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Pedagogia della famiglia. Catarsi, Sintesi del corso di Pedagogia dell'infanzia e pratiche narrative

Descrizione delle famiglie e del loro ruolo nella vita dei bambini

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 23/03/2019

danifaggi95
danifaggi95 🇮🇹

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Scarica Pedagogia della famiglia. Catarsi e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia dell'infanzia e pratiche narrative solo su Docsity! Cap. 1 Servizi e programmi di sostegno alle famiglie in Europa. Negli ultimi dieci anni sono comparsi diversi programmi e servizi per offrire sostegno parentale nei diversi ambiti (salute, benessere sociale, educazione) e nelle situazioni di difficoltà dove si vogliono evitare i rischi. Si ha attenzione alle famiglie per rispondere alle loro molteplici domande raccolte nelle Raccomandazioni europee attraverso i Piani Strategici dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Ad oggi, il cambiamento della famiglia è avvenuto a causa dei fattoti socio- demografici: aumento della speranza di vita, diminuzione della fertilità, avanzamento dell’età della maternità, aumento separazioni e divorzi e nascita di nuovi tipi di famiglie. I progetti e i modelli della vita familiare si trovano all’interno di un processo di privatizzazione e individualizzazione, dove hanno più importanza le decisioni individuali rispetto a quelle sociali. L’attuale panorama in evoluzione impone di mettere in campo nuovi modelli di attenzione rivolti ai bambini, alle famiglie, risorse e servizi che si adattino ai loro bisogni individuali ma realizzabili. Negli ultimi anni, in base alla raccomandazione europea del 2009/19, sono stati messi a punto dei programmi di educazione parentale in cui si riconoscono l’importanza della responsabilità dei genitori e la necessità che questi dispongano di adeguati supporti. Tale sostegno p stato riconosciuto da diverse organizzazioni europee (es. Social protectioncommitee, prevenzione sulla povertà infantile). I programmi di sostegno genitoriale si sono rivelati strumento potente perché essi promuovono un’attenzione all’infanzia incoraggiando lo sviluppo psico- socio- emotivo dei bambini piccoli e fornendo loro delle abilità attraverso esperienze qualitative precoci, finendo per trasformarsi in elementi di prevenzione e quindi evitano costi futuri. Perché i programmi siano efficaci è importante adattarsi alle specifiche necessità del gruppo al quale sono destinati. Tra le diverse modalità che esistono vi sono nette differenze sia nella definizione degli obiettivi che nella metodologia, tali differenze sono denominate: servizi, programmi, laboratori ecc. Esse hanno il compito di sostenere e accompagnare le famiglie nella crescita e nell’educazione dei figli. • Servizio: prestazione offerta da un’organizzazione o istituzione che ha un valore per le famiglie ed è in grado di soddisfare una necessità. Tali servizi possono creare reti sociali o comunitarie. Un esempio sono il “Sure start” in Inghilterra o “Tempo per le famiglie” in Italia. • Programma: insieme di azioni organizzate per ottenere dei risultati previsti che include i mezzi necessari, l’affidamento di responsabilità e le scadenze da rispettare. Si tratta di sostenere le famiglie affinché compiano in modo soddisfacente le loro funzioni educative e possano garantire protezione e un adeguato sviluppo ai figli. Esempi sono: “Nurse Family Partnership” in Svizzera o “IncredibleYears Basic” in Norvegia. • Laboratorio: metodologia di lavoro che mette insieme teoria e pratica. È un lavoro di équipe per risolvere problemi. Esempi di laboratorio sono l’autostima, gestione dei conflitti, tecniche di comunicazione. L’evoluzione della modalità di sostegno è avvenuta principalmente in tre periodi: negli anni ’70, dove i programmi di prima generazione erano incentrati sulla qualità dei modelli educativi genitoriali tesi a migliorare le pratiche educative familiari. I metodi usati sono stati i dibattiti, tavole rotonde e conferenze su un tema a cura di professionisti. Lo scopo è quello di trasmettere conoscenze su aspetti educativi e i materiali usati sono riviste, opuscoli e video. A fine degli anni ’80, si hanno i programmi di seconda generazione, tutto parte dalla preoccupazione di offrire sostegno ai genitori, per porre maggiore attenzione alla qualità dell’interazione fra genitori e figli, per una crescita positiva. Nella metà degli anni ’90, nacque la terza modalità di intervento che favorisce lo sviluppo della capacità di controllo del sistema familiare. Gli obiettivi sono quelli di sostenere le famiglie nelle loro diverse situazioni, si vuole intervenire soprattutto sul sistema familiare. Vi sono così anche caratteristiche dei programmi e dei servizi offerti. a. Tipologia di intervento, esistono programmi di sostegno individuale e quello di gruppo, alcuni lavorano solo con i genitori altri sia con genitori che figli. Quest’ultimo promuove lo sviluppo della capacità dei genitori di offrire risposte sensibili ai figli. ROBLES E ROMERO affermano che l’attenzione congiunta produce migliori risultati poiché offre l’opportunità di discutere e condividere esperienze con persone che sono in circostanze simili. È quindi più adatta alle famiglie. 