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Per una storia dell'assistenza ed educazione dell'infanzia abbandonata nelle Marche, Sbobinature di Storia

Riassunto completo del testo della professoressa Montecchiani, sul brefotrofio di Osimo dal primo Ottocento al secondo dopoguerra

Tipologia: Sbobinature

2022/2023

Caricato il 23/01/2023

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martina-babucci 🇮🇹

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Scarica Per una storia dell'assistenza ed educazione dell'infanzia abbandonata nelle Marche e più Sbobinature in PDF di Storia solo su Docsity! INTRODUZIONE Al fine di individuare i nodi cruciali che hanno determinato l’evoluzione culturale della concezione stessa di infanzia, accanto alle teorie pedagogiche, occorre indagare le trasformazioni subite dalle istituzioni, che nel tempo si sono dedicate al sostegno infantile, in particolare ai bambini abbandonati. Nel dettaglio, viene preso in esame le vicende che portano alla fondazione del brentrofio marchigiano di Osimo, una cittadina in provincia di Ancona, che per secoli è appartenuta all’ex Stato Pontificio, e il lavoro pone in evidenza come grazie a questa istituzione, ma anche ad altre, si sia sviluppato il collegamento tra assistenza ed educazione nei confronti della prima infanzia. Il progetto del brentrofio fu realizzato grazie alla collaborazione avviata tra potere temporale e spirituale, ovvero tra i principi cardine della morale cristiana e quelli laici dell’impegno etico civile, fortemente sostenuto dal cardinale Giovanni Antonio Benvenuti, vescovo di Osimo dal 1828 abile diplomatico, tramite il supporto di numerose personalità laiche, tra cui Leopoldo Armaroli. A fianco dei tradizionali brentrofi, nello scenario delle istituzioni rivolte alla prima infanzia, ci sono le prime crèche in Francia, le sale lattanti, gli asili di carità di Aporti… Inoltre, nel contesto nazionale della Restaurazione post-napoleonica, la Chiesa tentò di elaborare una nuova forma di apostolato caritativo, basato su una concezione nuova della carità intesa in senso pedagogico. Esso doveva costituire uno strumento di educazione civile e di divulgazione scientifica, simbolo del processo di ammodernamento dell’assistenza. CAPITOLO 1: L’ESPOSIZIONE INFANTILE NEL CONTESTO SOCIO-CULTURALE ITALIANO 1.1 Lo sviluppo della rete assistenziale per gli esposti in Italia attraverso i secoli Il fenomeno dell’abbandono infantile rappresenta uno dei più drammatici problemi di storia sociale che segno l’Europa. A esso viene associato il fenomeno dell’esposizione, cioè l’atto per cui i bambini, solitamente neonati, venivano abbandonati in luoghi pubblici o presso le ruote di ospedali, istituti assistenziali o conventi. Inoltre, a seconda del periodo storico e al contento, il problema ha assunto tratti diversi; infatti, secondo l’interpretazione di Philippe Ariès, prodotta nel contesto della storiografia degli Annales, le prime introspettive considerazioni sull’infanzia sono da rintracciare in ambito iconografico, dove era possibile osservare un’evoluzione verso ritratti più sensibili e realistici dei fanciulli. Da questi presupposti, tramite una rinnovata prospettiva puerocentrica, che viene definita grazie allo sviluppo del “sentimento dell’infanzia”, l’età infantile non è più ritenuta una mera fase di passaggio verso l’adultità, ma come il centro dell’azione educativa e pedagogica. Fin dalla tarda antichità esistevano delle primordiali forme di sostegno, e questo aspetto emerge dagli studi di John Boswell, dove in Italia le prime strutture rivolte all’assistenza dei neonati risalgono al periodo di Giustiniano. Ma è soprattutto nel corso del Medioevo che gli ordini religiosi decisero di creare appositi istituti per l’infanzia abbandonata legati alle attività di ospedali o chiese cittadine. In Italia, le prime ruote furono introdotte presso Santa Maria degli innocenti a Firenze nel 1445, la quale costituì anche il primo esempio di brentrofio specializzato in Europa. In età moderna, si aggiunge la condizione del figlio illegittimo, che la Chiesa considerava come nato ex peccato, dove le madri perdevano l’onore e l’integrità morale, mentre il padre nel caso di rapporti extraconiugali, sceglievano di lasciare la propria compagna in balia delle calunnie. Il diritto canonico, già dal XII secolo affermava il profondo valore dei legami di sangue, stabilendo che il padre doveva fornire il sostentamento ai figli, mentre il padre doveva occuparsi del nutrimento, almeno