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pedagogia dell'infanzia e della famiglia, Dispense di Pedagogia

Il documento "PEDAGOGIA DELL'INFANZIA E DELLA FAMIGLIA" copre diversi aspetti della pedagogia infantile e del ruolo delle famiglie nell'educazione dei bambini. Ecco una sintesi più breve: Storia e Legislazione Teorie Pedagogiche Metodologie Educative Ruolo delle Famiglie Servizi per l'Infanzia

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 29/06/2024

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Scarica pedagogia dell'infanzia e della famiglia e più Dispense in PDF di Pedagogia solo su Docsity! DOMANDE: -Quando parliamo di scuole dell'infanzia di cosa parliamo? Quando sono state istituite, le leggi ecc.. FATTO -le sezioni primavera FATTO -l'educatore nei nidi d'infanzia? FATTO -dal punto di vista legislativo c'è un riferimento per questa figura dell'educatore? E qual è questa legge? FATTO -quali sono i campi d'esperienza? FATTO -I principi ispiratori del nido dell'infanzia (cap.3) (legge 24-43) FATTO -Sezioni primavera e scuola dell'infanzia. Come si è arrivati? Iter legislativo FATTO -Legge 107. Quali sono gli aspetti rilevanti di questa legge? FATTO -Cosa ci dice Winnicott rispetto all'infanzia? 2 CAPITOLO FATTO -Cos'è l'attaccamento? 2 CAPITOLO FATTO -Cosa ci dice Piaget? 2 CAPITOLO FATTO -Esempi di scuole dell'infanzia. (Cap.4) -Cosa ci dice Pestalozzi rispetto all'infanzia? 1 CAPITOLO FATTO -Nidi d'infanzia. Iter storico. (Cap.3) FATTO -Corresponsabilità educativa. (Monica Amadini) -Obiettivo della P4C e la metodologia utilizzata= ricerca-intervento. -Cosa è emerso dalla ricerca della P4C? -Aspetti della terza infanzia (crisi) Sviluppo dell'identità nella terza infanzia. -Competenza genitoriale. Qual è la prospettiva della psicologia? 2 CAP AFFETTIVITA -Bisogno di riconoscimento. (Di dignità - responsabilità etica) -quali sono i tre metodi/livelli di prevenzione per la genitorialità? -la metodologia che è stata utilizzata per la philosophy for children? (La ricercazione) e perché è una ricerca di stile fenomologico ermeneutico? E quali sono le fasi di questa ricerca? -Quali sono le 5 fasi della P4C? PRIMO CAPITOLO di Andrea Bobbio SUGGESTIONI PEDAGOGICHE A PARTIRE DAI “CLASSICI” DELLA PEDAGOGIA DELL’INFANZIA (Comenio-Locke- Rousseau-Pestalozzi-Frobel-Le sorelle Agazzi-Maria Montessori) La pedagogia dell'infanzia affonda le sue radici in contributi significativi di illustri pensatori. Tra i classici della pedagogia dell'infanzia, tre figure emerse nel corso dei secoli hanno lasciato un'impronta indelebile: Comenio, Locke e Rousseau. Nonostante le differenze nel contesto storico e nelle concezioni educative, Comenio, Locke e Rousseau hanno in comune l'interesse per l'educazione dell'infanzia e hanno apportato contributi significativi al campo pedagogico. Sebbene le loro prospettive possano apparire divergenti, c'è la possibilità di creare un discorso unificato che integri le loro idee. Iniziamo sottolineando il punto di convergenza tra Comenio e Locke. Entrambi riconoscono l'importanza dell'esperienza diretta come strumento educativo. Comenio sostiene che l'apprendimento dovrebbe essere un'esperienza coinvolgente e gioiosa, basata sull'osservazione e sulla scoperta. Locke, d'altro canto, sottolinea l'importanza dell'apprendimento attraverso l'esperienza graduale, plasmando la mente dei bambini attraverso l'interazione con il mondo circostante. Entrambi vedono nell'esperienza un mezzo fondamentale per lo sviluppo delle capacità cognitive e pratiche dei bambini. Da qui possiamo trovare un legame con le idee di Rousseau. Anche Rousseau attribuisce grande importanza all'esperienza diretta, ma aggiunge un elemento fondamentale: la libertà. Rousseau sostiene che i bambini dovrebbero essere liberi di esplorare il mondo che li circonda, imparando attraverso l'autonomia e la spontaneità. Rousseau privilegia un approccio più naturale, basato sulla valorizzazione dell'individualità e sul rispetto delle fasi di sviluppo. Egli critica la tendenza a sovraccaricare i bambini di informazioni precoci, sottolineando l'importanza di un'educazione che rispetti i tempi e le esigenze individuali dei bambini. Spostando la lancetta del tempo in avanti, rivolgiamo l’attenzione a Heinrich Pestalozzi, uno dei più importanti pedagogisti del XIX secolo, ha sostenuto l'importanza dell'individualità del soggetto e ha attribuito al popolo un ruolo centrale nella progettualità educativa. Pestalozzi ha riconosciuto che ogni individuo è unico e possiede potenzialità che devono essere sviluppate attraverso un'educazione personalizzata. Ha sostenuto che gli insegnanti dovrebbero adattare il loro approccio educativo alle esigenze individuali dei bambini, prendendo in considerazione le loro peculiarità, le loro abilità e le loro esperienze di