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Pedagogia Generale di Cambi, Sintesi del corso di Pedagogia Sperimentale

Riassunto dettagliato del libro pedagogia generale di Cambi

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Caricato il 17/11/2021

eleonora-d-onofrio
eleonora-d-onofrio 🇮🇹

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Scarica Pedagogia Generale di Cambi e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia Sperimentale solo su Docsity! Pedagogia generale Identità, percorsi, funzione di Cambi, Mariani, Sarsini, Giosi (riassunto) pag. 64 PREFAZIONE La pedagogia, già con l'avvento delle società più complesse, con lo sviluppo delle culture più articolate, si è imposta come un fattore-chiave della vita sociale e culturale. Essa si riferisce a quei processi educativi che fanno sì che ogni società sia e resti quella che è, trasmettendo alle nuove generazioni riti, credenze, tecniche, saperi. Ma quando una società entra in crisi, anche i suoi modelli di educazione vanno ripensati. La pedagogia nacque nell’età di Platone come sapere riflessivo e razionale sull’educazione. Si tratta di un sapere teorico, a un tempo critico e regolativo. Critico, perché riguarda le tradizioni sociali. Regolativo perché orientato a dar corpo ai nuovi modelli. La pedagogia nasce, quindi, come riflessione organica, razionale e critica sui problemi educativi. Nasce con la filosofia e resterà per due millenni ed oltre ad essa accorpata. Successivamente si emanciperà dalla filosofia facendosi scienza. Dal Settecento in poi, fino al pieno Novecento, la pedagogia vivrà questa trasformazione radicale, ma resterà sempre legata alla filosofia per quanto riguarda lo stile discorsivo e la progettazione di modelli. Come sottolinea il filosofo e pedagogista americano John Dewey nei suoi scritti pedagogici, la pedagogia generale è il cuore stesso dei saperi dell’educazione. Essa va coltivata e ciò va fatto rispettandone il profilo complesso e il suo imprinting attuale. La pedagogia generale sta con le scienze dell’educazione e ne tutela il senso e il focus. Lo fa in modo critico e con intento regolativo proprio per darci teorie innovative per educare oggi. Inoltre essa attraversa tutti i campi dell’ educazione. PARTE PRIMA — LA PEDAGOGIA GENERALE OGGI: IDENTITÀ E FUNZIONE (FRANCO CAMBI) 1 - UN SAPERE SOTTO INCHIESTA: MA DA TUTELARE E DA RILANCIARE Nel 900, con la frammentazione del sapere pedagogico nelle varie scienze dell'educazione, è mutata anche la visione della pedagogia generale. Per alcuni si è fatta il vestibolo (ambiente di ingresso) delle scienze dell’educazione, ovvero uno spazio cognitivo in cui si affermano i problemi educativi da sottoporre all’analisi e alla sintesi scientifica. Per altri si è posta come sola sintesi delle scienze dell'educazione. Per altri ancora, invece, è un dispositivo permanente che attraversa e deve attraversare tutti i settori del pedagogico, illuminandone l'oggetto comune e specifico che li collega, vale a dire l'educazione e/o la formazione. La pedagogia generale si pone, ancora oggi, come l’ambito primario e chiave della pedagogia, proprio per lo stile cognitivo e per la funzione. Lo stile è quello critico e riflessivo che permette alla pedagogia generale di svolgere il suo ruolo di orientatore di massima. La funzione è quella di raccordare quel sapere di saperi che è oggi la ideale e irrealizzabile, lontano) di Marcuse mira alla liberazione delle energie al servizio del principio di prestazione, così da dare più spazio al gioco, all’eros (sessualità), al narcisismo e alla fantasia. Tutto ciò è possibile per Marcuse, in quanto la tecnologia che la cultura contemporanea mette a disposizione consente di diminuire le ore lavorative e quindi di aumentare quelle del tempo libero. Secondo Marcuse per realizzare la liberazione dell’ individuo è indispensabile capovolgere l'assetto educativo, basato sull’autoritarismo che sottomette l'individuo all'ordine sociale costituito. È fondamentale quindi fare delle istituzioni il luogo della critica contro la società dei consumi e di puntare sull’educazione estetica per mettere in crisi le attuali condizioni inumane di esistenza. 2 - PROBLEMI, TEORIE, MODELLI E...DIBATTITI: LE FRONTIERE DELLA PEDAGOGIA GENERALE La pedagogia generale verte su problemi, teorie e modelli, e lo fa attraverso un dibattito sempre aperto e articolato. I problemi che affronta possono essere tradizionali, come la relazione educativa tra genitori e figli, tra maestri e allievi, oppure problemi più innovativi, come quelli connessi alla multiculturalità, all’ intercultura, o anche all'educazione di genere. Tali problemi devono essere sempre analizzati in prospettiva pedagogica, tenendo ferma la riflessione su questa specificità dell’agire e pensare umano. La pedagogia generale, quindi, si colloca sempre dentro e al centro nell’affrontare i problemi dell’educazione. Si colloca come tutrice del senso e dell’obiettivo dell'educazione e, insieme, come esercizio di riflessività aperta, dentro un dibattito critico, che verte sia sull’educare/formare in generale, sia su vari ambiti più settoriali del pensare e dell’organizzare l'educazione. Dunque, la pedagogia generale, rispetto ai problemi, è lo strumento per pensarli sia in modo autenticamente pedagogico sia in modo autenticamente critico. Il diagramma delle scienze dell’educazione (ALDO VISALBERGHI) Il diagramma delle scienze dell’educazione di Aldo Visalberghi (pedagogista italiano) è diviso in 4 settori: 1) settore psicologico 2) settore sociologico 3) settore metodologico-didattico 4) settore dei contenuti Esso rappresenta bene la circolarità delle conoscenze pedagogiche, mostra quindi la loro struttura enciclopedica nel senso originario ed etimologico del termine (cultura in circolo + che ha conoscenze molto vaste in diversi campi del sapere). Infatti non solo le scienze contigue di uno stesso settore presentano fra loro sostanziali affinità, ma lo stesso vale in misura altrettanto elevata fra le scienze contigue appartenenti a settori diversi, ad esempio fra psicologia sociale e sociologia dei piccoli gruppi, fra logica ed epistemologia genetica. Si tratta quindi di un insieme abbastanza coerente, dotato di una notevole forza di aggregazione. Intenzionalità della pedagogia (FRANCO CAMBI) [ Intorno all’intenzionalità la fenomenologia ha costantemente lavorato, sottolineandone la centralità, l antinomicità, la problematicità e pertanto anche la problematicità del pensiero e dell’essere medesimo. Intenzionale è la coscienza, è la percezione, è l’agire, è il pensare, ecc. : ogni atto umano sta inscritto in questo orizzonte, che gli è immanente (insito) e costitutivo. La fenomenologia e la sua analisi dell’intenzionalità hanno dunque investito diversi saperi, diversi settori di esperienza, visioni di esistenza e così via, illuminando sempre tutti quegli ambiti ed evidenziandone specificità, sinuosità e complessità, ponendosi al servizio tanto di un'indagine epistemica quanto delle pratiche operative, nei vari campi trattati. Tali analisi hanno investito in modo significativo anche la pedagogia generale. ] 3 - OTTICA DELLA FORMAZIONE E “SOGGETTO POSTMODERNO” La pedagogia generale da un lato si lega alle scienze dell’educazione, dall’altro si lega alla riflessione sull’educativo. Nelle scienze dell’educazione essa ha un ruolo di interpretazione intenzionale e di coordinamento intorno al suo specifico ambito, da tutelare in ogni campo di ricerca, attraverso una riflessione critica da riprendere e definire meglio. L'idea di educazione che serviva da orientatore e interprete, come processo di costruzione di un soggetto secondo regole sociali, si è gradualmente indebolita. Dall’educazione come focus e orientatore si è passati alla formazione, vista come categoria fondante e cruciale del pedagogico e, dunque, da analizzare e porre come fulcro stesso della pedagogia contemporanea. Che cos'è la formazione? La FORMAZIONE è il processo di crescita, sviluppo, di orientamento personale che fa del soggetto quello che è, con il suo carattere, le sue vocazioni e i suoi obiettivi. È un processo che verte soprattutto sulle scelte interiori del soggetto, che riguarda soprattutto la sua vita interiore, che lo apre via via al superamento della propria “materialità” in direzione della sua “spiritualità”. La formazione è sviluppo del soggetto nella sua umanità, che cresce nella costante mediazione tra coscienza individuale e oggettività culturale. Mediazione che si qualifica come conoscenza appassionata, capace di rivivere le forme della cultura, di assimilarle, di portarle dentro di sé, in modo da arricchire il soggetto. Tale nozione è stata un asse portante della riflessione pedagogica, da Socrate in poi. Già Socrate ne aveva fissato le strutture e il senso, ma anche la centralità in ogni vita individuale. Secondo Socrate ogni uomo è chiamato a risvegliare la propria interiorità, a conoscersi, ad accogliere gli stimoli dei maestri e a entrare nella vita spirituale. Tale visione, anche se con qualche piccola differenza, restò al centro della “paideia” classica e cristiana (pedagogia greco-romano-cristiana). Fu trascritta in tedesco con la nozione di BILDUNG a fine 700 e da quel momento ha operato in maniera centrale nella pedagogia contemporanea fino ad oggi. La BILDUNG è la formazione dell’uomo in quanto uomo, contrassegnato da coscienza e da cultura. È una formazione personale spirituale, che accompagna tutta la vita dell’uomo e ne caratterizza la specifica umanità. (Bildung è formazione; Erziehung è educazione) In che rapporto la formazione sta con l’educazione? La formazione implica inculturazione, ovvero il possesso di una cultura a partire dal linguaggio, dalle regole, dalle credenze comuni che la animano, implica anche l'apprendimento di tecniche, di saperi, di conoscenze e di competenze. Quindi esige socializzazione che avviene in famiglia, nella scuola, partecipando alla complessità della vita sociale. Infatti è attraverso questi percorsi che la cultura arriva ai soggetti, che si impone loro come orizzonte di oggettività da assimilare e da governare. L'educazione come unità di inculturazione, apprendimento e socializzazione sta quindi alla base della stessa formazione. Senza educazione non c'è formazione. La formazione coltiva il soggetto, nella sua autonomia, nella sua singolarità e gli offre gli strumenti per coltivarsi in questa sua specificità di esser-soggetto singolo e creativo. L'educazione è sociale e produce socializzazione. La formazione è personale e crea individui originali, autonomi e creativi. A livelli diversi, ovviamente, ma con questo imprinting comune. Tra educazione e formazione vi è un rapporto dialettico di integrazione e di opposizione al tempo stesso. La Bildung e Schiller (MARIO GENNARI) Durante il romanticismo, tra i concetti cardine del rinnovamento pedagogico troviamo quello di Bil/dung. La Bildung traduce nelle forme della cultura e dell'educazione il linguaggio della poesia. La poesia per i romantici è l’unica via che, venendo dal cuore del soggetto, smaschera e mostra l'autentica esistenza dell’umano. In questo furono maestri Goethe e Schiller, infatti, grazie a loro la Bildung romantica giunge al culmine della sua grandezza. In questo periodo viene messa in discussione la concezione di scienza strutturata per accorpamenti settoriali e viene a delinearsi la visione secondo cui la scienza è tutta orientata verso lo spirito (ovvero il Geist > gaist) a cui viene richiesto di elevarsi oltre lo spirito del tempo. In questo periodo, sono i “valori eterni” a sorreggere la formazione integrale dell’uomo. L’umanesimo romantico si manifesta nella Klassik tedesca approvando la mediazione tra mondo classico e concezione cristiana della vita, tra filosofia greca e filosofia classica tedesca e dunque tra paideia (formazione ed educazione per i greci antichi) e Bildung (formazione per il romanticismo tedesco). [Come è sottolineato nel testo, Gadamer afferma che è proprio da questo concetto umanistico della cultura, che le varie scienze dello spirito verranno alimentate.] La pedagogia teorica in Italia (ALBERTO GRANESE) Il testo di Alberto Granese ripercorre le tappe della ricerca teorico-pedagogica, in Italia, nel Secondo Novecento, fissandone l’oscillazione tra scienza e filosofia, secondo una dialettica che a tratti le separa e a tratti le unisce in modo critico. Una prima fase, negli anni sessanta, fu caratterizzata da una critica della pedagogia e quasi contemporaneamente da una critica dell’ istituzione scolastica, accusata di essere in dipendenza troppo stretta dal potere per meritare una considerazione e una valutazione positiva. Nei primi anni ’70, la riscossa dello scolastico ebbe come effetto un’accentuazione in chiave diversa proprio della pedagogia scolastica. È di questo periodo, infatti, il risveglio delle forze politiche organizzate della sinistra e la ripresa dell’interesse per il pedagogico-scolastico. Contemporaneamente si è di fronte a uno sviluppo intensificato della letteratura pedagogico-didattica, che colloca in primo piano i temi dell’organizzazione scolastica tra “tecnica dell’istruzione” e “cultura delle riforme”. L’esigenza di una pedagogia scientifica sembrava farsi più forte proprio dal momento in cui, sul terreno filosofico della cosiddetta “nuova epistemologia” (nuova scienza), si dichiarava aperta la crisi della ragione scientifica. [Dibattiti degli anni’ 80 e 90 hanno mostrato che una tale azione reciproca sussiste e si giustifica quanto meno come possibilità e che con riferimento a queste analisi è legittimo riferirsi a ciò che qui si è definito il quadro delle trasformazioni del sapere educativo. ] 5 - PARADIGMI-GUIDA PER LE TEORIE ATTUALI: COMPLESSITA’, DIFFERENZA, ECOLOGIA ECC. Le teorie che animano il dibattito pedagogico generale sono disposte con un ruolo di trasversalità rispetto alle varie aree dei saperi educativi. Queste sono teorie che sia nelle scienze che nella filosofia hanno avuto un riconoscimento e uno sviluppo, ponendosi come teorie paradigmatiche, vale a dire esemplari e guida in ogni campo produttivo. Tali teorie risultano paradigmatiche