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Pedagogia della famiglia sintesi, Appunti di Pedagogia dell'infanzia e pratiche narrative

Appunti pedagogia della famiglia in sintesi: legami famigliari

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 10/11/2022

Maria_Da_Re
Maria_Da_Re 🇮🇹

4.4

(12)

13 documenti

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Scarica Pedagogia della famiglia sintesi e più Appunti in PDF di Pedagogia dell'infanzia e pratiche narrative solo su Docsity! APPUNTI PEDAGOGIA DELLA FAMIGLIA Ci sono genitori che imparano a volte con bisogno di sostegno, aiuto. Vedere il figlio come altro da sé = vedere la sua persona prima di vedere il figlio Chi lavora in educazione esercita la competenza di genitorialità sociale. La genitorialità è relazione, è un processo e ha a che vedere con un tempo, con un’evoluzione. La genitorialità è fatta di empatia, comunicazioni, emozioni e compiti, ossia funzioni. Oggi non esiste solo un modello di famiglia, ma c’è ne sono molti. La famiglia è un sistema di relazioni e ha quindi delle dinamiche di tipo palese. Ogni relazione di cura è improntata sulla prima relazione di cura educativa (quella della madre). EDUCAZIONE E FAMIGLIE – P. Milani “…cosi i volti e i nomi di quei bambini, e ancor più dei loro genitori, che troppo spesso abbiamo visto impotenti, lasciati fuori dalla porta dei servizi o dal cancello della scuola, ci graffiano il cuore e la mente (…). Oggi sono questi volti e questi nomi la testata d’angolo su cui costruire un nuovo edificio culturale che permetta di individuare promettenti possibilità di azione per e con loro” (p. 17) Famiglia del fascismo  culto della donna che produce cittadini soldati e culto dell’uomo che si occupa della parte sociale. Non esistono legami affettivi. Non bisogna tener fuori le famiglie dai luoghi educativi. LA NECESSITA’ DELL’ISTITUZIONE EDUCATIVA – Testo di Marcello Peretti, La pedagogia della famiglia, 1967 “La pratica educativa, per sua natura, è esigente di un organo di esperienza, possibile solo nelle condizioni offerte dalle adeguate istituzioni”. Per educare serve un’istituzione. Nelle istituzioni è possibile garantire un ordine di esperienza = fare esperienza di elementi educativi attraverso un ordine, un giusto tempo, una processualità. La crescita ha bisogno di un ordine interno che esiste se c’è un ordine esterno. Se la pratica educativa ha bisogno di un ordine, questo è possibile solo nelle istituzioni. L’educazione, costituendosi come attività qualificata da un determinato fine, è sempre obbligata ad un ordine stimato (supportato con la volontà) necessario per unificare tutta la vita dell’educando. 14 OTTOBRE Nell’esperienza del genitore pesa l’esperienza che egli ha avuto come figlio. La funzione morale ha importanza nel tema della genitorialità. COMENIO  la responsabilità di essere mater e pater va costruita nel tempo, soprattutto la funzione morale, delle scelte. Il genitore deve dare dei vincoli e dietro essi ci dev’essere del bene. Quattro forme di legame della famiglia: 1. Legame di coppia 2. Legame genitoriale 3. Legame fraterno 4. Dimensione intergenerazionale: sapere di essere all’interno di una storia di generazioni All’interno della famiglia ci sono legami scelti e non scelti: non posso scegliere di chi essere figlio; posso scegliere il mio partner. PAROLE CHIAVE DEL TESTO DI PERETTI Istituzione viene dal latino “instituire”, istituire. La famiglia secondo Peretti è un’istituzione. L’educazione ha bisogno di istituzioni? Si: per dare ordine, per dar ordine all’esperienza, per avere un punto di riferimento. L’istituzione ha una dimensione di autorità. Perché la famiglia ha autorità in merito all’educazione dei figli? Autorità viene dalla parola latina “autor” ossia comandante delle truppe. In questo etimo è più centrale la responsabilità. Essa ha a che vedere con la cura. L’autorità non è una forma negativa ma ha una dimensione di rispetto se si assume il concetto di responsabilità. Nella forma deleteria di autorità, ossia l’autoritarismo, essa assume dei connotati negativi perché rimanda all’esercizio di potere fine a sé stesso. Solo chi è responsabile può avere cura e può accompagnare nella crescita. Intenzionalità  Educazionalmente ha a che vedere con un piano ideale, con una dimensione di valore, che sarà poi quella della finalità e degli obiettivi. L’intenzionalità, come facoltà di essere orientati in una direzione, ci vincola alla traiettoria verso un punto definito. Unificare  fare in modo che l’esperienza educativa sia totalizzante. La famiglia è il luogo che unifica e dà senso a tutte le sue esperienze educative. Quando essa non riesce deve intervenire qualcun’altro. È importante il peso della cultura famigliare  alle volte libera e alle volte opprime. L’intenzionalità ha a che fare anche con la determinazione  atto identitario, atto di caparbia. Non trasformare la determinazione in ossessione, non bisogna essere più preoccupati all’idealità che alla realtà. La prima caratteristica di un buon obiettivo educativo è che sia intersoggettivo e raggiungibile. LA NECESSITA’ DELL’ISTITUZIONE EDUCATIVA “Essa, cioè, si afferma in conseguenza di precise scelte d’azione, idonee a esercitare il medesimo educando nelle disposizioni e nelle attitudini