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PERCHE' STUDIARE DIRITTO ROMANO - Istituzioni di Diritto romano, Appunti di Istituzioni di Diritto Romano

Appunti di Istituzioni di Diritto romano contenenti: introduzione, parte generale, parte prima delle persone, parte seconda delle cose: la proprietà e gli altri diritti reali, parte seconda delle cose: obbligazioni, parte seconda delle cose: successioni.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 10/03/2020

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Scarica PERCHE' STUDIARE DIRITTO ROMANO - Istituzioni di Diritto romano e più Appunti in PDF di Istituzioni di Diritto Romano solo su Docsity! ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO INDICE: 1) INTRODUZIONE I. Perché studiamo diritto romano II. Periodi e fonti 2) PARTE GENERALE I. Concetti giuridici di riferimento II. L’atto 3) PARTE PRIMA DELLE PERSONE I. Le divisioni del diritto delle persone II. Matrimonio, donazione, dote, divorzio 4) PARTE SECONDA DELLE COSE (LA PROPRIETA’ E GLI ALTRI DIRITTI REALI – IL POSSESSO) I. Sistematiche, divisioni, partizioni e definizioni II. La proprietà civile III. I metodi di acquisto della proprietà IV. Perdita della proprietà V. Difesa della proprietà VI. Proprietà pretoria, proprietà provinciale, proprietà unificata VII. Comunione di proprietà VIII. Altri diritti reali su cosa altrui di godimento: le servitù prediali, l’usufrutto, la superficie e l’enfiteusi, il pegno e l’ipoteca, il possesso. 5) PARTE SECONDA DELLE COSE (OBBLIGAZIONI) I. Concetto e sviluppo storico delle obbligazioni II. Fonti delle obbligazioni III. Nozione romana di contratto IV. CONTRATTI TIPICI: Contratti reali V. Contratti verbali VI. Contratti letterali VII. Contratti consensuali VIII. Contratti innominati IX. Quasi contratti X. Adempimento, inadempimento, mora, risarcimento XI. Delitti e quasi delitti XII. Estinzione delle obbligazioni 1 XIII. Garanzia e trasmissione delle obbligazioni XIV. Tipi speciali di obbligazioni 6) PARTE SECONDA DELLE COSE (SUCCESSIONI) I. Concetti fondamentali II. Successione testamentaria III. Legato IV. Fedecommesso V. Linee e gradi di parentela VI. Successione senza testamento VII. Bonorum possessio VIII. Successione senza successori 2 -età REGIA (MONARCHIA) 753-54 a. C. – 510 a.C. (fondazione di Roma - cacciata del Re)  il Re era affiancato dal senato che aveva importanti prerogative di indirizzo e funzioni consultive, dalle assemblee popolari con competenze religiose, e di pubblicità di atti rilevanti ma raramente costitutive, dai collegi sacerdotali e dei pontefici per il diritto privato, dal collegio degli auguri per il diritto pubblico e dei feziali per il diritto internazionale. -età REPUBBLICANA 510 a.C. – 27 a.C. (cacciata del Re - principato di Augusto) la costituzione repubblicana ruota intorno a tre organi principali: le assemblee popolari con funzione di votare le leggi proposte dai magistrati e di eleggere i magistrati; le magistrature con funzioni di governo; il senato, con funzioni consultive e di indirizzo politico per alcune materie (politica estera e finanziaria). -età del PRINCIPATO 27 a.C. – 284 d.C. (principato di Augusto - avvento di Diocleziano) dopo le guerre civili la costituzione dimostrava segni di debolezza e si avviò così un processo continuo di involuzione autoritaria. Il principe e i suoi funzionari avevano potere superiore ai magistrati e cominciarono ad erodere le prerogative dei tre tradizionali ordini della costituzione repubblicana fino allo svuotamento ed all’accentramento in sé di tutti i poteri. -età del DOMINATO- IMPERO ASSOLUTO (“dominus”) 284 dc.-565 d.C. (avvento di Diocleziano - morte Giustiniano)  con Diocleziano ed ancor più Costantino inizia il periodo dell’impero assoluto; il titolo di dominus si trasmette per via ereditaria e l’imperatore si dichiara tale per volontà divina. - La seconda distinzione è invece basata sulle trasformazioni del diritto privato nelle diverse fasi della storia di Roma, si distinguono perciò: -EPOCA ARCAICA 754 a.C.– 367 a.C.: periodo che va dalle origini fino al cambiamento epocale quando con le leggi Licinie Sestie viene introdotta la figura del pretore urbano. In questo periodo il diritto privato è caratterizzato da un estremo formalismo e dalla mescolanza/commistione del diritto con la magia e la religione. Gli atti sono estremamente formali e la loro efficacia è legata alla pronuncia esatta delle parole, al compimento esatto dei gesti, come se gli effetti derivassero dalla pronuncia esatta di formule magiche. I ministri del diritto erano i pontefici (non vi era un distacco diritto - religione) ( parte dell’età regia) -EPOCA PRECLASSICA 367 a.C.- 27 a.C. (inizio del principato di Augusto): In questo periodo il diritto privato è caratterizzato dalla formazione del diritto pretorio, un insieme di norme che vengono a crearsi grazie all’attività del pretore (che non è un legislatore ma ha a che vedere con il processo creando comunque nuove norme di diritto). La mentalità assume via via forme sempre più laiche e razionali. ( parte dell’età regia e intera età repubblicana) 5 -EPOCA CLASSICA 27 a.C. – 305 d.C. (abdicazione di Diocleziano si indica la data di fine del suo regno perché cercò di mantenere saldi i principi dell’età precedente). Il diritto privato di questo periodo è il diritto creato dai giuristi, che grazie alla loro attività consistente nel dare opinioni finivano per creare effettivamente nuove regole applicate nei tribunali. Qui il diritto romano raggiunge la sua vetta più elevata. ( età del principato e parte dell’età del dominato) -EPOCA POSTCLASSICA 305 d.C. – 565 d.C. (epoca di Giustiniano) Quest’epoca è interpretata solitamente come un periodo di decadenza nel quale la scienza giuridica non progredisce più come prima. In realtà l’epoca di Giustiniano ha promosso la realizzazione del corpus iuris civilis che ha trasmesso il diritto romano alle generazioni successive. ( parte dell’età del dominato) Sono considerate FONTI DEL DIRITTO quei fatti giuridici che vengono ritenuti idonei in un determinato momento storico a creare nuovo diritto.  come venivano trattate dal diritto romano? Le Istituzioni di Giustiniano esprimevano il diritto in vigore nell’epoca pur essendo in primo luogo un manuale in uso nelle scuole di diritto; ricalcava altre istituzioni costituzionali classiche come ad esempio le istituzioni di Gaio, un manuale ritrovato a parte, non attraverso il Corpus iuris civilis dunque non modificato/alterato. Parlando di fonti del diritto si diceva che il diritto romano si poteva distinguere in diritto pubblico e diritto privato - Il diritto pubblico è rivolto allo Stato, in quanto mira a regolare l’organizzazione degli organi costituzionali; - Il diritto privato è invece rivolto ai singoli poiché si interessa dei rapporti tra i privati. Tale diritto è un diritto TRIPARTITO, ovvero costituito da 3 complessi di norme: 1) norme di diritto naturale, 2) norme di diritto civile, 3) norme di diritto delle genti. “DIRITTO NATURALE” è quel diritto comune a tutti gli esseri animati (uomini e animali) ed è destinato all’immutabilità.  es. cura della prole da parte dei genitori; unione tra maschio e femmina ovvero il matrimonio “DIRITTO CIVILE” è quel diritto proprio dei soli cittadini romani, esclusivo  es. diritto di proprietà civile. Esso si distingue in diritto scritto e diritto non scritto; il diritto scritto deriva dalle fonti che presuppongono appunto un testo scritto (leggi, editti, senati consulti) mentre il diritto non scritto deriva dalla consuetudine, da norme rispettate solitamente dai consociati che risultano essere fonti minori, in quanto non possono andare contro il diritto scritto ma eventualmente colmare le sue lacune. 6 “DIRITTO DELLE GENTI” è il diritto comune a tutti gli uomini, che riguarda dunque le norme presenti in tutte le comunità antiche  es. schiavitù (presente a Roma e presso tutti i popoli della stessa epoca).  Alcune di queste norme si pongono però in contrasto con le leggi naturali (es. ogni uomo nasce libero -schiavitù). Le FONTI DEL DIRITTO possono essere analizzate nelle diverse epoche storiche - EPOCA ARCAICA è caratterizzata da fonti quali: - diritto consuetudinario “ Mores maiorum ” , ovvero i costumi degli antenati tramandati di padre in figlio quindi regole non scritte; essi venivano interpretati/rivelati dai giuristi sacerdoti, creatori anche di nuovi atti/regole = - interpretatio prudentium (caratterizzati da oralità e formalismo). - “Lex” legge: leggi rege emanate dal Ee, imposte al popolo caratterizzate paradossalmente da minor importanza  rilevante è la legge delle 12 tavole di metà 5 sec a.C., che nasce nell’ambito delle controversie tra patrizi e plebei per l’esigenza di dar certezza al diritto mettendolo per iscritto. es. se un padre di famiglia avesse venduto per 3 volte un figlio maschio perdeva la patria potestà (fa la mancipatio del figlio)  da questa norma i pontefici giuristi ricavano un atto che serve a liberare i figli dalla patria potestà “emancipazione”  la legge delle 12 tavole è accompagnata dall’attività di legiferazione dei sacerdoti. - EPOCA PRECLASSICA è caratterizzata da fonti quali: - ius civile “diritto civile”  diritto che nasce dalle fonti dei Mores scritti e non e dall’interpretazione dei giuristi laici. Questi nuovi giuristi laici fanno consulenza e danno pareri sui casi portati dai cittadini e studiano il diritto elaborandolo scientificamente. – nascono le prime raccolte di trattazioni e casi. - lex  la quale non era ancora concepita di importanza pari ai Mores e che non può andare contro il diritto civile. Si può dire dunque che la lex ha una funzione secondaria (in caso di vuoto se ne occupa la legge) ed efficacia limitata. Se essa vieta un atto ma quest’atto viene compiuto comunque non vi sono conseguenze, al massimo una sanzione pecuniaria che non rende però nullo l’atto compiuto.  legis imperfectae - praetor il pretore crea un complesso di nuove norme giuridiche pur non essendo un legislatore. Egli è infatti un magistrato che ha competenza in materia di processo e che ha il compito di predisporre mezzi processuali che servono a far valere i propri diritti e ad impostare la prima parte del processo. Se qualcuno doveva far valere il proprio diritto di proprietà gli veniva dato come mezzo l’azione per agire in giudizio contro l’altro. Le azioni sono specifiche e servono per agire in giudizio contro un'altra persona e far valere il proprio diritto. La persona che agisce si dice attore, la persona chiamata in giudizio si dice convenuto e 7 statuale il cui fine è la conservazione dello Stato, fine perseguito attraverso l’esistenza e l’applicazione di sanzioni per i trasgressori da parte dell’apparato giudiziario. Il DIRITTO SOGGETTIVO invece indica il potere/la pretesa di esigere un certo comportamento da altri (diritto di proprietà, di credito). Tra i diritti soggettivi si può riscontrare un’ulteriore distinzione che consiste in diritti assoluti e diritti relativi - DIRITTI ASSOLUTI sono quei diritti che si possono far valere nei confronti di tutti gli altri, non di una persona specifica, per questo si dice “erga omnes”. - DIRITTI RELATIVI sono invece i diritti che si possono far valere relativamente ad una persona determinata. Tale distinzione esisteva anche nel diritto romano, ma era vista più dal punto di vista delle azioni che tutelavano questi diritti, per questo si parlerà di: - Diritti protetti da AZIONI IN REM (o azioni REALI), ovvero azioni che potevano essere esperite/esercitate contro tutti.  es. diritto di proprietà. - Diritti protetti da AZIONI IN PERSONAM (o azioni personali), ovvero azioni esperibili solo contro una determinata persona.  es. diritto di credito. Considerando la categoria dei DIRITTI SOGGETTIVI ASSOLUTI si distinguono altre due tipologie di diritti: - Le POTESTA’ FAMILIARI, in quanto nel mondo romano la famiglia era imperniata sul capo casa (pater familias) che esercitava una serie di poteri (potestà) su una serie di persone a lui sottoposte. es. schiavo sottoposto alla potestas del dominus figli sottoposti alla patria potestas moglie soggetta alla manus (speciale potestà per matrimonio) - i DIRITTI REALI, ovvero quei diritti sulle cose (“res” cosa) Il diritto di proprietà è il più importante e consiste nel diritto di disporre di un bene in modo pieno ed esclusivo, quindi la possibilità di conservare o distruggere una cosa di proprietà. Dei diritti reali fanno parte anche i DIRITTI REALI LIMITATI/ SU COSA ALTRUI, dei diritti con contenuto meno ampio rispetto al diritto di proprietà che uno ha sulla proprietà di un altro. es. diritto di usufrutto: il diritto di usare una cosa altrui e percepire i suoi frutti (es. subaffitto casa, coltivazione campi). Gli stessi diritti reali si distinguono in diritti reali di godimento e di garanzia: - DI GODIMENTO sono quelli che attribuiscono al titolare la facoltà di godere di un bene altrui. Ne sono esempi le SERIVTU’ PREDIALI [servitù di passaggio: 2 fondi vicini, il 10 proprietario del fondo dominante ha il diritto di passare sul fondo servente]; il DIRITTO DI USUFRUTTO, DIRITTO DI SUPERFICIE [diritto di costruire e di godere di un edificio sul suolo altrui pagando un canone]; il DIRITTO DI ENFITEUSI [diritto di coltivare un fondo altrui e percepire i frutti pagando un canone]. (tutti diritti assoluti apparentemente simili all’affitto ma effettivamente DIVERSI poiché possono essere fatti valere nei confronti di tutti.) - DI GARANZIA, che sono quelli che servono a rafforzare le pretese di un creditore. Ne sono esempi il PEGNO e l’IPOTECA. È molto importante poi conoscere la differenza tra PROPRIETA’ E POSSESSO: Si intende per PROPRIETA’ un diritto reale assoluto, il diritto di usare e percepire frutti, trasmettere il proprio bene e distruggerlo. Si intende invece per POSSESSO una sorta di “signoria di fatto”, la condizione in cui possiedo un bene ne dispongo materialmente tenendolo da padrone/per me. Il possessore è quindi un soggetto di fatto che ha a disposizione del bene e l’intenzione di mantenerlo da padrone. Un proprietario è anche possessore ma non sempre, infatti ci sono dei casi in cui resta proprietario ma non è più possessore, ad esempio in caso di furto (in forma illecita) o di pegno (in forma lecita) il POSSESSO è distinto a sua volta dal possesso naturale o detenzione; si parla infatti di detenzione quando un soggetto ha un bene ma non ha intenzione di tenerlo da padrone per sé, sa che il bene è di un altro e lo tiene per qualcun altro Considerando invece la categoria dei DIRITTI SOGGETTIVI RELATIVI ci si focalizza principalmente sui diritti di credito/ di obbligazione: quel rapporto che incorre tra il soggetto creditore e il soggetto debitore. Il creditore ha diritto di credito relativo perché questo diritto può essere fatto valere solo nei confronti del debitore non erga omnes. Il debitore è obbligato nei confronti del creditore a portare a compimento i suoi obblighi. Altra nozione di rilievo è quella del FATTO e dell’ATTO GIURIDICO: Si definisce FATTO GIURIDICO un accadimento/evento naturale dal quale dipende un effetto giuridico  es. nascita/morte (acquisizione diritti- capacità giuridica /successione patrimoniale). Ci si riferisce invece a ATTI GIURIDICI quando si considerano quei comportamenti volontari dell’uomo che producono effetti giuridici  es. accordo, furto, danneggiamento. L’ATTO GIURIDICO può essere classificato in: - Illecito, che viola la legge 11 - Lecito: conforme alla legge  un’ulteriore DISTINZIONE MODERNA mostra le differenze tra atto giuridico lecito in senso stretto e negozio giuridico ATTO GIURIDICO IN SENSO STRETTO è un atto che può raggiungere effetti solo già previsti; NEGOZIO GIURIDICO è invece un atto mediante il quale le parti possono raggiungere effetti si già tutelati dall’ordinamento ma previsti con maggiore autonomia/libertà per le parti. Esso ha diverse caratteristiche a seconda che consista in un: - atto che proviene dalla volontà di una parte sola  che si dice quindi unilaterale; es. testamento, messo in atto dal testatore; legato; manomissione - atto che proviene dall’incontro della volontà di due parti  che si dice quindi bilaterale; es. contratto di compravendita – 2 soggetti: compratore e rivenditore. - atto che proviene dalla volontà di più parti  che si dice quindi plurilaterale. es. contratto di società – tutti i soci devono acconsentire I negozi giuridici si differenziano anche in: - negozi inter vivos, i quali producono effetti mentre il soggetto è ancora in vita es. contratto di compravendita - negozi mortis causa, che producono effetti alla morte del soggetto es. testamento Un’ulteriore differenza dipende dal fatto che il negozio può essere: - a titolo gratuito, quindi quei negozi che attribuiscono un vantaggio ad una parte senza che colui che ottiene questo vantaggio debba pagare un corrispettivo. es. donazione; legato; istituzione di erede. - a titolo oneroso, quei negozi che attribuiscono un vantaggio ad un soggetto in cambio di un corrispettivo es. compravendita – per comprare A devo pagare tot. Ultima differenza tra negozi giuridici si basa sugli effetti che questi producono, si parla quindi di: - negozi a effetti reali, che producono effetti che consistono nel trasferimento della proprietà di un bene o nel costituire ed estinguere diritti reali limitati su cosa altrui. ESEMPI DI NEGOZI A EFFETTI REALI SONO: - inter vivos: “mancipatio”, “in iure cessio”, “traditio” 12 Si definisce invece CAPACITÀ DI AGIRE l’attitudine a compiere degli atti giuridici. Solitamente chi ha capacità giuridica ha anche capacità di agire (a condizione che siano puberi, maschi, e non malati di mente) ma non sempre; eccezioni sono: - gli impuberi (maschi inferiori ai 14 anni - femmine inferiori ai 12), i quali erano sottoposti alla tutela del tutore che doveva dare la sua autorizzazione e che quindi avevano capacità di agire limitata o nulla; - le donne, considerate fragili perciò assistite da un tutore e che quindi non erano pienamente in grado di compiere atti giuridici; - i malati di mente detti “furiosi” che erano assistiti da un curatore come ad esempio i “prodigi” (persone che dilapidavano il patrimonio degli avi). Esistono però anche casi in cui persone con capacità giuridica limitata o nulla potevano concludere dei negozi avendo dunque limitata capacità d’agire, ovvero: - i figli di famiglia che in quanto alieni iuris – sottoposti alla potestà del padre - non avevano diritti patrimoniali ma potevano concludere contratti - schiavi che sottoposti alla potestà del padrone potevano concludere dei negozi come ad esempio il contratto cui effetti si manifestavano in capo al padrone (se effetti sono positivi, se sono negativi non si riflettono sul padrone). II. L’ATTO Gli atti che vanno dal periodo arcaico a quello preclassico erano caratterizzati dall’estrema formalità e dall’oralità. Essi si compivano con l’uso di parole determinate (formule tramandate) e gesti precisi, altrimenti l’atto era nullo.  