vita. Allo stesso tempo, Pestalozzi ha posto l'attenzione sul popolo come destinatario della progettualità educativa. Ha sostenuto che l'educazione dovrebbe essere accessibile a tutti, indipendentemente dalla loro origine sociale ed economica. Pestalozzi ha creduto che l'educazione del popolo fosse fondamentale per la formazione di una società equa e armoniosa. Ha promosso l'idea che l'istruzione dovrebbe essere un diritto universale e ha lavorato per creare scuole per le classi meno abbienti. Pestalozzi vedeva nel popolo la linfa vitale della società e credeva che attraverso un'educazione adeguata si potesse migliorare la condizione delle persone e promuovere il progresso sociale. Un altro grande pedagogista che ha influenzato la pedagogia dell'infanzia è Friedrich Fröbel. Fröbel è noto per aver introdotto il concetto di "Kindergarten", un'istituzione educativa dedicata all'educazione dei bambini in età prescolare. Egli ha posto una grande enfasi sul gioco come strumento fondamentale per l'apprendimento e lo sviluppo dei bambini, ha sostenuto che il gioco è l'attività principale attraverso cui i bambini esplorano il mondo circostante, sviluppano la loro creatività e acquisiscono competenze sociali ed emotive. Fröbel ha anche sviluppato una serie di attività e materiali didattici, come i famosi "doni" e "occupazioni", che permettevano ai bambini di esprimersi liberamente e di apprendere in modo attivo e coinvolgente. Le sorelle Agazzi, pedagogiste italiane del XX secolo, hanno espresso critiche nei confronti del metodo proposto da Friedrich Fröbel. Le Agazzi sostenevano che l'approccio di Fröbel al gioco fosse eccessivamente strutturato e rigido, limitando la libertà dei bambini di esplorare e creare autonomamente. Secondo loro, Fröbel aveva un'idea predefinita di come il gioco dovrebbe svolgersi, invece di lasciare spazio all'autonomia e alla spontaneità dei bambini. Le sorelle Agazzi, invece, hanno sviluppato una didattica che valorizza il concetto di "gioco-lavoro". Secondo la loro prospettiva, il gioco non dovrebbe essere solo un'attività ludica fine a sé stessa, ma dovrebbe essere intrecciato con il lavoro e l'apprendimento pratico. Le Agazzi credevano che attraverso il gioco-lavoro, i bambini potessero acquisire competenze pratiche, sviluppare la concentrazione e l'autodisciplina, e apprendere in modo significativo. Il gioco-lavoro, secondo le sorelle Agazzi, offriva un'opportunità per un apprendimento esperienziale, in cui i bambini potevano sperimentare e affrontare sfide concrete. La didattica agazziana si basa sull'idea che il gioco-lavoro possa essere organizzato in modo strutturato, ma flessibile, adattandosi alle esigenze e agli interessi dei bambini. Le sorelle Agazzi hanno sviluppato una vasta gamma di materiali didattici che incoraggiavano l'apprendimento attraverso il gioco-lavoro, offrendo ai bambini la possibilità di esplorare e sperimentare in diversi ambiti, come la manipolazione di materiali, la costruzione e la rappresentazione simbolica. Questo approccio metteva in luce l'importanza di fornire un ambiente stimolante e ricco di opportunità per il gioco-lavoro, consentendo ai bambini di sviluppare la propria creatività, l'autonomia e le competenze pratiche. Nella metodologia agazziana, "l'ordine" riveste un ruolo fondamentale come strumento per dominare lo spazio e il tempo educativo. Le sorelle Agazzi hanno riconosciuto che l'organizzazione e la strutturazione dell'ambiente educativo sono cruciali per favorire l'apprendimento e il benessere dei bambini. L'ordine nell'ambiente di apprendimento agazziano si riferisce a un'organizzazione razionale degli spazi, dei materiali e delle attività educative. Gli ambienti educativi agazziani sono progettati per essere puliti, ordinati e armoniosi, offrendo un'atmosfera accogliente e invitante. L'organizzazione degli spazi consente ai bambini di muoversi liberamente, di individuare facilmente i materiali e gli strumenti necessari e di sviluppare un senso di sicurezza e di stabilità. Inoltre, l'ordine nella metodologia agazziana si estende anche alla gestione del tempo educativo. Le attività sono organizzate in modo strutturato e pianificate in anticipo, consentendo ai bambini di sviluppare una sull’attaccamento per comprenderne la natura. In primo luogo, bisogna porre attenzione sull’ambientamento, quindi l’ingresso in un nuovo ambiente con figure sconosciute e la separazione dalle figure d’attaccamento primario. Perché l’ambientamento abbia successo è necessario che ogni bambino percepisca il nido come un ambiente sicuro, che educatrici/tori e gli insegnanti siano disposti a costituirsi come figure d’attaccamento secondario, senza sostituirsi alle figure primarie, e quindi che vengano percepiti dai bambini come affidabili. Sulla scia del pensiero di Bowlby, i bambini “scelgono” le