corrispondenti alla miglior forma della personalità. Si tratta di una forma che si svolge e si consolida nella coerenza dell’azione determinata in vista dei valori coincidenti con lo stesso fine educativo. Lavoro educativo = reperimento delle potenzialità. La migliore forma della personalità non la decidiamo noi, non la decidono gli altri, sta già scritta. Posso agire sulle condizioni dentro le quali questa forma si va a realizzare. L’educatore si mette al fianco di, si abbassa, entra nella quotidianità. Il lavoro educativo è un lavoro di scavo. Dobbiamo scavare quello che gli altri non hanno visto. Il fine educativo ha sempre a che fare con un valore. “Al di fuori di quella coerenza, che si traduce come disciplina di vita, l’educazione vien meno ed è sostituita:  Dai comportamenti istintivi: “faccio quello che mi viene”  Dagli atteggiamenti capricciosi: Montessori diceva che un bambino, quando è posto in una situazione non adatta alla sua età, fa i capricci.  Dagli entusiasmi, ossia i sentimenti ricatto  Dagli stati depressivi: ci sono adolescenti tristi che soffrono del non essere visti. dipendenti più dalla forza della suggestione che dalle motivazioni e dalle ragioni idonee a giustificare le scelte educative”. Primo ventennio del Novecento: nella società italiana si produce una prima nuclearizzazione della famiglia italiana, dovuta all’industrializzazione (= i contadini sono costretti a lasciare le campagne e a stabilirsi nelle periferie urbane per svolgere il lavoro nelle fabbriche). Nuclearizzazione = stretta attorno ad un nucleo famigliare. Nei nuclei famigliari allargati i figli si trasferivano anche all’estero per lavoro. I bambini erano figli di tutti, ad una certa età i bambini andavano già nei campi a lavorare. Successivamente i contadini diventano operai. Muta il ruolo procreativo della donna, e si concentra molto il periodo della procreazione (dai 20 ai 30 anni), e non più dai 20 ai 40 come prima. In quel tempo molte gestazioni andavano a termine, altre no. Non tutte le famiglie potevano permettersi di nutrire i loro figli. Modello familiare del fascismo: prevede una rigida divisione de ruoli tra maschio e femmina. I ruoli del padre e della madre dovevano mantenersi a beneficio dell’istituzione famigliare. La propaganda fascista voleva far rispettare questo ideale di divisione dei ruoli. Esaltazione delle caratteristiche virili e belliche dell’uomo, vista quasi come un impegno da parte dell’uomo che deve dare alla patria degli eredi. Esaltazione delle caratteristiche procreative della donna (“angelo del focolare”). La donna doveva rimanere a casa e occuparsi della cura domestica e del sostentamento dei figli. Se la donna è quella che nutre, prepara, il padre è quello che decide, che regola, che dà gli ordini. È un’impostazione molto rigida nei ruoli e nelle regole. Si esalta il rapporto patriarcale con i figli, che non ammette alcuna forma di ribellione, nonostante il mito fascista della famiglia borghese (nucleo d’intimità e frutto di sentimenti), prendeva sempre più piede come modello. La famiglia borghese è ad esempio quella del medico, del notaio, ossia è di origine benestante. Essa non è più una comunità ma è una buona famiglia nucleare. Essa diviene un modello da imitare proprio in questo momento storico. La famiglia è cellula dello stato ed è chiamata a produrre secondo quelle funzioni che lo stato chiede. Il superamento della dittatura: la guerra = fenomeno complesso  da un lato segna l’arretramento economico e culturale della società. Lo sviluppo economico che fino a quel momento si era dato cominciò a venir meno a causa delle malattie, della mortalità e per il fatto che gli uomini dovevano abbandonare il lavoro per andare in guerra. Dall’altro genera un’economia che, per forza di cose, deve affidarsi anche al lavoro femminile. Tutte quelle donne che fin ora erano state a casa dovevano adoperarsi al lavoro. La guerra lacera le famiglie perché molti membri scompaiono in guerra, ma si creano nuovi legami più liberi e inediti. Svecchiamento di costumi famigliari e coniugali  amanti, matrimoni politici, prime convivenze. Si comincia a pensare ad un legame in primis di coppia, un legame tra adulti. L’industrializzazione (boom economico dal 1957 al 1963): mutamento della struttura famigliare che risponde alle mutate esigenze economiche  richiedono alla famiglia di darsi una forma diversa. Ora tutto non è più per il bene di tutti, inizia ad esserci una visione individualistica. Da quel momento le traiettorie esistenziali acquisiscono significati e ruoli diversi. La famiglia industriale è più piccola di quella rurale, che è tendenzialmente estesa e in essa convivono almeno tre generazioni e spesso diversi nuclei. Mutamenti, in Italia, avvengono in modo più lento rispetto agli altri paesi e in modo diseguale tra Nord, Sud e “Terza Italia” (Centro e Nord-Est). Albori di un’emancipazione femminile che tuttavia mantiene il suo ruolo dentro la casa, “piena di elettrodomestici”, per supportare il lavoro esterno dei mariti. La donna non è più trascurata, sta a casa, cresce bene i figli affinché accompagni i figli per il loro futuro e il marito riesca a realizzarsi. La donna, tuttavia, deve attenersi sempre a determinati compiti. Mutano i costumi sessuali, in corrispondenza con