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Per Questo mi Chiamo Giovanni di Luigi Garlando, Schemi e mappe concettuali di Italiano

“Per questo mi chiamo Giovanni” è una biografia romanzata che celebra Falcone, icona della lotta alla mafia. Racconta quel trentennio tra gli anni ’70 e l’inizio dei ’90 in cui la mafia divenne l’organizzazione criminale più famosa al mondo che lanciò un attacco frontale allo stato italiano

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 22/02/2023

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michela-vallero 🇮🇹

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Scarica Per Questo mi Chiamo Giovanni di Luigi Garlando e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! Per Questo mi Chiamo Giovanni di Luigi Garlando Riassunto Breve e per Capitoli 1. Bum, dimmi chi sei Giovanni è nella sua stanza, quando il papà entra e gli dice che per il suo decimo compleanno ha organizzato una gita per la città di Palermo (dove vivono), occasione in cui gli spiegherà la storia del suo scimpanzé peluche di nome Bum che, per qualche motivo misterioso, ha i piedi bruciati. Il Papà di Giovanni per lavoro apre negozi di giocattoli e ne ha uno in Via della Libertà; per questo motivo è spesso fuori casa per controllare come vanno i negozi e per andare alla ricerca di nuovi giocattoli da vendere. Il papà riferisce a Giovanni che è venuto a sapere che il suo amico Simone è caduto dalle scale e si è rotto il braccio e vuole sapere se centra in qualche modo Tonio, il bulletto della classe. Giovanni dice al papà di non sapere niente e di non aver visto niente. L’ultima volta che la maestra aveva rimproverato Tonio si era trovata con le ruote bucate. Il padre sfoglia poi l’album di figurine di Giovanni e gli chiede come mai sia mezzo vuoto, nonostante spenda tutte le sue paghette in figurine. Giovanni risponde che è molto sfortunato e che trova sempre e solo doppioni. 2. Gli uomini non piangono Il giorno dopo Giovanni fa colazione con la zia Nuccia e poi monta con il padre sul loro “gippone” per iniziare il tour per le strade di Palermo. Passando per Via della Libertà, si recano così a Via Castro Filippo 1, dove Giovanni vede un sasso bianco con la scritta “con gratitudine e riconoscenza. Qui nacque Giovanni Falcone, 18 maggio 1939“. Giovanni è il protagonista della storia che il papà racconterà al figlio, una storia importante, attraverso la quale potrà spiegare anche chi è Bum e perché ha i piedi bruciati. Il papà inizia a raccontare al figlio chi era Giovanni attraverso i racconti della sorella Maria: quando è nato era entrata una colomba bianca della finestra che sembrava proprio non volersene andare via. Aveva i pugni chiusi come un pugile e, a differenza di tutti i bambini che vengono al mondo, non si mise a piangere. Il papà e Giovanni passano poi per Piazza Sett’Angeli, vicino alla chiesa di Santa Teresa, dove Giovanni giocava spesso. Passano poi per via Butera, dove si trova il museo delle marionette. Il bambino, incuriosito, chiede più informazioni sui genitori di Giovanni; la madre si chiamava Luisa, era una donna severa e che diceva sempre che gli uomini non piangono e che bisogna sacrificarsi per il bene comune e fare il proprio dovere senza paura. Il fratello della mamma, cioè lo zio di Giovanni Falcone, si chiamava Salvatore ed era morto a 18 anni durante la prima guerra mondiale. Lo zio Giovanni, invece, era capitano d’aviazione e morì a 24 anni durante un duello in cielo. Insomma una famiglia di eroi che si erano sacrificati per il bene comune. A Giovanni Falcone piacevano questi racconti e voleva essere all’altezza dei suoi parenti eroi. Per fare un esempio, una volta cadde su una pietra e si fece molto male ad un ginocchio, ma anche durante le dolorose