di situazioni immaginarie: situazioni che consentono di soddisfare immediatamente il bisogno di gratificazione che hanno i bambini. Queste situazioni immaginarie seguono una regola, ossia della verosimiglianza. E’ una regola che va applicata anche quando la situazione immaginaria non fa altro che ripetere ciò che accade nella realtà. Nel gioco non solo è importante la regola ma anche la situazione che viene immaginata. Il bambino nei primi anni di vita è dominato dalle sue azione e nei suoi comportamenti, dalla percezione. Solo quando è in grado di liberarsi, il bambino accede a un mondo di significati. Tutto questo avviene attraverso l’attività ludica, svoltasi da solo ma anche svolta attraverso il sostegno e la partecipazione degli altri. RELAZIONE TRA GIOCO E ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE Nella relazione tra gioco e zona di sviluppo prossimale, due sono gli aspetti presi in considerazione: - Il primo è che il bambino nel corso del gioco, in qualche modo, attraverso l’immaginazione, supera il significato che ha l’oggetto per quello che è, trasformandolo in qualsiasi altra cosa grazie all’immaginazione. Questa capacità attribuendoli un significato rispetto a quello che ha realmente lo conduce verso il “pensiero astratto”. Questo pensiero astratto dipende dal fatto che utilizza una modalità di pensiero che è “divergente”. Il pensiero divergente è la capacità del pensiero e della mente di produrre una serie di possibili soluzioni alternative a una questione data Il pensiero astratto è un pensiero che ci permette di riflettere su ciò che non è presente nello spazio o nel momento attuale. 10 De Vries che riprende il pensiero di Piaget, afferma che proprio perché il bambino e la bambina vanno considerati come soggetti attivi (costruttori dei loro saperi), non si può pensare di poter fermare lo sviluppo in stadi. Infatti nel testo viene messo in evidenza il fatto che un’educazione costruttivista, conduce a definire degli obiettivi non in termini di stadi, ma in termini di esercizio dell’autonomia morale e intellettuale. Una teoria costruttivista ha contribuito a sottolineare il ruolo che ha l’ambiente; l’allestimento dell’ambiente è importante perché i bambini dovranno avere la possibilità di svolgere numerose attività, sperimentando. Un'educazione costruttivista pone attenzione alle modalità particolari con cui il bambino piccolo rappresenta il mondo; incoraggia l'autonomia e l'autodeterminazione del bambino. Inoltre, in un’educazione costruttivista molta importanza va data al clima socio- morale, in cui i bambini vanno avviati a comprendere il significato delle regole, attraverso attività in cui essi stessi, in prima persona, affrontano i conflitti e negoziano soluzioni. APPROCCIO SOCIO-COSTRUTTIVISTA (socio costruttivista) Vygotsky e Bruner sottolineano che le culture umane sono in continua trasformazione e diverse tra di loro. Parlano dello sviluppo come un processo di socializzazione all’interno di un sistema di significati culturali. Questo processo avviene attraverso l’adulto o attraverso i pari, agendo: - All’area di sviluppo prossimo: in cui l’attenzione dell’educatore dev’essere orientata a conoscere il bambino. L'attenzione dell'educatore deve spostarsi da quello che il bambino è in grado di fare da solo (area della competenza individuale) a quello che può fare se aiutato dall'insegnante o dai compagni (area dello sviluppo prossimale) - E il tutoring dell’adulto in cui l’adulto ha il compito di agire nell’area prossimale di sviluppo del bambino, svolgendo un ruolo di scaffolding e avvalendosi di strategie di tutoring. TUTORING TRA PARI Il tutoring viene anche attivato con i “pari” ossia con bambini che hanno la stessa età. Viene svolto il tutoring consapevolmente dall’adulto, che ha dei compiti educativi ma può essere anche svolto in maniera meno consapevole dai compagni più competenti. Nel tutoring il bambino più grande si mostra attento all’attività del più piccolo e fa avanzare il lavoro attraverso il linguaggio; è importante dunque la scelta del tutor perché è il tutor che deve poi motivare il bambino, sottolineando gli aspetti che vanno più valorizzati nell’esecuzione del compito e così via. Nel promuovere il gioco, le relazioni tra pari sono importanti che si sviluppa appunto, nei contesti educativi per l’infanzia. Il gioco è l’attività principale, in modo particolare il gioco simbolico, che va sostenuto e promosso sia nel nido sia nella scuola dell’infanzia. L'adulto non si sostituisce ai bambini, ma presta attenzione affinché il contributo di ciascun bambino possa essere valorizzato; agisce come facilitatore del gioco dei bambini; nel fare questo, mette in atto strategie di tutoring. NUOVA SOCIOLOGIA DELL’INFANZIA 11 La New social childhood studies è un approccio sociologico che si è sviluppato a partire dagli ultimi due decenni del secolo scorso, specie nell’Europa del Nord, ed è un orientamento critico nei confronti delle teorie sull’infanzia tradizionali, proponendo di ripensare l’infanzia e di considerare in maniera innovativa la posizione del bambino nella società. TEORIE SULLA SOCIALIZZAZIONE Le teorie sulla socializzazione sono la Teoria Funzionalista (che fa riferimento a Durkheim) e al modello evolutivo. L’analisi parte dalla teoria di Piaget, di Vygotsky e Bruner, mettendole a confronto con le teorie funzionaliste, legate al modello evolutivo e alle nuove teorie, affermatesi negli ultimi decenni del 20esimo secolo. TEORIA FUNZIONALISTA Durkheim affermava che l’educazione era importante per promuovere la socializzazione. Egli concepisce l’educazione come socializzazione e ha come scopo di trasmettere le norme e valori della società. L’educazione come socializzazione ha pertanto la funzione di garantire la riproduzione sociale. L’educazione viene paragonata all’addestramento, cioè all’acquisizione di modi di fare, di atteggiamenti che sono socialmente apprezzati. La nuova sociologia, invece, mette in luce la debolezza di questa concezione funzionalista e lo fa perché questa concezione non fa altro che sottovalutare, invece, le capacità che ha la bambina e il bambino ma anche l’adulto; in qualche modo fa passare l’idea che non sia possibile alcuna trasformazione culturale e di modifica. MODELLO EVOLUTIVO L’altro modello è il modello evolutivo. Le critiche mosse a questo modello si incentrano In primo luogo sulla banalizzazione dei risultati, come ad esempio l'idea che i bambini si sviluppino secondo un percorso definito, diretto dall'adulto. Secondo la nuova Sociologia dell'infanzia questo modello presenta due limiti: Da un lato non consente di cogliere il bambino come membro attivo della società e dall'altro, sottovaluta l'apporto dato, all’arricchimento dell'esperienza dalla relazione tra pari. In sostanza, quindi, presenta I seguenti limiti, ossia che: - considera il bambino solamente come individuo e non come attore sociale - stabilisce dei modelli di sviluppo che propone come universali -si concentra troppo sugli esiti dello sviluppo. Quindi, la nuova sociologia mette in discussione i principi su cui si basa sia la teoria di Piaget che di Vygotsky perché in entrambi i casi il modello evolutivo non considera la partecipazione attiva delle bambine e dei bambini nella costruzione della cultura; considera in qualche modo il bambino sempre come un bambino “incompetente”, quando invece va riconosciuto il suo ruolo come “attore sociale”. Infatti, la nuova sociologia parla dell’infanzia come una categoria sociale, non soltanto dunque come età della vita ma anche categoria sociale. L’infanzia, come l’età adulta, subisce i condizionamenti sociali e al pari degli adulti, l’infanzia contribuisce alla costruzione della società. I bambini non solo subiscono la cultura e gli eventi sociali ma la influenzano anche. 12 I nuovi sociologi dell’infanzia, anziché porre l’attenzione su che cosa diventeranno i bambini in un futuro, prestano attenzione all’infanzia nel presente e al contributo che i bambini apportano nell’attualità. ROUTINE CULTURALI E LA RIPRODUZIONE INTERPRETATIVA. C’è oggi chi parla di una cultura dei bambini che è Valter Corsaro, dandoci l’esempio di come le conversazioni tra i bambini siano rappresentative di una cultura che loro hanno, che è lo sguardo che hanno sull’età adulta. Quindi esiste una cultura dei pari, ossia una cultura che non è quella del bambino più competente con quello meno competente ma è la cultura dei bambini stessi, che è altro rispetto a quello degli adulti. I bambini non riproducono la cultura degli adulti, ma trasformano le informazioni tratte dal mondo adulto per rispondere alle preoccupazioni del proprio mondo. Corsaro ne parla in termini di riproduzione interpretativa, intesa come appropriazione creativa da parte dei bambini, di informazioni e conoscenze provenienti dal mondo adulto. Corsaro prospetta che la riproduzione interpretativa abbia luogo attraverso tre tipi di azioni dei bambini: - Appropriazione creativa di informazioni che provengono dal mondo degli adulti - Elaborazione partecipazione a culture dei pari (interagendo con i compagni nelle istituzioni educative) - Riproduzione della cultura degli adulti LE CULTURE DEI PARI (è quell’insieme di attività, di routine, di valori, di interessi, dato da un prodotto condiviso dei bambini nel corso delle interazioni; è una vera e propria cultura) Snodo fondamentale della teoria di Corsaro è il concetto di cultura dei pari, intesa come insieme stabile di attività e di routine. Si tratta di una vera e propria cultura in quanto ha una relativa stabilità ed è costituita da valori, attività è routine. I bambini piccoli producono tale cultura nei contesti educativi per l'infanzia come asili nido, scuole dell'infanzia. Le culture dei pari, come quelle adulte, si caratterizzano per aspetti simbolici e materiali. Per cultura simbolica infantile, Corsaro intende le diverse rappresentazioni o i simboli con i quali i bambini esprimono credenze, interessi e valori, le cui fonti principali sono i media (cartoni animati, film) e le figure mitiche (befana, fatina dei dentini). Queste rappresentazioni, vengono poi usate e trasformate nelle culture dei pari. Della cultura materiale fanno parte i libri, gli strumenti di produzione artistica e letteraria e