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Repubblica Romana (509-27 a.C.), Appunti di Storia Romana

il documento presenta l'integrazione degli appunti presi a lezione con i capitoli 3-12 del libro "Roma antica, Storia e documenti" di Cresci Marrone, Rohr Vio e Calvelli.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 01/12/2021

Benedettta6
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4.7

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Scarica Repubblica Romana (509-27 a.C.) e più Appunti in PDF di Storia Romana solo su Docsity! (riportato l'orazione pronunciata da Claudio per perorare l'ingresso nelle tavole di bronzo di Lione),8 parte della dei decuriones nel senato romano. Su di essa vi è una rappresentazione si identificherebbe con la figura ricapitolazione per quanto riguarda il tema dell'accoglienza leggendaria del sesto re di Roma, Servio Tullio-Mastarna, dello straniero. -lez. 3: Periodo repubblicano (capitolo 3 manuale 63-76) La cacciata dei Tarquini comportò un radicale mutamento politico che produsse l'abbandono del regime monarchico. L'allontanamento di T.il superbo fu da una parte una rivincita dei gruppi etnici latino-sabini (processo di de- etruschizzazione), dall'altra una reazione delle famiglie aristocratiche le quali non avevano gradito l'appoggio fornito dalla monarchia etrusca ai ceti emergenti. Il mutamento istituz. fu sancito da un giuramento con cui la comunità romana si sarebbe impegnata a non farsi mai più governare da un re= gestione dello stato divenne una responsabilità collettiva. Secondo la trad.letteraria il nuovo assetto istituzionale previde una costituzione detta repubblica, da non confondere con il significato odierno del termine. Deriva dal latino res publica (publicus si riferisce al popolo, che solo inteoria aveva potere) che letteralmente vuol dire LA COSA PUBBLICA, ovvero gli affari del popolo di cittadini, lo Stato (non come forma politica). Non si può parlare di democrazia, ma più di ARISTOCRAZIA, di un regime aristocratico nelle mani di qualche decina di grandi famiglie, di una élite sociale e politica che esercitava il potere (Senato+ consoli+ magistrati). = Non era una cerchia chiusa, si poteva fare carriera Grazie al contributo di fonti archeologiche ed epigrafiche è possibile tratteggiare a grandi linee il contesto internazionale in cui si inserì il processo di mutamento di Roma. Nell'ultimo decennio del VI secolo intutto il Mediterraneo si consumò una lotta per il controllo della rotta commerciale tirrenica fra 3 elementi etnici: quello etrusco, quello fenicio-punico e quello greco. Gli Etruschi risultarono soccombenti e iniziarono a ritirarsi dalla Campania e dal Lazio meridionale, imboccando una strada di progressivo declino della loro egemonia territoriale.I dati archeologici attestano per tali frangenti differenti strategie di alleanza adottate dalle città etrusche per mantenere il controllo delle percorrenze marittime attraverso le quali transitavano materie prime (ferro) e prodotti finiti (vasi e manufatti di pregio). Ad esempio, tre laminette d'oro di Pirgi documentano un patto siglato fra l’etrusca Cere e la fenicia Cartagine, sita sulla costa africana nell'odierna Tunisia, al fine di arginare l'intraprendenza commerciale e militare greca. Profili istituzionali, li vediamo dal punto di vista sincronico, anche se in realtà si trattò di un lungo processo di sperimentazione progressiva "> COLLEGIALITA' ® 2 consoli annuali (i primi sono stati Lucio Giunio Bruto e Marco Orazio), eletti dai comizi centuriati, aventi un potere coercitivo contro cui il cittadino ottenne il diritto di appello, ci si poteva dunque opporre alle decisioni dei consoli, grazie alla Lex Valeria de provocatione, attribuita alla proposta del console Publio Valerio Publicola, console nel 509 a.C. Ai consoli era attribuito il potere militare, tuttavia iltratto peculiare individuato da Tito Livio fu la limitatezza dell'imperium sia perché i consoli erano 2 e potevano limitare reciprocamente in caso di aspirazioni monarchiche, sia perché governavano 1 anno e non potevano ricandidarsi prima di 10 anni. L'imperium era di due tipi: DOMI, in campo civile nei periodi di pace, ovvero amministrazione della giustizia; e MILITIAE in campo militare. | consoli erano eletti dal popolo: esso sceglieva a chi poteva essere affidato l'imperium a le fig scelte dovevano poi trarre gli auspici ed infine i comizi curiati formalmente votavano la lex de imperio. 5 = il popolo poteva scegliere solo tra coloro che avevano la capacità giuridica, ma anche pratica, di interpretare la volontà degli dèi. Nei primi 2 secoli questa possibilità era riservata ai patrizi (membri delle comunità originarie delle gentes), la plebe aveva diritto di votare ma non di essere votata. ® SENATO: elemento cerniera tra le 2 età, composto da 300 membri, controllava l'operato dei magistrati; senza il suo consenso non si poteva legiferare, così come dichiarare guerra= ruolo imprescindibile nel funzionamento dello Stato; ® assemblee popolari: comizi curiati, centuriati e tributi, non si riunivano tutti nello stesso luogo 1. Comizi curiati: in età repubblicana persero la loro importanza in quanto non erano più formate da tutti i membri delle 30 curie, ma da soli 30 rappresentati di queste ultime. 2. Comizi CENTURIATI: assemblea introdotta da Servio Tullio. | cittadini in tale assemblea vi partecipavano divisi come nell'esercito, ovvero in centurie e una centuria corrispondeva ad un voto: una centuria= un voto. | cittadini erano quindi divisi in 193 unità chiamate centurie: 170 di fanti, 18 di cavalieri e 5 di corpi senza armi. Le centurie dei fanti erano distribuite in 5 classi, a seconda della complessità dell’armamento: | classe comprendeva 80 centurie, 11/111/IV/V classe 20 centurie ciascuna. Per quantificare la capacità patrimoniale di ogni cittadino potenziale soldato si dovette ricorrere al CENSIMENTO dei cittadini: si tratta di un sistema di voto TIMOCRATICO. => comizio non democratico: la coalizione dei cavalieri e della | classe basata su interessi ed obiettivi comuni garantiva la maggioranza in assemblea per un totale di 98 voti. Inoltre, nemmeno se non ci fosse stata tale accordo, la possibilità di vittoria delle classi inferiori era pressoché nulla, causa il meccanismo di voto. | comizi si svolgevano nel Campo Marzio nei giorni fasti, al di fuori del pomerio, ed erano convocati dai magistrati (consoli e pretori, dictatores e interreges); votava una centuria e subito dopo si scrutinava in modo da avere in diretta i risultati: i primi a votare erano i più ricchi, ovvero la | classe seguita dagli equites. In virtù degli accordi raggiungevano immediatamente la maggioranza e tutte le altre classi erano convocate, ma non votavano nemmeno poiché si assisteva alla renuntiatio, ovvero la fine delle votazioni. L'antidemocraticità era ulteriormente ‘garantita’ dal fatto che il voto era ORALE, davanti al rogator ogni cittadino esprimeva il proprio voto (NO voto segreto). Nel 241 a.C ci fu una riforma che introdusse il concetto di centuria praerogativa: veniva estratta la prima centuria che avrebbe dovuto aprire le votazioni, il suo peso era però nullo perché subito dopo si ripartiva dalla | classe. “compiti del comizio: eleggere i consoli, i pretori e i censori; votare le leggi relative all'ambito militare + avevano potere decisionale a liv giuridico solo in casi gravi. 2.Comizi TRIBUTI: assemblee ‘più civili” in cui i cittadini erano suddivisi in base al domicilio. 35 tribù= 35 voti Tutte le tribù votavano in contemporanea senza ordine prestabilito, si continuava ad estrarre a sorte e si scrutinava fino al raggiungimento della maggioranza. Anche intale caso siamo di fronte ad un sistema poco democratico poiché i proprietari terrieri che erano molto ricchi erano iscritti a 31 tribù, in quanto possedevano numerosi territori ed erano segnati non dove avevano il domicilio, ma nelle tribù dove avevano i terreni. | più poveri costituivano solo 4 tribù. N.B : potevano votare anche i LATINI, nonostante non avessero la civitas, anche se era più una misura d'onore + potevano anche i LIBERTI, gli ex schiavi di Roma > la schiavitù a Roma non era una cond. irreversibile perché tramite la procedura giuridica della MANOMISSIONE ottenevano lo ius suffragi (non quello honoris, diritto di accedere alle magistrature). Erano tutti iscritti in una stessa tribù. “> compiti del comizio: eleggere i questori e gli edili. 2. CONCILIA PLEBIS! assembla introdotta a Roma nel V secolo a.C in seguito alla secessione dellla plebe. Ad essa poteva partecipare solo la plebe presieduta dal tribuno della plebe. “> compiti: competenze giudiziarie relative ai soprusi dei patrizi + eleggevano i tribuni della plebe e gli edili plebis + votavano le leggi della plebe, i PLEBIS SCITUM, vincolanti solo per la plebe fino al 287 a.C (Lex Hortensia). Ma il legame sociale che in maniera più incisiva contraddistinse la società romana fu la CLIENTELA, la cui derivazione dal verbo ‘cluere’ cioè ascoltare, connota il cliente come <colui che dà ascolto>. Si trattava di un rapporto volontario, ma non paritario, contratto tra due soggetti liberi di nascita e basato sulla reciproca fides, cioè lealtà nutrita di fiducia: il patrono esercitava il patrocinio, cioè la funzione di protezione paterna nei confronti del cliente, offrendogli sostentamento economico e assistenza giudiziaria; in cambio il cliente doveva al patrono obbedienza morale e politica, svolgeva attività commerciali, rurali ed economiche per conto del patrono, nonché in azioni politiche come quella del voto, attenendosi alle indicazioni fornite dal patrone stesso. Lo scontro tra patrizi e plebei : la società arcaica romana non conobbe grandi conflittualità sociali fino al 494 a.C., quando scoppiò un forte contrasto interno. Le fonti indicano come contendenti coni nomi di patrizie plebei ma non chiariscono come sia nata tale distinzione né le dinamiche del conflitto maturato fra i 2 gruppi. Sappiamo che essi convivevano in Roma, ma non in condizione paritaria: non si tratta però di uno scontro tra un ordine ricco e un ordine povero come interpretato da Marx, in quanto non corrisponderebbe con la realtà storica. Vi erano plebei ricchi e patrizi poveri, nonvi era omogeneità legata al censo. La suddivisione si basava molto probabilmente sull'origine etnica e tale condizione non poteva mutare se non mediante il matrimonio, che si sviluppò all’inizio della Repubblica. Le fonti mostrano come i patrizi fossero i discendenti dei patres che vennero scelti da Romolo agli albori della monarchia; di conseguenza i plebei sarebbero nati ‘per esclusione’, senza alcun tipo di caratteristica peculiare che li accomunasse. | patrizi invece godevano tutti di alcuni privilegi: erano gli unici a poter trarre gli auspici (diritto di sangue), e, poiché gli auspici erano obbligatoriamente preliminari a qualsiasi azione politico-militare, erano gli unici a poter accedere alle magistrature repubblicane. Nella spartizione dei bottini di guerra inoltre potevano ottenere quote superiori a quelle dei plebei; di conseguenza i loro patrimoni era generalmente più cospicui di quelli dei plebei, ragion per cui, come creditori, potevano assoggettare più schiavi per debiti (nexi). -secondo altri i plebei sarebbero stati clientes dei patrizi -secondo altri i patrizi sarebbero stati i cavalieri mentre i plebei i fanti: questi ultimi sarebbero stati cittadini non organizzati secondo il sistema dei clan, al contrario dei patrizi, strutturati infamiliae e gentes, che avrebbero rappresentato un'aristocrazia di cavalieri. Grandi proprietari terrieri, avrebbero dato vita ad un ordine chiuso, con simboli tratti dall'originario equipaggiamento equestre: l'anello d'oro, la striscia di porpora sulla tunica, il mantello corto, il calzare alto; -secondo altri l'indicatore che faceva la differenza era il tipo di attività svolta. | patrizi erano latifondisti, i plebei si occupavano del commercio e dell'artigianato ® l’eterogeneità dei plebei va a sostenere tale ipotesi, anche perché le richieste che avanzarono dalla plebe per migliorare le proprie condizioni erano assai differenti e non reciprocamente coerenti. Nel corso del V secolo scoppiarono le ostilità principalmente a causa dell'aumento dell'impegno nel nuovo esercito di fanteria pesante dei plebei, i quali si arricchirono notevolmente e si sentirono in diritto di avanzare proposte, soprattutto perché nonostante l'attività in ambito militare, non veniva loro riconosciuto il diritto di voto. (MALCONTENTO TRA LA PLEBE RICCA). Un altro fattore della lotta risiede nella caduta della rete commerciale etrusca a cui Roma faceva parte, che portò ad una crisi debitoria: moltissimi plebei furono ridotti in schiavitù, perciò, si domandava l'abolizione del nexum (MALCONTENTO TRA LA PLEBE POVERA). Infine, l'equa spartizione dei bottini di guerra. La lotta contro i patrizi può essere distinta in due fasi: la prima tra il 494 e il 367 a.C. venne realizzata una strategia dell’alterità, poiché i plebei si organizzarono in Roma con proprie assemblee, magistrati, leggi, diverse da quelle patrizie ma riconosciute ufficialmente; dal 367 al 287 a.C. si attuò invece una strategia dell’integrazione e della parificazione, poiché si giunse progressivamente all'accoglimento dei plebei all'interno delle magistrature cittadine. La forma di lotta adottata con successo nel corso del conflitto per piegare le resistenze dei patrizi fu la SECESSIONE] che consisteva nel rifiuto della comunità plebea di partecipare alla vita religiosa e ai riti collettivi e nel suo ritiro in massa fuori dal pomerio, sul Monte Sacro o sull'Aventino; tale decisione comportava la perdita del favore degli dèi e, soprattutto in momenti di pericolo militare, implicava, a seguito del rifiuto di combattere e di partecipare alle assemblee, la necessità per la controparte di intavolare trattative conciliatorie. 