1 b. Durata dell’intervento, esiste una grande variabilità. Nella maggior parte dei casi si svolgono tra i 10/ 20 incontri di gruppo con una frequenza settimanale o quindicinale. Ma i programmi migliori sono quelli che offrono una frequenza regolare delle famiglie per diversi mesi. c. Destinatari e fruitori, rivolti a tutta la popolazione (tutte madri e padri), o anche a famiglie selezionate come quelle a rischio sociale. Bisogna considerare anche quelli che si riferiscono solo ai genitori e quelli dove sono coinvolti anche i figli. d. Gli operatori professionali, coinvolti in tutti i programmi vi sono infermieri, psicologi, consulenti scolastici, esperti che lavorano nel sociale, educatori familiari ed équipe di prevenzione e interdisciplinari. Esistono due grandi tipologie di programmi e servizi: • Interventi socio- educativi, è l’insieme di elementi applicati a una determinata situazione a partire da un progetto preventivo che hanno come obiettivo quello di rispondere alle necessità educative e sociali di un individuo o di un gruppo. Nei programmi socio- educativi di intervento familiare l’accento è posto sulla funzione preventiva, con lo scopo di avere un miglioramento nella funzione educativa dei genitori e sviluppare un’adeguata socializzazione dei bambini. Si lavora con figli e genitori, si accompagna i genitori verso il processo di maternità e paternità, confrontandosi anche con le famiglie che fanno parte del gruppo. Alcuni obiettivi da tenere presente sono: sostenere l’esercizio della funzione parentale e offrire regole educative; promuovere e prevenire salute mentale infantile; favorire legame affettivo nei primi anni di vita; promuovere spazi di socializzazione per bambini e adulti… Questi obiettivi sono fondamentali per introdurre cambiamenti all’interno della società. I programmi e i servizi possono essere di due tipi di prevenzione, *primaria: dove svolgono azioni a livello comunitario con l’obiettivo di identificare fattori di rischio, potenziare i fattori di protezione ed evitare l’apparizione di future situazioni di difficoltà psico-sociali. Sono diretti a tutta la popolazione per incrementare salute e benessere. Esempi di questo tipo di programma sono: PIPPIN (parents in partnership- parent infant network), si occupa della salute mentale infantile nel periodo prenatale e postnatale. Nasce da uno studio longitudinale realizzato tra 1989 e 1993, dove si dimostrava che se i genitori avevano partecipato a corsi di formazione prenatale, si dimostravano più sicuri e meno ansiosi per affrontare nascita di un figlio. TEMPO PER LE FAMIGLIE, iniziato a Milano ne 1986, è un servizio rivolto a bambini di età tra 0 e 3 anni e alle loro famiglie. La finalità è quella di offrire sostegno ai genitori per prevenire e affrontare le difficoltà dell’allevamento dei figli. Gli elementi teorici si riferiscono principalmente a sviluppo infantile e teoria dell’intersoggettività. LA MAISON VERTE, sviluppati in Francia nel 1979, sono servizi dove lo psicanalista Dolto organizzò uno spazio di accoglienza per promuovere un lavoro di prevenzione per famiglie e figli. Oggi ne esistono differenti anche in Belgio. ESPAIS FAMILIARS, rivolti a famiglie e bambini minori di 3 anni nati a fine anni ’80 in catalogna. Qua i bambini rimangono collegati ad altri servizi rivolti a prima infanzia, che possono essere a gestione municipale o privata. *secondaria: l’obiettivo è di ridurre le difficoltà e sviluppare azioni destinate al rilevamento e intervento precoce di situazioni di difficoltà e trattamento. Rivolta a gruppi in situazioni rischio. NPF (nurse- family partnership, 1986), programma sanitario esercitato dalla pubblica amministrazione. Permette a donne gravide e loro famiglie di migliorare la salute, educazione e precarietà economica. Si realizza in vari paesi come: Stati uniti, regno unito, olanda. PARENTS AS TEACHERS, 1981, rivolto a genitori con figli fra 0 e 5 anni che possono avere un rischio psico- sociale in zone rurali o urbane. Mette in contatto le famiglie con le risorse comunitarie. STEEP (steps toward effective ebjoyable parenting), è di accompagnamento per genitori con figli fra 0 e 2 anni, serve a rafforzare l’attaccamento sicuro a partire dalle esperienze di interazione attraverso visite domiciliari e sessioni di gruppo. • Interventi terapeutici, rivolto alle persone che presentano difficoltà, con l’obiettivo di ridurre gli effetti negativi derivati da disturbi e migliorare benessere e qualità della vita. Il lavoro si basa su due livelli: 1) si fanno interventi finalizzati a cambiamento e adattamento, 2) si potenziano relazioni e reti di sostegno. 