soprattutto i giocattoli, di cui i bambini si appropriano creativamente. Avvalendosi di queste risorse i bambini, sviluppano amicizie e dirimono conflitti. Le culture dei pari svolgono funzioni importanti Dal punto di vista sociale ed affettivo, in particolare quella di acquisire Maggiore controllo sulle proprie vite e di condividere tale controllo. Le interazioni coi pari offrono opportunità per una migliore comprensione della realtà adulta. La cultura dei pari nasce in risposta alla cultura degli adulti, cioè all'ambiente sociale nel quale i bambini si trovano immersi; è un modo e un tentativo per comprendere la cultura adulta e appropriarsene; è una costruzione sociale; È un processo intersoggettivo di co-costruzione di significati. I bambini riproducono in maniera critica punti che provengono dal mondo degli 15 LEGGE N. 1044 Con la legge 1044, il Parlamento istituisce l'asilo nido a gestione comunale; si tratta di una legge che nasce in un momento di grandi trasformazioni, per i diritti delle donne. Con questa legge lo Stato si assume il compito e la responsabilità di intervenire nel sistema dei servizi educativi per la prima infanzia a supporto e promozione di una “politica per la famiglia”. La gestione diretta dei nidi è affidata ai Comuni, che rappresentano la realtà più vicina ai cittadini in grado di coglierne i bisogni. Gli studi di James Heckman dimostrano come investimenti di qualità nella prima infanzia abbiano effetti duraturi. Gli investimenti nella prima infanzia influenzano l'intero costo della vita. - A questo proposito la Comunicazione della Commissione europea numero 66 del 2011 sostiene che: l'educazione e la cura della prima infanzia, costituisce la base essenziale per il buon esito dell'apprendimento permanente e dell'integrazione sociale. - Anche la raccomandazione della Commissione europea numero 112 nel 2013 ribadisce l'importanza di servizi di qualità, per ridurre le disuguaglianze fin dalla più tenera età: è infatti proprio nella fascia di età 0-6 che si avviano i processi di costruzione dell'identità. LEGGE N. 107 In questa cornice culturale si colloca alla legge numero 107 del 2015 che risponde alla necessità di un nuovo quadro normativo con cui sostenere il rinnovamento di un sistema di servizi educativi nei primi anni di vita. UN BAMBINO ATTIVO E COMPETENTE Susanna Mantovani scrive che tra il 1975 e il 1985 vengono condotte ricerche e pubblicati volumi da cui prende forma l'immagine di un bambino attivo fin dalla nascita, capace di comunicare e costruttore. I bambini, “quali attivi protagonisti” della loro crescita e della loro esperienza, sono virtù naturali che hanno consentito di identificare nell'asilo nido quello straordinario baricentro ecologico, nel quale risorse e identità diverse, possono concorrere alla costruzione dell’evento educativo. - PARTECIPAZIONE DELLE FAMIGLIE Affinché l'esperienza del nido sia positiva è necessario un coinvolgimento attivo della famiglia sia nelle pratiche educative sia nella vita quotidiana dell'istituzione. Inizia così ad affermarsi la convinzione che il nido possa costituire una risorsa anche per i genitori. Il nido dunque si configura come ponte tra realtà familiare e realtà familiare e realtà istituzionale, tra dimensione del privato domestico e dello spazio pubblico. La partecipazione delle famiglie realizza l'obiettivo di una corresponsabilità educativa, finalizzato a sostenere e a promuovere gli apprendimenti e il benessere dei bambini. - PROFESSIONALITA’ DEL PERSONALE La costruzione di una cultura della prima infanzia e del nido avviene anche attraverso la denominazione del personale che da “assistente” diviene “educatore”. 16 All'inizio infatti per lavorare nei nidi era sufficiente un diploma di scuola media superiore, mentre con l'approvazione del testo di legge n 2443, per operare nei nidi come educatori è necessaria la Laurea Triennale in Scienze della Formazione. Questa legge si pone nel Solco di una maggiore qualificazione professionale di chi opera con i bambini piccoli nei servizi per l'infanzia. ADRIANO OLIVETTI Un aspetto qualificante è dato da Adriano Olivetti, in cui il suo intervento è dato dall'assistenza alla maternità fin dal periodo prenatale e l'istituzione dei nidi aziendali. Nel 1941 entra in vigore il regolamento ALO ossia “assistenza lavoratrici Olivetti”, che assicura le dipendenti durante la gravidanza e mesi di allattamento. Il regolamento sancisce il diritto a una retribuzione pari all’80% dello stipendio, per un periodo di 9 mesi e mezzo e all'assistenza medico igienica ed educativa. L'esperienza del nido Olivetti si basa su un progetto educativo e pedagogico che prevedeva la formazione e la supervisione del personale, in cui si prestava attenzione allo sviluppo infantile e relazionale, al rapporto affettivo con la madre, agli spazi all'ambiente. AGRINIDI E AGRIASILI Agli inizi degli anni 2000 vengono inaugurati in Trentino in Piemonte i primi agrinido e agriasilo, realtà educativa e soggetti ai regolamenti alle normative dei servizi educativi per la prima infanzia. - L’agrinido accoglie bambini fino a 3 anni di età - L’agriasilo si rivolge ai piccoli dai 3 ai 6 anni. In questi contesti all'aria aperta è possibile imparare a riconoscere i ritmi della natura, coltivare piante, socializzare con gli animali e apprezzare i principi di un'alimentazione sana. Queste strutture sono frequentate da un numero limitato di bambini rispetto ai nidi e alle scuole dell'infanzia tradizionali. Agrinido e agriasilo, dunque, segnano un passaggio importante nel processo di rivalutazione culturale e di recupero della funzione sociale del mondo agricolo e stanno diventando una realtà sempre più presente diffusa sul nostro territorio nazionale, contribuendo a promuovere fin da piccoli, una coscienza ecologica. NIDI E ASILI NEL BOSCO Dal nord Europa è arrivata la proposta della scuola nel bosco waldkindergarten, ossia una tipologia di istruzione educativa che ha come principale peculiarità lo svolgimento delle attività a diretto contatto con la natura. Asili e scuole nel bosco sono contesti educativi diversificati, che condividono il coinvolgimento con i bambini in un contatto continuativo con il bosco, per un periodo di tempo esteso e regolare, a prescindere dalle condizioni atmosferiche, permettendo così loro di familiarizzare con l'ambiente naturale. Il legame con la natura è considerato importante sia sul piano educativo, sia per la qualità della vita, non solo per far crescere bene in salute le bambine e i bambini, ma anche per responsabilizzarli e incoraggiarli a proteggere il pianeta una volta diventati adulti. - L’'asilo o scuola nel bosco “radicale”, prevede che i bambini trascorrono tutta la mattinata nel bosco. 17 I bambini e le bambine sono sempre all'aperto, anche a pranzo ea merenda, giocano con il bello e il brutto tempo, esplorano, leggono storie, fabbricano oggetti con gli elementi del bosco. - La tipologia “integrata” è invece un luogo che ha edifici e stanze proprie, in cui i bambini trascorrono alla mattina nel bosco il pomeriggio nella struttura scolastica. Ci sono poi altre situazioni in cui la scuola organizza “progetti nel bosco”. L'apprendimento all'aria aperta è un'esperienza molto intensa, che si propone di coinvolgere, stimolare e integrare le diverse dimensioni del soggetto. NIDI – FAMIGLIA E EDUCATRICI/EDUCATORI DOMICILIARI Alcune regioni ed enti locali hanno promosso dei “nidi famiglia”, gestiti da una figura di educatore domiciliare, che si realizzano tramite l'accordo tra alcune famiglie con bambini di età inferiore ai 3 anni, e decidono, dunque, di mettere a disposizione uno dei loro domicili, per l'affidamento dei figli in modo stabile e continuativo. Questa proposta è fondata sull'organizzazione delle famiglie che decidono di affidare la custodia e la cura dei propri figli ad un educatore qualificato. L’affidamento del servizio all'educatore o educatrice viene svolto presso una delle abitazioni delle famiglie. SERVIZI INTEGRATIVI PER L’INFANZIA Verso la metà degli anni Ottanta si aprono nuove sperimentazioni con servizi integrativi al nido. Si tratta di servizi che accolgono bambini sotto i 3 anni di età insieme, ai loro genitori o altri familiari. Definite inizialmente come “nuove tipologie”, queste proposte diventano in seguito “servizi integrativi”, che completano e arricchiscono l'offerta educativa del nido dell'infanzia. I Servizi Integrativi sono luoghi accoglienti e facilitanti di incontro e scambio tra adulti e bambini, tra bambini e bambini e tra adulti ed adulti, caratterizzati da uno stile educativo centrato sull'ascolto, sul sostegno, sul rispetto valorizzante delle diversità individuali. LEGGE N. 285 A formalizzare l'esistenza è la legge 285 del 1997, ossia “Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza”. Questa legge promuove e sostiene economicamente, progetti dedicati all'infanzia, alla genitorialità, l'innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi. Gli orientamenti della legge 285 parlano di centri gioco, centri per bambini e genitori, che si diffondono soprattutto nel centro-nord; si tratta di servizi che si caratterizzano per una doppia valenza: sociale ed educativa. TEMPO PER LE FAMIGLIE L'esperienza che dà vita a questa nuova tipologia di servizi per bambini da 0 a 3 anni è il “Tempo per le famiglie”, realizzato dal Comune di Milano nel 1986 Per iniziativa di Susanna Mantovani e Luigi Anolli. Il tempo per le famiglie si pone come obiettivi: - Individuare nuove forme flessibili informali di sostegno alle famiglie e ai bambini, al fine di prevenire i disagi e rischi creati all'isolamento - Aiutare a prevenire nel bambino deficit dovuti a condizioni ambientali soddisfacenti - Favorire l'aggregazione spontanea delle famiglie - Creare un modello nuovo in cui si incontrino la professionalità di educatori 20 Il 1830 è l'anno in cui Ferrante Aporti fonda il primo asilo italiano, orientato alla formazione integrale del bambino. Un riferimento normativo è la Riforma Gentile, che nel 1923 introduce il primo grado del sistema di istruzione ossia il “grado preparatorio per i bambini da 3 ai 6 anni”. Nel 1968 ci fu “l'istituzione della scuola materna statale”. Il passaggio definitivo dalla prospettiva di scuola materna