un rapporto più “paritario” tra genitori e figli, ma molto lentamente. Il figlio non è soltanto qualcosa che mi appartiene (dal 2013 si parla di responsabilità genitoriale e non più potestà genitoriale). L’emigrazione: fenomeno foriero di grandissimi mutamenti a livello familiare. Produce la tendenza alla lacerazione delle famiglie  interi “clan” si spostano in paesi esteri, crescono i matrimoni misti (= rimodellamento culturale). Avvengono i ricongiungimenti famigliari, ossia le famiglie si separano e poi si ritrovano. Dal punto di vista legislativo, le leggi sulla famiglia cambiano. Ci sono dei volti diversi di essere coppia ed essere relazione. Si fa strada l’idea che si può sciogliere un legame e che esso può non essere più conforme alla realizzazione personale delle persone. “Miracolo economico” ed emigrazione: secondo P. Ginsborg “l’occasione per un rimescolamento senza precedenti della popolazione italiana” (Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi, Einaudi, 1989). Prima di allora non c’era mai stata occasione di un “rimescolamento” di valori e culture  si forma una micro-macro dimensione culturale. Il ’68, i movimenti collettivi ed il femminismo, gli anni ’70: effetti sulla famiglia in termini oggettivi (reali) e in termini simbolici (di rappresentazione). Le leggi sul divorzio e sull’aborto rappresentano un oggettivo cambiamento della concezione della famiglia. Le leggi ne sanciscono il carattere “dissolubile” e rappresentano l’aumento di potere autodeterminativo della donna rispetto al tema della procreazione. 1975, riforma del diritto di famiglia: sancisce la parità tra coniugi ed introduce, per i genitori, il dovere, non soltanto di educare e sostenere i figli, ma anche, cita ancora Ginsborg, di “tener conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle ispirazioni degli stessi”. Inoltre la riforma abolisce la discriminazione giuridica verso i figli nati fuori dal matrimonio. LEGGE SUL DIVORZIO Ottobre 1965: il deputato socialista Loris Fortuna presenta un progetto di Legge sui casi di scioglimento del matrimonio. Nel periodo prima era mutato il modello famigliare, le donne uscivano di più, c’era stato il boom economico, era cambiata la cura dei figli, ecc. Perché negli anni ’60 si apre questo dibattito sul divorzio? L’Italia è l’unico paese fra quelli del MEC e fra i pochi al mondo a non riconoscere legalmente il divorzio. L’Italia è un paese in cui lo scioglimento del matrimonio per cause diverse alla morte del coniuge non è neppure contemplato. PROGETTO DI LEGGE: I 5 CASI Scioglimento del matrimonio per: 1) Condanna con sentenza definitiva di uno dei due coniugi all’ergastolo o a pene detentive per reati sessuali o per sfruttamento della prostituzione; 2) Totale infermità di mente. Dagli anni ’50 in poi si scoprono le malattie di tipo recessivo; 3) Abbandono del tetto coniugale per un periodo ininterrotto non inferiore a cinque anni o alla separazione legale o di fatto per non meno di cinque anni. 4) Malattia mentale di uno dei coniugi; 5) Quando un coniuge, cittadino straniero, ottiene all’estero lo scioglimento del matrimonio e chiede di regolarizzare la sua situazione anche nel nostro paese. Contempla l’obbligo dell’assegno alimentare a favore del coniuge meno abbiente, più debole dal punto di vista economico, e l’obbligo di mantenere, educare, istruire i figli nati dal matrimonio sciolto. LA DISCUSSIONE IN COMMISSIONE DI GIUSTIZIA – 1966 Si produce uno scontro sul principio di indissolubilità del matrimonio fra lo schieramento laico (che appoggia il progetto Fortuna) e i deputati cattolici (che arrivano a denunciare il suo “contenuto rivoluzionario” e le drammatiche conseguenze che una legge sul divorzio avrebbe sulla coscienza dei cittadini italiani a causa della sua “eversività”). “Eversiva” significa che la legge va contro i principi costituzionali. PROPOSTA BASLINI Il 7 ottobre 1968 il liberale Baslini presenta un nuovo progetto di Legge sul divorzio, più moderato e in sostanza peggiorativo; 1) La separazione di fatto da almeno cinque anni non è equiparata alla separazione legale dei coniugi, come invece accade nel progetto Fortuna; 2) Si accorda al giudice la facoltà di rinviare di altri due anni la sentenza di divorzio in presenza di non meglio precisate “particolari situazioni famigliari”. Qui la famiglia è una cosa dello stato, ossia deve reagire secondo alcuni apparati. L’APPROVAZIONE: 1 DICEMBRE 1970 La Legge Fortunati ottiene alla Camera, nella prima votazione del novembre 1969 a scrutinio segreto, 325 voti favorevoli e 283 contrari. La discussione passa al Senato che vota il 9 ottobre 1970 un testo emendato con l’obbligo del tentativo di conciliazione e l’innalzamento da cinque a sette anni del periodo di separazione approvandolo con 164 voti favorevoli e 150 contrari. Il testo emendato ritorna alla Camera che, nella seduta più lunga del parlamento, dal 24 novembre al 1 dicembre 1970, approva in via definitiva la legge Fortuna-Baslini (319 si e 286 no) a cinque anni dalla sua prima proposizione e dopo un iter parlamentare lungo, difficile e conflittuale. Il referendum abrogativo: 12 maggio 1974 All’indomani dell’approvazione della legge fu presa la decisione da parte della Democrazia Cristiana di Amintore Fanfani e dal Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante e di promuovere un Comitato per l’Abrogazione della stessa Legge tramite referendum. La notte del 12 maggio 1974, data del referendum, si fa festa in tutta Italia. È una data storica per l’Italia perché è la vittoria dei diritti civili ottenuta col diritto contributo dei cittadini e delle cittadine che hanno detto no col 59,62% alla proposta di abrogare la Legge approvata dal Parlamento italiano nel 1970 che regola i casi di scioglimento del matrimonio, ribattezzata la Legge sul divorzio. PERCHE’ UNA DATA STORICA? “Non fu un gesto coraggioso”. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come avrebbe fatto qualsiasi ragazza; ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé”. Franca Viola fu rapita e violentata da un mafioso locale nel 1965 ad Alcamo, ma dopo il suo rilascio si rifiutò di sposare il suo aguzzino. Si ribellò per la prima volta nel nostro paese alla falsa idea di tutela dell’onore e della famiglia a scapito della felicità della sua vita futura. Franca Viola si ribellò ad un destino triste e ingiusto, e decise che la violenza subita e il dolore che da essa ne era scaturito dovevano bastare. Da quel momento tante ragazze, nella nostra penisola, iniziarono a rifiutarsi di ricorrere al matrimonio riparatore tanto che dopo qualche anno, ed esattamente nel 1981, tale ignobile norma fu abrogata con la Legge 442. Ma lo stupro era ancora reato contro la morale e non contro la persona. Per quella data, la violenza carnale non era ancora un reato contro la persona; per il nostro Codice penale era un reato solo contro la pubblica morale, affermando di fatto che lo stupro non offendeva il corpo della donna ma andava a ledere una generica pubblica moralità. 15 FEBBRAIO 1996  LEGGE N.66 - NORME CONTRO LA VIOLENZA SESSUALE La famiglia negli anni ’80: emerge un nuovo familismo = questa istituzione non è agente di un’azione collettiva, ma si ripiega su sé stessa e sul perseguimento di obiettivi privati. Si arriva al tutto privato, dove si vuole promuovere “un dentro”. La famiglia promuove un associazionismo mirato a un’attività etica, di solidarietà sociale. Si fa si che il benessere guadagnato all’interno della famiglia possa essere portato fuori nelle forme di associazionismo, volontariato, ecc. Il senso religioso, venuto meno durante gli anni ’70, comincia ad acquisire peso. La nuclearizzazione non ha portato all’abbandono degli anziani, i giovani continuano ad essere orientati verso la famiglia. Globalizzazione, immigrazione, crisi economica: anni ’90 e oltre: tendenze già sperimentate nel decennio precedente, accanto a tensioni, però, opposte o differenti. La globalizzazione porta al confronto con modelli meno tradizionali di quello italiano di famiglia. Ci si confronta con modelli che sono extraeuropei e che mettono in crisi l’identità del modello italiano. Il confronto con le famiglie immigrate porta ad un’apertura, che può essere più o meno permeabile e profonda verso l’altro da sé, inteso come famiglia. L’altro da sé viene inteso anche come nucleo familiare, ossia vi è il confronto tra modelli famigliari diversi. Il compito di guida relazionale, che la famiglia svolge, è importante non solo per l’individuo relazionale, ma anche per il cittadino, per la persona sociale e professionale che esso è o diventerà (studi di Donati in sociologia). In famiglia si impara il rispetto, la cortesia, la gentilezza. La famiglia in questo periodo della storia ha una dimensione più ampia di sé stessa. LA LETTURA SOCIOLOGICA DELLA FAMIGLIA DI PIERPAOLO DONATI Negli anni ’70 la famiglia entra in crisi: aumentano le separazioni e i divorzi, diminuisce il numero dei figli, crolla la famiglia estesa. Si afferma un modello di famiglia come soggetto di pura comunicazione (modello comunicativo) che diluisce la stessa nella società. Nella società postindustriale del dopo anni ’90 si afferma, invece, un’idea di famiglia come sfera di relazioni sui generis, essa diventa quindi nucleo che assolve a una funzione di guida relazionale (modello relazionale). La famiglia ha un primato dal punto di vista relazionale, diventa soggetto di relazione. Comincia negli anni ’70 ad avere un cambiamento, passa dall’essere modello comunicatorio all’essere modello di relazione negli anni ’90. La famiglia non è più dello stato, ma diviene consapevole di essere il primo luogo di relazione (attore relazionale). LA FAMIGLIA SI FONDA SULLA RELAZIONE Diversi autori (più recentemente L. Formenti, P. Milani e lo stesso P. Donati) hanno posto l’accento sul fatto che oggi la famiglia, proprio in quanto si fonda sulla relazione e non sull’autorità (come la famiglia tipicamente patriarcale e matriarcale) oppure sull’interesse economico professionale (come la famiglia/azienda), risulta essere, in modo assai più forte che in passato, soggetto educativo. Pierpaolo Donati, infatti, si oppone all’idea della scomparsa della famiglia come agente dell’educazione, in quanto questa lettura nasce dalla riduzione indebita dell’educazione a socializzazione o comunicazione. La famiglia è un soggetto globalmente educativo e relazionale. LA FAMIGLIA RELAZIONALE Nella famiglia intesa in senso attuale, noi impariamo a essere in relazione, e tale processo non può avvenire se non attraverso un’interpretazione