2 Infine, il sostegno alla genitorialità nei servizi può essere concretamente praticato in modo informale in tutte le situazioni quotidiane in cui possono essere coinvolti, a partire dall’accoglienza del mattino. Può essere molto importante anche l’alleanza educativa tra genitori ed educatori, dai laboratori per genitori previsti nel progetto educativo. Cap. 3 Programa de acompañamiento y apoyo a familias en la primera infancia (PAFPI). Indicatori di attaccamento e interazione. È stato attivato nelle isole Baleari nel 2002, si rivolge a famiglie con bambini di età inferiore a 6 anni in condizioni di vulnerabilità. Il suo principale obiettivo è di rafforzare il legame affettivo e le competenze genitoriali, partendo da una metodologia di gruppo. Sono nati anche programmi di riunificazione o conservazione familiare rivolti a utenti del Servizio di Tutela dei Minori o dei Servizi sociali. Si lavora con famiglie a rischio psico- sociale. Si vuole inoltre, con questo programma, ridurre in casa di mancanza di protezione del bambino e permettere formazione delle famiglie. Lo scopo principale del programma è di promuovere il legame emotivo tra genitori e figli e le buone pratiche genitoriali nei primi sei anni di vita dei bambini. Gli obiettivi che si vogliono raggiungere sono particolarmente: a. Rafforzare il legame affettivo, ci offre una visione nei contesti positivi nel rapporto affettivo tra genitori e figli. b. Aumentare la capacità di osservazione e di empatia dei genitori per offrire risposte sensibili a bisogni dei figli. Si potenzia l’osservazione e l’ascolto sensibile dei genitori verso i propri figli. c. Rafforzare le competenze genitoriali e promuovere forme di interazione positiva. Si interviene per aiutare a organizzare meglio la vita familiare, potenziando i fattori protettivi verso i figli. Si fa molto riferimento ai fattori protettivi. d. Alleviare il sentimento di isolamento e solitudine. Gli educatori devono condurre le famiglie, gestirne i conflitti e possedere capacità comunicative con gli incontri si costruiscono meccanismi di relazione tra le famiglie e sentimenti condivisi. e. Incoraggiare il lavoro in rete. È essenziale per coordinamento, integrazione di azioni e la complementarietà tra i professionisti e le istituzioni coinvolti. Si effettua con tecnici e professionisti. Nel programma si lavora con due modalità di intervento complementari: A) esperienziale, dove il professionista accompagna le interazioni (chiamato modello esperienziale). B) formativa, condividere con genitori abilità e strategie per sviluppare in modo adeguato il ruolo di educatori. Si tratta di promuovere conoscenze, attitudini e pratiche per sviluppare in modo autonomo e soddisfacente il ruolo di padri e madri. Si svolge in un contesto con genitori che hanno figli di età inferiori a 5 anni, in sessioni settimanali per due ore. Ciascuna sessione è strutturata a seconda dei bisogni e degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Modulo 1. Contesti di benessere del bambino e della famiglia È la cornice che organizza e offre struttura al programma, deve essere chiaro e stabile. L’educatore inquadra, organizza e pianifica le condizioni adeguate per favorire un contesto fisico, temporale e relazionale di qualità. Il contesto fisico è la cura e l’attenzione per lo spazio ambiente, la qualità estetica e funzionale degli spazi e dei materiali di gioco. Lo spazio è organizzato in diverse aree di gioco e attività adatte all’età del bambino. Gli spazi ben curati servono per trasmettere serenità, armonia e sicurezza. Il contesto temporale è il rispetto e il riconoscimento dei ritmi dei bambini, l’adattamento dell’adulto al tempo e ritmo del bambino, routine e abitudini della vita quotidiana. Modulo 2. Le diadi del rapporto padre/madre – figlio Sono incontri specifici per una delle diadi, queste ultime, come afferma Bronfenbrenner, si formano quando due persone prestano attenzione o partecipano ognuna alle attività dell’altra. Vi esistono diversi tipi di diade: di osservazione, quando uno dei componenti presta attenzione all’attività dell’altro. Di azione congiunta, quando i due partecipanti si percepiscono come coppia quando fanno qualcosa insieme. Nei processi di gioco e attività libera ogni diade consente di lavorare su legame e interazione. 