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Pedagogia della Famiglia, Sintesi del corso di Pedagogia dell'infanzia e pratiche narrative

Il documento approfondisce le problematiche sulla genitorialità nei giorni nostri e propone delle pratiche per poter vivere al meglio le trasformazioni della famiglia oggi.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 27/02/2019

LVitali
LVitali 🇮🇹

5

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2 documenti

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Scarica Pedagogia della Famiglia e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia dell'infanzia e pratiche narrative solo su Docsity! SECONDA PARTE: IL DIVENIRE DELLE FUNZIONI EDUCATIVE FAMILIARI 1. IL DIVENIRE SISTEMICO DELLA FAMIGLIA FRA TEMPO E SPAZIO EDUCATIVI La pedagogia della famiglia in Italia, fino agli anni Sessanta del secolo scorso, non ha goduto di grande attenzione; gli studi prodotti erano principalmente di carattere teorico ed erano condotti da coloro che appartenevano al “mondo cattolico” e le loro riflessioni si basavano su: riflessione teologico-morale e rilevazioni socio-psicologiche. Dopo la metà degli anni Sessanta, la pedagogia della famiglia comincia a delinearsi nel contesto della ricerca universitaria; acquista maggiore attenzione per quanto riguarda il tema della “famiglia”. Tra gli orientamenti scientifici utilizzati per gli studi si evidenziano: - Teoria generale dei sistemi: formulata da Bertalanffy, si diffonde in Italia all’inizio degli anni Settanta, grazie ai risultati da lui conseguiti sin dagli anni Venti con indagini in campo biologico. Teoria che è nata in contrapposizione alla visione filosofica classica, che si basa sul metodo analitico-lineare, tale teoria scientifica si accorge che il metodo analitico sino a lì utilizzato non era più adatto: esso prevedeva di analizzare il fenomeno scomponendolo nelle sue parti più piccole e attribuendo al tutto le proprietà del singolo. Si passa al metodo globale, in cui gli organismi sono realtà complesse regolate da intenzioni reciproche. Con la teoria generale dei sistemi, non ci si limita ad analizzare i singoli componenti, per poi ricavare le proprietà del tutto con l’analisi sintetica, va analizzata la totalità dell’oggetto. Il concetto di sistema dice che “ il tutto contiene qualcosa in più della semplice somma delle sue parti “ , quindi è un insieme complesso di parti che entrano in relazione fra loro, e che conferiscono al sistema stesso proprietà nuove e maggiori di quelle derivanti dalla somma delle singole componenti. In questa definizione, è compresa anche il concetto di “unità nella diversità”, ove il sistema è un insieme di elementi con caratteristiche differenti e che sono in relazione fra loro. Ne consegue che la variazione introdotta in una componente si ripercuote sa su tutto il sistema sia sugli altri elementi: ogni perturbazione comporta ogni volta un riequilibrio. - Filosofia dialogale: esponente Buber, definito un grande filosofo dell’educazione; teorizza il concetto di “uomo come essere dialogico”: la sua concezione antropologica poggia sul concetto di uomo che, per potersi realizzare al meglio della sua possibilità, deve stabilire dialoghi, relazioni e scambi con il mondo delle cose (materiale), delle persone e dei valori (spirituale): se l’uomo non fa questo, è destinato all’insoddisfazione. Secondo Buber, l’uomo è un essere come gli altri, che per poter realizzare sé stesso deve entrare in una rete di rapporti che, oltre a realizzare sé stesso, contribuisce anche alla realizzazione degli altri. Dal punto di vista pedagogico, il rapporto educativo che si stabilisce è un rapporto in cui non c’è semplicemente il dare dell’educatore all’educando, ma c’è uno scambio: si cresce anche in base a ciò che viene offerto dall’educando; il dialogo non è fatto solo di parole, ma anche di corrispondenza, di dimensione interiore, si parla di incontro d’anime tra le persone. La teoria generale dei sistemi, la filosofia dialogale di Buber e gli studi del Mental Research Institute di Palo Alto (sulla prospettiva relazionale) hanno meglio delineato il profilo di una pedagogia della famiglia in prospettiva sistemico-relazionale. 1.1 LA FAMIGLIA COME SISTEMA DI RELAZIONI EDUCATIVE La realtà familiare è concepita come un sistema relazionale dinamico intenzionalmente progettato nel quale si attua un continuo processo d’insegnamento-apprendimento tra le sue componenti costitutive. Il sistema familiare è collegato alla struttura relazionale della persona, la quale manifesta l’innata tensione ad entrare in rapporto con le tre sfere d’esperienza: mondo delle cose (materiale), mondo delle persone (sociale) e mondo dei valori (axiologico). L’accentuazione di una sfera a scapito delle altre può produrre squilibri psicologici, stati di sofferenza emotivo-affettiva, fino alla possibile deriva patologica della crescita. L’uomo, in quanto essere dialogale, necessita di entrare in contatto con l’Io e con il Tu, con il sé e con il diverso da sé. È fondamentale che la famiglia tenga conto di questa peculiare caratteristica umana affinché non si chiuda in sé stessa, rischiando di sfociare in ciò che viene definito “asfissia relazionale”. In quanto sistema relazionale, la famiglia necessita d’interagire con l’ambiente circostante: tra famiglia e mondo esterno si produce uno scambio materiale, culturale e valoriale secondo un dinamismo di reciprocità. In questo dinamismo assumono un ruolo primario: - la capacità degli adulti di filtrare, selezionare e mediare le sollecitazioni ambientali; - l’assunzione di consapevolezza circa l’influsso che la famiglia può esercitare verso il mondo esterno. La famiglia come sistema relazionale aperto può essere esaminata prendendo in considerazione quattro dimensioni: a) Dimensione progettuale: manifesta l’idea che il legame di coppia sia in correlazione con il futuro, che deve essere preso in seria considerazione dai due soggetti, i quali sono sollecitati ad incamminarsi lungo la via che prevederà scelte da compiere. La coppia si dispone per la costruzione di percorsi di vita futura e al miglioramento permanente. I valori dei coniugi (riferimenti axiologici) orientano le scelte dei coniugi, le modalità di affrontare i problemi della vita, di progettare il futuro e di educare i figli. b) Dimensione evolutiva: Quando si decide di intraprendere un cammino di coppia si deve tener conto che ci sarà da intraprendere un cammino evolutivo sia dal punto di vista personale che dal punto di vista coniugale-familiare-intergenerazionale. Si deve pensare alla famiglia come un vero e proprio organismo vivente (nascita, crescita, evoluzione…). In campo pedagogico Galli ha contribuito a definire “il divenire temporale della famiglia”. Egli afferma che vi siano diversi “stadi di crescita”, ciascuno con specifici “compiti evolutivi”. La famiglia interagisce con l’ambiente circostante e questo influisce sui compiti evolutivi suscitando modificazioni spaziali e temporali. La famiglia viene percepita come sistema di persone sottoposto a permanenti cambiamenti che derivano dalla crescita dei soggetti, dal mutare dei loro bisogni e dal variare dei legami intra ed extra domestici. c) Dimensione dinamica: La realtà umana è contrassegnata da un continuo processo di insegnamento-apprendimento tra le varie componenti della famiglia. Le persone si trovano in uno stato di permanente e reciproca interazione, assumendo caratteristiche peculiari a seconda delle esigenze e bisogni della famiglia. Nella dimensione evolutiva si parla di “stadi”, in quella dinamica I modi di essere genitori oggi sono da leggere ed interpretare in riferimento ad almeno tre questioni che riguardano il sistema domestico: a) Situazione di isolamento sociale in cui versa la gran parte delle famiglie. La crisi dei valori tradizionali ha incentivato la sopravvalutazione degli scambi affettivi all’interno della coppia: la coppia stenta a capire che la genitorialità deve essere esercitata sia in campo privato sia in campo pubblico. La situazione di isolamento sociale porta alla diffusione di due fenomeni: il primo è che la coppia viene vista come luogo-rifugio, in cui i soggetti cercano di compensare le tensioni e le situazioni problematiche. Il secondo è l’incapacità della famiglia di essere luogo creativo e di vita comunitaria, dovuto dalla scarsa capacità di filtrare e selezionare le sollecitazioni che provengono dall’esterno. Tutto questo alimenta situazioni di conflitto tra i coniugi e tra i genitori e i figli, andando a pregiudicare le possibilità di dialogo coniugale e intergenerazionale. b) Processo di semplificazione delle relazioni familiari: diminuiscono le coppie con 2-3 figli ed emerge la famiglia con figlio unico; tra i fattori della scarsa natalità si diffonde il “costo dei figli”, utilizzato come deterrente verso la procreazione. Inoltre, la denatalità può essere causata dalla modificazione della gerarchia dei valori effettuata dalla coppia nell’odierna società dei consumi: la presenza del figlio diventa una delle tante possibilità che gli individui adulti prendono in considerazione nel loro vivere insieme. Inoltre, con il ricorso a sofisticate biotecnologie, la coppia può procreare anche in tarda età; con un solo figlio si sviluppa il fenomeno dell’impreziosimento della prole che consiste nell’aumento delle attenzioni parentali verso il figlio unico. c) Fenomeno dello snaturamento del modello di vita familiare: emergono e si radicano nuove modalità relazionali tra i sessi: le “nuove famiglie”, caratterizzate da instabilità ed indeterminatezza che contrassegnano l’organizzazione delle relazioni, ma anche i significati di cui tali relazioni sono portatrici. Le nuove forme di convivenza sviliscono l’idea matrimoniale e coniugale, esaltano invece l’occasionalità e la temporaneità dei legami. 