cure, riuscì a non versare una lacrima. A causa della guerra, Giovanni e la famiglia si spostarono a Sferracavallo, dove avevano una villa vicino al mare. Poi si spostarono in campagna a Corleone. Giovanni e il papà si recano così a Piazza Sett’Angeli, dove c’è il Convitto Nazionale dove andava a scuola Giovanni Falcone. Il papà spiega che Giovanni non era un secchione, ma era molto attento in classe. Gli piaceva invece andare al mare a Mondello, giocare a ping pong, giocare con i soldatini di piombo, inventare duelli con le spade di legno, amava Zorro e “I 3 moschettieri”. Durante gli anni del convitto, in Giovanni crebbe l’amore per la giustizia e la voglia di difendere i più deboli. Alcuni bulli prendevano in giro i più giovani, dicendogli che la sigla C.N. (Convitto Nazionale), nel loro caso voleva dire “cretino nazionale”. Giovanni in questi casi prendeva le difese delle vittime. 3. Il Lucertolone Giovanni dopo aver fatto le medie ed il liceo classico, a 20 anni scelse di andare all’accademia navale, a Livorno, ma non si trovò bene a causa delle regole rigide e della vita da caserma. Anche qui difendeva tutti, tanto che un giorno si trovo nel mezzo di una scazzottata nella nave scuola Amerigo Vespucci. Il papà tira fuori dallo zaino una foto di questa nave e la mostra al piccolo Giovanni. In questo periodo Giovanni Falcone riceve le lettere preoccupate del padre che lo chiama “bidicchiù” (bellino) e che gli confida di sentire fortemente la sua mancanza, che descrive come una “mutilazione”. Così Giovanni F. torna a Palermo dove si iscrive all’università di legge, per diventare avvocato o giudice. La tappa successiva del viaggio è poi Mondello, dove padre e figlio prendono una cabina e due sdraie al Kursal. Il papà indica al figlio alcuni scogli in lontananza e gli mostra dove si trovava la villa di Giovanni, al quale piaceva nuotare ed andare in canoa. Dopo essersi laureato, il primo incarico di Giovanni fu a 24 anni, a Lentini, dove svolse il ruolo di pretore in un ufficio. Il primo caso fu un uomo morto in 6. Una Vita da Topo Giovanni Falcone iniziò così a lavorare al tribunale di Palermo, dove a quel tempo era davvero difficile condannare qualcuno. Il suo capo era Rocco, un magistrato anziano, ma duro come la roccia, che andava spesso nelle scuole per spiegare ai bambini cos’è la mafia; proprio per questo non piaceva per niente al mostro. Rocco è a capo dell’ufficio istruzione e affida a Giovanni una delle indagini più importanti, contro una delle foglie del carciofo più pericolose, al capo della quale c’è Michele, un boss potentissimo che vive in un albergo a New York. Nella famiglia di Michele c’è anche Rosario, un costruttore che a Palermo è visto come un benefattore perché porta tantissimo lavoro alle persone. I lavori sono però ottenuti in maniera illegale, corrompendo chi lavora in comune e a danno di altre aziende serie che lavorano molto meglio. Giovanni è deciso ad andare fino in fondo e dal 1980 inizia a viaggiare con la scorta. Il 3 settembre 1982, dopo solo 100 giorni di lavoro come prefetto antimafia, il Generale Carlo Alberto, viene assassinato al centro di Palermo, con moglie e scorta. Un anno dopo (1983), con un’auto imbottita di tritolo, muoiono Rocco, due guardie del corpo ed il portinaio. Giovanni, da questo momento, inizia a vivere rintanato come un topo nella casa di Via Notarbartolo, con delle guardie sempre davanti alla porta di casa e un elicottero che controlla la zona quando esce di casa. Ogni attività è diventata impossibile, come il cinema, il ristorante (tutti escono quando lo vedono) e la piscina. Giovanni non sta più con Rita, che sceglie di lasciare per proteggerla dai rischi del suo mestiere; sta adesso con Francesca, un magistrato abituato e pronto a questo tipo di vita sacrificata. 