anche nello sviluppo dei saperi e nella vita sociale del nostro tempo, e quindi da assimilare, da far valere, da coltivare anche in pedagogia. Le teorie-guida sono quelle connesse alla complessità, alla differenza e all'ecologia. Sono tutte teorie che animano la ricerca pedagogica attuale, poiché sono teorie significative per capire il nostro tempo e le sue istanze pedagogiche. Le teorie della complessità sono teorie generali e interdisciplinari. Esse emergono dalla riflessione scientifica, epistemologica e filosofica, ma agiscono anche sul fronte pedagogico come paradigmi per analizzare aspetti-chiave del pedagogico. La complessità si è imposta nell’epistemologia pedagogica, ponendo in luce la varietà del linguaggio della pedagogia e delle logiche che lo guidano. Ma la complessità si è imposta anche nel pensare la formazione della mente e quella del soggetto attuale. La 10 formazione è un processo problematico e discontinuo e va pensato in maniera dinamica, aperta e plurale. Le teorie della differenza si sono sviluppate nella cultura del Novecento attraverso le scienze umane, quali l’antropologia culturale, la psicoanalisi, la filosofia, ma anche attraverso il femminismo che ha postulato il bisogno di pensare l’uomo in modo duale (comune a entrambi) e di far valere i valori, gli stili cognitivi, i modelli comunicativi al femminile, ponendo fine al dominio del maschile. La pedagogia è stata attraversata con forza da queste tematiche e la differenza si è imposta come il paradigma (modello di riferimento) per pensare oggi l'educazione, per attivare strategie educative e per delineare modelli di formazione contrassegnati dal bisogno di valorizzare il pluralismo, la disomogeneità e la sintesi aperta da realizzare con un dialogo. L'esempio massimo delle differenze in pedagogia è dato proprio dalla pedagogia interculturale, la quale mette in evidenza la positività e la ricchezza delle differenze. Per quanto riguarda le teorie dell’ecologia, l’ecologia, nel corso degli ultimi 50 anni, è diventata un paradigma culturale generalizzato e applicato a vari ambiti dell'esperienza e della conoscenza. È stato il problema sempre più urgente dell’inquinamento e delle trasformazioni sia dell’atmosfera, sia delle tipologie di habitat naturale, connesso alla crescita industriale, all’effetto-serra, a rinnovare la nozione di ecologia e a porla al centro della cultura attuale. L’ecologia implica equilibrio e capacità di tener attiva una condizione di vita e esige di pensare secondo relazioni incrociate i vari fattori. L’ecologia dunque è, insieme, modello e valore. Da qui nasce l’ impegno della pedagogia non solo di promuovere l'educazione ambientale secondo tale paradigma, ma di metterlo a fuoco per pensare l’io, la mente, la relazione tra soggetti e la stessa socializzazione. [Si pensi alla molteplice ripresa di quella “ecologia della mente”, sviluppata da Gregory Bateson, che richiama il riconoscimento del pluralismo, l’ottica dell’integrazione statica e dinamica al tempo stesso.] Accanto a questi tre paradigmi, nel lavoro teorico della pedagogia generale, se ne collocano altri, come quello legato alle teorie della tecnica, che incide su più piani dell’educazione e formazione o come quello connesso alle teorie del soggetto, il quale è in radicale trasformazione sia nella concezione di sé, sia nel modo di abitare il mondo. Ciò che va rilevato è che la riflessione teorica tra scienza e filosofia occupa uno spazio cruciale nella pedagogia generale, in quanto settore di riflessione, generale, sull’educativo/formativo che non può non nutrirsi dei modelli più trasversali di interpretazione dell’esperienza applicandoli alla pedagogia. [ Necessità del pensiero complesso e il paradigma della complessità (EDGAR MORIN) La complessità è il tessuto di azioni, fatti, interazioni e determinazioni che costituiscono il nostro mondo fenomenico. Ma essa si presenta con i lineamenti del 11 disordine e dell'incertezza. Da qui sorge la necessità, per la conoscenza, di mettere ordine nei fenomeni, respingendo il disordine e allontanando l’ incerto. La difficoltà del pensiero complesso consiste nel dover affrontare l’accozzaglia, la correlazione dei fenomeni, la nebbia e l'incertezza. Occorre vedere la complessità là dove sembra assente come per esempio, nella vita quotidiana. ] Itinerari di pedagogia della differenza (FRANCO CAMBI) Il modello di pedagogia che abbiamo delineato come “della differenza”, è venuto a costituirsi in varie aree linguistico- culturali, assumendo connotati diversi, per giungere in Francia e in Italia a forme più legate alle tesi filosofico-antropologiche, critico-utopiche e politico-contestative, tipiche di questo schieramento della pedagogia contemporanea. In Francia si è delineato un modello di pedagogia anti-costituzionale. Una pedagogia critica e utopica, che si è posta come una sfida esplicita al modo di fare educazione nella nostra tradizione e nel nostro presente, così da rivendicare l'autonomia, la creatività e la tensione filosofica ed utopica della pedagogia. In Italia la condizione della pedagogia della differenza si presenta in forma diversa rispetto alla Francia. Infatti, l’Italia è stata meno al centro del dibattito pedagogico, anzi appare collocata alla periferia e trascurata. Inoltre, il suo schieramento è stato molto meno compatto, sia per ragioni teoriche, sia per ragioni politiche. Tale pedagogia si è dispersa su vari fronti tra loro dis-omogenei ed estranei l’uno all’altro, anche se convergenti in alcune istanze. In più è mancato un punto di aggregazione teorica e politica che, aggregando le forze, permettesse a tale pedagogia di confrontarsi con il cognitivismo, il didatticismo e il neotecnicismo. Tuttavia in Italia questo modello di pedagogia ha avuto una presenza non secondaria e non subalterna, anzi ha interpretato un malessere della società e lo ha trascritto in termini educativi. Inoltre ha richiamato anche la pedagogia a un compito costitutivo, quello di saldarsi ad una sfida in nome dell’uomo e dello sviluppo delle sue potenzialità. Compito della pedagogia, in quanto scienza dell’uomo, è quello di orientare ad un rigore non esclusivamente formale e guidare verso precisi valori messi in movimento dal suo costitutivo orientamento emancipativo. Ecologia e educazione (ENVER BARDULLA) La crisi ambientale fa emergere l'esigenza di un’azione formativa e informativa efficace. Particolare attenzione viene rivolta all’impiego dei mezzi di comunicazione di massa per la rapidità e ampiezza di diffusione del messaggio. Inoltre si ritiene importante l’intervento della scuola e delle istituzioni del tempo libero, sottolineando al tempo stesso la necessità di inserire tale intervento in una prospettiva di educazione permanente. Per quanto riguarda la scuola, il problema sembra porsi in termini di inserimento o meno dell’ecologia nei curricoli. Si sottolinea quindi l'opportunità di un’ inclusione graduale, che veda i contenuti dell’ecologia distribuiti tra i diversi settori disciplinari per quanto riguarda la scuola primaria, e raggruppati come parte del programma di scienze e geografia nella scuola secondaria. Non manca chi sottolinea come tale 12 saggio è sempre trasversale, decostruttivo, re-interpretativo e tendenzialmente radicale. 7 - IL MODELLO EDUCATIVO/FORMATIVO PER IL NOSTRO TEMPO Nei suoi diversi ambiti, la pedagogia generale svolge anche un altro compito: quello di mettere a fuoco, qual è il modello educativo e formativo più adeguato e in cammino al tempo stesso. La pedagogia è quindi chiamata a svolgere questo compito importante insieme a quello di ripensare l’educare e il formare. Essa deve fissare canoni formativi, adeguati ed esemplari, dando vita a una dialettica di modelli che implica il confronto e il conflitto ideale. A questo punto bisogna domandarsi quale educazione si viene a profilare come la più efficace nel tempo del nichilismo. Un nichilismo inteso come liberazione, possibilità, come rinnovamento e scoperta. Il nichilismo è anche la condizione dell’apertura e valorizzazione del soggetto, nella sua capacità creativa e nella sua libertà. In questo periodo del nichilismo, l'educazione reclama sempre più la formazione. La società stessa in quanto “società aperta”, quindi pluralistica, cioè capace di integrare le diversità e di arricchirsi attraverso le differenze, ma anche come società dell’innovazione continua nell’economia, nel lavoro, nello sviluppo tecnologico, reclama un soggetto capace di apprendere, di rinnovare le competenze e di costruire su sé stesso per tutto l’arco della vita. Così da dar vita a un soggetto irripetibile, aperto e dinamico, capace di fare del proprio destino il compito di formare sé stesso. Tale concetto è racchiuso nel lifelong learning. Lo stesso nichilismo, come ci ha ricordato più volte, ad esempio, Umberto Galimberti, esige l’impegno dell’Io, rispetto a sé stesso e da lì rispetto agli altri e al mondo naturale e sociale. Alla tecnica, possiamo contrapporre la psyché, ed è questo il compito educativo che abbiamo rispetto ai giovani e dunque coltivarli in quel mondo interiore che può esser capace di filtrare il mondo oggettivo, così da non essere prigionieri di esso. E in quel mondo interiore far crescere l'umanità. Ciò vale peri giovani, ma ormai anche per tutte le età, fino alla vecchiaia. Allora possiamo dire che la società aperta ha bisogno di soggetti liberi e coltivati nella propria umanità, capaci di contrapporre la psiche alla tecnica, l’interiorità al mondo amministrato. Questo è il modello educativo e formativo per il postmoderno che la pedagogia generale decanta, fissa e sviluppa, indicandolo come compito formativo che svolge anche un ruolo educativo. La legittimazione dei saperi (EAN-FRANCOIS LYOTARD) Questo testo di Jean-Francois Lyotard fissa i caratteri del nostro tempo, di quel postmoderno che ormai ci contrassegna sotto ogni aspetto. Anche e soprattutto nella formazione e nella legittimazione dei saperi. 15 Partendo dalla descrizione della pragmatica! scientifica, dobbiamo mettere l'accento sul dissenso. Il consenso, infatti, è un orizzonte e quindi non è mai acquisito. Le ricerche che si sviluppano sotto la protezione di un paradigma tendono alla stabilizzazione. Un fattore da tenere sempre in conto però, è che qualcuno possa in qualsiasi momento arrivare e destabilizzare l’ordine costituito dalla “ragione”. Ciò è possibile infatti attraverso la proposta di nuove idee e di nuove regole che spaziano in un nuovo campo di ricerca. Volendo fare un parallelismo con la morfogenesi del matematico e filosofo Thom e quindi con la sua teoria delle catastrofi, la discussione scientifica collocata in una prospettiva temporale è soggetta a scoperte, e quindi a destabilizzazioni, imprevedibili. Qualsiasi enunciato quindi, deve essere fissato nel preciso momento in cui stabilisce una differenza rispetto a ciò che è conosciuto. Uno dei maggiori ostacoli, ci dice Lyotard, allo sviluppo dell’immaginazione del sapere consiste nel fatto che il potere decisionale nella comunità scientifica appartiene al sistema socio-economico e non alla pragmatica scientifica. Per Lyotard il primo passo in questa direzione consiste nel riconoscimento dell’eteromorfia (dalla pluralità) dei giochi linguistici. Il secondo passo, invece, è il principio in base al quale, se esiste consenso sulle regole che definiscono ciascun gioco, tale consenso deve essere locale ovvero ottenuto dagli interlocutori momento per momento e quindi soggetto a eventuale revisione. Tale orientamento corrisponde all’evoluzione delle interazioni sociali, dove all’istituzione permanente si sostituisce il contratto a tempo limitato nel campo professionale, affettivo, culturale, familiare e così via. 8 - COSTUIRE LA “FORZA DEL CARATTERE” Il soggetto che si forma in e per la società deve essere un soggetto responsabile, capace d’impegno e di comunicazione, dotato della “forza del carattere”, un carattere oggi inteso come identità personale, disponibile a stare-con- gli altri e a orientare sé stesso, a qualificarsi non in senso narcisistico, bensì sociale, dialogico ed ecologico. Il carattere è vocazione, è coscienza di sé, è volontà di esser sé stessi e farsi testimoni di sé nel mondo e di agire nel mondo secondo un progetto. Il compito più alto dell’agire educativo attuale e che la stessa riflessione pedagogica oggi indica proprio come compito primario è quello di costruire il carattere dei soggetti, risvegliandoli a esercitare la capacità dialogica di stare con gli altri, in atteggiamento di ascolto, di comprensione, di apprendimento e confronto. Risvegliandoli a coltivare il carattere: la propria unicità personale, le proprie vocazioni e capacità, ma anche tenendo aperto il dispositivo del proprio io, sull’esperienza, sugli altri e sul mondo-storia. Tale risveglio è un risveglio etico, di costruzione di sé, di orientamento di sé e di crescita continua. Si tratta di un esercizio per tutta la vita, che cresce nella giovinezza e si sviluppa poi 1 Attività pratica, intesa nel senso di un comportamento mentale o scientifico diretto alla realizzazione di un fine concreto. 