a quella di scuola dell'infanzia, sarà sancito dalle “Indicazioni nazionali per i piani personalizzati delle attività educative nelle scuole dell'infanzia”. ORIENTAMENTI 1958, 1969 e 1991 Nel contesto italiano, prima gli Orientamenti del 1958 e poi gli Orientamenti del 1969, introducono e diffondono il valore di quella che allora veniva designata come “scuola materna”, ossia quell'ordine di scuola che accoglie i bambini dai 3 ai 6 anni. Nel 1969, vengono emanati gli Orientamenti dell'attività educativa nelle scuole materne statali, che pongono in evidenza il ruolo educativo della scuola materna, rilanciando non tanto l'azione sul supporto alla famiglia, quanto piuttosto la funzione di formazione della personalità infantile. Un passaggio singolare è rappresentato dagli orientamenti del 1969, che utilizzano il termine “educatrice” per designare la figura professionale operante nella “scuola materna”. Gli orientamenti dell'attività educativa nelle scuole materne statali del 1991 invece, conferiscono centralità al bambino e focalizzano l'attenzione sulle specificità della scuola dell'infanzia, in una logica di continuità verticale (con l'asilo nido e la scuola primaria) ed orizzontale (con le famiglie il territorio). A poco più di vent'anni di distanza, arrivano gli Orientamenti del 1991 che rappresentano tutt’oggi un documento di attualità nel descrivere la dinamicità del contesto sociale in cui il bambino vive, cresce, raccoglie informazioni, sperimenta relazioni e si distingue per la promozione del pieno riconoscimento dei diritti dell'infanzia; inoltre si fanno promotori di una rinnovata cultura educativa dell'infanzia, ispirata dunque, ad un'idea di bambino come soggetto competente, responsabile, libero. Nel 2007 arriviamo ad opera di una commissione di esperti, delle “indicazioni per il curricolo per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo d'istruzione”, che pongono un accento particolare allo sviluppo delle competenze. Anche il 2012 segna un nuovo passaggio, con l'emanazione delle “Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo d'istruzione”. Questi documenti orientativi, conferiscono un rinnovato impulso all’integrazione tra i diversi ordini di scuola, attraverso la prospettiva di un curricolo integrato, e riconoscono alla scuola dell'infanzia il fatto di essere a pieno titolo, un ambiente di apprendimento. Le Indicazioni del 2007 affermano che “la scuola fornisce le chiavi per apprendere ad apprendere”, per costruire e per trasformare le mappe dei saperi. La forte connessione tra apprendimento e ricerca, tra sapere e trasformazione, è in primis funzionare per il bambino stesso. Il curricolo configura il percorso formativo della scuola dell'infanzia, articolandosi nei “Campi di esperienza” ossia contesti di accesso al sapere, luogo di apprendimento attivo, di scoperta, di ricerca, di esplorazione incontro. 21 - Il termine “Campo” Rimanda al rapporto tra il bambino e il contesto, inteso come totalità di fenomeni che accadono in un luogo fisico - Il termine “Esperienza” rimanda al paradigma dell'apprendimento esperienziale, ossia il fatto che il pensiero e la conoscenza si costruiscono in rapporto con il fare e l'agire. Ogni campo di esperienza offre specifiche opportunità di apprendimento. Si deve agli Orientamenti del 1991 l'introduzione dei campi di esperienza, che si articolavano in sei ambiti strategici: - Il corpo e il movimento che rappresenta per i bambini una preziosa occasione per prendere consapevolezza del valore del proprio corpo. - I discorsi e le parole che sostiene lo sviluppo delle capacità comunicative dei bambini. - Lo spazio, l'ordine, la misura che implicano la promozione delle capacità logiche, di raggruppamento, di numerazione e di osservazione. - Le cose, il tempo, la natura che promuove la tensione infantile alla scoperta - I messaggi, le forme e i media - Il sé e l’altro in cui si promuovono la formazione dell'identità di ogni bambino. CAMPI DI ESPERIENZA I campi d'esperienza sono luoghi del fare e dell'agire del bambino L’esperienza diretta, il gioco, il procedere per tentativi ed errori, permettono al bambino di approfondire gli apprendimenti. Ogni campo di esperienza offre un insieme di oggetti, di situazioni, di immagini e linguaggi, riferiti a sistemi simbolici della nostra cultura, capaci di stimolare apprendimenti più sicuri ed è per questo che l’adulto dovrà avere attenzione e responsabilità nel creare piste di lavoro volte ad organizzare attività ed esperienze con lo scopo di promuovere la competenza della bambina e del bambino. Ogni campo di esperienza offre specifiche opportunità di apprendimento e contribuisce allo stesso tempo a realizzare compiti di sviluppo pensati per i bambini dai 3 ai 6 anni, in termini di identità, di autonomia, di competenza e di cittadinanza. Secondo le nuove indicazioni del 2007 del 2012, Il curricolo della scuola dell'infanzia risulta strutturato intorno a 5 campi di esperienza: - Il sé e l’altro: afferente allo sviluppo del senso dell'identità, di sapersi confrontare con altre prospettive, di progettare ed essere costruttivo. Il bambino sviluppa il senso dell’identità personale, è consapevole delle proprie esigenze e dei propri sentimenti, riflette, si confronta, discute con gli adulti e con gli altri bambini, si rende conto che esistono punti di vista diversi e sa tenerne conto, è consapevole delle differenze e sa averne rispetto. - Il corpo in movimento: in cui le competenze fondamentali in questo campo sono quelle dell'autonomia. Prova piacere nel movimento e in diverse forme di attività e di destrezza quali correre, stare in equilibrio, coordinarsi in altri giochi individuali e di gruppo che richiedono l’uso di attrezzi e il rispetto di regole, all’interno della scuola e all’aperto. Controlla la forza del corpo, valuta il rischio, si coordina con gli altri. Esercita le potenzialità sensoriali, conoscitive, relazionali, ritmiche ed espressione del corpo. - Linguaggi, creatività, espressione: in cui le competenze che la scuola può promuovere da questo punto di vista passano attraverso la musica, l'espressività, la narrazione. Comunica, esprime emozioni, racconta, utilizzando le varie possibilità che il linguaggio del corpo consente. Inventa storie e si esprime attraverso diverse forme di rappresentazione. Esplora i materiali che ha a disposizione e li utilizza con creatività. - I discorsi e le parole: in cui il bambino viene sollecitato ad Arricchire il proprio lessico e a sviluppare l'ascolto e la comprensione. Il bambino sviluppa la padronanza d’uso della lingua 22 italiana e arricchisce e precisa il proprio lessico. Racconta, inventa, ascolta e comprende le narrazioni e la lettura di storie. - La conoscenza del mondo: in cui esprime il raggruppamento è l'utilizzo di simboli o la collocazione di oggetti nello spazio. È curioso, esplorativo, pone domande, discute, confronta ipotesi, spiegazioni, soluzioni e azioni. Muoversi per il bambino è il primo fattore di apprendimento: cercare, scoprire, saltare è fonte di benessere psico-fisico per la bambina o per il bambino; inoltre esprimono pensieri ed emozioni con immaginazione e creatività. L’esplorazione dei materiali consente di vivere le prime esperienze artistiche. La lingua, in tutte le sue funzioni e forme è strumento essenziale per comunicare e conoscere e la scuola dell’infanzia ha la responsabilità di promuovere in tutti i bambini questa padronanza. Attraverso i campi di esperienza, i bambini compiono viaggi nei sistemi simbolico culturali, diventando così un modo di leggere e abitare il mondo, di accedere alla conoscenza, di rapportarsi con la natura, di stare nella complessità. SCUOLE DELL’INFANZIA AGAZZIANE Le scuole agazziane hanno avuto ampia diffusione sul territorio nazionale. Le scuole ad ispirazione agazziana improntano la propria azione educativa sulla sollecitazione delle forze naturali del bambino. Nelle scuole agazziane, gli spazi hanno una connotazione domestica e sono ordinati, spaziosi, luminosi. I bambini svolgono esercizi di giardinaggio e allevamento di animali, sviluppando capacità di cura e senso di responsabilità. Le attività di vita quotidiana, così come il dedicarsi all'orto e al giardinaggio, hanno una profonda valenza didattica e sono fonti di apprendimento. I materiali agazziani, sono bottoni, corde, semi, su cui si compiono osservazioni e classificazioni per forma, materiale, grandezza, colore. Secondo la pedagogia agazziana, la complessità delle esperienze di vita dei bambini diventa il punto di partenza di una progettualità educativa e di un agire didattico che hanno come obiettivo l'espandersi dell'umanità del bambino. SCUOLE DELL’INFANZIA MONTESSORIANE L'approccio montessoriano è stato ampiamente rivalutato e diffuso anche in Italia. Molti sono i genitori che scelgono di mandare i propri figli ad una scuola montessoriana. Il metodo montessoriano si caratterizza per un ambiente al fine di permettere lo sviluppo delle abilità cognitive, sociali e morali del bambino, garantendo una sensazione di piacere e lasciando la libertà di lavorare secondo i propri ritmi, con materiali che permettono a tutto il corpo di esercitare intelligenza e creatività. Sono da considerare le figure di Bruno Munari e Loris Malaguzzi, che hanno saputo rinnovare l'idea di infanzia, ponendo in evidenza le potenzialità e i bisogni educativi BRUNO MUNARI Bruno Munari ha dedicato un interesse particolare al mondo dell'infanzia della scuola. Il metodo “giocare con l'arte”, come viene spesso definito il metodo di Munari, ha avuto una grande diffusione sia in Italia sia all'estero ed è riconosciuto per il suo valore nell’ utilizzare 25 La CURA è fondamentale per il processo di emancipazione degli individui ed è uno dei paradigmi centrali della pedagogia generale perché riguarda l’azione che viene svolta dagli educatori (con esperienza) finalizzata a prendersi cura di chi vive una condizione di emarginazione, cercando di farla superare. Prendersi in carica “qualcuno” vuol dire dargli degli strumenti per superare la condizione di esclusione sociale che la persona vive in quel periodo. La CURA diviene strumento di dialogo e di scoperta di dinamiche sociali più deboli e complesse; debolezza intesa come una lentezza nello