10 Ciò avvenne per la | volta nel 494 a.C. allorché le incursioni di Volsci e Sabini ponevano Roma in una situazione di grave difficoltà. | plebei si ritirarono fuori dall’Urbe e i patrizi inviarono un loro rappresentante, Menenio Agrippa, che pronunciò il famoso apologo in cui paragonava lo stato ad un corpo umano, in cui tutti gli organi avevano interesse a cooperare per la salvaguardia della salute. La plebe rientrò in città solo dopo aver ottenuto il riconoscimento di alcuni diritti, primo dei quali era quello di riunirsi in un'assemblea, detta CONCILIUM PLEBIS, le cui deliberazioni (plebiscita) sarebbero risultate vincolanti solo per i plebei. Ogni anno tale assemblea eleggeva dei magistrati plebei, in particolare 2 EDILI, preposti alla manutenzione dei templi (aedes) dell'Aventino, cioè il tempio di Diana e quello di Cerere. Ma la conquista più significativa fu l'istituzione di 2 tribuni della plebe, anch'essi eletti annualmente dall'assemblea, con l'incarico di mantenere i contatti con la comunità patrizia. In quanto <magistrati-ponte> tra i due ordini ed esposti in prima linea nel contrasto con gli antagonisti politici, si videro riconoscere il privilegio dell'inviolabilità, sacrosanctitas; in base alla legge chiamata ‘consacrata’ diveniva infatti sacer, ovvero vittima sacrificale alle divinità plebee, chiunque attentasse all'incolumità di un tribuno: poteva essere impunemente ucciso senza che il suo assassino fosse perseguibile. | tribuni per svolgere la loro opera di salvaguardia della comunità di appartenenza, godevano di 2 diritti: il ius auxilii (diritto di portare aiuto) grazie al quale prestavano assistenza giudiziaria ai plebei contro gli abusi dei magistrati patrizi; e il ius intercendi (intercessio) per cui era sufficiente che un solo tribuno opponesse il veto alla deliberazione di un magistrato patrizio perché questa venisse subito annullata in quanto lesiva agli interessi della plebe. ® si faceva prepotente nel frattempo tra i plebei la richiesta di mettere per iscritto le leggi, con l’obiettivo di avere un margine di salvaguardia di quanto ottenuto, perché la tradizione orale era soggetta a manipolazioni e abusi: solo ai patrizi e ai sacerdoti ad esempio era noto il calendario con i giorni fasti e nefasti, così come di loro esclusiva conoscenza erano le procedure formulari in base a cui si poteva adire in giudizio. ® tra il 451 e il 450 a.C. i plebei ottennero la codificazione del diritto; la tradizione parla di una commissione preventivamente inviata in Grecia per consultazione e della successiva sospensione delle magistrature con la conseguente elezione di un collegio di 10 membri, tutti patrizi, investiti di pieni poteri e incaricati non di emanare una nuova legislazione, ma di pubblicare le norme vigenti. Gli incaricati, che costituirono i consoli di quell’anno, assolsero il loro compito con la pubblicazione di 10 tavole di leggi ma, per completare il lavoro, nel 450 a.C. venne eletto un secondo collegio decemvirale, per metà patrizio e per metà plebeo, sotto la guida del patrizio Appio Claudio, che pubblicò le due ultime due tavole che contenevano disposizioni contrarie alla plebe, come il divieto di matrimoni misti. Per reazione i plebei misero in atto una nuova secessione che pose fine all'esperienza decemvirale e comportò la restaurazione del consolato. È certo che le leggi delle XIl Tavole (leggi di diritto privato, riguardarono la sfera privata, non regolarono rapporti tra patrizi e plebei) furono sottoposte all'approvazione dei comizi centuriati che le votarono: furono le prime leggi votate e resero accessibili all'intero corpo civico norme uguali pertutte. Le energie dei plebei si concentrarono allora nel tentativo di abrogare il divieto di unioni coniugali miste; l'obiettivo venne raggiunto nel 445 a.C. quando fu approvata la LEGGE CANULEIA, in realtà un plebiscito che prese il nome dal tribuno che la propose all'assemblea dei plebei = il provvedimento rendeva lecite le nozze tra patrizi e plebei, accordando il diritto di matrimonio = la finalità politica era quella di consentire l’accesso alle cariche da parte dei plebei, soprattutto a quella del consolato. Non venne ottenuto l'immediato accesso al consolato, ma, a partire dal 444 a.C. si produsse un cambiamento istituzionale: al posto dei due consoli patrizi si decise di conferire il potere ad alcuni dei 6 tribuni militari; tale collegio di tribuni militari con potere consolare era composto ANCHE da plebei. Tale magistratura scomparve nel 367 a.C. quando si stabilì che uno dei consoli eletti dovesse essere plebeo, alla luce di ciò si può comprendere come rappresentasse un espediente compromissorio per avvicinare i plebei al consolato: l'introduzione del collegio tribunizio avrebbe permesso l'accesso al potere militare (imperium) anche ai plebei, mentre la presenza di almeno un patrizio avrebbe garantito la possibilità di trarre gli auspici. Sempre come reazione al plebiscito che ripristinò i matrimoni misti, si ritrova il 1° momento legislativo importante della lotta, le leggi VALERIE ORAZIE del 449 a.C.: ribadirono la sacrosanctitas dei tribuni della plebe, proibirono la creazione di magistrature immuni al diritto di appello dei tribuni della plebe, resero i plebisciti vincolanti per l'intera cittadinanza, ma ciò nonè possibile. Tra il 485 e il 389 a.C, poiché i problemi economici rimasero, figure come Cassio, Manlio e Melio emanarono delle leggi agrarie consistenti nella riassegnazione di lotti di ager publicus e nella distribuzione gratuita di grano alle classi più povere. 11 Il conflitto tra i due ordini si protrasse anche nel corso del IV secolo a.C. e il 367 a.C. fu l’anno di svolta nella strategia plebea che passò dalla politica della separazione a quella dell'integrazione. In quell'anno ricoprirono il tribunato della plebe due esponenti delle più ricche famiglie plebee, Lucio Sestio Laterano e Gaio Licinio Stolone; essi fecero approvare un pacchetto di leggi, chiamate LICINIE SESTIE, che intervenivano sui 3 problemi avvertiti come maggiormente pressanti dalla comunità plebea: per quanto concerne la schiavitù per debiti, essa non venne abolita, ma si stabilirono forme di riduzione e rateizzazione del debito con l'intenzione di ridurre il numero dei debitori insolventi; in merito alla spartizione del bottino di guerra, si deliberò che nessun romano potesse possedere più di 500 iugeri (125 ettari) di agro pubblico, cioè di terra requisita al nemico e incamerata dallo stato; in merito alle magistrature, venne sottratto il potere consolare ai tribuni militari e si ripristinò il consolato, ma con la condizione che uno dei due consoli dovesse essere plebeo. Il primo console plebeo assunse la carica nel 366 a.C. e fu Lucio Sestio Laterano. —? Livio testimonia inoltre la nascita nello stesso anno di una carica gemella all'edilità plebea, quella degli edili curuli le cui competenze riguardavano l'allestimento dei giochi in occasione delle festività e la responsabilità dell’approvvigionamento alimentare di Roma. —* Da tale momento vennero approvate una serie di leggi che portarono alla parificazione dei plebei per quanto concerne l'elettorato passivo, cioè la possibilità di poter essere eletti: nel 356 a.C. si registrò il loro accesso alla dittatura; nel 351 a.C alla censura, nel 337 a.C alla pretura. La causa dell'integrazione tra i due ordini è rintracciabile, in primo luogo, nella contrazione demografica dei patrizi nella seconda metà del IV secolo a.C; e in secondo luogo nelle espansioni territoriali che fornirono un ampio numero di prigionieri di guerra da utilizzare come schiavi dal momento che i catturati non erano più di popoli latini e quindi vennero trattenuti come forza-lavoro gratuita. L'annessione di terre servì anche a dare sollievo alla piega dei plebei, poiché furono distribuiti i territori. — 344 a.C. plebiscito Genucio: entrambi i consoli avrebbero potuto essere plebei + proibizione della reiterazione del consolato entro 10 anni. — 326.0. LEGGE PETELIA PAPIRIA: stabili l'abolizione della schiavitù per debiti; fu uno dei pochissimi casi nella legislazione romana di abrogazione di una legge e per di più con valore retroattivo, poiché i nexi vennero tutti messi in libertà. Tappa fondamentale nel cammino di integrazione: CENSURA DI APPIO CLAUDIO CIECO TRA IL 312 E IL 311 A.C.: introdusse contenuti fortemente innovatici. Osò inserire per la prima volta nell'albo dei senatori alcuni plebei e perfino figli di liberti, procedendo anche all'abolizione della distinzione tra senatori ordinari e aggiunti; coni fondi dell'erario si fece promotore di una vasto programma di opere pubbliche nell'Urbe, anche con l'intento di assorbire manodopera tra i proletari: - costruì un nuovo acquedotto, l’Aqua Appia; - edificò il tempio di Bellona, divinità che celebrava ideologicamente la vittoria, inserimento che legittimava l'estensione militare; - fece costruire la Via Appia che collegava Roma a Capua, una delle prime strade per le quali si sperimentarono le tecniche di lastricazione. Cioè di pavimentazione durevole, che contribuirono a consentire il veloce spostamento degli eserciti, a facilitare il transito di merci, di uomini e di idee. Propose inoltre di introdurre in Senato anche figure che non avevano ricoperto alcuna magistratura, di ridistribuire la plebe intutte le tribù e di introdurre una nuova modalità di calcolo del censo che si basasse sui beni mobili ed immobili; solo quest’ultima proposta venne approvata. N.B. sotto l'impulso di Appio Claudio (azione completata da Gneo Flavio, scriba) venne pubblicato lo [US FLAVIANUM, <il diritto di Flavio>, un provvedimento che, nel 304 a.C., rese pubbliche sia le procedure processuali (legis actiones), cioè il sapere giuridico contenuto nei formulari, sia il calendario, assicurando norme giudiziarie omogenee per il trattamento di tutti i cittadini. —* 300a.C.: LEX OGULNIA, aprì ai plebei l'accesso al pontificato e ai collegi sacerdotali; i pontefici passarono da 5 a9ei plebei poterono finalmente trarre gli auspici; 12 sotterranea che gli consentì di penetrare entro le mura. Rientrato a Roma sfilò come trionfatore sul cocchio trainato da 4 cavalli, con il volto tinto di Rosso: ciò fu interpretato come una sua aspirazione alla divinizzazione e determinò il suo esilio a Cere. * Veio venne rasa al suolo e il tuo territorio divenne ager publicus (terra di proprietà dello stato) e fu distribuito ai cittadini romani in lotti; gli abitanti vennero censiti in una nuova tribù territoriale, Tromentina. La vittoria su Veio raddoppiò il patrimonio mobiliare e fondiario della comunità romana e segnò un'ulteriore tappa verso il declino degli etruschi. N.B: Alla fine del V secolo a.C Roma era riuscita a ribaltare la situazione di difficoltà militare creatasi dopo la caduta della monarchia: aveva riconquistato il controllo della Lega latina; aveva respinto le incursioni dei Sabini e dei Volsci e ‘aveva sconfitto Veio, trovando nel suo territorio una valvola di sfogo per i ceti subalterni. ESPANSIONISMO IMPERIALISMO Roma si trovò per motivi vari a scontrarsi con AI di sotto vi è un progetto, un piano ben preciso, CI popolazioni italiche, NON VI ERA UN PROGETTO SONO DEGLI OBIETTIVI Il IV secolo a.C si aprì dunque con un importante successo militare: la conquista della città etrusca di Veio. Dopo pochi anni, però, la spinta espansionistica subì una pesante e inaspettata battura d'arresto: nel 390 a.C la città venne occupata da un contingente di Galli Senoni al seguito del capo Brenno. Essi si erano stanziati nel Piceno, sbaragliando gli etruschi della Pianura Padana e i Liguri a sud del Po. Quando la notizia dell'incursione arrivò a Roma l'esercito uscì ad affrontare il nemico, ma fu sbaragliato presso il fiume Allia in un giorno, che verrà per sempre ricordato come una data di lutto: gli abitanti furono evacuati per lo più a Veio, le Vestali con i simboli sacri della città trovarono rifugio nella città alleata di Cere (a cui verrà poi concessa la cittadinanza sine suffragio come premio), l'Urbe fu interamente occupata ad eccezione del Campidoglio e si verificarono saccheggi ed incendi in cui andarono distrutte la Regia e tutta la documentazione pontificale che vi era custodita. Brenno non lasciò Roma se non dopo la corresponsione (pagamento in cambio di un bene) di un cospicuo riscatto di oto. È è possibile inserire l'episodio del sacco di Roma all’interno di più complesse vicende di ordine internazionale. La banda celtica non avrebbe infatti agito di propria iniziativa poiché i Galli figuravano come alleati del tiranno greco di Siracusa DIONIGI | per il quale svolgevano l'azione di mercenari. Conseguenza immediata della sconfitta dell'esercito romano presso il fiume Allia fu la crisi dell'alleanza tra Romani e Latini: quest'ultimi si erano astenuti dall’intervenire, disattendendo la prima clausola del trattato di Spurio Cassio. Vv contro questi ultimi Roma si trovò a combattere nel corso del IV secolo a.C nella cosiddetta GRANDE GUERRA LATINA tra il 340 e il 338 a.C, una guerra ‘internazionale’ poiché Roma dovette fronteggiare non solo i Latini, ma una coalizione che riuniva le città della Lega Latina, i Volsci, gli Aurunci e i Sidicini (3 popoli appenninici): la battaglia decisiva si svolse presso Suessa Aurunca e registrò la vittoria romana. Roma estese così il suo controllo su un territorio chiamato A “Lazio aggiunto” (Latium Adiectum), comprensivo non solo del Lazio, ma anche dell'Etruria meridionale e della Campania settentrionale fino al fiume Volturno. NB La disgregazione della Lega latina (poiché aveva tradito Roma) suggerì a Roma di sperimentare nuovi strumenti egemorici di natura giuridico-diplomatica, vennero impostati strumenti federativi di differente natura: Roma non siglò un unico trattato con tutte le popolazioni soggette, ma strinse rapporti diplomatici 15 individuali e differenziati per ogni singola comunità, dosando accortamente privilegi e doveri secondo un'articolata gerarchia, in cui ogni alleato poteva progredire o retrocedere a seconda della fedeltà dimostrata. = principio sintetizzato dalla formula <divide et impera>, mirava a ottenere e mantenere la supremazia grazie alla divisione dei popoli soggetti. Nacque quella che per convenzione è definita Confederazione Italica. Le comunità del “Lazio aggiunto” vennero inserite in 4 categorie, alcune città acquisirono lo status di: ® comunità senza diritto di voto (civitas sine suffragio), città autonome che avevano conservato le loro istituzioni tradizionali, ma cui era stato accordato il diritto di commercio e matrimonio; non potevano promuovere in proprio alcune iniziativa di politica estera e dovevano obbligatoriamente prestare servizio militare e mettere a disposizione la propria flotta; ottennero solo alcuni diritti romani; ® popolazione alleata, SOCII (civitas foederata), era una popolazione che aveva stretto con Roma un foedus di alleanza, manteneva l'indipendenza, ma si impegnava a fornire truppe ausiliarie, che combattevano a fianco all'esercito romano, e a pagare una somma di denaro. Roma intraprese la strada delle alleanze e non quella della violenza, anche se il trattato era diverso da quello di Spurio Cassio, era cioè UNILATERALE; ® MUNICIPI, erano città libere vinte e sottoposte al dominio romano, cui era lasciata una certa autonomia interna poiché l'amministrazione restava in mano agli abitanti (avevano propri magistrati, osservavano le proprie leggi), ma cui era imposto di assumere gli stessi obblighi che i cittadini romani avevano nei confronti dello stato: erano soggetti alla giurisdizione legale romana, prestavano servizio militare, pagavano le tasse e la politica estera era in mano a Roma. In cambio i municipes erano cittadini romani a tutti gli effetti: avevano lo jus suffragii attivo e passivo, lo ius commercii, lo ius conubii e lo ius migrandi; ® COLONIA: una colonia è una fondazione EX-NOVO, il cui processo di fondazione è meglio definito DEDUTIONE, da ‘deductio’, cioè insediamento di cittadini trasportati in un nuovo centro urbano. L'attuazione pratica della fondazione ricadeva nella responsabilità del Senato dopo un senatus cunsultum, in seguito i comizi tributi nominavano una commissione di 3 membri, solitamente ex-consoli, che si occupava di tutto quanto concerneva l’organizzazione della colonia ed erano rivestiti di imperium quando partivano per adempiere al loro incarico: dividere e assegnare per sorteggio i lotti ai coloni, nominare i primi magistrati e sacerdoti, ma soprattutto scegliere i capofamiglia da inviare, solitamente si trattava di nuclei appartenenti agli strati minori, spinti dal ricevimento di un lotto di terreno. Copia della pianta del nuovo insediamento, con la registrazione del nome degli assegnatari (forma coloniae), e copia della legge istitutiva della colonia (lex cofoniae) venivano incise su tavole di bronzo o pietra ed esposte nel foro della città. Riti di purificazione della nascente comunità = termine procedure di colonizzazione. (l fase di colonizzazione vera e propria) Le colonie potevano essere di 2 tipi: 9 romane: composte da cittadini romani veri e propri, aventi tutti i diritti romani. Erano numericamente inferiori a quelle latine e sorgevano in luoghi meno pericolosi, ma sempre con funzioni militari e di controllo; l'assetto amministrativo era quello romano, no politica estera. Progressivamente vennero fondate co lonie romane anche AL DI FUORI DELL'ITALIA, nelle province = si poteva essere cittadini romani anche al di fuori del territorio italiano; ® latine: nate dopo il 338 a.C. Con la nascita di esse cambia il concetto di fatinitas, non indicava più un gruppo etnico geograficamente circoscritto, ma uno status giuridico: i Latini erano coloro che avevano riconosciuti 3 particolari diritti (al di là di discriminanti etniche e geografiche), lo ius commercii, lo ius connubii e lo ius migrandii. Era invece precluso ai latini il diritto di accesso alle magistrature di Roma (ius honorum), mentre il diritto di voto era esercitabile solo nei comizi tributi e tutti i Latini votavano in un'unica tribù, scelta per estrazione. L'organizzazione interna era autonoma, vi era un senato locale, i duoviri e un'assemblea popolare, mentre la politica estera era gestita da Roma: tali colonie costituivano una sorte di effigie dell'Urbe, anche dal punto di vista architettonico, vi era una sorta di pomerio, un foro centrale e un tempio dedicato alla triade capitolina. N.B: le colonie latine più di quelle romane avevano un carattere MILITARE-DIFENSIVO, innanzitutto perché si trovavano inzone molto più problematiche e poi perché il numero dei coloni era molto elevato (2000-6000), per lo più ex-soldati diseredati, inviati per diminuire la pressione demografica. La civitas vera e propria poteva essere acquisita o tramite lo ius connubi, oppure tramite lo ius adipiscendae civitatis per magistratum. 