nei primi tre anni di vita. Mentre la legge civile, rifacendosi al diritto romano, aveva introdotto la distinzione tra i due status, ovvero tra le nozze iustae e iniustae, ovvero da quelle che producevano effetti giuridici e da quelle prive di effetti di legge. Solo nel corso del Cinquecento, verrà predisposta una conformazione del diritto civile e di quello ecclesiastico, determinando il dovere di occuparsi degli alimenti, anche nei confronti dei figli illegittimi e che il rispetto di tale imposizione poteva essere garantito sia dai tribunali ecclesiastici, sia da quelli secolari. Inoltre, il codice civile nel periodo antecedente l’Unità d’Italia, imponeva il diritto di compiere indagini sulla maternità e sulla paternità naturale nel caso degli illegittimi, ciononostante in alcuni brentrofi vennero ammesse delle sommarie e ufficiose ricerche sulla genitorialità biologica, per scopi prettamente amministrativi e sanitari, al fine di occuparsi della necessaria organizzazione del mantenimento dei bambini e in maniera tale da poter accertare le cause dell’abbandono fossero effettivamente gravi e ineluttabili. Proprio in questo periodo però, emerge un’attenzione allo sviluppo psico-sensoriale del bambino e di una puntuale riflessione sulle caratteristiche fisiche e cognitive della prima infanzia. A questo momento storico, risale la costituzione degli asili aportiani, che si proponevano di contribuire all’educazione infantili, così come quella dei primi presepi, che sul modello delle crèche offrivano un’alternativa ai tradizionali brentrofi. In questo scenario, emerge il benefattore Giuseppe Sacchi, dove in collaborazione con la Società per l’Incoraggiamento di Scienze, lettere ed Arti e della filantropia locale, nel 1850 istituì il Pio ricovero per i bambini lattanti. All’interno di questo istituto, il filantropo era il principale promotore degli asili aportiani e proponeva un metodo educativo oggettivo, graduale e intuitivo, con cui intendeva esaltare la dimensione sensoriale dei bambini, e intensificò l’attenzione verso l’opportuna formazione del personale attivo nella rete dei servizi educativi e assistenziali. Quest’ultima esigenza emerge con l’avvio del processo di statalizzazione della beneficenza e dell’assistenza, prendendo coscienza degli imprescindibili requisiti formativi e professionali di cui il personale doveva disporre. Allo scopo di combattere l’alto tasso di mortalità infantile, un’altra questione che si rivelò cruciale fu allora quella del baliatico (allattamento da parte di balie), che venne organizzato all’interno degli istituti assistenziali, che si preoccupavano di coordinare sia il sistema baliatico interno, tramite l’allattamento artificiale o materno, avveniva dietro compenso, ma portava a malnutrizione e diffusione di malattia, perché la stessa balia allattava più bambini. Si preferiva quindi quello esterno, che aveva una durata di circa tre anni, ma era più incentivato perché il bambino veniva mandato in famiglie e quindi veniva in un certo modo “adottato”. Inoltre, emergeva il problema della formazione e professionalità delle nutrici e la trasmissione di malattie. Il sistema del baliatico era diffuso anche nelle famiglie aristocratiche per motivi culturali, estetici e per l’asse ereditario. Vengono promosse una serie di ricerche sul numero e sulla funzionalità delle strutture presenti nel territorio, al fine di conoscere lo “stato dell’arte” dell’assistenza e successivamente procedere con gli interventi. Queste indagini nell’area Marchigiana sono state fatte da Leopoldo Armaroli, avvocato e politico maceratese, e questa sua inchiesta fu ripresa in un lavoro sviluppato da Eugenio Sonnino alla fine del Nocvento che lo usò come presupposto “quantitativo” per ricostruire il panorama dell’esposizione dello Stato Pontificio, in cui già nel XIX secolo si contavano 33 istituzioni preposte all’accoglimento e all’assistenza dell’infanzia abbandonata. Nonostante il numero elevato di istituti, la somma degli esposti accolti era contenuta, visto che si preferì utilizzare lo “strumento” delle piccole istituzioni, che permettevano di garantire maggiori possibilità di sopravvivenza e prevenire le criticità connesse alle eccessive e prolungate istituzionalizzazioni. Sul fine del secolo, il tasso di esposizione e di mortalità era ancora alto nelle Marche, e perciò i brentrofi cercarono di incentivare il baliatico esterno e adottare altri provvedimenti. CAPITOLO 2: IL CARDINALE GIOVANNI ANTONIO BENVENUTI E L’IMPEGNO PER LA PROTEZIONE