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Peppino Ortoleva - Youtube e l'Iconosfera Online (Estetica dei Media - Diodato/Somaini), Sintesi del corso di Comunicazione di Massa

Saggio di Peppino Ortoleva sul mondo del web, contenuto in "Estetica dei media" di Diodato e Somaini.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 29/01/2020

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Scarica Peppino Ortoleva - Youtube e l'Iconosfera Online (Estetica dei Media - Diodato/Somaini) e più Sintesi del corso in PDF di Comunicazione di Massa solo su Docsity! YOUTUBE E L’ICONOSFERA ONLINE – PEPPINO ORTOLEVA Nel saggio presente Peppino Ortoleva analizza il mondo di Youtube come esempio per descrivere la nostra attività all’interno del web, nel quale da un lato si studia l’aspetto puramente estetologico della materia – ovvero il nostro punto di vista della navigazione e del movimento all’interno del social media, dal nostro punto di vista visivo – dall’altro l’aspetto estetico dei contenuti e il valore che noi diamo loro. Infatti, questo saggio parte dal principio secondo cui il web andrebbe considerato come un ecosistema non dissimile dal nostro reale, in cui youtube costituisce una delle tante regioni (Facebook, Instagram, Flickr, ecc.), in cui il soggetto che vi si muove all’interno esplora, impara e commette errori, fino alla definitiva stabilità a seconda delle proprie esigenze. Il tutto è designato dalla considerazione moderna dei media come LUOGHI COMUNI, ovvero luoghi di socializzazione e aggregazione (i social media) all’interno dei quali viviamo e li accettiamo senza metterli in dubbio, vivendoli in modo spontaneo e rassicurante. Per l’analisi di questo saggio, bisogna tener in conto anzitutto l’unicità di Youtube, perché è una vasta ICONOSFERA ONLINE, semplicemente perché è costituita da una immensità di materiale audiovisivo e/o di immagini fisse che quotidianamente guardiamo, commentiamo, scambiamo e montiamo/riformattiamo a nostro piacimento, appropriandoci del materiale. L’intento dell’autore è definire appunto i caratteri secondo cui la nostra movenza all’interno del web é guidata (Snapshot vision e Natural Vision) e spiegare il motivo per il quale la nostra vita all’interno del web, specie in Youtube, sia guidata dall’idea del Cult, che ci fa muovere verso l’appropriazione di materiale audiovisivo altrui e ce ne fa rendere autori e proprietari. Con il passare dei tempi, dal XX al XXI secolo abbiamo assistito rispettivamente alla nascita del cinema – il quale ha portato la dinamica ambientale della natural vision all’interno della immagine delimitata e in movimento – e alla nascita del web, i cui contorni e delimitazioni si fanno sempre più labili e fluidi, a causa della presenza di più schermi nella nostra contemporaneità e della dinamica ambientale di internet. Considerazione del web come ecosistema Riflettere sul definire e fissare in modo permanente gli studi dei media e la loro costituzione risulta irrilevante, questo perché i media studies, nel momento in cui riflettono su un principio o un fenomeno tecnologico, alla loro conclusione potrebbero sicuramente essere già superati, proprio a causa della rapidità di sviluppo del mondo della rete. Ciò che l’autore propone è soppesare i giusti studi e le giuste aree oggetto di osservazione. Il correre della rete crea disturbo proprio per la difficoltà di riuscire ad afferrare – a livello teorico – il mondo di internet, perché troppo instabile e veloce nel suo mutamento. Ortoleva propone un cambio di rotta: considerare il mondo del web come un ecosistema, un grande ambiente fatto di regioni (i vari social media), all’interno dei quali gli individui ancora non hanno ben compreso come imparare a muoversi, e ancora stanno imparando proprio per via della velocità di sviluppo di quel determinato ambiente. Snapshot Vision e Natural Vision Prima di definire ciò che ci porta alla definizione dei canoni estetici che assegniamo ai media del web, in particolare a Youtube, vi è bisogno di un’analisi per spiegare in nostri comportamenti. Infatti, le analisi di JJ Gibson possono tornar utili per quanto concerne il discorso relativo alla nostra percezione visiva, nell’esplorazione di un ambiente. Secondo le teorie tradizionali l’immagine fissa e inquadrata rimane indipendente e slegata dalla nostra percezione e dal nostro movimento nel momento in cui esploriamo un ambiente, invece secondo Gibson vi si ignorano gran parte delle teorie percettive, secondo cui la nostra stessa visione è guidata dal movimento e dal nostro cambio/scambio di informazioni con l’ambiente. Ciò che infatti è stato ignorato è che la nostra visione è condizionata e non è indipendente dalla nostra percezione senso-motoria – come ha dimostrato Lev Vygotskij, la visione è innata e determina in via percettiva ciò che bisogna fare prima di ogni azione. Infatti, il nostro movimento è strettamente legato alla visione, la quale suggerisce nel contatto visivo con l’ambiente le azioni possibili, a seconda delle nostre facoltà e/o interessi. La critica alla cosiddetta snapshot vision (immagine fissa e istantanea) ci insegna anzitutto la demistificazione del mito comune secondo cui la visione è slegata dagli altri sensi, inoltre ci ricorda come anche in una visione all’apparenza passiva noi stiamo sviluppando un processo dinamico e in parte programmato. Ciò che si vuol dire è che nell’illusione di fare o vedere qualcosa che non è di nostra proprietà o che parta da noi (il movimento) stiamo comunque facendo anche noi lo stesso movimento: ad esempio De Certeau, secondo cui il lettore è spinto da insegnanti e obblighi dello scrittore stessa a seguire un certo itinerario per muoversi tra le pagine, allo stesso modo si certifica il nostro muoverci ad ogni modo, anche se limitati. In questo modo e in questo esempio il lettore è libero ad ogni modo di poter apprendere quelle regole e interiorizzarle, appropriandosene. Così, la critica di Gibson alle immagini fisse – la snapshot vision – secondo cui la nostra esperienza visiva è data esclusivamente da immagini in movimento, si rivela errata. Infatti, la nostra percezione visiva procede si per raccolta di informazioni circa l’ambiente, in mobilità di esplorazione, ma vediamo anche per immagini fisse quella data esperienza che è passata, ma bisogna comunque ricordare che la snapshot vision è comunque un ancoraggio alla nostra visione naturale, nella nostra relazione con l’ambiente. Riassumendo, la nostra percezione visiva si muove tra due poli: - Percezione-movimento, ovvero la raccolta nomadica di informazioni, nel momento di esplorazione; - Fissazione delle immagini, che ci permettono di ricordare, tener memoria di quell’ambiente e mapparlo. I diversi regimi scopici della visione si sono modificati a cavallo degli ultimi due secoli - Nel XX secolo il cinema ha inaugurato una nuova percezione visiva, in cui la snapshot vision ospita la natural vision, il che significa l’inclusione del movimento e dell’esplorazione dell’ambiente, dei diversi punti di vista – grazie al lavoro del montaggio cinematografico – racchiusi in quattro lati; - Nel XXI secolo abbiamo il processo inverso, ovvero il precipitare della immagine fissa nella mobilità della visione naturale, a causa dell’evoluzione tecnologica e della mobilità dei dispositivi, oltre alla presenza di più schermi mobili per individuo. La conferma del cambio di rotta simmetrico e opposto – al cinema novecentesco – confermano la mobilità della snapshot vision all’interno del contesto naturale e agito (basti pensare al movimento del mouse del pc, delimitato dai quattro lati.
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