Gli schemi/modelli negoziali principali erano 3: - Atti per rame e bilancia – caratterizzati per l’uso di una bilancia che serve a pesare dei metalli - In iure cessio – cessione in tribunale - Stipulatio o stipulazione. - ATTI PER RAME E BILANCIA : “gesta per aes et libram” Nel corso del rituale si svolge una pesatura del rame o del bronzo, infatti questi atti sono atti che nascono quando ancora non esisteva la moneta e dunque il mezzo di scambio per effettuare un pagamento era il metallo. ESEMPI DI ATTI PER RAME E BILANCIA SONO: - MANCIPATIO: usata per gli atti che servivano a trasmettere la proprietà dei mancipi, le cose più preziose che erano definite in un catalogo tassativo, come ad esempio i fondi italici (case e terreni [beni immobili] che si trovavano sul suolo italico), gli schiavi e gli animali da tiro e da soma 15 (economia agricola/pastorale). In origine era una vera e propria vendita di cose mancipi nella quale il metallo rappresentava il prezzo. Infatti, la vendita è diversa da trasmissione di proprietà vendita significa scambio di qualcosa in cambio di un prezzo, mentre la trasmissione di proprietà può avvenire anche per donazione, per dote o per stipulatio. Questo atto si poteva fare ovunque ma necessitava di 5 testimoni cittadini romani maschi puberi, un pesatore “libripens” e una bilancia “libra”. Le parti coinvolte sono dette trasmittente e accipiente; il trasmittente porta la cosa con sé (se è trasportabile, o quantomeno un simbolo) mentre l’accipiente dice “dico che questa cosa è mia secondo il diritto dei quiriti e che sarà comprata con questo bronzo e questa bilancia”; il metallo era poi pesato dal pesatore e consegnato al trasmittente passando così la proprietà  ATTO A EFFETTI REALI. Da quando viene introdotta la moneta coniata si inizia a pagare con quella, quindi succede che nella mancipatio viene mantenuta la pesatura ma cambia di significato, assumendo un significato simbolico, una sorta di gesto rituale (pesatura di un piccolo pezzo di metallo). Questo significa che in quest’atto non è più compreso il pagamento di un prezzo, quindi la mancipatio diventa un atto che si presta a trasmettere cose mancipi a prescindere dal pagamento di un prezzo (nelle Istituzioni di Gaio si parla dunque di vendita immaginaria: a livello formale può ricordare la struttura della vendita ma in realtà serve solo a trasmettere anche per altra causa [donazione servo stico, dote figlia per il futuro sposo, adempiere ad un’obbligazione-stipulazione])  NON È PIÙ UN ATTO A EFFETTI REALI - NEXUM: le parti sono chi presta e chi riceve il prestito, l’oggetto del prestito era il metallo pesato. Si tratta di un ATTO A EFFETTI OBBLIGATORI in quanto colui che riceveva il prestito in metallo pesato aveva l’obbligo di restituire un’uguale quantità di metallo. Con la moneta coniata l’atto decade ed è sostituito col contratto di mutuo. - SOLUTIO PER AES ET LIBRAM: è un atto che serviva per estinguere un debito attraverso il metallo che si applicava per alcuni tipi di debito, come ad esempio il debito di chi veniva condannato in processo a pagare un quantitativo di denaro oppure i debiti che nascevano dal legato per damnationem. Un debitore dichiara solennemente di pagare mentre avviene la pesatura vera del metallo corrispondente al suo debito; si tratta quindi di un ATTO ESTITNTIVO DI OBBLIGAZIONE. Con la moneta coniata l’atto cambia natura, si paga in moneta, e questo sopravvive con funzione di remissione del debito, ovvero quando il creditore rinuncia ad essere pagato (quando il creditore voleva condonare il debito del creditore si ricorreva a quest’atto per estinguerlo). - ATTI ISPIRATI ALLA MANCIPATIO: - Coemptio: riguarda l’acquisto del potere sulla donna che si sposava detto “manus”. Si tratta di una vendita immaginaria (non si sa se dalle origini o meno) che portava all’acquisto della mano della futura sposa con l’impiego di almeno 5 testimoni puberi e un pastore - Mancipatio dei sottoposti: fa acquistare all’accipiente il mancipium, ovvero un particolare potere sul figlio altrui. Si mancipavano i figli sottoposti (nell’epoca antica a scopo di 16 vendita) anche quando uno di essi commetteva un delitto, poiché gli atti illeciti obbligavano a pagare una somma di denaro oppure per costruire un atto che servisse al padre per liberare volontariamente il figlio dalla propria patria potestà  Emancipatio - Macipatio familiae: che era la vendita del patrimonio, una sorta di antenato del testamento, che era un modo per lasciare i propri beni alle persone interessate. Si mancipava infatti il patrimonio a una persona di fiducia dando istruzioni su come distribuire i suoi beni dopo la sua morte. - ATTI “IN IURE CESSIO ” Si tratta di un atto A EFFETTI REALI mediante il quale si può trasmettere la proprietà di tutte le cose (mancipi e non). Quest’atto si svolgeva in tribunale, poiché consisteva in un finto processo che sfruttava le regole del processo più antico detto “per azioni di legge”. Per la realizzazione si seguivano determinate procedure e si imitava la procedura seguita per l’azione di rivendica della proprietà per ottenere trasmettere la proprietà. Le parti coinvolte sono dette cessionario (colui che deve ricevere) e cedente (colui che deve cedere). Il cessionario proclama di essere proprietario del bene (“dico che questa cosa è mia secondo il diritto dei quiriti”) e il cedente anziché rivendicare tace, quindi il magistrato aggiudica il bene al cessionario. Esso è utilizzato ad esempio per: - la costituzione ed estinzione di usufrutto e servitù - l’adozione dei figli di famiglia – tripla mancipatio per liberarsi della patria potestà + in iure cessio - la cessione di eredità - la manomissione “vindicta”, con la bacchetta: atto con il quale il padrone può liberare il suo schiavo; davanti al magistrato e alla presenza del servo da liberare si faceva parte attiva ‘assertore di libertà dello schiavo “adsertor libertatis” che proclamava solennemente la sua libertà e il padrone, interrogato dal magistrato acconsentiva. - STIPULATIO Da “sponsio” proviene il termine stipulazione. A differenza degli altri atti era un ATTO A EFFETTI OBBLIGATORI, faceva quindi sorgere l’obbligazione per un soggetto (promittente) di dare/non dare qualcosa, fare/non fare qualcosa. Si tratta di un atto formale orale che prevedeva uno schema preciso: la domanda del futuro creditore/stipulante era “prometti di darmi 100?”, il futuro debitore/promittente doveva rispondere “prometto”. La risposta doveva essere immediata, da qui l’impossibilità di una stipulazione a distanza, e 17 Per tutti gli altri atti attribuisce alle parti la facoltà di scegliere tra scritto e orale, con la differenza che in caso di forma scritta: l’atto è valido solo quando tutte le formalità rescritte siano compiute (bella copia, sottoscritto dalle parti…) es. contratto di compravendita: se la vendita è compiuta per iscritto, finché l’iter non è completato una delle parti può anche recedere il contratto (ritirarsi dal contratto), mentre in caso di forma orale, dopo consenso non si può più recedere poiché il contratto è già valido. La volontà degli individui che pongono in essere atti giuridici prende man a mano più rilievo. Il negozio giuridico non è infatti altro che manifestazione di volontà, una volontà che deve però essere dichiarata esplicitamente. Il problema però riguarda la possibile difformità tra volontà e dichiarazione, e si possono identificare due categorie di problemi: 1) Quando di proposito/consapevolmente uno dichiara una volontà che non ha o una volontà diversa dalla sua vera volontà; si tratta quindi di una divergenza consapevole tra volontà e dichiarazione.  vi sono vari modi e motivi per cui questo fatto può avvenire: - può essere che si stia ponendo in essere un negozio PER GIOCO (recita teatrale, a scopo didattico, per una recitazione cinematografica)il negozio in questo caso è NULLO. - si può verificare una RISERVA MENTALE, quando una delle due parti nel concludere un negozio tace delle circostanze all’altra parte, attribuendo mentalmente alle parole dei limiti e dei significati che restano sconosciuti alla controparte  in questo caso il negozio è VALIDO anche se privo di volontà; - vi può essere un caso di SIMULAZIONE, dove le parti sono entrambe d’accordo nel fingere  la simulazione si differenzia in: - ASSOLUTA: quando si mostra di voler negozio ma non se ne vuole alcuno;  es. Tizio vuole far vedere a qualcuno di essere povero (magari perché bersagliato di richieste di denaro), si mette d’accordo con Caio per fingere di portare a termine un contratto di mutuo, dunque per fingere di avere dei prestiti che in realtà non vuole  il negozio simulato risulta NULLO. - RELATIVA: si mostra di volere un negozio ma in realtà se ne vuole un altro;  es. Tizio vuole donare una cosa a Caia (amante) senza far vedere che vuole regalarla, per questo si finge di fare una compravendita. I due si mettono d’accordo per fingere una compravendita ma in realtà sono d’accordo nel concludere una donazione. In questo caso vi sono ben 2 negozi: un negozio simulato, quello della compravendita che infatti risulta NULLO ed un negozio dissimulato (nascosto), ovvero la donazione, la quale vale se non viola la legge. In questo caso vale perché la legge ammette la donazione ad un’amante, se invece avesse voluto donarlo alla moglie in questo modo per tentare di elidere la legge, allora avrebbe violato una legge e sarebbe stato dunque INVALIDO. 2) Un secondo problema si verifica quando la dichiarazione corrisponde alla volontà effettiva/ è corretta, ma la volontà dell’individuo non si è formata spontaneamente/liberamente. 20 Si dice quindi che la volontà è viziata, ovvero formata sulla base di un errore (ho dichiarato di voler comprare un anello d’oro ma era d’ottone), di una violenza (qualcuno mi ha minacciato), o di un dolo (il venditore mi ha ingannato). - ERRORE: Si verifica un errore che fa emergere nel soggetto la volontà di concludere un negozio che non avrebbe concluso senza cadere in quel determinato errore. Esso si divide in: ERRORE DI FATTO: ovvero quando il soggetto provoca l’errore provoca in lui una FALSA RAPPRESENTAZIONE DELLA REALTA’ e che lo porta a raffigurarsi una cosa/una persona per un'altra e a fondare la sua volontà negoziale sulle sue convinzioni erronee. (Se avesse davvero percepito correttamente la realtà non avrebbe concluso il negozio che invece ha concluso.) ES. compro un anello pensando sia d’oro in realtà è di bronzo; esco danneggiata dal negozio e per questo ho interesse nel farlo dichiarare nullo.  tale negozio viene dichiarato NULLO NON SEMPRE, ma solo A CERTE CONDIZIONI: 1. l’errore non deve essere dovuto a STOLTEZZA/NEGLIGENZA (es. quando il difetto è evidente). 2. l’errore deve ricadere su circostanze rilevanti: - “error in corpore”: che ricade sull’identificazione dell’oggetto del negozio. es. ho in mente un fondo ma sbaglio ad individuarlo/identificarlo e ne compro un altro; - “error in negotio”: quando vi è un fraintendimento sulla natura del negozio.  es. Tizio intende dare denaro a Caio a titolo di mutuo/prestito ma Caio capisce male e crede di riceverlo a titolo di donazione; - “error in persona”: errore che cade sull’identificazione della persona dell’altro contraente.  es. commissiono l’esecuzione di una statua credendo di commissionarla a un determinato abile artista ma si rivela una persona diversa da quella che credevo; - “error in substantia” che ricade sulla sostanza materiale di cui è fatto un bene.  es. credo di comprare un anello d’oro quando è d’ottone; si tratta quindi di sostanze diverse-  circa la sua disciplina vi sono tracce di dispute tra i giuristi, infatti sembra poter essere fatto valere solo nei contratti protetti da azioni di buona fede.  NON RENDE INVECE NULLO L’ATTO: - “error in qualitate”: errore sulla qualità (diverso dall’errore sulla sostanza)  es. credo di comprare un anello d’oro 18 carati ma in realtà è di 14. - “error in nomine”: errore sul nome. - errore sui motivi: errore che cade sulle ragioni soggettive per cui una persona ha concluso un determinato negozio.  Es. il testatore ha lasciato dei beni in legato a tizio credendo fosse un amico di suo figlio, non è così ma il negozio vale comunque - errata descrizione: se nel concludere un negozio descrivo in maniera errata ciò che si sta comprando l’atto è valido. ERRORE DI DIRITTO: se sbagliato spesso porterà le conseguenze. Chi compie un negozio ignorandone la disciplina giuridica subisce le conseguenze della sua 21 ignoranza del diritto  es. se concludo un contratto d’affitto credendo di non dover pagare nulla, l’errore non scusa. Vi sono però delle eccezioni, riguardanti soggetti più fragili come donne, minori, soldati, rustici/ abitanti campagne per la debolezza congenita, la poca attitudine ad intendere la legge o la scarsa opportunità di conoscerla. - VIOLENZA: Si parla sia di VIOLENZA FISICA o ASSOLUTA (es. quando un individuo era costretto con la forza a scrivere una dichiarazione, apporre un sigillo…) ma anche di VIOLENZA MORALE: una costrizione psicologica che consiste nel minacciare di un male grave per spingere un soggetto a concludere un negozio che diversamente non avrebbe concluso  es. Caio dice a Tizio: “se non mi dai il servo Stico, verrò a picchiarti”, quindi Tizio conclude la stipulazione sotto minaccia. - secondo il DIRITTO CIVILE (leggi, senatoconsulti, plebisciti...): il negozio era VALIDO, poiché il soggetto anche se costretto aveva comunque voluto concludere il negozio; - secondo il PRETORE ciò non era equo, per questo corregge il diritto civile concedendo mezzi processuali alla vittima minacciata, ottenendo il risultato di porre nel nulla il negozio – ANNULLARLO (toglie gli effetti al negozio concluso).  I mezzi processuali, che egli offre sono:  L’actio metus (azione di violenza) accordata quando la vittima ha già trasmesso qualcosa.  es. Tizio ha già concesso il servo stico. CARATTERISTICHE: - è un’AZIONE PENALE, quindi anche se infine portava ad una condanna pecuniaria aveva il fine primo di infliggere una pena. La somma di denaro che doveva pagare chi aveva minacciato non voleva risarcire (eliminare le conseguenze economiche dannose per la vittima), bensì lo scopo di punire il colpevole. es. Caio deve pagare un valore pari al quadruplo del valore del servo Stico (se fatto entro l’anno) questo perché l’atto che ha compiuto è un ATTO ILLECITO; - è un’AZIONE IN PERSONAM, poiché faceva nascere un’obbligazione. - vi era una clausola detta CLAUSOLA ARBITRARIA O RESTITUTORIA che come conseguenza faceva sì che quando Tizio agiva contro Caio che gli ha estorto il servo Stico e il giudice si accorgeva della colpevolezza, prima di condannarlo lo invitava a restituire il bene e se Caio decideva di restituirlo non veniva più condannato, in caso contrario era condannato.  quando la vittima della violenza esercitava quest’azione poteva recuperare o il bene perduto oppure una somma in denaro (che si era una punizione per Caio ma anche un risarcimento per Tizio) - È un’azione IN REM SCRITTA (“scritta nella cosa”), ovvero non è esercitata necessariamente contro colui che ha posto in essere la violenza morale.  Es. se Caio esercita la minaccia per far ottenere qualcosa a qualcun altro, come suo fratello, l’actio Metis può essere esercitata contro colui che ha ottenuto il bene, 22 È una clausola che può essere aggiunta a determinati negozi che fa dipendere gli effetti dell’atto dal verificarsi di un avvenimento che deve essere futuro e incerto.  *es. “ti do 100 se la nave verrà dall’Africa” evento futuro e incerto da cui dipendono gli effetti della stipulazione, poiché Tizio sarà davvero obbligato solo se questa condizione si verificherà. OGGI si conoscono 2 condizioni: - Una RISOLUTIVA: che fa cessare gli effetti dell’atto quando si verifica quel determinato avvenimento;  Es. vendo a Tizio il servo Stico con la condizione che se non avrà pagato il prezzo entro 6 mesi tornerà a me.  Più ATTUALE che di diritto romano. - Una SOSPENSIVA: che sospende gli effetti dell’atto fino a che si verificherà quel determinato avvenimento. DI CONDIZIONI SOSPENSIVE ve ne sono di VARI TIPI che possono quindi essere classificati in: - condizioni potestative il cui avverarsi o meno dipende dalla volontà di una delle parti. es. Tizio promette di dare a Caio il servo Stico se si presenterà alle elezioni; -condizioni casuali il cui avverarsi o meno dipende dal caso – veniva equiparata al caso anche la volontà di un soggetto estraneo al negozio.  es. ti darò 100 se verrà una nave dall’africa;  es. prometto di dare il servo stico a tizio se suo fratello si sposerà; -condizioni miste il cui avverarsi o meno dipende in parte dalla volontà di una delle parti e in parte dal caso/dalla volontà di un terzo.  es. prometto di dare il servo stico a Tizio se Tizio sposerà Caia; Si distinguono anche: -condizioni positive : se la formula prevede il verificarsi di un accadimento  es. “se verrà la nave dall’Africa” -condizioni negative : se la formula prevede il non verificarsi di un accadimento  es. “se non verrà la nave dall’Africa”  “Do in legato il fondo Capenate a mia moglie Caia se non si risposerà”  condizione sospensiva, potestativa, e negativa PROBLEMA: la moglie potrebbe sposarsi fino all’ultimo secondo prima di morire quindi come essere sicuri che lei non si sia mai risposata? Solo dopo la sua morte. Essendo così posto il legato, la moglie non lo acquisterà mai in vita, al massimo lo trasmetterà all’erede; infatti era solo un modo che aveva il marito per spingere la moglie a non sposarsi. Il problema fu risolto dal giurista Quinto Mucio Scevola (età repubblicana), che sostenne che la moglie poteva ricevere subito il legato però doveva promettere con 25 stipulazione (cautio Muciana) di restituire i beni ricevuti qualora si fosse risposata. Altra distinzione riguarda: - condizioni illecite : contrarie al diritto  es. prometto di darti 100 se ucciderai Tizio - condizioni turpi : contrarie alla morale  es. prometto di darti 100 se ucciderai Tizio - condizioni impossibili : che prevedono avvenimenti che non si possono verificare (né dal punto di vista naturale né da quello giuridico)  Secondo i giuristi Sabiniani se una di queste condizioni veniva aggiunta a un atto di ultima volontà (testamento) l’atto rimaneva valido e si eliminava solo la condizione per conservare l’atto il più possibile. - condizioni improprie , ovvero che non ricalcano la natura vera e propria delle condizioni e non prevedono un avvenimento futuro e incerto. Quando in una condizione mancano i caratteri dell’incertezza e del futuro tipici della forma della condizione allora non sarà una vera condizione es. “ti darò 100 se tizio vive”  NO VERA CONDIZIONE es. “ti darò 100 se il sole sorgerà”  NO VERA CONDIZIONE, più considerabile come una sorta di termine. Oppure quando la condizione prevede un avvenimento già stabilito dalla legge es. il testatore nomina l’erede “tizio sia erede se vorrà”  condizione già prevista dalla legge, non si aggiunge nulla al negozio. FASI DELLA CONDIZIONE: - condicio pendet – PENDE: l’atto esiste è valido ma inefficace fino al verificarsi della condizione. Se il negozio è destinato a produrre obbligazioni, diritti e obblighi non sono ancora sorti ma sono latenti non è chiaro se il negozio si concluderà quindi, ad esempio Tizio non ha nessun obbligo di dare a Caio il servo Stico e lui non è ancora suo creditore. Se Tizio decide di pagare anticipatamente (rispetto all’avvenimento) risulta che ha pagato un debito che non è nemmeno sicuro di esistere, dunque se si pente, può ripetere, ovvero RICHIEDERE INDIETRO. Ad un certo momento l’incertezza si scioglie e il negozio si conclude di conseguenza - condicio exat – SI AVVERA: l’atto comincia ad essere efficace da ora "ex nunc”, come se fosse stato compiuto al momento dell’avveramento, non “ex tunc”, dal momento della conclusione. La promessa di Tizio di dare una cavalla a Caio, essendo efficace come se fosse fatta al momento e non due anni fa, non include i nuovi nati della cavalla, che resteranno quindi a Tizio. - condicio deficit – NON SI AVVERA: l’atto è come se non si fosse mai concluso - condizione risolutiva: Se Tizio concorda con Ciazio di vendergli uno schiavo per 100 con clausola che se a fine mese non avrà pagato il prezzo lo schiavo ritorni a Tizio, automaticamente si scioglie 26 il rapporto e il diritto sullo schiavo ritorna a Tizio  condizione che si sviluppa solo col diritto giustinianeo.  