di valori che avviene all’interno della famiglia e che comporta una mediazione complessa con la società. Se la famiglia agisce le sue relazioni sempre secondo un orizzonte di senso valoriale, essa media questi apprendimenti relazionali rispetto agli altri centri della società. La famiglia, essendo guida relazionale, costruisce le nostre identità, in quanto, poiché noi siamo esseri relazionali, (Rita Fadda, L’io nell’altro), ci costituiamo innanzitutto a partire dalle relazioni nelle quali siamo collocati sin dalla nascita e prima ancora di essa. Attraverso il progetto formulato dai nostri genitori (sia che lo assecondiamo sia che ci ribelliamo ad esso) e attraverso il confronto con i nostri fratelli e sorelle (che sono i primi pari che incontriamo nel nostro cammino esistenziale) si dispiegheranno le dimensioni relazionali della nostra storia. Il progetto della famiglia è un progetto all’interno del quale nasciamo, cresciamo, ci sviluppiamo. La famiglia relazionale assume un compito orientativo e di mediazione con la società, che può essere definito umanizzazione dei membri. In essa riveste un ruolo fondamentale una nuova concezione dell’infanzia, che vede il bambino come portatore di diritti (che vanno, anch’essi, intesi in relazione ai diritti degli altri soggetti). In alcuni passaggi della vita ci sarà un soggetto che avrà più bisogno di attenzione rispetto ad altri. Con il concetto di umanizzazione si intende che solo all’interno del contesto famiglia noi accediamo a quella dimensione che ci fa diventare uomini e donne. FAMIGLIA ED EDUCAZIONE Gli studiosi sono piuttosto concordi nell’assegnare alla famiglia il primato dell’educazione, cosi come alla scuola va quello dell’istruzione e al lavoro quello della formazione (L. Loro). Si tratta di una grande risorsa, che tuttavia non deve essere pensata come esclusiva, anzi, condivisa con le altre agenzie formative. PEDAGOGIA DELLA FAMIGLIA/EDUCAZIONE FAMIGLIARE In relazione ai nuovi tipi di famiglia, fiorisce e si sviluppa l’idea di un impegno pedagogico specifico orientato alla famiglia e in particolare ai genitori; si parla infatti di pedagogia della famiglia e di educazione famigliare. Lo scopo è quello di aiutare i genitori a problematizzare sempre di più la loro attività educativa, puntando sulla “riflessività” (Formenti), cioè su un oggetto che deve essere capace di riflettere sulla propria “teoria educativa” e modulare la propria azione sul figlio. Un’altra accezione è quella più relativa al sostegno dei servizi alle famiglie, in particolare a quelle più disagiate, che si fonda su una rete di istituzioni che supportano la famiglia attraverso diverse competenze (Milani): l’educatore professionale ha il compito di stimolare le risorse spesso già esistenti ma sopite (calpestate) nelle situazioni di disagio. Paola Milani parla di un educatore che sappia essere attento, non giudicante e che sappia raccogliere, in ogni situazione in cui mette in gioco la sua professionalità, elementi di promozione della persona. Il genitore capace, “buono”, competente non è quello che non sbaglia mai, ma quello che si pone sempre delle domande. LE POLITICHE PER LA FAMIGLIA: LA COMMISSIONE ONOFRI (1997) “Commissione per l’analisi delle compatibilità macroeconomiche della spesa sociale” nominata dall’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi, più nota come “Commissione Onofri”, elaborò un piano organico di riforma dello stato sociale italiano. Il piano toccava tutti i principali capitoli: ammortizzatori sociali, assistenza, previdenza, sistema sanitario. Avrebbe trasformato radicalmente le politiche sociali italiane; ne avrebbe superato l’impianto categoriale in cui la titolarità dei benefici è associata, ad eccezione della sanità e della scuola, all’appartenenza ad un gruppo sociale definito non in base alla condivisione di un bisogno, ma a caratteristiche come lo stato professionale di una particolare condizione di disabilità; avrebbe ridimensionato il ruolo di supplenza svolto dalla famiglia nella fornitura dei servizi di assistenza e di cura. LE POLITICHE PER LA FAMIGLIA… QUALCHE CENNO, QUALCHE RIFLESSIONE… (cfr. Saggio di Chiara Saraceno) Le politiche della famiglia, o meglio di sostegno alle responsabilità familiari nel nostro paese hanno una lunga storia di marginalità nella cultura sia politica che degli studi sul welfare (Naldini 2003, Saraceno 2003). Sono per lo più il sottoprodotto di altre politiche (cfr. assegni al nucleo familiare) e trovano difficile concettualizzazione nella tripartizione in cui tradizionalmente nel nostro paese si è categorizzata la spesa sociale: previdenza, sanità, assistenza. LA DEBOLEZZA ISTITUZIONALE DELLE POLITICHE PER LE FAMIGLIE Deriva dall’impianto fortemente “lavoristico” del welfare state italiano e dal fatto che le politiche sociali classiche sono orientate principalmente alla difesa dei diritti dei lavoratori e dei pensionati da lavoro, le restanti politiche essendo considerate, appunto, residuali e rivolte a categorie marginali. Deriva anche dal fatto che le politiche per le famiglie, in Italia come altrove, si basano su particolari concezioni di famiglia, di relazioni tra stato e famiglia, e possono avere obiettivi e gerarchie di rilevanza diversi. LE MISURE PER LA FAMIGLIA/I MODELLI DI