scoprire quelle che sono le infinite potenzialità umane. Nel concetto di cura è presente un: - Coinvolgimento emotivo verso l'altro, orientato al suo benessere - Un attenzione all'altro come persona degna di valore e nella complessità dei suoi bisogni - Una relazione di aiuto fondata sull’assunzione di responsabilità verso l'altro La cura educativa caratterizza le pratiche e la cultura del nido, secondo una progettualità orientata a portare il potenziale di capacità che i bambini hanno: un lavoro delicato che si esprime nella ripetitività solo apparente delle routine. Le routine costituiscono la trama invisibile e resistente che regge le giornate e vanno interpretate come un'espressione non secondaria del lavoro di cura. Aver cura del quotidiano significa darsi tempo e strumenti per osservarlo, per ripensarlo, per raccontarlo, evitando che l'esperienza si riduca ad un incessante fluire di avvenimenti. CURRICOLO L’utilizzo del termine CURRICOLO per la fascia d’età 0-6 riguarda l’organizzazione, la progettazione di un’offerta formativa che sono caratterizzate dalla intenzionalità: un intenzionalità che fa riferimento a dei valori è che senza di essa non c’è progetto. Tutto quello che si fa quando si progetta deve essere intenzionale al raggiungimento dell’obiettivo finale. L Il curricolo ci aiuta a non improvvisare, definendo quali saranno i temi e come verranno approfonditi. La caratteristica della progettazione all’interno di un servizio educativo è fondamentale. Il CURRICOLO si articola in obiettivi educativi e obiettivi didattici; in metodologie e procedure; nella selezione di materiali, di testi e prevede, l’organizzazione didattica generale, la dimensione psico-sociale, le norme, i valori di riferimento e degli insegnanti, le modalità di verifica. Per CURRICOLO si intente l’insieme delle discipline che entro certi tempi e con certi metodi, verranno insegnate; inoltre deve mirare allo sviluppo della bambina e del bambino tenendo conto degli aspetti che caratterizzano un individuo. I tratti distintivi di un curricolo sono: - L’intreccio di cura e di educazione - L’approccio olistico - La centralità del gioco - L’interazione tra pari - Il sostegno all’apprendimento attraverso un ambiente generoso - Un adulto che si ponga nei confronti dei bambini e delle bambine come un “facilitatore”, che faccia da scaffolding, da impalcatura, da sostegno, attraverso l’interazione, i gesti di fiducia, di accudimento. 26 Due documenti appaiono utili per mettere a fuoco i tratti di curricolo per l'infanzia 0-6: il recente Quality Framework e le Indicazioni Nazionali (per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo d'istruzione) emanate dal Miur nel 2012. QUALITY FRAMEWORK Il QUALITY FRAMEWORK è il documento internazionale che stabilisce gli obiettivi da raggiungere per i servizi educativi. Secondo il QUALITY FRAMEWORK, il curricolo deve esplicitare le finalità, gli obiettivi, gli approcci che si intendono per seguire nell’educazione e nella cura dell’infanzia. Il curricolo rappresenta uno strumento fondamentale in quanto aiuta il servizio a diventare un’agenzia educativa che agisce in modo intenzionale e favorisce l’inclusione sociale. INDICAZIONI NAZIONALI Nel momento in cui si lavorerà nel contesto di un servizio educativo, il modello di riferimento è quello delle indicazioni nazionali. La realizzazione delle strategie educative e didattiche devono sempre tener coto della singolarità e della complessità di ogni persona e quindi della sua identità articolata. Con le Indicazioni Nazionali s’intendono fissare gli obiettivi generali, di apprendimento e i relativi traguardi per lo sviluppo delle competenze dei bambini e ragazzi, per ciascuna disciplina o campo di esperienza. Le Indicazioni costituiscono il quadro di riferimento per la progettazione curricolare affidata alle scuole. Due principi governano la realizzazione curricolare per la fascia di età considerata: l'unicità di ogni bambino e il suo protagonismo. Secondo il primo principio Il curricolo è un itinerario personalizzato, che deve tener conto delle particolarità, nonché della storia di ogni singolo bambino mentre il secondo deriva da un'idea di bambino come soggetto attivo, competente, in grado fin dalla nascita di interagire, esplorare e conoscere. INTRECCIO TRA CURA E EDUCAZIONE – educazione e cura A differenza della cura, l'educazione è un termine riservato alle cosiddette “attività” che hanno una più marcata caratterizzazione in senso cognitivo e sociale. Mentre la cura viene riferita agli aspetti relazionali del rapporto tra adulto e bambino, il termine educazione viene riservato agli aspetti più didattici, di trasmissione di saperi, competenze abilità. Alla base del curricolo inoltre, tutto dev’essere accompagnato dalla CURA ed EDUCAZIONE, un intreccio che consente al raggiungimento del curricolo olistico: ossia un curricolo che presta attenzione allo sviluppo cognitivo, sociale, relazionale, corporeo, affettivo (un curricolo che mira allo sviluppo dell’intera personalità della bambina e del bambino). I momenti di cura educativa sono importanti, una cura che presuppone il coinvolgimento ad altre esperienze legate all’apprendimento, alla socializzazione, alla relazione. Non c'è dunque educazione senza cura; l'educazione è il sostegno che viene dato dagli adulti a tale processo, nei contesti di vita dei bambini ed è orientata alla crescita, a sostenere il processo di maturazione e a far apparire le potenzialità di ciascun bambino. CURRICOLO OLISTICO Quando si parla di CURRICOLO OLISTICO si parla di un curricolo che presta attenzione allo sviluppo cognitivo, sociale, relazionale, corporeo, affettivo (un curricolo che mira allo sviluppo dell’intera personalità della bambina e del bambino). Il curricolo olistico, un curricolo che tiene conto della formazione integrale della bambina e del bambino e quindi della pluralità delle dimensioni che caratterizzano la personalità. Tiene conto dunque, della complessità della persona, tutte le dimensioni che caratterizzano l’individuo. Quando noi parliamo del CURRICOLO 0-6, è un curricolo che prevede il coinvolgimento del bambino, ma non solo: anche dell’educatore; fondamentale la relazione educazione- bambino, che porta ad un processo 27 di co-costruzione della conoscenza, di condivisione della conoscenza. L’educatore co-costruisce con il bambino, il sapere del bambino, lo aiuta a ragionare, acquisendo competenze linguistiche, lo aiuta ad avere fiducia in se, a sapersi muovere nella percezione. Questo modo di concepire l'educazione come sostegno allo sviluppo comporta questo tipo di approccio ossia un approccio pedagogico centrato sul bambino che ne promuove la crescita globale, ponendo l'attenzione su tutti gli aspetti che caratterizzano il suo sviluppo. Mira Inoltre a valorizzare nei bambini l'esplorazione, la scoperta, il gioco e l'interazione sociale. GIOCO Secondo il documento della commissione europea il gioco dovrebbe essere messo al centro di ogni proposta educativa; il gioco è per il bambino da 0 a 6 anni occasioni di crescita. Il gioco favorisce la crescita infantile dal punto di vista sia cognitivo, sia sociale sia affettivo e altrettanto formativa è la relazione che il bambino istaura con le figure di “attaccamento secondario” ossia le educatrici, insegnanti, i compagni. Il gioco ha un ruolo centrale per la buona crescita del bambino. L’attività ludica rappresenta il modo attraverso cui stare al mondo, di rapportarsi alla realtà e di esprimere il suo punto di vista. Il documento europeo Quality Framework si esprime affermando che il gioco dev’essere messo al centro di ogni proposta educativa, finalizzata a sostenere l’apprendimento dei bambini in età infantile, descrivendo quindi il gioco come un alleato educativo. AMBIENTE SICURO E STIMOLANTE Il ruolo di educatori e insegnanti è quello di incoraggiare il gioco spontaneo dei bambini, attraverso la creazione di un ambiente stimolante e di utilizzarlo come approccio educativo, volto a favorirne l'apprendimento. Un ambiente sicuro e stimolante deve rappresentare determinate caratteristiche ossia: - Un ambiente interno luminoso e confortevole - Materiali organizzati in modo da rendere facilmente riconoscibili le attività che intendono promuovere i bambini e le bambine - Un organizzazione degli spazi che faciliti lo scambio e le libere aggregazioni tra bambini - Un ambiente caratterizzato da un clima di benessere e positività L'impianto curricolare assume caratteristiche particolari ossia: - Apertura: in cui curricolo non si presenta come una strada in una mappa predefinita. - Emergenza: in cui Il curricolo è centrato sul bambino visto come protagonista attivo della propria crescita. - Interattività: in cui un curricolo è basato sull'idea che l'apprendimento avviene sempre all'interno di relazioni è che il bambino è un po' attore del processo di apprendimento e di cui l'insegnante è un facilitatore. - Contestualizzazione: in cui Il curricolo va calibrato in relazione alle caratteristiche dei bambini, delle famiglie, della comunità in cui servizio per l'infanzia è inserito - Intenzionalità, ipoteticità e verificabilità: in cui un curricolo aperto è guidato da un intenzionalità educativa ma anche dalla proposta e dell'offerta educativa (ossia l'organizzazione degli spazi, la scelta dei materiali, le esperienze educative realizzate). 