2.3 ASPETTI DEL DISAGIO CONIUGALE E GENITORIALE Le molteplici e inedite difficoltà coniugali e parentali sono alimentate soprattutto da insicurezze valoriali (axiologiche) e fragilità relazionali dei partner. Queste problematicità suscitano alti livelli di sofferenza, arrecando danni alle funzioni educative e alla responsabilità genitoriali. a) La crisi del sistema valoriale tradizionale, che giustificava un certo tipo di sistema familiare contrassegnato dalla ferma suddivisione dei ruoli e dei compiti parentali, ha innescato l’inarrestabile erosione dei valori domestici. Da ciò scaturisce un disagio esistenziale dei genitori che faticano a cogliere la loro peculiare funzione genitoriale, precisata alla luce delle differenze di genere. Si sottostima l’indicazione pedagogica di costruire con il partner un assetto relazionale armonicamente composito, atto a dare al figlio conferma e sicurezza (pur nella diversità dei moduli comunicativi maschile e femminile). I due coniugi trascurano che, nel rapporto di coppia, il processo di comunicazione interpersonale risulta utile se si svolge nella prospettiva della cooperazione, dello scambio e dell’esaltazione dell’altrui realtà personale. Da tale disagio scaturisce la delega delle proprie responsabilità genitoriali ad altre istituzioni formative, la ricerca di sostituti parentali, il ricorso all’esperto in problematiche educative. b) Il disagio dei genitori è dovuto anche a fraintendimenti socio-culturali che riguardano il legame di coppia e sono collegati all’idea che vi sia assoluta parità tra uomo e donna, idea rivendicata in molti paesi del mondo nel corso del XX secolo. La conquista della parità tra i sessi ha messo in crisi la tradizionale distribuzione dei compiti materni e paterni: nello spazio domestico tale parità è sorgente di permanenti conflitti tra i coniugi. La coppia non sa come ripartirsi determinate mansioni e responsabilità. La parità viene confusa con la simmetria e con la negazione delle specificità personali: spesso la parità dei ruoli viene identificata con la parità delle funzioni; i fraintendimenti si ripercuotono sui figli in crescita. Sotto l’aspetto pedagogico è fondamentale sottolineare il peso delle differenze soggettive e l’istanza della reciprocità. c) L’esigenza di uguaglianza si traduce in svilimento/negazione delle differenze sessuali (biologicamente date) e di “gender” (socio-culturalmente suscitate). Dopo secoli in cui la donna si è trovata in situazioni di subordinazione oggi rivendica la sua dignità esistenziale; ciò non deve sfociare nella negazione o omologazione delle particolarità di genere. L’uomo e la donna devono formulare regole di rapporto, divisione dei compiti che li aiutino a differenziare atteggiamenti e funzioni; spetta alla coppia decidere al proprio interno doveri e incombenze, e il singolo coniuge deve aiutare l’altro a ritagliare la propria specificità. Il disagio coniugale e genitoriale poggia su un elemento comune: la difficoltà a comunicare con il diverso, con l’altro da sé, con il Tu. In tal modo, la diversità è fraintesa e negata. Gli odierni mutamenti processuali tendono a snaturare i rapporti tra sessi e tra generazioni, li riducono e li privano dei significati esistenziali e progettuali. 2.4 PER UNA PEDAGOGIA DELLA GENITORIALITÀ La genitorialità, per l’antropologia personalistica, è una categoria ontologica posta alla radice dell’essere umano. Va ben oltre il desiderio egoistico dell’affermazione individuale: è espressione della connaturata tensione umana all’incontro dell’Io con il Tu, della diversità con la diversità, della mascolinità con la femminilità. Dalla genitorialità discendono le specificazioni della parentalità: essere padre, madre, figlio e fratello. Sotto l’aspetto pedagogico c’è diretta e precisa consequenzialità tra conquista dell’identità personale, tensione alla coniugalità e accesso alla genitorialità. a) la genitorialità non può essere confusa con la generatività, cioè la capacità procreativa dell’individuo: i significati pedagogico-educativi di cui è portatrice vanno ben oltre il dato meramente biologico. La componente biologica costituisce una sorta di matrice. Sulla componente fisio-biologica influiscono fortemente le sollecitazioni ambientali. Tra gli influssi ambientali, spiccano quelli educativi, che concorrono alla determinazione dell’”identità sessuale” e del “ruolo sessuale” del soggetto in via di sviluppo. L’identità sessuale riguarda l’intima sensazione soggettiva di essere maschio o femmina; il ruolo sessuale implica l’assunzione di particolari comportamenti, maschili o femminili, in un certo contesto ambientale. L’identità di genere si presenta come sintesi dell’identità sessuale e del ruolo sessuale; sull’identità di genere poggia la genitorialità. Esiste una dimensione sociale della genitorialità che affonda le radici nel complesso di tradizioni, usi, costumi e credenze. La componente pedagogico-educativa risulta necessaria per portare a termine l’identità personale. b) Coniugalità e genitorialità: la genitorialità è contenuta nella categoria della coniugalità; la genitorialità scaturisce dal progetto di coppia che si apre all’accoglienza e al divenire dell’incognita umana. Alla coniugalità appartengono due dimensioni: tensione a realizzare l’unità d’amore nella diversità; il disporsi al dono e all’accoglienza del Tu. Si mira alla progettualità, all’intenzionalità e alla responsabilità: la genitorialità poggia su un sistema valoriale che aiuta a specificare i compiti a cui si è moralmente chiamati a rispondere; ma oggi tali valori sono in crisi: si svilisce l’apertura alla vita e il vincolo coniugale e genitoriale è caratterizzato dalla precarietà. La genitorialità è direttamente connessa con l’istanza della progettualità e postula la durata nel tempo del legame intrecciato tra uomo e donna. La continuità temporale esige la istituzionalizzazione del legame, con la quale si verifica il passaggio dalla privatizzazione del rapporto d’amore alla pubblicizzazione del medesimo. Oggi vediamo prevalere quella forma d’amore che privilegia il primato dell’etica soggettiva, discrezionale, rispetto all’etica della responsabilità ontologicamente fondata. In questo senso si comprende la distinzione tra fertilità e fecondità: la fertilità è vincolata alla componente biologica; la fecondità è espressione della ricchezza dell’amore coniugale, affonda le radici nella capacità dell’uomo e della donna di donarsi reciprocamente, di aprirsi insieme al dono e di accogliere tale dono. Il dono è manifestazione dell’amore di coppia, è bisogno d’amore ma anche bisogno di donarsi. c) Genitorialità e compiti educativi: alla genitorialità si associa la capacità personale e coniugale di suscitare la crescita spirituale, morale e sociale dei figli; questo perché nella categoria della genitorialità è presente l’istanza della promozione umana. L’uomo e la donna devono essere responsabili ed assumersi i compiti educativi attraverso i quali educare i figli, guidarlo ad inserirsi ed orientarsi nel mondo circostante. 2.5 GENITORIALITA’ E CURA EDUCATIVA L’impostazione data al discorso aiuta a dire che la categoria della genitorialità, sotto l’aspetto pedagogico, è contraddistinta dal tema della “cura del figlio”. I modi della cura non sono esclusivi di un sesso soltanto. Essi si identificano col procedere del discorso pedagogico in due direzioni principali: l’educazione come cura e l’educazione ad aver cura. La prima direzione concerne il “senso dell’agire formativo” quindi “verso il dove” prestare attenzione e incamminarsi. La seconda direzione riguarda il “modo d’essere” da promuovere nell’educando, perciò che cosa lo aiuta a diventare qualcuno conseguendo particolari traguardi. In ogni caso l’una e l’altra direzione non sono esclusive di un genitore, quindi vanno sottolineate le differenti modulazioni delle formulazioni di cura a seconda delle differenze di genere dei coniugi. Il padre da alcuni decenni è alle prese con la definizione di un nuovo modello di paternità nel quale la dimensione della cura ha acquisito un posto fondamentale, senza però cadere nell’errore di assumere comportamenti di modelli materni. La pedagogia cerca di tutelare ed esaltare le differenze maschili e femminili e mira a promuovere forme di potenziamento della soggettività coniugale e, nella linea dell’empowerment, a mettere in condizione i coniugi di decidere le proprie regole e il loro modo di comunicare e di vivere. 