DELLA PRIMA INFANZIA 2.1 Il cardinale Benvenuti e l’elaborazione del progetto dei brentrofi consorziali di Osimo e Cingoli Nel periodo della restaurazione post-napoleonica, le esigenze spirituali e materiali della popolazione dello Stato Pontificio, divennero il fulcro dell’azione di Pio VII, eletto nel marzo del 1800. Infatti, la Chiesa cerca di riaffermare la propria autorità temporale e religiosa, proponendosi di perseguire i principi dell’uniformità e della centralizzazione servendosi del sostanziale apporto di grandi personalità religiose che dovevano costituire dei veri e propri modelli di fede. In questo ambito la crisi diplomatica e la questione infantile divennero due temi centrali del dibattito politico e intellettuale dell’epoca, che iniziarono ad essere connessi all’azione politica e all’impegno sociale di singole personalità laiche e religiose. Tra le figure di maggior rilievo c’è quella di Benvenuti, che rappresentò l’emblema di questo connubio tra impegno apostolico, speso a favore dell’istruzione e dell’assistenza, ed efficacia diplomatica. Dopo essere stato ordinato sacerdote nel 1788, nel 1797 si rega a Pietroburgo come ambasciatore straordinario per riprendere relazioni con la Russia. Di ritorno dall’Italia nel 1804 viene impiegato presso la Segreteria di Stato come esposto per le questioni russe. Nel 1828, gli fu affidata la diocesi di Osimo-Cingoli, nelle Marche. Alla morte del Papa, viene candidato al soglio pontificio, e per cause politiche non viene eletto, al suo posto viene eletto Cappellari, con il nome di Gregorio XVI. Agli inizi del 1830 una serie di moti rivoluzionari anticlericali, aveva investito le Legazioni, diffondendosi ben presto anche nei territori marchigiani e umbri, e in questa particolare tensione, Benvenuti viene nominato legato a latere, incaricato di occuparsi di ripristinare l’ordine e l’autorità pontificia in determinate zone. Però i moti rivoluzionari del 1830-1831, segnarono profondamente nel corpo e nello spirito il cardinale Benvenuti, oltre alla sua carriera; infatti, viene arrestato e fatto prigioniero dalle Province Unite, come possibile “oggetto di scambio” per liberare i detenuti politici. A favore della scarcerazione c’era sia il Papa che avviò una protesta personale al corpo diplomatico, al quale si appoggiarono anche le autorità spagnole, francesi e austriache, ma ciò non porto a nulla di fatto. Benvenuti si mostrò disposto a trattare, attraverso la firma di una convenzione in 12 punti, ma questo atteggiamento non viene riconosciuto dallo Stato Pontificio e da quello austriaco, giudicandola estorta e Benvenuti viene deposto dalla carica di legato. → questo porta all’inizio dell’ostilità tra Curia romana e operato politico del cardinale Benvenuti. Nel 1831, torna a Osimo, e si premurò fin da subito di elaborare e promuovere una serie di editti e notificazioni, ma anche visite pastorali, interventi in ambito educativo e assistenziale. Nel 1832, inizia la sua battaglia per l’apertura di due brentrofi a Osimo e Cingoli, in cui provvedere direttamente alla cura, all’assistenza e all’educazione dei trovatelli delle zone sottoposte alla sua autorità. Questo porta all’opposizione della Curia e di Macerata e Montemilone che erano contro l’uscita dall’alleanza recanatese. → questo incrina ancora di più i rapporti. Il progetto verrà realizzato solamente nel luglio del 1838. 2.2 Il legame politico e intellettuale con il conte Leopoldo Armaroli Per promuovere la sua battaglia a sostegno degli esposti, Benvenuti necessitò dell’ausilio e del supporto di numerose autorità civili, tra le quali emerge la figura di Leopoldo Armaroli, il cui contributo fu essenziale per la creazione dei brentrofi. Il conte Armaroli è stato un avvocato, che ha effettuato studi sull’esposizione infantile e ha avuto trascorsi politici in quanto implicato nelle rivoluzioni di Milano e nei moti del ‘30/’31. Il conte Armaroli stese due rapporti difronte a Benvenuti, ai gonfalonieri e ai priori comunali coinvolti, e andava ad affrontare questioni economiche, sociali, politiche, problemi locali, mortalità, caratteristiche di regolamento, la nomina della Congregazione dei deputati per ragioni amministrative e la differenza tra i grandi e i piccoli istituti (quelli più piccoli erano più efficaci, perché erano a stretto contatto con la popolazione e meno burocratici. Inoltre, la direzione doveva essere affidata a persone competenti che oltre ad occuparsi dell’amministrazione finanziaria, dovevano provvedere alla formazione dei