7. Sgambettarlo, come Maradona Dopo aver fatto un bagno, il papà e il figlio si fanno una doccia e vanno in cabina. Il papà continua la sua storia: Giovanni un giorno ricevette una minaccia da Michele il papa, il boss della cosca dei Ciaculli, il numero uno di Cosa Nostra: “lei è bravo come Maradona, per fermarla bisogna farle lo sgambetto”. Giovanni lavorava nel pool antimafia composto da Antonino, che prese il posto di Rocco, Paolo, Giuseppe, Leonardo, Ignazio e Giacomo. Ninni era l’uomo d’azione e senza paura, quello che faceva gli arresti e le perquisizioni a Palermo. Agli inizi degli anni ’80 segna i primi gol. In questo momento il carciofo inizia ad avvizzire, le famiglie erano in lotta fra di loro e Giovanni vuole approfittare di questa debolezza. Anche il sindaco Leoluca è dalla parte di Giovanni. In questi anni, Don Masino, detto il boss dei due mondi, si ritira in una fattoria a San Paolo, in Brasile, con moglie e figli. Per sua sfortuna lo va a trovare Gaetano, odiato dai corleonesi, che pensano che i due stiano organizzando qualcosa contro di loro. Da questo momento in poi inizia una strage dei parenti di Don Masino e Giovanni pensa di poter approfittare di questa frattura fra le due famiglie. Convince così il boss a raccontare moltissimi dettagli sul funzionamento della mafia, il loro linguaggio e molte altre informazioni preziose. È l’alba del 29 Settembre 1984, giorno di San Michele, quando 300 poliziotti e carabinieri, arrestano decine di mafiosi e li portano nelle carceri del nord Italia; nella stessa giornata viene arrestato anche Vito, ex-sindaco di Palermo e due cugini molto conosciuti, chiamati i Viceré. Ninni fu ucciso il 6 agosto 1985 da 200 colpi di Kalashnikov e due giorni prima il commissario Bebbe. Giovanni e Paolo vengono spostati in una prigione di massima sicurezza sull’isola dell’Asinara e l’8 novembre 1985 vengono depositati tutti i fogli e tutte le prove: 600.000 pagine che dicono che 474 uomini dovranno presentarsi in tribunale. Papà e figlio arrivano in Piazza Vittorio Emanuele Orlando, dove c’è il Palazzo di Giustizia di Palermo. 8 . Il Mostro è in Gabbia Il piccolo Giovanni vede il palazzo di Giustizia, chiamato “il palazzaccio” o “U’ Palazzu”, dove Giovanni e la sua squadra hanno lavorato per sconfiggere il mostro. In un’aula bunker allestita all’Ucciardone, il carcere di Palermo, chiamata anche l’astronave verde, l’11 febbraio del 1986 inizia il maxiprocesso a Cosa Nostra, dove 210 uomini d’onore, vengono messi in 30 gabbie per essere giudicati. Il processo durò 22 mesi e, dopo 36 giorni dalla sua fine, i giudici diedero la sentenza: il mostro fu condannato a 19 ergastoli e cioè 2665 anni di carcere + 11 miliardi e mezzo di multa da pagare. Una nuova speranza per Palermo. 9. Roma e la Supermacchina da Guerra Il Mostro è ridotto male e Giovanni gli ha confiscato tanti soldi. Ma in questo momento si inizia a parlare male di Giovanni, che si esalta, che si da arie e che va al Maurizio Costanzo Show come un divo. Alcuni si lamentano che fa cattiva pubblicità a Palermo e una donna scrive al giornale di Sicilia, sostenendo che i servizi di sicurezza di Giovanni disturbano e mettono in pericolo i cittadini. Un gruppo di disoccupati sfila per le strade gridando “Mafia, mafia, mafia!” Si rovina anche l’amicizia con il sindaco Leoluca, che inizia ad avere punti di vista diversi e accusa il pool antimafia di aver tenuto nel cassetto documenti importanti. Quando Antonino si ritira, viene eletto un altro e non Giovanni che aveva tutte le carte in regola per ottenere il ruolo. Nel giugno dell’89, Giovanni è nella sua villa all’Addaura ed un SUV lascia in una borsa 57 candelotti di dinamite che avrebbero potuto distruggere qualsiasi cosa nel raggio di 50 metri. Un agente della sicurezza riesce a salvare però la vita di Giovanni e Francesca, accorgendosi in tempo della borsa. Giovanni, per ragioni di sicurezza, si sposta a Roma, al Ministero di Grazia e Giustizia, dove inizia a lavorare per il governo, aiutando chi deve fare le leggi contro la mafia. Questi sono mesi molto felici della sua vita, dove inizia a sentirsi più libero e al sicuro, frequentando amici e concedendosi più libertà. 