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Pignoramento presso terzi, Appunti di Diritto Processuale Civile

il pignoramento presso terzi

Tipologia: Appunti

2014/2015

Caricato il 16/07/2015

beatrice149
beatrice149 🇮🇹

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Scarica Pignoramento presso terzi e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! 1 IL PIGNORAMENTO PRESSO TERZI: PROCEDIMENTO E QUESTIONI CONTROVERSE Premessa. Non vi è dubbio che il processo esecutivo, ed il particolare la procedura di espropriazione mobiliare presso il debitore non imprenditore, presenta ormai da anni tutti i segni di una crisi profonda ed irreversibile, che nemmeno i recenti interventi legislativi sono stati in grado di risolvere. Tale crisi si sostanzia nella, praticamente nulla possibilità per il procedente, di soddisfare, in tempi ragionevoli ed in modo concreto, la propria pretesa creditoria. Proprio questa crisi dell’espropriazione mobiliare ha giustificato il sempre più massiccio ricorso alla procedura prevista e disciplinata dagli artt. 543 e ss. c.p.c., soprattutto nei confronti dei lavoratori dipendenti, mediante l’aggressione dei crediti da questi ultimi vantati, a titolo di retribuzioni, verso i propri datori di lavoro. Il tutto è stato facilitato da una serie di interventi della Corte Costituzionale ( dei quali si darà conto nella presente relazione) che hanno di fatto abrogato i vincoli di assoluta impignorabilità degli emolumenti dei dipendenti pubblici. In sostanza si può tranquillamente affermare che, sotto il profilo quantitativo, il peso percentuale delle espropriazioni presso terzi nei confronti della totalità delle procedure esecutive è, in questi ultimi anni, notevolmente cresciuto. Tutto questo ha stimolato la dottrina e la giurisprudenza ad approfondire alcune complesse problematiche dell’istituto in questione. Si vedrà, infatti, come l’espropriazione presso terzi presenti alcuni aspetti, teorici e pratici, di notevole complessità e di non univoca soluzione. 2 Con la presente relazione si vuole, senza alcuna pretesa di esaustività, affrontare alcune delle problematiche più dibattute e fornire delle coordinate che consentano agli ascoltatori di orientarsi in una materia tanto complessa. Poiché il presente Corso di aggiornamento è rivolto a colleghi che, previo mutamento delle loro funzioni, si accingono a svolgere quelle civili, ho ritenuto di non potere prescindere dall’esaminare sotto il profilo teorico, con riferimento al dibattito dottrinale, le questioni più controverse dell’argomento in esame. Tale premessa appare indispensabile per potere in un secondo momento esaminare le soluzioni in concreto fornite dalla giurisprudenza. Da ultimo, con riguardo agli argomenti specificamente affrontati, si avrà la pretesa di fornire alcuni suggerimenti pratici utili a risolvere alcuni dei problemi concreti che più frequentemente il giudice dell’esecuzione si trova, in questa materia, ad affrontare. 1). Il pignoramento presso terzi. Cenni generali. L’espropriazione presso terzi è disciplinata dal codice di procedura civile, nel suo aspetto particolare, dagli artt.543-554. Nel corso della presente relazione occorrerà, pertanto, esaminare e commentare le suddette disposizioni normative. Invero, altre norme (quelle di cui agli artt.75-77 D.P.R. 29 settembre 1973 n.502), disciplinano l’espropriazione esattoriale presso terzi. Per non estendere ulteriormente il campo della nostra indagine, servirà solo ricordare come la sopra richiamata disciplina si risolve, in sostanza, in una sorta di cessione forzata del credito del debitore esecutato nei confronti del creditore- esattore procedente (1). 5 personalmente, salvo che non sia abilitata o autorizzata a stare in giudizio di persona (5). Il creditore è poi tenuto ad indicare il credito per cui si procede, il titolo esecutivo ed il precetto. L’indicazione del titolo esecutivo deve risultare con chiarezza, anche per relationem rispetto al contenuto dell’atto di precetto notificato. Parimenti l’atto deve contenere l’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute dal terzo, con l’intimazione a quest’ultimo di non disporne senza ordine del giudice. Si è sostenuto che l’espressione legislativa non legittima alcuna distinzione, ai fini della validità del pignoramento, circa il grado di genericità dell’ individuazione delle cose o delle somme pignorate, sicché potrebbe legittimamente aversi anche una indicazione assolutamente generica (6). L’affermazione ha una sua logica, posto che il creditore potrebbe avere serie difficoltà a conoscere i dati esatti concernenti tali somme o cose, a causa della sua estraneità ai rapporti tra debitore e terzo. Alla genericità della suddetta indicazione potrà porre rimedio la successiva dichiarazione del terzo, mentre, viceversa, una indicazione troppo specifica potrebbe giustificare una dichiarazione capziosamente reticente dello stesso terzo. Il creditore deve, altresì , dichiarare la residenza o eleggere il domicilio nel comune dove ha sede il tribunale competente. La violazione di tale obbligo comporta, però, come unica conseguenza, che le comunicazioni e notificazioni al creditore procedente andranno fatte presso la cancelleria del giudice adito (7). 