cittadini, dotati di retta moralità. Nel 1838, decise di pubblicare un testo: Ricerche storiche sull’esposizione degl’infanti presso gli antichi popoli e specialmente presso i Romani, questa indagine fu portata alla luce e valorizzata dal demografo Eugenio Sonnino che ne riprese le annotazioni e le tavole statistiche. Da quanto si evince, la metodologia di indagine utilizzata dal conte fu principalmente quella del questionario, che veniva inviato direttamente alle deputazioni amministrative degli istituti assistenziali, al quale chiedeva di rispondere a domande relative alla nascita e all’ordinamento amministrativo del luogo pio, alle risorse finanziarie ed eventuali accordi con i comuni limitrofi, al fine di formare dei consorzi e di specificare quando possibile le aree di provenienza degli esposti. Inoltre, aveva creato delle tabelle e una serie di prospettive oltre a sviluppare brevi saggi statistici. In particolare, le sue ricerche furono importarti soprattutto nell’area marchigiana, dove l’intervento a favore dell’infanzia abbandonata si rivelò capillare e positivamente strutturato. CAPITOLO 3: L’ISTITUZIONE DEL BRENTROFIO CONSORZIALE DI OSIMO 3.1 L’origine dell’assistenza alla prima infanzia nella città di Osimo La diocesi di Osimo ha rappresentato un modello e un punto di riferimento per il territorio marchigiano, di cui costituisce una delle realtà episcopali più antiche. Ci furono varie iniziative sociali, influenzate da eventi storici e politici (es. dominio francese, dove il governo era sostenuto da alcune famiglie facoltose). Nella prima metà dell’800, si pone il problema all’attenzione dell’abbandono infantile, e il conseguente dibattito per la creazione di un istituto comunale per i projetti. (es. Amoruccia, che nel XIV secolo si preoccupò di raccogliere e curare gli orfani e i trovatelli nell’Ospedale di Roncisvalle). L’intensa battaglia diplomatica intrapresa dal cardinale Benvenuti nel 1833 e la fitta corrispondenza avviata con la Curia romana, con il segretario di Stato il cardinale Gamberini, si risolve con l’approvazione del pontefice Gregorio XVI concessa con il decreto del 13 maggio 1837, ma l’apertura del brentrofio rimase comunque nel 1838. Con la creazione del brentrofio, Osimo si riconfermò, come una delle realtà marchigiane più attive e “sensibili” nell’ambito assistenziale e educativo e di resistere alla volubilità delle contingenze storiche e politiche e di perpetrare il sostegno alle classi sociali più marginali, seguendo l’esempio apostolico e lo spirito della carità cristiana che l’avevano caratterizzata per secoli, 3.2 Il dibattito per la creazione di un istituto comunale per projetti Il lungo dibattito che precedette l’apertura del brentrofio Osimano, si sviluppò su questioni di natura politica ed economica, legate alle divergenti opinioni dei deputati comunali, del cardinale Benvenuti e delle varie sedi apostoliche e alla predisposizione delle risorse finanziarie necessarie alla creazione di un istituto dedito alla cura degli esposti. Il territorio della diocesi apparteneva allo Stato Pontificio e il brentrofio comunale, doveva rifarsi al suo paradigma e alle regolamentazioni dei grandi istituti assistenziali cristiani, primi tra tutti l’Ospedale per Innocenti di Firenze o l’Ospedale degli Esposti di Bologna. Nel 1825, furono inviati per la Curia osimana da Roma dei modelli prestampati da cui attingere. Per la Chiesa era indispensabile riuscire a stabilire la vecchia egemonia in ambito educativo e assistenziale, poiché costituiva un valido strumento di controllo e formazione civili e sociali, e tra le questioni che più erano in grado di catalizzare l’attenzione del popolo cristiano, c’era quella legata agli esposti. Inoltre, c’era l’esigenza di trasformare le istituzioni cittadine dedicate a questa “sfortunata” categoria di bambini in luoghi in cui prendersi realmente cura di loro. I consiglieri comunali approvano nel 1832 la delibera e la proposta relativa ai due pii stabilimenti, e nel frattempo Benvenuti si era mobilitato per procedere con il regolamento nonché per stabilire le norme e i metodi per il corretto funzionamento dei brentrofi. Per questa ragione decise di interpellare i gonfalonieri dei vari comuni che si sarebbero uniti al consorzio osimano e cingolano, tra i quali il conte Armaroli. Nel 1834 Benvenuti, invia una comunicazione a Gamberini, ma nel 1836 è ancora tutto bloccato, e di conseguenza si sente umiliato per la considerazione della diocesi.
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