figure d’attaccamento in base alle modalità d’approccio che queste rivolgono loro. Un aspetto che sicuramente fa funzionare bene il tutto è il rapporto di comunicazione reciproca tra genitori e educatori/trici o insegnanti, quindi la corresponsabilità educativa tra famiglia e nido/scuola, poiché la collaborazione, la solidarietà, la cooperazione che prendono il posto della competizione permettono al bambino di godere delle risorse scaturite proprio da questo rapporto. Famiglia, genitori ci guadagnano una comunicazione limpida, fatta di feedback comunicativi reciproci, che vanno ad arricchire il percorso evolutivo del bambino. In questo caso anche la relazione educativa si arricchisce di un rapporto di riconoscimento tra educatore ed educando, che si esprime nella relazione IO-TU (come è intesa da Buber). PIAGET-VYGOTSKY Jean Piaget ha fornito un contributo significativo alla pedagogia attraverso la sua teoria dello sviluppo cognitivo. La sua comprensione del modo in cui i bambini apprendono e si sviluppano ha avuto un impatto profondo sull'educazione e sulla pratica pedagogica. Piaget sottolineava l'importanza di creare un ambiente educativo che permettesse ai bambini di esplorare e interagire attivamente con il loro ambiente. Egli credeva che i bambini apprendessero meglio attraverso l'esperienza diretta e l'interazione con il mondo reale. Pertanto, nella pedagogia piagetiana, viene data grande importanza all'apprendimento esperienziale, in cui i bambini possono toccare, esplorare e manipolare oggetti concreti per sviluppare la loro comprensione. Un altro aspetto cruciale della pedagogia di Piaget è la considerazione dei livelli di sviluppo cognitivo dei bambini. Egli sosteneva che gli insegnanti dovessero adattare i loro approcci didattici al livello di sviluppo cognitivo dei loro studenti. Ciò significa che i contenuti e le attività educative dovrebbero essere presentati in modo appropriato, tenendo conto delle capacità cognitive e delle prospettive dei bambini. Questo approccio mira a favorire un apprendimento significativo e stimolante, promuovendo al tempo stesso una progressione graduale verso livelli di pensiero più complessi. Per quanto riguarda i concetti di assimilazione e accomodamento, Piaget li ha introdotti per spiegare come i bambini elaborano le nuove informazioni e costruiscono la loro comprensione del mondo. L'assimilazione è il processo mediante il quale i bambini interpretano e integrano nuove esperienze o informazioni all'interno del loro schema cognitivo esistente. In pratica, i bambini cercano di far rientrare nuove informazioni all'interno delle loro conoscenze preesistenti. Ad esempio, un bambino potrebbe vedere un animale mai visto prima e assimilarlo nella sua categoria di "cane" poiché assomiglia a un cane. L'accomodamento, d'altra parte, si verifica quando i bambini devono modificare i loro schemi cognitivi esistenti per adattarsi alle nuove informazioni che non possono essere facilmente spiegate attraverso l'assimilazione. Quando le nuove esperienze sono in conflitto con le loro conoscenze preesistenti, i bambini si impegnano nell'accomodamento per adattarsi e comprendere meglio il nuovo materiale. Quando questi due processi sono in equilibrio conducono all’adattamento. Anche gli studi di Vygotsky sono stati pioneristici nel quadro dello sviluppo cognitivo, sebbene abbiano entrambi contribuito significativamente alla nostra comprensione di come i bambini imparano, presentano alcune differenze cruciali nel modo in cui concepiscono lo sviluppo cognitivo e l'interazione sociale. Entrambi i teorici concordano sul fatto che l'apprendimento sia un processo attivo e costruttivo, in cui i bambini sono attivi protagonisti del loro stesso apprendimento. Sia Piaget che Vygotsky hanno riconosciuto l'importanza delle esperienze concrete nell'apprendimento e il ruolo centrale del gioco nello sviluppo cognitivo. Tuttavia, la principale differenza tra le loro teorie risiede nella prospettiva sulla relazione tra lo sviluppo cognitivo e l'interazione sociale. Piaget sottolinea l'importanza dell'interiorizzazione delle conoscenze individuali, sostenendo che i bambini sviluppano la loro comprensione del mondo attraverso l'interazione diretta con l'ambiente fisico. Egli pone un'enfasi sull'apprendimento individuale e sostiene che i bambini devono raggiungere determinati stadi di sviluppo cognitivo prima di poter acquisire concetti complessi. D'altra parte, Vygotsky enfatizza il ruolo fondamentale dell'interazione sociale e del contesto culturale nell'apprendimento. Egli sostiene che i bambini apprendono attraverso l'interazione con gli altri e l'uso degli strumenti culturali, come il linguaggio e i segni simbolici. Secondo Vygotsky, il processo di apprendimento è intrinsecamente sociale e avviene all'interno della "zona di sviluppo