2.6 LA SINTASSI GENITORIALE Fino a un recente passato era facile rinvenire a forme di linguaggio genitoriale di stampo paterno e materno. Esse si manifestavano prevalentemente secondo le modalità relazionali del controllo, del egli è capace d’intrecciare rapporti interpersonali fruttuosi per il divenire sano e armonico della prole. Detto questo, il bambino, per poter sviluppare tutti gli aspetti della sua personalità, deve crescere all’insegna del padre ma anche della madre, la relazione del figlio con il padre, insomma, affermano i vari studiosi, al pari di quella intrecciata con la madre, va ben oltre ai processi d’indettificazione e di tipizzazione sessuale del minore. I “nuovi padri” hanno il desiderio di tessere con il figlio un rapporto ricco e soddisfacente per entrambi, soprattutto ora che le nascite stanno diminuendo. Vengono inoltre delineati elementi che permettono una migliore precisazione delle figure paterna e materna. In questo contesto, quali elementi è necessario sottolineare ai fii della migliore precisazione pedagogico-educativa delle figure paterna e materna ? 3.3 L’APPRENDIMENTO DELLE FUNZIONI EDUCATIVE PARENTALI il primo elemento su cui insistere riguarda l’apprendimento della funzione paterna e materna: padre e madre non si nasce, ma si diventa. Un conto è essere capace a mettere al mondo un filgio, un’altro conto è la capacità di educare un figlio, quindi di farsi promotore dell’altrui umanizzazione e benessere esistenziale. L’accesso alla marternità e partenità è un processo di apprendimento lungo tutto il corso della vita, si tratta di imparare a comunicare con il diverso da sé, con l’altro. Tale processo inizia sin dai primi momenti di vita del soggetto in crescita e si amplia man mano in forza dei legami sempre più complessi intrecciati all’interno e all’esterno del nucleo domenistico , trova poi nel legame di coppia il momento privilegiato di affinimento e precisazione. La genitorialità comincia a strutturarsi nell’ambito della coniugalità ed è necessario che, in entrambi i soggetti, ci sia disponibilità e coraggio. Spetta adessi capire che la conquista del valore personale di correla al riconoscimento del valore dell’altro, secondo un ritmo di autoed etero educazione. L’uomo e la donna, raggiunto un giusto livello di comunicazione, si trasformano in “Noi” coniugale integrando le differenze soggettive. Su tale piano della coniugalità s’innesta la condizione scelta di generare un figlio, di accoglierlo, di educarlo. Attraverso i momenti dell’incontro, del confronto e del dialogo intersoggetivo, comincia a precisarsi il desiderio di ampliare l’universo personaleeduale, nella prospettiva dell’accoglienza del figlio. Questo implica diversi valori : quello del dono, l’apertura dell’altro da sè, l’accettazione del Tu. Se vissuto sotto il segno della responsabilità, l’evento della nascita, motiva i processi di profondo cambiamento personale e duale. Procedendo quindi alla definizione di nuovi modelli comunicativi, cimentandosi con la narrazione di una inedita storia familiare, il passaggio del legame diadico a quello triadico è uno snodo fondamentale che segna l’accesso alla storia della famiglia, all’identità genitoriale, alla responsabilità di educatori che hanno doveri verso la vita donata. il discorso invita a dire che soto l’aspetto pedagogico-educativo si tratta di procedere alla riscoperta della mascolinità e della femminilità nella loro diversità iniziale. Al riguardo, l’opzione a favore dell’antropologia personalistica permette di formulare la seguente ipotesi : la diversità iniziale tra mascolinità e femminilità può essere intravista nella diversa modulazione, sessualmente determinata, della comune radice antropologica della relazionalità. La relazionalità materna privilegia soprattutto la componente comunicativa non verbale (contatto visivo-tattile, dimensione corporale), mentre la relazionalità paterna privilegia la componente comunicativa verbale (contatto esplorativo-osservativo, distacco corporeo). La frattura tra mente e cuore, strumentalità ed espressività, tra mente e corpo è stata e continua ad essere oggetto di acute riflessioni nei vari campi del sapere. Le soluzioni ad esse date, manifestano tutte un’esigenza di base : contro la separatezza e la frammentazione, occorre scegliere la prospettiva della complessità, dell’articolazione e del’integrazione. Perciò, l’intervento educativo risulta indispensabile per favorire la maturazione e la corretta identità maschile e femminile attraverso precisi percorsi di apprendimento. Uomi e donne sono tenuti ad assumere consapevolezza delle proprie specificità. Diventari padri e madri significa considerare le modificazioni che i coniugi subiscono in riferimento al desiderio di un “oggetto d’amore”, al loro modo di reagire dinanzi alla sua presenza. Approfondiamo il tema con le testimonianze rilasciate da alcune coppie: 1 ) Desiderio: il desiderio di un figlio comincia a prendere forma gradualmente, fino a quando i genitori sono pronti all’accoglienza del diverso da sé. . Le difficoltà nell’attuazione di tale desiderio mettono a dura prova la coppia che si sente già pronta a crescere nella dimensione della prentalità. In questa circostanza, la mancanza di valori spesso è fonte di rimproveri reciproci, di fratture emotivoaffettive all’opposto, la possibilit di fare riferimento a un certo sistema di valori condiviso aiuta la coppia a dare senso al desiderio frustato e a ri-orintarlo. 2) Attesa: è un periodo nel corso del quale i sentimenti e le sensazioni si intensificano oltre misura e il tessuto valoriale dei coniugi assume un posto di rilievo. Nel tempo dell’attesa matura il senso di paternità e maternità, al pensiero del figlio che sta per arrivare l’uomo e la donna iniziano a pensare al loro modo di accoglierlo, accudirlo e educarlo. Si delineano anche ulteriori differenze tra l’uomo-padre e donna-madre. Per il primo, l’attesa è fatta di attezione prevalentemente razionale per quanto avviene e sta per accadere. Egli è più attento ai valori sociali, pubblici. Per la seconda, l’attesa è contraddistinta da sensazioni fisiche ed emotivo-affettive, alle quali seguono quelle razionali. Ella è più incline a coltivare i valori espressivi, affettivi, relazionali. 3) Presenza: del figlio si traduce nell’incontro dei genitori genitori con il Tu sconosciuto, il quale genera un senso si spaesamento e di meraviglia. Quelo in oggetto è il momento in cui la funzione educativa del padre e della madre comincia a delinearsi, in cui cioè l’alfabeto relazionale della coppia compone le prime parole e frasi, avviando il processo di strutturazione della comunicazione educativa con il figlio. In questo processo di apprendimento, acquista importanza la dinamica educativa della coppia. Inoltre, i coniugi devono prestare attenzione garantendo una relazione armonica con il figlio. Attraverso il legame coniugale, il padre, precisa la proprio funzione educativa in termini di rappresentazione della categoria dell’alterità. Quindi, per il suo rappresentarsi come “altro”( ispetto alla figura della madre ), egli si mostra come colui che compie una mediazione educativa dell’eperienza filiale , ossia come adulto capace di accostare il minore a contenuti e a spazi conoscitivi ignorati. 3.4 IL DIVENIRE DELLA PATERNITA’ E DELLA MATERNITA’ Il divenire è dimensione strutturale della famiglia e di tutti i soggetti che la costituiscono. Esso si dipana nel tempo e nello spazio, in senso verticale ed orizzontale. Pertanto il ritmo di accrescimento evolutivo e di arricchimento conoscitivo dei soggetti intereessati al procedere educativo si accompagna sempre ad un graduale ampliamento del raggio esplorativo ed esperenziale dei medesimi. Anche la genitorialità è caratterizzata da permanente divenire: il rapporto di coniugalità è fondamentale per il divenire dell’uomo-padre e della donna-madre. Quindi la precisazione nel tempo della funzione educativa del padre e della madre poggia su di un processo di permanente apprendimento, in primis tra i due soggetti interessati, in secundis nel complesso dei legami familiari subito dopo la nascita del filgio. Il rapporto di coniugalità è fondamentale. La comune e singolare assunzione di una nuova identità di genere (quella di genitore), in prospettiva educativa non può essere il frutto di una “razionale contrattazione” tra i due. Poggia invece sul legame d’amore che unisce l’uomo e la donna, sulla loro diversià, sulla loro capacità di essere untà coniugale, che non nega ma sottolinea il valore delle reciproche differenze. Sotto l’aspetto pedagogico, il passaggio dal “noi coniugale” al “noi familiare “ ” è il divenire dell’amore nel tempo e nello spazio mediante un processo di differenziazione ed integrazione delle diversità. Il divenire della genitorialità non è casuale: esso poggia sul progetto di coppia elaborato dai coniugi, quindi sul tema della responsabilità individuale e duale. Il figlio è l’oggetto d’amore capace di concorrere alla determinazione dell’evolversi nel tempo e nello spazio dell’identità materna e paterna. Nel divenire delle relazioni tra madre, padre e figlio, ciascun soggetto riconosce l’altro per le posizione che occupa. I coniugi sono chiamati ad assumere consapevolezza alla predisposizione dei modelli impersonali e standardizzati. Hanno perciò da intraprendere un cammino che sia orientato da una prescelta concenzione antropologica. Il processo di apprendimento alla gentorialità è da concepire non in maniera uniforme, bensì in riferimento alla peculiarità del rapporto comunicativo intrecciato dal singolo uomo e dalla singola donna, alle specificità della loro coppia. marito e moglie i protagonisti del loro essere genitori, spetta a loro enucleare regole comuni di comunicazione e farle evolvere nel tempo e nello spazio. In tal modo, la capacità educativa del padre e della madre trova la sua prima radice nell’unicità della situazione educativa coniugale e familiare, quindi nella competenza pedagogica dei genitori di sapersi orientare tra le molteplici proposte e suggestioni educative alla luce di valori prescelti. 