16 nelle altre età, con fedeltà al proprio modello, ma anche con capacità autocritica. Per allenarsi a tale esercizio centrale è il contributo della famiglia, che è il luogo primario in cui il carattere si forma e si rende esplicito, nell’aspetto valoriale e anche sociale. In cui il sé dell’io prende forma in una rete di relazioni complesse, anche conflittuali, ma decisive per dare struttura all’io che diviene. Anche la scuola svolge un ruolo importante, in quanto apporta a questo iter (viaggio, cammino) la voce complessa e molteplice della cultura e che deve essere capace di declinare in competenza, ma anche di essere cura sui (cura di sé) come offerta di modelli e di vocazioni con cui misurarsi e con cui darsi forma. Inoltre ci sono anche i media, che oggi si offrono come fattore di omologazione e di irretimento sociale (imprigionamento psicologico), ma anche come possibilità di creatività, di miscelazione di linguaggi, di spostamento di punti di vista, e quindi anche capaci di sollecitare formazione, che però solo un’attenta media education può produrre nel soggetto. Anche la socializzazione forma il carattere e non solo come controllo di sé e capacità di resistere alle difficoltà, bensì come banco di prova (tester) delle proprie capacità di relazione, di costruire “rete”, di fare comunità. La pedagogia guarda oggi al carattere come dispositivo-chiave della formazione, ma lo legge in modo più attuale e problematico, secondo un’etica della cura sui, piuttosto che secondo quella dell’agire per la società e nelle regole sociali, le quali valgono e devono valere, ma se condivise e rifatte proprie dal soggetto. Il postmoderno, quindi, non guarda alla formazione di un soggetto narcisistico, bensì a uno cosciente di sé, attento a coltivare sé stesso e a costruire un proprio carattere. Un soggetto aperto al sociale, autocritico e flessibile, ma anche fragile e insicuro. Vecchiaia e carattere ((AMES HILLMAN) Le pagine di James Hillman ci inoltrano nella lettura complessa del carattere. La vecchiaia è l’età in cui la sua forma si decanta in modo più complesso e più autentico e che pertanto può agire da paradigma. Invecchiare non è una cosa negativa. È una necessità della condizione umana. L’invecchiamento è inscritto nella nostra fisiologia. Abbiamo bisogno di idee immaginative capaci di aggraziare il diventare vecchi. Ci chiediamo perché noi uomini viviamo così tanto a lungo, mentre gli altri mammiferi no. Ci chiediamo quale sia lo scopo dell’invecchiamento. Spesso queste sono domande che sorgono nella cosiddetta crisi di mezza età. È la proiezione dell’adolescenza ad impedirci di essere nel mezzo della vita. Per spiegare la vecchiaia ci rivolgiamo alla biologia, ma per comprenderla abbiamo bisogno dell’idea di carattere. Ciò che invecchia non sono soltanto le nostre funzioni e i nostri organi, ma tutta quanta la nostra natura, quella particolare persona che siamo diventati e che siamo già da anni. Il carattere è andato plasmando la nostra faccia, le nostre abitudini, le nostre amicizie, le nostre peculiarità, il livello della nostra ambizione con il suo corso e i suoi errori. Il carattere influisce sul nostro modo di dare e di ricevere, sui nostri amori e suoi nostri figli. È centrale l’idea che non è vero che la nostra esistenza è soggiogata dalla fisiologia, ma è il carattere il fatto al quale siamo in realtà soggiogati. Il carattere è il destino. 17 comunicazione del nostro quotidiano. Ha, inoltre, oltrepassato le varie istituzioni e si è dispersa nel sociale divenendo ancora più pervasiva. Educare l’uomo libero ((OHN DEWEY) Il testo della tarda maturità di Dewey, Educare l’uomo libero, si offre come efficace sintesi del ruolo e del modello della pedagogia, anche nella società odierna, e di una pedagogia che sa agire come fattore politico, orientato all’emancipazione di tutti. Dewey dichiara che l’idea di scuole libere e pubbliche si è sviluppata tra noi, partendo dal principio che una nazione di uomini e donne liberi esige scuole aperte a tutti e sostenute da una tassazione pubblica. Al giorno d’oggi si sono fatti progressi nel rendere le scuole accessibili a tutti, considerando sempre però che la condizione economica pone seri limiti alla possibilità di godere di un tale vantaggio che è destinato a tutti. Ciò di cui Dewey si occupa è il significato di “liberalismo” che nel tempo è andato incontro a parecchi mutamenti. La parola ha cominciato a essere usata per indicare un nuovo spirito cresciuto e diffusosi con la nascita della democrazia. Esso racchiudeva un interesse nuovo per l’uomo comune e il nuovo sentimento che quest’ultimo avesse la possibilità di rifarsi in tutto ciò che prima non gli era stato permesso. Questo spirito nuovo era liberale, nei due sensi della parola, infatti era caratterizzato da un atteggiamento di simpatia per gli oppressi e per coloro a cui non erano concesse possibilità ed era liberale anche nel senso che tendeva ad allargare il campo dell’azione a coloro che non avevano partecipato alla cosa pubblica. Ma alla fine del 18 e del 19 secolo, il liberalismo prese un significato tecnico e limitato. La classe che maggiormente soffriva era costituita da coloro che si occupavano delle industrie e del commercio. L'idea e l’ideale di una maggiore libertà per gli individui e della liberazione delle loro capacità potenziali sono giusti come lo furono sempre, ma l’elevarsi degli affari a una posizione di dominio, ha dato una libertà antisociale a pochi. Infatti l'immenso aumento di produzione e distribuzione, che rese possibile la produzione in massa dell’officina e la distribuzione in massa mediante i facilitati mezzi di trasporto, fu accaparrato da i pochi a loro esclusivo beneficio. La causa del liberarsi delle energie produttive fu la nascita delle scienze sperimentali e delle sue applicazioni tecniche. I fini che il liberalismo ha professato possono essere raggiunti solo se il controllo dei mezzi di produzione e distribuzione è sottratto agli individui che esercitano i poteri creati per la società a proprio ristretto vantaggio. In conclusione, è possibile affermare che I fini rimangono validi, ma i mezzi per raggiungerli postulano (chiedono con insistenza) un mutamento radicale delle istituzioni economiche e degli ordinamenti politici. 20 PARTE SECONDA > STRUTTURA E FUNZIONE DELLA PEDAGOGIA (ALESSANDRO MARIANI) 11 - A PARTIRE DALL’EDUCAZIONE L’educazione costituisce l'insieme di quegli strumenti necessari per garantire la trasmissione delle conoscenze e dei valori che le varie società hanno storicamente prodotto. Già nell'età del Neolitico, si assiste a una vera e propria azione culturale, che coinvolge anche l'educazione, viene quindi fissata una divisione educativa parallela a quella del lavoro e viene assegnato un ruolo-chiave alla famiglia nella riproduzione dei ruoli sociali e nell’assimilazione delle competenze elementari e delle regole. Inoltre, vengono a svilupparsi i luoghi di apprendimento che tendono a specializzarsi, realizzando momenti specificatamente rivolti all'educazione. Con le grandi “società idrauliche”, sono il linguaggio e le tecniche a regolamentare l'educazione. Essa tende a definirsi come processo di trasformazione, a legarsi al linguaggio, a farsi trasmissione di saperi discorsivi e a rivedere in chiave istituzionale gli apprendimenti in luoghi dedicati alla trasmissione della conoscenza, fino a rendere la scuola sempre più centrale nel rapporto strategico tra cultura e professione. Nell’Estremo e nel Medio Oriente, l'educazione è tradizionale e quindi divisa in classi sociali, organizzata in scuole separate ed esclusive per la classe dirigente, legate al sacro, ai simboli e ai saperi letterari. In Mesopotamia e in Egitto, l'educazione appare articolata secondo modelli di classe, scandita tra famiglia e scuola e sviluppata intorno all’ insegnamento e apprendimento della scrittura. Per quanto riguarda la cultura fenicia, invece, essa è legata allo sviluppo delle conoscenze tecniche (di calcolo, di scrittura, di navigazione) con processi educativi in cui predominano la sacralizzazione dei saperi e l’organizzazione delle tecniche. Tali processi si compiono soprattutto nelle famiglie, nelle botteghe artigiane, nei santuari e sono solitamente affidati a figure-guida che svolgono un’azione di trasmissione dei saperi e di educazione collettiva. Gli Ebrei organizzano la scuola intorno all’interpretazione della Legge all’interno della sinagoga, dove si professa un'istruzione religiosa legata alla parola e al comportamento. Più tardi verrà aggiunto lo studio della scrittura e dell’aritmetica. Il concetto di educazione, quindi, assume molti significati che ruotano attorno a un’azione che favorisce lo sviluppo fisico, intellettuale e morale della persona umana, verso la piena coscienza di sé e la partecipazione ai valori e alle esigenze della comunicazione e della cooperazione sociale. Educazione MAURO LAENG) È importante sottolineare che per il termine educazione, derivante dal latino educare si indicano 2 diverse origini. La prima deriverebbe da edere e cioè alimentarsi, facendo quindi prevalere il senso del “nutrire", e perciò di allevare; mentre la seconda 21 deriverebbe da ex-ducere, sottolineando il senso del "trarre fuori" e quindi di favorire lo sviluppo. Il termine educazione, quindi, più che designare un solo contenuto precisamente delimitato, ne designa parecchi. In effetti, già le due etimologie alludono a due sensi abbastanza distinti. Il primo collegato al nutrire include tutti gli aspetti aventi attinenza al lato organico, come l'allevamento, la custodia, l'assistenza, le cure neonatali e l'igiene infantile. Il secondo, invece, collegato all'assecondamento dello sviluppo ha avuto la classica espressione nella "maieutica" di Socrate (l’arte di far partorire agli interlocutori verità scaturite da un esame interiore) e si attua nel favorire la crescita attraverso il gioco, l'esplorazione, la curiosità, l'osservazione, il ragionamento, lo spirito critico, e un equilibrato sviluppo emozionale e affettivo. Tutti questi processi hanno luogo in situazioni interpersonali, dove il bambino riceve dall'adulto quanto gli occorre per crescere sano, intelligente e socievole; ma nessuno di questi processi, da solo può dirsi esauriente. Ciò che determina la caratteristica educativa di tali processi è l'uso orientato alla conquista della maturità della persona, a quella che i tedeschi chiamano maggiorità, in senso non solo legale. È per questo che il semplice allevamento non sarebbe educazione, se non fosse strettamente collegato agli aspetti cognitivi e affettivi, e questi a loro volta non sarebbero di per sé educazione, se non fossero collegati alla società e cultura del tempo. Potremmo dire a questo punto che l'educazione è la sintesi di tutte queste misure, che solo lavorando insieme possono essere educative. Anche se abbraccia in sé molte attività, l'educazione esalta un aspetto in particolare: quello comunicativo. Infatti tutte le azioni educative tendono a comunicare: percezioni e pensieri, sentimenti e atteggiamenti. 12 - LA NASCITA DELLA PEDAGOGIA IN GRECIA: SOCRATE E PLATONE Prima della concezione greca l’educazione era considerata come pratica, ma a partire dal cosiddetto “miracolo greco” si assiste a un mutamento che riguarda l’organizzazione sociale e la visione del mondo, che si dirige nella direzione di una cultura laica, razionale e universale. In Grecia, accanto all’educazione come pratica, viene a disporsi la pedagogia come sapere, inaugurando una stagione molto fertile, che concepisce (partorisce) la paideia, ovvero la riflessione sull’umana formazione dell’uomo greco che giunge fino a noi, in quanto eredi diretti di quella cultura. Ed è dall’inconfondibile peculiarità della paideia che l’idea di educazione appare come rappresentativa della comunità e dell’individualità umane. Dalla successiva nozione tedesca di Bi/dung, traspare in maniera evidente il senso dello spirito pedagogico greco e dell’essenza dell’educazione. Essa comprende molti aspetti già presenti nella paideia, ovvero la centralità dell’uomo e della sua costruzione personale, etica, sociale e politica. Con questa nuova fase storico-culturale, la pedagogia si sviluppa come la 22 realtà filosofica). Nell’unità immoltiplicabile (infinita) della filosofia, si risolvono (trovano il loro spazio) la psicologia, l’antropologia e le scienze naturali al pari di quelle filosofiche. Gentile, sottolinea come in tutti i tempi, la filosofia si sia trovata a trattare il problema dell’educazione presentandosi sempre sotto due aspetti fondamentali che danno luogo a due forme principali della pedagogia. Entrambi gli aspetti del problema pedagogico rientrano nella speculazione filosofica e corrispondono a due aspetti della realtà. Con il primo vediamo una determinata cosa per quella che è, con l’intento non di sottolinearne gli aspetti negativi e positivi, ma solo di comprenderla. Con il secondo invece, vediamo una realtà di cui possiamo discutere se sia completamente realizzata o meno e che sarebbe sempre degna di essere realizzata completamente. 14 - LA SVOLTA SCIENTIFICA Dalla seconda metà del 900, il nesso pedagogia-filosofia è stato sottoposto a un'analisi critica, dando vita a diverse posizioni, che la pedagogia deve avere allo scopo di rendere più articolata la sua struttura e la sua funzione. Tutti questi fattori hanno determinato una vera svolta rispetto a quell’ imprinting filosofico che ha segnato la prima identità del “congegno pedagogico”. Successivamente, con l'avvento del cognitivismo e dello strutturalismo, con la crescita esponenziale delle scienze dell’educazione e il loro collocarsi sempre più “al posto” della pedagogia, il discorso educativo ha subito una radicale trasformazione che si è compiuta attraverso il passaggio dalla pedagogia alle scienze dell'educazione. In questo ritroviamo la necessità di miscelare la complessa storia dei saperi pedagogici attraverso la lezione deweyana, che è ancora attuale e può essere focalizzata nella presente congiuntura storico-culturale della complessità. Una complessità che riguarda anche i saperi educativi attraverso una specializzazione continua e una risposta sociale ai temi e problemi educativi, basti pensare all’ intercultura e al lifelong learning. La scienza dell'educazione (JOHN DEWEY) Secondo John Dewey l'educazione, per elevarsi al grado di ricerca sistematica, deve uscire dal suo ambito strettamente filosofico e utilizzare il ricco materiale che può essere fornito da scienze come la psicologia e la sociologia. Nel testo “L educazione come scienza” Dewey affronta la questione di quali discipline possono essere definite scientifiche e in particolar modo il come e il perché l'educazione possa essere definita scienza. Dewey nota come la parola “scienza” possa avere un vasto campo d’applicazioni e fa notare come limitarla solo alla matematica o ad altre discipline, in cui rigorosi metodi consentono di raggiungere risultati esatti, sia errato. Secondo tale concezione infatti persino materie come la fisica o la chimica non meriterebbero l'appellativo di “scienza” e stesso discorso varrebbe chiaramente anche per le materie sociali e la psicologia. Per Dewey invece dovremmo intendere l’idea di scienza con maggiore larghezza ed elasticità. Per meritare di esser definita scienza infatti, una 25 disciplina, più che giungere a risultati esatti dovrebbe possedere un metodo sistematico di ricerca che se applicato ad un complesso di fatti ci consenta di comprenderli meglio e dunque in maniera meno confusa ed abitudinaria. È fondamentale anche per l'educazione, quindi, adottare un metodo sistematico di ricerca e quindi scientifico. Dewey, infatti, nota come in quelle discipline in cui il metodo scientifico è meno sviluppato, il risultato dell’imitazione cieca e sterile dell'allievo nei confronti del maestro, è molto più presente. Secondo Dewey un maestro senza metodo, seppur capace e originale, condurrà quindi con tutta probabilità i propri alunni a seguirlo in maniera unilaterale, spegnendo in loro lo spirito critico volto al progresso. 