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Francesco Petrarca: Autore e Modello della Conoscenza Moderna, Dispense di Letteratura Italiana

Francesco Petrarca, autore moderno, si presenta come cultore dell'antichità classica. Incontra Laura, intraprende la carriera diplomatica e scopre Agostino. Visita i miti della giovinezza a Roma e scrive Africa e De viris illustribus. Nel 1342, torna ad Avignone e inizia i Rerum memorandarum libri. Nel 1345, scrive De vita solitaria. Nel 1347, scrive una lettera a Cola di Rienzo e al popolo romano. La peste colpisce l'Italia e muoiono amici, tra cui Giovanni Colonna e Laura. Scrive il trattato Secretum, imparando l'inconsistenza del tempo umano rispetto a Dio dalle Confessioni di Agostino.

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 26/01/2022

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Scarica Francesco Petrarca: Autore e Modello della Conoscenza Moderna e più Dispense in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! PETRARCA: - Dalle origini della conoscenza moderna: Francesco Petrarca è il primo a concepire un modello nuovo di autore. È l’immagine di un intellettuale laico, libero da condizionamenti politici, ma attivo nel presente. Due aspetti sono fondamentali per la sua attività di intellettuale: la scoperta del mondo classico e l’affermazione della centralità dell’individuo. Petrarca ha l’unico fondamentale scopo di conoscere sé stesso. Muore nel 1374 ad Arquà colpito da una sincope. - Autobiografia ideale: Petrarca accorda alla propria biografia molta importanza, bisogna ricapitolare la vita di Petrarca dalla fine a partire da una lettera indirizzata ai posteri, essa avrebbe dovuto costituire l’ultimo libro della raccolta epistolare Seniles, ma è rimasta incompiuta. Petrarca si rivolge al lettore al futuro perché riceva dalla sua viva voce un ritratto fedele di sé sotto il profilo fisico, morale, intellettuale. Una vera e propria autobiografia concepita per consentire a chi verrà dopo di lui di ricostruire un percorso ideale attraverso le sue opere. Petrarca delinea un ritratto incentrato su alcuni elementi fondamentali: • La sua passione per la conoscenza del mondo antico; • L’esaltazione dello studio solitario; • Il suo rapporto con sovrani e nobili, definendosi amato e onorato dai più potenti uomini del suo tempo; • La sua esperienza amorosa, l’evento che lo ha indirizzato alla conversione e alla liberazione dalle passioni. L’immagine esemplare con cui Petrarca intende presentarsi ai posteri è elaborata in maniera da ruotare intorno al superamento della passione amorosa nutrita per Laura: una mutazio vitae sperimentata in virtù del sapere, dell’esperienza e di un rinnovato rapporto con un sentimento religioso visto come attraversamento dell’errore verso la conquista di sé. - La giovinezza: incontri e autori fondamentali: Nasce da genitori di umili condizioni. Il padre, notaio fiorentino, è stato esiliato nel 1302 insieme al gruppo di guelfi bianchi di cui faceva parte Dante. Nel 1311 Petrarca si trova a Pisa e incontra Dante. L’anno successivo si trasferisce ad Avignone che dal 1308 era diventata sede pontificia, città nella quale il padre esercitava la sua professione. È indirizzato dal padre agli studi giuridici, che intraprende a Montpellier, poi a Bologna dove si trasferisce nel 1320. Entra in contatto con la potente famiglia Colonna. Dopo la morte del padre nel 1326 lascia gli studi giuridici e torna ad Avignone. Qui si immerge nello studio dei testi classici e nell’attività letteraria. La mattina del 6 aprile 1327 nella chiesa di Santa Chiara ad Avignone, Francesco incontra Laura. Lei diventa un vero e proprio oggetto di “furor”. È “l’amore fortissimo”, “unico e puro”. Ad Avignone Petrarca intraprende la carriera diplomatica al servizio di Giovanni Colonna. Nel 1333 compie diversi viaggi. Comincia a raccogliere manoscritti preziosi. Cicerone è il suo autore prediletto e principale modello retorico. Nella Biblioteca Capitolare