6 Come visto, l’art 543 2° co. n.4 c.p.c. richiede espressamente che l’atto di pignoramento deve contenere la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice dell’esecuzione del luogo di residenza del terzo, affinché quest’ultimo renda la dichiarazione di cui all’art.547 ed il debitore sia presente alla dichiarazione ed agli atti ulteriori. Nell’indicare l’udienza di comparizione, il pignorante deve rispettare il termine (di dieci giorni) di cui all’art.501 c.p.c.. La giurisprudenza di legittimità ha , a questo proposito, partendo dal presupposto che non si verte nell’ipotesi di un processo contenzioso, sostenuto che l’inosservanza del termine suddetto resta irrilevante ove non comprometta il conseguimento dello scopo dell’atto, secondo la norma generale di cui all’art. 156 2° co. c.p.c., tanto più che il legislatore non ha previsto alcuna nullità per il mancato rispetto del termine di cui all’art.501 c.p.c.(8). Procedendo sulla stessa falsariga, è giunta ad affermare che la fissazione dell’udienza per la dichiarazione dell’obbligo del terzo senza il rispetto del termine di cui agli artt. 543 3° co. e 501 c.p.c. non dà luogo, nei confronti del terzo, a nullità dell’atto di pignoramento, atteso che, se tale termine non gli consente di organizzare la propria condotta in vista della dichiarazione da rendere, non gli impedisce tuttavia di farla in prosieguo, con effetti identici, nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo (9). Resta comunque salva la possibilità, per il giudice, in caso di mancato rispetto del termine e di non comparizione del terzo, di fissare una nuova udienza disponendo la notificazione del relativo provvedimento al terzo (e se del caso anche al debitore) non comparso. 7 Circa le attività dell’ufficiale giudiziario, giova subito premettere che l’atto di pignoramento in questione deve essere notificato personalmente al terzo ed al debitore ai sensi degli artt.137 e ss. c.p.c.. Una precedente opinione riteneva che la notificazione dell’atto in esame, contenendo il pignoramento, doveva necessariamente essere eseguita, a pena di nullità, dall’ufficiale giudiziario, posto che l’abilitazione dell’aiutante giudiziario era limitata alle mere notificazioni (10). Di recente, però, la Cassazione ha sostenuto la piena validità della notificazione dell’atto di cui all’art.543 c.p.c. ad opera dell’aiutante giudiziario, sul presupposto che la notificazione degli atti in materia civile è ricompresa, senza alcun limite, nelle attribuzioni dell’aiutante giudiziario, dall’art.165 primo ed ultimo comma del D.P.R.n.1229/59 e che il momento centrale e determinante del pignoramento presso terzi è costituito dalla notificazione dell’atto sopra indicato (11). L’ufficiale giudiziario procede alla notificazione dopo avere esaminato il titolo esecutivo ed il precetto esibitigli dal creditore. Quest’ultimo, infatti, non è tenuto a depositare titolo e precetto sino al “ momento della costituzione prevista dall’art.314”. La formulazione della norma, già in passato infelice perché nel processo esecutivo l’iscrizione sull’apposito ruolo avviene subito dopo il deposito dell’atto di pignoramento in cancelleria da parte dell’ufficiale giudiziario, appare, oggi davvero incomprensibile. L’art.314 c.p.c., che in origine disciplinava la costituzione delle parti e, dopo la l.n.353/90 e succ. mod., la decisione del giudizio pretorile, è stato infatti espressamente abrogato dall’art.71 del D.lgs. n.51/98 (legge istitutiva del giudice unico di primo grado) senza che il legislatore si sia preoccupato di annullare il 10 comma dello stesso articolo, la sua validità per tutte le espropriazioni presso terzi che non riguardino crediti (15). Entrambe le opzioni interpretative appaiono legittime e comunque non si ritiene opportuno dilungarsi sull’argomento atteso che, nella stragrande maggioranza dei casi, il ricorso alla procedura in esame riguarderà il pignoramento di crediti. È pacifico che la competenza territoriale per il procedimento di esecuzione è inderogabile, e quindi rilevabile di ufficio ai sensi e nei limiti di cui agli artt.28 e 38 c.p.c. (16). La indicazione del “ luogo di residenza del terzo” non appare, però, di felice formulazione e di pacifica interpretazione. Innanzi tutto, il concetto di residenza è propriamente riferibile solo ai terzi persone fisiche ( con conseguenti perplessità nel caso di terzi persone giuridiche); in secondo luogo, l’esclusivo riferimento alla residenza potrebbe consentire, in astratto, il deprecabile fenomeno della contestuale proposizione di pignoramenti davanti a giudici diversi (quando il luogo della residenza non coincida con quello del domicilio del terzo persona fisica o quando, nel caso di terzo persona giuridica, il creditore procedente ritenga di poter alternativamente fare ricorso ad uno dei criteri di cui all’art.19 c.p.c.) (17). Per ovviare al suddetto inconveniente del proliferare di pignoramenti presso terzi dinanzi a giudici diversi per lo stesso credito, la dottrina e la giurisprudenza hanno suggerito alcune soluzioni interpretative in grado di ridurre