FAMIGLIA La famiglia è quella specifica ed unica organizzazione che lega e tiene insieme le differenze originari e fondamentali dell’umano, quella tra i generi (maschile e femminile), tra le generazioni (genitori e figli) e tra le stirpi (ovvero l’albero genealogico, materno e paterno) che ha come obiettivo e progetto intrinseco la generatività. Essa ha a che vedere con la generatività dal punto di vista biologico (genitorialità) e la generatività dal punto di vista sociale (chiunque svolge azioni di educazione e di cura). “FAMIGLIA NORMALE” Alcuni fanno riferimento al fatto che la maggior frequenza di un fenomeno fa si che un evento divenga normale, o meglio, accettabile culturalmente. Altri si appellano a specifici orientamenti di valore che portano il soggetto ad accettarli o meno in base alle proprie esigenze (ad esempio si dice che è normale che moglie e marito si separino se non si vogliono più bene). WALSH F. Concettualizzazioni del funzionamento della famiglia normale, in WALSH F, Ciclo vitale e dinamiche familiari, Milano, 1995. Essere “normale”?  essere nella norma, seguire delle regole, condividere dei modelli; nell’ottica sistemica applicata allo studio delle relazioni familiari: la normalità è la capacità di mantenere uno stato di equilibrio connessa ai processi di cambiamento, di crisi che la vita ci presenta, per cui è normale affermare che le relazioni familiari sono intrise di eventi più o meno critici in cui ci si confronta o ci si scontra (Walsh). I processi di cambiamento generano momenti positivi e tanti momenti negativi. Usiamo il termine normalità non come etichetta, ma nel senso di saper ricostituire un equilibrio. Tutte le famiglie hanno questa capacità, vanno ad incidere le circostanze in cui esse vivono. LA NORMALITA’ DELLA FAMIGLIA Processi-prodotti che, nel corso del tempo, vengono creati intenzionalmente da tutta la serie di modulazioni relazionali che avvengono tra i vari sotto-sistemi familiari (relazione moglie-marito, genitori-figli). In tal modo, l’essere normali, il far parte di una famiglia normale dovrebbe significare la capacità da parte dei membri di reperire le risorse, di inventarsi strategie, al fine di rispondere con flessibilità alle disarmonie provenienti sia dagli altri membri sia dall’ambiente esterno. La nascita di un figlio non è occasione di “ricucitura” della coppia. Il figlio è “un terzo” che entra nella coppia e divide se non si è disposti a fare spazio. LE PLURALITA’ FAMIGLIARI La pluralità famigliare è data dall’unicità e dalla diversità di ogni gruppo familiare, per cui molteplicità e complessità sono il risultato delle differenti relazioni interpersonali che continuano ad esistere, a resistere, talvolta a rompersi, pur nel cambiamento prodotto da tutta una serie di variabili relative alle attese e alle aspirazioni personali. Ogni famiglia è unica e diversa e ciò dipende dal modo in cui le singolarità dei membri delle famiglie vanno a relazionarsi tra di loro. Ogni famiglia è il risultato di queste relazioni che nel tempo e nello sviluppo di quel contesto famigliare resistono o si rompono in una dimensione di cambiamento. Le difficoltà avvengono quando la famiglia non interpreta il cambiamento a cui è sottoposta (ad esempio quando nasce un figlio, questo richiede una riorganizzazione della famiglia). Non ci facciamo solo delle attese nei confronti degli altri, ma anche delle aspirazioni (ad esempio la donna si vuole realizzare nella dimensione lavorativa) e che tipo di ricadute hanno queste aspirazioni nei confronti della famiglia? Alle volte vengono messe a tacere (il marito dice che la moglie non riuscirà nel suo lavoro), alle volte vengono coltivate. Quindi attese e aspirazioni hanno un ruolo all’interno del sistema famiglia nella misura in cui esse possano portare a dei cambiamenti, percepiti in modo positivo. CICLO DI VITA FAMIGLIARE Ogni famiglia ha un suo ciclo di vita che corrisponde a qualcosa di più rispetto alla somma dei vari cicli di vita individuali delle persone che ne fanno parte. La storia, i processi, gli sviluppi di ciascuno dei membri all’interno della famiglia generano qualcosa di più. Come le persone si trasformano nel tempo, così le stesse relazioni tra i diversi sotto-sistemi familiari (coniugale, genitoriale, fraterno, intergenerazionale) cambiano, modificano la stessa struttura famigliare. Questi cambiamenti possono avvenire su quattro livelli: - Individuale (es. cambio lavoro) - Interpersonale (dimensione legata agli altri) - Gruppale (nei vari contesti ai quali apparteniamo) - Socio-culturale (ad esempio avere difficoltà in famiglia può pesare sul lavoro). Tali livelli sono in stretta interconnessione tra loro, perciò il cambiamento dell’uno può provocare effetti positivi o negativi sull’altro. Il ciclo della vita famigliare rappresenta un modello evolutivo che esamina e descrive i cambiamenti che tipicamente avvengono in una famiglia nel corso degli anni. la famiglia è un organismo vivente che alle volte fa delle scelte in ottica di cambiamenti, oppure li subisce. I cambiamenti vanno a segnare lo sviluppo della persona. EVOLUZIONE FISIOLOGICA (sviluppo secondo dei requisiti di norma) DELLA FAMIGLIA E DELL’INDIVIDUO Il concetto di ciclo di vita della famiglia trae la sua origine storica dal campo della