30 Ciò che accomuna i diversi approcci è il fatto di non intendere l'osservazione come un processo passivo, ma come una sorta di processo relazionale in cui non agiscono solo i soggetti osservati ma anche l'osservatore stesso. L’osservazione è una forma di rilevazione, finalizzata a esplorare e descriverlo con attenzione (comportamento). Osservare è fondamentale perché è ciò che ci permette di capire di cosa i bambini e le bambine, hanno bisogno; è una competenza dell’educatore che va fatta anche prima della progettazione, partendo dunque dall’osservazione. L’educatore osserva per capire qual è il livello di partenza, da dove iniziare; un’osservazione condotta non soltanto all'inizio ma anche durante il corso dell’anno. L’osservazione è mirata a cogliere e descrivere le risposte dei bambini in relazione all’ambiente predisposto, nei diversi momenti di quotidianità. L’osservazione, guida nelle scelte che bisogna fare, dandoti le informazioni necessarie per non progettare a caso. PROGETTARE L’educatore deve partire dal CURRICOLO per progettare percorsi educativi. La progettazione è importante perché riguarda diversi aspetti come l’allestimento dell’ambiente, un ambiente accogliente, sicuro e organizzato in modo tale da suscitare curiosità alle bambine e ai bambini: un ambiente dove possono partecipare e vivere sotto la guida degli educatori. Progettare significa anticipare nella propria mente le azioni che vanno fatte per raggiungere un obiettivo. Significa inoltre prevedere, immaginando gli spazi, gli ambienti, le risorse da utilizzare, i metodi che si vogliono utilizzare e i tempi in cui si intente realizzare il percorso educativo. La progettazione sia nelle attività sia nell’ambiente dell’accoglienza è fondamentale perché dà la possibilità ai bambini di sentirsi accolti. La progettazione può avvalersi di documenti che si collocano a diversi livelli come le indicazioni nazionali, per quanto riguarda la scuola dell’infanzia; linee guida regionali, provinciali o comunali per gli asili nido e teorie pedagogiche consolidate (Montessori ecc) È importante che la progettazione sia scritta. L'azione del progettare implica l'assunzione di uno specifico sguardo sull'educazione sul bambino e nasce dall'ascolto dei bambini, un ascolto attivo che si fa ricerca e valorizzazione delle istanze infantili. VALUTAZIONE Attraverso le pratiche valutative è possibile dare valore alle esperienze portando alla luce i cambiamenti permettendo Inoltre al personale educativo di poter disporre di un panorama complessivo dei processi, delle attività, delle criticità e delle risorse. La valutazione è uno strumento che consente di arrivare ad una conclusione in cui a partire dai risultati che ottengo, si pianifica in qualcosa di nuovo. Il progetto scritto, le modifiche, le osservazioni e i risultati devono rientrare nella documentazione perché servono a valutare il lavoro che è stato fatto. DOCUMENTARE Osservare serve anche per documentare. L’osservazione serve per la documentazione perché permette di valutare i progressi dei bambini e delle bambine. La documentazione è un atto di autoformazione, uno strumento che sostiene la valutazione. 31 La documentazione è comunicazione, valorizzazione dell'agire comunicativo e rappresenta uno strumento efficace, atto a testimoniare un’operosità educativa, quanto un pensiero pedagogico su cui poggiano le azioni e gli interventi per i bambini; inoltre è un processo strategico anche per il fatto che permette di valorizzare la storia e la cultura di un servizio di una scuola. PEDAGOGIA DELLA FAMIGLIA – SECONDO LIBRO TRASFORMAZIONE MORFOGENETICA DELLA FAMIGLIA Dagli anni 60/70 stiamo assistendo all'emergere di nuove forme di convivenza tra i sessi e tra le generazioni, ponendosi come alternativa alla famiglia tradizionale o come modificazione strutturale. Dai recenti dati resi pubblici dall'Istat, si rileva che la tendenza alla riduzione delle nozze negli ultimi anni si è accentuata, spostandosi sempre più tardi: l'età media degli uomini si aggira intorno ai 32 anni mentre quella delle donne si attesta intorno ai 30 anni. Le ragioni della posticipazione sembra siano dovute al completamento degli studi, alla ricerca di un lavoro. Una parte dell'aumento è da attribuire alla crescente diffusione dei matrimoni misti e dei secondi matrimoni. Le periodiche indagini dell'Istat mettono in luce che la convivenza prematrimoniale è in rapida espansione, anche se in Italia le liberi unioni non sono ancora così frequenti come in altri paesi europei; s’intensificano le convivenze prematrimoniali presso la fascia di coloro i quali hanno già avuto un'esperienza matrimoniale. La convivenza prematrimoniale si configura come un periodo di prova dell'unione. Secondo i dati Istat, l'incidenza di bambini nati al di fuori del matrimonio è di circa 80 mila soggetti all'anno, quasi il doppio rispetto a 10 anni fa. Dall'indagine conoscitiva presentata alla Camera dei Deputati sulle famiglie, emerge che nel decennio 1995/ 2004 c'è stato un boom dei figli nati; inoltre si è riscontrato un aumento di separazioni, divorzi e secondi matrimoni. Un altro elemento importante nell'ambito dei comportamenti familiari in Italia, è quella delle coppie in cui uno dei due sposi è di cittadinanza straniera. I matrimoni misti nella gran parte dei casi sono secondi matrimoni e anche per questo fatto sono spesso celebrati con il solo rito civile, inoltre, essi sono costituiti da coppie in cui la sposa o lo sposo provengono da un paese a forte pressione migratoria. Un altro aspetto importante è che nelle coppie miste non si riscontra più la tradizione di somiglianza tra gli sposi, ma si rilevano maggiori differenze di età e di titolo di studio tra gli sposi. 32 TRASFORMAZIONI RELAZIONALI DELLA FAMIGLIA L'espressione nuovi genitori consiste nel passaggio in cui ci si ritrova da un modo tradizionale di intendere le funzioni parentali ad uno rinnovato. I nuovi genitori versano in una vera e propria situazione di spaesamento relazionale ossia come “senso di smarrimento” e di “estraneità”, trovandosi in un ambiente nuovo e sconosciuto. Nel momento in cui da parte dei coniugi, si verifica l'accesso allo stato di paternità o maternità, si ha il costituirsi di una sorta di “zona d'ombra”. Cambiano le priorità, si modificano le esigenze e mutano le attenzioni. Fino alla metà degli anni sessanta, dai giovani coniugi, lo spaesamento relazionale spesso era governato in virtù di forme di continuità valoriale e comportamentale, in cui i modelli dei propri genitori risultavano rassicuranti, così come lo erano i valori tradizionali. I nuovi genitori degli anni 70 si alimentarono a orientamenti valoriali alternativi a quelli dei padri, rilevanti in tre elementi di distinzione: - Rifiuto del collegamento diretto esercizio della sessualità e legame matrimoniale - Rifiuto della asimmetria di coppia - Rifiuto della relazione di autorità nel campo dell'educazione dei figli. In Italia nell'arco degli anni 70 si verificarono tre mutamenti radicali, nel settore della legislazione sulla famiglia: - Nel 1970 si ebbe l'introduzione del divorzio con la legge numero 898, seguita nel 1974 da un referendum popolare che respinse la proposta di abrogazione della legge. - Nel 1975 fu emanata la legge numero 151, riguardante la riforma del diritto di famiglia, che istituì la completa parità tra i coniugi. - Nel 1978 si introdusse la legge sull'interruzione volontaria di gravidanza. Con tali leggi si avviò una vera e propria trasformazione del legame matrimoniale. I padri e le madri che da giovani hanno vissuto gli anni 70 sono i genitori di giovani d'oggi che a loro volta si accingono a diventare o sono già diventati genitori. Dopo il tramonto della famiglia coniugale moderna, stiamo assistendo oggi giorno anche alla crisi della famiglia post moderna. Il nuovo modello di genitorialità si presenta come “espressione di una profonda cesura con il passato”. Si ha l'impressione che oggi i giovani coniugi ricerchino forme di sicurezza relazionale e sulla base di tali elementi è possibile affermare che le famiglie, oggi, si presentano come nuclei domestici con alto tasso di fragilità. TRASFORMAZIONI VALORIALI DELLA FAMIGLIA I valori che hanno contrassegnato la vita familiare nel passato, oggi sono trascurati I tre aspetti sulla trasformazione che sembra aver subito il valore su cui poggia la vita coniugale e familiare ossia l'amore sono: - La temporaneità dell'amore coniugale: questa questione sotto l'aspetto pedagogico educativo risulta alquanto grave, in quanto segna per la coppia la “reiezione” di un valore, quello della fedeltà, che imprime uno stile alla vita coniugale e a tutto l'andamento domestico. - Vita di coppia fra tendenze contrastanti: le coppie sono quotidianamente chiamate a trovare forme di equilibrio tra autonomia, continuità dei ruoli, in cui dal tipo di equilibrio conseguito, scaturiscono forme diverse di vita matrimoniale. - Apertura all'alterità: Nelle nuove coppie si avverte un ulteriore atteggiamento differente rispetto a quelle del passato, in cui mentre da “queste ultime” l'arrivo di un figlio era 35 Risulta opportuno chiamare in causa la responsabilità sociale d'impresa, all'insegna dell’umano, i temi della flessibilità, dei tempi e dei ritmi lavorativi. La Commissione Europea sin dal 1995 ha elaborato documenti di politica sociale e familiare nei quali è dato ampio spazio all’istanza dell'aiuto da offrire ai genitori per rendere armonici tra loro l'impegno lavorativo e carichi familiari. Tale preoccupazione si è rafforzata dopo la sessione straordinaria del Consiglio Europeo del 2000, attraverso il quale tutti gli stati dell'Unione Europea sono stati sollecitati a prestare attenzione alle politiche del lavoro, garantendo al meglio le varie età di vita di ogni singola persona. Se si vuole invertire l'odierna inclinazione a subordinare la famiglia ai ritmi e ai tempi lavorativi, è urgente reinventare un nuovo modo di progettare le politiche sociali e della famiglia, identificando nella comunità locale, il punto focale della loro elaborazione. LE FAMIGLIE D’ALTROVE - MIGRAZIONE La migrazione implica una riformulazione profonda dell'identità personale e di quella familiare. La migrazione è la storia di quella povera gente mossa dal desiderio e dal coraggio di avventurarsi nel mondo dell'altro; desiderosa di vivere meglio, di inseguire i propri sogni, di realizzare quelli dei propri familiari, anticipando quelli dei propri figli. La migrazione è affare di famiglia, la decisione di avventurarsi in un altro paese che comporta processi di separazione all'interno del proprio nucleo familiare originario. Inoltre la migrazione è un'esperienza che mette alla prova il sé. Parlare di famiglie migranti è un compito complesso poiché numerosi sono i paesi di provenienza dei nuclei che hanno finito per insediarsi nel nostro paese, con differenti culture, modi di pensare ed essere famiglia. Un altro aspetto che ricopre un ruolo centrale nel definire la traiettoria della famiglia migrante e la sua capacità di esercitare in modo sufficientemente buono le funzioni genitoriali, è connesso con lo status sociale e culturale della