10. La Collina del Maiale A Roma Giovanni sta costruendo una macchina da guerra: la superprocura, una nuova squadra con più poteri e più armi per la partita definitiva; ma a Roma vogliono impedirgli di guidarla. Il 23 Maggio 1992 (sabato), Giovanni Falcone lascia Roma e, insieme a Francesca e alla sua scorta, va a Palermo per vedere la famiglia. Sarebbe dovuto partire la sera prima, per riuscire a vedere la Mattanza di Favignana, un’antica tradizione in cui vengono pescati dei tonni per mezzo di reti lanciate da alcune barche. Giovanni non sa però che Totò detto “u’ curtu” (Salvatore Riina), ha ordinato la sua eliminazione per fare guerra allo stato. L’attentato, anche chiamato “attentatuni” (il grande attentato), è organizzato da 10 uomini che hanno inserito 5 quintali di tritolo all’interno di un cunicolo in prossimità dello svincolo per Capaci, un paese a 10 Km da Palermo. Gli uomini avevano studiato l’attentato per lungo tempo, effettuando varie prove con una lampadina che si doveva accendere esattamente quando passava una macchina. Alle 17.42 un mafioso vede Giovanni e Francesca uscire dall’aeroporto e avvisa un uomo appostato su una collina che presto passeranno per Capaci. L’uomo è u’ verru (il maiale), braccio destro di Totò. Alle 17:56 l’uomo preme la levetta e, a causa della gigante esplosione, muoiono Giovanni, Francesca e 3 ragazzi della scorta. Si salvano Giuseppe e i poliziotti dell’auto blu che li seguivano da dietro. niente, tranne Simone che denuncia il fatto al preside, raccontando anche dei soldi estorti e del braccio rotto. Il preside sospende Tonio, ma il giorno dopo riceve la visita dei suoi fratelli assetati di vendetta. I due vengono però denunciati alla polizia e ora sono a Malaspina, il carcere minorile di Palermo. Ora Simone è diventato un caro amico di Giovanni, giocano insieme, vanno al mare a Mondello in bicicletta, giocano a calcio e a tennis. I due ragazzi, fanno un giuramento con una figurina dei calciatori in fiamme e proferiscono le seguenti parole: possano bruciare le nostre carni come questo calciatore se un giorno tradiremo la giustizia e ci piegheremo davanti al carciofo”. Giovanni ha attaccato all’albero Falcone il suo album delle figurine, che forse grazie a Giovanni Falcone riuscirà a completare. Giovanni e il suo scimpanzé Bum sono diventati inseparabili e forse un giorno racconterà al papà di come Bum salvò la mamma dall’esplosione nel negozio di giocattoli. ANALISI DEI PERSONAGGI DEL LIBRO ''PER QUESTO MI CHIAMO GIOVANNI'':  Personaggi fondamentali nel libro sono il narratore e il padre , ma il vero protagonista del romanzo è Giovanni Falcone, l’eroe della lotta alla mafia. Tutta la vita di Giovanni Falcone è passata in rassegna fin dalla nascita, il 20 maggio 1939. Ha un carattere freddo e non piange mai, neppure da bambino quando si fa male.  La madre, Luisa, è una donna molto severa con un’idea fissa: nella vita bisogna fare il proprio dovere senza paura, come avevano fatto gli eroi della sua famiglia, che si erano distinti in guerra. E il sacrificio in nome de dovere e di ciò che è giusto diventa ben presto il tratto distintivo della vita di Falcone.  