ricerca sociologica, dove venne utilizzato per lo studio longitudinale (che si dispiega nel tempo) di vari fattori (economici, demografici, di crescita e sviluppo dell’individuo) riguardanti la famiglia considerata in una prospettiva evolutiva. Tali ricerche sono tutte immediatamente seguenti la II Guerra Mondiale e lontane dall’influenza della successiva visione sistemica. IL CICLO DI VITA: LE PRIME RICERCHE 1948: i sociologi Evelyn Duvall e Ruben Hill, ebbero l’incarico dalla Conferenza Nazionale Statunitense di Vita Famigliare di presiedere una commissione di studi che approfondisse “le dinamiche dell’interazione famigliare” Obiettivo della commissione: creare, attraverso ricerche approfondite, un quadro di riferimento per comprendere i diversi stadi di sviluppo della famiglia. Duvall e Hill, elaborarono una tabella che riportò, per ogni stadio di sviluppo, i diversi compiti dei genitori e dei figli mettendo in evidenza i rispettivi problemi sociali. 1950: “STADI DI SVILUPPO DELLA FAMIGLIA” (DUVAL) 1950: Duvall applicò il concetto di stadio di sviluppo non solo ai singoli membri, ma alla famiglia nel suo insieme e, per la prima volta, il ciclo di vita della famiglia venne suddiviso in otto stadi con i relativi compiti di sviluppo. Analogalmente a Duvall si mossero anche gli studi di Hill che, riflettendo sulle implicazioni intergenerazionali, si concentrò sull’età e suoi ruoli dei vari membri della famiglia. Entrambi i sociologi osservarono che ogni membro della famiglia ha un proprio compito evolutivo e il portare a termine tale compito non solo influenza, ma dipende da quello degli altri membri. La Duvall propose una divisione del ciclo di vita in otto stadi a partire da eventi basilari che implicano specifici compiti di sviluppo. 1 – formazione della coppia 2 – famiglia con figli (transizione importante da due a tre) 3 – famiglia con figli in età prescolare (l’entrata nella scuola è un traguardo importante che denotano via via un progressivo distaccamento del bambino dai genitori) 4 – famiglia con figli in età scolare 5 – famiglia con figli adolescenti (i figli cercano la propria identità, diventa sempre più autonomo e indipendente. I trampolini saranno comunitari) 6 – famiglia trampolino di lancio (se una famiglia non ha figli esercita sempre la generatività di tipo sociale, ossia volontariato, impegno sociale, cura dell’ambiente, ecc) Tra le due fasi può verificarsi la sindrome del nido vuoto  i figli escono di casa e i genitori lasciano sia la cura per i figli che il lavoro. 7 – famiglia in fase di pensionamento (conclusione del tempo produttivo) 8 – famiglia anziana (perdita delle proprie competenze, del proprio ruolo sociale, si guarda a ciò che è stato nel tempo vissuto). PARENTING Parenting (Bornstein, 2002) da “parents” (genitori): insieme di azioni e di comportamenti che i genitori mettono in atto per avere cura dei figli, dal punto di vista fisico, intellettivo, emotivo e sociale. Paradiso (2015) lo definisce molto semplicemente come “l’insieme delle attività portate avanti, realizzate, compiute dal genitore nell’accudimento del figlio”. La capacità genitoriale si esprime quindi attraversa concreti atti che fanno riferimento alle cosiddette funzioni genitoriali, e che, nel tempo della crescita del figlio e quindi della famiglia, si modifica come un processo sempre aperto e continuamente ristrutturabile. Il parentig si esprime in 12 funzioni fondamentali: - Genitorialità negligente: uno stile in cui il genitore è molto poco coinvolto nella vita del bambino. È uno stile associato a un’incompetenza sociale nei bambini, in particolare a una mancanza di autocontrollo. - Genitorialità indulgente: uno stile in cui i genitori sono molto coinvolti con i loro figli, ma fanno poche richieste ed esercitano poco controllo su di loro. È uno stile associato a un’incompetenza sociale nei bambini e, in particolare, a una mancanza di autocontrollo. - Proiettiva  è ciò che gli autori chiamano “scenari narcisistici della genitorialità”. Il narcisismo, sia materno che paterno, ha uno spazio fondamentale nel costruire l’immagine del bambino e nel collocarla appunto in uno scenario di sviluppo. La relazione con il bambino è sempre una relazione oggettuale come essere diverso da sé ma è sempre anche una relazione narcisistica con parti di sé viste nel bambino. È la dinamica tra queste due relazioni co-presenti a costituire il confine tra normalità e psicopatologia. Già durante la gravidanza vediamo in azione il prevalere di una relazione oggettuale (del figlio come altro, con propri desideri, aspettative, con una sua vita affettiva e sociale). Va sottolineato inoltre come all’interno di questa funzione proiettiva si collochi la capacità di tollerare la separazione, l’indipendenza, l’autonomia del figlio. - Differenziale  capacità della coppia genitoriale di esprimere le due modalità fondamentali di relazione: Maternalità = cura e accoglienza; Paternalità = protezione della diade madre-figlio e confronto con la norma ed il mondo esterno. Nel genitore sono presenti entrambe le modalità ma non è possibile sostituirsi all’altro. All’interno di una coppia genitoriale entrambe le funzioni devono essere presenti per permettere un gioco relazionale sano. - Triadica  capacità dei genitori di avere tra