prossimale", che rappresenta la distanza tra ciò che un bambino può fare autonomamente e ciò che può fare con l'aiuto di un adulto o di un compagno più competente. Un altro punto di differenza tra Piaget e Vygotsky riguarda il ruolo del pensiero egocentrico. Piaget considera il pensiero egocentrico come una caratteristica del periodo preoperatorio, in cui i bambini faticano a considerare le prospettive degli altri. D'altra parte, Vygotsky sostiene che il pensiero egocentrico può essere superato attraverso l'interazione sociale e l'apprendimento collaborativo. RICADUTE EDUCATIVE EDUCAZIONE COSTRUTTIVISTA E EDUCAZIONE SOCIO-COSTRUTTIVISTA: Gli studi sulla pedagogia, grazie anche al contributo della psicologia dello sviluppo e delle neuroscienze, hanno evidenziato come la teoria piagetiana, quindi un’educazione costruttivista, applicata alla pratica educativa sia inopportuna da un punto di vista pedagogico. Il superamento indiscusso graduale e lineare degli stadi che Piaget individua, è confutabile nella misura in cui la sua teoria va operata in traduzione libera, focalizzandosi sul processo di sviluppo e privilegiandone la matrice costruttivista. In una scuola o in un nido con tale impostazione l’allestimento dell’ambiente è mirato a fornire ai bambini attività in cui possono accedere liberamente e tramite le quali possono mettersi alla prova e sperimentare: attività di manipolazione, di pittura, di osservazione naturalistica, attività costruttive ecc... La possibilità di accedere e scegliere liberamente l’attività da svolgere è funzionale all’assenza di costrizione che invece inficerebbe la motivazione e il coinvolgimento. In queste attività che il bambino svolge liberamente il ruolo dell’adulto deve essere quello di un osservatore attento, che non corregge l’esecuzione del bambino ma gli offre ulteriori occasioni a partire dalle sue scoperte. L’educazione costruttivista incoraggia l’autonomia e l’autodeterminazione, che si ottiene non seguendo regole imposte ma a partire dalla libertà di creare regole durante il gioco/l’attività che saranno quindi autoimposte dai bambini stessi. Mentre Piaget dà importanza agli stadi di sviluppo universali, che hanno base biologica, Vygotsky sottolinea che le culture umane sono in continua trasformazione e che dato il fenomeno socio- culturale dello sviluppo, non può esistere alcuno schema universale di riferimento. La teoria di un’educazione socio-costruttivista pone in primo piano il ruolo dell’adulto e dei pari. L’attenzione si sposta da ciò che il bambino può fare da solo a ciò che il bambino può fare se aiutato dall’adulto o dai compagni, questa è l’area prossimale di sviluppo che non coincide necessariamente con lo sviluppo. L’adulto in questo quadro svolge il ruolo di scaffolding attraverso strategie di tutoring, a partire per esempio dall’osservazione del comportamento spontaneo dei bambini sia in solitudine che in cooperazione con gli altri bambini e agire facilitando le attività già scelte o accennate dai bambini stessi, aggiungendo elementi di arricchimento. Il tutoring è una strategia utilizzata consapevolmente dall’adulto ma anche inconsapevolmente dai compagni, che spesso in qualità di guida più esperiente, più grande, si ritrovano a rivestire il ruolo di “maestri” per i compagni “apprendisti”. LA NUOVA SOCIOLOGIA DELL’INFANZIA Un contributo innovativo negli ultimi due decenni arriva dalla sociologia, che critica fortemente le teorie tradizionali dell’infanzia, e rielabora la posizione del bambino in società. Fondamentalmente la critica mira a colpire la teoria funzionalista e quella della psicologia dello sviluppo. Il modello funzionalista ha come esponente principale Durkheim, che inaugura il filone di studio della sociologia dell’educazione. La nuova sociologia critica fortemente la teoria funzionalista durkheimiana perché rende il bambino passivo, e passivo è anche l’adulto, nel suo essere attivo fruitore di norme e valori stabiliti, nella misura in cui non può essere libero di scegliere cosa trasmettere perché l’unico obiettivo è quello di far crescere il bambino in modo che non sia una “minaccia selvaggia” per la società. La teoria funzionalista risulta essere deterministica e unidirezionale. Il modello evolutivo della psicologia dello sviluppo, che vede come autori di riferimento Piaget e Vygotsky, viene criticata dalla nuova sociologia dell’infanzia per due motivi nello specifico. Il primo è l’identificare il bambino come un essere “in divenire”, che ha solo “in potenza” la maturità per diventare a pieno titolo un attore sociale. Questo perché per entrambi gli autori, anche se con alcune differenze che teniamo sempre in considerazione, la partecipazione del bambino in società avviene solo dopo il processo di “internalizzazione”, prima di questa fase il bambino o il gruppo dei pari non