di Verona scopre un manoscritto con le Epistule ciceroniane, modello che solleciterà l’idea di organizzare simile raccolte epistolari. Petrarca scopre il suo altro grande modello: Agostino, gli fu regalo un manoscritto tascabile delle Confessiones dal monaco Dionigi, a cui Petrarca sarà legatissimo. L’autobiografia disegnata nelle Confessiones costituisce l’esempio ideale in cui Petrarca può far rispecchiare la propria personale esperienza di ravvedimento. Il 26 aprile 1333 compie l’ascesa al monte Ventoso con il fratello Gherardo. Di questa avventura parla in una lettera che finge di aver scritto appena tornato a casa. La lettera apre il IV libro delle Familiares, è indirizzata a Frate Dionigi e ha al centro la lettura delle Confessiones agostiniane. Mentre il fratello Gherardo, che nel 1343 sarebbe entrato nell’ordine dei frati certosini, si dirige di buona lena verso la vetta del monte. Francesco è fiaccato dalla salita, cerca scorciatoie ma si disperde tra i sentieri, è più volte tentato a rinunciare. Giunto faticosamente in cima, si ferma ad ammirare il paesaggio e a meditare. Le “mille strade” in cui gli uomini si perdono sono le scorciatoie che Petrarca intraprende, i “vani spettacoli” sono il paesaggio esteriore in cui la sua vista si smarrisce, ciò che l’autore vuole mettere in scena è la scoperta di un paesaggio interiore. - I miti della giovinezza: Petrarca visita Roma all’inizio del 1337, in questo periodo risalgono i primi interventi in cui esorta papa Benedetto XII (dodicesimo) a riportare la curia pontificia a Roma. È la prima volta che Petrarca prende pubblicamente posizione e questo avvenimento resterà uno dei punti cardine del suo impegno politico. Nello stesso anno si trasferisce a Valchiusa, che costituirà una sorgente d’ispirazione e luogo per eccellenza della solitudine intellettuale in contrapposizione alla sede papale. La sua reputazione come uomo di cultura in questo periodo si deve al prestigio della sua biblioteca che contiene la più ampia collezione privata di manoscritti mai assemblata fino allora. La sua passione per i libri ha un duplice aspetto: vi è la ricerca di opere da raccogliere come testimonianze della cultura del passato, che il moderno intellettuale deve studiare per comprendere e conservare la civiltà che le ha prodotte. L’altro aspetto importante è l’intento di intrattenere un autentico colloquio con i testi e gli autori antichi, i quali hanno affrontato gli stessi problemi esistenziali del poeta. Di questi due aspetti si sostanzia l’umanesimo di Petrarca ovvero l’approccio scientifico ai testi e dalla comprensione profonda della loro problematicità storica. Un esempio del suo atteggiamento filologico è nell’operazione di restauro degli Ad urbe còndita di Tito Livio. Ad un intento simile corrisponde anche il cosiddetto Virgilio Ambrosiano dove sono raccolte le principali opere di Virgilio (Eneide, Bucoliche, Georgiche), corredate dal commento di Servio che era diffuso nel medioevo. A queste su aggiungono l’Achilleide di Stazio, l’Ars maior del grammatico Donato e alcune odi di Orazio. Si tratta del libro che Petrarca aveva più caro, tanto da chiedere al pittore Simone Martini di realizzare una sontuosa miniatura iniziale raffigurante l’allegoria delle tre opere virgiliane. Petrarca porta il manoscritto sempre con sé, diventando una sorta di diario personale tanto che nelle carte di guardia scrive gli epitaffi per la morte di Laura nel 1348, per quella del figlio. Non è solo un “documento capitale” dello studio della retorica ma è anche un ulteriore esempio di quella forma di dialogo privato con cui Petrarca concepiva lo studio dell’antichità. - LE PRIME OPERE LATINE (L’AFRICA E IL DE VIRIS ILLUSTRIBUS): Petrarca comincia a lavorare alle prime opere in latino tra il 1338 e il 1339 a Valchiusa: il poema epico in esametri Africa, dedicato alla seconda guerra punica e alla figura di Scipione l’Africano, e la raccolta di biografie esemplari De viris illustribus, che nel programma