15 - LE SCIENZE DELL’EDUCAZIONE Oggi si fa pedagogia attraverso il riferimento a saperi specifici, definiti anche extra pedagogici, che ne rappresentano una base cognitiva vasta e problematizzante. Tra questi saperi esiste una profonda asimmetria che carica di tensione metodologica e di contrasto assiologico (riguarda i valori) lo stesso campo delle scienze dell’educazione, che è condizionato dalla “crisi delle scienze” contemporanee. In tale ambito, la pedagogia generale costituisce un dispositivo essenziale per spiegare e comprendere i materiali provenienti dalle varie scienze dell'educazione, al fine di proiettarli in una direzione formativa. In altri termini, la presenza di una “rottura epistemologica” ha contrassegnato le scienze contemporanee, mettendo in discussione una loro identità ipoteticamente compatta. Per il discorso pedagogico “rottura epistemologica” indica un cambiamento di rotta, una modificazione dello statuto disciplinare allo scopo di individuare nuovi punti di contatto, partendo dal contributo specifico delle singole scienze dell’educazione. Ciò corrisponde all’attivazione di un ripensamento del sapere pedagogico, ormai contrassegnato da una grande complessità, da modelli e ruoli profondamente trasformati e riorganizzati alla luce dei nuovi connotati del paradigma delle scienze dell'educazione, ovvero il pluralismo dei saperi, la costruzione enciclopedica, la specializzazione crescente, e così via. Da qui sorge una doppia consapevolezza: * In primo luogo lo spostamento della pedagogia ha evidenti motivazioni nella costituzione di un nuovo baricentro epistemologico, in cui le scienze dell'educazione governano la ricerca e l’azione. * In secondo luogo tali motivazioni vengono a cadere adottando un'ottica di riflessività fenomenologica, problematica e assiologica riguardo ai processi di “umanizzazione dell’uomo”. Questo quadro spiega come pedagogia e scienze dell’educazione ruotino attorno allo stesso asse. Ciò permette di legittimare un coordinamento pedagogico delle scienze dell'educazione e di consolidare la sua identità scientifica. Tale paradigma ci invita ad utilizzare un modo di vedere più scientifico, mettendo in rilievo che l’unione tra 26 scienze dell’educazione, teorie educative ed epistemologia pedagogica è una delle realtà più complicate da realizzare. Da qui la necessità di riflettere sulle scienze dell’educazione a partire dal principio deweyano che le considera come scienze che devono essere reinterpretate secondo un chiarimento scientifico e un raccordo pedagogico. A tal proposito i principi di questa “alleanza” diventano una duplice risorsa, irrinunciabile per ricomprendere oggi il paradigma delle scienze dell’educazione. Tale “alleanza” è infatti critica e in questo modo è possibile avvicinarsi al rapporto critico-dialettico tra pedagogia generale e scienze dell’educazione, secondo un’interpretazione non definitiva e aperta. Le molte scienze dell’educazione (Aldo Visalberghi) Aldo Visalberghi nel libro Pedagogia e scienze dell’educazione si concentra sull’identità e sulla natura delle scienze dell’educazione, che sembrano sostituire progressivamente la pedagogia tradizionale, sia nella ricerca che nella prassi. Tuttavia, sarebbe sbagliato parlare di “morte della pedagogia”. Gli esiti di questa riflessione mostrano che tra pedagogia e scienze dell’educazione è presente un nesso e non un’opposizione, un nesso tutt'altro che scontato e pacifico. Si tratta di un tipo di sviluppo molto simile a quello del rapporto tra filosofia e scienza. La filosofia comprendeva alle sue origini tutto il campo delle scienze, ma con il tempo il suo territorio andò riducendosi, infatti matematica, astronomia, fisica, chimica, biologia divennero scienze autonome, ma ciò nonostante non si parla di “morte della filosofia”, anche se la situazione è mutata e la filosofia da scienza esaustiva si è trasformata in riflessione critica sulla natura stessa della scienza, sui rapporti delle scienze fra loro e, soprattutto, sul significato che esse hanno nella nostra esistenza. In particolare, il termine “scienza”, in questo contesto ha bisogno di qualche precisazione. Quando diciamo che le scienze subentrano alla filosofia o che le scienze dell’educazione subentrano alla pedagogia, usiamo il termine scienza in un significato per cui non potremmo dire che la filosofia stessa, o la pedagogia, sono esse medesime scienze, nel senso di conoscenza di pari attendibilità. I due elementi caratteristici in base ai quali riconosciamo il carattere scientifico ad un complesso di conoscenze sono l’elemento metodologico, secondo cui la scienza si basa su esperienze replicabili che autorizzano a fare sensate generalizzazioni e l'elemento logico-strutturale, secondo cui una scienza è costituita da un insieme ordinato e coerente di concetti ben definiti, connessi in relazioni fondamentali, da cui ne sono deducibili altre secondo regole anch'esse ben definite. 16 - LA CENTRALITA’ DELLA FORMAZIONE OGGI L'educazione, in tutti i campi e dal primo all'ultimo giorno di vita, riguarda la formazione umana, l'educazione familiare, l'insegnamento, l'inculturazione e l'apprendimento. La nozione di educazione trova oggi una ulteriore articolazione in 27 l'educazione degli adulti, e molte altre ancora. Una pedagogia che è mutata rispetto al passato, articolandosi in varie branche, poiché non si occupa più solo ed esclusivamente dell'infanzia, ma si rivolge a una serie di fasi della vita e di aree di intervento. La pedagogia generale oggi (FRANCO CAMBI, ENZA COLICCHI, MARIELISA MUNZI, GIUSEPPE SPADAFORA) Sono alcuni decenni che gli studi pedagogici si interrogano riguardo al problema della definizione di “pedagogia generale”. Per alcuni la pedagogia generale è scomparsa dall’orizzonte dei saperi della pedagogia, per altri invece pur essendo attuale, è spesso risolta in approccio generico al pedagogico o in ripresa di una riflessione filosofica, assumendo semplicemente la funzione di sintesi dei problemi pedagogici. Assieme a queste due visioni, è venuto però a delinearsi anche un approccio che vede la pedagogia generale in maniera più interpretativa, più metariflessiva? e più formale. È possibile definire tale approccio critico ed epistemico? in quanto si impegna a rileggere la funzione della pedagogia generale e a fissarne sia i problemi ricorrenti che quelli emergenti e dunque relativi al momento storico attuale dal quale poi si ripensa la pedagogia generale stessa. Inoltre, attraverso questo approccio viene a definirsi meglio il profilo della pedagogia generale, poiché delinea il suo essere un sapere pedagogico che è allo stesso tempo /ocale e generale. Locale in quanto è una forma dei saperi della pedagogia, generale in quanto è un fattore trasversale e ricorrente un po” in tutti i saperi dell'educazione. La pedagogia generale inoltre, si presenta come sempre in movimento tra tradizione e attualità, scandita da un tipo di discorso riflessivo ma allo stesso tempo legata ai problemi e alle prassi. Al giorno d’oggi la pedagogia generale deve farsi allo stesso tempo, più agile e più densa, più ricca e più incisiva organizzandosi in una pratica discorsiva duttile (capace di modellarsi in base alla situazione) ma saldamente ancorata a uno statuto e a un senso di cui la nozione di “formazione” tiene le redini. ? Vale a dire una riflessione sulla riflessione nel corso dell’azione, interrogandosi sulle motivazioni, sulla loro coerenza logica, confrontando il caso con situazioni simili per rintracciare costanti o dissonanze. 3 Che riguarda la conoscenza scientifica. 30 PARTE TERZA 3 LA PEDAGOGIA GENERALE E LE SUE FRONTIERE (DANIELA SARSINI) 18 - LA PEDAGOGIA COME SAPERE TEORICO-PRATICO, PLURALE E COMPLESSO La pedagogia generale è una disciplina che si occupa delle teorie e delle pratiche dell'educazione ed ha come oggetto di riflessione le interpretazioni relative alle questioni educative dello sviluppo umano. Il termine pedagogia deriva da pais, bambino, e da agon, guidare e indicava nella Grecia classica la guida del fanciullo. Nel corso dei secoli, e in modo particolare in tempi a noi più vicini, l’interesse della pedagogia si è esteso fino ad andare a comprendere tutte le età, dalla nascita alla morte, specializzandosi in settori disciplinari sempre più vasti e articolati. La pedagogia si caratterizza come un sapere sull’educazione sia teorico che pratico, in quanto è costantemente orientato non solo all’azione, ma anche alla sua verifica critica e a una progettazione rigorosa per assicurare ai soggetti in educazione uno sviluppo connesso ai principali criteri pedagogici, che sono la libertà, l'emancipazione e l’autonomia. La pedagogia, a partire dagli anni 80 del secolo scorso, si è strutturata come un sapere complesso, plurale e unitario: * complesso perché rifiuta di ridurre la molteplicità, la differenziazione e l'interconnessione al semplice, all'univoco e al banale; * plurale perché è aperto a più metodologie investigative e interpretative sia per quanto riguarda le azioni che le teorizzazioni; * unitario perché ricolloca entro un quadro generale, ovvero quello della formazione, ogni frontiera dell'educazione. La formazione è posta al centro di ogni azione educativa sia rispetto al soggetto, come acquisizione della sua forma autentica, sia in relazione al rapporto dinamico che l'individuo, nel suo percorso formativo, stabilisce con la società. Dunque è solo la pedagogia che può e deve operare questa costante tutela e salvaguardia di ciò che è proprio della formazione, perché ne è l'interprete più significativa e più vigile. Le numerose pedagogie che si sono sviluppate negli ultimi decenni affrontano problematiche legate a condizioni di vita che vanno dall’infanzia alla vecchiaia, passando attraverso l'adolescenza e l'età adulta, e si occupano anche dei contesti educativi extrascolastici, come la famiglia, il tempo libero, il lavoro, e così via. Gli ambiti di interesse della pedagogia sono di per sé complessi, perché ruotano attorno al nesso individuo-società-cultura-natura e hanno a che fare con una pluralità di soggetti connotati da profonde diversità etniche, cognitive, culturali, biologiche, sociali, linguistiche, che hanno bisogno di essere riconosciute, rispettate e valorizzate; al tempo stesso, la pedagogia non può non occuparsi di tutti quei processi entro i quali avviene l'educazione e che riguardano la comunicazione intersoggettiva (tra gli individui), vale a dire l'educazione attraverso i media culturali, quella etica e ambientale (relativa alle questioni morali, ai comportamenti collettivi, alle 31 responsabilità ecologiche ecc.) e quella informale e non formale che sempre più caratterizzano le nostre società. Le categorie di base della pedagogia (MERIELISA MUZI) Nel brano Le categorie di base della pedagogia di Marielisa Muzi si mette in evidenza uno dei caratteri contrastanti della pedagogia, quello tra soggetto e oggetto, che riguarda sia le modalità conoscitive, sia la pratica educativa. All’antinomia oggettivo-soggettivo va ricondotto quello che costituisce il nodo di maggiore problematicità del discorso pedagogico, ovvero il dualismo tra fatti e valori dell’educazione che pone le questioni operative e tecniche dell’educazione nell’ambito del sapere oggettivo e riserva le questioni etiche all'ambito delle scelte soggettive. Nel campo della pratica educativa, dunque, qualsiasi fatto è permeato di valore e ciascun valore permea i fatti. 19 - LA PEDAGOGIA SOCIALE La pedagogia sociale costituisce l'interfaccia della pedagogia generale, con la quale intrattiene rapporti stretti e continui di confronto epistemologico e metodologico. La specificità della pedagogia sociale è legata al fatto che privilegia una logica sistematica e complessa nel modo con cui affronta i problemi, per cui se si occupa dei temi relativi alla scuola, li collega alla realtà più vasta della comunità sociale nella quale la scuola è inserita, e se si rivolge all'educazione familiare lo fa correlandola alle condizioni materiali di vita dei soggetti e alle politiche formative proposte nel territorio. La pedagogia sociale è, dunque, rivolta a individuare le domande emergenti e i bisogni dimenticati di una società in rapida trasformazione là dove i legami collettivi si sono indeboliti e le identità dei soggetti si sono fatte più problematiche e individuali, e dove pertanto risultano più urgenti progetti di sostegno educativo e di umanizzazione delle condizioni di vita. Compito della pedagogia sociale è quello di costruire un «sistema formativo integrato», come afferma Franco Frabboni (pedagogista italiano), frutto dell’alleanza fra scuola, famiglia, chiese, mondo del lavoro, mondo dei mass media, e che si qualifica per l'impegno a promuovere i diritti umani e civili dei singoli e della collettività. Si tratta di garantire cioè a ogni età, dall’ infanzia alla vecchiaia, quei diritti inalienabili legati all’autonomia, alla conoscenza, alla cooperazione e alla formazione che la società consumistica tende a negare o a rendere marginali. Oggi più che mai questo impegno è necessario per rilanciare i valori universali della collaborazione e dell’uguaglianza, del rispetto delle diversità e del dialogo che costituiscono gli antidoti più efficaci contro la cultura omologante e stereotipata del mercato consumistico. A partire dalla seconda metà del 20° secolo, si fa strada un modello educativo che cerca di superare lo scuolacentrismo di memoria gentiliana, per avviarsi verso una 32 Questo modello formativo valorizza la crescita soggettiva come presupposto per il potenziamento della collettività, in quanto permette, attraverso la coltivazione della cura di sé, l'affermazione sia come individuo unico, irripetibile e differente, sia come cittadino che si riconosce nell'appartenenza alla rete delle relazioni nelle quali è immesso fin dalle origini. Dare cura e creare auto-cura (cura sui) come percorso di formazione, significa, in primis, esercitare un modello educativo e di apprendimento fondato sulla logica del comprendere e dell'autocomprendersi "in situazione" connesso cioè all'evento, al caso, alle specificità delle condizioni vissute e alla risoluzione dei contesti problematici. Un soggetto che, dice Cambi (La questione del soggetto tra filosofia e scienze umane) si «fa questione» sia nell'elaborazione culturale del Novecento sia nell'esperienza quotidiana caratterizzata da situazioni instabili e contraddittorie. 