TERMINE (dies): È una clausola che si può aggiungere ad alcuni tipi di negozi che fa dipendere gli effetti dell’atto dal verificarsi di un avvenimento futuro e certo es. prometto di darti il servo Stico il 10 giugno Il termine si differenzia in: - termine sospensivo (iniziale) es. con contratto di comodato presto a tizio il mio cavallo a partire dal 10 giugno. Gli effetti sono sospesi in maniera meno radicale  es. prometto di dare il servo stico a Tizio il 10 giugno; se decido di darlo prima, il mio debito esiste già (si dice che diritti e obblighi sorgono) ma è sospesa l’esigibilità: Tizio non può esigere che io adempia prima del temine, ma se io decido di darlo prima, non posso ripetere - termine risolutivo (finale) es. presto il mio cavallo a tizio fino al 10 luglio. - Termine proprio : clausole che seguono le regole del termine (avvenimento certo e futuro) Dev’essere CERTO RIGUARDO AL SE si verificherà o no l’avvenimento ma può essere SIA CERTO CHE INCERTO NON QUANDO l’avvenimento si verificherà. 1. Es il 10 luglio (certo il se, certo il quando) 2. Es quando tizio morirà (incerto il quando ma non l’avvenimento in sé) - Termine improprio = clausole che seguono le regole della condizione. 1. ES. quando mio figlio compirà 16 anni (è incerto il se ma non il quando) potrebbe non arrivare ai 16 anni dunque è un termine improprio perché cela una condizione “se compirà 16 anni” 2. ES: quando Caia si sposerà (è incerto il se e anche il quando) non si sa né se si sposerà né quando si sposerà.  MODO o onere (modus) Clausola che impone un certo comportamento al beneficiario di un atto di liberalità (atti in cui si attribuisce gratuitamente un vantaggio ad un'altra persona) es. legato, testamento, fedecommesso, donazione es. Tizio sia mio erede e mi costruisca un monumento Anche se il destinatario del modo non ha tenuto il comportamento che gli è stato imposto, l’atto produce comunque effetti es. anche se Tizio non costruisse il monumento gli arriverebbe comunque l’eredità ( questo 27 - NEGOZIO NULLO, un negozio che nasce privo di effetti  la nullità può essere fatta valere sempre e il giudice pronuncia una sentenza dichiarativa, ovvero che non modifica la realtà. - NEGOZIO ANNULLABILE, un negozio che produce i suoi effetti fino a quando non viene annullato  il negozio può essere impugnato e il giudice pronuncia l’annullamento attraverso una sentenza costitutiva, perché toglie efficacia ad un atto che inizialmente ha prodotto effetti. questo è un concetto che non esisteva nel diritto romano ma che si realizzava comunque quando il pretore andava a neutralizzare il diritto civile PONENDO NEL NULLA un negozio valido per il diritto civile ma di cui egli annullava gli effetti. - NEGOZIO INEFFICACE, si può intendere o in senso largo come negozio che non produce effetti ( così anche il negozio nullo lo è) o in senso stretto anche come negozio valido (non viziato) i cui effetti sono però sospesi (es. negozio sottoposto a condizione sospensiva o a termine sospensivo; testamento)  C’è comunque la possibilità di sanare un negozio invalido, o attraverso ratifica o attraverso conversione: - Ratifica: ad esempio nei negozi in cui serviva la volontà del soggetto proprietario ed un altro soggetto dà a pegno una cosa altrui senza consenso del proprietario, il negozio è invalido MA se il proprietario dà il suo consenso l’invalidità viene sanata - Conversione: quando un negozio che come tale sarebbe invalido ma che può valere se trasformato in un altro negozio che serve allo stesso scopo e del quale ha requisiti. 3. PARTE PRIMA DELLE PERSONE I. LE DIVISIONI DEL DIRITTO DELLE PERSONE Seguendo le istituzioni di Gaio, si nota che la 1^ parte è dedicata al diritto delle persone, la 2^ parte al diritto delle cose (diritti reali come contratti e diritti di successione come testamento), la 3^ parte alle obbligazioni (rapporto debito credito) e l’ultima parte al processo privato. - DIRITTO delle PERSONE: 1. Parlando di diritto delle persone è necessario affrontare una prima DISTINZIONE TRA LIBERI E SCHIAVI:  LIBERI : la condizione necessaria per la soggettività giuridica è essere in possesso dello status libertatis. In realtà, non tutti i liberi però si trovano nella medesima condizione; si differenziano infatti: - INGENUI : soggetti che sono nati liberi 30 - LIBERTI : ovvero gli schiavi liberati. Essi rimanevano comunque legati al patrono da un vincolo di patronato che imponeva loro limitazioni e obblighi. Liberi si poteva sia nascere che diventare - Si nasce liberi quando si nasce da un matrimonio legittimo (sia padre sia madre liberi, ad ogni modo si guarda alla condizione paterna) o da unione illegittima quando guardando alla condizione della madre al momento del parto, la madre è libera (in seguito anche se la madre era stata libera anche solo per un breve momento della gravidanza grazie al favor libertatis). - Si diventa liberi quando uno schiavo viene liberato o attraverso un atto compiuto liberamente dal padrone, detto manomissione, o in automatico: quando un servo viene liberato per la legge o perché gli viene dato un premio (magari per aver denunciato i responsabili della morte del suo padrone), o per punire il comportamento del dominus (che magari aveva maltrattato lo schiavo o lo aveva abbandonato se malato.  SCHIAVI Erano l’estremo opposto dei liberi ed erano equiparati alle cose – res mancipi – e sottoposti al dominus, quindi di sua proprietà. Anche per la questione della schiavitù, schiavi si nasce o si diventa. - Si nasce schiavi quando si nasce da un’unione illegittima e la madre è schiava - Si diventa schiavi con la capitis deminutio massima con la quale viene persa non solo la libertà ma anche la cittadinanza romana e i legami familiari. Ciò può accadere: - a causa della prigionia di guerra, che poteva riguardare sia il nemico catturato dai romani sia il cittadino romano fatto prigioniero dal nemico.  Rispetto a quest’ultimo sono state trovate norme a favore per permettergli alcune possibilità avendo combattuto per la patria, ovvero: > il diritto di postliminium, per il cittadino romano che riusciva a fuggire dopo esser stato fatto prigioniero e tornare in patria, che poteva così recuperare i diritti perduti, tranne per il matrimonio e il possesso, che doveva riacquistare. > la finzione della legge Cornelia, per il cittadino che romano moriva fuori dalla patria al quale si poneva un problema che riguardava la successione. Infatti, generalmente, o si faceva testamento o si apriva la successione senza testamento/legittima, che includeva i parenti più stretti. Il problema è che questo cittadino romano morto fuori dalla patria in condizioni di schiavitù non aveva più legami familiari né diritti e affinché il testamento fosse valido il testatore doveva avere capacità di testare in 2 momenti: il primo quando faceva testamento, il secondo al momento della morte, cosa che questo cittadino romano catturato non poteva fare. Per sopperire a questo problema bisognava fingere che il cittadino fosse morto poco prima del momento della cattura, quindi quando ancora era libero. - In caso di condanne penali particolarmente gravi, come la condanna a morte o ai lavori forzati a vita; 31 - Per disposizioni di legge. Ad esempio, un senatoconsulto Claudiano stabiliva che se una donna libera aveva una relazione con uno schiavo e sebbene fosse stata per 3 volte richiamata all’ordine non avesse smesso, diveniva schiava anche lei, ed era acquistata come schiava dal proprietario dello schiavo maschio con il quale aveva intrattenuto tale relazione.  L’ATTIVITA’ PATRIMONIALE DI UNO SCHIAVO: Gli schiavi sono oggetto di diritti patrimoniali pur non essendo soggetti di diritti quindi non avendo né diritti né obblighi; in quanto cose pensanti di fatto COMPIONO ATTI GIURIDICI i cui effetti però non possono ricadere su di loro. Parlando di effetti, si differenziano quelli degli atti vantaggiosi, i quali ricadono sul padrone, e degli atti che creano obbligazione. Per questi atti, di regola il padrone non risponde, essendo che i sottoposti dovevano portargli solo vantaggi e non svantaggi, ma in ogni caso il servo non avendo capacità giuridica non era per nulla obbligato. La sua unica obbligazione era un’OBBLIGAZIONE NATURALE, così chiamata perché non c’era un mezzo giuridico per farla valere, quindi di fatto il creditore non poteva agire in giudizio contro il debitore schiavo, ma se il servo spontaneamente pagava, il creditore aveva il diritto di trattenere ciò che aveva ricevuto, si parla infatti di trattenimento del pagato. In conclusione, nella realtà dei fatti c’è quindi un’obbligazione poiché il servo non può ripetere ciò che ha dato. ECCEZIONI: in determinati casi vengono concesse delle azioni che consentono al creditore che ha concluso un negozio con il servo di agire direttamente contro il padrone. Tali azioni sono dette azioni di responsabilità aggiunta; si tratta di sono tutti i casi nei quali si considera che il padrone o implicitamente o esplicitamente abbia autorizzato il servo a concludere il negozio da cui è nato il debito. I casi sono vari: - Il padrone ha preposto (messo a capo) il servo a imprese (attività commerciali o di trasporto marittimo). In questi casi, se il padrone ha posto a capo di un’impresa il servo lo ha implicitamente autorizzato a concludere dei negozi/atti/contratti, e se ciò accade in maniera svantaggiosa si ritiene giusto che il creditore possa agire contro il padrone del servo con un’AZIONE ISTITORIA (per il commercio terrestre) O ESERCITORIA (per un’impresa di trasporto marittimo). - Il padrone ha dato al servo un peculio, ovvero un insieme di beni che i padroni usavano dare ai servi da amministrare. Il servo era detentore/possessore naturale di questi beni, in quanto soggetto che deteneva dei beni altrui consapevole che tali beni appartenevano ad altri. Rispetto a questi beni poteva alienare la proprietà (trasmettere) in capo al padrone di cose nec mancipi senza che il padrone potesse farci niente, dunque il peculio poteva accrescere o diminuire a seconda degli affari fatti dl servo. Se il padrone gli aveva dato un peculio si considerava che implicitamente l’avesse 32 - Artificiales (fabriles, pictoriae), ovvero quelle comportanti l’esercizio di un’arte, e possono essere promesse anche da un terzo - Officiales, quelle comportanti l’esercizio di attività domestiche Esse non devono essere troppo onerose o nocive (il pretore è intervenuto con apposito editto per moderare le pretese dei padroni); si trasmettono ai figli del patrono eredi e, se assunte con stipulazione, anche agli eredi estranei. Nel diritto giustinianeo non vi è più traccia del giuramento. Infine, già in forza delle XII tavole, se il liberto moriva senza testamento e non aveva figli i suoi beni andavano al patrono e in mancanza ai suoi figli. Vi sono però anche degli obblighi a carico del patrono, come ad esempio quello di non muovere un’accusa capitale contro il liberto pena la perdita di talune aspettative successorie ed il dovere degli alimenti reciproco.  Il rapporto di patronato si estingue alla morte del liberto, i suoi figli sono liberi e ingenui. 2. parlando di diritto delle persone è necessario distinguere anche PERSONE SUI IURIS E ALIENI IURIS: - SUI IURIS (letteralmente “di proprio diritto”): queste persone non sono sottoposte al potere di una pater es. padre di famiglia che non ha più al di sopra di sé né suo padre né i suoi avi; figli emancipati; soggetti di cui il pater era caduto in schiavitù. Anche la donna poteva esserlo se emancipata, ma non poteva essere capo di una famiglia. - ALIENI IURIS (letteralmente “di diritto altrui”): sono individui sottoposti al potere di un pater.  es. Sono dunque soggetti alieni iuris: figli e figlie, nipoti nati da figli maschi, pronipoti nati dai nipoti maschi. I figli delle femmine erano sotto la patria potestà della famiglia del padre, in quanto il vincolo di parentela è quello che lega i parenti in linea maschile (agnati: parenti in linea maschile che discendono da un unico pater), infatti benché una donna potesse essere sui iuris, la patria potestà si trasmetteva solo per linea maschile. > SUI IURIS Il pater familias è una persona sui iuris ed ha vari tipi di potestà: - patria potestà per i figli - manus per la moglie - mancipium per i soggetti liberi appartenenti ad un’altra famiglia - dominium per gli schiavi Patria potestà: Essa si acquista sui figli legittimi, non su quelli nati fuori dal matrimonio, ma anche sui figli adottati con l’adrogatio (che consisteva nell’adozione di un pater ad un altro pater, durante la quale il pater adottato entrava nella potestà del nuovo pater). Inizialmente questo potere è spropositato (si trattava di diritto di vita o di morte sui figli) ma man a 35 mano lo Stato toglie alla potestà del padre alcune punizioni definite di una gravità competente solo allo Stato stesso ed il potere si ridimensiona. La patria potestas si estingueva quando: - Il pater familias moriva o subiva una capitis deminutio - Quando il figlio veniva dato in adozione - Quando il figlio veniva emancipato  Non esiste dunque una maggior età per cui automaticamente il figlio si può liberare dalla potestas del padre. CURIOSITA’: Se il pater familias era un malato di mente, in epoca arcaica probabilmente perdeva la patria potestas ma in epoca classica la manteneva. Emancipazione: Si tratta di un atto complesso che sfruttava una disposizione contenuta all’interno della legge delle 12 tavole dove si stabiliva che se il pater avesse mancipato per 3 volte consecutive il figlio avrebbe perduto la patria potestas. Inizialmente questa disposizione aveva scopo punitivo (per scoraggiare il padre a vendere temporaneamente un figlio per trarne vantaggio). Tuttavia, la norma fu sfruttata dagli antichi giuristi in modo che permettesse al padre che voleva di liberare il figlio di farlo (non per vendita). si trattava di una triplice mancipatio per la liberazione del figlio maschio mentre per la figlia femmina o nipoti/pronipoti ne bastava una.  PRIMA MANCIPATIO: il pater mancipa il figlio ad un fiduciario (secondo un accordo con una persona di fiducia), il figlio cade presso di lui in mancipio. Il fiduciario poi lo manomette (stesso atto per liberare gli schiavi), ed il figlio ritorna quindi in potestà di suo padre. Si ripete per la SECONDA MANCIPATIO; la TERZA MANCIPATIO estingue la patria potestas (per la norma della legge delle 12 tavole). In questo momento il figlio è ancora in mancipio, per non far sorgere i legami della manomissione, il fiduciario riemancipava il soggetto sotto suo mancipio al padre, il quale in seguito lo manomette. Si crea così una specie di rapporto di patronato tra l’ex pater e il figlio.  il padre rimane suo patrono (e nel caso di un impubere suo tutore). Manus: Si chiama manus il potere che il pater esercitava sulle donne che si sposavano come la moglie e la nuora (moglie dei suoi figli maschi). Questo potere non deriva automaticamente dal matrimonio, piuttosto il matrimonio è accompagnato dall’acquisto della manus  Si intende per matrimonio il fatto di un uomo e una donna che vivono insieme considerandosi marito e moglie. L’acquisto della mano poteva avvenire in 3 modi: 36 - Attraverso la coemptio, un’applicazione della mancipatio: un atto che forse inizialmente consisteva in una vendita reale della donna ma che viene in seguito concepita più come una vendita immaginaria. - Attraverso la confarreatio: una solenne cerimonia religiosa nella quale si spezzava e mangiava insieme un pane di farro e si comprava la manus. - Attraverso l’usus: l’acquisto della manus attraverso una convivenza ininterrotta tra marito e moglie per un anno. La conseguenza giuridica dell’acquisto della manus è che la donna usciva dalla famiglia d’origine e passava sotto altrui proprietà. In un primo periodo si produceva quindi una parentela giuridicamente rilevante: la donna si considerava figlia del marito e dunque sorella dei propri figli (agnati) questo principalmente perché i soggetti chiamati al primo posto nel testamento senza eredi erano i discendenti/i figli. In questo nodo se il marito moriva, all’apertura della successione ereditaria la moglie era considerata al pari dei figli quindi poteva succedere anche lei, così come poteva succedere anche in caso di morte dei figli, considerati appunto come fratelli. La donna convenuta in manum poteva essere in precedenza o sottoposta alla potestà del padre, e in questo caso si estingueva la patria potestas, o una donna sui iuris. In quest’ultimo caso invece, la donna poteva avere dei beni/un patrimonio, questi passavano con la manus al marito o al suo (di lui) pater. si tratta di una successione a titolo universale (quando il successore subentra in tutti i rapporti giuridici). Ad un certo punto si ritiene inappropriato che al matrimonio si accompagnasse la manus e l’istituto infatti decade nel corso del tempo. Tra gli stratagemmi per escludere la manus vi erano metodi come: - tralasciare gli atti solenni (coemptio, conferreatio) - per superare il problema dell’usus si faceva l’usurpatio trinoti: la donna usciva per tre notti dalla casa del marito così da minare alla continuità annuale della convivenza. Nelle istituzioni di Gaio si vede la trasformazione del matrimonio che diventa sine manus grazie al quale la donna rimane nelle stesse condizioni in cui si trovava prima del matrimonio. L’aspetto “negativo” del matrimonio sine manus era però che così non si stabilivano rapporti di parentela con il marito e con i figli (solo parentela di sangue - cognati), dunque non vi erano i privilegi successori sopracitati. Mancipium: si tratta del potere esercitato su persone in mancipio, ovvero soggetti liberi, appartenenti ad altre famiglie e mancipati dal loro padre per motivi diversi - a titolo di vendita vera (per un prezzo) - a titolo di vendita fiduciaria (nel corso dell’atto dell’emancipazione ma anche nell’adozione) - a titolo di dazione a nossa (quando un figlio di famiglia commetteva un delitto, il pater poteva fare la mancipatio del figlio alla persona offesa.  