ricoprono alcun ruolo di arricchimento. Per la nuova sociologia dell’infanzia la fase dell’infanzia è una categoria strutturale in società, in quanto al pari dell’adulto contribuisce alla costruzione della società e al suo cambiamento e subisce allo stesso modo le influenze sociali. A corroborare questo aspetto vi sono le teorie della sociologia contemporanea, come quella di Bourdieu o di Bauman, pensiamo per esempio al fatto che i bambini per primi sono dei “consumatori”, cui il mercato presta particolare attenzione, o al fatto che attraverso la scolarizzazione i bambini sono pienamente inseriti in società. TERZO CAPITOLO di Elisabetta Musi I NIDI D’INFANZIA LE LEGGI: La nascita dei nidi d'infanzia in Italia ha radici profonde nel XIX secolo, quando emersero una serie di iniziative volte a contrastare l'abbandono e la mortalità infantile. Uno dei precursori di tali sforzi fu Ferrante Aporti, un medico e pedagogista italiano, noto per aver fondato l'"Asilo di Carità per l'Infanzia" a Torino nel 1828. L'asilo di Aporti fu una delle prime istituzioni del suo genere in Italia, fornendo un rifugio per i bambini abbandonati o in situazioni di estrema povertà. L'obiettivo principale era quello di offrire assistenza ai bambini privi di una famiglia stabile e alle madri in difficoltà, garantendo loro un ambiente sicuro e la possibilità di ricevere cure adeguate. La fondazione dell'asilo di Aporti segnò l'inizio di un movimento sociale che si diffuse gradualmente in tutto il paese. Intorno alla metà dell'Ottocento, le "crèches", o "presepi" in italiano, iniziarono a comparire in diverse città italiane. Queste strutture erano concepite come spazi dedicati alla cura e all'educazione dei bambini in età prescolare, offrendo un'alternativa alle strade e alle condizioni di vita precarie in cui molti bambini si trovavano all'epoca. Le creches rappresentarono una risposta tangibile all'alto tasso di mortalità infantile e all'abbandono dei bambini, problemi diffusi in quel periodo. Attraverso l'offerta di assistenza medica, nutrizione adeguata, educazione di base e sorveglianza costante, queste strutture cercavano di fornire un ambiente sicuro e protetto per i bambini che altrimenti sarebbero stati esposti a gravi rischi per la loro salute e sviluppo. educativa. In un certo senso il nido diventa come la polis socratica, quindi luogo di scambio di opinioni e dialogo costruttivo all’insegna di una pratica democratica. La nascente cultura attorno al nido si fa portavoce di un nuovo vocabolario e di un nuovo linguaggio, a partire dalla denominazione del personale che da assistente diventa educatore, proprio a sottolinearne l’aspetto professionale. Il tema della formazione dell’educatore è centrale nella storia dei servizi per l’infanzia. Se all’inizio bastava un diploma di scuola media superiore, dal 20 dicembre 2017, con l’approvazione del testo di Legge n.2443, per operare come educatore è necessaria una Laurea triennale in scienze della formazione o scienze dell’educazione. Questo conferisce sempre più dignità culturale e sociale al lavoro educativo e opera in visione di una sempre maggiore qualificazione professionale di chi opera con i bambini piccoli nei servizi d’infanzia. LA CULTURA DEL NIDO Gli sviluppi culturali e sociali in cui il nido è inserito, come per esempio l’evoluzione delle famiglie e le nuove morfologie sociali, con il passare del tempo, hanno portato non pochi cambiamenti e adattamenti alla cura degli spazi, degli strumenti di lavoro, alla comunicazione, all’osservazione, alla didattica specifica per il nido. E’ in atto una vera e propria rivoluzione della cultura e dell’organizzazione dei nidi, l’educazione assume una sempre più alta qualità, sia in ambito nazionale che internazionale. NIDI AZIENDALI: Le prime Leggi a tutela della maternità, come la Legge n.860 del 26 agosto 1950, sanciscono l’obbligo per i datori di lavoro di istituire una “camera di allattamento” o un “asilo nido per allattamento, alimentazione e custodia dei bambini adiacenti al luogo di lavoro, o nidi interaziendali. Così prendono piede i nidi di fabbrica che, oltre a fornire le sale di allattamento, dispongono di un personale idoneo per la custodia dei bambini durante le ore di lavoro delle madri. Si tratta ancora di asili nido con valenza assistenziale e non educativa, anche in considerazione del fatto che spesso il personale non era qualificato per l’educazione ma solo a fini custodialistici, di retaggio degli asili Onmi. I nidi di fabbrica con la Legge 1044 del 1971 passano alla gestione diretta dei Comuni e vengono così reinterpretati secondo un’idea di cura e di educazione lontana dalla matrice assistenzialistica. A partire dalla metà degli anni Novanta i nidi di fabbrica prendono il nome di nidi aziendali che, per quanto non costituiscano una realtà numericamente