5 Modulo 3. Il gruppo come spazio di formazione e auto- aiuto Compito di educatori è quello di proporre argomenti di discussione relativi alla cura dei figli. È un momento di condivisione per tutti, favorendo libertà di espressione. I professionisti che vi partecipano provengono da diverse aree (educatori prima infanzia, pedagogisti, psicologi, assistenti sociali). Ogni gruppo è guidato da un minimo di due o tre professionisti con un profilo multidisciplinare, che devono avere una formazione specifica e disporre di strategie di intervento con gruppi di bambini e genitori. Devono essere persone sensibili, con stabilità emotiva, flessibilità, empatia, osservazione, riflessione e ascolto attivo. Il programma prevede una valutazione iniziale, lungo il percorso e finale. Essa riguarda la percezione dell’efficacia dell’azione genitoriale, la qualità della relazione e il legame fra genitori e figli, livello di soddisfazione dei protagonisti, il ruolo professionale e la metodologia adottata. Essa, inoltre, si realizza a partire da differenti strumenti e strategie in relazione a chi deve essere diretta. È fondamentale l’osservazione sistematica dei legami che si stabiliscono tra genitori e figli per poter regolare gli interventi dei professionisti, l’osservazione serve anche per delimitare il lavoro in rete e gli ambiti di intervento per ciascuna delle famiglie. Il monitoraggio può avvenire attraverso strumenti di registrazione, schede di segnalazione, piani di lavoro individuali e relazioni finali sugli obiettivi raggiunti, per i genitori. Al contrario per i professionisti si utilizza un protocollo sugli interventi che eseguono, gruppi di discussione e sessioni di supervisione. Per valutare lo svolgimento del programma si ricorre a questionari e interviste di soddisfazione da somministrare alle famiglie e ai tecnici che hanno segnalato il caso. In questi contesti genitori, figli e professionisti interagiscono e creano legami fra loro. Perché l’osservazione sia effettiva è necessario disporre degli strumenti. Il primo concetto sul quale si basa lo strumento è maternal sensibility di Ainsworth e Bell. Essa, indica la capacità di capire e comprendere desideri e necessità dei bambini. L’operatore che vi lavora deve essere formato per stimolare e favorire lo sviluppo di tale sensibilità nei genitori. Anche Schaffer parla della necessità di attaccamento, che è fondamentale nei primi anni di vita del bambino. La regolazione dell’attenzione è fondamentale e inizia attraverso le interazioni faccia a faccia. Un secondo costrutto riguarda l’intersoggettività, dove Trevarthen la definisce come riconoscimento e controllo delle intenzioni cooperative e le regole di conoscenza congiunte. L’operatore aiuta il genitore a riconoscere interessi, necessità dei figli, a entrare in sintonia con i segnali comunicativi dei figli … ma poi questi stati mentali devono essere riconosciuti dai genitori. Per questo studioso l’intersoggettività dei piccoli rivela come le menti umane possono riconoscere gli impulsi dell’altro in forma intuitiva, con elaborazioni cognitive o simboliche, oppure senza esse. Vicino a essa (intersoggettività) ci sono sintonia e sincronia, che secondo Stern si sviluppa in contesti di interazione precoce. La sincronia riguarda la capacità di adattare le loro condotte ai ritmi del bebè. Gli studi recenti hanno proposto il termine mentalizzazione, vale a dire la capacità dei genitori di comprendere e assimilare gli stati mentali dei figli. Inizialmente per capire i figli i genitori devono far uso del linguaggio del corpo. Successivamente vi è il sistema di caregiving (capacità di prendersi cura) proposto da Solomon e George. È un sistema che si organizza attraverso alcuni obiettivi con finalità il rapporto di cura e attenzione nel confronto del bambino per proteggerlo, si adatta alle caratteristiche del bambino e si modifica nel corso del suo sviluppo. Un aspetto fondamentale è che i bambini devono avere la padronanza della propria immagine o rappresentazione del sé. Bebbe e Lachmann affermano che con l’attaccamento ai genitori, i figli, si creano un’immagine della propria identità, una rappresentazione interna di sé stessi e cosi organizzano le loro relazioni con gli altri e con se stessi. Gli scambi tra genitori e figli avvengono nel quotidiano. In questo piano teorico Tronick e Weinberger sviluppano il modello di regolazione reciproca, che privilegia l’aspetto interattivo e comunicativo dello sviluppo. La prima sfida del bambino è l’omeostasi corporea. È fondamentale la partecipazione guidata vale a dire la capacità che hanno i bambini di acquisire nuove abilità attraverso l’apprendimento guidato di adulto o di altro bambino capace, con un processo progressivo di sostegno. Concetto di ambiti di interazione di Kaye, egli identifica tipi differenti di interazione mediante i quali i genitori strutturano il mondo per i loro figli: protezione, strumentale, feedback … La partecipazione guidata proposta da Wertsch, che ne parla come attività congiunta. Strumento dove i genitori interagiscono con i figli affinché questi possano crescere come soggetti. 