16 IT IV secolo fu il momento in cui si decide in Italia lo scontro tra monte e piano, tra allevamento e agricoltura, tra tribù e città-stato. Volsci, Sanniti, Lucani, Bruzi premevano infatti sulle città costiere, etrusche, latine, greche. Roma scelse di schierarsi con gli insediamenti urbani di pianura, si alleò e protesse le colonie greche poiché si considerava legata ad esse da una profonda affinità culturale. Il conflitto si svolse nella seconda metà del IV secolo e i SANNITI furono il popolo appenninico che con maggior ostinazione e durezza si oppose per più generazioni alla Repubblica: erano un insieme di tribù diverse di nome, ma che corrispondevano a liv.culturale ed etnico alla grande popolazione dei Sanniti. La loro caratteristiche peculiare risiede nel fatto che non avevano delle città, i centri abitati erano detti VICI e la comunità costituita il nucleo istituzionale, non vi erano magistrature. | Sanniti e i Romani fino al 354 a.C si trovavano in una posizione di parità: con un trattato stabilirono il confine delle rispettive egemonie presso il fiume Liri, Romani a nord e Sanniti a sud. Il problema fu connesso alla città di Teano (in Campania) poiché nel IV secolo fu soggetta alle incursioni dei Sanniti e chiese aiuto a Capua, centro principale della Lega Campana. Capua non fu però in grado di opporsi e chiese aiuto a Roma, la quale accettò poiché, se vincitrice, avrebbe avuto assoluti diritti sulla città che le si era affidata. Roma tramite un espediente diplomatico ottenne la resa di Capua (deditio in fidem) che venne incorporata allo stato romano; tale accorgimento consentì di considerare legittimo il conflitto e di non compromettere il favore divino; Capua manteneva lo stesso la propria autonomia interna, basandosi sul concetto di fidem. La | GUERRA SANNITICA (343-341 a.C) si scatenò in occasione del tradimento da parte di Roma del trattato del 354 a.C, ma nessuno riuscì a dominare sull'altro e si decise per un accordo, secondo cui i Sannititennero Teano, mentre Roma ottenne il controllo ‘indiretto’ sulla Lega Campana > conseguenza: accerchiamento dei Latini, casus belli della grande guerra romano-latina. La ll GUERRA SANNITICA (326-304 a.C) iniziò a causa della richiesta di aiuto verso la città di Roma da parte di un altro centro appartenente alla Lega Campana, NAPOLI, colonia greca ricca di componenti sanniti in precedenza a causa di una | migrazione: fu colpita da una Il ondata migratoria e vi fu una spaccatura della città, l’ELITE, cioè le classi elevate di origine greca chiesero aiuto ai romani, mentre le masse popolari sannite aprirono le porte ai Sanniti. Il conflitto si protrasse a lungo e conobbe episodi di grande difficoltà per Roma, quando le sue legioni, dopo aver liberato la città campana e aver respinto i nemici dalla pianura, si spinsero nell'interno con l'intenzione di stanare i Sanniti dalle loro sedi montane. ® clamorosa fu la sconfitta subìta nella valle di Caudio nel 321 a.C in cui l’esercito romano fu intrappolato nelle strette montane e costretto alla resa; l'umiliazione di passare disarmati sotto il giogo fece ricordare l'evento con il nome di Forche Caudine; ® Roma riuscì a risollevarsi grazie ad una serie di costruzioni coloniali attorno all'area sannitica ® Alla fine della guerra nel 304 a.C ci fuun trattato che prevedeva la conferma del trattato del 354 a.C + punizioni giuridiche per gli alleati dei Sanniti, come gli Ernici, che vennero incorporati allo stato Romano senza diritti di voto. La Ill GUERRA SANNITICA (298-290 a.C) scoppiò in seguito all'azione colonizzatrice di Roma che aveva provocato diffuse ostilità fra i popoli dell'Italia centrale: Sanniti, Galli Sènoni, Umbri ed Etruschi si unirono contro la Repubblica, ma vennero sconfitti in una battaglia campale presso Sentino nel 295 a.C. Il territorio dei Galli fu requisito e confiscato come agro pubblico; Umbri ed Etruschi ottennero condizioni favorevoli di resa; | Sanniti mantennero la loro integrità territoriale, avendo tuttavia perduto la possibilità di sostituirsi all'Urbe nel ruolo egemonico in Italia Centrale. I NUOVI STRUMENTI DELLA CONQUISTA Il duro conflitto rappresentò per Roma l'occasione di sperimentare nuovi strumenti di conquista: in primo luogo la fondazione di colonie, per lo più di diritto latino; mentre sul litorale si preferì dedurre colonie di cittadini romani alla distanza di un giorno di navigazione l'una dall'altra (Ostia e Anzio, Terracina). La predisposizione di un'efficiente viabilità marittima e terrestre si rivelò un altro strumento efficace ai fini di conquista: fu pavimentata la via Salaria (Roma-Veio), la Via Latina, la Via Appia da Roma Capua, la Via Erculea. Ma lo strumento più importante fu sempre e comunque l’esercito: sicuramente dopo la sconfitta pesante 17 realtà greche del sud Italia, infatti, erano molto frammentarie autonome ed indipendenti, che in occasioni di emergenza si univano intemporanee alleanze e confederazioni). Ma perché è stato coinvolto Pirro? Taranto, Le colonie greche nonostante la grande ricchezza, era carente dal punto in Magna Graecia di vista costituzionale: non era in grado di riunire eserciti importanti e si era sempre rivolta a xenikoi strategoi, comandanti ESTERI provenienti dalla madrepatria, ad esempio Archidamo re di Sparta, Alessandro il Molosso, Agatogle tiranno di Siracusa e il re spartano Cleonimo. Honor 111° Sens (8) 3 | rapporti tra Roma e Taranto furono più o meno Leoni Adcagrs TA Gua) Ace. Magn tn pacifici per tutto il periodo delle guerre sannitiche, nonostante la prima fosse un'osservata speciale, o poiché si spinse fino alla Puglia settentrionale dove fondò Luceria, colonia molto lontana da Taranto, che però non venne vista di buon occhio, così come l'alleanza stretta con Napoli nel corso della seconda guerra sannitica= eventuale minaccia al ruolo egemonico di Taranto nel meridione > Nel 302 (304?) a.C venne firmato un trattato (il | per Roma nell'area meridionale d'Italia) tra Roma e Taranto che delimitava le sfere di influenza delle rispettive realtà. Fu una sorta di barriera preventiva che Taranto volle fondare e che Roma accettò per non avere un ulteriore nemico. TRATTATO DI CAPO LACINIO (Calabria). Fu proprio la rottura di tale trattato a portare in guerra le due città: la città italiota di TUri dovette difendersi contro le pressioni dei Bruzi, una delle popolazioni dei Lucani, e chiese a Roma di ricevere un presidio militare a scopo di difesa. Nonostante la città si trovasse molto più vicina a Taranto, decise di rivolgersi a Roma: tale aspetto è da sottolineare poiché una città greca preferì rivolgersi ad uno ‘straniero’. L'intervento romano intale area avrebbe però determinato una violazione del trattato di Capo Licinio: Roma accettò comunque perché, essendosi già espansa in Campania, conosceva la ricchezza di quelle terre e, per non passare dalla parte del torto, giustificò la violazione con una maggiore superiore della richiesta di aiuto rispetto al trattato, anche perché l'azione non si sarebbe configurata come un attacco minaccioso nei confronti di Taranto. Roma vinse contro i Lucani e alla fine della guerra città come Reggio, Locri e Crotone chiesero di essere sottoposte alla protezione romana, la quale si mosse per fornire una guarnigione di 4000 uomini appartenenti alla lega campana, scelta non astuta perché etnicamente/linguisticamente i Campani erano affini ai Bruzi, ma che determinò una presenza militarmente importante in Italia meridionale. NB La guerra con Taranto non scoppiò immediatamente: l'invio di soldati a Turi fu interpretato come un'indebita ingerenza nella propria sfera egemone, suscitando l'ira dei tarantini che però si limitò a piccole proteste; la situazione precipitò quando nell'282 a.C. Roma inviò una piccola flotta duumvirale (composta da 10 imbarcazioni), forse per errore o forse come una vera e propria PROVOCAZIONE, da Turi verso il golfo di Taranto, che i tarantini fecero affondare. La reazione dei tarantini fu dunque violenta e fu letta come un'aggressione dai romani, che automaticamente divennero le vittime di un attacco militare e dunque coloro che avevano perso uomini = Roma era pronta a dichiarare guerra, una guerra giusta. Taranto chiese dunque aiuto a Pirro, il quale accettò la richiesta poiché soddisfava le sue aspirazioni, le sue mire espansionistiche: egli infatti coltivava il sogno di costruire un impero come quello di Alessandro Magno partendo dall'Italia per poi giungere in Sicilia ed infine in Africa per conquistare Cartagine. Le pretese in Sicilia erano legittime in quanto la moglie di Pirro, Lanassa, era figlia del tiranno di Siracusa. Tale progetto non venne ovviamente mai confessato aTaranto. 20 B Pirro accettò di difendere la grecità da Roma che voleva rendere schiave le città greche: questo è il motivo propagandistico con cui giustifica il consenso alla richiesta di Taranto; inoltre diffuse la notizia secondo cui egli fosse un discendente di Achille (legato da alcuni miti all'Epiro) e pose in risalto le origini troiane di Roma poiché nuovamente dovevano essere sconfitti gli eredi dei Troiani, i Romani (la troianità di Roma era mito ben diffuso e noto anche a livello internazionale). Pose il conflitto come una replica della guerra di Troia. La Guerra pirrica | scontro: i Romani subirono una grave sconfitta nel primo scontro ad ERACLEA nel 280 a.C, pur infliggendo pesanti perdite al nemico che non seppe sfruttare l'occasione per marciare sull'Urbe, in quanto il suo esercito composto per lo più da mercenari era stanco e decimato. Pirro inviò il plenipotenziario Cinea (persona investita di pieni poteri nel trattare e concludere un determinato accordo diplomatico) a Roma pertrattare la resa e stipulare una pace, ma il Senato romano rifiutò, soprattutto per le condizioni di pace inaccettabili: Roma avrebbe dovuto ritirarsi nel Lazio |'*Ho sofferto la perdita della vista, ma ora mi lamento di non aver perso anche l'udito. Infatti, mai mi sarei aspettato di vedere o sentire da voi decisioni di questo tipo. Una singola disgrazia vi ha fatto dimenticare in un momento chi siete, tanto da considerare amici invece che nemici l’uomo che di questa rifiuto fu Appio Claudio Cieco che, accompagnato in disgrazia è stato causa e coloro che lo hanno chiamato contro di voi, e da cedere ai Lucani e ai Bruzi ciò che i vostri padri vi hanno lasciato. Che cosa significa ciò, se non rendere Roma schiava dei Macedoni? E qualcuno osa consoli dall'accettare la proposta di Pirro, in modo chiamare tutto questo pace invece di asservimento!’ Appio Claudio avanzò da non rendere Roma ‘schiava dei Macedoni’. molti altri argomenti di simile tenore per incitarli alla lotta; se Pirro desiderava la pace e l'amicizia coi Romani, che si ritirasse dall'Italia, ma fintanto che rimaneva, non lo si considerasse né amico, né alleato, né giudice, né arbitra della sorte dei Romani”. e tornare ad essere una realtà locale, rinunciando a tutte le conquiste. A sbilanciare la scelta verso il Senato, pronunciò un'orazione in cui dissuase i 2 Intanto a Pirro si unirono tutte le popolazioni italiche che avevano sofferto l’espansionismo romano, i Sanniti prima di tutti, poi Lucani, Dauni e Bruzi. Il scontro: L'anno successivo una nuova disfatta romana si registrò ad Ascoli Satriano (279 a.C). A questo punto però Pirro dovette riflettere su alcuni aspetti prima di proseguire con il suo progetto: ® dissensi che stavano emergendo tra re e Tarantini, che capirono quali fossero le sue vere intenzioni; = elevato numero di caduti e conseguente problema dei mercenari; = fedeltà degli alleati laziali e campani che iniziò sfaldarsi poiché essi si rifiutarono di pagare il tributo di guerra (che serviva a pagare i mercenari); = la pressione esercitata dai Cartaginesi, che iniziarono a vedere Pirro come un'incognita e preferirono di conseguenza sostenere Roma con cui avevano già rapporti diplomatici; venne inviata una flotta punica davanti alla costa laziale nel momento delle trattative precedenti con Pirro e in tale occasione venne stretto un nuovo patto (279 a.C): venne consolidata la solidarietà in funzione anti-greca, non si trattò di un'alleanza in generale, ma specificatamente antipirota. Pirro di fronte a tale contesto decise di passare alla seconda parte del suo piano e si trasferì in Sicilia per conquistarla e liberarla dalla presenza di Cartagine nell'area nord-occidentale; tuttavia i problemi precedenti legati all'esercito persistettero e a ciò si aggiunge una scorretta strategia: Pirro si concentrò su un unico campo di battaglia, la città di LILIBEO, la quale, essendo sul mare, riceveva di continuo rifornimenti da Cartagine. Pirro non aveva una flotta navale e, senza ricevere sconfitta, ma nemmeno senza vincere, fu costretto ad abbandonare l'isola. Sulla strada del ritorno egli saccheggiò il santuario di Persefone a Locri Epizefiri, una città della Magna Grecia = tale atto sacrilego gli costò l'abbandono da parte delle città greche che divennero prima neutrali e poi filoromane, stipulando con essa alleanze che le resero socii navales, così chiamati in quanto non fornivano truppe di terra, ma navi da guerra. La lontananza di Pirro consentì a Roma di riorganizzare le proprie forze e sconfiggere Pirro nel 275 a.C. presso la località di Malevento, per opera del console Manio Curio Dentato, che cambiò nome in Benevento e divenne colonia latina. > Taranto resistette altri 3 anni all'assedio di Roma: al termine non venne punita gravemente, fu costretta a consegnare ostaggi e ad accogliere un presidio romano, ma le fu concesso di conservare i propri ordinamenti, nonostante l'alleanza fu non equa. 21 "> Roma al termine del conflitto aveva inglobato nelle sue alleanze tutta l'Italia meridionale fino a Reggio e iniziava ad affacciarsi sulla Sicilia e dunque sulla scena internazionale tanto che il re d'Egitto, Tolomeo Il Filadelfo, si premurò di inviare un'ambasceria nell'Urbe per intavolare relazioni diplomatiche. La campagna di Pirro risulta così importante proprio perché permise a Roma di esprimere la sua potenza e di acquisire un DOMINIO ECUMENICO. Qual era l'opinione dei Greci di fronte all’espansionismo di Roma, che mise sotto il dominio alcune città della Magna Grecia? - alcuni greci accettarono l'espansionismo e lo giustificarono basandosi sul concetto di guerra giusta e per il fatto che Roma non mise mai a rischio la grecità, non imponendo mai la propria lingua o la propria cultura; - alcuni, tra cui Polibio, vedono l'espansionismo come strumento di dominio e non di difesa. Tale giudizio non è però esteso a tutte le guerre, solo a quella con Pirro. Il giudizio dei greci ci arriva anche dal lessico, usato nella storiografia, per indicare il dominio romano: EPIKRATEIA= dominio ottenuto con la forza e la violenza, non è visto come positivo ed è considerato illegittimo. Polibio non usa mai tale termine per il dominio romano, ad eccezione quello nei confronti di Pirro. ARCHE' = dominio nel senso di controllo DINASTEIA/BASILEIA = dominio legittimo che non prevede violenza a scapito dei popoli conquistati (termini usati da Polibio) -lez. 9: | trattati romano-cartaginesi Mediterraneo occidentale nel 509 a. CA RTAG | N E “II POTENZA EXTRA ITALICA CON CUI SI CONFRONTÒ ROMA | trattati romano-cartaginesi ricalcano la necessità di definire le sfere di influenza. Cartagine era governata da un'aristocrazia mercantile con la cui flotta era in grado di controllare le coste dell'Africa settentrionale, la Spagna meridionale, la Sardegna, la Corsica e la parte occidentale della Sicilia. 