coppia. Il nostro paese è scarsamente attrattivo sul mercato delle migrazioni; per questo l'Italia è metà di migranti di basso livello socio-culturale. Il compito dei figli di migranti è diverso da quello dei genitori: per certi versi più facili, per altri più arduo. A loro è richiesto di portare a termine il progetto iniziato dai genitori; è richiesto di confrontarsi con il tema dell'identità, di trovare un posto nella successione delle generazioni familiari e nella società d'arrivo. Il migrante è “atopos”, un curioso ibrido privo di posto. L’adulto nel momento in cui sceglie la migrazione diviene una atopos. IL DIVENIRE SISTEMICO DELLA FAMIGLIA TRA TEMPO E SPAZIO EDUCATIVO Dopo la metà degli anni 60, la pedagogia della famiglia comincia a delinearsi nel contesto della ricerca universitaria. Tra gli orientamenti scientifici, è da menzionare la teoria generale dei sistemi di Bertalanffy. La teoria generale dei sistemi cominciò a diffondersi in Italia all'inizio degli anni settanta. In questo periodo furono pubblicati due volumi di Bertalanffy: Pragmatica della comunicazione umana e studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi; specie quest'ultimo volume, ebbe ampia diffusione e riguarda l'applicazione dei principi della teoria 36 generale dei sistemi al comportamento umano in generale, alla malattia psichica e alla psicoterapia. FAMIGLIA COME SISTEMA DI RELAZIONI EDUCATIVE Il sistema familiare è collegato alla struttura relazionale della persona. Questa manifesta l'innata tensione ad entrare in rapporto con le tre sfere di esperienza: il mondo delle cose (materiale), mondo delle persone (sociale), mondo dei valori (axiologico). La costruzione della famiglia è frutto di scelta Intenzionale e di investimento progettuale in cui l'uomo è creatura esperta all'incontro e come tale manifesta la sua natura di essere familiare. La comunicazione tra l'io e il tu, tra è il sé e il diverso da sé, quindi il dialogo di coppia, è collocato in una prospettiva di sviluppo e di ampliamento materiale, culturale ed axiologico. Con la nascita dei figli, il sistema familiare si contraddistingue per differenti piani di interazione: coniugale, fraterno, parentale; ciascuno di essi si palesa con modalità operativa originali. In quanto sistema relazionale, la famiglia necessità di interagire con l'ambiente circostante. Tra famiglia e mondo esterno si produce uno scambio materiale, culturale e valoriale. DIMENSIONE PROGETTUALE: La dimensione progettuale manifesta l'idea che sin dal costruirsi del legame di coppia, il futuro ha una stretta concernenza con esso. Sotto l'aspetto pedagogico, lo sviluppo della famiglia si radica nel piano esistenziale che fonda la coppia. In conformità a ciò, l'educazione è percepita come il fattore che conferisce originalità, unicità al divenire domestico. DIMENSIONE EVOLUTIVA: E’ agevole rilevare l'arco evolutivo che contraddistingue qualsiasi storia d'amore, tesa a costruirsi nel tempo. In campo pedagogico, Galli ha contribuito in modo significativo a progettare il divenire temporale della famiglia, in cui in alcuni suoi scritti indugia sul concetto di ciclo di vita familiare, descrivendolo come unità temporale che si compone di stati di crescita, ossia di suddivisioni temporali più o meno lunghe, contraddistinte da vicenda di esperienze peculiari. A ciascun stadio corrispondono compiti evolutivi, che interpellano le singole componenti, i coniugi, la famiglia del complesso. I compiti evolutivi riguardano asperità da appianare, situazioni da cui uscire in un momento particolare del processo evolutivo. Nel suo procedere evolutivo, la famiglia interagisce con l'ambiente circostante. Sulla scorta delle suddette acquisizioni e alla luce della teoria generale dei sistemi, si può notare che il ciclo di vita familiare è sempre collegato al tema dell'educazione. La dimensione evolutiva aiuta a percepire la famiglia come sistema di persone sottoposto a cambiamenti, derivati dalla crescita dei singoli soggetti. DIMENSIONE DINAMICA La dimensione dinamica, “giova” a far considerare la famiglia non più come entità fissa bensì come realtà umana e relazionale. Nel sistema familiare le persone sono in stato di permanente reciproca interazione, la quale assume via via caratteristiche peculiari, all'emergere distanze, bisogni, speranza e tipici di un certo periodo evolutivo personale, coniugale e familiare. 37 Riferita la crescita individuale, secondo Debesse, la tappa è delineata come realtà distinta, che permette di definire altrettante distinte educazioni e si mostra come momento evolutivo contrassegnato da una dominante genetica. Secondo lo studioso francese ogni periodo di sviluppo è dominato da particolare attività. Lo sforzo dell'educatore deve vertere su quella attività intorno alle quali si organizza il complesso del comportamento di un periodo determinato. Debesse pone uno stretto collegamento tra l'educazione è svolta nel rispetto di ciascuna dominante genetica e quella basata sui periodi sensibili messa in luce da Maria Montessori. La nozione di tappa costituisce la caratteristica principale della pedagogia moderna. Applicata al divenire familiare, la nozione di tappa si mostra fondamentale per delineare le peculiarità, che l'intervento educativo deve assumere, e gli obiettivi che esso ha da perseguire. Le dominanti genetiche di cui parla Debesse servono per qualificare l'attività educativa in riferimento ad una tappa specifica attraversata dal sistema familiare. Nel corso della singola tappa di crescita, tutti i membri, i coniugi in specie, sono chiamati a compiere scelte, a svolgere compiti e ad agire secondo definite prerogative. Si tratta di un complesso di elementi che pur nelle loro regolarità si appellano alle responsabilità personale e duale dei coniugi. DIMENSIONE INTEGRATIVA: La dimensione integrativa muove dall'idea di famiglia come sistema di rapporti dinamici, in cui ciascuna componente si situa in uno spazio specifico di responsabilità e di competenza, contribuendo alla qualificazione di quello altrui. Sin dal costituirsi del legame di coppia, l'uomo e la donna avviano un processo di comunicazione, tale per cui definiscono regole, modalità di rapporto, schemi di condotta. Con il rompere del figlio nella loro vita, essi sono indotti a strutturare un comune alfabeto relazionale per intrecciare con lui legami coerenti ed armonici. L’alfabeto relazionale è assunto all'insegna della specificità umana e pedagogico- educativa dei singoli coniugi punto il tema dell'integrazione è affermato anche riferimento al ruolo della famiglia nel Vasto contesto societario. FAMIGLIA FRA SPAZIO E TEMPO La nozione di tempo è importante per progettare la nascita e la crescita della famiglia. Dire tempo familiare significa porre l'istanza del progetto, disponendolo a costruire il futuro. Ogni famiglia, fin dal costruirsi del legame di coppia, comincia a vivere la propria storia nel tempo. La nozione di tempo familiare si mostra significativa per gestire anche quella di spazio domestico. I tempi di vita familiare esigono un confronto serrato con la dimensione spaziale. La famiglia può essere intesa come luogo di educazione se è percepita nel suo essere sistema di relazioni, di Intrecci, di scambi proiettati nel tempo e nello spazio. Lo spazio familiare diventa così sintomo di riservatezza nel quale si elabora una cultura educativa peculiare. STILE DELLA COMUNICAZIONE EDUCATIVA Le relazioni che si stabiliscono tra i vari membri della famiglia non si risolvono in un meccanico rigido cambio di informazioni. La società coniugale offre ai figli la possibilità di avviare le relazioni interpersonali all'insegna di un privilegiato stile di comunicazione. 40 - Il disporsi al dono e all'accoglienza del Tu, del diverso, dell'altro, secondo un processo di confronto continuo con il medesimo. Dire padre e madre sotto l'aspetto pedagogico educativo significa muovere dal valore della diversità sessuale tra i coniugi e da quello del confronto dialogico tra di essi e con il figlio. Il rapporto tra padre, madre, figlio esemplifica il modo attraverso cui i valori della differenza di genere e di generazioni, diventano storia umana. Nel procedere dei legami educativi, tutti i termini interagenti raggiungono livelli sempre più elevati dell'identità personale di genere: In entrambi i casi gli obiettivi a cui si mira sono quelli della: progettualità, dell'intenzionalità, della responsabilità; la genitorialità poggia su di un sistema di valori che aiuta a specificare i compiti a cui si è moralmente chiamati. La categoria della genitorialità postula la durata nel tempo del legame intrecciato tra uomo e donna, tra genitori e figli. Alla genitorialità è associata l'idoneità personale coniugale di suscitare anche e soprattutto la crescita spirituale, morale e sociale dei figli, lungo la via della piena umanizzazione. La categoria della genitorialità appartiene di per se stessa, al discorso pedagogico in cui in essa è presente l'istanza della relazione intrecciata tra i genitori e i figli. La continuità temporale, esige la istituzionalizzazione del legame, con la quale si verifica il passaggio dalla privatizzazione del rapporto d'amore alla pubblicizzazione del medesimo. Durata temporale e istituzionalizzazione del legame pongono in maniera evidente l'esigenza di un quadro normativo condiviso della collettività, entro il quale collocare la questione della genitorialità. FERTILITA’ E FECONDITA’ Il libro inoltre si sofferma sulla fertilità e la fecondità della coppia in cui la prima è vincolata alla componente biologica mentre la seconda è espressione della ricchezza dell'amore coniugale. La fecondità affonda le radici nella capacità dell'uomo e della donna di donarsi reciprocamente, di aprirsi insieme al dono di sé e di accogliere il dono ad essi donato, ampliando il proprio raggio di esperienze e di azione. La dimensione del dono coniugale è manifestazione dell'amore di coppia. La categoria della genitorialità, sotto l'aspetto pedagogico, è contraddistinta dal tema della cura del figlio. I modi della cura, non sono esclusivi di un sesso soltanto ma si identificano con il procedere del discorso pedagogico, che ne specifica due direzioni principali: l'educazione come cura e l'educazione ad aver cura. La prima direzione concerne il senso dell'agire formativo, quindi il verso “dove prestare attenzione” e “incamminarsi”, mentre la seconda riguarda il modo di essere da promuovere nelle educando, perciò il “che cosa aiutarlo a diventare” mediante la presentazione di particolari traguardi. SINTASSI GENITORIALE Fino al passato, nel più ampio contesto sociale, o almeno in alcuni settori di vita, era facile rinvenire forme di linguaggio genitoriale, di stappo paterno e materno. Esse si manifestavano secondo le modalità relazionali del controllo, del divieto, delle prescrizioni gerarchiche. Oggigiorno queste forme di linguaggio genitoriale hanno subito un forte ridimensionamento a causa delle modificazioni strutturali, economiche, valoriali, intervenute nell’assetto sociale. 