6 Per analizzare le videoregistrazioni è stata usata la tecnica del FOCUS GROUP, che consegue un sapere condiviso sul tema focalizzato e preventivamente definito. L’obiettivo è stato di analizzare azioni e strategie di intervento dell’educatore così come gli obiettivi impliciti del suo intervento. Poi, l’analisi dei dati è stata realizzata attraverso trascrizione dei FG di esperti, tramite classificazione, interpretazione delle info e attraverso la revisione, analisi e confronto contenuto in bibliografia significativa in merito. Lo strumento si può utilizzare come check-list sotto forma di risposta dicotomica per ognuna delle condotte. Essa deve essere comprensibile, raccogliere gli interventi più rilevanti degli educatori, deve essere breve, semplice e facile da utilizzare. Lo scopo di tale strumento è di mettere a punto categorie e indicatori che promuovano l’osservazione e la riflessione degli educatori che intervengono nei programmi di sostegno parentale. Cap. 4 Espai familiar “La casa dels infants”. Indicazioni di conduzioni del gruppo Un servizio sostenuto dal “Cal Vinader” e altri centri, si basa su diversi modelli teorici, tra i quali quello contestuale e quello teorico. Riguardo al modello contestuale si sottolinea: ▲ La Teoria ecologica (Bronfenbrenner, 1987), che mostra e spiega l’influenza del contesto sulle persone. Il micro- sistema è formato da macro- ambienti, cioè contesti in cui i legami sono più significativi e diretti. Il bambino si inserisce nel micro- sistema- primario “famiglia”. Durante il corso della sua vita egli farà parte di alcuni micro- sistemi come la scuola, coetanei, amici, educatori, che costituiscono una rete chiamata meso- sistema. ▲ La psicologia culturale (Bruner, 1991), considera la persona e la cultura in un’interazione sinergica costante. Si trasmettono significati al bambino della sua comunità culturale. Il modello sistemico: ▲ Il Contestualismo evolutivo: è un processo interattivo e bidirezionale delle relazioni a livello interpersonale e intrapersonale. Le interazioni sono dialettiche e mutevoli. Le crisi sono necessarie per crescere e svilupparsi. ▲ Teoria generale dei sistemi (Bertalanffy, 1993), propone una visione della realtà configurata come un insieme di sistemi in interazione, che mantengono un ordine gerarchico. I sistemi sono unità complesse che hanno due componenti: una struttura e un’organizzazione. La Pedagogia sistematica mette i professionisti dell’educazione di fronte a un nuovo paradigma che comporta profondi cambiamenti nel modo di concepire l’educazione e negli atteggiamenti verso i diversi attori che intervengono nell’atto educativo. Questa prospettiva tiene conto dei legami transgenerazionali, considera centrali valori come l’inclusione, le culture di origine, le interazioni all’interno del sistema, gli ordini e i disordini. Il servizio Espair Familiar vuole offrire ai bambini uno spazio ai fini educativi e di socializzazione dove poter giocare e imparare insieme alle proprie famiglie ad altri bambini e alle educatrici. Mira ad accompagnare le famiglie in questa fase di cura e allo stesso tempo a organizzare lo spazio. I materiali e a fare delle proposte. Il servizio vuole offrire ai bambini uno spazio a fini educativi e di socializzazione, dove poter giocare e imparare insieme alle proprie famiglie, ad altri bambini e alle educatrici. Vuole accompagnare le famiglie in questa fase di cura, a organizzare lo spazio, i materiali e a fare delle proposte. La metodologia dei professionisti è varia ma viene data importanza soprattutto ai valori pedagogici dello spazio e dei materiali. In ciascuna sessione le educatrici fanno proposte di gruppo e volontarie. Lo spazio è diviso in 4 zone: angoli con diverse zone di gioco e attività, spazio centrale con diverse proposte di gioco, spazio per colazione e merenda e spazio per il movimento. Il servizio ha due professioniste assunte a tempo pieno (una di riferimento e l’altra di sostegno), entrambe fanno parte di un’associazione. Inoltre esse hanno un insieme di strategie e atteggiamenti per lavorare (p.89). Al fine di valutare l’attuazione e la qualità del programma, le professioniste adottano una serie di misura prima, durante e dopo l’anno scolastico. Prima che inizi l’anno le educatrici intervistano le famiglie che si scrivono per la prima volta, durante l’anno le educatrici si auto- valutano su successi e difficoltà avvenute nel team. Il monitoraggio dei bambini avviene sopratutto tramite osservazione, che vengono talvolta condivise tra colleghi. Per effettuare un monitoraggio adeguato il team usa diversi strumenti (p.90). 