3.5 LA DIMENSIONE DIALOGICA DELLA PATERNITA’ Sotto l’aspetto pedagogico, è importante rilevare la disponibilità del padre a modificare i propri schemi comunicativi, con il trascorrere del tempo. Per l’esercizio della propria funzione educativa è necessario che il padre conferisca una totalità particolare alle regole che governano l’andamento coniugale ed elabori un modello di relazione interpersonale con il figlio (con il tempo). Il padre deve soddisfare le richieste e le esigenze della situazione familiare: deve fare appello alla propria disponibilità a crescere nel tempo come padre, modulando la sua funzione sulla base dei nuovi bisogni educativi manifestati dal figlio e dalla famiglia. L’esigenza per il padre di modificarei propri schemi comunicativi, la possiamo ricavare da un lavoro di ricerca svolto qualche anno fa su settanta studenti universitari con un età compresa tra i 20 e 22 anni. Emerge la struttura dialogico-affettiva della paternità: i figli prefigurano il padre come modello educativo che è capace di ispirare la propria azione a criteri orientativi in cui prevale l’attenzione, la cura e la dedizione all’altro. La funzione educativa del padre si radica in chiari orientamenti di valore: questi concorrono a delineare l’identità personale dell’uomo-padre. 3.6 ACCORDI DI COPPIA E CIRCOLARITA’ DELL’EDUCAZIONE A questo punto del discorso si comprende bene che educare postula l’assunzione di consapevolezza di doversi misurare con un progetto strutturato, soggetto a variazioni, da adattare in maniera permanente all’evolversi dei soggetti e delle situazioni. Il progetto educativo familiare è singolare, è proprio di una famiglia e non di un’altra. Con tale processo si mira a perseguire traguardi di dicono, fanno e soprattutto sono: importante è il “saper essere”. Da questo dipende la qualità della vita della famiglia e delle interazioni che si attivano al suo interno. La formazione affettiva si compie anche mediante l’offerta quotidiana di modelli di controllo affettivo e di comunicazione coniugale. La vita familiare rappresenta la prima scuola nella quale la persona impara atteggiamenti e comportamenti della vita emotiva. C’è correlazione tra riconoscimento parentale delle emozioni negative dei figli, capacità di aiutarli ad affrontarle in modo tale che i figli guadagnino maggiore controllo emotivo. Dal genitore, il figlio impara a gestire gli stati affettivi, la regolazione e il monitoraggio della loro intensità e durata: il genitore si fa contenitore emotivo e aiuta il figlio a padroneggiare le proprie emozioni, facendosi egli stesso contenitore delle proprie emozioni; durante le prime età di vita risulta necessaria una presenza significativa che favorisca la realizzazione tramite accoglienze, ascolti, condivisioni e sostegni. Per manifestarsi in tutta sicurezza, l’Io ha bisogno di essere accolto, amato e sostenuto per quello che è: l’essere amati è un’esperienza preziosa di apprendimento della volontà e della capacità di amare in futuro. La famiglia è luogo dove chiedere carezze, darle a sé e agli altri. Aver vissuto relazioni con un linguaggio affettuoso è esperienza che facilita un positivo coinvolgimento emotivo nei rapporti interpersonali; consente il guadagno di autostima e autofiducia, aiuta ad apprendere ad amare sé stessi e gli altri, aiuta a donare amore. Per poter esercitare al meglio il mestiere di genitori è necessario mantenere la comunicazione con sé stessi, con il proprio pensare e in particolare con il proprio sentire. 4.3 UN CUORE GENITORIALE EMPATICO Il genitore efficace sa essere “comprensivo” e stabilisce un’interazione empatica con il figlio per poter incontrare la sua interiorità: si forma così un’alleanza progettuale, caratterizzata da condivisione delle responsabilità e crescita comune. Stretto risulta il collegamento tra sentire l’altro e poter avere cura di lui. L’empatia reclama il rispetto della sua iniziativa e della sua autonomia, della sua intenzionalità e della sua progettualità. ( EMPATIA – è il sentire con il proprio animo il mondo interiore dell’educando. È calarsi in esso per avvertire tutta la sua realtà emozionale. Empatia però non è identificazione. Implica un profondo legame personale, ma come dice Rogers è “ COME SE “ io provassi le stesse cose dell’altro. Io lo capisco come se questa emozione fosse la mia, ma è la sua. L’empatia non è un’attitudine innata. C’è qualcuno che è più o meno predisposto, ma bisogna allenarla, bisogna sperimentarla. “è vedere il mondo attraverso gli occhi dell’altro “. È importante dare un nome, dare intesità e il contenuto alle emozioni. Intensità e contenuto dell’emozione insieme al contento fanno si che l’altro riesca ad aprirsi. Questo si riesce a farlo quando non siamo in un clima autoritario. Quindi, c’è bisogno di un clima di rispetto, di ascolto, con queste caratteristiche la relazione empatica esiste e ci si sente riconosciuti ). L’amore educativo esige rispetto e apprezzamento dell’altro, volontà di cura e interessamento, promozione dell’altro nel segno della libertà e della singolarità. Il figlio ha bisogno di sentirsi aiutato, ha necessità di essere sollecitato a svilupparsi e a crescere per affermarsi come “soggettività inedita”. Ascoltare empaticamente è: • abbandonare schemi astratti • liberarsi dalla preoccupazione di risolvere rapidamente i problemi • saper fare pratica di capacità negativa • saper attendere • avere pazienza per dare all’altro le condizioni necessarie per trovare i suoi tempi • lasciar essere l’altro Quando si riesce ad ascoltare il figlio allora egli si dispone a farsi protagonista di un percorso di significativo rinnovamento e di sicuro incremento. Saper ascoltare con il cuore il “cuore” del figlio consente di inviargli un segnale di riconoscimento del suo valore e della sua dignità. C’è in gioco un ascolto di tenerezza che garantisce al figlio il riconoscimento e la difesa del suo statuto. La tenerezza permette di sentire in profondità i bisogni, i desideri e le emozioni del figlio. Il genitore tenero crea ponti, corridoi, negozia e concilia. La relazione educativa, costruita e governata da un’intelligenza pedagogica, infonde coraggio e suscita entusiasmo, favorisce la nascita e il potenziamento della responsabilità. Un contesto affettuoso è richiesto in modo particolare per i figli problematici per i quali è indispensabile un impegno formativo capace di tenere in considerazione la loro affettività disagiata. Per loro serve un supplemento d’amore, di comprensione, dono e pazienza. 5.DARE ALLA LUCE, NASCERE COME GENITORI Ogni figlio che nasce è frutto di un desiderio divenuto visibile nella forma del dono; questa propensione al donarsi reciproco realizza il passaggio dalla condizione di essere l’uno per l’altra insieme, a quella di essere l’uno con l’altra per il figlio. Disporsi ad accogliere un figlio significa pensarsi in una dimensione più estesa, iniziando a prefigurare gli effetti che i propri pensieri, le parole, i gesti, le scelte avranno su una vita che prende forma. Si tratta di un amore pedagogico. 5.1 PREPARARSI ALLA VENUTA DI UN FIGLIO: LA FECONDITA’ DEL DESIDERIO E DELLO STUPORE La capacità generativa è una facoltà che riguarda l’età adulta e rappresenta una delle più alte espressioni di ricerca e di cura della dimensione relazionale; nella coppia, è epifania dell’amore che porta a compimento un desiderio comune. Diventare genitori è una disposizione che ha origine già prima del concepimento, trasforma la percezione della propria autoinsufficienza, riflesso di una mancanza strutturale dell’essere che si apre verso l’altro. Si passa dall’essere responsabili di sé al sentirsi coinvolti nella realizzazione altrui. La nascita del figlio viene vista come un porto da cui ripartire, arricchiti di forza, consapevolezza e umanità. I bambini nascono dal desiderio e portano in dono lo stupore: un dono talmente profondo e importante da essere una vera e propria esperienza esistenziale. E’ evidente come l’attesa e la venuta di un bambino suscitino intenerimento e dedizione, ciò che forse è meno evidente è l’utilità di considerare l’attesa un “presupposto educativo” per prepararsi all’esperienza generativa, è necessario che da quest’attesa si impari con quale tensione accompagnare i figli nel loro percorso di crescita. 