considerevolmente la possibilità, per il creditore procedente, di scegliere tra fori alternativi. È stato così suggerito che, poiché il criterio della residenza del terzo debitore si armonizza con la caratteristica di tutti i processi esecutivi, ancorati al luogo in cui 11 si trova l’oggetto dell’esecuzione, il luogo in cui risiede il terzo è, in qualche modo, il luogo ove si trova il credito pignorato. Conseguentemente, nel caso in cui terzo persona fisica abbia residenza e domicilio in luoghi compresi in circondari diversi, se il credito pignorato trae origine da un rapporto di lavoro legato al domicilio del terzo, la competenza dovrebbe essere radicata con riferimento esclusivo a quest’ultimo luogo. Nel caso di persona giuridica con diverse strutture territoriali e rispettivi rappresentanti autorizzati a stare in giudizio, competente sarebbe viceversa il giudice del luogo della sede principale o della struttura secondaria in cui concretamente sia gestito il rapporto che dà causa al credito pignorato (18). In giurisprudenza, nel caso di espropriazione forzata di crediti verso il terzo istituto bancario, talvolta è stata sostenuta la competenza alternativa del giudice del luogo della sede e di quello del luogo in cui l’istituto abbia uno stabilimento con un rappresentante abilitato a stare in giudizio per l’oggetto della domanda (19); talaltra, invece, si è affermato che la competenza deve essere determinata con riguardo al solo luogo in cui la persona giuridica ha la sede, perché il criterio alternativo della sede secondaria vale solo nel giudizio di cognizione e non quando la persona giuridica sia stata chiamata a rendere la dichiarazione di terzo (20). Con riguardo alla specifica ipotesi dei pignoramenti a carico dei dipendenti dello Stato, la Suprema Corte ha, in seguito alla sentenza n.231/94 della Corte Costituzionale (abrogativa dell’art 3 D.P.R. n.180/50 nella parte in cui prevedeva che detti pignoramenti dovessero essere eseguiti presso l’ispettorato generale per il credito dei dipendenti dello Stato del Ministero del Tesoro) enunciato il principio che competente per l’espropriazione forzata dei crediti di lavoro del dipendente 12 statale è il giudice del luogo in cui ha sede l’organo o l’ufficio dell’amministrazione tenuto ad erogare il trattamento retributivo (21). In base allo stesso ragionamento ha poi affermato che foro territorialmente competente nella procedura di espropriazione forzata presso terzi, relativamente ai crediti per prestazioni pensionistiche del soggetto esecutato nei confronti di un ente pubblico previdenziale è esclusivamente quello dell’ubicazione dell’ufficio competente per l’erogazione della pensione e non, anche in via alternativa, quello della sede legale dell’ente (22). In definitiva, può affermarsi che, mentre per l’ipotesi del terzo persona giuridica vi è tuttora contrasto tra chi ritiene la competenza esclusiva del giudice del luogo della sede principale e chi ammette quella alternativa del giudice del luogo della sede secondaria, nel caso di dipendenti statali e pensionati pubblici è ormai pacifica, anche alla luce del disposto dell’art.4 D.P.R. n.180/1950, la competenza del giudice del luogo dell’ufficio tenuto ad erogare il trattamento retributivo o previdenziale (23). Lo stesso art. 4 del citato D.P.R. è stato infine ritenuto applicabile ai pignoramenti presso le FF.SS. dei crediti verso le stesse vantati dai dipendenti, anche dopo la trasformazione dell’ente in società per azioni. Conseguentemente, il luogo di esecuzione del pignoramento e dell’espropriazione va in questi casi individuato, in via sostitutiva e non alternativa rispetto a quello in cui ha sede la società concessionaria, in quello dell’ubicazione dello stabilimento della stessa competente a disporre la spesa a fronte del credito assoggettato all’esecuzione (24). 15 satisfattiva futura, concretamente prospettabile nel momento dell’ assegnazione(32). Ed in concreto, il pignoramento presso terzi riguarderà, in molti casi, retribuzioni per prestazioni di lavoro, e cioè crediti futuri, suscettibili di venir meno prima del soddisfacimento del creditore pignorante. Una annosa e complessa questione è quella relativa ai limiti del pignoramento. La giurisprudenza prevalente (33) ritiene che, nell’espropriazione presso terzi, l’oggetto del pignoramento è costituito non dalla quota del credito per il quale l’esecutante agisce in forza del titolo esecutivo notificato, ma dalla somma di cui il terzo è debitore. Il credito indicato dall’esecutante costituisce soltanto il limite della pretesa fatta valere “in executivis”, cosicché l’intervento di altri creditori ai sensi dell’art.551 c.p.c. incontrerebbe, nella distribuzione, l’unico limite delle somme dovute dal terzo, ma non anche l’ulteriore limite del credito per il quale ha agito, “in executivis”, il creditore pignorante. Il suddetto orientamento giurisprudenziale prende le mosse dalla teoria sostenuta, in dottrina, per primo, dal Satta (34) e poi seguita da altri autori (35). Questa tesi presuppone lo sganciamento dell’oggetto del pignoramento dalla domanda esecutiva e perviene all’importante conseguenza che, vi sia stata o meno una