rilevante, si presentano come una variante degli asili nido tradizionali e concorrono a offrire una risposta concreta al problema della conciliazione tra vita familiare e lavorativa. Un nido aziendale esemplare è quello dell’imprenditore italiano Adriano Olivetti (1901-1960). Il fine della Comunità Olivetti di contrastare gli effetti di una vita basata solo su meccanismi competitivi, lavorativi, economici e promuovere, invece, solidarietà e fratellanza tra gli uomini. In questo senso la società Olivetti offriva educazione, formazione e sostegno per i figli dei dipendenti, metteva a disposizione asili e asili-nido, colonie estive, iniziative culturali, una mensa, assistenza medica, assistenti sociali e un centro di psicologia industriale. Veniva data particolare attenzione all’assistenza della maternità fin dal periodo prenatale. Nel 1941 entra in vigore ALO (Assistenza Lavoratrici Olivetti) che assicura le dipendenti durante la gravidanza e i mesi di allattamento. Già dal prenatale le donne venivano assistite e seguite, anche per entrare in confidenza con il personale che dopo si sarebbe occupato dei figli. I servizi forniti da Olivetti erano veramente all’avanguardia a partire dalla creazione di ambienti liberi e stimolanti per i bambini, come ad esempio l’asilo di Ivrea, fino all’apertura di nuovi asili per far fronte alla sempre più crescente richiesta e al sostegno che la Olivetti forniva agli asili nido già esistenti. L’attenzione era rivolta allo sviluppo infantile e relazionale, al rapporto affettivo con la madre, alla formazione del personale, agli spazi e all’ambiente. AGRINIDI E AGRIASILI Gli agrinidi o agriasili sono un tipo di istituzione educativa che si basa su un approccio pedagogico alternativo e orientato alla natura. Questi luoghi offrono un ambiente educativo basato sulla vita all'aperto, sulla connessione con la natura e sull'apprendimento attraverso l'esperienza pratica. L'idea di pedagogia degli agrinidi si ispira a diverse filosofie educative, tra cui l'educazione attiva, l'educazione ambientale e l'apprendimento esperienziale. L'obiettivo principale è quello di offrire ai bambini un'esperienza di apprendimento integrata con l'ambiente naturale circostante, promuovendo allo stesso tempo la creatività, l'autonomia, la responsabilità e il rispetto per la natura. Questi luoghi sono spesso situati in aree rurali o periferiche, lontano dai centri abitati urbani. Ciò risolve il problema di molte famiglie che, vivendo lontano dalle città, non possono facilmente portare i propri figli all'asilo o alle scuole più convenzionali. Gli agrinidi o agriasili offrono quindi un'opportunità per queste famiglie di avere un'istruzione accessibile per i loro figli nelle vicinanze del loro luogo di residenza. Le famiglie delle aree periferiche che scelgono di mandare i loro figli negli agrinidi o agriasili spesso cercano di preservare alcuni valori legati alla natura e all'ambiente. Questi valori possono includere il rispetto per la terra, la sostenibilità, la conservazione ambientale e la consapevolezza ecologica. Gli agrinidi incoraggiano una connessione diretta con la natura attraverso attività come il giardinaggio, la coltivazione di orti, l'esplorazione della fauna e della flora locali, e altre esperienze pratiche che insegnano ai bambini l'importanza della conservazione e del rispetto per l'ambiente. Inoltre, gli agrinidi spesso promuovono l'interazione sociale tra i bambini di diverse età, incoraggiando la collaborazione, il sostegno reciproco e l'apprendimento tra pari. Questo approccio favorisce un ambiente inclusivo e comunitario in cui i bambini possono crescere insieme, imparando dagli altri e sviluppando una maggiore consapevolezza delle loro responsabilità verso il mondo naturale e verso gli altri esseri umani. NIDI E ASILI NEL BOSCO I nidi o asili nel bosco, noti anche come asili/scuole all'aperto o asili/scuole nel verde, sono istituzioni educative che si svolgono principalmente all'aperto, in ambienti naturali come boschi, parchi o giardini. L'idea di queste scuole si basa sul concetto di fornire un'esperienza educativa immersa nella natura, consentendo ai bambini di esplorare, giocare e apprendere all'aperto. L'origine di queste scuole può essere fatta risalire a diverse influenze. Ad esempio, i movimenti dell'educazione attiva e dell'educazione all'aria aperta, come il movimento Waldorf e il movimento Montessori, hanno contribuito a sviluppare l'idea di un'educazione più vicina alla natura. Inoltre, l'educazione ambientale e la consapevolezza ecologica hanno svolto un ruolo importante nell'ispirare questa tipologia di asili. La differenza tra un asilo/scuola nel bosco radicale e un asilo/scuola nel bosco integrata risiede nell'approccio pedagogico adottato. Un asilo/scuola nel bosco radicale si svolge completamente all'aperto, senza