1. 509-508 a.C, riconosce il dominio di Roma sul Lazio e Cartagine come potenza navale. Trattato incerto per alcune fonti, solo Polibio ne conferma l'esistenza, ma afferma che affermando di non essere in grado di comprenderlo poiché in latino arcaico. Trattato che in realtà sembra rivolgersi agli etruschi poiché concerne il rispetto reciproco e la non belligeranza tra cartaginesi ed etruschi/Romani; era impossibile che i romani potessero giungere fino alle coste africane, l'unico elemento che poteva essere di disturbo tra i rapporti tra Roma e Cartagine era la pirateria, fenomeno che danneggiava i commerci delle potenze, di solito indipendente, ma altre volte sovvenzionato da altri stati per disturbare altre realtà senza dichiarazioni di guerra; 2. 348 a.C; da un punto di vista contenutistico afferma e conferma le condizioni del trattato precedente, con l'aggiunta di alcune città tra le zone su cui Roma non avrebbe potuto mettere piede, come la Sardegna, forse in cambio del non intervento dei Cartaginesi nelle zone campane = trattato un po' ambiguo perché Roma fino a quel momento non si era mai indirizzata verso territori esterni al Lazio; Mediterraneo occidentale nel 348 a.( 22 - momentanea sospensione nella deduzione di colonie e nell'assegnazione di terre. Nella seconda metà del Ill secolo si generarono 2 diversi orientamenti in senato: gli esponenti favorevoli all'espansione sostenuti da clientele dedite all'artigianato e al commercio; e membri di famiglie sostenute da clientele contadine che prediligevano vettori di espansione i quali comportassero l'acquisizione di nuove terre da distribuire e coltivare. Si puntò a proseguire l'espansione verso il nord della penisola. L'occasione si presentò quando si produsse un nuovo tumultus Gallicus, cioè un'invasione di Celti, animata dalle tribù dei Galli Boi (stanziati in Emilia), dagli Insubri (area Lombardia) e dal popolo transalpino dei Gesati. In previsione dello scontro con i Romani si assicurarono l'alleanza con Galli Cenomani (nel veronese) e del popolo dei Veneti. L'incursione celtica scese verso il centro dove in Etruria presso Talomone, sulla costa etrusca, venne fermata dalle legioni nel 225 a.C. Nell'occasione i Romani decisero di passare al contrattacco e di penetrare nella pianura padana dove nel 222 a.C. presso Casteggio sconfissero la resistenza dei Galli e si spinsero fino a Milano che fu presa: i Galli Boi vennero trattati duramente mentre le altre popolazioni a Nord del Po ottennero patti di alleanza non del tutto sfavorevoli. Per scongiurare altre invasioni da nord nel 220 a.C. venne lastricata la Via Flaminia, che congiungeva Roma a Rimini e nel 218 a.C. vennero dedotte le due colonie militari di Cremona e Piacenza. N.B. Si stava dunque centralizzando l'occupazione della pianura padana quando, a interrompere tale progetto, intervenne nel 218 a.C. l'invasione del cartaginese Annibale, figlio del generale Amilcare, che diede inizio ad un'offensiva congro Roma destinata a protrarsi per 17 anni. La || GUERRA PUNICA (218-202 A.C) fu per Roma una guerra difensiva. Il pretesto dello scontro si produsse in Spagna, dove la famiglia cartaginese dei Barca si era insediata per sopperire la perdita di Sardegna e Corsica e dei relativi commerci, promuovendo un progetto di largo respiro: aveva incrementato lo sfruttamento delle risorse minerarie e aveva esteso la propria egemonia nel sud della penisola. Tale intraprendente politica era però vista con sospetto da Roma che strinse con la città greca di Marsiglia un'alleanza strategica e siglò con Cartagine nel 226 a.C il cosiddetto trattato dell'Ebro: fissava il corso del fiume come limite delle Fran i diam Seconda guerra punica 3 (218°202 rispettive sfere di influenza, Roma a Nord e Cartagine a Sud. Tale trattato fu però subito violato da Roma a causa della città di SAGUNTO, ubicata a sud del fiume Ebro, che era stata assediata da Cartagine, ma non voleva sottostare a tale dominio; per questo motivo si rivolse a Roma: quest’ultima non avrebbe potuto intervenire e in senato scaturì un dibattito (intanto Sagunto fu espugnata) che alla fine si risolse con l'approvazione della richiesta di aiuto = il consenso fu la spia del cambiamento di visione delle guerre, non più di difensive nei fatti e nella forma, ma solo nella forma; Roma voleva ampliare il suo dominio con guerre aggressive = IMPERIALISMO Tuttavia Roma doveva fare in modo che la difesa di Sagunto fosse legittimata e iniziò a far circolare la notizia dell’esistenza di untrattato che la legava a Sagunto tramite un rapporto federativo, preesistente rispetto a quello dell'Ebro (continuava a valere ad eccezione di Sagunto) che non poteva essere annullato. > Annibale concepì allora un ardito piano di attacco: valicò i Pirenei, eluse (sfuggì) la sorveglianza delle legioni romane inviate ad intercettarlo in Gallia e oltre passò la catena alpina con il suo esercito, cavalleria ed elefanti compresi. Portò la guerra in Italia sulla terraferma, principalmente per due motivi: interrompere i rapporti tra Roma e i suoi alleati, chiave dei successi antecedenti poiché fornivano uomini e mezzi, aprire nuovi fronti su cui Roma fosse chiamata a combattere per allentare la pressione nei luoghi dove si consumava lo scontro con Cartagine. * molto importante fu la campagna di acquisti di soldati alleati romani intrapresa da Annibale, il quale cercò di trarre 25 dalla propria parte i cittadini alleati facendo leva sul malcontento degli strati inferiori generato dal fatto che Roma stava combattendo solo per il suo successo. Tale progetto funzionò ma non totalmente, molte città rimasero fedeli. Gli esordi della guerra sembrarono assecondare le aspettative: l'esercito cartaginese fu incrementato da Celti padani, Liguri, Libi, Iberi e Numidi. Le truppe romane furono sconfitte sul fiume TICINO e quindi presso il fiume TREBBIA e nel primo anno di guerra Roma perse il controllo della Cisalpina; l'anno successivo (217 a.C.) in una battaglia campale presso il lago Trasimeno le legioni furono attirate in un'imboscata e, circondata dalla manovra di Annibale che le costrinse a combattere senza via d'uscita con l'acqua alle spalle, furono annientate. Nello scontro Roma perse 15 000 uomini e anche il console Gaio Flaminio morì sul campo. A questo punto importante è la figura di QUINTO FABIO MASSIMO, che però non venne inizialmente ascoltato: egli capì che non vi erano chance per i Romani di sconfiggere Annibale e quindi evitò accuratamente di scontrarsi con lui; fu una strategia molto intelligente perché Annibale ottenne alleanze, ma era comunque su di unterritorio straniero ed era difficile per lui ricevere di continuo nuovi mercenari dopo la morte dei suoi. Il ‘TEMPOREGGIATORE’ voleva portare avanti una guerra di logoramento, piccoli scontri per fare in modo che l’esercito nemico si indebolisse, evitando uno scontro diretto. La sua idea non venne però sostenuta e prese il comando Varrone. Si consumò un nuovo scontro campale il 2 agosto 216 a.C. a CANNE: fu una delle più devastanti sconfitte patite dai Romani, incui morirono in 50 000. Gli esiti disastrosi indussero alla defezione i Greci dell'Italia meridionale e molti popoli appenninici come Lucani, Bruzi e Sanniti, mentre anche la Sicilia veniva perduta; rimasero fedeli a Roma soprattutto le città dell'Italia tirrenica. CAPUA: sperando di sostituirsi all'Urbe nell'egemonia italica, accolse Annibale che, a 2 anni dal suo ingresso nella penisola, vedeva concretizzarsi la rivincita punica, tanto più che nel dopo Canne egli riuscì a stringere un tratto di alleanza antiromana con Filippo V, re di Macedonia. CAPUA TRADI' ROMA = da Livio sappiamo che Roma tentò di recuperare l'alleanza inviando un legato che pronunciò un'orazione che faceva leva su una serie di motivi ideologici come la comune appartenenza all’italia, non era concepito rende l'italia una provincia (uso del termine a quei tempi) dell'Africa. Di fronte a un quadro drammatico si impose la strategia attendista di Q.F. Massimo: incrementò le leve militari, evitò scontri diretti, impedì che truppe fresche raggiungessero Annibale dalla Spagna. | romani furono sconfitti in numerosi episodi bellici dove perirono i più bei nomi dell'aristocrazia plebea e patrizia (il pretore Tiberio Gracco, il pretore Gneo Fulvio Flacco, il console Marco Claudio Marcello e il console Tito Quinzio Crispino); tuttavia, iniziò il recupero del controllo di importanti piazzeforti strategiche. = nel211a.C. Capua, la ‘capitale annibalica', fu costretta alla resa e nello stesso anno fu ripresa Siracusa; = nel212 a.C.Roma recuperò tutta la Sicilia compresa Taranto; = nel209a.C. iniziò ad operare in Spagna [E che verrà poi soprannominato l'Africano. Dopo aver ricoperto la carica di edile, divenne proconsole e ottenne il comando delle truppe nella penisola iberica dove in 3 anni di successi annientò l'egemonia cartaginese in Spagna e vi fondò la città di Italica, stanziandovi i propri veterani che non erano più in grado di combattere; ricevette dai soldati il titolo onorifico di imperator, cioè di generale vittorioso; = nel207a.C.irinforziche il fratello Asdrubale stava conducendo in Italia ad Annibale vennero annientati presso il fiume Metauro (nelle Marche). Stretto d'assedio a Crotone, si rassegnò ad abbandonare l'Italia imbattuto dopo 15 anni di guerra. In Africa era già sbarcato Scipione il quale, dopo i successi iberici, era riuscito ad imporre sul trono della vicina Numidia un re filoromano, Massinissa, sottraendo così a Cartagine il contributo della cavalleria berbera. Nella pianura di ZAMA si venne nel 202 a.C. allo scontro finale: Annibale non riuscì a evitare la sconfitta e fuggì in Oriente dove fu ospitato dal re di Siria. Il vincitore Scipione impose a Cartagine la pace a condizioni simili a quelle del trattato fine | guerra punica, ad eccezione del pagamento di un tributo finanziario. Dopo la fine del conflitto annibalico, Cartagine aveva ripreso la propria politica espansionistica nel territorio limitrofo, anche allo scopo di corrispondere il cospicuo indennizzo di guerra imposto da Roma tra le condizioni di pace. Il CASUS BELLI di questo nuovo conflitto furono le tensioni maturate tra Cartagine e il regno di Numidia, ampliato dai romani 26 come premio alla fedeltà durante la Il guerra punica. Massinissa iniziò a disturbare i cartaginesi con numerose scorrerie; Cartagine avrebbe voluto intervenire ma necessitava MAR MEDITERRANEO del consenso di Roma; inizialmente si seguì la linea di non intervento e Annibale venne esiliato, ma in seguito, a fronte di continui attacchi, Cartagine intervenì. La Ill GUERRA PUNICA (149-146 A.C) fu per Roma una guerra difficile. Nel 147 a.C. il comando venne affidato a Publio Cornelio Scipione Emiliano, forte di una precedente esperienza in Africa: nel 146 a.C. Cartagine cedette al lungo assedio, venne saccheggiata e rasa al suolo. Il suo territorio fu trasformato in provincia d'Africa. L'annientamento di Cartagine segnò una vera e propria svolta nella storia romana: ebbe fine il cosiddetto METUS HOSTILIS (la paura per il nemico). Parte della classe dirigente romana, infatti, non sostenne la distruzione di Cartagine, poiché riteneva che la sopravvivenza di tale timore avrebbe salvaguardato la Repubblica dal dilagare della corruzione, in quanto avrebbe indotto i romani a mantenere un comportamento retto, adeguato a renderli sempre pronti all’azione. Dal 146 a.C., secondo una visione acquisita da gran parte della storiografia, prese avvio quel degrado morale che si sarebbe riverberato nella vita politica e avrebbe portato alla crisi della repubblica. -lez. 11: Le guerre macedoniche I momento in cui Roma entra in contatto con regni ellenistici del Mediterraneo Orientale, un'area molto lontana a cui Roma guarda con mire imperialistiche, in contemporanea alla Il guerra punica. | regni ellenistici non erano che gli eredi dell'antico regno di Alessandro Magno, che si era disgregato nell’Egitto dei Tolomei, la Macedonia degli Antigonidi, la Siria dei Seleucidi, il regno di Pergamo degli Attalidi. In particolare, il regno di Macedonia costituiva il nucleo originario dell'antico Zac) impero. li meno greco sil vigita ona N.B. Roma intali territori aveva intrapreso a % sattagia (ata) trattati di alleanza, conle popolazioni situate nell'odierna Croazia, Dalmazia, fino a giungere all’Albania, stipulati durante le I Possegimenti dei Tolomei guerre illiriche = domini indiretti in aree pa I molto vicine alla Macedonia. 