originario include le vite dei più importanti condottieri romani. Queste due opere sono una emulazione evidente di Livio e Virgilio. Petrarca vuole presentarsi come un cultore dell’antichità classica, ponendo le basi per la sua consacrazione nell’esaltazione della Roma repubblicana e degli eroi che l’hanno fatta grande. Difatti, poco dopo riceve due inviti a essere insignito della corona poetica: uno da Roma (città simbolo del mondo antico) e uno da Parigi (capitale della cultura medievale). Sceglie Roma per amore della patria e rispetto del passato, e per il fatto che in Italia risiede il re Roberto d’Angiò che per Petrarca era l’unico in grado di esaminarlo. La scelta di Roma fa assumere alla cerimonia d’incoronazione un significato universalistico e con questa scelta Petrarca si propone come erede della poesia latina. Viene incoronato in Campidoglio l’8 aprile 1341 (giorno di Pasqua). Si stabilisce a Parma per un anno, qui riprende a lavorare alle opere cominciate in Valchiusa. • L’Africa è un poema epico giunto a noi incompiuto. Dei dodici libri su modello dell’Eneide, Petrarca arriva a comporne nove, gravati da squilibri e lacune. I modelli sono gli autori della stagione augustea: Livio e Virgilio. Il primo per lo sfondo storico, il secondo per il modello dell’epica classica. L’interesse di Petrarca per la classicità non è in opposizione con lo spirito cristiano, consiste nella ricerca di ciò che è umano e comune a tutte le genti. • Il De viris illustribus prevedeva inizialmente le biografie di 23 condottieri romani da Romolo a Catone il Censore, tra i quali spicca la figura di Scipione l’Africano. Le notizie provengono da Livio modello per la narrazione e per la concezione moralistica della storia che lo caratterizza. un’essenziale integrità e all’unità del pensiero della morte e Dio. Questo proposito finale verrà rilanciato verso il futuro nel grande progetto del liber di liriche. Le opere dell’introspezione (le familiares e le ipystole): nel 1350 è data la lettera proemiale del familiarum rerum liber e nello stesso anno risale la missiva in versi che apre il libro delle Epystole metrice. Entrambe attestano che a questa data risale il progetto di raccogliere una parte consistente della corrispondente epistolare che tiene con amici, parenti e personaggi pubblici fin dai tempi della prima giovinezza. Nella biblioteca capitolare della cattedrale veronese aveva scoperto una buona parte dell’epistolario di Cicerone, tale scoperta va considerata la prima ispirazione della raccolta dei 24 libri delle Familiares. Le Familiares sono un progetto complesso e costruite per frammenti cioè formate da scritti occasionali che hanno un’autonoma diffusione. Petrarca è solito trascrivere le sue lettere in due copie: una destinata alla spedizione mentre l’altra veniva conservata. L’ opera è una selezione di 350 lettere divise in 24 libri e l’epistola proemiale a Socrate, che è il dedicatario dell’intera opera, illustra la concezione del libro e i motivi che hanno spinto l’autore a confezionarlo. Il trauma della peste del 1348 innesca la necessità di scrittura, il sentimento della morte che incombe è il grande tema che presiede fin da soglie tutto il libro. Petrarca ha imparato dalle Confessiones di Agostino l’inconsistenza del tempo umano rispetto a Dio. L’obbiettivo dichiarato è quello di far conoscere attraverso varietà di esperienza e scritture l’effige animo di Petrarca. [Epystole] Come Petrarca stesso dice nella lettera a Socrate, tra i materiali selezionati per la composizione del libro, le lettere sono in prosa si alternano a quelle in versi. nascono così le epistole, ovvero una raccolta di 66 lettere in esametri suddivise in tre libri. L'architettura delle epistole è composita e variegata. Come risulta chiaramente dall’epistola proemiale, l’intento è quello di far conoscere i vari affetti del suo animo attraverso gli avvenimenti che hanno segnato il suo percorso biografico. Il medesimo principio motiva la varietas relativa