un edificio scolastico tradizionale. I bambini trascorrono la maggior parte del loro tempo all'aperto, anche in condizioni climatiche avverse. Questo tipo di asilo/scuola si basa sull'idea di una totale immersione nella natura, consentendo ai bambini di sperimentare la vita all'aria aperta in modo diretto. D'altra parte, un asilo/scuola nel bosco integrata combina l'aspetto dell'istruzione all'aperto con un ambiente di apprendimento più tradizionale. Questo tipo di asilo/scuola potrebbe avere sia spazi interni che esterni, consentendo ai bambini di beneficiare di entrambi gli ambienti. L'obiettivo principale è quello di integrare l'esperienza all'aperto con attività in aula, fornendo una varietà di opportunità di apprendimento che combinano giochi all'aperto, esplorazione della natura e insegnamento tradizionale. Gli asili o scuole nel bosco offrono diversi vantaggi per l'apprendimento, la socializzazione e lo sviluppo generale dei bambini. In termini di apprendimento, l'ambiente naturale offre infinite opportunità di esplorazione e scoperta. I bambini possono imparare attraverso esperienze pratiche, toccando, sentendo, annusando e osservando gli elementi naturali. Questo tipo di apprendimento esperienziale può favorire una maggiore curiosità, creatività e problem-solving. La socializzazione è favorita in un ambiente all'aperto, poiché i bambini sono incoraggiati a lavorare insieme, a condividere risorse e a collaborare. L'interazione con la natura e la presenza di spazi aperti favoriscono anche l'autonomia, l'auto-regolazione e lo sviluppo delle abilità motorie. NIDI-FAMIGLIA E EDUCATRICI/TORI DOMICILIARI I servizi integrativi, come i nidi di famiglia e gli educatori domiciliari, sono servizi di cura e educazione per i bambini, generalmente di età compresa tra 0 e 3 anni, che si svolgono in ambienti familiari o domestici anziché in strutture educative formali come gli asili nido o le scuole dell'infanzia. I nidi di famiglia sono servizi in cui un educatore qualificato accoglie un piccolo gruppo di bambini presso la propria casa o un ambiente familiare. Questi servizi sono solitamente organizzati e monitorati da enti locali o organizzazioni specializzate e devono rispettare le normative e gli standard di sicurezza e qualità dell'assistenza all'infanzia. Gli educatori domiciliari, invece, sono figure professionali che forniscono cura e educazione personalizzate ai bambini presso il loro domicilio o in quello dei genitori. Questi educatori sono spesso formati nel settore dell'assistenza all'infanzia e possono lavorare in collaborazione con le famiglie per fornire un ambiente di apprendimento sicuro, stimolante e adatto alle esigenze individuali dei bambini. Entrambi i servizi integrativi, come i nidi di famiglia e gli educatori domiciliari, offrono una serie di vantaggi per i bambini e le loro famiglie. Innanzitutto, consentono una maggiore flessibilità rispetto alle strutture educative tradizionali, adattandosi alle esigenze specifiche delle famiglie, come gli orari di lavoro o la vicinanza geografica. Inoltre, essi offrono un ambiente più familiare e intimo, in cui i bambini possono stabilire relazioni di fiducia con l'educatore e interagire con un numero ridotto di coetanei. Questo può favorire una maggiore attenzione individuale e un ambiente più caldo e confortevole per i bambini. I servizi integrativi, in particolare i nidi di famiglia, possono anche favorire l'inclusione sociale, offrendo ai bambini l'opportunità di interagire con coetanei provenienti da contesti familiari e culturali diversi. Inoltre, possono rappresentare una transizione più graduale tra la sfera familiare e quella scolastica, facilitando l'adattamento dei bambini a nuovi ambienti e routine. È importante sottolineare che sia i nidi di famiglia che gli educatori domiciliari devono rispettare le normative locali in materia di assistenza all'infanzia e garantire la sicurezza, la salute e lo sviluppo adeguato dei bambini. Vi è comunque una scarsa letteratura di riferimento vista la molteplicità di realizzazioni e interpretazioni che variano da Regione a Regione, in molte situazioni è un servizio preso in carico dai servizi sociali. QUARTO CAPITOLO di Monica Amadini SEZIONI PRIMAVERA E SCUOLE DELL’INFANZIA Negli ultimi anni, si è assistito a un crescente interesse e attenzione nei confronti della prima infanzia e dei servizi ad essa dedicati. Questo cambiamento di prospettiva è stato favorito da molteplici fattori, tra cui il contributo delle istituzioni aportiane, la scuola materna agazziana, la casa dei bambini montessoriana e l'istituzione nel 1978 della scuola materna statale. Con l'istituzione della scuola materna statale nel 1978, l'attenzione verso la prima infanzia è stata riconosciuta a livello istituzionale. La creazione di questo tipo di scuole ha contribuito