loro un’alleanza cooperativa fatta di sostegno reciproco e capacità di lasciare spazio all’altro. Capacità del genitore di vedere il bambino dentro una relazione dove esiste un terzo. La presenza del terzo dà al bambino maggiori possibilità di adattamento e interazione. Permette al bambino di uscire dal rapporto simbolico la madre. - Transgenerazionale  funzione che rimanda ai rapporti tra le generazioni, riguarda l’immissione del figlio dentro la storia della propria famiglia, è la consapevolezza del continuum generazionale in cui si inserisce la nascita. Ha a che vedere con due domande: come si collocano i genitori dentro le rispettive storie familiari? Come si colloca la nascita dentro quel particolare momento della storia generazionale? TEMPORALITA’ DELLE FUNZIONI Queste funzioni non sono necessariamente sequenziali ma compresenti, e si devono adattare alle diverse fasi dello sviluppo del bambino. Nell’intimità si crea uno spazio comune con l’altro ma non si va “dentro” l’altro. Nella fusione si cancella l’identità, mentre nell’intimità è importante la presenza dei due membri della coppia. Per diventare genitore occorre abbandonare gli schemi ricevuti attraverso la costruzione di una propria identità. Essa non avviene nel vuoto, ma attraverso la presenza di un’altra persona, in una dimensione di intimità con essa. La strutturazione della propria identità genitoriale avviene sulla base di elementi che ci fanno riconoscere di essere stati anche noi figli. Il bravo genitore è quello che riflette sui propri errori e che cerca modi diversi per riparare il “danno”. CHE COS’E’ LA GENITORIALITA’? La genitorialità è una funzione autonoma e processuale dell’essere umano, pre-esistente all’azione di concepire realmente un bambino. Il concepimento e la nascita del “bambino reale” è soltanto una delle diverse espressioni della funzione genitoriale. La funzione genitoriale entra in gioco in diverse situazioni della vita attraverso la capacità dell’individuo di: interpretare i bisogni ossia avere attenzione ai bisogni dell’altro, accudire ossia dare cura, proteggere. La genitorialità è una funzione complessa che incorpora sia aspetti individuali sia aspetti di coppia. È una funzione processuale in quanto non è immutabile ma evolve nel tempo e si adatta allo sviluppo del bambino e al periodo del ciclo di vita della famiglia. Esistono due diverse concezioni della genitorialità, una pedagogica l’altra psicologica, perché le funzioni della genitorialità sono di contenuto prettamente psicologico. CONCEZIONE PEDAGOGICA: la genitorialità è un processo attraverso cui si impara a diventare genitori, capaci di prendersi cura dei figli e di rispondere in modo sufficientemente adeguato ai loro bisogni che sono diversi nelle fasi di sviluppo. CONCEZIONE PSICOLOGICA: la genitorialità è una parte fondante della personalità di ogni persona. Quindi nessuna persona è privata di una capacità genitoriale. Prima ancora di essere considerata “fare”, la genitorialità è “uno spazio mentale” che inizia a formarsi nell’infanzia, quando a poco a poco interiorizziamo i comportamenti dei nostri genitori, i loro desideri, aspettative, messaggi verbali e non verbali, ecc. La genitorialità incorpora: - Aspetti INDIVIDUALI: la nostra idea, conscia e inconscia, di chi è di com’è un genitore; - Aspetti DI COPPIA, RELAZIONALI E SOCIALI, condivisi dall’eventuale partner in questo compito. Fa la differenza se nel compito genitoriale la madre sia sola oppure sia con un compagno/marito che ha anch’egli delle proprie idee sociali e comportamentali che vanno ad influire sull’educazione del figlio. Non si è genitori allo stesso modo per sempre; vi sono compiti differenti e modalità interattive e comunicative diverse. La genitorialità è una capacità dinamica, non ferma ad un livello di acquisizione, ma capace di rivisitare continuamente il proprio stile educativo. La genitorialità è uno spazio mentale e relazionale che comprende: - Storia affettiva: la storia che ogni genitore ha avuto come figlio - Mondo degli affetti: dimensione sviluppata da sé, quindi anche il legame con fratelli, sorelle, nonni, ecc. - Legami di attaccamento. Il parenting efficace implica un equilibrio tra i concetti di “cura”, “disciplina” e “rispetto”. Cura  prendersi cura significa rispondere ai bambini in modo accettante e supportivo. La cura permette al bambino di sentirsi al sicuro, amato e protetto. Questi bambini accettano le richieste dei genitori e sono facili da gestire. Disciplina  prevede che i genitori identifichino e si aspettino un comportamento responsabile da parte del bambino. Comprende la formulazione di limitazioni o regole, il monitoraggio del comportamento e un fermo rispetto delle regole, che devono essere chiare, ragionevoli e appropriate all’età. Le punizioni costituiscono il modo meno efficace per rinforzare le regole. Rispetto  significa fornire al bambino la libertà di pensiero e di espressione. È importante quanto le prime due in quanto senza di esso i genitori eserciterebbero un controllo psicologico sul figlio. Tale controllo può limitare la possibilità che il bambino sviluppi una identità, una buona autostima, e impedisce inoltre un’adeguata comprensione ed espressione delle emozioni.
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