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pedagogia generale A - il ruolo del gioco nello sviluppo, Appunti di Pedagogia

il ruolo del gioco nello sviluppo

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 16/06/2021

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alessia-giribaldi-1 🇮🇹

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Scarica pedagogia generale A - il ruolo del gioco nello sviluppo e più Appunti in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Che ruolo ha il gioco nello sviluppo? (da “Gioco e realtà”) Secondo Winnicott il gioco ha funzione essenziale dalla dipendenza assoluta a quella relativa, tuttavia questa funzione ci accompagnerà per tutta la vita. Per Winnicott il gioco non è sublimazione delle pulsioni (non prende le pulsioni per renderle socialmente accettabili) ma è un’area, un luogo, dell’esperienza umana; è tipico dell’uomo avere un questo atteggiamento ludico, è fondamentale che questo atteggiamento si mantenga per la vita. Il luogo del gioco non è né all’interno né all’esterno; il terzo luogo possibile si trova in una posizione intermedia di esperienza cui contribuiscono sia la realtà soggettiva interna che quella oggettiva esterna (ripudiata perché non appartenente al me del bambino). È un’area che non viene messa in discussione poiché nessuno la rivendica se non per il fatto che esisterà come luogo di riposo per l’individuo impegnato nel perpetuo compito umano di mantenere separate, ma tuttavia correlate, la realtà esterna e quella interna. Si tratta dell’area intermedia tra ciò che è soggettivo e ciò che è oggettivamente percepibile. Secondo Winnicott il gioco è quindi l’area dell’illusione che ci viene concessa. In età adulta è parte intrinseca dell’arte e della religione, più in generale della cultura. Diventerebbe il marchio della follia se gli adulti scambiassero l’illusione con la realtà e provassero a convincere gli altri di aver ragione. Il gioco si struttura all’interno della relazione madre-bambino; i bambini con una cattiva relazione con la madre non sarà in grado di creare una vera esperienza ludica. La linea di sviluppo di questa esperienza: • Dai fenomeni transizionali al gioco, dal gioco al gioco conviviale, dal gioco conviviale alla cultura: la genesi del gioco parte proprio con i fenomeni transizionali. L’oggetto transizionale assume importanza graduale. La riflessione di Winnicott nasce dall’osservazione dell’uso che i bambini piccoli fanno di oggetti comuni che entrano nella loro esperienza, e che vengino progressivamente vissuti dal bambino come distinti da sé. Oltre agli oggetti anche l’uso di parola o di un’abitudine è di importanza vitale per il bambino. ad esempio, prima della nanna, come difesa contro l’angoscia; per i bambini il sonno significa perdita del controllo, significa entrare in un altro mondo in cui potrebbero esserci incubi in cui si è soli senza figure di riferimento. Winnicott nota che se il bambino ha quell’oggetto, o ripete quelle parole specifiche, tende a calmarsi. Caratteristiche dell’oggetto transizionale: É diverso da qualsiasi altro oggetto o giocattolo, ha significato particolare. Il bambino assume diritti sull’oggetto, secondo il bambino è di suo possesso assoluto, una sorta di prolungamento di sé. Se l’oggetto venisse smarrito il bambino andrebbe in crisi, cosa che però può succedere perché l’oggetto è reale. Questo oggetto è trattato con affetto, amato con eccitamento e mutilato. È oggetto sia di pulsioni libidiche che aggressive. L’oggetto non deve mai cambiare, a meno che non venga cambiato dal bambino. L’oggetto non deve nemmeno cambiare odore tendenzialmente. Deve sopravvivere all’amore istintuale, ed anche all’odio, e se questo fosse una caratteristica, alla pura aggressività. Al bambino deve sembrare che l’oggetto dia calore, o che si muova, o che abbia un suo tessuto, o che faccia qualcosa che provi l’esistenza della sua vitalità o realtà. Proviene dall’esterno secondo il nostro punto di vista, ma non secondo quello del bambino. Né viene dall’interno; non è un’allucinazione. È una cosa intermedia tra realtà e soggettività. Il suo destino è che egli venga gradualmente disinvestito di cariche, in modo tale che nel corso degli anni