lavorando per la vittima si pensa 37 L’istituto decade solo in epoca postclassica con Costantino, ma comunque era andato nel tempo ridimensionandosi: Augusto: concorda l’esenzione dalla tutela la donna che abbia partorito 3 figli (4 se liberta) diritto dei tre figli. Claudio: abolisce la tutela degli agnati, tranne quella del patrono sulla liberta. In epoca antica il marito probabilmente lasciava alla moglie l’opzione del tutore (poteva sceglierlo lei) attraverso un’applicazione della coemptio, usata anche quando il tutore si rifiutava di prestare l’auctoritas. Si tratta della coemptio fiduciae causa, con cui la donna si faceva acquistare fittiziamente sotto la manus di una persona di sua fiducia che poi la manometteva e rimaneva così suo tutore.  Con la scomparsa della tutela, le donne si trovano nella stessa condizione dei maschi puberi, dunque per i minori di 25 saranno affiancati entrambi da un curatore. CURA DEI MINORI DI 25 ANNI: quest’istituto era volto dapprima a proteggere solo i maschi divenuti puberi; il raggiungimento del 14 anno d’età conferiva ad essi piena capacità di compiere atti giuridici e quindi di disporre del proprio patrimonio. Con l’ampliamento dei traffici economici si inizia a credere che il ragazzo non sia in grado di gestire da solo il suo patrimonio; il primo intervento proviene quindi dalla legge pubblica: la lex Laetoria del 200 a.C. che stabilisce una sanzione pecuniaria a carico di chi abbia concluso un atto con un minore di 25 anni attraverso il raggiro, arrecandogli pregiudizio. Questa legge tuttavia non rende invalidò l’atto quindi il minore è comunque tenuto a adempiere. Successivamente il pretore concede al minore la restituzione in integro nel caso in cui egli abbia già spontaneamente adempiuto all’atto; a completamento il pretore accorda al minore un’eccezione quando questo viene chiamato in giudizio per neutralizzare la pretesa della controparte. Per proteggere i minori e per rassicurare le potenziali controparti si pensa di affiancare al minore di 25 anni un curatore, dato dal magistrato. Esso in principio non è obbligatorio ma volontariamente scelto dal minore, mentre da Marco Aurelio pare che il curatore assuma funzione permanente anche se resta in dubbio l’obbligatorietà, essendo che il curatore è importo dal magistrato solo in taluni casi (in caso di giudizio) e vi può essere sia un curatore generale che uno specifico nominato caso per caso purché il minore lo voglia.  i rapporti tra minore e curatore sono regolati dall’actio negotiorum gestorum. Con la scomparsa della tutela del sesso anche le donne vengono affiancate dopo i 112 anni da un curatore fino ai 25. In realtà, per maschi e femmine è disciplinata da Costantino l’indulgenza dell’età, che fa si che se si dimostra una conseguita maturità, la maggiore età e quindi la piena capacità di agire può essere concessa prima, a 18 o 20 anni (se femmine o maschi). CURA DEI FURIOSI: 40 Per disposizione delle 12 tavole, il pazzo e lo scialacquatore sui iuris sono sottoposti alla cura degli agnati. successivamente: - Per il pazzo si ammettono anche la cura testamentaria e magistraturale, ma è il magistrato che in via definitiva conferma il curatore  curatore: amministrazione del patrimonio. - Per lo scialacquatore, la cura deve essere preceduta da un provvedimento magistraturale che interdice al prodigo l’amministrazione dei suoi beni (gli è consentito compiere atti vantaggiosi) > ALIENI IURIS: SERVI, FIGLI, MOGLIE, PERSONE LIBERE PROVENIENTI DA ALTRA FAMIGLIA E MANCIPATE AL PATER - I FIGLI: Soggetti che, se maschi hanno piena capacità di diritto pubblico (sono elettori, magistrati e possono svolgere funzioni pubbliche) ma non hanno capacità di diritto privato. fino all’ultima età repubblicana i figli come gli schiavi sono privi di capacità giuridica ma hanno capacità di agire, non possono essere titolari di cose corporali e crediti ma sono strumenti di acquisto; attraverso l’attività negoziale i figli possono solamente migliorare la condizione del padre, non renderlo debitore. Anche per i figli come per gli schiavi, dall’obbligazione naturale si ricavano con l’azione pretoria una serie di azioni con cui il creditore può agire nei confronti del pater se ha posto in essere un atto con un figlio generante obbligazioni che non possono essere colmate dal figlio. a differenza degli schiavi, per i figli di famiglia la situazione è in movimento: a partire dalla fine dell’età repubblicana si fa strada il principio per cui i figli di famiglia possono contrarre obbligazioni civili, dunque il creditore può convenire in giudizio il figlio, in quale può stare in giudizio ed essere condannato. Tuttavia, la mancanza di un suo patrimonio può limitare fortemente fino ad impedire il soddisfacimento del creditore. È accordata inoltre al figlio la facoltà di agire in giudizio per particolari emergenze. I cambiamenti più profondi avvengono con Augusto ed il peculio castrense: beni acquisiti dal figlio in qualità di milite (soldo, donazioni, bottino); questi beni avrebbero dovuto essere stati acquistati dal padre ma se ne riconosce la piena disposizione ai figli con possibilità di alienarli, contrarre con essi obbligazioni civili, e disporne per testamento.  il figlio di famiglia può disporre con testamento militare e civile del peculio castrense. In assenza di testamento i beni andranno al padre. Questo tipo di nuova autonomia patrimoniale resta viva fino all’età postclassica. Costantino poi prende una serie di provvedimenti per far si che il figlio non disponesse solo del peculio castrense ma anche di tutti i beni da egli acquisiti per essere funzionario di palazzo, avvocato, ecclesiastico o professionista, i peculi quasi castrensi. Inoltre, l’imperatore dispone che siano sottratti al padre i beni pervenuti al figlio dalla madre: il padre potrà percepirne i frutti ma non potrà alienarli (bona materna); questa legge risulterà valida per altri imperatori anche riguardo ai beni provenienti da ascendenti materni e a causa di matrimonio o fidanzamento. > ETA’ GIUSTINIANEA: - peculio castrense valido, con l’aggiunta che anche in assenza di testamento questi beni vanno comunque ai discendenti del figlio, ai fratelli o in mancanza agli ascendenti. 41 -peculio quasi castrense  equiparato al castrense, rientrano i beni provenienti da retribuzioni dello Stato. -peculio avventizio comprende i beni acquistati dal figlio senza facilitazioni paterne. La nuda proprietà è del figlio con riserva di usufrutto paterno. - peculio profettizio concerne beni acquistati con mezzi paterni ed appartengono al padre secondo gli antichi principi. - LA MOGLIE IN MANUS: La manus non veniva automaticamente acquistata con il matrimonio. Vi erano 3 atti possibili per acquistarla (coemptio, confarreatio, usus), ma in ogni caso, se vi era l’acquisto della mano la donna se era alieni iuris rimaneva tale, se era sui iuris (perché emancipata) perdeva la sua condizione giuridica e diveniva alieni iuris, occupando la posizione di agnata in primo grado in linea retta discendente rispetto al padre marito e agnata collaterale di secondo grado rispetto ai figli fratelli. la manus se costituita con confarreatio si poteva estinguere con un atto detto diffarreatio; se costituita con coemptio poteva perdersi per una remancipatio fatta dal marito al padre della donna; se costituita con usus attraverso la manomissione. Gaio attesta che la moglie in manu (come i figli) poteva essere trasferita ad altri con la mancipatio ad esempio se commetteva un delitto. In caso di successione per morte del marito, la donna diventava sui iuris e poteva così acquistare dei beni, sempre però affiancata da un tutore che poteva esserle assegnato dal marito in testamento. - LE PERSONE IN MANCIPIO: si tratta di una categoria di persone omogenea dallo status ambiguo. Nel tempo questa categoria declina perché alla sua base vi è il potere del padre di mancipare i sottoposti a scopo di lucro, garanzia, per spostamento di forza lavoro, per sopperire ad un delitto (dazione a nossa) e per compiere atti di adozione ed emancipazione.  le persone in mancipio sono in condizione semiservile, infatti se ne può uscire solo con la manomissione ma libertà e cittadinanza non vengono perdute (queste persone si possono sposare e i loro figli non seguiranno la loro condizione). II. MATRIMONIO, DIVORZIO, DOTE, DONAZIONE NUZIALE 1) MATRIMONIO: “il matrimonio è unione di uomo e donna, consorzio di tutta la vita, comunione di diritto divino ed umano” “le nozze o matrimonio sono la congiunzione dell’uomo e della donna che implica una inseparabile unità di vita” 42 Nell'età arcaica e prima età preclassica fu notevolmente limitato il divorzio data la severità dei costumi; nonostante le documentazioni non siano esaustive ci sono pervenute alcune norme fatte risalire a Romolo che consentivano il marito di ripudiare la moglie in presenza di cause come: l'adulterio, il procurato aborto e il possesso delle chiavi della cantina (in quanto la donna era accompagnata dal tabù del vino inteso come veicolo di adulterio e possibili figli adulterini).  Il ripudio fuori di questi casi comportava per il marito alla perdita del patrimonio. Solo con le profonde trasformazioni seguenti all'espansionismo il divorzio comincia a diffondersi: Gaio afferma che era consolidata una dichiarazione di ripudio orale, pronunciato davanti a testimoni oppure comunicato in forma scritta. L'avvento degli imperatori tardo imperiali porta una disciplina del divorzio progressivamente più restrittiva con l'etica cristiana che propugna l'indissolubilità del vincolo matrimoniale  Costantino: introduce il concetto di divorzio illecito punito ma che comunque conserva il suo effetto risolutivo; tralascia però come lecito il divorzio consensuale i alcuni casi di ripudio per causa colpevole dell’altro coniuge (il marito poteva ripudiare la moglie se adultera, somministratrice di veleni o mezzana; la moglie poteva ripudiare il marito se questi si era macchiato di omicidio si era somministratore di veleni o violatore di sepolcri).  Giustiniano poi ridisciplina l'intera materia distinguendo 4 tipi di matrimonio che si sciolgono per il divorzio: 1. Quelli che si sciolgono per consenso comune  il divorzio e lecito 2. quelli che si sciolgono per una occasione ragionevole, detti Bona gratia  le cause devono essere cause incolpevoli come la vita monacale, l'impotenza e la prigionia e solo per queste cause il divorzio è lecito. 3. quelli che si sciolgono per una causa giusta  la causa giusto e la colpevolezza dell’altro coniuge per questo, questo tipo di divorzio è lecito.  Giustiniano nel novella 117 del 542 enumera 7 comportamenti femminili che consentono al marito il ripudio (attentato all'imperatore, adulterio, attentato alla vita del coniuge, l'andare a banchetto e il bagno con altri uomini contro la volontà del marito, il recarsi a spettacoli pubblici contro la volontà del marito e andare abitare presso terzi che non fossero genitori) e 5 comportamenti maschili (tradimento allo stato, attentato alla vita della moglie, tentativo di prostituzione, falsa accusa di adulterio, ostentato e il reiterato tradimento sotto lo stesso tetto e fuori) 4. quelli che si sciolgono senza causa  Si tratta dei ripudi ingiustificati che sono illeciti ma efficaci e causano a ripugnante gravi bene come la reclusione in un convento o la perdita del patrimonio. Quanto al divorzio consensuale senz'altro consentito in una novella precedente non si può non considerare che nella successiva novella anch'esso viene sanzionato pesantemente salvo il caso che i coniugi vi ricorrano per voto di castità. Il matrimonio produce effetti che possono personali e patrimoniali. Moglie e marito non sono in una posizione paritaria ma in età tardo imperiale giustinianea fu 45 accentuato uno sviluppo teso a rafforzare la posizione della donna in quanto moglie, madre ed eventualmente vedova. Effetto di carattere personale del matrimonio era sicuramente la manus: il matrimonio non la costituiva ma ne era condizione necessaria; essa rendeva la moglie agnata e la collocava in un luogo di figlia del capo famiglia quindi sorella dei propri figli; la moglie doveva risiedere nella casa del marito, ne acquistava il rango sociale e aveva l'obbligo di fedeltà coniugale. Nella mentalità antica mentre l'adulterio muliebre è sempre stato pesantemente sanzionato, il marito non commetteva adulterio se aveva relazioni con donne di basso rango. Sposato o celibe che fosse non poteva avere invece relazioni concubinarie con donne ingenue ed oneste anche se non coniugate, in questo caso pure l'uomo incorreva nei reati di stupro o adulterio. Da sottolineare è che tra marito e moglie non potevano intentarsi azioni infamanti come quelle di ingiuria o furto. Effetti patrimoniali del matrimonio cum manu riguardano il fatto che la moglie, nonostante prima potesse essere un soggetto sui iuris, attraverso la manus diventava alieni iuris, non avendo più alcuna capacità patrimoniale. Con l'avvento del matrimonio libero, la moglie se sui iuris, quindi titolare di un patrimonio, ne conservava la titolarità e il potere di disposizione. 3) DOTE: Con il termine dote si intende il complesso di beni che la moglie, per un dovere sociale e cogente sfumante nel dovere giuridico, portava al marito. Lo scopo era quello di contribuire agli oneri del matrimonio e ai figli; tali beni potevano appartenere alla donna stessa se sui iuris oppure ad estranei [DOTIS AVENTICIA] o più frequentemente al padre o all'ascendente [DOTIS PROFECTICIA] (si vuole che Giustiano abbia imposto al padre l'obbligo giuridico di conferire la dote). La dote poteva consistere in beni immobili, mobili ma anche in cose incorporali quindi diritti di credito o usufrutto; essa veniva direttamente data ovvero il costituente trasferiva la proprietà con gli atti necessari (mancipatio, in iure cessio, traditio), oppure prima era promessa o attraverso la stipulazione (dotis promissio) o con un apposito atto solenne detto dotis dictio. In principio la proprietà della dote consegnata era del marito o dell'avente potestà e non sussisteva l'obbligo della restituzione in caso di scioglimento del matrimonio. Nel tempo però si precisano i termini del rapporto: il marito è sempre proprietario, percepisce i frutti naturali e civili ma è tenuto ad amministrare il secondo il criterio della diligenza media, non può alienare gli immobili senza il consenso della moglie e soprattutto è imposto a lui e ai suoi eredi l'obbligo della restituzione; l'azione che sanziona tale obbligo è un'azione di buona fede detta actio rei uxoriae. In caso di dote profecticia, il diritto di restituzione è alla moglie se viva, altrimenti è al padre di lei; se anche quest’ultimo è morto, la dote resta al marito. In caso di dote adventicia, Il diritto alla restituzione è esclusivamente della moglie se il matrimonio si è sciolto per divorzio morte del marito; se per morte della moglie la dote resta al marito. 46 La restituzione della dote poteva essere disciplinata anche in un altro modo, quando cioè il costituente si faceva promettere dal marito la restituzione con apposita stipulazione. In questo caso era il titolare di credito o i suoi eredi che potevano pretendere la restituzione con l’actio ex stipulato, e anche l'estraneo costituente aveva diritto alla restituzione. Per evitare contenziosi al momento della restituzione si poteva fare la stima della dote ovvero valutare in denaro i beni dotali: lo scopo era quello di consentire al marito la disposizione dei beni con il solo obbligo di restituire il controvalore in denaro o fissa anticipatamente la somma massima del Risorgimento in caso di perdita colpevole dei beni. Riguardo alla ‘retentiones’, le trattenute sulla dote che il marito può chiedere e ottenere in base all’equità, troviamo come cause lo scioglimento del matrimonio per colpa della donna, la richiesta (alla morte della moglie) da parte del padre di riottenere la dote, per cui il marito poteva richiedere di trattenere tanti quinti quanti sono i figli, oppure i cattivi costumi della moglie.  DONAZIONE NUZIALE: In età postclassica si afferma un altro istituto speculare alla dote, si tratta della ‘donazione prima delle nozze’ che non è da confondersi con i regali di fidanzamento. Si tratta di una donazione fatta prima delle nozze perché se fatta dopo sarebbe stata nulla in quanto al divieto di donazione tra coniugi; era la donazione che il futuro sposo faceva alla futura sposa, una sorta di contro dote avente anch'essa lo scopo di contribuire al matrimonio e provvedere alle necessità della moglie in caso di premorienza del marito. Giustiniano ammette che durante il matrimonio essa possa essere incrementata e a certe condizioni anche costituita, da qui il cambiamento del nome in ‘donazione per le nozze’. 4. PARTE SECONDA DELLE COSE (LA PROPRIETA’ E GLI ALTRI DIRITTI REALI – IL POSSESSO) I. SISTEMATICHE, DIVISIONI, PARTIZIONI E DEFINIZIONI Tutto il diritto privato appartiene a persone, cose e azioni. Le cose (“res”), ovvero i beni, sono oggetto di diritti patrimoniali. Nella loro trattazione le opere giuridiche includono i modi di acquisto delle singole cose, i diritti reali limitati ma anche la materia di successioni e di obbligazioni.  Gaio introduce riguardo alle cose una distinzione tra: - COSE CORPORALI: cose che si toccano, che possono essere oggetto di consegna e quindi di possesso e usucapione, che sono l’oggetto dei diritti patrimoniali. 47 Si considera PROPRIETA’ il diritto di disporre e godere in maniera piena ed esclusiva di un bene. I romani non conoscono LA proprietà, bensì LE proprietà; in età preclassica/classica si possono notare 3 forme di proprietà, quindi 3 situazioni dove si può dire che il soggetto godeva in maniera piena ed esclusiva di un bene. - 1. PROPRIETA’ CIVILE: detta “dominio per il diritto dei quiriti” (antichi romani)è diritto esclusivo dei cittadini romani (inizialmente solo sui iuris in seguito anche per i figli con peculio). Se un non cittadino partecipava ad un atto di trasmissione della proprietà poteva ricevere solo il possesso (con la traditio), non la proprietà. La proprietà civile si poteva avere su tutte le cose mobili e solo sui fondi in suolo italico (no province). - 2. PROPRIETA’ PRETORIA: signoria assicurata dal pretore a un soggetto non proprietario per lo ius civile, ma che è un possessore di buona fede che diverrà proprietario nel tempo con l’usucapione che nel frattempo viene tutelato dal pretore e posto nella posizione di proprietario. - 3. PROPRIETA’ PROVINCIALE: concessione di fondi situati in provincia a soggetti privati, i concessionari che dovevano pagare un canone; essi dal punto di vista dei diritti erano nella situazione del proprietario.  