esplicita limitazione del pignorante in ordine al credito aggredito, essa non vale comunque a circoscrivere i cosidetti obblighi di custodia del terzo debitore, né esime quest’ultimo dall’obbligo di astenersi dal disporre anche per l’eccedenza del suo debito diretto. La necessità di assicurare l’intero credito del debitore esecutato e di disporre la sua integrale indisponibilità sarebbe giustificata dalla possibilità di intervento di 16 altri creditori, che senza motivo, viceversa, sarebbero costretti a chiedere un nuovo pignoramento. La tesi testè descritta poggia sulle seguenti considerazioni: a) che, nell’atto ex art.543 c.p.c., l’ingiunzione rivolta al debitore esecutato è “dissociata” dall’intimazione di non disporre delle cose o delle somme dovute senza ordine del giudice, rivolta al terzo dal creditore; b) che, ai sensi dell’art.546 c.p.c., l’ambito della custodia di cui è onerato il terzo è delimitato con riferimento indeterminato alle cose o alle somme da lui dovute al debitore; c) che, in sede di dichiarazione ex art.547 c.p.c., il terzo deve indicare (tutte) le cose del debitore di cui è in possesso o le somme di cui è creditore il debitore esecutato nei suoi confronti; d) che il vincolo di indisponibilità limitato all’oggetto del pignoramento presuppone l’esatta individuazione dei beni e dei crediti da pignorare, così come avviene nel pignoramento mobiliare presso il debitore ad opera dell’ufficiale giudiziario, e non può viceversa essere invocato nel pignoramento presso terzi, in cui l’indicazione dell’oggetto del pignoramento può essere del tutto generica. La tesi sopra riportata – che , come visto, rende autonomo l’oggetto del pignoramento (tutto quanto del debitore detenuto, o al debitore dovuto, dal terzo) dalla richiesta di esecuzione- porta, logicamente, ad escludere la possibilità e di riduzione (art.496 c.p.c.) e di estensione (art.527 c.p.c) del pignoramento (36). Questo orientamento, come visto ormai consolidato in giurisprudenza, è stato, di recente, sottoposto a severa ed attenta critica da Acone(37). Facendo parzialmente proprie le argomentazioni in precedenza addotte da Mortara (38), detto autore ha sottolineato come la tesi condivisa dalla giurisprudenza giunge al perverso risultato di sottoporre a vincolo di indisponibilità assoluta, per un lasso di tempo che può essere anche assai lungo 17 (talvolta sino alla conclusione del giudizio di accertamento di cui all’art.548 c.p.c.) l’intero credito del debitore esecutato, anche quando sia stato esplicitamente pignorato solo una minima parte di esso , senza che il debitore possa porre rimedio e con possibili gravissime conseguenze economiche. Ha poi evidenziato l’inconsistenza di alcune argomentazioni addotte a sostegno della tesi avversata. In particolare, pur riconoscendo che il terzo è comunque tenuto ad una dichiarazione “integrale”, ha sottolineato come è sempre la volontà del creditore che traccia i limiti del pignoramento e dell’assegnazione e come le espressioni “di quali somme è debitore”, “somme da lui dovute” ecc., contenute negli artt.543 e ss. c.p.c., debbano essere intese in stretta correlazione con la domanda del creditore pignorante. Ha quindi concluso affermando che, anche nella espropriazione presso terzi, l’oggetto del pignoramento è correlato alla domanda del creditore, il quale è libero di assoggettare al vincolo esecutivo il bene (cosa o credito) nei limiti del credito per cui procede o per un importo maggiore o minore, salva, per i terzi interventori, la possibilità di estensione del pignoramento, anche per il richiamo operato dall’art.551 c.p.c. agli artt. 525 e ss.c.p.c.(39). Volendo esaminare, in concreto, alcune particolari ipotesi di oggetto del pignoramento presso terzi, bisogna innanzitutto ricordare che i crediti espropriabili nelle forme degli artt.543 e ss. c.p.c. non vanno assolutamente confusi con i titoli di credito, beni mobili materiali, pignorabili presso il debitore in uno dei luoghi indicati dall’art.513 c.p.c. o presso il terzo che possa dichiararne l’appartenenza al debitore, secondo le norme previste dagli artt.1997 (in generale) e 2024 (per i soli titoli nominativi) c.c.(40). 20 Ed invero, sotto il profilo pratico, quello che occorre accertare è da che momento non hanno più effetto, in danno del creditore procedente, gli atti di disposizione dei beni o dei crediti pignorati (ai sensi degli artt.2915 e 2917 c.c.), in che momento deve sussistere il credito pignorato e da quando decorrono, e se decorrono, per il terzo pignorato, gli obblighi di cui all’art.546 c.p.c.. A questi quesiti, la giurisprudenza, anche con l’ausilio del dato normativo, ha dato risposte univoche e convincenti, sicché, si ribadisce, appare sterile ogni discussione sugli effetti, se “sostanziali”, “sostanziali eventuali” o “preliminari”, che deriverebbero dalla notificazione al terzo ed al debitore esecutato dell’atto ex art.543 c.p.c. Esaminiamo quindi specificamente le singole questioni. L’art.546 c.p.c. è esplicito nel sancire il principio che il terzo, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute, è sottoposto agli obblighi che la legge impone al custode sin dal giorno in cui gli è