27 - la Lega Achea che era rimasta neutrale nel corso della Ill guerra, poiché era spaventata da Roma che aveva mostrato grande potenza durante la guerra siriaca, venne punita: dovette consegnare 1000 esponenti politici sgraditi ai romani per le loro responsabilità nel conflitto, tra di essi ci fu Polibio; - anche Rodi che si era mantenuta neutrale venne punita: fu privata dei territori acquisiti dopo la guerra siriaca, e perse molti dei suoi introiti perché Roma fondò sull'isola di DELO un porto franco, ove i traffici commerciali non erano sottoposti ai dazi, spodestando i traffici di Rodi; - ABOLIZIONE DEL TRIBUTUM nel 167 a.C., scelta che mette in luce i vantaggi della politica espansionistica di Roma, poiché nell'Urbe giunsero ingenti ricchezze dalla Macedonia, le quali non vennero però divise equamente aumentando lo spartiacque tra ricchi e poveri. Roma capì che l’espansionismo era importante più dal punto di vista economico, che da quello politico = Mm Nel 148 a.C., un certo Andrisco, proclamandosi figlio naturale di Perseo e assumendo il nome di Filippo, tentò una rivolta con cui avrebbe voluto unificare le 4 ‘repubbliche’ macedoni nell'originaria monarchia. Fu vinto dal pretore Quinto Cecilio Metello e da Lucio Emilio Paolo. Nonostante il conflitto, |V guerra macedonica (148-146 a.C.) sia stato di scarsa rilevanza, le sue conseguenze furono particolarmente importanti: > il Senato romano decise di staccare dalla lega Achea alcune delle città più importanti (Sparta, Argo e Corinto), la quale rispose dichiarando guerra a Roma; il conflitto fu brevissimo poiché Metello sedò in poco tempo la rivolta (146 a.C.) = Corinto, città più importante della Lega, venne distrutta e saccheggiata da Lucio Mummio Acaico; il territorio divenne inizialmente un protettorato, cioè area controllata dalla provincia di Macedonia, in seguito divenne provincia; > la Macedonia venne ridotta a PROVINCIA; > in ciascuna comunità greca fu favorito un governo aristocratico e dichiaratamente filoromano. Roma: ha una presenza giuridica e diplomatica nel mondo ellenico = ELLENIZZAZIONE della cultura romana. LA SOCIETA” ROMANA FRA III E Il SECOLO A.C. In conseguenza dell'espansione e dello slancio economico che essa comportò, l'organigramma sociale subì un'evoluzione che rafforzò l'ordinamento aristocratico; esso, cui avevano ormai partecipazione anche i plebel. Si trattava di un'aristocrazia strutturata in modo da perpetuarsi e rafforzarsi continuamente che, mantenendo un rapporto diretto con la sua base di consenso mediante la clientela, era in grado di soddisfarne le aspettative attraverso i profitti dell'espansione. Fondamento della ricchezza dell'aristocrazia rimane la proprietà terriera. Nel 218 a.C. la LEGGE CLAUDIA vietò ai senatori di possedere navi commerciali di capacità superiore a 300 anfore, poiché il commercio era considerata una forma di arricchimento impropria e indegna in quanto dipendente dalla fortuna: il provvedimento fu in realtà un plebiscito votato dai comizi contro il parere del senato, sostenuto da GAIO FLAMINIO. Comportò inoltre, per chi avesse voluto intraprendere la carriera politica, la rinuncia a patrimoni mobili e l'ancoraggio ai soli bene immobili: la terra e i proventi dell'agricoltura. Le conseguenze della politica di espansione sul piano economico furono incommensurabili. Entrarono a far parte dello stato romano estesi territori con produzione agricola altamente sviluppata, come la provincia d'Africa e d'Asia (importazioni di cereali a basso prezzo); Roma si impossessò di ricchi giacimenti di materie prime, come le miniere d’argento della Spagna; si resero disponibili masse illimitate di forza lavoro a basso prezzo; Roma assunse il controllo di vasti mercati. y A fronte di tanti cambiamenti che si produssero in modo brusco, Roma mantenne un ordinamento politico anacronistico, funzionale al governo di una città-stato, ma inadeguato ad amministrare un complesso mosaico istituzionale, territorialmente esteso al bacino mediterraneo. Tale carente struttura rese la Repubblica impotente a risolvere i gravissimi conflitti innescati da profondi cambiamenti sociali. L'aristocrazia senatoria, all’inizio del Îl secolo a.C. visse, infatti, un aspro scontro tra due componenti: 30 ® una componente “TRADIZIONALISTA”, capeggiata dall'homo novus MARCO PORCIO CATONE, la quale ostentava come primo obiettivo la tutela del mos maiorum, sosteneva l'agricoltura come valore primario e proteggeva il ceto dei piccolo-medi proprietari italici, dimostrandosi ostile alle guerre in Oriente; e unacomponente che si dimostrò disponibile al cambiamento, capeggiata dalla famiglia degli Scipioni, che monopolizzarono il consolato per tutto il secolo; era favorevole all'espansione in Oriente, all'apertura di nuovi mercati, all'incremento del ceto artigiano-commerciale, alla penetrazione della cultura ellenistica a Roma. Tale scontro di programmi si consumò prevalentemente nei tribunali, e una sorta di conciliazione del conflitto si registrò nel 180 a.C. grazie all'approvazione della legge VILLIA ANNUALE, che rappresentò un compromesso in quanto regolamentò la successione delle cariche politiche. L'intento era quello di disciplinare la competizione per le magistrature al fine di impedire il protagonismo di personaggi come Publio Cornelio Scipione Emiliano. In Italia nel Il secolo a.C. si andò consolidando un ceto imprenditoriale di forte perso; molte famiglie si erano arricchite con il commercio e con altre attività collegate alle guerre di espansione. Soprattutto, per compensare le carenze di uno opere pubbliche, la conduzione di miniere, l'esazione delle imposte e dei dazi nelle province. Roma delegava ai privati tali funzioni gestionali nei territori extra-italici senza regolamentazioni vincolanti, consentendo ai pubblicani, mediante la violazione della legge e metodi estorsivi, di arricchirsi notevolmente. Alcuni imprenditori erano addirittura divenuti più facoltosi dei senatori, ma non potevano dedicarsi alla carriera politica perché i loro patrimoni erano costituti da ricchezza mobiliari. Lo stato si risolse a riconoscere l'importanza di tale ceto attraverso un atto simbolico, disposto dalla legge sulla restituzione dei cavalli che venne emanata nel GIG e sancì la nascita dell'ordine DEI CAVALIERI. Si trattava di 300 senatori che appartenevano alla prima classe di censo, che ricevevano dallo Stato un cavallo a titolo onorifico. Essi costituirono il nucleo originario di quel ceto equestre di cui entrarono a far parte tutti i cittadini che avessero vantato i requisiti patrimoniali dei senatori ma sostanziati da ricchezza anche non fondiarie. L'ordine equestre andò a costituire la dirigenza economica dello stato romano, quell'aristocrazia del denaro che contribuì lentamente a riabilitare nella mentalità comune le attività commerciali e manifatturiere. -lez. 12: Tiberio e Gaio Gracco Per quanto concerne le ripercussioni politico-economiche-sociali sulla Repubblica come conseguenza delle grandi guerre d'oltremare intraprese da Roma nei secoli V, IV e IIl a.C., fonte estremamente importante è lo storico greco APPIANO con la sua opera Bellum civile, in cui, pur descrivendo dei fatti molto lontani nel tempo rispetto al Il secolo, va a cercare i motivi e le origini della crisi della Repubblica trovandoli proprio nell'epoca di nostro interesse. Fornisce dunque il punto di vista di un antico, le informazioni non derivano dunque da una fonte moderne, bensì da un uomo vissuto ai tempi della Repubblica. Dopo la descrizione dell'espansionismo romano, il focus torna sul territorio italico, dove si consuma la crisi. Egli si rifà persino agli strumenti di espansionismo, per poi concentrarsi sulla questione agraria. Vv ogni volta che i romani si stanziavano su di un territorio esso veniva assegnato e poteva essere coltivato. Tale dinamica, verso la fine del Il secolo a.C. venne sottoposta ad un cambiamento, nonostante il suo funzionamento fosse ottimale; ad un certo punto i territori incolti da assegnare furono progressivamente occupati in modo illecito dai più ricchi, i grandi proprietari terrieri, che si impossessarono, con la forza o per persuasione, anche delle proprietà più piccole che erano già state assegnate. Tale mutamento fu accelerato dalle guerre poiché i piccoli proprietari erano prima di tutto dei soldati e dunque in quel periodo SEMPRE impegnati in azioni militari che li tenevano lontani da casa per lunghi periodi. > in assenza dei proprietari, i più ricchi si impossessavano dei terreni in modo illegale, ma non furono in nessun modo limitati, questo perché appartenevano alla stessa classe di coloro che le leggi le approvavano, quella senatoria. Quest'ultima non capì che stava aumentando il divario tra ricchi e poveri e che la classe media andava estinguendosi! > quando i soldati tornavano dalle guerre nontrovavano dunque alcuna fonte di sostentamento, privi di posizione sociale e di beni: l’unico modo per sopravvivere era recarsi in Roma = bomba demografica data dal processo di inurbamento. Tale presenza in città era molto pericolosa inquanto determinava forti pressioni (turba forensis). 31 Nacque l'usanza di distribuire gratuitamente il grano, il quale divenne un'arma politica in mano ai magistrati, i quali riuscivano ad esempio a far bloccare le elezioni o l'emanazione di una legge, grazie alle sommosse dei più poveri di cui aveva acquisito il sostegno. Oltre a tale problema endemico, si riscontra, sempre come conseguenza delle campagne militari del V, IV e Ill secolo, una crescita abnorme nella disponibilità di schiavi: con la diffusione del latifondo aumentò il numero di schiavi in quanto, in assenza di uomini liberi che potessero occuparsi dei terreni, vennero impiegati numerosi schiavi intali terreni principalmente per il fatto che essi non erano soggetti alla chiamata alle armi, ma soprattutto poiché il loro prezzo era estremamente basso (il prezzo crollò a causa di tutti gli schiavi presenti sul mercato). Inoltre, gli schiavi vennero impiegati nelle ville servili, nelle quali la produzione non era espansiva, non mirava cioè ad una produzione superiore rispetto ai bisogni della villa, ma pari ad essi, impedendo ai veterani di guerra di poter essere impiegati in tali strutture, costringendoli ancora una volta a recarsi nell’Urbe. N.B. Strettamente connesso a questi due problemi, fu quello della CARENZA DI SOLDATI: tando al sistema censitario, le armi occorreva autofinanziarsele, e, a fronte della diminuzione della classe media, i cittadini non erano più richiamabili alle armi. La mancanza di uomini è definita OLIGANTROPIA, un concetto molto negativo, spia di un malfunzionamento nella struttura statale, che mise in pericolo i domini stessi dei romani. TIBERIO SEMPRONIO GRACCO (163-133 A.C) Prima figura che si accorse della crisi del sistema di alleanze romane. Venne eletto tribuno della plebe nel 133 a.C.; durante un viaggio di ritorno dall'Italia settentrionale egli si accorse dello sfruttamento illogico dei territori delle campagne etrurie: erano disseminate di ville, ma vi erano territori non sfruttati che potevano essere occupati. Egli si propose di porre fine a tale situazione, rendendosi conto che il problema risiedeva nello sfruttamento eccessivo e smodato della classe senatoria, che avrebbe invece dovuto rinunciare ai loro pregiati campi, così che essi potessero essere ridistribuiti. Lo scopo di Tiberio fuiil ripristino dell'antica GIUSTIZIA SOCIALE = propose che ogni cittadino romano potesse possedere al massimo 500 iugeri + ulteriori 250 iugeri per ogni figlio maschio, fino ad un massimo di 1000 iugeri complessivi. Gli ostacoli da superare erano rappresentati dall’ostilità della classe senatoria che non voleva cedere i terreni, e, inizialmente, dal mancato appoggio della plebe, che era stata persuasa dalla notizia secondo cui Tiberio Gracco avrebbe voluto distribuire le terre SOLO tra coloro che non avevano mai posseduto nulla, e dunque non agli ex-proprietari, i veterani di guerra. Questa credenza era vera solo in parte perché Tiberio effettivamente voleva coinvolgere ANCHE coloro che non avevano mai avuto nulla, si trattava di una riforma sociale su LARGA SCALA. La legge SEMPRONIA fu oggetto della violentissima opposizione dei senatori, i quali sostenevano di aver diritto all’agro pubblico occupato, sostenendo di averlo acquisito in proprietà per continuità d'uso; avevano tentato poi di bloccare la proposta inducendo Marco Ottavio, un tribuno della plebe, a interrompere il veto > era impensabile che un tribuno potesse intralciare il potere legislativo della plebe. Tiberio a quel punto propose di deporre il collega e, una volta ottenuto lo scopo, la legge agraria fufinalmente approvata; soprattutto grazie al sostegno del suocero Appio Claudio Pulcro che era allora il piùanziano e autorevole fra i senatori + i recenti avvenimenti in Sicilia che avevano mostrato come il latifondo fosse molto pericoloso per la presenza di masse di schiavi fuori controllo. Venne approvata l’azione riformatrice nonostante: 1.La clausola per la quale i terreni erano inalienabili, per evitare che si ricreasse la situazione del latifondo e la conseguente scomparsa della piccola-media proprietà: chiunque ricevesse un terreno non poteva venderlo/affittarlo/darlo in uso a terzi. Sarebbe stato garantito il diritto di trasmissione ereditaria; nel caso di morte senza eredi il lotto sarebbe tornato nelle mani dello Stato. Da tale momento in poi i diseredati iniziano ad acquisire un po' di peso politico; inizia una dicotomia entro la nobilitas: in essa inizia ad emergere una parte più attenta ai fini e alle necessità dei più poveri, tale gruppo è quello dei POPULARES. 2.l'utilizzo per le operazioni agrimensorie del lascito testamentario del re Attalo Il di Pergamo, che nel 133 a.C. aveva designato il popolo romano come erede del proprio regno = scandalo che un tribuno gestisse il denaro al posto del Senato. | comizi incaricarono del compimento del progetto una commissione triumvirale preposta all'assegnazione delle terre, di cui facevano parte lo stesso Tiberio, il fratello Gaio e il suocero Appio Claudio Pulcro. 32 ® in più occasioni i magistrati si fecero portatori delle richieste degli alleati, ma le loro iniziative vennero condannate al fallimento dalla duplice opposizione della classe dirigente, che temeva lo sconvolgimento degli equilibri politici, e della plebe, preoccupata per la condivisione di alcuni privilegi appena acquisiti. Dopo il tentativo fallimentare di Gaio Gracco, nel 91 a.C. MIN tribuno della plebe, sollecitò la concessione della cittadinanza agli italici, suscitando una dura reazione sia presso i senatori che i cavalieri: la sua politica di equilibrio gli costò la morte per mano di un sicario e questo atto violento fu il casus belli che spinse gli italici a intraprendere la via delle armi. N.B. L'opzione militare non fu accolta dalle popolazioni di tutta la Penisola e la scelta se aderire o meno alla guerra contro Roma suscitò discussioni e violenze presso le singole comunità; si creò una CONFEDERAZIONE composto principalmente da popoli appenninici (Sanniti, Lucani, Ascolani), a cui non presero parte le colonie latine, quelle etrusche e quelle della Magna Grecia, con pochissime eccezioni. Gli alleati diedero vita ad un vero e proprio stato federale autonomo, sotto il profilo militare ed istituzionale organizzato in modo analogo a quello romano (consoli, Senato, pretori) e venne stabilita come capitale la città di CORFINIO, rinominata Italica= IMITAZIONE DELLO STATO ROMANO. 