a toni e contenuti. Tra le più interessanti va menzionata l’epistola I 14 dove la comunicazioni con gli altri cede il passo all’analisi interiore ma perché si rechi in salvo dal dissidio tra la paura della morte e il compiacimenti delle lusinghe del mondo terreno. Accanto a Familiares ed Epystole egli scrisse altre lettere che raccoglierà solo più tardi e che sono dedicate alla polemica antivignonese condotta con toni di satira contro la corruzione dei costumi. Queste lettere prendono saranno riunite sotto il titolo di Sine nomine (proteggere autori e destinatari). Le scelte e le opere della maturità (le seniles e il de remediis): tra il 1351 e 1353 si colloca l’ultimo soggiorno in Provenza. Il rapporto conflittuale con papa Innocenzo sesto e la prigionia di Cola di Rienzo mettono Petrarca in una posizione politica imbarazzante. Si ritrova in una fase di messa in discussione delle scelte fatte finora e decide di abbandonare definitivamente la Provenza per stabilirsi in Italia. La sua intenzione è di trovare una protezione che gli permetta di libertà di studi e indipendenza, si trasferisce a Milano presso i Visconti provocando dure reazioni, in particolari di Boccaccio che lo accusa di essere asservito al potere di una tirannia nemica di Firenze. Dopo aver passato numerosi anni a Milano si sposta a Padova sotto la protezione di Francesco I da Carrara che gli regala un rifugio ad Arquà, dove nasceranno i suoi ultimi progetti letterari. Compone una nuova raccolta epistolare: le Seniles un’opera di 17 libri contenenti 127 lettere ù, gli argomenti privilegiati sono quelli della vecchiaia e della morte anche se non mancano lettere su temi politici o polemiche in ambito culturale. La politica ricopre un ruolo importante come lo dimostra la XIV (quattordicesima) 1 a Francesco I da Carrara, a cui è indirizzato un trattato in forma epistolare sul governo cittadino. Le lettere più importanti sono quelle indirizzate a Boccaccio, con cui Petrarca difende la scelta di stabilirsi presso i Visconti. La XVII (diciassettesima) 3 è la traduzione in latino della novella conclusiva del Decameron (Griselda). La versione in latino attenua le ambiguità ideologiche dell’originale facendo dell’eroina boccaccesca modello di virtù. Tra il 1366-67 Petrarca porta a termine il De remediis utriusque fortunae, dedicato al tema della libertà dell’individuo di esercitare la virtus in maniera autonoma rispetto alla fortuna. Al centro vi è la ricerca dell’uomo che deve sforzarsi di scoprire in sé, nella sua sapienza e nella norma morale che lo anima. Il trattato è diviso in due libri, ciascuno dei quali è introdotto da una prefazione: nel primo è presente un dialogo tra la Ragione umana e le allegorie tra Gioia e Speranza mentre nel secondo comprende i dialoghi tra Dolore e Paura. Nel primo libro la Ragione interviene a correggere gli eccessi di ottimismo di Gioia e Speranza invitandoli a riflettere sulla precarietà delle gioie del mondo. Tutto ciò che all’uomo è dato di fare è indirizzare tale desiderio e passioni dai beni terreni all’unico bene trascendentale. Il discorso è chiarito nella prefazione del secondo libro, il conflitto interiore dell’animo fluttuante è il nucleo centrale del dialogo petrarchesco. La guarigione risiede nel consegnarsi all’unico bene. Un umanesimo cristiano: le polemiche : le coordinate essenziali del pensiero petrarchesco ricevono una più ordinata trattazione in un gruppo di opere che possono essere accostate siccome sono tutte orientate verso il genere della polemica filosofica. Al centro c’è l’avversione verso l’aristotelismo. I modelli di riferimento sono lo stoicismo integrato con l’etica agostiniana che indirizza l’azione dell’uomo verso la felicità svincolata dalla conoscenza. Questi scritti si distribuiscono tra il 1352 e 1371. Il primo è costituito dal gruppo delle Invective contra medicum. In occasione di una malattia del papa Clemente sesto, Petrarca gli scrive una lettera invitandolo a diffidare dei medici, alla