notificato l’atto previsto dall’art.543 c.p.c.. Premessa la considerazione che una vera e propria “custodia” può aversi solo nell’ipotesi del pignoramento di cose, mentre nel caso del credito, bene immateriale, l’obbligo per il terzo consisterà nel divieto degli atti di disposizione, la norma in esame è alquanto chiara. Il terzo, in sostanza, non potrà consegnare le cose o pagare le somme da lui dovute al debitore esecutato senza apposito ordine del giudice. Egli assume “ope legis” gli obblighi del custode, anche se sul contenuto di detta custodia non vi è uniformità di vedute, posto che vi è chi ritiene che l’espressione usata dal legislatore si sostanzia in una formula riassuntiva volta a garantire che il creditore possa utilmente esperire la procedura esecutiva (50) e chi sostiene che 21 il terzo pignorato deve conservare e amministrare i beni pignorati da buon padre di famiglia, pena, in difetto, la propria responsabilità civile e penale (51). Conseguentemente, il terzo non potrebbe usare delle cose pignorate senza l’autorizzazione del giudice e sarebbe tenuto all’obbligo di rendiconto ex artt.521 e 593 c.p.c. (52). Il terzo non può comunque avere diritto al compenso, in quanto gli artt.65 e ss. c.p.c., non prevedono tale possibilità per i custodi non nominati dal giudice o dall’ufficiale giudiziario (ed invece, ai sensi dell’art.543 c.p.c., il custode nel nostro caso viene individuato dal terzo). Dal momento della notificazione dell’atto di pignoramento presso terzi, per giurisprudenza costante, oltre agli obblighi di custodia del terzo (e sempre che la cosa o il credito “genericamente” indicati esistano), il pignoramento acquista efficacia sia perché esonera il terzo dall’adempimento della sua prestazione – altrimenti dovuta- nei confronti del debitore esecutato, sia ai sensi e per gli effetti degli artt.2915 e ss. c.c.. In particolare, come visto, relativamente ai crediti, ogni fatto estintivo del credito successivo alla notificazione del pignoramento non può essere opposto al creditore procedente (53). Seguendo questa affermazione, sono stati ritenuti inefficaci, nei confronti del creditore pignorante, i prelievi effettuati mediante tessera bancomat dal debitore sul conto corrente acceso a suo nome presso un’azienda di credito, dopo che a quest’ultima era stato notificato atto di pignoramento ex art.543 (54). La tesi del pignoramento come fattispecie progressiva che si perfeziona con la dichiarazione o l’accertamento dell’obbligo del terzo ha consentito poi di affermare che il credito pignorato può sorgere anche successivamente al pignoramento, 22 purchè sussista al momento del suo accertamento (in sede di dichiarazione ex art.547 o all’esito del giudizio ex art.548 c.p.c.) (55). Si esaminerrano in seguito le conseguenze, sugli obblighi del terzo e sul vincolo di destinazione sulle cose e sui crediti pignorati, derivanti dal mancato “perfezionamento” dell’esecuzione in oggetto. Una ultima questione è quella relativa all’opponibilità delle vicende del rapporto sinallagmatico tra debitore e terzo, da cui trae origine il credito oggetto del pignoramento. In dottrina è stato a proposito sostenuto che le vicende del rapporto suddetto sono opponibili al creditore pignorante solo quando si siano verificate precedentemente alla notifica al terzo dell’atto ex art.543 c.p.c. e quando siano state fatte valere dal terzo in sede di dichiarazione (56) . 3) I crediti impignorabili. Così come previsto, per le cose mobili, dagli artt.514 e ss. c.p.c., non tutti i crediti sono liberamente pignorabili. L’art.545 c.p.c. ed alcune disposizioni contenute nelle leggi speciali fissano i limiti oggettivi del pignoramento dei crediti nell’espropriazione presso terzi. La disciplina normativa, apparentemente chiara, presenta invece, anche in seguito ai reiterati interventi della Corte Costituzionale in materia di crediti di lavoro dei dipendenti pubblici, numerosi dubbi interpretativi e notevoli difficoltà pratiche. Il primo comma dell’art.545 c.p.c. espressamente prevede che non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per causa di alimenti, e sempre con l’autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato 25 autonome municipalizzate e le imprese concessionarie di servizi pubblici, ai loro salariati, impiegati e pensionati “per effetto ed in conseguenza dell’opera prestata nei servizi da essi dipendenti”. L’unico limite al divieto di sequestrabilità e di pignorabilità era disciplinato dall’art.2 del medesimo D.P.R., laddove si sanciva la pignorabilità dei crediti in questione: 1) fino alla concorrenza di un terzo valutato al netto delle ritenute per cause di alimenti dovuti per legge (64); 2) fino alla concorrenza di un quinto, sempre valutato al netto di ritenute, per debiti verso lo Stato e verso gli altri enti, aziende ed imprese da cui il debitore dipende, derivanti dal rapporto di impiego o di lavoro; 3) fino alla concorrenza di un quinto, al netto delle ritenute, per tributi dovuti allo Stato, alle province ed ai comuni, facenti carico, fino dalla loro origine, all’impiegato o salariato. La disciplina della pignorabilità dei crediti da lavoro del pubblico dipendente è