1. Gli alleati, dando vita ad uno stato autonomo, mutarono il loro obiettivo di partenza, ovvero quello di immettersi nello stato romano, ora volevano sostituirsi ad esso. AI dritto dlla testa di Bscco con corona di edera e sulla destra si legge, in caratteri osi retrograd Testa laureata a sinistra, personificazione dell'italia; legenda latina ITALIA, in alfabeto latino. Si trata della MVTILEMBRATUR (che sgniica Imperator). ima documenta fica del nome ital rima documentazione epigrafica del nome ital A rovescio toro (simbolo dei Sanniti) che abbatte la lupa (simbolo dei Romani) all'esergo c'è, sempre e Ca i a pa, di E o n) fr 2.La rivolta contro Roma fu considerata un vero e proprio MATRICIDIO (Roma = mater ac parens urbs) » i ribelli avevano completa familiarità con le strategie e le tecniche belliche dei Romani, insieme ai quali avevano combattuto per secoli: ciò costrinse l’Urbe ad impiegare un alto numero di legioni, che nonostante i successi non ottennero mai una vittoria definitiva; Roma fu costretta ad una serie di concessioni sul piano giuridico, che di fatto segnarono il successo degli alleati: e Nel90a.C.la legge GIULIA per il riconoscimento della cittadinanza a Latini e Italici, accordò la cittadinanza a tutti gli alleati che non si erano ribellati; e Nell'89a.C. la legge CALPURNIA sulla cittadinanza degli italici riconobbe ai comandanti militari romani la facoltà di concedere la cittadinanza agli alleati meritevoli; e Nell'89a.C. la legge PLAUZIA PAPIRIA concesse la citt. Romana a tutti i ribelli che avessero deposto le armi e, nello stesso anno, la legge POMPEIA sui TRANSPADANI conferì il diritto latino a coloro che risiedevano a nord del Po. Dall'89 a.C. tutta la penisola e le colonie latine della Cisalpina ebbero il diritto romano, assumendo la veste giuridica di colonie romane o municipi. ITALIA: stato giuridicamente omogeneo dal Po in giù = area geografica nella quale i cittadini avevano gli stessi diritti L'aumento esponenziale dei cittadini mise a rischio i rapporti clientelari soprattutto nei comizi, i nuovi cittadini vennero così divisi in 10 tribù in modo tale che l'aristocrazia mantenesse il dominio. Successivamente vennero divisi in 35 tribù e solo nell'84 a.C. Cinna ottenne l'approvazione del provvedimento che iscriveva i nuovi cittadini italici intutte le tribù, 35 ponendo fine alla loro marginalità in ambito politico izio politica filoitalica per ottenere voti. -lez. 13: DIGRESSIONE SU POLIBIO Polibio (206-118 a.C.) è stato uno storico greco antico che si interessò in modo particolare al sorgere della potenza della Repubblica romana, potenza che attribuì all'onestà dei romani ed all'eccellenza delle loro istituzioni civiche e militari. N.B. Il suo punto di vista è estremamente importante: 1. Eglifuuntestimone oculare dei fatti narrati, se non, in alcuni casi, il protagonista delle vicende, portando dunque avanti discorsi non influenzati dai fatti posteriori; Era un GRECO, proveniva da un contesto culturale molto evoluto, che aveva alle spalle una lunga tradizione storiografica. Egli è considerato come uno storiografo moderno sia per le tecniche che per la modalità di esposizione dei fatti, che non prevedeva una nuda cronaca, ma una vera e propria interpretazione e riflessione; 3. Excursus su Polibio ci fornisce delle considerazioni utili sulla storia di Roma È testimonianza della visione greca dell’epoca. n È necessario però sgombrare il campo da alcuni equivoci dati dall'omofonia di alcuni termini romani con quelli moderni, italiani. COSTITUZIONE = non si tratta della nostra accezione moderna di costituzione. Roma non ebbe una costituzione, una carta fondamentale di pilastri giuridici a cui fare riferimento. Che significato ha dunque a Roma tale termine? La costituzione a Roma indica la forma politica dello Stato, la forma di Governo, qualcosa che informa a proposito di uno stato, ovvero le modalità tramite cui il potere viene gestito. (Unico personaggio = monocratico; potere gestito da una classe dirigente = aristocrazia; forma di governo in cui il potere è accentrato nelle mani del demos = democrazia) Si utilizza lo stesso iltermine <costituzione>, perché è la traduzione del termine greco che Polibio utilizza per descrivere la forma di governo di Roma, iltermine POLITEIA, che presenta due accezioni: ha il significato standard di costituzione, ovvero un insieme di leggi, e un 2° significato che è appunto forma di governo; è in questo senso che Polibio che applica nel suo testo. Perché un greco, politico e storico, ebbe una conoscenza così approfondita del mondo romano, più precisa e descrittiva delle fonti romane coeve? Polibio di Megalopoli giunse a Roma come ostaggio nel 166 a.C., in seguito alla punizione nei confronti della Lega Achea, dopo la battaglia di Pidna nel 168 a.C. Polibio non futrattato come uno schiavo, rimase nell'Urbe e fu apprezzato da subito come storico; ebbe la fortuna di essere avvicinato ed essere aggregato al circolo degli Scipioni, circolo politico-culturale formato nella prima metà del Il secolo a.C., il quale propugnava la cultura greca come esempio e modello di riferimento, contro la parte conservativa romana. Era il circolo a cui prendevano parte i politici più importanti dell'epoca, tra cui SCIPIONE EMILIANO, figlio di Lucio Emilio Paolo che vinse a Pidna, adottato da Scipione l'Africano; Polibio divenne il suo collaboratore (personaggio molto sfaccettato): -studiò alla sua biblioteca avendo accesso a documenti e fonti molto importanti; “prese parte alle discussioni del circolo, che spesso erano riflessioni sulla politica antica = grande fortuna Era presente al filosofo/storico PANEZIO. - fu mandato come ambasciatore dei romani in Grecia per trattare fatti che riguardavano i due popoli. Tra il 166 a.C. fino alla morte fu SEMPRE a Roma, anche dopo che si liberò dello status di ostaggio. Il frutto dei suoi studi e delle sue ricerche sono le STORIE (4° libri), che narrano un periodo molto breve della storia di Roma, dalla fine della | guerra punica fino alla conclusione della Ill guerra punica: scelse questi anni perché a suo avviso è intale periodo che Roma crebbe come potenza mediterranea, divenne un impero universale e vide un rafforzamento 36 delle istituzioni repubblicane, perché esse furono messe alla prova in anni complessi e pericolosi come la guerra annibalica, suscitando lo stupore di Polibio. In questa sua visione tende a sminuire il fatto militare: secondo di lui è superficiale che Roma abbia avuto tale successo solo grazie all'arte militare, cerca altrove il segreto del successo. (in realtà sa che la chiave risiede nelle alleanze). Polibio si domanda inche modo Roma in pochi anni sia diventata padrona del Mediterraneo e lo fa per dare una risposta che sia un insegnamento: non vuole descrivere una teoria per poi diffonderla fra gli storici, vuole insegnare ai politici greci, ai suoi colleghi, che non erano stati in grado di costruire uno stato solido, mostrando dove essi hanno sbagliato. STORIOGRAFIA DIDASCALICA, PRAGMATICA, ha delle ripercussioni/conseguenze pratiche, non è una conoscenza fine a sé stessa, ma una conoscenza che può e DEVE essere applicata nell'esercizio dell'arte politica. Ciò serve a sgomberare un altro stereotipo storiografico molto diffuso, cioè che i fatti spesso non si spiegano perché c'è la sorte (tyche) di mezzo = visione non oggettiva della realtà, ma fatalista > Polibio rifiuta questa visione che non spiega il processo storico fino in fondo, poiché ad un certo punto occorre fermarsi a causa dell'intervento di un elemento ignoto che indirizza la realtà in certe direzioni. Polibio dice che il caso può intervenire, ma è uno dei fattori che determina l'andamento della storia, e si allaccia a TUCIDIDE, storico che ha una visione molto moderna e critica della storia. Quindi il destino si considera, ma non ha un valore esplicativo, così come i fatti DIVINI; la religione per Polibio è un fatto politico prettamente terreno, è l'espressione della forma politica che non ha a che fare con l’ultraterreno; non esistevano divinità che potessero intervenire. N.B. Polibio opera un'autopsia dei fatti, ben visibile nel V| LIBRO delle Storie, dove Polibio tratteggia una sorta di archeologia di Roma, termine greco che Polibio usa per indicare la storia delle istituzioni repubblicane: questa digressione non è un completamento, non serve a rendere ancora più ricco il materiale storiografico, non è una narrazione, ma una SPIEGAZIONE; ed è proprio intale contesto che P. porta avanti quella riflessione sulla politeia di Roma, partendo sempre dal presupposto che egli vede in Roma un campione di stabilità interna. Questa concordia tra le varie parti sociali era molto difficile da perseguire in Grecia, causando la debolezza politica. Cap Il. Polibio nella descrizione delle forme di governo non è originale, ma si rifà alla tradizione filosofico-politica risalente a Platone (Polibio critica i filosofi perché si sono limitati sempre a creare dei modelli teorici per vedere se poi essi possono essere applicati alla realtà; al contrario egli parte dalla realtà). Secondo la riflessione antica greca erano 3 le forme di governo: la regalità, l'aristocrazia o la democrazia, le quali però non sono né le uniche forme di governo, né le migliori. Qui Polibio anticipa il tema centrale del VI libro: l’esistenza di un'altra forma di governo non semplice, ma complessa; esistono quelle 3 forme di governo prima citate, ma sono semplici; c'è un'altra forma detta COSTITUZIONE MISTA, la quale riesce a prendere il meglio da tutte e 3. Come si spiega che l'Egitto, Atene, Tebe, descritte come perfette, nel corso deltempo hanno visto numerose modifiche della loro forma di governo? Se fossero perfette non dovrebbero cambiare, vuol dire che c'è qualcosa di sbagliato. AI contrario, Polibio, osservando Roma, si accorge che dalla fondazione della repubblica in poi le magistrature grossomodo sono rimasta le stesse e hanno continuato a funzionare = stabilità. Roma raccoglie in sé elementi: - di un'aristocrazia, visibile nel senato, poiché in esso si raccolgono tutti i nobili, gli aristocratici (intesi come i migliori dotati di poteri; = di una democrazia, visibile nel popolo che esprime i suoi poteri nei comizi; - di una monarchia, rappresentata dai consoli, i quali hanno ereditato dal re l'imperium, redità parziale ma significativa. La riflessione polibiana va anche oltre, egli deve dare una spiegazione a proposito della mancanza di stabilità che egli ravvisa intutte le altre città; secondo una tradizione antica, che egli rielabora, ogni forma di governo era destinata prima o poi a corrompersi, a degenerare in qualcos'altro, e questa è la teoria dell'@naly/kiosis, che in greco significa <circolo continuo>. Essa prevedeva che ciascuna forma di governo dovesse per forza di cosa dovesse degenerare secondo uno schema precostituito. Ogni monarchia era destinata a diventare una tirannide, per quanto fosse buono il re, ciò accadeva. La stessa degenerazione colpiva l'aristocrazia, che diveniva l’oligarchia, dove a governare erano pochi, i quali però nonerano i migliori. La democrazia invece declassava ad oclocrazia = potere della massa, non del demos. La massa è qualcosa di negativo, in quanto scomposta: esercita il potere della violenza. La violenza, la mancanza di senno e saggezza nella gestione del potere, causa la decadenza di ciascuna forma. 3/ -lez, 14: La civitas romana: excursus sulla cittadinanza romana da un punto di vista diacronico (accesso alla cittadinanza costituiva una serie di vantaggi politici, economici e sociali) Cittadinanza: = NONerairrevocabile perché si poteva perdere per condanne penali importanti, tramite una sanzione; = NONera nemmeno inaccessibile, era necessaria una concessione dello Stato, da parte di un magistrato, ad eccezione di casi di ius adipiscendae civitatis per magistratum. = unico caso di automatismo Fino all’89 a.C. la cittadinanza riguardava solo gli alleati, furono essi che fino alla guerra sociale protestarono per ottenerla; da quel momento in poi il problema non riguardò più l’Italia, che divenne tutto ager romanus, ma il resto dell'impero, tutte le province che per statuto giuridico non erano formate da cittadini romani: fino al 212 d.C., l’anno in cui fu emanato l’editto di Caracalla (constitutio Antoniniana) rimasero peregrini. N.B. Si era romani propriamente detti solo se si aveva il domicilio a Roma, se un abitante proveniente da una provincia giungeva in Italia non diveniva immediatamente cittadino. La cittadinanza poteva anche essere concessa a piccoli gruppi o individualmente; un magistrato cum imperium, un IMPERATOR di un esercito, in seguito ad una battaglia con esito vittorioso, poteva concedere la cittadinanza latina a chi tra gli stranieri, appartenenti alle truppe ausiliarie, si fosse distinto: la cittadinanza latina era un primo passo, anche se si conoscono casi in cui venne addirittura concessa la cittadinanza romana. Per il magistrato/capo militare non era solo un modo con cui ringraziare tale gruppo di soldati, ma anche l'accesso alla divisione del bottino, e soprattutto un espediente efficace per stringere un legame di “alleanza”: ogni capo militare era anche un politico, che quindi avrebbe avuto maggior sostegno se supportato da coloro cui aveva fatto tale concessione. Fonte epigrafica: iscrizione relativa al contesto della guerra sociale “Cneo Pompeo Strabone, imperator, per ricompensarli del loro valore, ha fatto cittadini cavalieri ispanici (Turma, ovvero gruppo omogeneo all’interno delle truppe ausiliarie, Salluitana) nel suo accampamento presso Ascoli il 14° giorno prima delle calendae di dicembre in virtù della lex lulia de civitate”. Tale iscrizione integra le fonti letterarie: da queste ultime sappiamo che tale legge avesse a che fare con la concessione nei confronti di chi non prese le armi contro Roma, mentre dall'iscrizione sappiamo che fosse concessa anche sul campo per virtù militare, oppure anche dopo la guerra. N.B. Tabula Banasitana, tavola bronzea che arriva da una città del Marocco, Banasa (provincia Africa settentrionale) realizzata tra il 180 e il 181 a.C., importante perché riporta iltesto integrale di una lettera scritta da Marco Aurelio e Lucio Vero a questa città: era uso che gli imperatori inviassero delle e pistole alle città per comunicare determinate decisioni. In tale lettera i due imperatori (diarchia) Antonino e Vero indirizzano ad una famiglia dell'élite cittadina locale, con la quale comunicavano la concessione della cittadinanza. DONAZIONE che fu fatta nei confronti prima al padre e poi a tutto il resto della famiglia. “la cittadinanza viene donata senza che ciò pregiudichi il diritto vigente per il suo popolo” L problema: come convivevano i nuovi cittadini romani entro una città che era completamente peregrina? Divenire cittadini romani non significa perdere del tutto le caratteristiche principali della cittadinanza locale: ciò accadeva perché si voleva evitare che i neo cittadini godessero di quei privilegi fiscali derivanti dalla cittadinanza romana, in quanto l'esenzione avrebbe progressivamente eroso il numero dei contribuenti in ambito provinciale. Sarebbero stati esentati dalle tasse imperiali, ma anche dalle spese come cittadini entro la propria città = tasse locali; con la doppia cittadinanza le condizioni prevedevano dunque che si continuassero a pagare le tasse. Dunque, nel Il secolo d.C. la cittadinanza aveva perso l'attrattiva fiscale perché, aumentando il numero dei cittadini Sempre nell'iscrizione vi è un chiaro riferimento ad un nuovo concetto “noi concediamo loro la cittadinanza romana, fatto salvo il diritto vigente per il loro popolo, e senza esenzione dalle tasse e dai tributi dovuti al popolo romano e al fi Biasse che vanno a riempire le casse dello Stato; 0 imperiale”. 