A partire dal periodo tardo classico inizia un processo di unificazione e la proprietà ritorna ad essere unica. “dominium” “proprietas”. 1. PROPRIETA’ CIVILE Esprime il diritto di proprietà esclusivo dei cittadini romani; questa distinzione è rilevante fin quando, prima dell’editto di Caracalla del 212 i cittadini erano pochi. In origine si tratta di un ambito potestativo tendenzialmente illimitato: non è gravato da imposta e secondo i giuristi medievali il dominium si estendeva “fino alle stelle e fino agli inferi”, ovvero sopra e sotto il fondo (casa, oro sottosuolo). Il proprietario poteva usare la cosa, acquistare i suoi frutti, che potevano essere naturali (frutteto) o civili (canone di affitto di locazione) e può anche distruggere la sua cosa.  Questa estesa potestà era comunque soggetta a limiti; questi limiti erano dovuti a: - Ragioni di sicurezza (limiti di altezza delle case o distanza tra loro) - Ragioni di pubblica utilità (manutenzione delle strade, espropriazione), - Ragioni di garanzia dei rapporti di vicinato.  Con tale potere interferiscono dunque dei principi generali, come: - il divieto di emissioni: “è lecito fare nel suo fin quando non ci si immetta nell’ altrui”  dunque il divieto di immettere nell’altro fondo rumori, odori sgradevoli ecc., ma in realtà erano vietate solo le emissioni straordinarie. - divieto di atti emulativi, atti compiuti non per un’utilità propria ma solo per dispetto al vicino. Alla luce di questi principi, da un lato si diceva che non si considera agire dolosamente chi esercita un suo diritto; dall’altro si diceva che non si deve usare male il proprio diritto. Come tentativo di soluzione si faceva nella prassi molta attenzione al caso concreto; si 50 potevano riscontrare dunque soluzioni contrastanti ma equitative, dove lo stesso atto era lecito se compiuto per una utilità ma cessava di esserlo se compiuto con la sola intenzione di nuocere. III. I MODI DI ACQUISTO DELLA PROPRIETA’: La proprietà civile può essere acquistata, secondo la classificazione della dottrina moderna, A TITOLO ORIGINARIO o A TITOLO DERIVATIVO.  A TITOLO ORIGINARIO : nell’acquisto di proprietà a titolo originario il diritto sorge dal nulla, quindi acquisto la proprietà di un bene senza che questo diritto mi sia trasmesso da un precedente proprietario. Tra l’acquisto di proprietà a titolo originario sono stati individuati i seguenti modi di acquisto: - OCCUPAZIONE: In questo caso si diventa proprietari quando si prende possesso di una cosa, in maniera immediata e con l’intenzione di tenerla come propria  è proprio la presa di possesso in sé che fa diventare proprietario. Quest’acquisizione di proprietà per occupazione vale solo per determinate cose, cose che risultino prive di un proprietario, ovvero: > cose di nessuno: 1. Animali selvatici (fere bestie): se da caccia e pesca prendo possesso di un animale ne acquisto direttamente il possesso.  gli animali mansuefatti (addomesticati), come api e piccioni, che conservavano l’abitudine di tornare a casa tutte le sere rimanevano di proprietà di chi le aveva addomesticate, se essi se ne andavano da tale soggetto si rinselvatichivano e ridivenivano “di nessuno”.  nella caccia non bastava il ferimento di un animane per prenderne la proprietà ma serviva l’impossessamento. 2. Le cose trovate sulla spiaggia che sono di nessuno, come perle, pezzi di corallo, conchiglie, ma non ad es. i pezzi derivati da un naufragio di una barca. 3. Le isole nate nel mare o nel fiume: esse si potevano occupare generalmente, ma quelle sul fiume non sempre erano cose di nessuno. Infatti, se a diretto confine con il fiume c’è un fondo di proprietà privata, allora quell’isola è di proprietà del proprietario del fondo. Perché sia cosa di nessuno non vi devono essere fondi privati a confine con il fiume. > cose del nemico: Quando un nemico è catturato diventa schiavo e perde la proprietà dei suoi beni; tutte le sue proprietà sono oggetto di occupazione così come lo è lui e chi lo accompagna. > cose abbandonate: Sono cose abbandonate (e non perdute) solo quelle che il proprietario lascia con l’intenzione di non volerle più per sé. 51 Come si acquista la proprietà di tali cose? Sabiniani e Proculeiani credevano entrambi che alla fine chi si impossessava di una cosa abbandonata ne diventava proprietario, ciò che li differenzia è il modo di acquisto della proprietà. - secondo i SABINIANI: quando un soggetto abbandonava la sua cosa cessava di essere proprietario all’istante, infatti abbandono significava cessazione della proprietà, dunque la cosa diventava subito cosa di nessuno.  si parla dunque per chi prende una cosa abbandonata di un ACQUISTO A TITOLO ORIGINARIO. - secondo i PROCULEIANI: la proprietà sulla cosa abbandonata persisteva fino a che un altro si impossessava della cosa, dunque la cosa abbandonata non diventa immediatamente una cosa di nessuno. Chi si impossessava della cosa ne diventava proprietario come se il primo proprietario gliel’avesse consegnata (come se avesse fatto una traditio a favore dell’ignoto personaggio che si sarebbe poi impossessato del bene).  secondo questa concezione l’acquisto della proprietà su cose abbandonati è un ACQUISTO A TITOLO DERIVATIVO. Da questa concezione nasce una regola eccezionale che deroga la disciplina di fondo propensa alla concezione dei Sabiniani, sostenendo che in alcuni casi chi si impossessa della cosa abbandonata non acquista direttamente la proprietà per occupazione ma deve usucapire la cosa. Questo accade quando la cosa è stata abbandonata da parte di un soggetto che non ne è proprietario, oppure quando la cosa è mancipi (schiavo) Chi se ne impossessa in buona fede diventa sicuramente proprietario per occupazione ma anche chi si impossessa in mala fede non può essere considerato colpevole di furto, perché manca il proprietario e quindi non commette oggettivamente furto. - ACQUISTO DEL TESORO: Per tesoro si intende un vecchio deposito di monete di cui non si sapeva niente e che ora non aveva padrone, tuttavia se qualcuno aveva sotterrato qualcosa o per timore o per tesaurizzare o per custodia questo non è considerato tesoro e la sua appropriazione è ritenuta furto. Limitatamente alla disciplina riguardante il tesoro di Adriano, fatta propria anche da Giustiniano, si può dire che se io rinvengo nel mio fondo un tesoro è mio, se lo rinviene un estraneo è per metà mio e per metà suo, questo anche se si tratta di un fondo di un principe, del fisco o pubblico, mentre se si tratta di un fondo religioso o sacro, il rinvenitore ha l’intero. - SPECIFICAZIONE : I soggetti coinvolti sono 2: un proprietario della materia prima ed uno specificatore, che la lavora spontaneamente, in quanto non gli è stata commissionata l’esecuzione dell’opera – non c’è un contratto, e da tale lavorazione ne ricava una nuova specie  solitamente lo fa o perché si è sbagliato [pensava che il materiale fosse suo invece no] o perché ha rubato. es. lingotto d’oro  bracciale / blocco di marmo statua. Secondo i SABINIANI, il proprietario della nuova specie era il proprietario della materia prima; 52 - ACQUISTO DEI FRUTTI: “Frutti” sono i frutti naturali prodotti dalle cose fruttifere, come ad esempio le mele per un albero, il latte, la lana e i nuovi nati per la pecora. Anche questi frutti sono cose nuove e, quando si staccano dalla madre, hanno una nuova autonomia.  Alcuni soggetti acquistano i frutti non appena questi si separano semplicemente dalla cosa madre, e sono il proprietario (e possessore) ed il possessore di buona fede.  Il proprietario e possessore di un frutteto acquista direttamente la proprietà dei frutti.  Il possessore di buona fede è colui che è convinto di essere proprietario, magari perché l’atto di trasmissione non è stato effettuato in maniera corretta o ha ricevuto la proprietà da qualcuno che non era proprietario, e che è in buona fede perché non ritiene di ledere il diritto di un’altra persona; anche in questo caso il soggetto acquista la proprietà dei frutti alla separazione. N.B. Se sarà chiamato in giudizio dal proprietario e dovrà restituire la cosa, dovrà restituire solamente i frutti che si sono prodotti a in seguito alla contestazione della lite, non tutti i frutti percepiti precedentemente.  Altri soggetti acquistano i frutti solo con la presa di possesso (perceptio), e sono l’usufruttuario e il conduttore.  Il diritto di usufrutto consente di usare il bene in questione e percepirne i frutti, ma solo prendendone possesso. Ad esempio, se c’è il fondo di Tizio, e su tale fondo Caio ha un diritto di usufrutto, è Caio a coltivare il fondo e percepirne i frutti ma, per percepirli, deve andare a prenderli/staccarli. N.B. Se l’usufruttuario dovesse morire prima di aver concluso tale operazione non avrebbe acquistato nulla e non avrebbe potuto trasmettere nulla ai suoi eredi, in quanto alla morte il diritto di usufrutto si estingue.  Per il conduttore in pratica succede lo stesso dell’usufruttuario ma non essendo titolare di un diritto reale sul fondo, poiché può goderne solo per un contratto di locazione e conduzione, l’appropriazione è a titolo derivativo. Egli prende possesso del frutto in forza del contratto di locazione e conduzione con il quale il proprietario del fondo gli permetteva di acquistare i frutti. È come se il proprietario gli facesse una traditio dei frutti stessi, come se glieli consegnasse lui (ciò non avviene veramente ma solo in base al consenso del proprietario). A TITOLO DERIVATIVO: quando il diritto è trasmesso da un precedente proprietario ad un nuovo proprietario, quindi da un trasmittente/alienante/dante causa ad un accipiente/acquirente/avete causa. I PRINCIPI che caratterizzano l’acquisto della proprietà a titolo derivativo sono: 55 - “Nessuno può trasmettere ad altri più di quanto egli stesso abbia”  si può trasmettere solo quello che si ha, come ce lo si ha; l’alienante per poter trasmettere ad altro deve essere proprietario altrimenti non verrà acquistata la proprietà (a prescindere dalla forma corretta dell’atto). - Se il diritto di proprietà è gravato da diritto di usufrutto in favore di un altro soggetto, questo diritto di proprietà è limitato in quanto i frutti di un ipotetico fondo capenate di tizio saranno destinati all’usufruttuario, e nella trasmissione di proprietà resta incluso anche il peso che grava sul diritto. Tra gli ATTI AD EFFETTI REALI IDONEI A TRASMETTERE LA PROPRIETA’ troviamo: - MANCIPATIO : valida per le res mancipi - IN IURE CESSIO : valida per le res mancipi e nec mancipi - TRADITIO : valida inizialmente solo per le res nec mancipi, POI in epoca Classica con le decadute della mancipatio e in iure cessio, diventerà valida per tutte le cose. 1. MANCIPATIO : È un istituto del diritto civile, proprio dei cittadini romani – in alcuni casi anche i peregrini potevano accedere al compimento di tale negozio, ma solo i cittadini potevano avere il dominio civile, un peregrino non poteva diventare proprietario civile, al massimo otteneva il possesso. Inizialmente è apparentemente una vendita, in quanto si tratta di uno scambio immediato tra cosa mancipi e prezzo (metallo pesato dal libripens a rappresentazione del prezzo); quando il prezzo veniva consegnato al mancipio dans, la cosa si trasferiva in capo all’acquirente. Con la moneta il significato dell’atto cambia, la pesatura è solo un rito simbolico dunque non serve più a realizzare una vendita, ed è per questo che diventa un atto astratto per trasmettere la proprietà di cose mancipi non solo per vendita, ma anche per donazione, per costituzione della dote, e per adempimento ad un’obbligazione. (* anche come negozio astratto può essere utilizzata a causa di vendita: se Tizio ha concluso un contratto di compravendita con Caio e gli ha venduto il servo Stico, Tizio avrebbe solo l’obbligo di consegnare il servo ma può anche usare la mancipatio). La mancipatio è sì un atto a effetti reali, ma in realtà fa sorgere anche un’obbligazione in capo al trasmittente. Il trasmittente ha: - l’obbligo di garantire l’evizione “auctoritas” L’ evizione si ha quando, fatta la mancipatio, successivamente l’accipiente viene chiamato in giudizio da un terzo che dice di essere il vero proprietario della cosa e vince, in quanto la cosa mancipata era di sua proprietà, non del trasmittente, dunque l’accipiente non aveva acquistato la proprietà secondo il principio per cui si può trasmettere la proprietà solo di ciò che si ha. Se questo succedeva, il mancipio dans/trasmittente aveva l’obbligo di assistere nel processo l’accipiente per fornirgli le prove che il bene era stato regolarmente trasmesso; se la proprietà non era effettivamente del trasmittente, l’accipiente disponeva dell’actio auctoritatis nei suoi confronti con la quale il trasmittente veniva condannato in misura pari al doppio del valore della cosa trasmessa. 56  Questa garanzia scattava solo se il terzo vero proprietario della cosa agiva con la rivendica contro l’accipiente; se ciò non accade non c’è l’obbligo di garantire l’evizione. La garanzia per evizione aveva una durata definita, infatti, quando un soggetto aveva ottenuto solo il possesso e non la proprietà ad esempio in un caso di trasmissione non valida, con l’usucapione poteva divenire proprietario (sanava il difetto dell’atto d’acquisto), possedendolo per 1 o 2 anni, ma questo valeva solo per i cittadini romani non i peregrini. Essendo che i peregrini non potevano mai sanare quest’effetto, si diceva che il loro obbligo di garantire l’evizione era perpetuo – sempre potevano essere chiamati in giudizio dal vero proprietario della cosa. - con premesse ulteriori, doveva garantire la veridicità delle sue affermazioni  inizialmente, a parlare durante lo svolgimento del negozio era solo il trasmittente e secondo forme prefissate, nel tempo però si ammettono anche altre dichiarazioni di cui il mancipio dans era responsabile per eventuali conseguenze.  nonostante il cambiamento della mancipatio nel tempo rimane viva una regola derivante dalla sua struttura: la proprietà si trasmette quando il prezzo è pagato (consegna del metallo). Inoltre, nel caso in cui si mancipino dei beni immobili, l’atto della mancipatio trasmette la proprietà ma non è essenziale il trasferimento del possesso (beni che non venivano portati sul posto). 2. IN IURE CESSIO : Si tratta di un atto astratto che si svolgeva “in iure”, in tribunale, un istituto dello ius civile che consisteva in un finto processo di rivendica. L’accipiente cessionario rivendicava come propria la cosa recitando la formula “io dico che questo servo è mio secondo il diritto dei Quiriti” e tenendola stretta con la mano se mobile. Il magistrato interrogava il cedente trasmittente chiedendo se controrivendicava la cosa, ed egli diceva no o taceva, così il magistrato assegnava la cosa al primo. Anche in questo atto si trasferiva per cause diverse ma che non avevano rilevanza al fine dello svolgimento dell’atto. Qui i sottoposti non potevano acquistare per gli aventi potestà: proprio perché si svolgeva in tribunale, quest’atto non poteva essere compiuto dai figli di famiglia, i quali non potevano stare in giudizio. Inoltre, riguardo agli immobili traferiti per in iure cessio non era essenziale la trasmissione del possesso (non implicava di per sé la consegna materiale del bene.) 3. TRADITIO : Non si tratta di un negozio solenne in quanto consiste essenzialmente nella consegna del bene; in quanto istituto di diritto delle genti, questo negozio era accessibile anche agli stranieri. 57  Traditio vengono pienamente riconosciute nel diritto giustinianeo e finiscono per stabilire un principio secondo cui la proprietà si sposta in virtù del consenso/ della volontà.  GIUSTA CAUSA: Inizialmente era un atto astratto che non richiedeva una giusta causa. I giuristi ritengono però che la traditio, perché sia giusto il trasferimento di proprietà, vada motivata da alcuni scopi adeguati a permetterlo, ovvero: - VENDITA (dietro la consegna c’è stata una vendita e il pagamento del prezzo) - COSTITUZIONE DELLA DOTE - DONAZIONE (se l’intenzione è di donare qualcosa è giusto che chi la riceve acquisti la proprietà)  le Istituzioni Imperiali trattano delle donazioni tra i modi di acquisto della proprietà. Nella prospettiva giustinianea vi son 2 tipi di donazione: - a causa di morte: che si fanno in vista di un pericolo di morte; se il donante sia sopravvissuto può riavere indietro la donazione. - non a causa di morte/tra vivi: si perfezionavano quando il donante avesse manifestato la sua volontà per iscritto o senza scritto. L’atto di donazione produce l’obbligo di consegna; la donazione può essere revocata per indegnità o rivendicata per inadempimento di una condizione, un modo o per lo scadere di un termine. - STIPULAZIONE (se Tizio ha promesso con stipulazione un anello a Caio, l’adempimento dell’obbligazione può avvenire per traditio ed è giusto che la proprietà si trasferisca). Permangono comunque dei casi in cui la traditio continua a comportarsi come atto astratto, per cui anche se la causa è non giusta, illecita o turpe, la proprietà passa comunque. Es. Tizio crede di dover un anello d’oro a Caio, Caio crede di doverlo ricevere, tuttavia nei fatti la stipulazione era invalida  Tizio consegna l’anello anche se non c’è una giusta causa perché la stipulazione è invalida e la proprietà passa ugualmente, poi Caio avrà l’obbligo di ritrasferire l’anello. Es. Tizio trasmette un anello d’oro a Caio perché ammazzi un suo nemico (atto illecito), passa la proprietà ma non vi è per Caio l’obbligo di restituzione, questo perché entrambi hanno operato illecitamente e se la turpitudine è da ambedue le parti e migliore la condizione di chi possiede. * se Tizio da l’anello d’oro a Caio perché liberi suo figlio che Caio ha rapito, Caio dopo aver acquistato la proprietà dell’anello ha l’obbligo di restituire.  USUSCAPIONE : Si tratta di un modo di acquisto della proprietà che si realizza attraverso il possesso continuato nel tempo (in presenza di determinati requisiti). 60 Quest’istituto era previsto già nella legge delle 12 tavole con il nome di “usus”: acquisto della proprietà attraverso il possesso continuato nel tempo. Si dice che l’usucapione sana i difetti degli atti di acquisto. Quando c’è un difetto nella trasmissione della proprietà chi riceve il bene diventa possessore non proprietario, e a catena quelli che lo riceveranno di seguito; con l’usucapione, per dimostrare di aver ricevuto il bene da un soggetto proprietario in caso di azioni di rivendica bastava risalire all’ultimo proprietario che aveva usucapito. Sono 2 i difetti principali nell’acquisto della proprietà: - 1. È difettoso l’acquisto ottenuto dal non proprietario  si potrà parlare di possesso per l’avente causa, non di proprietà; - 2. Se una cosa mancipi è trasferita con traditio non ne deriva un trasferimento di proprietà, in quanto le cose mancipi si possono trasmettere solo con mancipatio e in iure cessio.  