non diventa tanto dimenticato quanto, piuttosto, relegato nel limbo. Quindi quando l’oggetto non serve più il bambino tende a smettere di usarlo. L’oggetto transizionale sta per la figura materna (per il seno o per l’oggetto del primo rapporto, la mamma non è ancora persona a cui si è affezionati) ma non è la madre. Ciò significa che, quando il bambino ha con sé l’oggetto, sente di non aver bisogno della madre reale. Solo così si tollera l’assenza della mamma. È ciò che concede al bambino di poter stare solo sentendosi comunque legato alla madre. L’oggetto diventa paradossalmente più importante della madre. Lo spazio transizionale nasce dallo spazio (o giusta distanza) tra il bambino e la madre. La vita è infatti possibile nella distanza e nello scambio, nella relazione tra identità distinte; il perpetuarsi della simbiosi originaria rappresenta la negazione della vita. La distanza include lo scambio. Gli oggetti transizionali al contempo di unione e distanza. Transizionale non è tanto l’oggetto, ma la sua funzione. L’uso dell’oggetto rappresenta un viaggio verso l’oggettività, l’autonomia, la capacità di essere creativi. La comparsa dei fenomeni transizionali rappresenta per il bambino:  L’inizio della percezione del mondo e della distinzione tra soggetto-oggetto; attraverso l’uso e il riconoscimento di tali oggetti il bambino comincia a sperimentare il mondo, a riconoscere il non me. La distinzione è affettiva soprattutto.  L’inizio del superamento della relazione simbiotica con la madre.  L’emergere dell’elaborazione simbolica; investe gli oggetti affettivamente, li anima, dà loro vita, li ricrea e li usa come protezione contro l’angoscia, pur riconoscendo progressivamente che gli oggetti sono del mondo, sono nella realtà.  L’oggetto transizionale rappresenta l’inizio di un’attività simbolica che evolverà successivamente nel gioco e più tardi ancora nell’esperienza culturale dell’adulto. L’evoluzione del bambino e il ruolo della madre: 1. Il lattante e l’oggetto sono fusi. Il modo con cui il lattante vede l’oggetto è soggettivo. La madre è disponibile a rendere reale ciò che è pronto a scoprire. 2. L’oggetto (la madre) viene ripudiato (è non me), riaccettato e percepito obiettivamente. È importantissimo che la madre sia sufficientemente buona, lei riconosce e risponde tempestivamente o preventivamente al bisogno; dà così al bambino l’illusione che vi sia una realtà esterna che corrisponde alla capacità propria di creare. Questa illusione è fondamentale per la creazione di un vero Sé. Così il bambino vive un’esperienza di controllo magico e inizia ad avere consapevolezza di sé. È la fiducia nella madre che produce un’area intermedia, dove si origina l’idea del magico: il bambino fa effettivamente esperienza dell’onnipotenza. I fenomeni transizionali rappresentano i primi stadi dell’uso dell’illusione, usa l’oggetto come se avesse vita e fosse un’oggetto ludico, così inizia, in ogni essere umano, ciò che per l’uomo sarà per sempre importante: avere un’area neutra di esperienza che non verrà messa in dubbio. La madre sufficientemente buona tuttavia, deve diminuire, a seconda delle capacità del bambino, le cure e disilludere gradualmente il bambino (svezzamento per Winnicott). 3. Lo stadio successivo è quello di stare soli alla presenza di qualcuno. Il bambino ora gioca basandosi sull’assunto che la persona che ama sia disponibile, e che continui ad esserlo quando viene ricordata dopo essere stata dimenticata. Il bambino ha interiorizzato la figura materna, ha fiducia in lei. 4. Successivamente vi è la sovrapposizione di due aree di gioco. Dapprima è la madre che gioca col bambino stando attenta a inserirsi nelle attività di gioco del piccolo. Poi la madre introduce il suo gioco; i bambini variano il loro gioco, a seconda della capacità di accettare o rifiutare l’introduzione di idee non loro. Il bambino può ora giocare insieme ad altri. “L’arte, la filosofia, la religione sono aree in cui i membri di un gruppo trovano sovrapposizioni con altri delle proprie aree intermedie di esperienza. Questa area intermedia di esperienza, di cui non ci si deve chiedere se appartenga alla realtà interna o esterna,
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