40 È fisco imperiale è la cassa dell'imperatore. Accanto altesoro dello stato vi era quello dell'imperatore: le sue ricchezze venivano aumentate ogni qual volta veniva vinta una guerra, o ogni volta che delle figure ricche lasciavano a lui in eredità il proprio patrimonio. L'imperatore, tra i tanti beni posseduti, aveva estese proprietà terriere, che venivano sfruttate dai suoi funzionari che le affittavano, qui vi è il riferimento al fisco imperiale: non è che divenendo romani si doveva smettere di pagare le tasse all'imperatore. N.B. Altro modo con cui ottenere la cittadinanza: già in età alto imperiale, è l'introduzione dell’usanza di concedere la cittadinanza alla conclusione del servizio militare, erano necessari 25 anni di “onorato servizio”. Usanza che finirà nel 212 a.C. e che conosciamo grazie ai diplomi militari, che in Italia non troviamo: libretti diterracotta o bronzei, che venivano rilasciati quando il soldato terminava la carriera; a parte erano riportati il nome e il patronimico, mentre nell'altro lato era indicato il termine del servizio con valore ed onestà, infatti il libretto era definito anche tabulae honestae missionis. Queste ‘carte di identità’ fanno capire il livello molto avanzato di burocrazia a Roma. Era facile falsificare i diplomi, ma esisteva un modo per affermare la veridicità del documento: una prima garanzia era data dai testimoni, generalmente i diplomi dovevano contenere 7 nomi di testimoni + esistenza di una copia custodita a Roma. In caso di contestazione o controversie legali, il diploma era pronto ad essere portato dinanzi ad un giudice o a un funzionario abilitato, il quale, rotti i sigilli, poteva accertarsi dell'esatto tenore del documento. La cittadinanza in caso giudiziario è qualcosa di essenziale per la forma stessa ed il funzionamento stesso della procedura: se la controversia avveniva tra un romano e un provinciale a giudicarli era il tribunale di Roma, mentre se era tra due provinciali il tribunale era quello locale. Esisteva un archivio centralizzato, dove erano collocate le migliaia di diplomi = estrema finezza dello Stato Romano dal punto di vista amministrativo-giudiziario, che permetteva di tutelare la cittadinanza e di avere un conto dell'aumento progressivo dei cittadini romani = condizione fondamentale per capire perché ad un certo punto si decide di abbandonare la procedura per una concessione generalizzata. | militari diventavano cittadini romani, ma non andavano a votare a Roma, per di più rimanevano nei territori dove avevano combattuto, anche perché veniva dato loro in dono un lotto di terreno > si tentava così, soprattutto nelle aree periferiche, di consolidare la sicurezza di quelle aree, perché si partiva dal presupposto che un cittadino romano non avesse motivi di rivalsa e costituisse un elemento, anche se singolo, di stabilità. Fusempre preoccupazione di Roma collocare nelle varie province truppe di soldati provenienti da altre province: scambio continuo delle province, dislocazione dei provinciali lontanissimi dalla loro patria per un motivo di sicurezza (vennero stroncati gli eventuali patti stipulati tra i soldati e le popolazioni rivoltosi), ma anche perché permise una forte ‘omogenizzazione culturale dell'impero, si evitò che le aree fossero troppo impermeabili alla cultura di Roma; sostituendo parte delle cittadinanza locali con membri che provenivano da tutt'altra parte si induceva la ricerca di una lingua comune per comunicare, lingua che era il latino = la cultura romana diviene un punto di incontro. Politica coerente con l'imperialismo: non veniva imposta la lingua, essa si autoimpose! N.B. | diplomi erano utili anche per avere accesso ad altri privilegi, come le vehiculationes o cursus publicus: “servizi pubblici molto embrionali”, trasporti statali con cavalli pubblici che, tramite tappe, permettevano di spostarsi da una regione all'altra e di trasportare missive. A tale tipo di servizio potevano accedere ai funzionari romani e ai cittadini romani in provincia; il diploma era un mezzo per usufruire di esso. 41 LA <CONSTITUTIO ANTONINIANA DE CIVITATE> DEL 212 D.C Perché si chiama “Antoniniana”?: il padre di Caracalla, Settimio Severo, che era salito al trono dopo disordini militari, si legittimò presentandosi come figlio adottivo dell'ultimo degli Antonini. È un provvedimento noto grazie ad un papiro, che ci mostra la natura della constitutio, che non viene nominata dalle fonti letterarie: evidentemente non aveva la risonanza e l’importanza che noi oggi le attribuiamo. L'unica fonte letteraria che la menziona è Cassio Dione (storico dell'età dei Severi): non la descrive come un intervento ideologicamente importante= perché il numero dei cittadini romani era ormai troppo alto, oppure perché non era più importante essere cittadini romani, tutti i privilegi erano scomparsi, ad eccezione di quello fiscale, che però era soggetto a limitazioni. Rimaneva solo il motivo onorifico. Nessun autore delle fonti storiografiche del Il secolo a.C. non viene più fatta la distinzione tra cittadini romani e non romani, non vi è piùtale spaccatura. “Pertanto dopo la cittadinanza a tutti gli stranieri che abitano nell'ecumene, restando salvo il diritto delle comunità cittadine, tranne i vantaggi addizionali” = Cassio lo descrive come un provvedimento di natura fiscale: forse perché si volle fare tabula rasa di una serie di privilegi sparsi per tutto l'impero = misura atta a rendere OMOGENEO il sistema fiscale, eliminando vantaggi anacronistici. NE.vi è però una clausola importante nella constitutio: erano esclusi dalla concessione di cittadinanza ai DEDITICII (ricorda l'istituzione della dedutio in fidem, che però non esisteva più). Chi erano? La constitutio non ce lo dice, ma sono state formulate delle ipotesi: = Peregrinie barbari immigrati: = (Coloroche all'atto della conquista avevano subito la disgregazione delle preesistenti strutture di diritto pubblico) = coloro che si erano macchiati di determinati colpe a danno di Roma = punizioni =. |libertiiuniani: coloro che erano stati proclamati liberi grazie ad una manumissio irregolari, non avevano un profilo giuridico chiaro, erano in un limbo; =. S. Mazzarino cerca di dare una risposta meno precisa: potrebbe essere che questi corrispondessero alle classi più povere dell'impero, coloro che non erano registrati nelle liste di censo, che non avevano una chiara posizione nella città = abitanti non regolari dell'impero. Non si vuole punire qualcuno in questo modo, è la presa d'atto dell'eterogeneità dell'Impero Romano, non tutti erano inquadrati nella struttura sociale: non si sa poi cosa successe ai dediticii, ma è possibile che anche essi divenissero cittadini. ROMANIZZAZIONE: concetto tutto moderno nato all'inizio del Novecento in ambito archeologico. È un processo di compenetrazione culturale tra romani e popoli locali, che indica la diffusione di elementi culturali romani e l'assunzione da parte di Roma stessa di fatti culturali locali, culture meno evolute e più deboli, che vengono accolte e rese vicine ed analoghe ai modelli culturali romani. La romanizzazione non è un'imposizione. Romanizzare deriva dal verbo greco “hellenizein" che però significa <rendere greco>; un esempio di romanizzazione sono le formule onomastiche che imitano quella latina e la collocazione di soldati provinciali in territori differenti da quelli di origine. ez. 15: | protagonisti degli ultimi decenni della Repubblica: vengono al pettine i nodi che propri delle istituzioni repubblicane, tutti i problemi esplodono insieme in contemporanea. Le condizioni sociali di Roma erano tali che le istituzioni create secoli prima non erano più in grado di assicurare un corretto funzionamento della REPUBBLICA, Roma non era più una città stato, ma una potenza mediterranea. Esplode soprattutto il problema della violenza dei soldati: da sempre Roma era caratterizzata da una stretta connessione tra lato politico e lato militare, ma dal 100 a.C. la connessione diviene una vera e proprio commistione, si introduce nella vita politica la violenza; la forza militare iniziò ad esercitare pressioni sulla vita politica. Il senato più volte dovette ricorrere ai cosiddetti “imperii straordinari”, cioè dei poteri non previsti dalla consuetudine 42 N.B. mentre ancora si trovava in Africa, nel 105 a.C. Mario venne eletto per un secondo consolato. La circostanza era inconsueta perché egli non si trovava a Roma e perché non erano trascorsi 10 anni tra i due mandati, tuttavia, l'incarico rispondeva ad un’EMERGENZA: la minaccia di nuove invasioni di Cimbri e Teutoni, popolazioni germaniche che erano pronti ad invadere la penisola da 3 punti diversi. Mario, rieletto console senza soluzione di continuità dal 104 al 100 a.C. salvò la situazione: addestrò duramente i soldati e sconfisse nel 102 a.C. i Teutoni presso Aix de Provence e l'anno dopo i Cimbri presso i Campi Raudii. Dopo che Mario rientrò a Roma nel 91 a.C. andò a radicalizzarsi la latente rivalità con Silla. | due si erano trovati a confrontarsi su vari teatri della guerra sociale, però dalla stessa parte, contro gli Italici. La rivalità emerse su altri scenari; la competizione si fece molto sentire perché rappresentavano due mondi di riferimento differenti. Il. LUCIO CORNELIO SILLA Fu un membro di un'importante famiglia patrizia, la gens Cornelia, ed esponente più rappresentativo degli ottimati; si distinse nella guerra contro Giugurta, alla quale aveva partecipato come questore di Mario, e nella guerra sociale. Il dissidio con Caio Mario cominciò quando Roma, terminata la guerra sociale, dichiarò guerra a Mitridate VI Eupatore, re del Ponto, dopo che invase nell’ 88 a.C. la Grecia con ambizioni di espansione in tutta l’area orientale occupata dai Romani. Il sovrano si fece portatore delle istanze dei provinciali d'Oriente, nonostante egli non avesse nulla a che fare con l'Urbe in quanto sovrano di un regno indipendente; avrebbe voluto una sollevazione delle province d'Asia Minore così da ampliare il proprio dominio. Su quale scontento fece leva Mitridate? Il malcontento derivava dallo sfruttamento eccessivo da parte dei pubblicani (coloro che riscuotevano le tasse per conto di Roma) nei confronti dei provinciali, e portò a rivolte molto violente. Territori sotto TED] Province romane MMMIOTI RIE Fegno di Mfitridate VI Il senato affidò a Silla, allora console, la conduzione della guerra, ma Caio Mario voleva ottenere tale ruolo: la lotta politica interna intreccia quella esterna. Caio Mario tentò di indebolire la posizione di Silla grazie all'aiuto di un tribuno della plebe, SULPICIO RUFO, che fece approvare una serie di riforme atte ad indebolire il ceto senatorio e ad emanare una legge che tolse il comando della guerra contro Mitridate a Silla e lo affidò a Caio Mario. TRIBUNO CHE LEGIFERA A PROPOSITO DI POLITICA ESTERA. ® Distribuzione degli ex alleati, i NOVI CIVES, in tutte le tribù = attribuì loro un peso politico, così da incidere sulla vita politica = scopo: avere la loro gratitudine e Limite massimo di 2000 denari come tetto all'indebitamento dei senatori, era un fatto endemico: le carriere politiche di grande livello prevedevano ingenti spesi, costringendo i senatori ad indebitarsi. Tale limite era un modo per evitare che i senatori che ad esempio si comprassero direttamente i voti mediante donazioni di denaro e Revoca dall'incarico della guerra contro Mitridate, già attribuito a Silla. Tutto ciò accadde mentre Silla non si trovava a Roma, ma a Nola, impegnato contro le ultime frange di resistenza sannitiche che continuarono a combattere nonostante la maggior parte degli Italici avesse accettato la pace con Roma. Quando Silla seppe che il suo incarico, ricevuto LEGALMENTE, gli era stato tolto, fece quella che venne chiamata MARCIA SU ROMA nell’88 a.C.: entrò con l'esercito a Roma, mosso da circostante di emergenza, (situazione che giustificava il ricorso a misure non legali: in tale caso vi era l'emergenza di ripristinare la legalità). 45 tornato a Roma, Silla comincia la sua riforma dello Stato, che continuerà quando poi diventerà dittatore: propone e poi farà approvare delle leggi, LEX CORNELIE che andarono a riformare diversi settori dello stato. Primo settore: potere dei tribuni della plebe. È un modo per evitare che essi in futuro si comportassero come Sulpicio Ruffo: - i tribuni della plebe persero lo ius intercessionis, il permesso di bloccare l'azione di tutte le altre magistrature che agissero contro un plebeo; - ridusse i poteri dei concilia plebis, poiché le leggi (plebisciti) che vennero presentate in esse per la votazione dovevano prima essere approvate dal Senato, che dunque poteva bocciare le proposte; -fu introdotta una scissione netta, una spaccatura tra iltribunato della plebe e il resto della carriera politica, poiché, dopo essere stati tribuni della plebe, non si poteva intraprendere il cursus honorum. Queste misure vennero adottate e Silla partì per l'Asia Minore per la conduzione della guerra: essa fu coronata da successo e, dopo la resa di Atene, si venne alla stipula di un accordo nell'85 a.C. a Dardano, che stabiliva il pagamento da parte di Mitridate di una consistente indennità di guerra e il rientro dei suoi eserciti nei confini del Ponto. N.B. Insua assenza, a Roma, ovviamente tornano i mariani, i rappresentanti di Mario e Mario stesso, che si fece quasi subito rieleggere console, insieme al compagno di parte Lucio Cornelio Cinna, ma morì nell'86 a.C. Rimasero i suoi sostenitori: i mariani instaurarono quello che fu visto un vero e proprio clima di terrore, un clima in cui tutti coloro che avevano supportato Silla erano oggetto di persecuzione: sono dei prodromi delle più famose PROSCRIZIONI SILLANE (liste con i nomi dei mariani, chi li uccideva riceveva del denaro, tolto ai mariani, con i quali ricompensò i propri veterani), relative ad un periodo in cui bastava denunciare qualcuno e vi era la condanna a morte o esilio di questo individuo e il conseguente incameramento delle sue ricchezze da parte dello Stato. In realtà questo strumento fu introdotto già dai mariani, in un periodo di DOMINATIO CINNANA: a Roma a comandare fu Lucio Cornelio Cinna, che instaurò, tra l'87 e l'84 a.C., una sorta di dittatura. 07 intale periodo molte delle riforme introdotte da Silla furono abolite. y caratteristica di questi anni: non solo il “pendolarismo” a Roma per il quale va via Silla e arriva Mario e viceversa, ma anche leggi che vengono promulgate, abolite e poi ripristinate in dipendenza di chi governava in quel momento. quando Silla seppe della situazione che si era creta a Roma, delle violenze fatte alla classe senatoria e ai sillani, chiuse una pace con Mitridate che non fu affatto sconfitto, per tornare subito in Italia. In Italia fu sostenuto da Quinto Cecilio Metello (che una volta sostenne Mario) e soprattutto Pompeo, prossimo Pompeo Magno, figlio di Pompeo Strabone, il quale sbarcò con un esercito privato. Parte del Senato si recò a Brindisi per accogliere Silla, il quale era forte di un grande sostegno politico-militare. nel frattempo, Cinna andò verso l'Adriatico pensando di organizzare una controffensiva, ma i suoi soldati furono corrotti dal denaro dei sillani e Cinna fu ucciso nell'84 a.C. NON vi era NESSUN MARIANO a Roma e ciò permise a Silla di prendere potere a Roma, un potere particolare. 