Con l’usucapione si possono risolvere questi problemi. Diventano con il tempo REQUISITI PER USUCAPIRE: - BONA FIDES INIZIALE: il possessore usucapiente deve essere in buona fede, ovvero non deve ritenere di ledere alcun diritto altrui, soprattutto riguardo al caso di chi avesse ricevuto il bene da un non proprietario. Questo requisito è preteso all’inizio del possesso, se successivamente alla presa di possesso l’usucapiente apprende che la cosa è di un altro, ciò non gli impedisce di usucapire. In età preclassica e classica erano ammessi alcuni casi in cui si poteva usucapire anche in mala fede, ovvero: - Usucapio pro herede : si lasciava che un estraneo potesse immettersi nei beni ereditari spettanti ad un erede volontario prima che questi avesse accettato l’eredità e nel giro di un anno gli consentiva di acquistare tali beni e con essi il titolo di erede - Usureceptio : si ammetteva che ci aveva trasmesso la proprietà di un proprio bene ad un creditore per garanzia o a un amico per altri scopi potesse recuperarne la proprietà dopo un anno. - POSSESSIO ININTERROTTO: il possesso (disposizione materiale della cosa con l’intenzione di tenerla da padrone) deve essere ininterrotto, un’interruzione costringe a ricominciare. In età classica, l’esercizio dell’azione di rivendica del sedicente proprietario non interrompe il possesso. Sempre in quest’età non è ammesso il possesso di cose incorporali (diritti). Con Giustiniano nasce la nozione di possessione del diritto: continuando di fatto a comportarsi come usufruttuario dopo un certo tempo si arrivava a possedere il diritto di usufrutto. - TEMPUS 1-2 ANNI 3-10/20 ANNI: dall’età più antica, il tempo per usucapire era di 1 anno per le cose mobili e 2 per quelle immobili; questo intervallo temporale serve al proprietario per rendersi conto che qualcuno stava possedendo ad usucapione una cosa sua e nel caso ad agire con azione di rivendica. Giustiniano, perché non ci rimettesse sempre il vero proprietario allunga i tempi: 3 anni per 61 le cose mobili, dai 10 ai 20 per quelle immobili a seconda che possessore e proprietario fossero vicini o lontani. SUCCESIO POSSESSIONIS: si ammette che l’usucapione possa unire il tempo del suo possesso a quello del suo dante causa a titolo universale l’erede riceve in eredità uno schiavo di cui l’ereditando era solo possessore da 10 mesi, l’erede ne diventerà proprietario dopo 2 mesi. ACCESSIO POSSESSIONIS: consiste nella possibilità accordata all’usucapiente di unire il suo possesso a quello del dante causa a titolo particolare  il compratore unisce il suo possesso a quello del venditore, semplice possessore. - RES HABILIS: la cosa deve essere adatta all’usucapione, quindi vi sono cose che non possono essere usucapite. Oltre alle cose rubate (12 tavole) si aggiungono quelle sottratte con la violenza, i donativi ai governatori delle province ed altre. per le prime due, i ladri o coloro che possiedono per vim non possono usucapire prima di tutto perché manca la buona fede, ma non usucapiscono neanche i successivi acquirenti di buona fede, in quanto la macchia che determina l’inusucapibilità della cosa si può cancellare solo con il ritorno della cosa al vero proprietario. - IUSTA CAUSA (TITULUS): si può acquistare la proprietà per usucapione solo se si è acquistato il possesso per una ragione che giustifica l’acquisto della proprietà. Tali ragioni sono: - pro emptore: se ho acquistato il possesso di un bene perché l’ho comprato (causa di vendita/compravendita), è giusto che ne acquisti la proprietà. - pro soluto: a causa di adempimento di una obbligazione di dare, il diritto permette di usucapire - pro donato: colui che ha ricevuto il possesso del bene lo ha ricevuto perché il bene gli è stato donato quindi è giusto che possa usucapire - pro derelicto: a causa di abbandono – nei casi in cui mancipi – abbandonata dal non proprietario - pro dote: chi ha ottenuto il possesso di un bene perché gli è stato attribuito a titolo di dote ha il diritto di poter usucapire e diventarne proprietario - pro suo: da cosa propria-provvedimento ufficiale che dà possesso. *N.B. Quando si dà a pegno un oggetto, c’è un debitore che per rafforzare la sua posizione consegna un anello d’oro al creditore così che in caso di mancato pagamento del debito avrà comunque qualcosa – il creditore si considerava possessore ma non aveva diritto di usucapire perché non aveva il requisito della giusta causa. La giusta causa ha dato luogo a discussioni tra i giuristi dell’epoca di Adriano che si dividevano secondo 2 orientamenti: - 1. Il titolo doveva essere in contemporanea efficace, valido e reale es. la compravendita, perché fosse una giusta causa per usucapire occorreva che fosse efficace , quindi doveva già produrre i suoi effetti – no condizione o termine sospensivo, o con questi verificati o scaduti -, valido ovvero dovevano esserci i requisiti necessari per 62 di rifiutare la difesa. Si sono esercitati dei meccanismi di pressione perché il convenuto accettasse di difendersi, infatti, nel caso delle azioni di rivendica, se il convenuto rifiutava di difendersi veniva costretto a consegnare il possesso all’attore della cosa, con la conseguenza che i ruoli si invertono: l’attore acquisito il possesso è soddisfatto, il convenuto perso il possesso, se vuole deve agire in rivendica e dimostrare di essere proprietario. Se nonostante tutto non cedeva il possesso era allora condannato al pagamento del valore della cosa. In caso accettasse la difesa, nella seconda fase in cui il giudice era un comune cittadino scelto dalle parti, le parti dovevano fornire le prove di ciò che affermavano, e le alternative erano due: o la restituzione o la condanna pecuniaria. 1. Restituzione: il convenuto decide in questo modo di evitare la condanna. Quando restituiva doveva mettere l’attore nelle condizioni in cui sarebbe stato quando il bene si trovava al momento della litis contestatio, quindi i danni subiti in seguito vanno risarciti in un altro modo. La restituzione variava a seconda che si trattasse di un possessore di buona o mala fede:  Possessore buona fede: doveva restituire i frutti dalla litis contestatio in poi ( con il progresso deve restituire anche i beni che ha percepito prima e non ha consumato.)  Possessore di mala fede: doveva restituire tutti i frutti.  Rimborso delle spese: Quando la cosa viene restituita è giusto che siano rimborsate alcune spese: - per il possessore di buona fede c’è il rimborso delle spese necessarie e utili secondo un criterio di equità – si guarda al minor valore tra lo speso e il migliorato – ma non a quelle voluttuarie, riguardo le quali si consente ad essi di portare via con sé. - per quello di mala fede era previsto solo al rimborso delle spese necessarie che hanno permesso la conservazione della cosa. In questo caso veniva concessa l’eccezione di dolo generale, che serviva per permettere al possessore di ottenere effettivamente il rimborso delle spese e di respingere la pretesa di restituzione dell’attore se le spese non gli sono state rimborsate. 2. Condanna pecuniaria: se la cosa era ancora restituibile e dunque vi era una mancata restituzione dolosa, la stima del valore del bene era affidata all’attore, anche se tramite un giuramento, per spingere il più possibile alla restituzione; infatti, il convenuto in caso di mancata restituzione dolosa avrebbe dovuto pagare una somma in denaro molto elevata rispetto al valore della cosa, scelta dunque inconveniente. Dal pagamento derivava un effetto particolare: quando il convenuto pagava acquistava la proprietà del bene (per la cosa mancipi serviva comunque l’usucapione – possesso per provvedimento ufficiale). 65 3. Cognitio extra ordinem: in quest’azione la condanna è in ipsam rem, “nella cosa stessa dovuta”, quindi non si tratta di restituzione o condanna, ma condanna alla restituzione. Deve essere prevista anche una possibilità di poterla eseguire, quindi in caso il convenuto non voglia consegnare si verifica un’esecuzione in forma specifica che prevede l’uso della forza pubblica (militari manu). 2- ACTIO FINIUM REGUNDORUM – REGOLAMENTO DEI CONFINI: Inizialmente serve per la ridefinizione dei confini tra fondi e il giudice ridefinendoli o tracciandone di nuovi può portare ad una perdita di qualche porzione di terra che è però risarcita pecuniariamente. Più avanti si usa anche per le controversie de loco in cui qualcuno di è impossessato di porzioni di terre di confine e chi si ritiene proprietario agisce in azione di rivendica. 3- AZIONI NEGATORIE DI SERVITÙ E USUFRUTTO: Con esse il proprietario nega che l’altro soggetto che pretende di comportarsi come usufruttuario abbia il diritto effettivo sul bene – è un’azione che si esperisce contro chi si comporta da titolare del diritto e fa parte delle azioni in rem. All’attore basta provare di essere proprietario: nella fase presso il giudice privato, l’attore doveva dare una prova in positivo, non in negativo, e doveva quindi dimostrare di essere lui proprietario; era in caso il convenuto a dover dimostrare di avere un diritto di servitù o usufrutto. Quest’azione è formulata sulla rei vindicatio, infatti ne presenta caratteristiche comuni come la presenza della clausola arbitraria o restitutoria. Se il giudice accertava che l’attore aveva ragione e che il convenuto non aveva alcun diritto, prima di condannarlo doveva concedergli l’opzione di restituzione; se questo restituiva, doveva smettere di comportarsi come usufruttuario/titolare di servitù e dare una cautio (stipulazione di garanzia) con la quale prometteva di non compiere più tali atti e andava infine in contro all’assoluzione. Se non smetteva il comportamento e quindi non restituiva veniva condannato e pagando acquistava il diritto di usufrutto o servitù (condanna pecuniaria) ma la determinazione dell’importo era comunque affidata all’attore sempre per incentivare la restituzione, facendo risultare al convenuto sconveniente quest’opzione. 4- ACTIO AQUAE PLUVIAE ARCENDAE – AZIONI DI ALLONTANAMENTO DELLE ACQUE PIOVANE È un’azione in personam concessa al proprietario di un fondo rustico nel caso in cui un proprietario di un fondo vicino abbia turbato con un’opera (muretto, fosso ecc) il decorso usuale dell’acqua piovana e da ciò possa derivarne un danno. La formula ha clausola arbitraria e il convenuto evita la condanna se rimuovere l’opera che ostacola o non impedisce che sia rimosso, in caso contrario è obbligato al pagamento della somma definita dall’attore. 5- CAUTIO DAMNI INFECTI: 66 Si tratta di una stipulazione di garanzia per il danno temuto; era concessa ad un proprietario di un fondo che temeva un pericolo da un fondo vicino pericolante. Il proprietario del fondo ha il diritto di farsi prestare una cautio dal proprietario del fondo pericolante, con la quale quest’ultimo si sarebbe impegnato a rispondere nel caso in cui il pericolo si fosse tradotto in un danno reale. Se il proprietario del fondo pericolante si rifiutava di prestare la cautio il pretore emanava un primo decreto dove dava al proprietario del fondo a rischio la detenzione dell’altro fondo e, se si rifiutava per un anno di prestare questa cautio, il pretore persistendo il rifiuto emanava un secondo decreto in forza del quale il proprietario del fondo a rischio veniva immesso non solo nella detenzione ma anche nel possesso con possibilità di usucapire. VI. LA PROPRIETA’ PRETORIA, LA PROPRIETA’ PROVINCIALE E LA PROPRIETA’ UNIFICATA:  PROPRIETA’ PRETORIA (in bonis habere): Si tratta di casi in cui un soggetto è nelle condizioni del proprietario nonostante non sia effettivamente proprietario civile. Questa forma di proprietà riconosciuta dal diritto pretorio riguardava il caso di un possessore di buona fede che attendeva di usucapire; si riteneva che il soggetto dovesse essere tutelato di fronte ai possibili attacchi dei terzi consentendogli di trattenere il bene del patrimonio come se ne avesse già la proprietà. I casi sono 3: 1. Un soggetto ha ricevuto una cosa mancipi con una semplice traditio invece che la mancipatio o la in iure cessio, dunque è semplice possessore. 2. Un soggetto ha acquistato la cosa da un non proprietario, dunque è semplice possessore. 3. Un soggetto ha ottenuto il possesso con provvedimento ufficiale (es. cautio damni infecti). 1. COSA MANCIPI TRASMESSA CON TRADITIO - Quali possibili attacchi al soggetto potevano verificarsi? - Chi gli aveva trasmesso la cosa mancipi con traditio conservava la proprietà, e potrebbe dunque chiamare in giudizio il possessore con azione di rivendica.  il pretore tutela il possessore di buona fede con un’eccezione: ECCEZIONE DI COSA VENDUTA E SEMPLICEMENTE CONSEGNATA  il convenuto andrà assolto e potrà trattenere il bene, avendo quindi il bene in bonis e quando usucapirà sarà anche proprietario civile. - Il possessore poteva anche essere spossessato (dal trasmittente o da terzi) senza passare per il giudizio. Per il diritto civile egli non poteva agire con la reivindicatio, quindi il pretore gli crea un’azione simile a quella di rivendica: L’ACTIO PUBLICIANA, un’azione di rivendica con 67 conservazione e allo sfruttamento del bene come ad esempio riedificare il muro comune e pretendere il rimborso delle spese.  comunque non esiste chiaramente delineato il principio delle delibere prese a maggioranza e vincolanti anche per la minoranza nel diritto romano. Riguardo agli atti di disposizione, è da notare che le servitù essendo indivisibili non sono costituibili sul fondo comune per quote, e tutti i contitolari devono partecipare agli atti costitutivi. L'azione di difesa della servitù a vantaggio del fondo comune può essere esercitata per l'intero da uno solo dei comproprietari, così come l'azione che respinge la pretesa di servitù può essere diretta contro uno solo dei comproprietari. La servitù costituita su di un fondo a favore di un altro si conserva finché il proprietario di questo diventa proprietario di quello o viceversa. Sempre riguardo agli atti di disposizione, nella manomissione del servo comune tutti devono prendere parte all’atto. La manomissione compiuta da uno solo comporta che la quota di esso vada ad accrescere quelle degli altri. Se sono 2 in tutto e una manomette, l'altro diventa proprietario esclusivo. Questo diritto di accrescimento trova altre applicazioni, ad esempio se un socio non può acquistare, la sua quota va ad accrescere quella degli altri. La difesa della cosa comune e contempla tutti i mezzi descritti per la difesa della cosa propria; alcuni potranno essere esercitati per parte altri per l'intero. La comunione era intesa dai romani come una situazione giuridica transitoria cui sbocco naturale era la divisione. Dividere la cosa comune significa attribuire un diritto di proprietà solitaria a ciascun socio su una parte materiale del bene, proporzionalmente alla pars pro indiviso, cioè alla quota. Tale divisione poteva avere luogo stragiudizialmente e giudizialmente. Ad esempio, quando Tizio e Caio volessero dividere il fondo Capenate comune senza andare in tribunale uno dei 2, Tizio, abbandonava la sua quota che andava ad accrescere quella del socio; quindi si procedeva ad una divisione materiale del fondo in 2 con delimitazione dei confini e la proprietà di una porzione era da Caio trasmessa con l'atto appropriato, cosicché Tizio acquistava il suo diritto a titolo derivativo. La divisione giudiziale avveniva attraverso 2 azioni: l’azione di divisione della famiglia - ovvero del patrimonio ereditario - e l'azione di divisione della cosa comune, introdotta successivamente con una legge per dividere la comunione che non discendesse da un testamento. Con l'avvento della procedura formulare anche l'esercizio di queste azioni si basava sulla redazione di un piccolo scritto, formula, che conteneva le istruzioni per il giudice o l’arbitro. I soci si recavano dal pretore e chiedevano la formula e il relativo arbitro. La formula conteneva una clausola detta adiudicatio, che conferiva all'arbitro il potere di dividere materialmente il bene e attribuire in proprietà le singole parti. 70 L'aggiudicazione era considerata perciò un modo di acquisto della proprietà a titolo originario. La formula aveva anche una condemnatio che attribuiva al giudice il potere di pronunciare una condanna: nel caso di un bene indivisibile in comunione, l'arbitro giudicava l'intera cosa a un socio e lo condannava a pagare i conguagli ovvero agli altri delle somme di denaro corrispondenti al valore delle loro quote; questo potere di condannare si esercitava anche se in sede di divisione emergevano contrasti tra i soci in ordine al ‘dare e avere’, quindi il giudice condannava al risarcimento. VIII. ALTRI DIRITTI REALI SU COSA ALTRUI DI GODIMENTO: (LE SERVITU’PREDIALI, L’USUFRUTTO, LA SUPERFICIE E L’ENFITUSI, IL PEGNO E L’IPOTECA, IL POSSESSO)  LE SERVITU’ PREDIALI: Esseriguardano i fondi (predia), o meglio i fondi collocati su suolo italico (anche se su suolo provinciale si stabilirono diritti analoghi) La servitù veniva concepita come un rapporto tra due fondi. Un fondo è detto servente, l’altro dominante, che devono appartenere a proprietari diversi. Il fondo servente è gravato di un peso a vantaggio del fondo dominante. Il proprietario del diritto reale di servitù è il proprietario del fondo dominante ed è tutelato da un’azione in rem detta actio o vindicatio confessoria. Le servitù erano tipiche, non potevano i proprietari dei fondi inventarne alcune a loro piacimento, ed erano: - Servitù rustiche, che riguardavano i terreni  tra le servitù rustiche le più importanti erano:  Servitù di passaggio Es. fondo Corneliano (servente) e fondo Semproniano (dominante): Il proprietario del dominante ha il diritto di passare su quello servente, perché vi è un’utilità oggettiva, es. bisogno di accesso alla pubblica via. La servitù di passaggio si articolava in: - iter: possibilità di passare a piedi - actus: possibilità di condurre carri trainati da bestiame - via: possibilità di passare si aa piedi che con i carri.  Servitù di acquedotto, Es. fondo Corneliano (dominante) e Semproniano (servente): Si dava la possibilità al proprietario del fondo dominante di fare passare le condutture dell’acqua sul fondo servente per necessità. 71  Servitù di pascolo;  Servitù di tagliare legname;  Servitù di prendere della creta o della sabbia;  Servitù di cuocere calce;  Servitù di tagliare boschi. Queste servitù erano considerate mancipi e corporali in epoca antica, per questo potevano essere costituite con mancipatio. - Servitù urbane, che riguardavano invece gli edifici  servitù di non sopraelevare, per cui il proprietario del fondo servente ha obbligo di non sopraelevare/innalzare la casa.  Servitù di non togliere la luce o la vista  Servitù di stillicidio, che consente di far defluire le acque sul fondo servente  Servitù che consente di far passare sul servente gli scarichi di fognatura  Servitù che consente di appoggiarsi alla parete del fondo servente  Servitù che consente di costruire un balcone o una gronda sul fondo vicino  Servitù che permette di mantenere o inserire una trave nel fondo vicino. Altra distinzione si fa tra servitù positive e negative; le servitù rustiche sono tutte positive mentre quelle urbane possono essere entrambe. - sono positive le servitù nelle quali il diritto del titolare consiste in un fare/un comportamento positivo; - sono negative le servitù nelle quali l’obbligo del proprietario servente consiste in un non fare. PRINCIPI FONDAMENTALI: - I fondi devono appartenere a proprietari diversi  Caio ha 2 fondi, da uno dei due Caio passa sempre attraverso l’altro per raggiungere la strada: c’è una situazione di fatto non una servitù. 