7 4. Quaderno, che a turno le mamme possono portare a casa e dove possono scrivere i propri pensieri e fare un questionario di valutazione che viene dato a fine anno. Non è un oggetto adottato da tutti i gruppi e vi è stata fatta solo una lettura qualitativa. Per finire si può dire che questo progetto non sta avendo tanto riscontro da parte delle mamme che hanno avuto difficoltà lavorative, avendo anche difficoltà economiche e perciò preferiscono più dedicarsi alla cura del proprio ruolo di madre e di sé stesse. Carl Rogers, il suo approccio fenomenologico e umanistico propone la visone dell’uomo come essere animato da impulsi innati e positivi, costruttivi. Per Rogers la terapia è sempre centrata sul cliente, tesa a favorire la crescita umana e sociale della persona (scaturisce la possibilità di esprimere i propri vissuti e la consapevolezza di essi). Per l’autore una comunicazione autentica è resa possibile da un atteggiamento di ascolto, la persona lascia perdere la propria visione del mondo per mettersi nei panni dell’altra persona e per comprenderla dall’interno. Sono gli atteggiamenti che sostengono ciò: accettazione incondizionata (atteggiamento di un terapeuta che pone attenzione verso ciò che esprime l’altro, senza giudizi, valutazione), autenticità o congruenza (spogliarsi dalla propria realtà personale) ed empatia (sentire e vedere la realtà delle cose con gli occhi di un’altra persona, mettendosi nei suoi panni). Nel 1970 Roger scrive My Way of Facilitating a Group dove propone la modalità comunicativa del facilitatore della comunicazione all’interno dei gruppi. Afferma che il conduttore all’interno del gruppo può svolgere il compito di membro del gruppo (esprime vissuti personali) ma anche quello di facilitatore (esprime atteggiamenti per la crescita dei membri del gruppo). Il secondo quadro al quale si fa riferimento è quello della pragmatica della comunicazione, dalla quale escono fuori 5 assiomi: I. Qualsiasi comportamento, compreso il silenzio, è sempre un messaggio che viene dato. È importante cosa sta comunicando una persona. Il silenzio manifesta interesse e ascolto verso chi parla ma anche senso di disagio, imbarazzo o difesa. II. In qualsiasi messaggio scambiato si individuano due diversi livelli comunicativi, uno di contenuto uno di relazione (tra chi comunica e chi riceve la comunicazione). III. Introduce il concetto di “punteggiatura” delle sequenze di scambi tra i partecipanti, tendono cioè a fornire un’interpretazione degli eventi in rapporto al ruolo che ciascuno ritiene di giocare all’interno della relazione (moglie non sopporta marito perché beve, marito beve perché non sopporta moglie). IV. Afferma che è possibile comunicare sia tramite un modulo numerico (verbale) che analogico) non verbale). È molto legato al secondo assioma. Diciamo che è comunicazione anche il comportamento del corpo. V. Esso propone una classificazione delle relazioni come basate sull’uguaglianza (relazioni simmetriche), dove i partecipanti rispecchiano il comportamento degli altri o sulla differenza (relazioni complementari), i partecipanti si completano a vicenda. Quest’ultima prevede due tipi di posizioni: one- up, di superiorità o one- down, di inferiorità. Uno strumento usato è stata la griglia di analisi della comunicazione, codifica ogni unità di comunicazione del facilitatore secondo diverse categorie: 1) si definiscono la qualità e la posizione relazionale, tratte dalla teoria della pragmatica della comunicazione, 2) di derivazione rogersiana, si riferiscono alla non direttività e alla centratura della comunicazione su cliente. La qualità relazionale: è definita sulla base di tre possibili reazioni dell’interlocutore alla comunicazione relazionale dell’altro. Conferma: interlocutore mostra accordo circa la comunicazione e la modalità di relazione dell’altro. I conferma la definizione che A dà di sé, gli comunica “hai ragione”. Rifiuto: si manifesta disaccordo circa la comunicazione e la modalità relazionale dell’altro. I rifiuta la definizione di A, che dà di sé, gli comunica “hai torto”. Disconferma: disconferma la definizione che A dà di sé, gli comunica “tu non esisti”. Metacomunicazione: messaggi che consistono nel parlare della comunicazione in atto. Essa esiste quando le tre precedenti vengono esplicitate parlando della relazione. Può essere uno strumento positivo per lo sviluppo positivo della relazione stessa. Un atto comunicativo può presentarsi in due forme: dominanza/superiorità e accettazione/sottomissione. One- up, sottesa a messaggi propositivi, è riconosciuta dall’interlocutore, l’emittente ne ha il controllo quindi offre, propone, si espone, intraprende un’azione. 