risposta indispettita di uno dei medici papali Petrarca replica con quattro libri di invettive composti tra il 1352-53. Condanna la medicina come cura del corpo e non dell’anima. Nel 1355 scrive l’Invectiva contra quendam magni status hominem sed nullius scientie aut virtutis, rivolta al cardine Jean de Caraman che lo aveva accusato di aver cercato ospitalità presso la tirannide viscontea. Tra il 1367 e 1371 Petrarca compone il De sui ipsius et multorum ignorantia, dove vengono tracciate le direttrici della sua concezione del sapere. Petrarca tra latino e volgare: lo scrittoio di Petrarca si divide tra la produzione in latino e quella in volgare. Mentre non smette di perfezionare le sue opere in latino, lavora in maniera dinamica alla sistemazione della raccolta dei Fragmenta e porta a termine i Trionfi. A differenza di Dante e boccaccio, impegnati nella promozione della lingua volgare, non si trovano dichiarazioni che giustificano l’utilizzo di tale lingua da parte di Petrarca. In diverse occasioni ostenta una più bassa considerazione del volgare rispetto al latino, considerato lo strumento per eccellenza della comunicazione scritta (utilizzabile sia in prosa che in poesia invece volgare solo poesia). uno dei luoghi più interessanti in cui affiora l’idea che Petrarca ha degli strumenti del discorso letterario è la lettera indirizzata a Boccaccio, dopo che quest’ultimo gli aveva ,andato una copia della Commedia. Petrarca concede a Dante ‘’la palma della volgare eloquenza’’ ma, nonostante ciò, ribadisce la superiorità del latino, sottolineando che è lui possiede il primato dello stile più elevato. Per Petrarca latino e volgare sono due codici ugualmente distanti dalla lingua dell’uso comune, la differenza tra di esse sta nel pubblico a cui sono destinate e afferma il proprio sdegno verso il volgo che non è capace d’apprezzare la cura formale della lingua poetica. Dall’altro canto non può ignorare la storia letteraria recente e le potenzialità della nuova lingua, siccome comporre rime in volga significava proporsi come continuatore. L’applicazione di Petrarca alla cura dei versi del Canzoniere e delle Terzine dei Trionfi è a dimostrazione di un uso della lingua volgare come di una regolata, al pari del latino. Inoltre, scrivendo in toscano poteva trasferire anche qui il suo ideale classicista. I RERUM VULGARIUM FRAGMENTA La storia del Liber: sono il grande capolavoro di Petrarca ed una delle opere più importanti della tradizione letteraria europea. Ai Fragmenta, Petrarca riconduce quei testi in volgare che compone in segreto negli anni in relazione all’amore per Laura, secondo quel processo di raccolta e riordinamento di cui si parla nel Secretum (“raccogliere fragmenta”). Francesco promette ad Agostino di disegnare un’immagine compiuta di sé accostando tasselli passati, riveduti e messi in ordine in un assetto stabile ed esemplare. Rientrano in questo piano i grandi epistolari latini (Familiares, Seniles, Epistole) e ovviamente il grande cantiere dei Fragmenta. . Nei primi anni Trenta, nello stesso periodo dei progetti dell’Africa e del De viris, compone in volgare dei testi nutriti dall’amore di Laura o all’omaggi a protettori e sodali. Queste composizioni si accumulano sparse tra le carte di Petrarca fino a quando non matura l’idea di riordinarle (1342) in una struttura unitaria e di disporle a formare un racconto. Il vero e proprio progetto comincia a formarsi solo tra il 1347 e il 1350 ed è costituito da circa 150 componimenti, da qui in poi il libro perde il criterio tematico e assume un’organizzazione narrativa. Questo avviene per due motivi: i componimenti vengono suddivisi in due parti (prima e dopo la morte di Laura) e la collocazione del sonetto proemiale Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono. La morte di Laura (6 aprile 1348) è il punto di svolta da cui l’idea del libro prende corpo, suggerendo a Petrarca la grande novità del libro strutturato in due tempi. I Rerum Vulgarium Fragmenta