41 Sin dai primi momenti di vita matrimoniale, marito e moglie sono impegnati a formulare una comune sintassi relazionale, con la quale iniziare a scrivere la loro vita in comune. Proprio per questo, i primi tempi di vita matrimoniale non scorrono in modo lineare: spesso sono contraddistinti dalla messa in discussione, da parte di un coniuge, delle modalità comunicative e dagli stili comportamentali. La necessità di intervenire con adeguate e proposte pedagogiche di perfezionamento comunicativo, si scaturisce dalle seguenti circostanze: - I coniugi tendono a ricreare modalità di rapporto uguali a quelle che hanno visto dai rispettivi genitori - I coniugi tendono a far valere determinati stereotipi culturali connessi con l'identità di generi - I coniugi inclinano a definire la propria posizione nel sistema relazionale di coppia L'alfabeto relazionale che i giovani sposi sono sollecitati a formulare, esige di essere arricchito, avvalendosi di una vera e propria grammatica e di una vera e propria sintassi relazionale. La coppia ha da definire regole, criteri di condotta, obiettivi verso cui tendere, valori orientativi. Con la nascita del figlio, l'uomo e la donna intraprendono un cammino di reciproco apprendimento per delineare le loro funzioni educative. Inoltre avviano un processo di confronto, ossia modalità comunicative da assumere nei confronti del figlio, sulla base di prescelti e condivisi valori. L’APPRENDIMENTO DELLA FUNZIONE EDUCATIVA PATERNA E MATERNA La coppia odierna si contraddistingue per l'indifferenza verso il mondo circostante. E’ un sistema relazionale che per la propria esistenza, scambia poco o nulla con l'esterno; consolidarsi di un siffatto andamento, hanno influito due fattori, ossia: - Lo svilimento culturale delle funzioni coniugali in cui la coppia sembra non avere alcun peso sociale - Il dissolversi del tessuto axiologico, talché la coppia ha cessato di proporsi come centro propulsivo della vita familiare. Il dinamico articolarsi dei due motivi ha contribuito a contrassegnare in modo peculiare i legami di coppia e familiare, favorendo un processo di autocentrazione dei medesimi in senso emotivo- affettivo –comunicativo È venuto meno il rapporto costruttivo tra vincolo matrimoniale, vita familiare, contesto sociale, è prevalsa l'idea dei legami tra i sessi e tra le generazioni come semplici luoghi di scambio comunicativo. È necessario, in primo luogo, denunciare la tendenza di molte persone ad intendere il rapporto di coppia al pari di un semplice luogo rifugio, in cui rintanarsi per trovare gratificazioni e compensi alle frustrazioni eterne subite. Nel testo vengono rilevati alcuni elementi scientifico-culturali a far esaltare l'importanza pedagogico-educativa della figura paterna e materna. RICERCA SCIENTIFICA E FIGURE PARENTALI Negli ultimi decenni vari ricercatori hanno riconsiderato con molta attenzione l'importanza della funzione educativa del padre nella crescita del figlio. Essi hanno cominciato ad elaborare una concezione del genitore, secondo la quale egli è capace di intrecciare rapporti interpersonali per il divenire sano e armonico della prole. La relazione del figlio con il padre, al pari di quella intrecciata con la madre, va ben oltre ai processi di identificazione e di tipizzazione sessuale del minore. 42 E’ in atto una vera e propria rivalutazione della figura paterna, alla quale corrisponde una rinnovata sensibilità e attenzione da parte di coloro i quali la incarnano nel vivere quotidiano dei rapporti coniugali e familiari. Nei nuovi padri è vivo il desiderio di intrecciare con il figlio un rapporto ricco e soddisfacente per entrambi, soprattutto in un momento storico in cui le nascite vanno sempre più diminuendo. L’APPRENDIMENTO DELLE FUNZIONI EDUCATIVE PARENTALI Il primo elemento su cui insiste riguarda l'apprendimento della funzione paterna e materna. Padre e madre non si nasce ma si diventa; un conto è essere capace di mettere al mondo un figlio un altro conto invece è la capacità di educare un figlio. Il processo di apprendimento alla paternità e alla maternità, che inizia sin dai primi momenti di vita del soggetto in crescita e si amplia man mano, trova nel legame di coppia il momento privilegiato di affinamento. La genitorialità comincia a strutturarsi nell'ambito della coniugalità, in virtù sia del legame di reciprocità intrecciato dai partner, sia dal reciproco avvaloramento delle differenze soggettive. È necessario che in entrambi i soggetti ci sia disponibilità e coraggio; spetta ad essi capire che la conquista del valore personale si correla al riconoscimento del valore dell'altro, secondo un ritmo di auto ed etero educazione. Su tale premessa viene costruito il rapporto educativo dei singoli genitori e della coppia nel suo insieme con il figlio. Ben si comprende che non si tratta di negare il maschile o il femminile ma si pone invece l'impellenza di imparare ad articolarli in modo armonico alla luce delle scelte di valore effettuate. Ciò non può essere trascurato, specialmente se lo si correla a quel processo di attribuzione di tratti femminili al ruolo paterno e di tratti maschili a quello materno che sfocia in una giustificazione della cosiddetta famiglia uni-gender. Film dai primi momenti di vita insieme, l'uomo e la donna sono chiamate a confrontarsi per chiarire la disposizione individuale e comune, circa la scelta di avere un figlio. Attraverso i momenti dell'incontro, del confronto e del dialogo, comincia a precisarsi il desiderio di ampliare l'universo personale e duale, nella prospettiva dell'accoglienza del figlio. S’ impongono pertanto precisi valori tra cui quello del dono, dell'apertura all'altro da sé, dell'accettazione del tu. Se vissuto sotto il segno della responsabilità, l'evento della nascita, soprattutto del primo figlio, motiva processi di profondo cambiamento personale e duale. Il passaggio dal legame diadico a quello triadico, è uno snodo fondamentale che segna l'accesso alla storia della famiglia, all'identità genitoriale. La relazionalità materna privilegia soprattutto la componente comunicativa non verbale, nella quale la dimensione della corporeità, del contatto visivo, tattile, dell'accoglienza emotivo- affettiva occupa un posto privilegiato. La relazionalità paterna sembra invece privilegiare soprattutto la componente comunicativa verbale, nella quale il contatto esplorativo/osservatorio sopravanzano il coinvolgimento corporeo ed emotivo-affettivo. Il desiderio di un figlio comincia a prendere forma gradualmente, a man mano che aumenta la convinzione di aver compiuto un certo cammino di coppia. 45 Il suo funzionamento poggia sul bagaglio conoscitivo di cui sono i portatori i coniugi, i quali a loro volta, rinnovano principi, regole, norme, orientamenti educativi posti alla base del loro essere educatori. Con la propria cultura educativa, la coppia genitoriale filtra le sollecitazioni ambientali, accogliendole o respingendole. La cultura educativa della famiglia è una cultura “situata”, essendo qualificata da un certo luogo e da specifici soggetti interagenti; è perciò una cultura educativa originale. Così facendo, essa costruisce e definisce nel tempo, la propria soggettività operativa, la propria originalità, la propria unicità educativa. PRESUPPOSTI PEDAGOGICI I presupposti pedagogici possono essere stimati come gli elementi di base in virtù dei quali mirare al concretamento nella comunità locale di un'efficace sistema formativo integrato o con altra espressione equivalente di una proficua rete educativa. Nel testo vengono evidenziati i 4 presupposti pedagogici: - Il primo presupposto è ravvisabile nell'esigenza di tornare a riflettere su chi detiene il diritto all'educazione dei minori in cui la Carta Costituzionale sancita dall'articolo 30 asserisce che esso appartiene alla famiglia. - Il secondo presupposto è identificabile nell'esigenza della progettualità educativa, che sta a significare tanto il coinvolgimento della famiglia quanto il confronto tra i progetti elaborati, lungo la linea del perseguimento di quella che possiamo indicare come “coerenza educativa” tra le istituzioni del territorio. - Il terzo presupposto è dato dalla necessaria tutela della specificità istituzionale in riferimento agli obiettivi educativi perseguiti. - Il quarto presupposto scaturisce dal urgenza di definire modalità comunicative che si costituiscono come armonizzazione delle varie realtà educative e dei saperi di cui Esse sono portatrici LA FAMIGLIA SNODO VITALE DELLA RETE EDUCATIVA Il concetto di “rete” e di per sé molto ampio ed è possibile esaminarla da diversi angoli di visuale: le istituzioni che la costituiscono, gli attori che in essa agiscono, le modalità di funzionamento dei legami intrecciati e così via. In quanto tale, essa si qualifica come “strumento metodologico”, idoneo a mettere in luce precise peculiarità. Ciò riguarda anche la rete “educativa”, ossia quel tessuto inter-istituzionale è interumano contraddistinto da evidenti, formali e intenzionali preoccupazioni di cura, sostegno e orientamento dei soggetti a cui si rivolge o di cui si fa carico. Se si prende in considerazione la rete come progettata occasione di partecipazione tra le varie realtà di un determinato territorio, interessate all'educazione delle nuove generazioni, risulta necessario esaminare due elementi di quadro: - Il primo è costituito dalla antropologia di riferimento, in cui lo sfondo concettuale e quello di stampo personalista che giova ad esaltare il valore della persona e il valore della comunità. - Il secondo elemento consiste nella convinzione che la rete educativa va sempre concepita in riferimento all’ampio mondo socio-culturale in cui si struttura. La rete e da costruire sulla base della percezione della compresenza di prospettive culturali e valori differenti. 