Il padre  che racconta la vita di Falcone è uno dei tanti siciliani onesti che hanno trovato il coraggio di opporsi alla mafia attraverso l’esempio del celebre magistrato. Sente l’urgenza di parlare con il figlio perché ha compreso che la prepotenza e la violenza sono così radicati nella società che hanno già attecchito nella classe del figlio che ha solo dieci anni e che la risposta del ragazzo è quella dell’omertà. Ha pagato la sua ribellione alla mafia con una bomba in uno dei suoi negozi di giocattoli ma non se ne è mai pentito, anzi accarezza Bum, l’orso di peluche sopravvissuto all’esplosione, sempre con grande tenerezza e con uno sguardo misterioso che il figlio nota da sempre. Addirittura entra in camera del figlio quando il ragazzo non c’è e accarezza l’orso. E’ un padre affettuoso quando il suo lavoro gli lascia tempo. E gioca benissimo a ping pong. E’ mancino, ma vince anche quando gioca con la destra. Guida un fuoristrada e “ i cannoli gli hanno gonfiato una specie di salvagente sopra la cintura”  Il piccolo Giovanni è un ragazzino intelligente che pone e si pone sempre domande acute che puntano a chiarire “il punto della questione”. Il libro si apre su lui che si interroga sul perché Garibaldi abbia pronunciato il famoso “obbedisco” e sia dovuto tronare indietro mentre stava vincendo. Ha gli idoli di tutti i ragazzini della sua età: David Beckham, l’Uomo Ragno... E’ molto affezionato al padre e considera una giornata intera con lui come il più bel regalo che possa ricevere per il compleanno. E dalla spiegazione del padre scaturisce in lui una risposta coraggiosa che rivela tutta la sua indole generosa e onesta.   LUOGHI D'AMBIENTAZIONE DEL LIBRO ''PER QUESTO MI CHIAMO GIOVANNI'': Gran parte dell’azione è ambientata in Sicilia, con solo un rapido cenno all’ultimo periodo della vita di Falcone a Roma. I luoghi, Lentini, Trapani, Palermo, sono descritti con tratti rapidi ed essenziali, perché quello che conta è l’azione, soffermandosi per qualche istante solo su quei luoghi che hanno un valore simbolico nella lotta alla mafia, come Via Notarbartolo, con il suo albero carico di omaggi all’eroico magistrato, o la villa di Mondello. Ma l’atmosfera di paura, di rassegnazione, a volte, purtroppo, anche di omertà tipicamente siciliana, è resa in maniera perfetta e risulta comprensibile a tutti, anche ad un bambino.   TEMATICHE TRATTATE NEL LIBRO ''PER QUESTO MI CHIAMO GIOVANNI'': “Per questo mi chiamo Giovanni” è una biografia romanzata che celebra Falcone, icona della lotta alla mafia. Racconta quel trentennio tra gli anni ’70 e l’inizio dei ’90 in cui la mafia divenne l’organizzazione criminale più famosa al mondo che lanciò un attacco frontale allo stato italiano. Tematiche centrali sono l’eroismo, il coraggio, la necessità di prendere posizione e di schierarsi anche a costo di rischi e sacrifici. Nel romanzo vediamo che il grande magistrato siciliano desidera essere un eroe fin da bambino per eguagliare quei parenti che si erano tanto distinti in guerra, di cui sentiva tanto parlare. Il loro esempio guida le sue azioni. Comincia a difendere i deboli dai soprusi, a costo di mettersi nei guai, fin dai primi anni di scuola. Si iscrive alla Facoltà di Legge proprio per “difendere chi subisce ingiustizie e punire chi le commette” E quando il suo coraggio e la sua tenacia cominciano ad ottenere risultati, quando i mafiosi cominciano ad essere arrestati, processati e condannati, anche il padre del piccolo Giovanni esce dalla sua inerte rassegnazione, alza la testa e si rifiuta di pagare il “pizzo”. Il suo “NO” non sarà senza conseguenze, ma non si piegherà mai più alla legge del più forte e della violenza e non vuole che il figlio lo faccia. E il piccolo Giovanni dal racconto comprende e impara e nel suo piccolo emulerà perfettamente il grande magistrato di cui porta il nome. Cambierà le cose e farà la differenza, come Falcone.  
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