stata, però, letteralmente sconvolta dai ripetuti interventi, “in subiecta materia”, della Corte costituzionale. A partire dal 1987, la Corte Costituzionale ha, con due sentenze, dapprima dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.2 1° co. n.3 D.P.R. n.180/50 nella parte in cui, in contrasto con l’art. 545 4° co. c.p.c., non prevedeva la pignorabilità e sequestrabilità degli stipendi, salari e retribuzioni corrisposti da altri enti diversi dallo Stato, da aziende ed imprese di cui all’art.1 dello stesso D.P.R. fino alla concorrenza di un quinto per ogni credito vantato nei confronti del personale (65) ed in seguito esteso la pignorabilità dei suddetti emolumenti, sempre nella misura di un quinto, per ogni credito vantato nei confronti del personale dipendente dello Stato (66). 26 In seguito a dette pronunce la Corte, procedendo nell’opera di equiparazione, relativamente alla pignorabilità per ogni credito diverso da quello alimentare, dei crediti da lavoro dei dipendenti pubblici con quelli dei lavoratori privati, ha precisato ed in definitiva ampliato l’oggetto degli emolumenti dei dipendenti pubblici pignorabili. Ha, così , dapprima, attraverso la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art.1 3° co. lett. b) l. n.324/1959, ammesso la pignorabilità, sequestrabilità e cedibilità dell’indennità integrativa speciale istituita dal 1° co. della stessa legge, fino alla concorrenza di un quinto, per ogni credito vantato nei confronti del personale (67), in seguito, affermata l’incostituzionalità dell’art.2 1° co. D.P.R. n.180/1950, ha sancito, per i dipendenti pubblici, la sequestrabilità e pignorabilità, nei limiti stabiliti dall’art.545 4° co. c.p.c., per ogni altro credito, delle indennità di fine rapporto loro spettanti (68). A tale soluzione la Corte Costituzionale è pervenuta dopo avere ritenuto la natura essenzialmente retributiva dell’indennità di “buonuscita” e la parvità della componente previdenziale in essa contenuta. Sempre procedendo nell’opera di parificazione, relativamente al trattamento di pignorabilità e sequestrabilità, dei crediti connessi a prestazioni di lavoro dei dipendenti pubblici con quelli dei dipendenti privati, la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale degli artt. 4 l.n.424/66 e 21 D.P.R. n.1032/73, nella parte in cui prevedevano, per i dipendenti civili e militari dello Stato, la sequestrabilità o la pignorabilità delle indennità di fine rapporto di lavoro, anche per i crediti da danno erariale, senza osservare il limite del quinto previsto dall’art.545 4°co. c.p.c. (69). 27 Diverso discorso va fatto, invece, per la pignorabilità delle pensioni erogate dall’I.N.P.S. o dallo Stato. Ripetutamente chiamata a pronunciarsi sul punto, la Corte Costituzionale ha sempre sostenuto la legittimità del diverso trattamento tra crediti pensionistici e crediti da lavoro dipendente, attesa la intrinseca oggettiva differenza tra lo status giuridico dei lavoratori e quello dei pensionati (70). La tesi appare affermata in modo apodittico e lascia alcune perplessità, ma non vi è dubbio, che, in base al quadro normativo vigente, va negata, salvo alcune specifiche eccezioni, la pignorabilità dei crediti da pensione. Peraltro, anche in questa materia la Corte Costituzionale è intervenuta per equiparare la posizione dei dipendenti pubblici con quelli privati, che in questo caso godevano di un trattamento di maggior favore. L’art.69 L. 30/4/1969 n.153 prevedeva che le pensioni, gli assegni e le indennità spettanti ai lavoratori privati in quiescenza potevano essere ceduti, pignorati o sequestrati, nel limite di un quinto del loro ammontare, solo per debiti verso l’I.N.P.S. derivanti da indebite prestazioni percepite a carico di forme di previdenza gestite dall’Istituto stesso, ovvero da omissioni contributive. La Corte Costituzionale, con la sentenza del 30/11/1988 n.1041, ha dichiarato la illegittimità costituzionale della quasi totale impignorabilità delle pensioni erogate dall’I.N.P.S. per diversità di trattamento rispetto alle pensioni dei dipendenti pubblici ed ha così esteso ai prestatori di lavoro privato le disposizioni degli artt.1 e 2 D.P.R. n. 180/50. In definitiva, il quadro complessivo della questione relativa alla pignorabilità dei crediti da lavoro dei dipendenti pubblici e dei lavoratori privati, quale emerge dai ripetuti interventi del giudice costituzionale è il seguente: a) gli stipendi, salari, 30 che l’espressione “simultaneo concorso” può intendersi come sussistenza di diverse cause di pignoramento sullo stesso credito di lavoro e non come necessaria contemporaneità, nella stessa procedura espropriativa, di richieste di assegnazione da parte di più creditori. La stessa disciplina sopra riportata per i crediti dei lavoratori privati vale, a maggior ragione, per i crediti di lavoro dei dipendenti pubblici. A questo proposito, occorre avere riguardo al combinato disposto degli artt. 68 comma 2 e 2 D.P.R. n.180/50. La Cassazione ha, sul punto, sostenuto che dal combinato disposto delle norme sopra citate si ricava che esiste un doppio limite, uno relativo, concernente i singoli pignoramenti o sequestri (o il loro cumulo), regolato