5.2 PROFONDITA’ INCONSCE DANNO FORMA ALLA VITA: NUOVI ORIZZONTI DI RICERCA PEDAGOGICA E RESPONSABILITA’ GENITORIALE Le riflessioni che seguono tentano di mettere in connessione diversi ambiti di ricerca (neuroscienze, psicoanalisi, filosofia e pedagogia) nel desiderio di superare la frammentazione disciplinare che caratterizza il pensiero occidentale. Il neurofisiologo Mauro Mancia dimostra che le relazioni primarie che il neonato stabilisce con la madre costituiscono protorappresentazioni che permettono l’organizzazione del Sé: il neonato le deposita nella sua memoria implicita e queste esperienze costituiscono un nucleo inconscio del sé che non va incontro a rimozione, in quanto il neonato è privo di quelle strutture che permettono la rimozione. Questa memoria costituirà il DNA psicologico del soggetto. Secondo Freud, padre della psicoanalisi, esiste una trasmissione filogenetica, ma risulta invece impossibile un ricordo della nascita. Studi successivi alla psicoanalisi hanno dimostrato che esiste una vita psicologica prima di venire al mondo: le prime fonti di memoria rappresentano una cornice biologica per la trasmissione del codice genetico dei genitori e gli elementi della memoria costituiscono le iniziali esperienze mentali del feto. Le emozioni della nascita non emergeranno mai, ma è possibile ipotizzare che alcune vicende abbiano radici antiche, sono impulsi di una memoria implicita. Otto Rank (che era stato criticato da Freud a proposito delle sue teorie sulla nascita) scrive: “Il nucleo dell’inconscio si fonda sui nostri rapporti dentro il grembo materno. Non a partire dalla nascita, ma dal concepimento alla nascita”. Oggi si pensa che probabilmente le emozioni della nascita non emergeranno mai in tutta la loro irruenza ma è possibile che molte delle vicende in cui “casualmente” ci troviamo a vivere abbiano radici antiche, stimoli taciti ma operanti, impulsi di una memoria implicita che attende di essere elaborata, pur non svelando fino in fondo ciò che la muove, ciò da cui trae la sua forza e la sua origine. Il compito educativo dei genitori è cercare di farsi carico di questa vicenda che riguarda il bambino dal concepimento alla nascita, per aiutarlo a non avere un’eredità psichica pesante. Erikson e Winnicott sottolineano l’importanza di prendersi cura di ciò che è stato generato, è questo che significa “generatività”. Si tratta di co-educarsi permanente tra i coniugi, tenendo conto dei moti del cuore. Le emozioni condizionano le esperienze cognitive, e non viceversa. Quindi ci deve essere una particolare attenzione rispetto alle emozioni che il bambino vive in ogni fase della sua vita: a partire dal concepimento sino ad arrivare al momento in cui scopre il mondo. Si tratta della caratteristica centrale della continuità della cura. 5.3 UN’ESPERIENZA CHE MATURA NUOVE VIRTU’ FAMILIARI L’ingresso nella genitorialità costituisce un passaggio critico che matura capienza emotiva e nuove virtù familiari. A partire dal concepimento, vi sono esperienze che i coniugi devono saper coniare in apprendimenti pedagogici di cui tener conto sempre: a) la segretezza che avvolge il concepimento rappresenta per la madre un momento molto delicato: essa, avendo in grembo il figlio, si trova in una situazione per la quale non può trasferire ansie o angosce al feto. Compito dei genitori, appunto, è di imparare a tenere per sé timori e preoccupazione per evitare di trasmettere insicurezza e sfiducia. Sotto il punto di vista pedagogico va sottolineato come non sia scontato che da una buona semina esca un buon raccolto. Nonostante le attenzioni e le premure dei coniugi è possibile che avvenimenti imprevisti sconvolgano la relazione educativa che, seppur difficile da vedere, si sta svolgendo in modo fisiologico e esistenziale. b) La pazienza che contraddistingue l’attesa deve continuare a caratterizzare lo stile educativo genitoriale ben oltre l’infanzia del figlio. Senza però diventare accondiscendenza acritica, giustificazione aprioristica e assenza di regole. La pazienza implica la disponibilità di andare incontro all’altro, indirizzandolo verso nuove opportunità di cambiamento. Ruddick afferma che degno di esistere e di essere amato. Si parla di responsabilità totale, continua e per il futuro, senza alcuna soluzione temporale e viene esercitata affinché il figlio possa continuare ad esistere. 6.2 RADICAMENTO DELLA RESPONSABILITA’ GENITORIALE Paul Recoer parla della “dialettica del sé”, egli afferma che vi sia una parte di noi che muta nel tempo e una parte di noi che resta sempre costante . E’ fondamentale che i genitori si assumano la responsabilità di parlare e riflettere sul Sé, sulla propria identità che muta e che deve definirsi. Il dialogo con le persone vicine è un sostegno fondamentale che il figlio deve avere. La capacità di “poter dire” permette di riconoscersi come “soggetto agente”, capace di “fare accadere”, in forma intenzionale e consapevole. E’ fondamentale sottolineare come la responsabilità di dialogo (e quindi di acquisizione di consapevolezza rispetto al proprio essere “soggetti agenti, capaci di fare, di cambiare le cose”) si possa definire come “capacità di conferire integralità alle azioni di cura dei figli”. Si tratta di un traguardo formativo continuo, che porta allo sviluppo dinamico della maturità personale e del correlato esercizio della responsabilità genitoriale. I caratteri di questa responsabilità sono : - la totalità, perché il singolo genitore, la coppia di genitori e l’intero nucleo famigliare sono interpellati ad un cammino di maturità a ciascun livello e per una molteplicità di esigenze: fisiche, cognitive, relazionali e anche di felicità. - la continuità, perché serve una tensione educativa senza interruzioni. Un educarsi che procede storicamente accogliendo la tradizione, garantendo l’innovazione e impegnandosi a “preservare l’identità” del singolo membro della famiglia e dell’intero nucleo famigliare. Affinché egli sia responsabile deve essere credibile ( deve essere consapevole che egli stesso sta ancora percorrendo il cammino verso la maturità umana) e autorevole (governa se stesso alla continua ricerca di ciò che è buono per sé e per gli altri ). Sebbene l’autorevolezza sia il risultato di importanti processi di formazione affinché egli sia realmente autorevole deve essere riflessivo. Deve essere capace di raccontarsi, di farsi carico della sua storia, di essere responsabile delle direzioni che prende e di conferire valore alle scelte. 6.3 RESPONSABILITA’ PARENTALE E CURA EDUCATIVA L’essere umano è per sua natura preposto alla cura, coltiva la sua vita facendone oggetto di cura; aver cura è un modo di costruire la relazione, è saper interpretare la dimensione dell’essere in relazione, dell’essere legati a, dell’essere in rapporto con. Aver cura è farsi attenti al percorso di crescita dell’altro, preoccupandosi di proteggerlo e sostenerlo. Il concetto di cura è correlato a curare il proprio sé e sempre il genitore esercita la responsabilità parentale partendo dalla cura di sé nella quotidianità, in una circolarità comunicativa e dialogante con il figlio. Il senso della responsabilità genitoriale consiste nel facilitare, nel figlio, l’acquisizione di quelle capacità e lo sviluppo di quelle disposizioni necessarie ad attivare il processo di “autoformazione”, assumendosi le proprie responsabilità e di dare forma al proprio modo di esserci. Aver cura significa offrire esperienze che mettono il figlio nelle condizioni di assumersi la responsabilità della propria formazione, nella libertà del suo divenire persona per scelta e decisione. Inoltre, i genitori devono guidare il figlio verso la maturità umana in modo tale che il figlio possa definire la sua maturità, con la disponibilità a perseguire livelli sempre più personali di maturità. Importante è la libertà: essere libero è il carattere fondamentale di una persona che sceglie e decide, acquista consapevolezza di appartenere a sé stessa, di essere padrona del proprio agire e di assumere la responsabilità delle proprie azioni. La libertà è disposizione e possibilità, è esito di una conquista continua. La famiglia è il primo luogo di esercizio e di possesso della libertà attraverso azioni educative che si fondano come guida motivante di esperienze di valore e realizzazione personale. Essere genitori significa aiutare il figlio ad essere sé stesso, guidandolo nella consapevolezza della propria dignità, aprendolo al mondo dei valori; importante è far crescere i figli nella progressiva stima di sé, ponendoli difronte ad ogni possibilità di scelta. Si tratta di dare corso ad azioni “buone” e si strutturano modelli come la coscienza, il comportamento virtuoso, l’orientamento verso gli altri, la realtà umana civile e sociale. L’educazione della coscienza è un contenuto emergente di rilevanza personale e sociale, è un segnale forte del progetto di esercizio della responsabilità parentale; la coscienza è istanza di intelligenza, di decisione e di controllo. La coscienza è