20. 3 Alcuni nodi concettuali dell’educazione permanente Il concetto di apprendimento permanente si inquadra nella definizione generale di società della conoscenza e dell'apprendimento che ha avuto diffusione assai rapida fra gli studiosi come metafora della realtà; metafora, però, interpretata secondo due accezioni diverse: quella acritica e neoliberista che legittima l'apprendimento in funzione conformatrice e adattiva, e quella assunta dai saperi dell'educazione come risorsa per lo sviluppo umano legata al valore strategico dell'educazione, dove l'acquisizione di saperi e di conoscenze costituisce la categoria fondamentale per stare nella "complessità". Se la diffusione della dimensione iconico-simbolica nella net economy ha come conseguenza la perdita degli ancoraggi sociali e dei valori di riferimento, costringendo tra l’altro il soggetto a vivere una dimensione di incertezza e di fragilità perenne, la categoria del cambiamento, declinata in senso pedagogico, permette di ribaltare il tradizionale concetto di apprendimento come trasmissione di abilità e di conoscenze per configurarsi come capacità dei singoli di trarre insegnamento dalle proprie esperienze e da quelle altrui. In questo approccio cambia il ruolo giocato dagli attori dell'apprendimento, perché sono i soggetti a farsi agenti formativi, prendendo in carico se stessi e assumendo la "cura di sé" come compito e struttura della propria identità (Cambi, L'autobiografia come metodo formativo). Inoltre, è opportuno sottolineare che mentre precedentemente l'età adulta era stata identificata con un momento della vita ben definito, corrispondente alla fase di mezzo tra infanzia, adolescenza e vecchiaia, e caratterizzata dall'assunzione di ruoli precisi legati all'inserimento lavorativo, all'autosostentamento e alla costituzione di un nucleo familiare, la ricerca contemporanea ha evidenziato l'impossibilità di attribuire alla maturità un'identità precisa per il fatto che esistono moltissime età adulte sulla base dei differenti percorsi maturativi sviluppati sia sul piano fisico-biologico che su quello psicologico, culturale e sociale. Pertanto l'adultità non è più considerata la fase conclusiva e apicale di un periodo di crescita, dopo la quale inizia un lento ma inevitabile declino, ma come un percorso di vita contrassegnato da possibili cambiamenti, da specifiche potenzialità cognitive, affettive e apprenditive tali da collocare l'adultità in un continuum educativo. All'approccio stadiale quindi è stato 35 sostituito quello di "ciclo della vita" con ricadute significative sia sul piano epistemologico che su quello empirico. La prima conseguenza di questo mutamento di prospettiva comporta che i sistemi di istruzione e di formazione non possono essere concepiti come luoghi di trasmissione di conoscenze a classi di età precise, ma vanno ripensati in funzione dei bisogni dei soggetti individuali e collettivi. In secondo luogo, i saperi e le conoscenze non possono più avere come compito primario quello istruttivo, finalizzato a esigenze professionali specifiche o a garantire solo il miglioramento dei livelli quantitativi di alfabetizzazione, ma dovrebbero facilitare l'acquisizione di processi formativi qualitativamente significativi tali da consentire quell'apprendimento lungo il corso della vita che risulta essere, oggi, necessario per comprendere le sfide del Terzo Millennio e per dotare ogni individuo di quelle capacità che permettono di affrontare e risolvere le questioni sempre nuove e inedite imposte dall'innovazione tecnologica e dalla globalizzazione. Infine, l'educazione degli adulti, basata sui concetti di cambiamento e di apprendimento continuo, apre a una concezione polisemica dell'educazione legata cioè ai molti contesti di riferimento e alle diverse esperienze interattive della vita. Vengono così a prefigurarsi percorsi formativi che permettono al soggetto di cogliersi nel suo statuto problematico, come disposizione allo scambio, al dialogo con l'altro da sé attraverso quella relazione di cura e di ascolto di sé stessi e degli altri che costituisce il messaggio pedagogico più significativo per interpretare la condizione inquieta della soggettività contemporanea. 20.4 L’organizzazione della formazione continua: i circoli di studio Per garantire a tutti l’accesso all’apprendimento permanente si sono sviluppati a livello internazionale i circoli di studio, come modalità formativa incentrata più sulla domanda dei singoli e delle comunità che sull'offerta formativa. La caratteristica di queste azioni educative riguarda le modalità di accesso alle conoscenze attraverso lo scambio di esperienze e la condivisione di conoscenze fra un gruppo di persone che hanno in comune gli stessi interessi o che vogliono affrontare e risolvere problemi specifici relativi all'ambito lavorativo o di vita quotidiana, per cui si avvalgono di forme cooperative di apprendimento. La struttura organizzativa dei circoli di studio ruota attorno ad attività autoformative fondate sull'espressione di domande di apprendimento da parte dei partecipanti e dal sostegno di tutor che hanno la funzione di facilitare l'apprendimento e la comunicazione intersoggettiva. Le strategie conoscitive e le forme di apprendimento dei circoli di studio dipendono in particolare dagli approcci tematici scelti. Ad esempio, se si affrontano temi come l'inserimento di stranieri in una comunità e le relazioni tra componenti di un gruppo, il lavoro del circolo di studio si concentrerà sulle forme dialogiche e comunicative da utilizzare, così da coinvolgere nella discussione tutti i soggetti partecipanti. Gli obiettivi base di ogni tipo circolo di studio sono la partecipazione a un lavoro comune, la collaborazione nella definizione del percorso formativo del gruppo e l’andamento dialogico e comunicativo fra i componenti. 36 La significatività e la fortuna dei circoli di studio sono determinate dal fatto che vengono promosse reti tra persone che hanno problemi da risolvere, esperienze da scambiare o progetti da realizzare, ponendo i soggetti in contatto con altri portatori di esperienze e di conoscenze utili per gli scopi che si vogliono conseguire e per stabilire eventualmente nuovi rapporti di collaborazione. L'appartenenza alla rete dei saperi non solo produce, quindi, ampliamento delle conoscenze individuali e sociali, ma valorizza le relazioni come supporto valido per affrontare, in maniera meno traumatica, i cambiamenti indotti dalla società. Un nuovo scenario per l’educazione degli adulti (AURELIANA ALBERICI) Negli ultimi decenni il cosiddetto capitale “intangibile” (capitale “immateriale” formato da conoscenze e saperi) è divenuto la più grande possibilità di sviluppo per un paese. Le organizzazioni infatti puntano sempre più sulle capacità cognitive, sulla mente, sul pensiero, considerando tali fattori un vero e proprio capitale su cui investire. Tale scenario si viene a delineare nella attuale società della conoscenza, definita intensive knowledge. Tutto ciò apre una nuova era per la formazione e di conseguenza anche per l'educazione e la formazione degli adulti. Si vengono a profilare infatti, nuove prospettive educative come l’apprendimento lungo tutto il corso della vita per tutti gli individui e in qualsiasi contesto. La famiglia, il gruppo, l'azienda, infatti, sono ora considerati come categorie e luoghi di possibile apprendimento. Dentro questo nuovo spazio teorico-operativo, gli individui si giocano la loro possibilità di realizzazione attraverso un apprendimento che è necessario mantenere e sviluppare lungo tutta la vita. 21 - LA FILOSOFIA DELL’EDUCAZIONE 21.1 Un settore-cardine della pedagogia generale La filosofia dell'educazione è un settore centrale della pedagogia generale, in quanto ha una funzione di riflessività critica e di orientamento regolativo attorno al discorso pedagogico. Il suo apporto al corpus ampio e complesso dei saperi dell'educazione, che affrontano i problemi emergenti come quello della multiculturalità, dell'infanzia, della vecchiaia, è quello di porsi in un'ottica di riflessività più radicale e quindi metariflessiva sui fondamenti della pedagogia stessa, aggiornandoli rispetto ai modelli e alle coordinate storico-culturali, ma mantenendo sempre viva quella vocazione formativa che costituisce il senso e la struttura fondativa del pedagogico. La necessità della riflessione filosofica sull'educazione e la sua centralità nella formazione erano già emerse nel numero monografico della rivista “Scuola e Città" intitolato La filosofia dell'educazione, oggi, dove molti pedagogisti italiani, pur da prospettive teoriche diverse, concordavano sulla validità e sull'attualità di questa disciplina per la funzione antidogmatica e regolativa che svolge nei confronti del discorso pedagogico, ma anche per smascherare i condizionamenti socio-economici e culturali di molte pratiche educative apparentemente neutrali. 37 * la particolarità del suo “oggetto” e cioè l’educare, che è un processo sempre intenzionale e i cui risultati stanno sempre su un fronte incerto e cioè il futuro e la persona; La filosofia dell'educazione, oggi (FRANCO CAMBI) Gli ambiti della filosofia dell'educazione (FRANCO CAMBI) È necessario sottolineare che i due termini — formazione ed educazione — non sono equivalenti. Essi infatti rappresentano i due poli della pedagogia. L’educare ha un carattere più sociale e pone in rilievo i modelli e i valori in modo più direttivo e conformante. Il formare, invece, è un processo del soggetto in piena libertà e autonomia. La pedagogia generale non solo teorizza tali processi ma li affronta in tutti i contesti quali età, genere, famiglia, scuola. Questo complesso lavoro di saperi produce la necessità di un dispositivo di controllo e richiede uno spazio meta- riflessivo ovvero: la filosofia dell’educazione. Essa fissa l’epistemologia del sapere e la rende complessa, regolando il discorso e animando i problemi così da dar senso alla complessità. La filosofia dell’educazione, nel tempo, ha subito processi di riduzione e di specializzazione. Da ambito generale della pedagogia è divenuto ambito particolare e connesso alla meta-riflessività. Si è trattato di un cambiamento nell’orientamento degli aspetti fondamentali per la pedagogia. Allo stesso tempo si è specializzata ponendo nuova attenzione alla libera discussione razionale dei problemi pedagogici. I temi ora sono più dinamici e riguardano il rigore, i valori, i problemi. Tali temi hanno dato vita a più settori della filosofia dell’educazione quali l’ epistemologia, l’axiologia, il saggismo, l’ontologia. Con essi la pedagogia “pensa ai propri fondamenti”, diviene autonoma secondo precisi criteri di razionalità. Il lavoro della filosofia dell'educazione va oltre i vari specialismi della pedagogia attuale essendo caratterizzato da un esercizio critico che accompagna la crescita della disciplina stessa. 