dall’art.2 ed uno assoluto, regolato dall’art.68. Ciò significa che i singoli pignoramenti non possono superare l’ammontare di un quinto (o di un terzo o della metà per i crediti alimentari), fermo restando il limite assoluto della metà dello stipendio (74). Quanto detto consente di introdurre il delicato argomento della pignorabilità dei crediti di lavoro nel caso di cumulo tra pignoramenti e cessioni volontarie. Nella pratica quotidiana, infatti, spesso il giudice si troverà a provvedere relativamente a stipendi o salari già decurtati da cessioni effettuate dai lavoratori per far fronte al pagamento di mutui contratti nei confronti di finanziarie o di privati. Per ciò che riguarda i dipendenti pubblici, premessa la non cedibilità dei crediti di lavoro in misura superiore ad un quinto, l’art.68 d.p.r. n. 180/50 distingue tra cessione successiva e cessione “perfezionata e debitamente notificata” (al debitore ceduto) anteriormente al sequestro o pignoramento. 31 In quest’ultimo caso, non può essere pignorata che la differenza tra la metà dello stipendio o salario e la quota ceduta, fermi restando i limiti di cui all’art.2 d.p.r. n.180/50. La quota pignorabile delle retribuzioni, sia dei prestatori di lavoro privati che di quelli pubblici, va determinata sull’intera retribuzione, al lordo delle cessioni (75). Una simile norma esplicita non esiste per i crediti dei prestatori d’opera privati, anche se l’art. 2914 c.c. al n.2 parla di cessioni di crediti che siano state notificate al debitore ceduto o accettate dal medesimo successivamente al pignoramento, per affermare che dette cessioni non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione. In mancanza di una esplicita norma in materia di cumulo tra cessioni volontarie e pignoramenti, diverse sono state, nella pratica, le soluzioni adottate dai diversi giudici. Al fine di evitare che attraverso cessioni volontarie il debitore giungesse a vanificare le altrui pretese creditorie, alcuni giudici hanno ritenuto del tutto irrilevanti ai fini della determinazione della quota pignorabile dei crediti di lavoro dei dipendenti privati, le eventuali cessioni volontarie di parti di detti crediti, anche se notificate, perfezionate od accettate anteriormente al pignoramento. L’opinione non può essere condivisa per due motivi: il primo, perché il principio di cui all’art.2740 c.c. e l’esigenza di garantire al creditore di evitare strumentali manovre autodepauperatorie del debitore, vanno contemperate con la necessità di assicurare al prestatore di lavoro un minimo indispensabile per far fronte ai primari bisogni della vita; il secondo, che sembra davvero decisivo, perché in seguito ai sopra menzionati interventi della Corte Costituzionale, si è in sostanza giunti ad equiparare, per ciò che attiene la pignorabilità, sequestrabilità e 32 cedibilità, i crediti di lavoro dei dipendenti pubblici con quelli dei prestatori d’opera privati. Davvero non si comprende, pertanto, perché il limite dell’art.68 d.p.r. n.180/50 della metà dello stipendio o salario anche in caso di cessione volontaria non debba valere anche per i lavoratori privati (76). In seguito ad altre sentenze della Corte Costituzionale, anche le retribuzioni del personale di volo delle imprese di navigazione aerea e degli arruolati con rapporto di lavoro nautico sono state equiparate a quelle dei lavoratori privati (77). Una ultima ipotesi di impignorabilità riguarda le somme di cui va creditore l’appaltatore nei confronti della p.a. terzo pignorato. È stata a proposito sostenuta l’impignorabilità di tali somme, durante il tempo occorrente all’esecuzione dell’opera, se non su esplicita autorizzazione dell’autorità amministrativa appaltante (78). Una importante questione è poi quella della rilevabilità dell’eventuale impignorabilità dei crediti. Si propende per la tesi della rilevabilità di ufficio della impignorabilità in esame, parimenti a quanto ritenuto con riferimento alle cose mobili elencate nell’art. 514 c.p.c., sul presupposto che i limiti di pignorabilità sono stabiliti nell’interesse pubblico e che un pignoramento oltre tali limiti sarebbe nullo per violazione di norme imperative (79). 35 Il contenuto precettivo di tali principi, attesa – nonostante la frammentazione legislativa – l’unitarietà ed organicità dell’intero sistema in materia di pignorabilità dei crediti e delle somme degli enti pubblici, dovrebbe essere esteso ad ogni ipotesi in cui il denaro degli enti pubblici sia sottratto alla esecuzione forzata (nel caso della disciplina della pignorabilità delle contabilità speciale delle prefetture, delle forze armate ecc). 