quell’organo mediante cui si risponde al bene. Insieme alla coscienza prende forma la cura per i “comportamenti virtuosi”, ossia disposizioni dell’intelligenza e del carattere che abilitano a compiere scelte e azioni buone nei fini appropriati alle diverse situazioni. La virtù è la capacità di realizzare le proprie intenzioni, va educata e coltivata: è atteggiamento interiorizzato ad agire, a desiderare e a sentire in un determinato modo, dentro un vissuto. Si può pensare alla famiglia come “unità narrativa della vita” nella quale acquistano significato i singoli atti, le scelte particolari, gli interrogativi su come comportarsi perché molti situazioni chiamano i componenti del nucleo a stabilire un corretto rapporto tra coinvolgimento personale e istanze valoriali. La responsabilità genitoriale deve preservare l’ancoraggio morale delle scelte personali e dell’adesione consapevole e critica ai modelli della convivenza sociale, imparando a collegare bene e giusto. I comportamenti etici si alimentano nel graduale processo di evoluzione della coscienza morale; queste capacità vanno apprese e possono essere acquisite con l’intenzionalità dell’educazione, attraverso imitazione e consuetudine. La validità dell’educazione familiare si manifesta sul piano etico come risposta alle esigenze vitali di crescere in umanità e libertà regolando la vita attraverso azioni coerenti, integrazioni personali comunitarie. 6.4 ANDARE VERSO LA RESPONSABILITA’ CONSAPEVOLE: LA PROGETTUALITA’ POSSIBILE Esistono due livelli di comprensione del problema della responsabilità educativa dei genitori: • Livello etico-morale: si propone come vincolo per ciascuno dei genitori, e per la coppia coniugale, a rispondere delle proprie visioni secondo criteri e regole di ordine morale. • Livello socio-relazionale: appartiene ai rapporti intersoggettivi che si vengono a costruire e alla qualità degli stessi rapporti progettati e vissuti nella comune condivisione. L’esercizio della responsabilità parentale prende avvio quando ciascuno dei genitori sente d’essere un soggetto in educazione e in formazione e coltiva il desiderio di vivere lo stesso percorso in relazione coniugale e con i figli. La competenza educativa dei genitori matura di giorno in giorno, si fa progetto e si costruisce nella continuità delle scelte. In questo ambito si collocano i progetti di formazione dei genitori all’esercizio della responsabilità parentale. 7. IL GRUPPO DI FRATELLI COME LUOGO DI EDUCAZIONE Dagli anni sessanta, l’atteggiamento della coppia verso la procreazione è gradualmente cambiato. La finalità del matrimonio ha coinciso sempre più con la ricerca della felicità individuale a scapito di quella riguardante la donazione della vita. Dal 1960 in poi, nel nostro e in altri paesi del mondo occidentale mai è stato così basso l’indice di fertilità coniugale. I dati ISTAT mettono in luce che dal 1991 il numero di figli per coppia si aggira intorno a 1 o 2 unità. La semplificazione delle relazioni e delle funzioni famigliari si rivela, sotto l’aspetto pedagogico, un elemento altamente problematico. 7.1 LA PEDAGOGIA FAMILIARE DIFRONTE AL CALO DELLE NASCITE La pedagogia familiare valuta con preoccupazione il fenomeno della denatalità per via delle gravi conseguenze da esso derivanti nel campo della civile convivenza e nel campo dell’educazione delle nuove generazioni. a) L’invecchiamento della popolazione: è effetto primario del calo delle nascite e non solo dell’aumento dell’età media di vita; arreca una perdita di capacità progettuale della società. Lo sbilanciamento quantitativo del rapporto tra le diverse fasce di popolazione può provocare l’insorgenza di fenomeni di acuta conflittualità intergenerazionale. b) Il crescente numero dei figli unici: i genitori tendono a donare la vita ad un solo figlio, assumendo nei suoi confronti comportamenti di grave iperprotezionismo psicologico e materiale. Vengono individuate due caratteristiche che interpretano in modo patologico la condizione del figlio unico: - la condizione di figlio unico è ricercata e desiderata dai due coniugi anche se tale condizione provoca problemi educativi, per esempio la condizione del “primogenito perpetuo”, in cui il minore interiorizza atteggiamenti parentali egoistici. In questa visione, i desideri del minore sono spesso anticipati ed esauditi; - l’unigenito è esposto all’isolamento sociale ( oltre alla chiusura della famiglia nucleare spesso sono assenti anche cugini della stessa età con i quali fare esperienze e comunicare ) e all’iperprotezione affettiva ( spesso il figlio unico diventa oggetto di proiezione narcisistica degli adulti : essi pretendono da lui particolari risultati anche in ragione del tipo di investimento “economico” effettuato; il minore è eccessivamente vincolato alle figure parentali e fatica a chiarire le proprie reali aspirazioni ) . c) La scomparsa della società fraterna: rappresenta una perdita di sollecitazioni formative; prevale l’idea che il rapporto tra fratelli sia un aspetto marginale della relazione coniugale . Il rapporto si mostra con un originale stile d’azione, con una propria evoluzione e con modalità operative specifiche. 7.2 L’AUTONOMIA DELLA SOCIETA’ FRATERNA RISPETTO AL SISTEMA FAMILIARE L’educazione famigliare non è riducibile all’azione, sia pur primaria e fondamentale, dei genitori: si alimenta dei contributi originali provenienti dai vari sottosistemi che compongono il nucleo domestico. Tra questi spicca il gruppo di fratelli, che offre occasioni educative originali e non reperibili altrove. Gli scarsissimi studi sulla società fraterna sono sempre stati condizionati da due fattori: - le istanze psicoanalitiche mettono in luce i dinamismi conflittuali tra fratelli, a causa di una nuova nascita o suscitati nel singolo durante il processo di identificazione ad una delle due figure parentali. 7.5 PER IL RECUPERO DELLA SOCIETA’ FRATERNA C’è urgenza di una politica familiare che contrasti la tendenza al figlio unico: va sollecitata una “generatività ottimale” che, collegata alla responsabilità dei soggetti e sostenuta da forme di aiuto sociale, assecondi l’equilibrio demografico e rivaluti la consistenza pedagogico-educativa della famiglia. Serve una politica della famiglia e per la famiglia, la quale potrà attingere risultati positivi se poggerà su una modificazione di tipo culturale, recuperando specifici valori, come il valore della vita. Le nuove generazioni vanno aiutate ad assumere consapevolezza della scelta di generare e concretare l’apertura di sé stessi e ad ordinare nuovi spazi relazionali. L’educazione dei giovani costituisce uno dei principali fattori sui quali impostare una corretta politica demografica. 8. LA MEMORIA FAMILIARE NELLO SCAMBIO INTERGENERAZIONALE La memoria familiare ruota intorno al valore semantico di alcuni eventi, attraversa la vita quotidiana nel corso della quale si consolidano le transizioni familiari; vi sono eventi cruciali, intensi di emozioni i quali catalizzano il ricordo. In questo intreccio di vissuti e di significati prende forma un’eredità che viene consegnata di padre in figlio sotto forma di norme, attese a rappresentazioni. Le potenzialità formative della memoria familiare rendono la trasmissione ed il ricordo una sollecitazione per interrogare il presente e prefigurare il futuro. 8.1 SIGNIFICATI ESISTENZIALI DEL LEGAME TRA LE GENERAZIONI L’incontro tra le generazioni soffre oggi di numerose criticità, è frutto di distanze culturali, incomprensioni e tensioni sociali che erodono la prossimità intergenerazionale; questi fattori incrinano la fiducia e il mutuo sostegno intergenerazionale. Il dialogo tra le generazioni soffre della fragilità del nostro tempo, in cui passato e futuro svaniscono sotto il peso di un presente paralizzante. La sensazione di non avere più nulla da ereditare dal passato e da costruire nel futuro colpisce i legami tra nuove e vecchie generazione, generando frammentazione identitaria. Il contesto primario in cui avviene lo scambio intergenerazionale è la famiglia, che rimane uno spazio d’incontro tra le generazioni; è presente uno spessore esistenziale, simbolico ed identitario che connota i legami tra le generazioni ed è nella famiglia che trova la sua espressione. Il senso di appartenenza, di continuità, di scambio dell’esperienza trovano nel privato familiare un contesto emblematico che può riguardare anche il mondo sociale. La trama delle generazioni che compone il sistema familiare pone in essere un ancoraggio identitario; questo reticolo intergenerazionale offre un contesto relazionale che precede e accompagna i nuovi arrivati. Ad ogni generazione spetta il compito di appropriarsi del proprio tempo e di elaborarlo in modo originale: il compito evolutivo di introdurre novità e cambiamento risulta inconsistente se non poggia sulle eredità ricevute, sulla certezza di avere delle origini a cui attingere. 