22 - PEDAGOGIA DELLA FAMIGLIA Tra le specificazioni della pedagogia generale si colloca la pedagogia della famiglia che ha l'intento di approfondire un settore di ricerca rispetto a un contesto di vita e quindi si definisce sia come ambito preciso di studio sia come intervento qualificato su quella rete di relazioni affettive, cognitive e sociali che costituiscono la famiglia. Il rapporto che intercorre tra la pedagogia della famiglia e la pedagogia generale è di arricchimento reciproco, in quanto la pedagogia della famiglia offre a quella generale il terreno osservativo e la circolazione delle esperienze, mentre la pedagogia generale alimenta di intenzionalità educativa e di riflessione critica le azioni operative. Nello stesso senso si pone la distinzione tra educazione familiare e pedagogia della famiglia. L'educazione familiare sta ad indicare tutti gli interventi messi in atto per contrastare i disagi che possono nascere nelle relazioni familiari e per favorire una 40 maggiore consapevolezza del ruolo genitoriale, mentre la pedagogia della famiglia costituisce la riflessione teorica e di ricerca sugli interventi realizzati sul campo. Le costruzioni identitarie che si sviluppano nell’ambito familiare, hanno fatto sì che la famiglia diventasse oggetto di riflessione educativa, anche in conseguenza delle radicali trasformazioni che il nucleo familiare ha subito nel corso del 20 secolo. La famiglia patriarcale del passato, ad esempio, fondata sull'autorità paterna e sulla trasmissione delle norme sociali, si è dissolta a partire dal ‘68 che ne ha messo in discussione i valori, la presunta naturalità del ruolo della donna come madre e casalinga e la centralità del padre. È opportuno sottolineare a questo punto che la famiglia è un'istituzione storico- culturale che si evolve nelle forme e nelle funzioni in rapporto ai mutamenti economici, sociali e culturali, assumendo, come in questi ultimi decenni, una fisionomia plurale, vale a dire monoparentale, separata, etero o omosessuale, e una struttura instabile con legami più intimi e personali all'interno. Siamo passati, quindi, dalla figura del padre-padrone a quella di sostegno del padre attuale, sempre più vicina ai caratteri della madre, capace di dedizione e di comprensione nei confronti dei figli come della moglie. I ruoli tra genitori e figli sono diventati più paritetici, più affettivi, più democratici perdendo i connotati gerarchici che avevano. Insomma la famiglia di oggi non solo è radicalmente cambiata, ma è profondamente differenziata al suo interno, dove le dinamiche tra genitori e figli ruotano attorno alla dimensione affettiva, amicale e della fratellanza. Questo non significa che i conflitti siano scomparsi, anzi, essi rimangono e si fanno più problematici, ma hanno cambiato volto, riguardano la scelta meditata e spesso rimandata nei confronti della procreazione, la consapevolezza più diffusa sull’importanza che riveste l'educazione nei primi anni di vita, ma anche la difficoltà di far dialogare l'esercizio dell'autorità con la dimensione del sostegno affettivo, della guida vigile e aperta che caratterizza il genitore contemporaneo. È per questo che oggi si rende necessaria un'educazione familiare per apprendere quei comportamenti di aiuto e di sostegno reciproco, nella coppia e con i figli, che non sono acquisiti naturalmente ma che vanno coltivati, guidati, educati appunto, attraverso un percorso riflessivo e auto-regolativo sostenuto da quei valori della comunicazione dialogica e della costruzione condivisa che sono i cardini della pedagogia. L'educazione alla genitorialità, afferma Enzo Catarsi in Pedagogia della famiglia, implica appunto assumere una prospettiva ecologica e sistemica per affrontare le ansie d'inadeguatezza dei genitori. D'altronde la problematicità della famiglia attuale è determinata anche dalla difficoltà di mantenere in vita la famiglia, riuscendo a coniugare i bisogni di realizzazione personale con le esigenze comuni. Per questi motivi l'educazione familiare si connota come un laboratorio di crescita "insieme", dove si sperimentano i problemi e si leggono nella complessità delle loro dinamiche. In tale laboratorio ogni soggetto dovrebbe sentirsi protagonista e artefice del proprio percorso formativo, con la voglia di informarsi, di responsabilizzarsi e di ascoltarsi per comprendersi e così comprendere davvero l'altro, figlio o partner che sia, 41 acquisendo così la consapevolezza che entrare nel ruolo di genitore è un cammino pieno di difficoltà e di contraddizioni. Trasformazioni sociali e sostegno alla genitorialità (ENZO CATARSI) Nel corso del 900 è mancata in Italia una politica a sostegno della famiglia e della genitorialità. La maggior parte dei giovani genitori, si sente impari rispetto all'impegno genitoriale ed è consapevole del bisogno di acquisire nuove conoscenze riguardo il mondo dell'infanzia e degli stili educativi. È evidente il desiderio di essere genitore e in particolare di essere un bravo genitore. I giovani genitori di oggi vivono la nascita del primo figlio con grande "ansia', frutto delle aumentate consapevolezze riguardo le responsabilità connesse con il divenire genitore. La famiglia costituisce un ambiente assai significativo per lo sviluppo dei bambini e dei ragazzi, in particolare per le relazioni che vi si creano e che influenzano profondamente il processo di costruzione dell'identità. Enzo Catarsi sottolinea la necessità di sviluppare progetti formativi alla genitorialità, come risorsa e comprensione delle problematiche emotive e relazionali che si creano in famiglia. 23 - PEDAGOGIA DELL’INFANZIA Il 900, viene definito il secolo dell'infanzia, infatti si inaugura con il celebre saggio di Sigmund Freud /! caso clinico del piccolo Hans che rappresenta il manifesto di un nuovo modo di guardare l'infanzia, totalmente rivoluzionario rispetto ai parametri fino ad allora utilizzati dalla cultura pedagogica classica e cristiana, che la identificava con la purezza, l'innocenza, la debolezza. Freud infatti ci mostra una natura infantile perversa e polimorfa, fin dalla nascita, caratterizzata dalla ricerca del piacere. Su questa infanzia, nascosta nella memoria adulta e inibita (vietata) dalla morale sociale, si fonderanno poi tutte le successive interpretazioni psicoanalitiche che ricondurranno alla sfera inconscia prenatale le dinamiche conflittuali che si evidenziano nella maturazione del soggetto e della dimensione relazionale. Unitamente a questo riconoscimento radicale della diversità dell'infanzia, si vanno a delineare nel 900 le indagini di psicologia genetica di Piaget e di pedagogia scientifica della Montessori che mettono bene in luce le particolarità cognitive e di apprendimento di questo periodo della vita. L'infanzia viene valorizzata e considerata come momento cruciale della maturazione del singolo attraverso molteplici percorsi conoscitivi che cercano di coglierla nella sua realtà più vera e genuina. La società borghese tra 800 e 900 ha dato all'infanzia una nuova visibilità. L’ha posta al centro del mondo familiare, considerato come luogo ideale per garantire la sua “naturale" innocenza e accompagnare la sua crescita secondo i parametri della fragilità e dell'incompiutezza. D'altra parte, però, quest'infanzia catturata nella morale borghese è anche soggetta a forme di controllo soffocante che ne limitano gli spazi, i modi espressivi, gli svaghi e che frenano ogni manifestazione della sua sessualità attraverso violente campagne contro la separazione fra maschi e femmine, nella 42 dunque, qual è la prospettiva pedagogica in grado di garantire allo stesso tempo una scuola di qualità e di massa. In prims quella scuola che progetta percorsi di apprendimento individualizzati, attenti alle peculiarità degli allievi, che ne valorizza le differenze negli stili cognitivi, nei tempi di apprendimento, nelle espressioni linguistiche e culturali; In secondo luogo quella scuola che garantisce sia l'uguaglianza delle opportunità educative che il successo formativo, ovvero la padronanza dei linguaggi di base indispensabili per abitare la condizione postmoderna; In terzo luogo, quella scuola che non semplifica o riduce l'insegnamento disciplinare a sapere dogmatico, ma lo prospetta nella sua dinamicità storico-scientifica e lo interconnette tra i diversi domini conoscitivi, perché solo così si possono acquisire quelle conoscenze, critiche e rigorose, imposte dalla «società dei saperi e della globalizzazione»; Insomma, è necessario mirare a quella scuola che non produce una testa piena ma una «testa ben fatta », come sottolinea Edgar Morin. Per quanto riguarda la formazione, va detto che questa ha un'identità specifica rispetto all'educare e all'istruire, in quanto è più comprensiva e, quindi, più complessa. Più comprensiva (comprende/ abbraccia più cose) perché in essa concorrono una "famiglia di processi" relativi alla crescita biologica, fisiologica e psicologica del soggetto che, come sottolinea Piaget, comporta trasformazioni del quadro cognitivo, metacognitivo e relazionale, indipendenti dalla sua volontà. Unitamente a queste vanno ricordati i processi di crescita legati agli apprendimenti scolastici ed educativi propri dei contesti extrascolastici. Tutti questi aspetti dell'apprendimento, della crescita, della coltivazione di sé vanno ad alimentare la formazione del soggetto, una formazione che si è strutturata in forma mobile e dinamica, ma al tempo stesso unitaria in quanto riguarda quell'individuo che si definisce sempre più come unico e irripetibile, pur nelle sue continue trasformazioni. Per quanto riguarda la formazione ritroviamo quindi l'esigenza di promuovere progetti scolastici in funzione di ogni singolo alunno, quindi fortemente personalizzati e orientati alla coltivazione di sé, come cura di sé, nel senso di stima e rispetto per se stessi e come costruzione interiore; cura da sviluppare, però, in forma autentica, cioè come riconoscimento delle diversità e quindi come decentramento rispetto a se stessi, affinché la cura sui non si trasformi in ripiegamento narcisistico ed egotista, ma si sviluppi come sensibilità e responsabilità verso gli uomini, le cose, il mondo, come accoglienza, riconoscimento e tutela dell'irriducibile alterità. La formazione così intesa sollecita anche la scuola a impegnarsi in favore degli alunni che hanno maggiori disagi esistenziali e sociali e nell'organizzazione di spazi didattici capaci di promuovere comportamenti socialmente e democraticamente condivisi, volti a migliorare e a emancipare la vita civile, politica e morale delle comunità. A partire dal 1999 con il regolamento dell’ autonomia, la scuola italiana ha radicalmente cambiato volto, perché si è trovata nelle condizioni di gestire in forma 45 autonoma l’organizzazione e la programmazione dei curricula e delle risorse. Ciò ha permesso di attrezzare culturalmente e metodologicamente in forme nuove la scuola, riqualificandola come scuola di qualità e di massa. La rivoluzione curricolare nella scuola dell'autonomia: una potenzialità da promuovere e da governare (FRANCO CAMBI) Nel corso del 900 si è arrivati a fissare un’identità di base della nuova scuola, con 3 elementi: l'autonomia come regola; il curriculum come strumento chiave del lavoro scolastico e il POF come “progetto formativo globale”. Il curriculum rovescia la logica dei programmi, lega la cultura a situazioni e a progetti e salda istruzione e formazione. Si apre, dunque, un nuovo modello di scuola, che fa leva sull’impegno e sulla responsabilità dei docenti. Il POF, invece, realizza una formazione extracurricolare, ma integrata al curriculum. È un’area di laboratori di musica, di pittura, di poesia, che si offrono ai giovani per sviluppare competenze oltre il curriculum. Sta a ogni scuola nella sua autonomia creare la condizione per un lavoro di progettazione curricolare efficace, con seminari, corsi di studio per docenti, occasioni di autoaggiornamento e così via. Negli insegnanti va coltivata una “cultura curriculare” che è pedagogica e psico-pedagogica, didattica e formativa. Pedagogica, in quanto è capace di legare apprendimento e formazione, in un modo dialettico, di cui si deve essere consapevoli. Psicopedagogica, in quanto è capace di riflettere sulla relazione educativa e gli "stili d'insegnamento", a partire sempre dai bisogni dei giovani. Didattica, in quanto è capace di progettare percorsi di studio efficaci. E infine formativa, in quanto è rivolta a “dare forma" e cioè ad avviare a costruire sé stessi e ad esser interpreti di una possibile identità. La cultura curricolare, dunque, è un impegno specifico e qualificante della scuola dell'autonomia e in essa dovrà farsi sempre più centrale. 25- PEDAGOGIA DI GENERE I movimenti femministi, iniziati già nell'800 in una prospettiva di lotta e di ricerca per l'emancipazione della donna e del suo riscatto sociale, hanno avuto ampia diffusione a partire dal 1968, scardinando in profondità e in modo radicale i fondamenti ideologico-culturali sui quali si è strutturata la società occidentale. L'esplosione della «questione femminile» ha messo all'ordine del giorno la presa di coscienza da parte delle donne, ma anche dell’intera collettività, del doppio sfruttamento operato nei loro confronti sul piano materiale, nella vita quotidiana, nel mercato, nel lavoro, e su quello, sottile e pervasivo, del linguaggio e della psicologia, che ha occultato per secoli la categoria del femminile e quindi del dualismo del genere, in favore del potere di quello maschile. 46 La frontiera del femminismo ha sviluppato, a partire da questo periodo, un lavoro teorico vasto e originale, di livello internazionale, che ha coinvolto tutti i campi del sapere attorno all'orizzonte del gender (appartenenza a uno dei due sessi dal punto di vista culturale e biologico) come ricerca di una soggettività sessuata a salvaguardia di una diversità che si fa paradigma necessario per un'esistenza "al femminile" nella sfera politica, sociale, giuridica ed educativa. Il particolare smascheramento nei confronti del modello maschile è la sfida più profonda lanciata dal femminismo, in quanto si colloca al di là del piano rivendicativo ed emancipatorio delle donne e si estende verso un ripensamento sociale diverso, plurale, fondato sull'uguaglianza e sul riconoscimento della differenza, come valore positivo e non come forma discriminante nei confronti dell'alterità. Per quanto riguarda il movimento femminista, negli anni 80 e 90, si sono venuti affermando prima il modello dell'emancipazione e delle pari opportunità, rivolto a far acquistare da parte delle donne spazi e diritti uguali agli uomini, poi quello "della differenza" che rivendicava la specificità del femminile. Anche negli ambienti educativi e nella riflessione pedagogica sono subentrati questi due modelli che hanno dato esiti diversi e interessanti. Il versante dell’emancipazione e delle pari opportunità ha prodotto una serie di indagini e di ricerche sulla funzione educativa che svolgono la famiglia e la scuola, mostrando come la madre sia la prima "responsabile" dell'apprendimento di ruoli e comportamenti ghettizzanti. D'altra parte, la scuola opera nella stessa direzione, del rafforzamento, cioè, dei pregiudizi e degli stereotipi, attraverso la didattica della separazione dei ruoli, fondata su un linguaggio apparentemente neutro e universale, ma in realtà portatore solo dei valori maschili che nega, perciò, ogni processo simbolico di autoriconoscimento da parte delle allieve. Sul versante “della differenza”, invece, si sono messi in risalto i limiti dell'approccio all'emancipazione, perché riproponeva l'omologazione delle donne ai valori del maschio e una parità tutta giocata dentro un universo ancora una volta solo al maschile, mentre sono necessari modelli identitari al femminile che permettono alla donna di affermare e consolidare la propria identità. Da qui la nascita di una pedagogia della differenza che teorizzava e organizzava percorsi rivolti alle sole donne per rivendicarne valori, esiti e particolarità e per l'affermazione di sé come soggetto-donna attraverso il paradigma della differenza. La pedagogia della differenza ha messo in risalto come l'esperienza