diventano la grande raccolta in cui ricomporre la storia dell’amore per Laura, nei diversi passaggi e prima e dopo la sua morte. La sua morte innesca la parabola fondante lungo la quale si dispongono i frammenti lirici: rappresentazione una dinamica di revisione memoriale del passato e tormento penitenziale nel presente, ovvero un rapporto tra un prima da recuperare alla memoria e di cui pentirsi, e un dopo in cui raccogliere gli sparsi frammenti della propria anima per restituirle un’unità che sia coerente ed esemplare. Negli anni successivi Petrarca lavora al Fragmenta e in parallelo continua a lavorare sulle opere latine. Nel 1357 fa trascrivere una raccolta una raccolta di 161 componimenti in un manoscritto da dare in dono ad Arezzo da Correggio, di questa terza forma redazionale detta “forma Correggio” si ha solo qualche notizia indiretta. Conserviamo invece il manoscritto Chigiano L V (55) 176 in cui intorno al 1363 Boccaccio trascrive la quarta forma del Canzoniere con 44 componimenti in più (per un totale di 205). Tra il 1366-67 Petrarca fa allestire un nuovo esemplare del libro, il lavoro produce un nuovo codice ‘’Vaticano Latino 3195’’, il manoscritto definitivo dei Fragmenta. . Si tratta di un codice “idiografo” perché vergato in parte da un copista e in parte dallo stesso Petrarca. Attraverso alcune copie tratte dall’idiografo, si possono individuare alcune tappe successive del lavoro d’autore. Petrarca interviene spesso sul codice con correzioni, aggiunte e postille. Gli ultimi interventi risalgono al luglio del 1374, pochi mesi prima della morte. In questa data va situata la veste definitiva del libro che sulla prima carta reca la rubrica ‘’I frammenti degli scritti volgari del poeta laureato Francesco Petrarca’’. Questo, dunque, è il titolo dell’opera ( Rerum Vulgarium Fragmenta) che successivamente sarà conosciuto con il titolo di ‘’Canzoniere’’. Il libro della poesia (Rerum Vulgarium Fragmenta): il lavoro di assemblaggio del libro si protrae per un ventennio lungo il quale interviene di continuo ad aggiungere, riscrivere, riordinare testi composti in tempi e occasioni differenti. Petrarca sposta definitivamente la produzione da quella occasionale di testi sparsi a un progetto unitario che li leghi insieme secondo un rigoglioso sistema di relazioni. Proprio per la centralità della struttura del libro, il Canzoniere è un’opera rivoluzionaria. Per la prima volta nella storia della poesia, i singoli componimenti che lo costituiscono sfuggono a una lettera isolata. Essi hanno un significato in sé compiuto, che consente di leggerli separatamente l’uno dall’altro. I modelli dei Fragmenta sono: • In ambito provenzale, i primi abbozzi dei libri di poesia dei trovatori Guiraut Riquiet e Peire Vidal. • In Italia qualcosa del genere è stato individuato nel manoscritto Laurenziano Rediano 9 in cui i testi di Guittone d’Arezzo sono divisi in una parte sul tema erotico e una sulla negazione dell’amore e l’esaltazione della morale cristiana. • Dopo Guittone, il poeta travisano Nicolò de’ Rossi aveva organizzato nel suo autografo Colombino 7 1 3 2 un’aggregazione di 100 componimenti dedicati ad un’unica donna. Nella Vita Nova, Dante fu il primo a radunare alcuni dei suoi componimenti amorosi in un’opera unitaria, caratterizzata da un’ordinata struttura e dalla presenza di Beatrice come personaggio centrale di una vicenda individuale che funzionasse come autobiografia esemplare. Nella Vita Nova la catena narrativa è però assicurata dalla presenza delle prose che chiariscono la scelta dei testi. Petrarca elimina le prose e fa sì che lo sviluppo narrativo dipenda esclusivamente dalla scelta e dall’organizzazione dei componimenti, i quali si fanno carico di far procedere la storia. La linea del soggetto: Nella forma definitiva il Canzoniere è formato da 366 liriche (1 sonetto proemiale + 365 testi che scandiscono la durata simbolica di un anno). Si tratta di 317 sonetti, 29
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