8.2 LA TRASMISSIONE DELLE EREDITA’ FAMILIARI, TRA CONTINUITA’ E RINNOVAMENTO Far parte di una famiglia significa collocarsi in una storia, portare dentro di sé un passato: questo processo va avviato e coltivato affinché la tradizione familiare non diventi un vincolo, ma un ancoraggio per poter dare risposta alle questioni esistenziale che il presente pone davanti. Ogni essere che si affaccia alla vita, secondo Hannah Arendt, immette novità se viene concessa la possibilità di introdurre cambiamento. Ogni generazione introduce l’inaspettato e l’imprevisto rompendo la continuità portandovi novità della propria esistenza: è l’inizio di una nuova storia. La continuità della tradizione familiare viene vista come un processo vitale: essa viene interrogata e messa in crisi dalla creatività di ogni membro della famiglia, dalla sua capacità di elaborazione personali dei modelli trasmessi, in risposta alle sfide e ai mutamenti del tempo in cui vive. Affinché la continuità della tradizione familiare possa esprimere la propria forza trasformatrice, è essenziale che il processo di trasmissione solleciti nelle persone l’unicità esistenziale, le potenzialità e la carica progettuale. Si segue la linea della condivisione dei significati attivando la testimonianza da parte delle generazioni più attempate che suscitano rinnovamento nelle nuove generazioni. Quello che le generazioni precedenti hanno costruito transita verso le nuove generazioni sotto forma di “patrimonio familiare” a cui attingere; la forma del passaggio delle eredità familiari è quella della partecipazione, dell’assunzione della responsabilità e del rinnovamento. Nella partecipazione attiva al processo di trasmissione si genera una necessaria relazione dialogica tra le generazioni e l’incontro diventa luogo fecondo di una nuova memoria. La famiglia si pone come luogo del dialogo intergenerazionale, come spazio denso di affetti e significati in cui raccontare e raccontarsi, ascoltare e ascoltarsi; i legami familiari si presentano come una feconda occasione di comprensione dei percorsi esistenziali e delle risposte che le diverse generazioni hanno saputo dare alle sfide della vita. 8.3 IL RECUPERO DEI LEGAMI GENERATIVI CON IL PASSATO FAMILIARE: UN POSSIBILE SOSTEGNO ALLA GENITORIALITA’ Far parte di una famiglia è un’esperienza complessa: si sperimentano intrecci relazionali che richiedono un confronto non solo con i cari con cui si condivide il presente, ma anche con altri che ci precedono e da cui discendiamo. Questi intrecci fanno da sfondo ai passaggi identitari dell’intera famiglia e dei suoi singoli membri. Per esplorare questo lavoro della memoria familiare si possono prendere in considerazione i significati identitari e le dinamiche relazionali presenti in una fase cruciale del ciclo di vita: l’accesso alla genitorialità che introduce un nuovo membro nella famiglia. L’avvento di un figlio è uno di quegli eventi apicali che porta importanti cambiamenti nella storia familiare interessando più generazioni. I riposizionamenti dei ruoli familiari, le transizioni identitarie, le nuove sfide relazionali non esauriscono la propria risonanza simbolica solo nel presente, ma interrogano il passato e aprono inediti scenari futuri. La generatività non è in sé un codice domestico, ma piuttosto familiare. Essa muore se è confinata nel ristretto nucleo, in quanto vive dentro le stirpi e le generazioni. Il dono della vita nasce dentro una storia: è ricevuto dai genitori, i quali sono debitori di questo dono ai propri familiari. In questa catena di trasmissione della vita sono innumerevoli i simbolismi di un patrimonio che transita di generazione in generazione nella forma del “munus”: si pensa alla genitorialità nella prospettiva della “durata” e questa prospettiva permette ai due coniugi di non dover partire dal nulla quando decidono di edificare la propria famiglia. La formazione dei genitori diventa un efficace strumento di formazione situata che interroga l’identità genitoriale e i significati attribuiti all’essere famiglia. 8.4 COME COLTIVARE LA MEMORIA FAMILIARE? Far sperimentare e coltivare nei genitori una postura riflessiva permette di svolgere un fecondo lavoro della memoria, rivisitando i passaggi cruciali che hanno segnato le transizioni familiari. L’uso di fotografie e di metafore può fornire un appoggio a quel lavoro della memoria da cui scaturisce un sapere riflessivo e incarnato; la fotografia assolve ad una molteplicità di funzioni: fa risalire alle origini della famiglia, sottolinea riti di passaggio, documenta un evento o ravviva un ricordo. La memoria fotografica restituisce voce alle immagini, fa parlare i ricordi, riporta in vita i vissuti familiari rendendoli oggetto di sguardi e pensieri nuovi. Il riprendere tra le mani foto di famiglia apre una porta sul passato, ma getta una luce nuova sul presente. I neo-genitori, attraverso il lavoro della memoria, riconoscono la presenza di un patrimonio familiare che attraversa le generazioni sotto forma di rituali, regole, tradizioni formando la “tenda dei valori”: un riparo in cui spartire le responsabilità e sentirsi accomunati da un patrimonio etico. I dispositivi riflessivi portano alla luce i nodi che allacciano passato, presente e futuro, dando voce ad una storia familiare che percorre il tempo attraverso il succedersi delle generazioni. In questo modo, si può dare sostanza alla strutturazione dell’identità genitoriale; l’accesso alle storie familiari implica la disponibilità degli operatori ad accogliere fragilità e incertezze, a sostenere dubbi e criticità aiutando le persone a procedere dai vissuti personali. Il “lavoro della memoria” è un processo riflessivo, attivato da condivisione e confronto, che genera nuove consapevolezze partendo dal pensiero dell’altro. 8.5 RIFLESSIONI CONCLUSIVE Riprendere tra le mani la storia familiare permette di mettersi in contatto con emozioni e pensieri che innervano il proprio universo simbolico e le proprie pratiche educative. La storia, le storie familiari nascono e rimangono vive dentro le relazioni, all’interno di un vivere familiare; i legami familiari sono la condizione per generare la memoria familiare e sono il presupposto per far parlare questa memoria anche nel presente. L’aver cura dei rapporti familiari si prefigura come un imprescindibile impegno educativo che va costruito e coltivato con intenzionalità, affinché si producano feconde risorse della memoria familiare. La condivisione, il reciproco prendersi cura e la vicinanza sono presupposti essenziali per la realizzazione di un autentico dialogo intergenerazionale, un generatore di ponti tra passato, presente e futuro. 9. LA FAMIGLIA COME LUOGO DI CULTURA EDUCATIVA La famiglia si è mostrata una realtà resistente e flessibile, contraddistinta da una vitalità persistente che permette la modulazione delle relazioni familiari e degli ambiti. Difronte a cambiamenti profondi, la famiglia mostra un’estrema duttilità ed una notevole capacità di adattamento. La famiglia non ha recepito passivamente i cambiamenti sociali ed economici, ma anzi si è rilevata uno dei principali fattori di cambiamento della società. 9.1 CULTURE DELLA FAMIGLIA NELLA SOCIETA’ Dagli anni Settanta la contestazione della morale sessuale, coniugale, educativa e comportamentale è stata così acuta da porsi la domanda: “Fine della famiglia?”. Con l’avvento degli anni Novanta, il clima si modifica nuovamente: la famiglia assume le caratteristiche di luogo sicuro ed ambiente protetto, al riparo dalle difficoltà economiche e sociali. 10.2 LA FUNZIONE EDUCATIVA DEI NONNI La presenza di un nonno, o di una nonna, nel percorso di crescita di un bambino è un’opportunità generatrice di importanti istanze identitarie, di legami affettivi, di condivisione di esperienze, che possono diventare un patrimonio per tutta la famiglia. La dimensione relazionale che caratterizza la cura da parte dei nonni è intrisa di disponibilità e amorevolezza; nella gestione della giornata, il nonno e la nonna incarnano la possibilità di vivere un tempo quieto, senza pressioni e interamente dedicato al nipote. Il tempo trascorso con i nonni è caratterizzato da azioni routinarie e di vita quotidiana: i nonni condividono con i nipotini le piccole mansioni, che introducono i bambini nella scansione della giornata in modo ordinato e permettono loro di interiorizzare i gesti della vita familiare (fare la spesa, dedicarsi ai lavoretti in casa, preparare i pasti…). Nella ripetizione di atti ritualizzati, i bambini sviluppano un senso di fiducia nei confronti del mondo esterno. Un’ulteriore dimensione della funzione educativa del nonno riguarda la possibilità di vivere la relazione con il nipote in modo svincolato da responsabilità e obblighi che connotano in modo più marcato la figura genitoriale; i nonni hanno la libertà di esercitare un “ruolo senza ruolo”, cioè non sottoposto ad obblighi ben definiti. I bambini hanno la capacità di modulare diversamente i propri registri comunicativi e comportamentali. I nonni, oggi, si sono presi la libertà di mettere in gioco le dimensioni affettive del legame e ciò rappresenta una novità rispetto ad un passato. I nonni offrono molto impegno temporale e di risorse personali nella cura dei nipoti: vi sono nonni che si occupano full-time dei propri nipoti e la loro quotidianità risulta segnata dalla fatica e dalla difficoltà di non disporre tempo per sé. Elemento fondamentale della figura dei nonni è il fatto che essi si presentano come una “chiave di accesso” alla storia familiare: la presenza dei nonni in famiglia dona testimonianza dell’esistenza di una storia familiare, entro cui i nipoti possono dare significato alla propria esistenza. Attraverso i racconti e ricordi, i nonni rendono accessibile il passato familiare, se ne riappropriano e lo riformulano essi stessi nel momento della rievocazione e della narrazione. I nipoti, così facendo, scoprono che esiste una trama di volti ed eventi che li precede. 