femminile sia contrassegnata dalla dimensione della cura, dell'accoglienza, della responsabilità sia nell'ambito del privato che del pubblico, dando visibilità a un'etica dell'educazione che è diventata oggi un valore per tutte le professionalità educative. La pedagogia di genere ha il compito di mantenere al centro delle pratiche riflessive la problematicità e la complessità del soggetto-donna pur nelle diverse articolazioni di vita; articolazioni che possono e devono dialogare in vista di un ripensamento critico degli stili di convivenza e di percezione di sé, indirizzandoli verso nuove solidarietà democratiche e per restituire al soggetto-donna voce e attenzione, in un 47 Le riflessioni di pedagogia dei media sviluppate a partire dagli anni 80 hanno cominciato a convergere in un ambito di studi denominato Media Education. In particolare, obiettivo di questo ambito di studi è quello di svelare l'opacità dei media: essi infatti non sarebbero trasparenti e non sarebbero paragonabili a "finestre sul mondo", in quanto nella loro rappresentazione della realtà vi sarebbe sempre anche una sua trasformazione che impedisce al soggetto di avere una percezione immediata e neutrale della realtà stessa. Parallelamente alla Media Education, che negli ultimi decenni è diventata un movimento mondiale e si è indirizzata anche ad analizzare i nuovi strumenti digitali, si è diffusa in ambito statunitense la Media Ecology, tradotta in italiano con “ecologia dei media". L'autore di riferimento è Neil Postman, il quale denuncia il fatto che i media siano diventati in realtà il "primo curricolo" e dunque siano capaci di agire in modo più efficace di quanto non faccia la scuola. Per questo spetta proprio alla scuola rilanciare il suo ruolo, sfidando i media non tanto per sconfiggerli, quanto piuttosto per comprenderli, per bilanciare i loro effetti e per usarli in modo realmente educativo, istruttivo e formativo. In particolare l'educazione ai nuovi media si è concentrata sulla parola "alfabetizzazione" (literacy in inglese), sottolineando l'esigenza che accanto allo scrivere e al leggere, si diffondesse una maggiore competenza rispetto ai linguaggi multimediali e interattivi dei nuovi media. È necessario a questo punto ricordare le Raccomandazioni del Parlamento europeo del 2006 fanno riferimento alla "competenza digitale" come a una delle competenze-chiave del nuovo millennio. In particolare, la competenza digitale viene definita come il saper utilizzare con “dimestichezza” e “spirito critico" le tecnologie della società dell'informazione, tanto per il lavoro, quanto per il tempo libero e per la comunicazione. Essa si traduce in particolare attraverso le nuove tecnologie con le abilità dell'uso dei supporti digitali nel ricercare, produrre, e scambiare informazioni, oltre che per partecipare a reti collaborative. Ecologia dei media (NEIL POSTMAN) Il concetto formulato da Neil Postman di Media Ecology offre un punto di vista rilevante sulla Media Education, sottolineando la necessità che la pedagogia si faccia promotrice di uno sguardo critico, capace di attivare all'interno di una cultura sottoposta a nuove trasformazioni un atteggiamento riflessivo rispetto ai nuovi linguaggi del comunicare. E che dunque sappia ripristinare una forma di equilibrio in cui i saperi tradizionali non vadano persi e quelli più innovativi vengano valorizzati pienamente nelle loro potenzialità. 28- PEDAGOGIA DELLO SPORT E DEL CORPO 28.1 Corporeità ed educazione Nel 20° secolo si è completato un percorso avviato già nei secoli precedenti che ha posto in modo crescente l'attenzione sull’ importanza del corpo per studiare e 50 comprendere ogni processo di educazione, istruzione e formazione che riguarda il soggetto. Già a partire dal 15° secolo, diversi campi artistici, quali pittura, scultura e letteratura, hanno dato grande importanza alla corporeità per studiare, rappresentare e comprendere l’uomo. A partire dal 19° secolo, le scienze umane hanno sottolineato come non si possa comprendere l'uomo se non intendendolo come un corpo costituito da emozioni, da istinti, da inconscio. Il corpo, dunque, non è da intendere solo come "anatomico", ovvero come somma delle parti che compongono il fisico dell'uomo: esso rappresenta, infatti, il medium fondamentale nelle relazioni che vengono realizzate con gli altri soggetti, e dunque con gli altri corpi. In particolare, in un'ottica pedagogica, oggi si tende a evidenziare il ruolo formativo della corporeità, considerandola come un'esperienza centrale di ciascun soggetto, in quanto, come nota Alessandro Mariani nel suo volume Corpo e modernità, il corpo costituisce il nostro «radicamento al mondo» e contribuisce alla definizione della nostra identità. Parlare di pedagogia del corpo significa riflettere sui mezzi e sui fini dell'educare l'uomo anche a partire dalla sua dimensione corporea che deve essere necessariamente considerata e valorizzata nell'educare, istruire e formare. 28.2 Lo sport tra pedagogia e filosofia Spesso il termine "sport" viene utilizzato come sinonimo di attività fisica, tuttavia esso possiede un significato distinto e per certi versi più ampio. Da un lato infatti è un termine entrato ormai nel lessico internazionale e riconosciuto in tutte le aree culturali; dall’altro riesce a contemplare nella sua pluralità di significati i concetti di corpo, movimento e di gioco. Definire lo sport oggi può risultare un compito estremamente complesso, vista la pluralità di forme che esso viene a comprendere. Con il contributo delle scienze dell'educazione lo sport può essere inquadrato attraverso uno sguardo interpretativo in grado di confrontarsi con la complessità dei problemi pedagogici che emergono nei diversi contesti e nelle diverse situazioni delle pratiche sportive. Il contributo della “pedagogia dello sport” avviene in una doppia direzione: da un lato consente di legare lo sport alla riflessione pedagogica, sottolineandone la funzione educativa e formativa per i soggetti; dall'altro porta la pedagogia ad affrontare alcune tematiche oggi centrali, quali l'importanza del corpo e del movimento per la costruzione della propria autonomia e della propria identità da parte del soggetto, fin dall’ infanzia. A riguardo, in particolare, RAFFAELE MANTEGAZZA rel suo volume Con la maglia numero sette, ritiene che nella pratica sportiva vi siano varie dimensioni pedagogiche, riguardanti la materialità, connessa alla scoperta della dimensione corporea da parte dei soggetti; la ritualità, per la sua capacità "magica" di legare tra loro i soggetti; e l'emotività, per la mobilitazione di vari affetti e di emozioni, tanto di quelle "positive" quanto di quelle "negative". A partire da queste riflessioni, uno dei compiti fondamentali della pedagogia dello sport consiste nel mettere a fuoco quali siano i fondamenti teoretici da porre in relazione alla pratica educativa delle attività motorie e sportive, affinché queste siano in grado di contribuire adeguatamente all'educazione e alla formazione dell'uomo e al 51 miglioramento della sua qualità della vita. Lo sport, infatti, può avere una funzione formativa, in quanto può contribuire alla costruzione dell’identità e all'assimilazione libera e critica delle forme della cultura in cui ciascun soggetto è inserito. Come nota Roberto Farné nel volume Sport e formazione, parlare di "educazione sportiva" significa definire quali siano i metodi e le tecniche più idonee per rendere lo sport un "dispositivo pedagogico", capace di valorizzare le sue potenzialità formative nei soggetti che lo praticano. Anche se sono molti gli autori che hanno contribuito a impostare una prospettiva pedagogica intorno allo sport, un ruolo centrale può essere riconosciuto al barone Pierre de Coubertin, noto per aver rilanciato il rito dei Giochi olimpici nell’epoca moderna. Egli imposta un programma di pedagogia dello sport che è in grado di coinvolgere tre dimensioni dell'educazione. Da un lato l'educazione del soggetto, che può avvenire completamente solo se coinvolge adeguatamente il corpo; dall'altro l'aspetto della socializzazione, ovvero la capacità dello sport di inserire il soggetto in situazioni in cui sperimentare le relazioni con l'altro, a partire da un'etica della comunicazione e da un'etica della responsabilità. Ad un terzo livello, specialmente grazie alle Olimpiadi, de Coubertin riconosce allo sport un potenziale nella costruzione di cittadinanza planetaria, di incontro e di dialogo tra nazioni. Isidori e Reid, infine, hanno definito la figura dell'atleta filosofo: si tratta non ovviamente di un atleta che dovrebbe necessariamente studiare filosofia, quanto piuttosto di un soggetto che nel praticare lo sport riflette costantemente sulle finalità del suo agire e che riesce a cogliere l'autotelicità (ovvero l'avere il proprio scopo semplicemente nel suo svolgimento) dello sport e dunque a dare priorità alla propria educazione e alla propria formazione attraverso tale attività, senza focalizzarsi esclusivamente sul raggiungimento di un risultato o di “beni esterni". 29- PEDAGOGIA DEL LAVORO La pedagogia del lavoro è un campo articolato, che reclama analisi e comprensione critica dei problemi che deve affrontare, disponendosi a fianco di altre discipline, quali l'economia, la sociologia, ma anche la psicologia sociale, la tecnologia, le teorie della comunicazione, e così via. Esso è un settore oggi centralissimo e in forte crescita a livello mondiale, essendo un settore di sintesi che ingloba anche la storia, la stessa filosofia e la pratica della cura-di-sé. La filosofia del lavoro mette in luce il ruolo-chiave svolto nell'evoluzione dell'Homo sapiens dal lavoro stesso. L'uomo, infatti, si fa tale poiché libera le mani e si dà una posizione eretta. Le mani si fanno mezzi tecnici per rielaborare l'ambiente in cui vive e lì difendersi, migliorare il nutrimento, costruirsi ripari e così via. È da ciò che emerge la complessa pratica lavorativa tipica dell'uomo che lo inoltra verso civiltà sempre più complesse, ricche e sofisticate sino ad arrivare ai giorni odierni. È importante sottolineare come tale bisogno innato di manipolare e produrre c'è sempre stato in ogni bambino e va rispettato e potenziato. È anche da considerare però che 52 Il mito dell’adulto (GEORGES LAPASSADE) Ciò che evidenzia Georges Lapassade nel brano // mito dell’adulto, è che la maturità è una "maschera". Se il destino dei giovani, infatti, è la rivolta, è perché la prospettiva della maturità, nella società nichilista della soddisfazione ottimale dei bisogni, è percepita al costo di una rinuncia al desiderio. La loro rivolta, infatti, è un rifiuto “d'integrarsi" alla "vita omologata" della normalizzazione e la reale maturità consisterebbe nella consapevolezza della propria incompiutezza e nell'assumerla. L’intera vita, dunque, è il continuo tentativo di nascere a sé stessi ed è tale processo che ci porterà a una nascita piena quando moriremo. 32- LA CRITICA DELL’AUTORITA” E I MOVIMENTI DI PROTESTA: TRA FAMIGLIA, SCUOLA, SOCIETA’ La critica e la contestazione nei confronti dell'autorità sono stati aspetti peculiari della cultura e del pensiero che hanno caratterizzato gli anni ‘50 e ‘60, ispirando temi, idee e stili di comportamento, fino ai movimenti giovanili di protesta. Il movimento di contestazione studentesca del ‘68, in particolare, trovò nell'antiautoritarismo uno dei suoi fili conduttori, estendendo la sua critica a tutte quelle istituzioni fondate, appunto, su un principio di autorità: dalla famiglia all'esercito, dalla fabbrica alla Chiesa, dagli ospedali alla scuola. In tale protesta era palese l’eredità culturale della cosiddetta Scuola di Francoforte, i cui esponenti si erano interrogati in merito alle origini, alle forme e ai meccanismi alla base del fenomeno del consenso di massa all’ interno dei regimi totalitari dell’epoca. Nella Scuola di Francoforte, inoltre, l'indagine critica sulla famiglia patriarcale e sulla sua crisi era soprattutto finalizzata a spiegare i processi di formazione di quegli individui dal carattere autoritario che avrebbero "acconsentito" alle forme di autoritarismo politico totalitario. Nel movimento degli anni ‘60 questo tema esplose, trasformandosi in una pratica diffusa e vitale per un'intera generazione di giovani, e fu esteso a quelle istituzioni-chiave della società quali famiglia, scuola, ospedale e così via. È dunque autoritaria anche la famiglia, che riproduce ruoli già definiti, forma personalità conformistiche e inclini all'autoritarismo o all'obbedienza passiva, educando all’ ipocrisia. Nelle analisi di Marcuse e di Fromm, in particolare, la famiglia costituisce l'"agenzia psicologica" dell’autoritarismo presente nel sistema sociale dominante, attraverso la quale quest'ultimo "fissa" negli individui l'ideologia culturale autoritaria, in particolare attraverso la figura del Padre, colui che, di fronte al Figlio, è il primo mediatore dell'autorità sociale, ma di quest’ultima egli non sarebbe tanto il modello (Vorbild), quanto il riflesso (Abbild). Secondo David Cooper, invece, la famiglia è il luogo della “morte del dubbio" e della “morte del corpo", dove il giovane individuo viene avviato verso un esito che oscilla tra sottomissione sociale, disagio mentale e ribellismo privo di mete, al quale egli 55 sacrifica le sue possibilità di esperienze creative, il suo potenziale di immaginazione e di emancipazione. Ma, accanto alla famiglia, sono autoritarie, per definizione, tutte quelle istituzioni "repressive" quali la polizia, la magistratura, la Chiesa, gli ospedali. Anche la scuola infine è autoritaria, in quanto trasmette un modello di conformazione disciplinare, un'educazione alla subalternità e all'integrazione sociale a-critica. [La morte della famiglia (DAVID COOPER) David Cooper, nel celebre testo da cui è tratto il brano La morte della famiglia, attacca a fondo la famiglia come luogo dove si attua una condizione di disagio da cui non si esce se non con la pazzia o la rivolta. Egli ritiene che le strutture alienanti della famiglia vengono riprodotte dappertutto: ufficio, scuola, università, Chiesa, partito, esercito, ospedale. A loro volta queste strutture sociali proseguono l'opera intrapresa della famiglia, che mira a produrre la "normalità" e le basi del conformismo.] 