72 non agisce, il diritto di servitù si estingue per usucapio libertatis del proprietario servente. - Perimento del fondo (** tuttavia l’abbattimento di un edificio che si giovava della servitù di stillicidio non comporta l’estinzione della servitù, che gioverà all’edificio ricostruito successivamente, o il diritto di prendere i pali per il sostegno della vigna se la vigna perirà, in quanto sarà necessario per le vigne successive) - GIUSTININANO – con la scadenza del termine o col verificarsi di una condizione risolutiva. DIFESA DEL DIRITTO DI SERVITU’: A difesa del diritto di servitù vi era l’azione confessoria o vindicatio servitutis. Si tratta di un’azione in rem che si esercita contro il proprietario del fondo servente che si oppone al diritto di servitù del fondo dominante. Nel processo formulare, l’azione è modellata sull’azione di rivendica, infatti è prevista la clausola arbitraria o restitutoria per cui se l’attore ha ragione secondo il giudice, prima di condannare il convenuto lo invita a restituire; in più è prevista una cautio de amplius non turbando che consisteva in una promessa di non ostacolare l’esercizio della servitù. In caso di mancata restituzione dovrà allora sottostare ad una condanna pecuniaria con stima affidata all’attore, e pagando estinguerà il diritto. La protezione accordata dal pretore era l’actio Publiciana o actio utilis. Il titolare di servitù può inoltre utilizzare diversi interdetti per rimuovere gli impedimenti opposti al godimento del diritto: - Interdictum de rivis, per riparare la conduttura - i. de itinere reficiendo, per riparare il transito Infine, si ammette anche per il proprietario del fondo dominante di esercitare l’actio aquae pluviae arcendae per i pericoli che riguardano il fondo servente.  USUFRUTTO: Si tratta di un diritto reale di godimento e rientra nell’ipotesi di servitù personale, ovvero costituita per utilità di una persona. Consiste in un diritto di usare una cosa altrui e percepirne i frutti fatta salva la sostanza della cosa stessa (non se ne deve modificare destinazione economica del bene [campo di grano non può diventare un frutteto], se ne deve fare manutenzione e sostituire i capi morti in caso di usufrutto di un gregge, o le piante morte in caso di frutteto. Il proprietario veniva definito NUDO PROPRIETARIO, in quanto la proprietà (nuda) era svuotata del suo contenuto e affidato all’usufruttuario. È infatti considerato un diritto a termine, cosicché cessato l’usufrutto la proprietà possa 75 rispandersi e il proprietario possa ricominciare a percepirne i frutti. Essendo un diritto a termine è intrasmissibile sia a causa di morte sia tra vivi e non si può vendere, donare, lasciare in eredità o trasmettere in dote. Secondo il principio per cui l’usufruttuario deve fare salva la sostanza delle cose, la cosa deve essere restituita integra e per questo l’usufrutto deve avere a oggetto delle cose inconsumabili. - USUFRUTTUARIO: è un detentore, ha disponibilità del bene e lo tiene per il vero possessore, ovvero il nudo proprietario che esercita il possesso attraverso la persona dell’usufruttuario (possesso intermediario). Egli può acquistare i frutti naturali e civili  es. una casa in usufrutto può produrre frutti civili se l’usufruttuario l’affitta e ne ricava il canone di locazione.  es. un frutteto può produrre frutti naturali se coltivato dall’usufruttuario. L’usufruttuario ha degli obblighi il più importante sicuramente è che deve fare salva la sostanza della cosa e che le spese a mantenimento del bene sono a carico dell’usufruttuario. A questo fine per poter esercitare il suo diritto doveva stipulare una cautio fructuaria con la quale si impegnava a comportarsi in maniere diligente, corretta e infine restituire il bene ottenuto in usufrutto. Se questa cautio non veniva prestata, il proprietario poteva immediatamente rivendicare il bene - NUDO PROPRIETARIO: è colui che dispone della nuda proprietà quindi può sempre trasmettere ad altri tale proprietà, alienando però un bene gravato dal diritto di usufrutto. Inoltre, egli rimane sia proprietario che mantiene il possesso ed ha diritto di ottenere la restituzione del bene. A tal proposito potrebbe servirsi dell’azione di rivendica oppure dell’azione da stipulazione derivata dalla cautio fructuaria per cui, se l’usufruttuario non adempiva alle sue promesse, il proprietario poteva avvalersi di quest’azione in persona che consisteva in una condanna pecuniaria, e che era più conveniente perché non era necessario fornire la prova di essere proprietari come lo era invece per la rivendicazione MODI DI COSTITUZIONE di diritto civile: - In iure cessio - Deduzione dalla mancipatio o dalla in iure cessio (mentre si aliena un bene si trattiene in parallelo l’usufrutto  es. con mancipatio trasmetto la proprietà del fondo Capenate a Tizio ma voglio mantenere a mio favore un diritto di usufrutto); - Legato per vindicationem (i primi casi riguardano l’ipotesi in cui il testatore si servisse di un legato di usufrutto per assicurare un futuro alla vedova. Istituiva eredi i figli ma in parallelo lasciava alla moglie un legato di usufrutto su un appezzamento di terreno); - Aggiudicazione; - Usucapione (con Giustiniano). MODI DI COSTITUZIONE di diritto onorario: - Patti cofermati da stipulazioni - Patientia o traditio 76 MODI DI ESTINZIONE DEL DIRITTO DI USUFRUTTO: - Morte e capitis deminutio (per capitis deminutio minima fu eliminato da Giustiniano); - Scadenza del termine (termine massimo per individui specifici: vita; termine massimo per persona giuridica: 100 anni); - Rinuncia con in iure cessio; - Consolidazione (analoga alla confusione, per cui se l’usufruttuario acquistava la proprietà del bene, l’usufrutto di estingueva); - Non uso (se non utilizzava il bene per un anno o 2 [mobili e immobili] il diritto di usufrutto si estingueva) - Impossibilità di usare la cosa (per un perimento della cosa stessa). DIFESA DEL DIRITTO DI USUFRUTTO: L’usufruttuario a difesa del suo diritto possiede un’azione confessoria o vindicatio ususfructus; essa è un’azione in rem esperibile contro proprietario e terzi che impedissero il godimento del diritto, la quale presenta una clausola restitutoria che riconduce alla passibilità per il convenuto o alla restituzione o alla condanna pecuniaria con annesso guadagno del diritto. Per le cose consumabili si parla, all’inizio di età classica grazie ad un senatoconsulto, di un quasi usufrutto relativo a olio, denaro, vino ecc. Secondo la sua disciplina, il quasi usufruttuario non acquistava la semplice detenzione del bene ma la proprietà; così poteva consumarlo, e poi con una cautio si obbligava a restituire non le cose consumate ma altrettanto (“il tantundem”): tanto quanto il valore stimato dei beni.  In sostanza è diverso dal diritto di usufrutto, non è un diritto reale su cosa altrui, infatti si avvicina maggiormente al contratto di mutuo. Nelle fonti sono avvicinati all’usufrutto diritti reali di godimento minori: - Diritto di uso  diritto di usare un bene altrui e non percepirne i frutti; una semplice benevola concessione per cui l’usuario poteva ad esempio soggiornare un fondo finché non rechi molestia al proprietario o impedimento ai lavori rustici. - Diritto di abitazione  se in un legato si concedeva a Tizio di abitare la casa, i giuristi postulavano la necessità di indagare la volontà del concedente: se voleva che la ricevesse in usufrutto o addirittura la proprietà. Con Giustiniano si definisce come un diritto a sé stante e si permette all’onorato di abitazione di vivere nella casa e locarla ad altri. - Diritto alle opere dei servi  l’estensione di questo diritto era dibattuta tra i giuristi; Giustiniano riconosce il diritto alle opere degli schiavi e animali come un diritto a sé, né di uso né di usufrutto; e che può essere esercitato dallo stesso legatario ma anche dato in locazione o concessione gratuita. Esso non si estingue per morte, non uso o capitis deminutio. Nella prospettiva romana pratica, un diritto diventa reale nel momento in cui il pretore concedeva a sua tutela un’azione in rem che lo rendeva difendibile nei confronti dei terzi. 77 bene. Il creditore riceve il possesso del bene e se il debito garantito sarà pagato avrà l’obbligo di restituire al debitore, altrimenti potrà soddisfarsi sull’oggetto (o trattenendolo o rivendendolo) - pegno convenuto/ ipoteca: quando il bene è tenuto dal debitore presso di sé ed è concluso un accordo (patto di ipoteca) secondo il quale il creditore potrà recuperare tale bene se il debito non sarà pagato. Nel caso di LOCAZIONE DI FONDI RUSTICI: In questo caso, gli strumenti rimanevano in disponibilità del colono che aveva preso in affitto il terreno e in forza di un patto, il creditore avrebbe potuto recuperarli solo se il debito non fosse stato pagato, altrimenti il colono mai avrebbe potuto risanare il debito senza gli attrezzi.  si tratta infatti di pegno convenuto il quale è tutelato dal pretore che, per permettere al creditore di recuperare in caso di mancato pagamento, concede al creditore l’actio Serviana: un’azione in rem che fa sì che il diritto di pegno nascente da questo tipo di pegno diventasse un diritto reale per cui il creditore poteva agire anche contro dei terzi che avevano il bene presso di sé.  In seguito si espande anche ad altre ipotesi oltre ai fondi rustici  viene concessa l’actio quasi Serviana, l’a.hypotecaria e l’a.pignoraticia in rem.  Ancora dopo quest’azione viene data anche nel caso del pegno dato quando il creditore veniva spossessato per agire nei confronti di chiunque l’avesse spossessato. OGGETTO DEL PEGNO: - Cose corporali (inizialmente mobili e nec mancipi, poi tutte) - Cose incorporali – EPOCA CLASSICA – diritti reali di godimento, diritti di credito, diritti di servitù e usufrutto, di cose future, di quote di comproprietà e di titolarità di un pegno. La cosa in pegno doveva essere di chi costituiva il pegno (che non necessariamente il debitore ma anche un garante), pena l’invalidità del pegno. POTERI DEL CREDITORE PIGNORATIZIO SULLA COSA (pegno dato): - Non poteva usare la cosa ma doveva tenerla presso di sé solo a scopo di garanzia  altrimenti commetteva furto d’uso; - Doveva prestare diligenza massima nella conservazione della cosa; - Se la cosa produceva dei frutti, non poteva percepire i frutti ma doveva detrarli dall’importo del debito (prima dagli interessi poi dal capitale);  Esisteva un patto di anticresi in forza del quale si stabiliva che il creditore potesse acquistare i frutti ma al posto degli interessi sempre per il principio per cui non doveva trarre guadagno dal possedere la cosa. SODDISFACIMENTO SUL BENE QUANDO IL DEBITO NON è PAGATO: 80 Inizialmente e fino a metà Costantino vi erano 2 modalità, che si svolgevano attraverso 2 patti: 1. Lex commissoria (vietata da Costantino) in forza del quale si stabiliva che se il debito non era pagato il creditore acquistava la proprietà della cosa  in questo modo si acquista non con gli atti a effetti reali ma con un patto e ciò poteva portare a risultati iniqui, es. l’anello d’oro consegnato per un valore X valeva in realtà molto di più quindi il creditore ci guadagnava ingiustamente. 2. Ius vendendi, in forza del quale il creditore in caso di mancato pagamento del debito aveva diritto di vendere l’oggetto del pegno e trattenere l’ammontare pari al valore del bene e in caso ritornare al debitore la differenza. es. credito pari a 10 mila, guadagna 15 mila, 5 mila li deve restituire al debitore. Il debitore aveva in questo caso a sua difesa l’a. pignoraticia in personam da esperire contro il creditore pignoratizio nel caso in cui non avesse restituito la differenza.  Pare che il creditore avesse solo possibilità di tradire, per cui il compratore di cose mancipi otteneva la proprietà pretoria non civile. Da patto, lo ius vendendi diventa elemento tacito naturale del negozio e poteva essere disapplicato dalle parti. SE INVECE IS ESTINGUEVA IL DEBITO per pagamento, confusione (stesso proprietario), remissione (rinuncia), anche il pegno si estingue quindi il creditore pignoratizio ha l’obbligo di restituire l’oggetto in pegno. Il debitore ha ora dritto di credito di riottenere il bene, se il creditore non restituisce ha a disposizione l’a. pignoraticia in personam. ESISTONO ANCHE CASI DI PEGNO LEGALE e GIUDIZIALE Nel caso del pegno convenuto, era possibile che un debitore costituisse in pegno lo stesso bene a garanzia di più creditori. Il problema era poi la soddisfazione sul bene, che venne risolta con il principio “primo per tempo più forte il suo diritto”, quindi a favore di chi aveva costituito il pegno prima, salvo però che non vi fossero creditori privilegiati per legge, ad esempio la moglie che a garanzia della restituzione della dote aveva un’ipoteca legale su tutti i beni del marito. I creditori di rango inferiore, pagando a quelli di rango superiore il loro credito, ne acquistavano il posto. Per il PEGNO GORDIANO, ovvero quando un debitore ha 2 debiti verso una persona di cui uno è garantito da pegno l’altro no, se il debitore estingue quello garantito da pegno e lascia sopravvivere quello non garantito l’imperatore stabilisce che estinto il debito col pegno, il pegno passava sull’altro debito.  POSSESSO: Il possesso è una signoria di fatto che pur essendo concepita come situazione di fatto aveva importanti conseguenze nel paino del diritto ( es. usucapione; inoltre il pretore aveva disposto una tutela del possessore). Gli aspetti che lo caratterizzano sono: 81 - La DISPOSIZIONE MATERIALE DEL BENE - L’INTENZIONE DI TENERE IL BENE COME PROPRIO Dal comune possesso si distinguono: - DETENZIONE: che indica colui che ha la disposizione materiale del bene e lo tiene per un altro. Sono detentori l’usufruttuario (possessore/dante causa: nudo proprietario), il depositario che per un contratto di deposito detiene la cosa per custodirla per qualcuno (possessore: deponente), il comodatario, che in forza di un contratto di comodato perviene il bene in uso (possessore: comodante) ed il conduttore che in forza di un contratto acquista il diritto di usare la cosa e percepirne i frutti su pagamento di un canone (possessore: locatore) il possessore in questi casi POSSIEDE PER INTERMEDIARIO. - POSSESSO DI BUONAFEDE, AD USUCAPIONEM: ovvero il possesso per una giusta causa che conduce ad usucapire (N.B. il creditore pignoratizio non può usucapire) - CASI DI POSSESSO ANOMALO: che riguardano il ricevimento del possesso da un accordo  questi casi sono anomali perché da questi ci si aspetterebbe che il soggetto che riceva il bene ne ricevo solo la detenzione, invece riceve anche il possesso in quanto o possiede l’animus del possessore/o è stata attribuita loro la tutela per utilità. I casi sono: - Creditore pignoratizio - Sequestratario depositario speciale di un bene di cui si contende l’appartenenza - Precarista soggetto che riceveva in concessione gratuita un appezzamento di terra, revocabile a richiesta. TUTELA DEL POSSESSO: La protezione del possesso si giustifica con l’esigenza di proteggere la pace sociale; l’ordinamento invita infatti chi aveva una pretesa da far valere a ricorrere al processo e non muoversi attraverso vie di fatto come la vendetta o la violenza. Lo strumento a protezione del possesso era l’interdetto: un mezzo complementare di difesa nel processo formulare che sostanzialmente era un ordine impartito dal pretore, e poteva essere di tipo: - PROIBITORIO (proibiva una cosa) - ESIBITORIO (ordinava di esibire una cosa) - RESTITUTORIO (ordinava la restituzione di qualcosa) Alcuni interdetti sono volti a CONSERVARE IL POSSESSO, e questi si verificavano quando venivano compiuti degli atti di turbativa/molestie. - Per i BENI IMMOBILI c’era l’i. uti possidetis un interdetto proibitorio perché proibiva che venisse fatta violenza al fine di modificare lo stato attuale del possesso, quindi che confermava nel possesso l’attuale possessore, a una condizione: che l’attuale possessore non possedesse quel bene in maniera violenta, 82 Quest’espressione è usata anche in epoca classica per indicare come una specie di possesso su una cosa corporale. Grazie al quasi possesso, i titolari di diritti reali erano stati ammessi ad esercitare degli interdetti di tipo possessorio per tutelare meglio i propri diritti. Si era cominciato a dire che questi soggetti erano quasi possessori riguardo alla cosa stessa. Con Giustiniano viene a significare il possesso di un diritto, che significa esercitare di fatto un diritto reale limitato, comportandosi da titolare di un diritto di usufrutto, servitù… Quest’esercizio può essere svolto da parte del titolare ma anche da parte di chi non è titolare, e quest’ultimo può usucapire il diritto nel tempo dell’usucapione degli immobili.  Es. Tizio non ha diritto di servitù ma passa in maniera continua sul fondo di Caio; essendo che in epoca giustinianea Tizio possedeva comunque il diritto, gli è ammesso usucapirlo per la durata del tempo di usucapione degli immobili. OGGI il possesso è considerato come ESERCIZIO DI FATTO DI UN DIRITTO REALE, non una signoria di fatto. 5. PARTE SECONDA DELLE COSE - OBBLIGAZIONI I. CONCETTO E SVILUPPO STORICO DELL’OBBLIGAZIONE: Il concetto moderno di obbligazione è quello del vincolo giuridico tra due soggetti in forza del quale il debitore è tenuto a compiere per un altro una prestazione, e se non la compie ne è responsabile. Si tratta quindi di un soggetto attivo (creditore), il quale ha diritto di credito e un debitore, che ha invece il debito ed è patrimonialmente responsabile in caso di mancato adempimento.  Questo concetto moderno accentua il carattere relativo dell’obbligazione: il diritto del creditore esiste solo in relazione al debitore. I diritti di credito costituiscono il novero dei diritti relativi: diritti che conferiscono al titolare il potere di esigere da una persona determinata un certo comportamento per lo più positivo, e sono diritti che si realizzano solo con la collaborazione del debitore. Un concetto di obbligazione sostanzialmente analogo lo professarono i romani a partire dall’età classica:  Istituzioni giustinianee: “l’obbligazione è un vincolo giuridico per cui siamo necessariamente costretti a dover pagar qualcosa, secondo il diritto del nostro Stato”.  In questa definizione è prospettato il solo punto di vista del debitore, in quanto vista come OBBLIGO A PAGARE, pena la responsabilità nei confronti dell’altro.  Paolo: “l’essenza dell’obbligazione sta in ciò che non rende nostra una cosa o nostra una servitù ma costringe un altro a dare qualcosa, fare qualcosa o prestare qualcosa”. 85 Perché io possa avere 100 è necessario che Tizio me li dia, NON vi è un godimento immediato; nel caso in cui questo non avvenga, io creditore avrò a disposizione un’azione contro il debitore.  