10.3 GRANDPARENTING: COSTRUIRE UNA RELAZIONE TRA POLARITA’ ED EQUILIBRI I legami tra nonni e nipoti prendono forma in un equilibrio dialettico tra polarità opposte, la cui armonizzazione dona a nonni e nipoti la ricchezza di un rapporto che cura e fa crescere entrambi. • Presenza-distanza: il legame che unisce i nipoti ai nonni porta entrambi i soggetti ad un forte coinvolgimento emotivo-affettivo; la regolarità che contraddistingue questo rapporto reca con sé intensi momenti di vita quotidiana. Non sono rari i casi in cui la presenza del nonno è temporalmente più consistente rispetto alla figura genitoriale. Il rischio di una confusione di ruoli e di uno sconfinamento dei legami non può essere trascurato: l’esercizio dei ruoli educativi familiari va realizzato nel rispetto delle specificità che li contraddistinguono e i nonni non possono privare di potere i genitori; è fondamentale mantenere viva la consapevolezza che ogni relazione educativa si costruisce in un giusto dosaggio tra vicinanza e distanza. L’equilibrio tra vicinanza e giusta distanza è una sfida che impegna nonni e genitori. • Memoria e progetto: i nonni sperimentano la sensazione della “frattura” rispetto all’universo valoriale dei figli e dei nipoti; anche i nonni si trovano ad affrontare l’impegnativo compito di mantenere fede ai propri riferimenti etici, pur aprendosi al rinnovamento. Il confronto con le nuove fenomenologie relazionali e familiari genera confusione, incertezza e ansia. La memoria, di cui sono custodi e testimoni i nonni, è chiamata a trovare nuovi modi per avverarsi e diventare risorsa progettuale. • Continuità-discontinuità: la riflessione sulla funzione educativa dei nonni porta a misurarsi con le trasformazioni che segnano questa fase del ciclo di vita familiare, in cui viene al mondo un nuovo essere. Si può cogliere l’istanza formativa connessa con la ricerca di nuovi equilibri e in questa direzione la figura del nonno dona quella continuità che fa da tessuto connettivo alle storie che si dipanano nel tempo. Le generazioni che precedono fanno dono di questa continuità alle generazioni che si affacciano alla vita, consegnando una storia che offre stabilità, rispettando la novità introdotta nel ciclo familiare. I nonni vivono sulla propria pelle questo processo dinamico tra permanenza e cambiamento. 10.4 COSA SIGNIFICA DIVENTARE NONNI OGGI? I nonni di oggi vivono la cura dei nipoti come un potente antidoto alle criticità connesse con il pensionamento; il raggiungimento delle condizioni di pensionamento costituisce un passaggio cruciale da elaborare sia nei suoi significati personali sia in quelli sociali. La presenza del nipote e l’impegno del suo accudimento possono costituire una nuova fonte di stimoli e un’occasione per conferire una nuova veste al proprio “essere utili” in termini di generatività. L’impegno informale che i nonni assumono nei compiti di cura dei propri familiari rientra in quell’insieme di attività non retribuite che arrecano un contributo incalcolabile al benessere sociale. Attraverso la relazione con il nipote, i nonni possono diventare artefici di fecondi ponti tra le generazioni e attivare importanti reti di solidarietà tra i membri della famiglia, trasmettendo senso di appartenenza e capacità di mutuo aiuto. I nonni per poter esprimere nelle mura domestiche e nel contesto sociale la propria generatività hanno bisogno di politiche di sostegno della solidarietà tra le generazioni. I forti cambiamenti sociali non lasciano intatte le strutture familiari: in questa frammentazione, i rapporti intergenerazionali dovrebbero essere riscoperti come fonte di stabilità, di donazione di senso e di sostegno reciproco. 11. EDUCAZIONE FAMILIARE E ORIENTAMENTI DI VALORE I giovani, oggi, tendono a non scegliere il matrimonio e la famiglia come ideale di vita e impegno duraturo per l’esistenza; essi amano l’amore “non istituzionalizzato”. Si tratta dei post-adolescenti, i quali non hanno fretta di crescere e sperimentano nuovi stili di approssimazione alla vita adulta. Mettono al primo posto, tra i valori che privilegiano, l’autorealizzazione. Buzzi, uno dei curatori dei Rapporti, in un altro suo testo in cui tendeva un’interpretazione sintetica del Rapporto IARD del1997, aveva disegnato un profilo di di questi giovani a cavallo dei due secoli. Tra la diverse “propensioni caratteristiche”, quelle che l’autore ha proposto di chiamare principio della “reversibilità delle scelte” e “rifiuto dell’assunzione di responsabilità”. Sono, a mio modo di vedere, i tratti che servono a denotare un tipo umano segnato da una prevalente percezione “estetica” dell’esistenza. Il termine è qui impegnato nel significato che lo oppone ad “etico”. 11.1 UN DEFICIT DI EDUCAZIONE MORALE AUTENTICA Nella prospettiva della pedagogia: che ne è dell’educazione con questi giovani? Nonostante le buone intenzioni degli educatori l’agire che non attiva l’istanza etica delle persone è condannato a restare istruzione tecnica, produzione di performance ben costruite che possono avere una buon riuscita. Il soggetto dell’azione educativa è il giovane che, all’interno di una relazione interpersonale accogliente ed intelligente, è messo nella condizione di poter trovare e scegliere la sua autenticità. Se egli si sofferma su mille possibilità senza dare la dovuta importanza all’etica, egli rimane in una fase preliminare della crescita educativa. Questo difetto di educazione è causa ed effetto dell’atteggiamento esistenziale prevalente tra i giovani: è educazione morale distorta e la prima conseguenza è uno smarrimento del senso stesso dell’essere e dell’universo personale nel giovane. La percezione di sé come individui impegnati in un processo d’intensificazione della propria esistenza singolare è esito di una progressiva perdita del senso di un’etica comunitaria. Tanto i genitori, quanto gli insegnanti, registrano un certo fallimento con la riconosciuta incapacità a trasmettere una vita e una tradizione storica; i giovani sembrano segnati da una “coscienza puntuativa”: sono proiettati solo nel presente, senza memoria e senza speranza. 11.2 LA FAMIGLIA E LA POSSIBILITA’ DI DIMORARE ETICAMENTE NEL MONDO La radice prima delle difficoltà a compiere il passaggio da un atteggiamento esistenziale in prevalenza estetico ad uno segnato dalla scelta etica risiede in un deficit di educazione familiare. L’educazione morale malintesa o incompiuta va ricondotta ad una sottostante distorsione o mancanza di educazione familiare; la famiglia è il luogo idoneo a formare l’orientamento originario ai valori morali: a quanto, colto come bene in sé, è percepito come insieme bene per sé stessi. Si tratta della progressiva acquisizione di un sentimento dell’esistenza e di una percezione del reale che formano la persona, rendendola capace di riconoscere che il supremo bene morale è l’essere stesso della persona; il bene morale vale incondizionatamente e nella sua oggettività merita di essere affermato: si impone perché porta in sé stesso la ragione di sé. L’educazione familiare deve attivare e far crescere questo sentimento dell’esistenza e questa percezione del reale. La vita di famiglia può diventare ambito di autentica educazione morale se i coniugi scelgono di vivere il loro matrimonio come realtà etica. La vita di famiglia diventa spazio e tempo esistenziale di formazione del senso originario delle parole che strutturano il vocabolario essenziale di ogni persona; tali parole formano l’universo personale nel quale ciascuno dimora, in questo senso “dimorare eticamente nel mondo”. L’universo personale è relazionalità, vita e sistema di relazioni: la famiglia è struttura primordiale, generatrice di relazioni sociali e le relazioni primarie sono costitutive. La capacità di generare un mondo strutturato di significati, rende la famiglia un “ethos”, un luogo in cui la natura è originariamente segnata dalla cultura; la vigilanza e il lavoro educativo dei coniugi può/deve trasformarla in una vera e propria “microcomunità etica” dove ogni legame diviene parentela elettiva. La famiglia è chiamata a custodire, formare e trasmettere nella persona un sentimento autenticamente etico dell’essere e dell’esistenza. 11.3 LA RISPOSTA AL BISOGNO DI RICONOSCIMENTO Molti analisti della società della tarda modernità hanno messo in rapporto questo deficit di educazione familiare e la conseguente mancanza di educazione morale autentica, con la critica e la crisi dei codici paterno e materno vigenti nella modernità. Le forme che questi hanno assunto nella
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