10 One- up positivo, come disaccordo benevolo di chi vuole aiutare e che si preoccupa. Si associa a conferma e anche a rifiuto. One- up neutra, associata a conferma o a rifiuto, esprime distanza emotiva e scarsa empatia nel fornire aiuto e nel prendere l’iniziativa. Tono distaccato. One- up negativa, associata a rifiuto, esprime critica, minaccia e squalifica, tono ostile. One- down, è di tipo recessivo: l’interlocutore riconosce la definizione che l’altro dà della relazione e agisce entro tale quadro, si colloca in una posizione di dipendenza e accettazione attenendosi alle proposte dell’altro e sollecitandole. One-down attiva, vede un interlocutore che accetta con benevolenza e sollecitudine, accoglie, collabora con coinvolgimento, oppure chiede un favore, un aiuto, lascia spazio. One- down neutra, vede un interlocutore che anche se si pone in una condizione complementare, lo fa con asetticità emotiva e scarso coinvolgimento. Entrambe si configurano come proposte di relazione o riposte a proposte di relazione. Guarda slides… Per analizzare l’intervento del facilitatore in relazione alla dimensione della direttività/non direttività le categorie proposte sono tre: gli interventi non direttivi: lo sfondo è costituito dalla psicologia umanistica e dalla teoria della comunicazione “non direttiva” di Rogers, applicata ai contesti e alla cura. Secondo questo approccio le cure hanno una doppia connotazione: evitano quelle modalità d’intervento che possono bloccare la comunicazione e dall’altro lato utilizzano particolari strategie comunicative che aiutano l’interlocutore a esprimere al meglio il proprio punto di vista e il proprio vissuto, fungendo da catalizzatori di processi di chiarificazione e riflessione. Sono tecniche che sostengono un atteggiamento empatico, non giudicante e di autentico interesse il flusso della comunicazione altrui. La classificazione di Mignosi propone 9 tipi: ripresa a eco, riformulazione, riepilogo, conclusione di una frase lasciata in sospeso, rispecchiamento selettivo, manifestazione di empatia, manifestazione di interesse e accettazione, riflesso del sentimento, riferimenti a un sapere comune. Questo tipo di comunicazione è incentrata sull’interlocutore, il facilitatore non propone estensioni di quanto detto dai partecipanti alla luce della propria esperienza o del proprio sapere. Secondo la teoria di Rogers solo comunicazioni di questo tipo sono facilitanti, in quanto sostengono la capacità insita in ciascuno di trovare da sé le soluzioni ai propri problemi, con l’aiuto di una persona che funge da specchio. Interventi direttivi supportati e direttivi autoritari: sono considerate barriere della comunicazione tutti gli interventi che insegnanti i genitori rivolgono ad allievi o figli, per dirigerne il comportamento, senza aver capito a fondo le motivazioni e i vissuti che gli accompagnano. Le “barriere” sono anche quelle di aiuto (es. consigliare, offrire soluzioni o suggerimenti). Gordon le definisce barriere per due motivi: vengono utilizzate come mezzi per soluzione dei problemi in situazioni di difficoltà relazionale o disagio personale e poi perché ostacolano la libera e liberatoria espressioni di vissuti e sentimenti dam parte dell’interlocutore, indirizzando il comportamento altrui senza prima però aver cercato motivazioni e significato. Cap. 6 Lo spazio Piccolissimi dell’Area bambini rossa: la sua identità educativa, sociale e culturale Questo progetto si è attivato nel 1996, esso nasce per facilitare l’incontro tra genitori, ha un’organizzazione flessibile su orari e modalità d’accesso, infatti non richiede iscrizione. Il servizio è gratuito ma c’è sottoscrizione di una tessera annuale (è simbolico). È uno spazio aperto 3 giorni alla settimana, cosa che garantisce a nonni, genitori di gestire al meglio i loro orari. Coloro che si prendono cura di questo spazio sono le educatrici (che hanno già avuto esperienza in nidi) e le collaboratrici. Sono fondamentali le testimonianze dei genitori, sempre positive che hanno permesso di spargere la voce sul centro e perciò di arricchirsi di nuovi membri. 