Paolo individua allora il POSSIBILE OGGETTO DELLA PRESTAZIONE, dividendo il: - Dare, che consiste nel trasmettere la proprietà della cosa.  Se con stipulazione assumo l’obbligo di dare uno schiavo, la mia prestazione doveva essere quella di trasferire la proprietà di una cosa, non il semplice possesso. - Facere, che consiste in qualsiasi prestazione di servizi come costruire una casa, curare un servo, non passare su un fondo ecc.  Rientra formalmente nella categoria del facere anche il non facere. - Prestare, ovvero garantire, rispondere di; si tratta di un obbligo accessorio che si trova nel contratto di compravendita per il venditore (come la garanzia di evizione) ed esprime una responsabilità che eventualmente insorge nel debitore quando ad esempio non consegna dolosamente una cosa dovuta a deposito o non compie il trasporto con la dovuta diligenza.  l’EVOLUZIONE STORICA DELL’OBBLIGAZIONE può essere riassunta così: 1. In origine il termine obligatio non alludeva a un singolo giuridico ma materiale – significava proprio LEGARE (il debitore inadempiente poteva essere legato/costretto fisicamente) 2. In un momento si ritiene che ad obbligarsi non era la stessa persona che doveva eseguire la prestazione ma un soggetto che rispondeva nel caso in cui il promittente fosse inadempiente  stipulatio “prometti CHE MI SIA dato 100?” 3. Infine, debito e responsabilità sono confluiti nella medesima persona per cui obbligato è il debitore stesso. II. FONTI DELLE OBBLIGAZIONI: Nel mondo romano, prima appaiono gli atti e poi i giuristi classici li classificano e li studiano scientificamente creando delle categorie. In particolare, anche gli atti volti a creare obbligazioni sono atti tipici, appunto già previsti e disciplinati dall’ordinamento, e hanno natura diversa. Una prima differenza si deve fare tra: - ATTI LECITI, ovvero conformi al diritto; - ATTI ILLECITI, ovvero che violano norme di diritto. Gli atti illeciti erano distinti dai crimini perché si consideravano ledere il singolo non la comunità, e si sanzionavano quindi con l’obbligo di pagare una pena pecuniaria alla vittima.  si può dire che PRODUCEVANO 86 UN’OBBLIGAZIONE in quanto il debitore deve una somma di denaro a titolo di pena alla vittima, che è il creditore.  Furto, rapina, danno, ingiuria, dolo e violenza come vizi della volontà. Riguardo gli atti LECITI, essi si possono suddividere in: - Bilaterali, quindi negozi che nascono dal consenso di 2 o più parti  Stipulazione, mutuo, deposito, vendita, locazione, mandato - Unilaterali, ovvero quelli che nascono dalla volontà di un unico soggetto  Pagamento di indebito, testamento/legato obbligatorio, gestione di affari altrui senza incarico, Un’ulteriore differenziazione si fa tra atti leciti che creano: - Obbligazioni reciproche  es. compravendita: ciascuno è al tempo stesso debitore e creditore - Obbligazioni per una parte sola  es. stipulazione: un individuo promette di dare 100 e l’obbligo si crea solo per questo promittente. Con la crescita dell’interesse dei giuristi per le divisioni, generalizzazioni e specificazioni hanno avuto luogo le CLASSIFICAZIONI DEI GIURISTI riguardo le obbligazioni:  Nelle “Istituzioni” di Gaio, che pare seguisse uno schema precedente elaborato dai Sabiniani, si legge che: - Le obbligazioni nascono O DA CONTRATTO O DA DELITTO, dunque sono solo 2 le fonti. - Per contratto si intendeva qualsiasi atto lecito che producesse obbligazioni (bilaterale o unilaterale che fosse, produttivo di obbligazioni per una o entrambe le parti) e per delitto si intendeva allo stesso modo ogni atto illecito che producesse obbligazioni. - Le obbligazioni provenienti da contratto sono di 4 generi, in quanto si possono contrarre con una cosa, con delle parole, con delle lettere o con il consenso; gli atti illeciti erano invece di un solo genere. TUTTAVIA, Gaio lasciava anche trasparire un dubbio: egli seguiva sì uno schema tradizionale vecchio ma nel frattempo era maturata una diversa idea di contratto. I dubbi sovvenutigli riguardavano il PAGAMENTO D’INDEBITO, ovvero il caso in cui un debitore che non lo è realmente, paga un debito inesistente ad un creditore, che non lo è realmente, per errore. Da questo negozio nasce un’obbligazione per cui il creditore ha l’obbligo di restituire al debitore resosi conto dell’errore e tipicamente dovrebbe quindi finire tra i contratti ma Gaio non è d’accordo, in quanto dice che le parti in realtà non avevano intenzione di creare un’obbligazione, avevano intenzione di estinguerla.  L’idea prevalente all’epoca di Gaio vede il contratto come un atto lecito che si fondasse su un accordo/consenso diretto a costruire delle obbligazioni, non un atto lecito in generale da cui nasce un’obbligazione.  Nell’opera “Res Cotidianae” o “Aurea” di Gaio si legge invece che le fonti delle obbligazioni, alla luce di questa diversa concezione di contratto, sono 3: 87 NEL DIRITTO ROMANO INVECE: - Vigeva il principio della tipicità, per cui i contratti non potevano essere liberamente inventati dalle parti, erano ben definiti da un nome e una disciplina e previsti nell’ordinamento.  es. per trasferire il servo Stico serviva la stipulazione “prometti di darmi il servo stico?” “prometto” – non bastava il semplice accordo. - Aveva di regola effetti obbligatori, per cui andavano contratti e atti che sono idonei a trasmettere la proprietà o a costituire diritti e reali (questo fino a Diocleziano). - Era idoneo solo alla costituzione delle obbligazioni, non alla loro estinzione. I seguenti sono i principi originari che nel tempo però si sono allentati o sono stati superati: - Per quanto riguarda gli effetti obbligatori, nonostante la regola di base ci sono state alcune eccezioni, riguardanti: - L’ipoteca - L’enfiteusi - La superficie  Che originavano un diritto reale tutelato da azione in rem. - la lex commissoria (creditore diveniva proprietario) - la traditio spiritualizzata.  Per cui il diritto di proprietà era trasmesso con semplice consenso. - Per quanto riguarda invece il superamento della tipicità, si vide nel tempo: - Il riconoscimento di un più ampio numero di contratti - La nascita dei patti – altri accordi vincolanti sorti o con un’eccezione o un’azione pretoria; - La liberalizzazione della forma della stipulazione con la Legge di Leone – con la quale si dava la possibilità di usare parole in libertà;  originariamente, con la stipulazione si poteva promettere una prestazione di qualsiasi tipo a patto che la forma fosse rispettata, una volta rinunciata alla forma i patti che obbligano una parte sola potranno valere come contratto di stipulazione. IV. I CONTRATTI TIPICI – I CONTRATTI REALI I contratti tipici sono contratti con nome e disciplina; sono tutelati da azioni in personam, e in alcuni casi si trova anche un’azione pretoria. Alcuni erano tutelati da azioni di buonafede che premettevano maggiore discrezionalità al giudice e altri da azioni di stretto diritto. 2 classificazioni: 1) Per chi sorge l’obbligazione? - Unilaterali: è obbligata una parte sola  stipulazione, mutuo… - Bilaterali: sono obbligate le due parti  compravendita, locazione, conduzione… 90 - Bilaterali imperfetti: è obbligata almeno una delle due parti e EVENTUALMENTE anche l’altra  comodato (prestito): il comodante consegna un cavallo al comodatario perché lo usi. Il comodatario ha l’obbligo di usarlo nei limiti consentiti e poi restituirlo. Eventualmente, se questa cosa avesse creato danni o spese sorgerebbe l’obbligo in capo al comodante di rimborsare i danni. 2) In che modo si perfezionano? L’accordo è necessario ma non sempre sufficiente, e a seconda di come quest’insufficienza debba essere colmata si parla di: - Contratti reali, dove la consegna della cosa li perfeziona; - Contratti verbali, dove la pronuncia di parole particolari li perfeziona; - Contratti letterali, dove la scrittura li perfeziona; - Contratti consensuali, dove il semplice consenso basta a perfezionare il contratto.  IL CONTRATTO REALE: Questo contratto non va confuso con il contratto ad effetti reali che verte sugli effetti che seguono all’accordo delle parti. Esso si basa sia sul consenso sia sulla consegna della cosa e permette a seconda dei casi di trasferire il possesso, la proprietà o la semplice detenzione della cosa. Gaio vi include come esempio solo il mutuo ma nell’opera Res Cotidianae o Aurea di Gaio e nelle Istituzioni giustinianee si aggiungono il comodato, il deposito e il pegno dato; viene tuttavia omessa la fiducia, probabilmente contratto caduto in disuso a quell’epoca. Rientrano tra i CONTRATTI REALI:  MUTUO: “Il mutuo consiste nella dazione di quelle cose che vengono in considerazione a peso, numero, misura, come l’olio, il vino, il frumento e il denaro; diamo queste cose con l’intenzione che diventino dell’accipiente e riceveremo altrettanto” Si tratta di un contratto reale in forza del quale un soggetto, il mutuante, dà una cosa fungibile a un altro soggetto, il mutuatario, perché diventi sua e restituisca altrettanto. Alla base c’è un accordo ma diventa contratto solo al momento della consegna della cosa (ACCORDO E DAZIONE)  Lo scopo del mutuo è il prestito di consumo e per questo viene trasmessa la proprietà, perché il mutuatario può fare della cosa ciò che vuole.  L’unica obbligazione che sorge è quella di restituire altrettanto in capo al mutuatario, e si tratta quindi di un contratto unilaterale.  A tutela del suo diritto il mutuante aveva un’azione in personam di diritto civile e di stretto diritto: l’intimazione nella forma della condictio certae pecuniae e condictio certae rei, a seconda del contenuto del mutuo 91  È un contratto reale, perché si perfeziona solo quando il mutuante ha già consegnato il denaro.  È un contratto a titolo gratuito, infatti il mutuo non prevedeva il pagamento di interessi, però nella prassi chi prestava lo faceva per ottenere interessi: occorreva concludere una stipulazione (contratto di stipulatio) con la quale il mutuante si assicurava il pagamento degli interessi.  Vi sono però dei casi particolari di mutuo: - Il caso di prestito marittimo, quindi di denaro prestato o per finanziare una ditta di trasporti marittimi oppure per trasportare oltremare del denaro, è caratterizzato dall’incertezza del mare; per questo motivo, se il viaggio finiva bene il mutuatario doveva pagare interessi elevati (eccezione alla gratuità del mutuo) se invece finiva male il mutuatario non doveva restituire nulla. - Il mutuo fatto a pupilli o donne senza l’autorizzazione del tutore non era azionabile, e così il mutuo ai figli di famiglia dopo l’emanazione di un senatoconsulto dei tempi di Vespasiano che prese il nome di SC Macedoniano, perché nome di un giovane scapestrato che aveva ammazzato il padre per ereditare e in tal modo pagare i prestiti che aveva contratto.  se il pagamento avveniva lo stesso contro la legge, il padre non aveva azioni per ripetere.  COMODATO: Il comodato è la dazione della cosa perché sia usata. Anch’esso è un contratto reale in forza del quale un soggetto detto comodante trasferisce la detenzione di una cosa inconsumabile ad un altro soggetto, comodatario, perché ne faccia uso, con l’obbligo di restituzione. Il contratto è bilaterale imperfetto: di norma sorge l’obbligazione solo a carico del comodatario ma se la cosa gli ha provocato qualche danno può sorgere un’obbligazione anche al comodante, che consiste in un risarcimento.  L’azione che sanziona queste obbligazioni è l’actio commodati diretta e contraria, che indica indifferentemente un’azione pretoria (a.in factum) e una civile di buonafede.  Il comodatario è tenuto a prestare la diligenza massima che il padre di famiglia presta alel sue cose, per questo risponderà anche di furto subito e solo il caso fortuito e la forza maggiore lo libereranno dalla responsabilità per inadempimento.  Il comodato è essenzialmente gratuito e il solo a trarne praticamente vantaggio è il comodatario.  Se il comodatario eccede nell’uso della cosa non risponde con l’azione contrattuale ma con l’a.furti, in quanto colpevole di furto d’uso. 92 - “Dotis dicto” – PER LA COSTITUZIONE DELLA DOTE - “Promissio iurata liberti” – GIURAMENTO DEL LIBERTO (per la promessa di prestare delle opere al patrono).  STIPULATIO: La forma della stipulazione consisteva in una domanda e una risposta. A interrogare era lo stipulante, il futuro creditore, che chiedeva al promittente, futuro debitore, “prometti di darmi 100?” “prometto”; il verbo che il promittente doveva usare era inizialmente solo quello usato nella domanda, poi, verso l’età giustinianea si ammettono formule meno rigide che accettano anche la presenza di verbi diversi, a fatto che il significato fosse chiaro e congruo. Con la stipulazione nasceva un’obbligazione solo in capo al promittente (CONTRATTO UNILATERALE), solitamente non emerge la causa del negozio (CONTRATTO ASTRATTO) anche se a un certo punto viene concesso il rimedio dell’exceptio doli, ma se si specificava lo scopo delle parti, ad es. “a titolo di dote” diveniva un CONTRATTO CAUSALE. L’azione con la quale lo stipulante poteva agire era l’actio ex stipulatu. Il promittente poteva obbligarsi ad eseguire una qualsiasi prestazione (dare, non dare, fare, non fare); essendo il contenuto così vasto (e aggiungendo la liberalizzazione della forma operata da parte di Leone) la stipulazione poteva essere usata per qualsiasi accordo di obbligazione unilaterale, infatti era considerato il CONTRATTO PER ECCELLENZA. Erano capaci di stipulare: - I padri di famiglia; - I sottoposti al padre di famiglia che possono solo acquistare il credito a suo favore e non promettere, fatti salvi i figli maschi che si possono civilmente obbligare; - I pupilli e le donne, che però non possono promettere se non con l’autorizzazione del tutore Sono NULLE LE STIPULAZIONI concluse da: sordi, muti, pazzi. I giuristi romani si sono serviti di questo negozio per mettere a fuoco sì la stipulazione in sé, ma anche la teoria generale del contratto.  SOFFERMANDOSI SUGLI ASPETTI SOGGETTIVI (dal punto di vista dei soggetti) della stipulazione si può parlare di: - PROMESSA A FAVORE DEI TERZI: F.C: “Prometti di dare 100 a Tizio?” F.D: “Prometto” 95 Il promittente promette di dare 100 non a favore dello stipulante ma a favore di un terzo, Tizio). Il problema è se questa stipulazione sia valida e faccia quindi sorgere un credito, in quanto normalmente i contratti producono effetti solo tra le parti (e in più nella stipulazione questo principio era ancora più cogente).  DI REGOLA la stipulazione si considerava NULLA: non sorgeva credito a favore di Tizio perché soggetto estraneo al contratto e il promittente non aveva alcun obbligo (infatti il terzo non aveva azione di stipulato). Il diritto di pretendere che il promittente desse 100 a Tizio non sorgeva neanche a favore dello stipulante poiché questo non aveva un interesse proprio giuridicamente rilevante.  I giuristi hanno ragionato però su un altro caso: una stipulazione in parte a favore dello stipulante e in parte ad un terzo. C’è una disputa tra Proculeiani e Sabiniani, ma entrambi concordavano sul fatto che nei confronti del terzo, la stipulazione non avesse alcun valore. Tuttavia, nei confronti dello stipulante che aveva degli interessi giuridicamente rilevanti, le due scuole si divisero in: - Proculeiani: l’oggetto della stipulazione vale per metà allo stipulante; - Sabiniani: l’oggetto della stipulazione vale per intero allo stipulante;  poteva sorgere quindi un obbligo nei confronti dello stipulante ma MAI nei confronti del terzo. Si può quindi concludere che, SE LO STIPULANTE RISULTAVA AVERE UN’INTERESSE, LA PROMESSA ERA VALIDA SOLO NEI SUOI CONFRONTI; questo poteva accadere se: - es. un impubere ha 2 tutori e uno affida la tutela all’altro ma si fa prestare una stipulazione di garanzia perché il patrimonio del pupillo rimanga intatto (appunto, una prestazione a favore di un terzo, il pupillo). La stipulazione si considera valida rispetto al co-tutore perché qualora il collega gestisse male il patrimonio, egli stesso sarebbe chiamato a rispondere. - es. “prometti di dare il servo Stico a Tizio”, se lo stipulante ha promesso a Tizio di pagare una penale se il promittente non gli darà il servo, lo stipulante avrà un interesse personale a non pagare la penale, per questo motivo la stipulazione si considera valida. - PROMESSA DEL FATTO DI UN TERZO: F.C: “Prometti che Tizio mi darà 100?” F.D: “prometto” Il promittente non promette di eseguire personalmente una prestazione ma promette che qualcun altro farà la cosa. La stipulazione è considerata NULLA, non nascono obbligazioni, né per Tizio (terzo estraneo al contratto), né per il promittente. - PROMESSA DI ADEMPIERE AD UN ‘AGGIUNTO AI FINI DELL’ADEMPIMENTO’: 96 F.C: “Prometti di dare 100 a me O a Tizio?” F.D: “prometto” Il creditore è uno ed è lo stipulante; il terzo (Tizio) è un ‘aggiunto ai fini dell’adempimento’, dunque è abilitato a ricevere il pagamento; la stipulazione è quindi valida. Se il promittente paga al terzo, essendoci tra lui e lo stipulante un contratto di mandato, quest’ultimo ha l’obbligo in forza di questo contratto di consegnare ciò che ha ricevuto dal promittente all’unico creditore. - STIPULAZIONE CON PIU’STIPULANTI: Due F.C (Tizio e Caio si rivolgono a Sempronio dicendo entrambi): “Prometti di darmi 100?” F.D: “prometto” La stipulazione si considerava unica e così l’obbligazione, che aveva caratteristica di essere un’OBBLIGAZIONE SOLIDALE ELETTIVA dal lato attivo del rapporto (creditori). Questo significa che l’obbligazione era INTERA/IN SOLIDO (da ‘solidale’) perché gli stipulanti non dividevano tra di loro il credito, MA non era nemmeno verso entrambi: il promittente si liberava pagando una volta sola SCEGLIENDO (da ‘elettiva’) il creditore a cui adempiere  se così non fosse sarebbe un’OBBLIGAZIONE SOLIDALE CUMULATIVA (che nasce solitamente con i delitti - es. due ladri: no divisione della pena, pagamento di entrambi al creditore). - STIPULAIZONE CON PIU’ PROMITTENTI: Un solo stipulante chiede ripetutamente a 2 soggetti diversi: F.C: “Tizio, prometti di darmi 100”, “Caio, prometti di darmi 100” F.D1: “prometto” F.D2: “prometto”. Nasce un’unica stipulazione e un’unica obbligazione solidale elettiva dal lato passivo del rapporto (debitori) I due promittenti rimangono debitori per 100, quindi per intero, e lo stipulante può prendere 100 una volta sola. Il pagamento effettuato da uno libera tutti gli altri.  Obbligazioni solidali elettive potevano nascere anche da altri contratti: - Per volontà dei contribuenti (patto) - Per legge - imposta dal fatto che la prestazione non era divisibile. È necessario fare una DISTINZIONE TRA obbligazioni elettive solidali che nascevano da: - stipulazione/ contratto tutelato da azione di stretto diritto che creava un vincolo obbligatorio unico, perciò se c’erano più debitori e il creditore agiva contro Tizio che non l’aveva pagato non riuscendo a ottenere ciò che voleva, siccome al momento della litis 97
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