a diffondere l'idea che i primi anni di vita siano un periodo fondamentale per lo sviluppo dei bambini e che una corretta educazione in questa fase possa avere un impatto significativo sulla loro crescita e apprendimento successivi. Oggi, la scuola dell'infanzia assume un ruolo centrale nel contesto educativo per il segmento di età compreso tra zero e sei anni. Essa funge da anello di congiunzione tra i servizi per la prima infanzia e il mondo della scuola, facilitando una transizione graduale e senza soluzione di continuità per i bambini. Questo permette loro di sviluppare relazioni positive con gli educatori e i coetanei, di acquisire pedagogiche, la scuola dell'infanzia dona ai bambini e alle famiglie diversi valori e riconosce l'importanza delle diverse dimensioni dei bambini, inclusa la dimensione affettiva, relazionale, di apprendimento e sociale. La scuola dell'infanzia riconosce che i bambini sono esseri complessi e multidimensionali. Pertanto, si presta attenzione alle loro dimensioni affettive, relazionali, cognitive, linguistiche, motorie e creative. L'obiettivo è promuovere lo sviluppo armonico di tutti questi aspetti, garantendo un ambiente inclusivo e stimolante. Le educatrici e gli educatori lavorano per sviluppare relazioni empatiche e costruttive con i bambini, favorendo la fiducia in se stessi e la capacità di interagire positivamente con gli altri. La scuola dell'infanzia promuove un apprendimento attivo e significativo. Attraverso il gioco, l'esplorazione, l'esperienza diretta e l'utilizzo di materiali stimolanti, i bambini possono acquisire conoscenze, competenze e abilità in modo naturale e divertente. L'obiettivo è incoraggiare la curiosità, la creatività e l'autonomia nell'apprendimento. I CAMPI DI ESPERIENZA Quando parliamo di campi d’esperienza facciamo riferimento a quel cambio di passo che le Indicazioni per il curricolo del 2007, con riferimento agli Orientamenti del 1991, indicano nelle linee programmatiche che non fanno più riferimento a modelli didattici orientati ai contenuti ma, per l’appunto, a modelli orientati alle competenze. Il curricolo della scuola dell’infanzia si colloca nella prospettiva di sostenere un percorso di crescita olistico del bambino, e si articola nei Campi d’esperienza che non vanno in nessun modo confusi con la modalità di apprendimento disciplinare. Un concetto chiave che spiega l’orizzonte in cui si muovono di campi d’esperienza è quello sviluppato da Lewin con la Field Theory, dove il concetto di campo rimanda al comportamento umano come il risultato dell'interazione tra la persona e l'ambiente circostante. In aggiunta a questo concetto, il concetto di esperienza rimanda all’idea che la conoscenza si articoli in base all’esperire, all’agire, al fare, con chiaro riferimento al learning by doing di matrice deweiana. L’introduzione dei Campi d’esperienza si deve agli Orientamenti del 1991 che ne contava 6, ma con le Indicazioni del 2007 e del 2012 il curricolo della scuola dell’infanzia risulta strutturato attorno a 5 campi d’esperienza: Il sé e l’altro: fa riferimento allo sviluppo dell’identità, alla consapevolezza di avere un background sociale e culturale inserito in un contesto in cui il proprio sé è in relazione all’altro e ne riconosce e rispetta l’unicità. Il corpo e il movimento: fanno riferimento allo sviluppo dell’autonomia, dal punto di vista corporeo e della cura di sé, quindi al controllo e al coordinamento anche delle capacità espressive del corpo. Linguaggi, creatività, espressione: sono competenze che si acquisiscono attraverso pratiche che passano per la musica e l’arte in generale, quindi l’espressività, la narrazione, il disegno, la pittura, la creazione di progetti. I discorsi e le parole: riguardano il campo d’esperienza che mira ad arricchire il lessico e ad incrementare il desiderio di comunicare e allo stesso tempo la capacità di ascolto e comprensione, rispettando la diversità linguistica. La conoscenza del mondo: fa riferimento a competenze che contribuiscono a prendere coscienze e consapevolezza del proprio posto nel mondo, del collocamento nello spazio e nel tempo, acquisendo riferimento temporali che permettono di collocarsi nel passato e nel futuro, con un’attenzione a cogliere le trasformazioni e osservare i fenomeni naturali secondo criteri e ipotesi. I Campi d’esperienza diventano un modo per comprendere e abitare il mondo, per sperimentare in modalità olistica tutte le conoscenze, che riguardano il proprio sé in relazione con l’unicità dell’altro. In questo contesto, per dirla con le parole di Bruner, le insegnanti e gli insegnanti non si sostituiscono ai bambini ma li affiancano in questo processo di scoperta ed esplorazione, il bambino è protagonista attivo del proprio percorso di crescita.
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