11 È importante anche l’accoglienza, c’è un confronto tra i genitori, i quali conversando mettono a proprio agio tutti. Il dialogo avviene intorno a diversi argomenti ma non deve diventare una “chiacchiera” e ciò attraverso l’aiuto delle educatrici. La giornata è arricchita dal rito del tè offerto a mamme, babbi, nonni ed è un altro momento perché gli adulti possano conversare mentre i bambini stanno con le educatrici. Questo spazio è un ambiente caldo, accogliente, arredato in modo semplice (simile alla casa) e come luogo collettivo. Questo centro intende accompagnare genitori e bambini in una dimensione sociale più allargata di quella che vivrebbero all’interno delle pareti domestiche. I bambini fanno esperienze di gioco con i loro coetanei e i genitori condividono le loro esperienze con altri genitori ed educatrici. Intende, inoltre, dare valore razionale e simbolico all’incontro tra genitori per rispondere all’isolamento che avviene spesso dopo la nascita del figlio. Stimola a porsi domande sul proprio ruolo di genitore e su come esso desidera essere per il proprio figlio. È un lavoro per la maggior parte fatto anche dalle educatrici che devono cercare di capire cosa vogliono i genitori e devono accompagnarli nel loro cammino. Negli ultimi anni si è visto un cambiamento da parte delle famiglie: ci sono molte più tipologie di mamme, babbi, nonni, molte famiglie provengono da paesi non Europei o da diverse parti dell’Italia. Ma i cambiamenti più rilevanti sono quelli inerenti alle aspettative e delle richieste dei genitori esplicitate nei confronti delle educatrici e dello spazio stesso. Un atteggiamento soprattutto da parte delle mamme che vogliono sempre più instaurare un rapporto stretto con le educatrici, le quali sottolineano la difficoltà nel tentativo di ampliare l’orizzonte del genitore che vive all’interno di una bolla, dalla nascita del figlio. Attualmente i genitori vogliono risposte immediate alle proprie richieste, senza mettersi in gioco troppo ed è così che emerge la difficoltà nelle educatrici di proporre qualsiasi tipo di tema, proposta. Infine è importante che i genitori si chiedano come svolgono il loro ruolo di fare famiglia. Grazie alla rilettura di questo spazio, le educatrici hanno dato vita a un progetto: nel 2013 è nato il progetto Prendersi a cuore … Prendersi a cuore i pensieri dei genitori per aver cura dei bambini, il quale ha proposto conversazioni su tematiche diverse per ampliare gli orizzonti dei genitori. Per fare ciò si è guardato alle risorse della città e i genitori hanno dialogato con le figure come pediatri, ostetriche etc. Infine, si è creato un flusso di parole e scambi tra i genitori che ascoltano mentre uno parla e sono aiutati da un facilitatore. Cap. 7 Un’indagine nell’Area bambini Rossa: metodologia e comunicazione Lo strumento che è stato usato per questi tipo di percorso è stato il focus group, tecnica adatta ad indagare temi complessi, quali quelli relazionali, coinvolgendo atti, valori, pregiudizi, motivazioni latenti. L’équipe toscana si è mossa in questo campo attraverso 3 metodologie differenti (p.151). grazie a tela griglia sono stati svolti 5 mini- focus group con i professionisti dell’Area bambini Rossa di Pistoia, alla presenza di un moderatore. La visione del video ha stimolato per il confronto successivo, con particolare attenzione alle relazioni tra adulti. Ogni focus è durato circa 2 ore e ha coinvolto 3 professionisti (2educatrici e 1 coordinatore pedagogico). Il percorso ha previsto: analisi del focus group con i professionisti dell’educazione, discussione dei risultati con i partecipanti, condivisione dei risultati con le altre unità di ricerca che fanno arte dell’indagine. È stato importante anche lasciar ai professionisti la possibilità di esprimere la propria opinione su una foto o un pezzo di video, in modo da poter esprimere sé stessi, i propri punti di vista e significati. Il momento dell’accoglienza/uscita L’accoglienza è un lavoro complesso, è un modo di essere dell’adulto, è un’idea chiave del processo educativo. All’educatore è richiesta una serie di competenze specifiche: culturali, psicopedagogiche, tecno- professionali, metodologico- didattiche, relazionali e riflessive. È essenziale il ruolo dell’educatore che deve considerare ogni famiglia in modo singolare, comprendendo la situazione che ogni genitore e figlio sta vivendo, e che è diversa dalle altre. Urie Bronfenbrenner insegna che lavorare con i bambini significa anche interagire con i genitori (luoghi di sostegno alla genitorialità). Ogni accoglienza deve essere diversa dalle altre, con tempi fluidi e distesi. Nell’Area bambini Rossa, il compito delle educatrici è svolto in maniera eccellente a differenza delle educatrici del centro spagnolo di Castelldefels e di quello di Biella, le quali pongono più importanza all’arredamento e hanno poca attenzione verso l’adulto. 12
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