5 Silla, accolto come salvatore, giunse a Roma con una seconda marcia e fu nominato dall'interrex Lucio Valerio Flacco tramite la Lex Valeria, per volontà del senato, L'ultimo dittatore era stato nominato nel 202 a.C. nel contesto della Il guerra punica; per più di un secolo non si era mai più fatto ricorso ad un dittatore per il suo imperium troppo ampio. Si andò contro alla regola repubblicana: il dittatore era previsto come magistrato, ma con un limite di potere di 6 mesi; 46 a Silla fu invece attribuita una dittatura infinita, ovvero SENZA LIMITAZIONE TEMPORALE, ma con dei compiti, cioè RISCRIVERE le leggi e RIFONDARE la re pubblica, per fare in modo che terminassero i disordini (dictator legibus scribundis et rei publicae contituendae). Non avendo una fine e un collega, il potere di Silla si configurava come MONOCRATICO. N.B. Silla iniziò una serie di riforme, che per la maggior parte furono effimere, perché vennero abolite dai suoi successori. =. Aumentò il numero di senatori, da 300 a 600, senza passare dai censori. Aumento esponenziale dei senatori: un modo per collocare nei punti vitali dello Stato degli amici, dei sodali. = Aumentòilnumero delle quaestiones perpetuae, dei tribunali permanenti che giudicavano un solo crimine (de falsis, de ambitu, de sicariis et veneficiis). = Estesei confini del pomerio fino al Rubicone. = LaGallia Cisalpina divenne provincia. = Conuna Lex Annalis cercò di sistematizzare il cursus honorum che non veniva rispettato a causa del caos politico. "Abolìle frumentazioni Riforme che non ebbero lo scopo di istituire una monarchia, ma di rafforzare la res publica esistente; in questo Silla fu un fedele delle istituzioni repubblicane ed un conservatore. Dopo un anno circa lasciò la dittatura, nell'81 a.C. e ripristinò il consolato = non cercò nella riforma di rafforzare sé stesso. Morì nel 78 a.C. Il paradosso è che la maggior parte dei provvedimenti di Silla non venne abolito dai mariani, ma dai SILLANI, tra tutti, POMPEO MAGNO. III. POMPEO MAGNO (COGNOMINEN EX VIRTUTE) Dopo l'iniziale aiuto a Silla, Pompeo si allontanò progressivamente da esso: ciò lo si vede nel sostegno alla candidatura di Marco Emilio Lepido al consolato, contro il volere di Silla che non lo vedeva di buon occhio. Lepido, sostenuto dunque da Pompeo, iniziò a smantellare le riforme sillane: ripristinò i tribuni della plebe e i loro poteri ed abrogò le leggi riguardanti i plebisciti + riprese le frumentationes e restituì i terreni a colori a cui erano stati confiscati da Silla per essere distribuiti ai suoi veterani. Scoppiò una ribellione in Etruria, Lepido si unì ai rivoltosi e marciò su Roma; il senato emanò un senatusconsultum ultimum e conferì potere militare e l'incarico di intervenire in Etruria al giovane Gneo Pompeo. < Pompeo inizia la carriera politica senza aver mai rivestito una magistratura, contro le regole repubblicane: fuil primo che dimostrò che la vita politica si era corrotta a tal punto che le regole non funzionavano più. Con Pompeo ritroviamo la scusa dell'emergenza per attribuire poteri: il senato affidò un IMPERIUM PROPRETORE a Pompeo contro Lepido, non è una prorogatio imperii, si tratta di un cittadino privato che riceve l'imperium militare ll Dal 77 al 71 a.C. Pompeo esercitò un comando proconsolare in Spagna per la lotta contro il mariano Sertorio, che lo vide vincitore e trionfatore: ancora una volta deteneva un potere militare senza aver mai assunto la magistratura corrispondente (consolato). Rientrato in Italia, partecipò all'ultima fase della repressione contro Spartaco. Nel 70 a.C. a soli 34 anni e senza aver rivestito altre magistrature, venne eletto al consolato, insieme a Marco Licinio Crasso, sillano che si era distinto nella battaglia di Porta Collina e poi nella guerra contro Spartaco. Pompeo fu sempre investito di imperii EXTRA per mansioni specifiche: il primo caso fu il 67 a.C. quando il senato spinse per far votare la lex Gabinia de piratis persequendis, con la quale Pompeo acquisì un imperium proconsulare infinitum per tutto il Mediterraneo orientale fino a 50 miglia dall'entroterra, così da porre fine alle carestie nell'Urbe date dall’interruzione dei traffici; nel 66 venne fatta votare la Lex Manilia che affidò a Pompeo un imperium proconsolare maius contro Mitridate: trattandosi della terza guerra mitridatica, la questione imponeva una soluzione decisa e risolutiva. Pompeo vinse contro Mitridate e in qualità di generale vincitore istituì la provincia di Ponto e Bitinia e quella 47 gli Elvezi (abitanti dell'attuale Svizzera) minacciavano i territori degli Edui, alleati di Roma, i quali chiesero aiuto a Cesare che era da poco giunto nella Gallia Narbonese. Cesare colse l'occasione al volo e ne approfittò per entrare nella Gallia Celtica, sconfiggere gli Elvezi a Bibracte e mettere sotto la sua protezione quelle popolazioni che si sentivano in pericolo per le continue invasioni di genti che vivevano al di là del Reno. La conquista della Gallia da parte di Cesare proseguì con la sconfitta dei Suevi, popolazione di origine germanica, guidata da re Ariovisto che minacciava anch'essa gli Edui: vennero sconfitti nel 58 a.CC. presso Vesonzio. N.B. Cesare appariva così come un difensore dei Galli contro i Germani e questo gli permise di stabilire un buon rapporto con molte tribù galliche. Parte della Gallia celtica entrò sotto il controllo di Roma. Tuttavia, alcune popolazioni rifiutavano l'amministrazione romana: erano i Belgi, i Veneti, i Nervi. (Cesare approfittò di questo rifiuto per intraprendere una decisiva azione di conquista che lo portò, nel 56 a.C., ad impossessarsi dei loro territori. Molti furono i nemici uccisi in battaglia e altrettanti quelli venduti come schiavi.) | primi vennero sconfitti nel 57 a.C.; e Nel56a.C. Cesare rinnovò l'accordo triumvirale con Pompeo e Crasso. Perché? Le vittoriose campagne militari avevano fatto di Cesare un uomo potente e di grande prestigio, ma il Senato gli era ostile. Quest'ultimo preferiva sostenere Pompeo che sembrava essere maggiormente un uomo rispettoso delle regole. Per questo Cesare pensò di rinnovare il patto con Pompeo e Crasso in modo da avere insieme quella forza che nessuno dei tre possedeva singolarmente. Il suo obiettivo era quello di farsi rinnovare, per un altro quinquennio, il proconsolato in Gallia in modo da avere il tempo di conquistare tutto il territorio gallico. Per ottenere questo obiettivo aveva bisogno anche che il Senato aumentasse il numero delle legioni a sua disposizione. Così Cesare si incontrò a Lucca, nel 56 a.C., con Pompeo e Crasso per stringere con loro un nuovo patto. Con l'accordo concluso a Lucca tra Cesare, Pompeo e Crasso si stabilì: e chea Cesare venisse prorogato, per altri 5 anni, il proconsolato; ® che il consolato venisse attribuito, per l'anno successivo, a Pompeo e Crasso; ® che successivamente all'anno di consolato, venisse assegnato il proconsolato per 5 anni: a Pompeo in Spagna; a Crasso in Siria. A quest'ultimo venne dato anche il comando della guerra contro i Parti. Il convegno di Lucca rappresentò una vera e propria divisione del potere tra i tre uomini politici. Al termine del consolato di Pompeo e Crasso: e Pompeorimase a Roma, per tenere sotto controllo la capitale, non fidandosi eccessivamente di Cesare e Crasso. Egli inviò in Spagna dei generali di sua fiducia; ® Crasso parti per la Siria. Egli non si rivelò un grande condottiero, infatti fu sconfitto dai Parti e mor in battaglia nel 53 a.C. Qual era la situazione in Gallia quando Cesare vi fece ritorno? Quando Cesare fece ritorno in Gallia, nel 56 a.C., si trovò a dover assicurare le conquiste fatte a causa: e dicontinue incursioni da parte di popolazioni germaniche insediate al di là del Reno; e dialuti giunti ai Galli dalla Britannia. Cesare fece due campagne in Britannia, una nel 55 a.C. oltrepassò la Manica e una l'anno successivo raggiungendo il Tamigi. 50 Nel 52 a.C. scoppiò una insurrezione guidata da Vercingetorige, re degli Arverni: fino ad allora le tribù locali non erano mai state in grado di costituire un fronte unico contro Roma. La controffensiva prese avvio con la strage di Italici a Cenabo. Cesare rientrò dalla Cisalpina e assediò Gergovia, la capitale degli Arverni, ma questi riuscirono a resistere ai suoi attacchi. La tattica di Vercingetorige era quella di distruggere i raccolti e le città, in modo da impedire i rifornimenti dell'esercito romano, senza scontrarsi direttamente con esso. Inizialmente questa tattica apparve vittoriosa, Vercingetorige si rifugiò ad ALESIA. Cinta d'assedio la città, Cesare ebbe l'intuizione di far costruire non solo una cinta muraria per l'aggressione all'insediamento nemico, ma anche un secondo anello, a protezione delle truppe assedianti, in previsione di un attacco nemico. Alesia cadde e i Galli furono sconfitti. Nel 51 a.C. tutta la Gallia divenne una provincia romana. Rientrato dalla Gallia, Cesare dovette combattere un'impegnativa guerra civile. Gli accordi di Lucca avevano previsto il comando provinciale delle Spagne per Pompeo e della Siria per Crasso, il quale ambiva a una campagna contro i Parti perché mirava a consolidare tramite il prestigio militare la sua posizione politica. La spedizione orientale fu fatale al triumviro che morì nella piana di Carre nel 53 a.C. = la sua scomparsa trasformava il triumvirato in diarchia! Inoltre, morì la figlia di Cesare Giulia, che era stata data in sposa a Pompeo per suggellare l'accordo triumvirale. N.B. Nel 52 a.C. morì Clodio e il senato affidò a Pompeo la nomina di console senza collega con la possibilità di procedere ad arruolamenti intutta l'Italia. Cesare aveva chiesto di concorrere per il consolato nell'anno successivo senza presentare personalmente la candidatura: il suo scopo era quello di evitare di rientrare a Roma come privato cittadino, solo la copertura di un potere magistratuale avrebbe impedito che venisse colpito da processi da parte dei suoi nemici politici. Pompeo però ribadì l'obbligo della presenza a Roma senza deroghe. « Cesare imboccò la via estrema già percorsa da Silla, che aveva marciato su Roma, ma lo fece contro il partito che era stato di Silla: nel 49 a.C. oltrepassò il Rubicone con uomini in armi, ponendosi al di fuori della legalità. (Alea iacta est). Pompeo fuggì dall'Italia, salpando da Brindisi e dirigendosi in Oriente per riunire un enorme esercito. Cesare, intanto, si preoccupò di consolidare le proprie forze militari; inoltre, Marco Emilio Lepido gli fece conferire la carica di dittatore. La prima dittatura di Cesare fu di breve durata: eletto console per il 48 a.C., egli la depose. Nell'agosto del 48 a.C. in Tessaglia, a FARSALO, gli eserciti di Cesare si scontrarono con le truppe di Pompeo ed uscirono vittoriosi. Pompeo fuggì in Egitto, ritenendo di poter contare sui rapporti di amicizia che aveva stretto con il padre del giovane re Tolomeo XIII, ma venne ucciso a tradimento. Giunto in Egitto, Cesare intervenne nella crisi dinastica che si era creata tra Tolomeo e la sorella CLEOPATRA VII, la quale venne riconosciuta come sovrano legittimo da Cesare: in due ebbero una relazione amorosa dalla quale nacque un figlio, TOLOMEO XV, chiamato CESARIONE. % la morte di Pompeo non significò però la fine -, della guerra civile, poiché vi erano forti nuclei di resistenza filo pompeiana in Africa e Spagna. Nel 46 a.C. a Tapso, in Africa, Cesare (dopo il suicidio di Catone ad Utica) sconfisse le armate degli ottimati; nel 45 a.C. a Munda, in Spagna, vinse i figli di Pompeo Magno. 51 Cesare portò avanti una serie di riforme, atte a favorire la parte populares ma anche a porre fine a quella frattura insanabile tra le due fazioni = misericordioso nei confronti degli ex-pompeiani, dimostrò clementia, liberalitas e misericordia nei confronti dei suoi oppositori= Cesare capì che per rendere stabile la sua posizione politica aveva bisogno di un sostegno trasversale. Fece ricorso al PERDONO reintegrando nello stato anche personaggi che avevano preso le armi contro di lui. A testimonianza del clima che tentò di inaugurare, Cesare fece rialzare le statue di Pompeo a Roma, dopo che queste erano state abbattute all'indomani della Battaglia di Farsalo. = accrebbeil numero dei senatori da 600 a 900; = concesse la cittadinanza alla Transpadana nel 49 a.C. con la Lex Roscia, favorendo l'immissione di alcuni trai Galli nella curia romana; = aumentò il numero di magistrati; = la Lex Aurelia iudiciaria del 46 a.C.: definì la durata dei governatori provinciali, riformò il tribunale per il reato di malversazione; = conl’intento di porre un limite alle condizioni che avevano facilitato le violenze, ridusse di più della metà i beneficiari delle frumentazioni; = ARomaedinlitalia venne dato l'avvio ad un vasto programma edilizio: tra le opere più importanti, ricordiamo l'ampliamento del porto di Ostia e la bonifica del Lago Fucino = scopo di dare lavoro ai cittadini poveri; = Recuperò il programma graccano di fondazioni di colonie ultramarine (colonie furono fondate nelle Gallie, in Iberia, etc.) per affidare territori a coloro che si trovavano in difficoltà economica ed ai veterani; = Attuò una riforma del calendario; =. Fececoniare monete d'oro di elevatissimo valore e fece rappresentare il proprio busto su di esse. * La cosiddetta Lex lulia municipalis uniformò le procedure di censimento per le città italiche. Carattere composito della Lex lulia municipalis (definita da alcuni «centone» di lacerti di leggi precedenti). Nota per via epigrafica, grazie alla Tabula Heracleensis. «In quei municipi, colonie o prefetture di cittadini romani presenti Italia colui che rivestirà la massima autorità, allorquando un censore farà il censimento a Roma, proceda anchegli, entro sessanta giorni, al censimento di tutti i suoi concittadini, municipes o coloni o abitanti di prefetture, alla condizione che siano cittadini romani. Costoro comunichino sotto giuramento i loro nomina e praenomina, i loro padri o patroni, la loro tribù di appartenenza, i loro cognomina, l'età ed una stima dei loro averi, in base alle istruzioni di censimento applicate e pubblicate a Roma dal censore. Che il censore [dei municipi, colonie o prefetture] si curi che tutte le notizie così raccolte vengano trascritte nei registri ufficiali della sua città e che questi vengano inviati a Roma. Tutte queste riforme vennero portate avanti in un periodo in cui Cesare era DITTATORE (nominato dopo la battaglia di Farsalo)! N.B. Nel 46 a.C. inaugurò ilterzo mandato da console. Nel 45 a.C. fu riconfermata anche la carica di dittatore, che aveva durata decennale, ma imponeva un formale rinnovo di anno inanno. “>La maggioranza dei senatori non approvava Cesare, e tuttavia, in mancanza di valide e percorribili alternative, non solo ne accettava la politica ed il potere, ma lo colmò di onori del tutto inusuali per Roma: proprio per volontà del senato, Cesare concentrò su di sé una serie di onori mai visti a Roma, parallelamente alle vittorie riportate da lui riportate: la dittatura decennale, fu mutata poi in perenne (44 a.C.); assunse la competenza propria dei censori, ovvero la sovrintendenza sui costumi; fu eletto console senza collega; il riconoscimento della potestà tribunizia con annessa la sacrosanctita, Il titolo di pater patriae e la carica di pontifex maximus. * Cesare aveva lasciato teoricamente invita le istituzioni repubblicane, ma non si era accontentato di una posizione di eccellenza come Pompeo; il cumulo delle cariche e dei poteri e il carattere inusitato degli onori, che lo resero di fatto un semidio, lo avevano collocato su una posizione di assoluta preminenza, la cui essenza era di fatto monocratica e autocratica. 11 15 marzo 44 a.C. alla scadenza delle idi, solo 3 giorni prima della partenza per la campagna contro i Parti, Cesare fu assassinato nella curia di Pompeo, pugnalato dai congiurati Gaio Cassio Longino e Marco Giunio Bruto. 52
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