46 Parlare di famiglia come “snodo vitale della rete educativa”, significa interrogarsi circa la possibilità che essa si delinei come luogo idoneo a permettere alle varie istituzioni territoriali di operare in modo autonomo e originale. RAPPORTO TRA FAMIGLIA E ASILO NIDO Per padri e madri, lo spazio educativo del servizio, rappresenta il primo luogo extrafamiliare a cui affidare la cura del proprio figlio. La messa in parola degli universi culturali ed educativi che contraddistinguono la famiglia e il servizio, possono rappresentare una via pedagogica, al fine di rendere l'incontro tra genitori ed educatrici, un'occasione per sviluppare riflessività ed intraprendere un incontro dialogico verso l'edificazione di una comunità educante. Questi momenti rappresentano occasioni pedagogico educative per realizzare un secondo incontro tra adulti educatori. L'agire educativo delle educatrici ha come preciso oggetto di attenzione la relazione famiglia- nido per attribuire senso e conferire spessore pedagogico ad una relazione veicolata dal bambino. Rendere il dialogo con i genitori, uno strumento di professionalità educativa, allarga gli orizzonti della progettualità, tanto nell'ambito della didattica quanto in quello del sapere e dell'identità professionale stessa. FAMIGLIA E SERVIZI L'incontro tra famiglia e servizio può rappresentare un'occasione significativa di sostegno alla genitorialità, in una fase precoce di vita del bambino, in cui significati della nascita sono ancora in via di elaborazione e le funzioni educative paterne e materne stanno prendendo forma. La costruzione dell'alleanza educativa tra educatrici e genitori, intesa anche come forma di sostegno alla genitorialità, non può essere costruita solo in presenza di difficoltà o eventi critici, ma va alimentata con costanza e continuità, nella consapevolezza della presenza di alcuni fattori che oggi rendono impegnativo e complesso l'accostamento all'universo familiare. La pluralità dei modelli di coppia, la fragilità dei legami, la precarietà lavorativa compongono un quadro sociale estremamente impegnativo con cui misurarsi. Se le educatrici possono arricchire di nuovi significati proprio agire professionale e se i genitori possono acquisire maggior consapevolezza e rivisitare criticamente le proprie pratiche di cura, possiamo intendere l'alleanza educativa nido-famiglia, come un'occasione di rinnovamento non solo dei singoli ma anche del servizio stesso. COSTRUIRE L’ALLEANZA EDUCATIVA TRA NIDO E FAMIGLIA: PRATICHE DI DIALOGO TRA CULTURE EDUCATIVE Incontri di gruppo e colloqui individuali, interazioni quotidiane e momenti di rappresentanza formale, feste laboratori, sono le molteplici declinazioni di un incontro che ha bisogno di essere costruito attraverso una pluralità di eventi e una varietà di espressioni. Nella prospettiva della comunità educante, il nido è sfidato a cambiare le proprie pratiche più consolidate. 47 Le educatrici sono chiamate a coltivare una cultura del dialogo e della partecipazione delle famiglie, come linfa vitale per far maturare il servizio, inteso come sistema in relazione con altri sistemi. In Italia, la storia più recente del nido ha conosciuto la realizzazione di esperienze molto variegate di incontro tra servizio e famiglia. Intendere il nido come contesto educativo di incontro tra le culture educative degli adulti non significa discostare l'attenzione pedagogica dalla centralità del bambino. Attraverso l'osservazione la documentazione effettuate dalle educatrici, i genitori possono prendere atto delle competenze inaspettate dei propri figli, della loro capacità di adattamento ad un contesto extra familiare, della sensibilità o determinazione che manifestano nel rapporto con i coetanei. LA FORMAZIONE DOCENTE La formazione del docente negli ultimi anni è stata investigata sul piano della professionalità docente e delle competenze principali da possedere per individuare i bisogni educativi e formativi. La figura del docente è stata fortemente condizionata dalla dimensione storica e politica, nel ventennio fascista, configurandosi come la cinghia di trasmissione dell'ideologia dominante al popolo. È il 1945 a rappresentare l'anno di svolta soprattutto con l'esempio della scuola militante e di figure significative come Carleton, il quale si fece promotore di un rinnovamento della scuola italiana introducendo nei suoi programmi della scuola elementare, il “rappresentante dei genitori”, ritenuto figura centrale per la co-educazione degli studenti. Washburne elaborò un preciso progetto culturale che si innestava in un'idea di scuola come comunità sociale in cui membri cooperavano tra loro per raggiungere obiettivi comuni a favore del benessere degli alunni. La scuola nel tempo ha assunto funzioni e compiti nuovi non solo a livello didattico curricolare, organizzativo e gestionale ma anche per quanto riguarda la gestione della relazione con i genitori e con le altre agenzie educative non formali e informali. I modelli pedagogici del ventesimo secolo si sono intrecciati continuamente con i dispositivi legislativi e i modelli organizzativi. Con i Decreti Delegati, si contrassegnerà la necessità di delegare poteri alle istituzioni periferiche e agli operatori dell'educazione e istruzione nelle varie realtà locali, nel tentativo di rispondere alle esigenze e alle istanze dei territori stessi. Con i Decreti Delegati, inoltre, sì avanza l'ipotesi di giungere ad una gestione sociale della scuola non solo dalla famiglia, ma anche dagli enti locali, delle comunità locali allo scopo di dare spazio alle forze propositive, con il comune obiettivo da raggiungere che riguarda il rinnovamento di contenuti e i metodi dell'insegnamento. Negli anni 70 la scuola viene concepita come comunità educativa ed educante, mentre negli anni 90 si profila l'idea di scuola come sistema formativo integrato. Ne consegue che la scuola, dal 1923 ad oggi, subisce notevoli cambiamenti sul piano legislativo, organizzativo, didattico, curricolare che hanno condizionato il rapporto docenti e genitori. Con l'emanazione dei decreti delegati del 1974 la scuola si trasforma profilando un modello organizzativo che fa capo al sistema naturale. In base a questo modello è la struttura assemblare degli organi collegiali sorge in funzioni di una società che si interfaccia con la scuola. 50 Tra le diverse scelte educative che una famiglia può intraprendere, via la possibilità di accedere a uno dei servizi per la prima infanzia; si tratta di una scelta che chiama in causa gli adulti e richiede loro di selezionare le esperienze educative dei membri più giovani. Per servizio si intenderebbe, quindi, chi meglio può avere in custodia il bambino, quando i genitori non possono farlo. L’ESIGENZA DI UNA POLITICA EDUCATIVA CON E PER LA FAMIGLIA Sotto l'aspetto pedagogico, la politica familiare per poter risultare valida, non può prescindere da una qualificazione pedagogica educativa. Oggigiorno è reclamata l'ideazione di piani e programmi politici che aiutino la famiglia a riprendere consapevolezza di tutte le proprie funzioni, quindi dei propri diritti ma anche dei propri doveri, da assolvere nei molteplici settori di vita, lungo la via del benessere personale e comunitario. Una politica educativa a favore della famiglia è nell'interesse di tutti i colori quali hanno a cuore l’andamento democratico della società. Pianificare e progettare iniziative, specialmente di quella educativa, significa lavorare per gli ideali di pace, di giustizia, di fraternità universali. Per mezzo della costante attenzione ai valori, la pedagogia può fare in modo che nell'ideazione di una politica familiare sia presa in seria considerazione la dimensione educativa da conferirle, sollecitando colori quali hanno compiti di gestione del potere a mettere l'accento su determinati temi: - Preparazione delle varie generazioni alla famiglia - Responsabilità e capacità propositiva della famiglia - Sostegno all'impegno della famiglia per quanto riguarda l'educazione dei soggetti - Diretto coinvolgimento della famiglia nel processo di sviluppo del contesto sociale in cui è situata Anche la Costituzione della Repubblica Italiana giustifica una tale presa di posizione che con gli articoli 29,30 e 31 riconosce l'intangibilità del bene-famiglia e il diritto/dovere dei genitori di mantenere, istruire, educare i figli, assegnando allo Stato l'obbligo di offrire provvidenze adeguate. Invocare una politica educativa per la famiglia significa chiedere iniziative pubbliche le quali attraverso il coinvolgimento di enti, istituzioni, movimenti, associazioni, si preoccupano di formare le nuove generazioni alla vita matrimoniale e familiare. Parlare di politica familiare significa farsi carico delle particolarità esistenziali di un sistema di convivenza e delle funzioni educative che vari soggetti in esso agenti, svolgono nella situazione coniugale, parentale, fraterna. TIPOLOGIE DI SERVIZI INTEGRATIVI a) Centro per bambini e genitori In questi centri è prevista l’accoglienza dei bambini insieme ai loro genitori, diventando una risorsa importante tra educatori e genitori allo svolgimento delle attività. b) Spazio gioco e di accoglienza E’ un servizio con caratteristiche ludiche. Gli spazi gioco sono privi di servizio mensa ma possono tuttavia garantire il servizio colazione e/o merenda; al loro interno deve essere previsto uno spazio idoneo al riposo dei bambini che ne manifestino la necessità. Finalità: Gioco e socializzazione. Utenza: Bambini in età compresa tra 12 mesi e 5 anni. c) Servizi sperimentali 51 I servizi sperimentali sono rivolti ai bambini fra i 12 ed i 36 mesi e rispondono con caratteristiche organizzative e strutturali diverse, rispetto alle altre tipologie di servizi per la prima infanzia (quali nidi d'infanzia, centri per bambini e genitori, spazi gioco, servizi educativi domiciliari).
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