33—- LA SCUOLA TRA AUTORITARISMO, DEMOCRAZIA, EMANCIPAZIONE Nella seconda metà del 900 la “rivoluzione pedagogica” intese proporre all'interno delle Università un modello educativo e di formazione fondato su elementi quali: la partecipazione, la cooperazione, l'autogestione, la creatività, l'autonomia, all'interno di una reclamata trasformazione in senso democratico dei luoghi dell'educazione e del sapere, sia nelle sue strutture gerarchico-amministrative, sia rispetto alla rigidità dei contenuti disciplinari, sia riguardo alla mancanza di un legame culturalmente fecondo tra scuola e società. A essere in gioco, anche, era il processo di “democratizzazione” della scuola e delle università. Attorno all'idea politica di "democratizzazione" dell'educazione ruotano molteplici significati: c'è chi la traduce con dare più libertà, maggiori responsabilità ai discenti; C'è chi interpreta la formula in modo del tutto diverso, rendendo i giovani uguali di fronte all’ insegnamento, dando a tutti le stesse possibilità 0, cosa più logica, dando maggiori possibilità a coloro che partono svantaggiati, attraverso classi meno numerose, corsi di sostegno e così via. Come aveva cercato di dimostrare John Dewey, una società è realmente democratica soltanto se la scuola forma dei veri democratici. Una pedagogia autoritaria rischia di creare individui sottomessi o ribelli, una pedagogia lassista degli irresponsabili. In realtà, il ruolo di uno Stato democratico è quello di permettere a ogni individuo di trovare da solo il senso della propria vita da adulto, senza "indottrinare”. Un insegnamento indottrina, innanzitutto, quando reprime il pensiero; quando, a prescindere dagli scopi, dai contenuti o dai metodi, impone alle persone di credere convincendoli di essere autonomi nel loro pensare. In secondo luogo, l’ insegnamento indottrina quando inculca l'odio, vale a dire il desiderio di pregiudicare a una categoria di persone, a un popolo, a una confessione, e quindi un desiderio a base di 56 disprezzo e di paura. Dato che insegnando l'odio si legittima la violenza, si “impara" la violenza come unico rimedio e si distrugge così il principio stesso di democrazia. Ma, in verità, l’'indottrinamento può avvalersi di molteplici strategie e mezzi: si può indottrinare, infatti, sia con l’informatica che anche con colloqui non autoritari. La critica dell'autorità pedagogico-educativa ha segnato profondamente il "destino" della pedagogia, rendendo la categoria della formazione sempre più presente, proprio attraverso la riflessione critica del sistema educativo, aprendo spazi di ripensamento sul rapporto educazione/formazione, sul rapporto maestro/scolaro, sugli spazi e occasioni di formazione offerti ai discenti, chiamati ad assumere un esercizio sempre più autonomo e responsabile del proprio processo di formazione. L’agire educativo viene a essere concepito dunque come un agire comunicativo che trova nel dialogo, nella razionalità critico-ermeneutica e nello spazio “pubblico” i suoi vettori costitutivi. Proprio attraverso un'analisi critica della stessa "radice" dell'auctoritas, delle sue forme e fondamenti si è giunti, per così dire, a porre il problema dell'auctor, ossia di colui che è autore, attore, protagonista del proprio processo di formazione, secondo una intenzionalità nuova e rivitalizzata, in virtù di principi quali la “responsabilità" e l’"impegno". Le nuove forme di controllo (HERBERT MARCUSE) Nel celebre testo Le nuove forme di controllo di Herbert Marcuse, l'individuo contemporaneo appare sempre più disponibile ad arrendersi a un ordine sociale che appare totalitario e pervade ogni aspetto della vita dell'individuo stesso, inglobando anche forze tradizionalmente "antisistema", come la classe operaia. In questo modello la vita dell'individuo si riduce al bisogno primitivo di produrre e consumare, senza possibilità di resistenza. Marcuse denuncia il carattere fondamentalmente repressivo della società industriale avanzata, che riduce l'uomo alla dimensione di consumatore, euforico e ottuso, la cui libertà è solo la possibilità di scegliere tra molti prodotti diversi. 34- IL RILANCIO DELL’UTOPIA NELLA PEDAGOGIA La categoria dell'utopia appare essere un elemento costitutivo del "discorso" pedagogico, strettamente correlata alla sua vocazione progettuale, trasformativa ed emancipatrice, così come alla sua attitudine critica nei confronti del reale. In questo senso, la pedagogia è sempre, anche, utopia, nella misura in cui essa si offre come costruzione di progetti di uomo, di cultura e di società, protesa verso il “non ancora", attraverso una progettualità sia antropologica sia etico-politica. L'utopia, da sempre nelle sue molteplici e variegate formulazioni filosofiche e letterarie, reca in sé, costitutivamente, un’istanza pedagogica, in quanto trasformazione del soggetto, della società e dello Stato. In particolare, nel prefigurare "città ideali" o uno "Stato ideale", l'elemento pedagogico muove l'uomo a realizzarsi compiutamente nella forma della 57 culturali, sociali e politiche, che “producono" in modo non deterministico (riferito alla corrente filosofica del determinismo. Indica quella concezione secondo cui in natura nulla avviene per caso, infatti tutto accade per necessità) forme e processi di costruzione di sé. Le tecnologie del sé (MICHEL FOUCAULT) Nell'opera “Le tecnologie del sé”, il filosofo francese Michel Foucault si dedicò allo studio delle tecniche del potere e del dominio mediante le quali il “sé” (sé stessi) era stato oggettivato, e cioè il discorso scientifico, le pratiche mediche e disciplinari. Foucault analizza le scienze come “giochi di verità” connessi a particolari tecniche utilizzate dagli essere umani per comprendere sé stessi. Legato al contesto generale della ricerca, Foucault individua quattro fondamentali tipi di “tecnologie”: 1) Le tecnologie della produzione che, mirano a realizzare, trasformare o manipolare gli oggetti; 2) Le tecnologie dei sistemi di segni, che ci permettono di utilizzare significati e simboli; 3) Le tecnologie del potere, che regolano la condotta degli individui e li sottomettono a determinati domini esterni, dando luogo a una oggettivizzazione del soggetto; 4) E infine, le tecnologie del sé, che permettono agli individui di eseguire con i propri mezzi o con l’aiuto di altri un certo numero di operazioni sul proprio corpo e sulla propria anima (pensieri, comportamento, modo di essere) e di realizzare in questa maniera una trasformazione di sé stessi con lo scopo di raggiungere uno stato caratterizzato da felicità, purezza, saggezza, perfezione o immortalità. Questi quattro tipi di tecnologie normalmente sono interdipendenti e ciascuno di essi è associato a una particolare forma di dominio. Inoltre essi implicano specifici metodi di educazione e modificazione dell’individuo che riguardano, oltre l'acquisizione di determinate capacità, anche lo sviluppo di determinati atteggiamenti. Foucault, infine, racchiude l’interdipendenza tra le tecnologie del dominio sugli altri e le tecnologie del sé nel termine “Governamentalità”*. “ Con il termine “Governamentalità” (in senso più ampio) si intende quella specifica «arte del governo» che attraverso un insieme di «istituzioni, procedure, analisi, riflessioni, calcoli e tattiche» assicura la presa in carico delle popolazioni e garantisce il «governo dei viventi». 60 36 - SOGGETTO, EROS E POLITICA NEGLI ANNI DELLA CONTESTAZIONE Rispetto alla situazione di crisi e di rifondazione della soggettività, gli anni 60 segnano un momento di passaggio cruciale, non solo come esito di tale crisi epocale, bensì anche come tentativo di rimettere radicalmente in gioco la nozione di soggetto, soprattutto in riferimento a quelle che, tradizionalmente, venivano considerate le forme identitarie del fare politica. In questo periodo l’ esigenza di una trasformazione radicale di sé trovò un ulteriore alimento in quello che, successivamente, è stato definito come il "mito della gioventù", ossia il fatto che per la prima volta nella storia un’intera generazione di "giovani" iniziava a considerare se stessa non come una semplice età di passaggio verso l'età adulta, considerata, tradizionalmente, come il compimento e la realizzazione piena e definitiva di se stessi, bensì come una fase cruciale del proprio “farsi persona", caratterizzata da un bisogno radicale di critica, di trasformazione e di utopia. Tutto ciò recava in sé profonde e significative valenze pedagogico-educative. L’età giovanile diventa, così, l'età della ricerca, della crisi, ma anche dell'impegno e del raggiungimento di quel "centro dove nasce il nuovo", come scriveva Walter Benjamin in Metafisica della gioventù. Entro questo scenario, un elemento assolutamente centrale all'interno della ricostruzione di una nuova e diversa forma di soggettività è dato dall'emergere di una richiesta di emancipazione e di formazione umana che legava insieme la comunità e l'individuo, e dunque il “politico” e il “soggettivo”. Il segno emblematico di tale fenomeno consistette nel considerare la sfera della sessualità e la liberazione sessuale come un gesto profondamente politico. La sessualità diventa, per i giovani di questa generazione, l'aspetto più evidente e immediato del proprio essere un soggetto sociale totale. La sessualità viene, infatti, a costituire un versante decisivo della nuova libertà politica da conquistare e costruire. La rivendicazione del pieno e libero possesso di tale dimensione doveva essere estesa a tutti quei soggetti tenuti, fino ad allora, "sotto tutela", come i bambini, i malati di mente, le donne. La sessualità "liberata" veniva a rappresentare, così, una componente decisiva del soggetto “non alienato" e cioè dell’“uomo nuovo" (ma anche della "donna nuova). Un elemento comune a queste molteplici forme di rivendicazione politico-sessuale era dato dall’“uso" di testi e riferimenti culturali di autori, quali Erich Fromm, Herbert Marcuse, Wilhelm Reich, nei quali agiva, sia pure in modi differenti, una richiesta di emancipazione e di formazione umana che legava assieme politica e soggettività, con particolare riferimento alla sfera della sessualità, della libido e dell'eros. L'ipotesi di Reich (colui che coniò, già negli anni trenta, il termine "rivoluzione sessuale") sosteneva che l'essere umano nasce essenzialmente libero e orientato alla naturale ricerca del piacere. A esso si contrappongono, però, i condizionamenti sociali, economici e religiosi che inibiscono la sua energia vitale, creano blocchi psicologici e fisici e si manifestano con l'irrigidimento della muscolatura, il 61 rallentamento o l'arresto della respirazione. La piena e libera accettazione della sessualità rappresenta, dunque, la molla essenziale del cambiamento umano, culturale e sociale, ma anche e soprattutto politico. Infatti Reich, individua nella liberazione sessuale una premessa e una componente essenziale della più ampia lotta di liberazione politica. Secondo Wilhelm Reich solo un essere umano sessualmente libero possiede una personalità integra e unitaria. A questo punto, è necessario sottolineare come attraverso la critica radicale dell'idea stessa di educazione, si sia venuta a profilare, in particolare, durante gli anni 60, la conquista di una condizione di emancipazione da parte del soggetto umano "in formazione". Si è manifestato, cioè, il problema e la questione della mediazione culturale all'interno della dimensione dell'educazione, della formazione e dello sviluppo della propria soggettività. Il problema cruciale della "mediazione" tra i destinatari dell'azione pedagogico-educativa e i contenuti del sapere, della cultura e dell'istruzione chiama in causa le figure degli educatori, degli insegnanti e quindi il loro ruolo e la loro funzione. Percorsi di lettura (HERBERT MARCUSE) La proposta di Marcuse si esprime nell'aver individuato nella liberazione dell'eros, da lui vista come un altro condizionamento strumentale della società repressiva, il futuro di una società più aperta. Una liberazione dell'eros come liberazione delle energie creative profonde dell'uomo, della libido come fonte di un ethos (oggetto dell'etica, comportamento, norma sociale) di uomini liberi e solidali tra loro. Un eros quindi da intendere come radice estetica, come possibile fonte di un mondo più bello, meno sfigurato dalla violenza, dalla distruzione della natura, dall'odio razziale e di classe. Marcuse sostenne in tutte le sue opere che l'arte e l'estetica, nella sensualità e nella bellezza, rappresentano l'opposizione al dominio e al principio di realtà repressivo. L'arte, la fantasia e l'immaginazione dunque sono opposte alla schiavitù della repressione e possono diventare la forma di una società più autentica, bella e libera. La dimensione estetica {ERBERT MARCUSE) Secondo Schiller, la funzione estetica può avere una parte determinante nel dare una nuova forma alla civiltà, in quanto la bellezza è una “condizione necessaria all’umanità”. Per comprendere l’ importanza di questa nuova forma che la civiltà dovrebbe assumere, è necessario sottolineare prima il concetto di alienazione ampiamente trattato all’epoca di Schiller. Infatti man mano che la società industriale viene a formarsi secondo il principio di prestazione, l’uomo, sentendo solo il giro monotono della ruota che egli sta girando, non riesce mai a sviluppare l’armonia del suo essere. Egli infatti, invece di dare forma all’umanità presente nella sua natura, diventa una pura e semplice impronta del suo lavoro. Secondo Schiller, dunque, è stata la civiltà moderna ad aver inferto questa ferita all’uomo e soltanto una nuova forma di civiltà può guarirla. Tale ferita è stata causata dal rapporto antagonista tra le due dimensioni polari dell’esistenza, descritto da Schiller in una serie di coppie di concetti quali: sensualità e ragione, materia e forma, natura e libertà, particolare e universale. Ognuna di queste 2 dimensioni è governata da un impulso fondamentale: 62
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