4). L’udienza ex art.547 c.p.c. e la dichiarazione non contestata del terzo. All’udienza fissata nell’atto di pignoramento dovrebbero in teoria comparire il creditore pignorante, il debitore esecutato ed il terzo pignorato. Come visto, la comparizione del debitore e del terzo sana gli eventuali vizi di notifica dell’atto di pignoramento. La presenza del debitore regolarmente citato non ha rilievo sullo svolgimento dell’udienza in esame e non impedisce la dichiarazione del terzo. L’ipotesi di assenza del terzo è disciplinata dall’art.548 c.p.c.. La mancata comparizione del creditore costringe viceversa il giudice a fissare una nuova udienza ex art.631 c.p.c., nella quale, persistendo l’assenza del creditore, il processo esecutivo va dichiarato estinto. Il terzo non diviene parte del processo esecutivo, non è tenuto a comparire, non può far valere l’eventuale impignorabilità dei beni di cui sia debitore, né eccepire nullità all’accertamento delle quali non abbia interesse (84). In sostanza egli è soltanto lo strumento necessario per consentire la prosecuzione ed il perfezionamento del procedimento esecutivo intrapreso nei confronti del debitore. 36 Ne deriva che la mancata presentazione del terzo all’udienza o la sua mancata dichiarazione – diversamente dal caso in cui egli renda una dichiarazione altamente reticente ed elusiva – non costituiscono comportamenti antigiuridici per lui produttivi dell’obbligo di risarcire eventuali danni in favore del creditore esecutante (85). Ogni discorso fatto sulla natura e sulla funzione della dichiarazione del terzo deve essere ricollegato alla problematica (già esaminata), sull’individuazione del momento perfezionativo del pignoramento e sulla sua natura di procedimento a formazione complessa. Senza volere nuovamente esaminare la questione, può comunque dirsi certo che la dichiarazione del terzo costituisce un atto del processo esecutivo, che consente l’individuazione, attraverso la specificazione delle cose o delle somme di cui sia debitore che il terzo è tenuto a fare ( “il terzo deve specificare”, recita l’art.547 c.p.c.), dei beni soltanto genericamente indicati nell’atto di pignoramento (art. 543 2°co. n.2 c.p.c.). La formulazione dell’art.547 c.p.c. è abbastanza chiara nel richiedere che la dichiarazione del terzo venga resa in udienza. Conseguentemente, non potranno essere utilizzati scritti provenienti dal terzo se da quest’ultimo non confermati in udienza con dichiarazione sottoscritta e allegati all’apposito verbale. La dichiarazione del terzo, in quanto atto del procedimento esecutivo, non ha valore di confessione giudiziale. Essa può essere revocata, in caso di errore materiale, sempre nelle stesse forme e purché non sia intervenuto il provvedimento di assegnazione (in pratica, il terzo potrà fare apposita istanza al giudice, il quale fisserà una nuova udienza). 37 Il terzo deve rendere detta dichiarazione personalmente o a mezzo di mandatario speciale. Quest’ultimo punto richiede una precisazione. Nel caso in cui il terzo sia una persona fisica, non vi è dubbio che il mandatario speciale debba essere munito di una procura speciale risultante da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, da allegare al fascicolo processuale. Ma nella maggioranza dei casi, la procedura espropriativa riguarderà crediti nei confronti di terzi persone giuridiche, spesso enti pubblici. In queste ipotesi, raramente sarà il legale rappresentante a comparire di persona per rendere la dichiarazione. Più spesso, specie nel caso di enti pubblici, la procura speciale sarà sostituita da una scrittura privata o un atto pubblico contenente la deliberazione degli organi sociali o dei legali rappresentanti con cui ad un singolo dipendente o funzionario è stata conferita in via generale la potestà di rendere dichiarazioni vincolanti per la persona giuridica. Anche se tale “delega” non sembra sufficiente a configurare una ipotesi di mandato speciale, va suggerita al giudice una certa elasticità, quando sia comunque chiaro il potere di rappresentanza della persona comparsa, specie in considerazione del fatto che vi sono enti pubblici ed istituti di credito assediati da pignoramenti ex artt.543 e ss. c.p.c. ( e tanto più quando il debitore nulla eccepisca). Peraltro, quando la dichiarazione venga resa da persona non abilitata, è stata affermata la sua nullità e negata la possibilità di ratifica. 40 Se il sequestrante interviene nel processo, egli concorrerà alla distribuzione, ai sensi dell’art.686 2° co. c.p.c.. Se, pur regolarmente citato, ritiene di non partecipare al giudizio, l’espropriazione si concluderà senza che egli possa dolersi della mancata partecipazione alla distribuzione. In caso di dichiarazione positiva e di omessa contestazione, il giudice provvederà all’assegnazione o alla vendita nelle forme e con le modalità di cui agliartt.552 e ss.c.p.c.. 5). La mancata o contestata dichiarazione del terzo. Il contenuto della dichiarazione contestata. Mentre l’ipotesi di mancata dichiarazione del terzo, per sua assenza o per rifiuto a renderla, non presenta difficoltà di sorta, l’individuazione dei casi in cui una dichiarazione possa dirsi contestata può non essere agevole. Sembra necessario subito ricordare che, il più delle volte, la contestazione riguarderà l’esistenza oggettiva della cosa o delle somme pignorate. Ne consegue, che qualora il terzo ammetta di essere possessore della cosa o debitore della somma verso il debitore esecutato, ma ne affermi l’impignorabilità, la dichiarazione dovrà intendersi come positiva, ed il giudice dovrà senz’altro procedere alla vendita o all’assegnazione, salva la possibilità di rilevare “ex officio” l’impignorabilità stessa (88). Tanto premesso, in astratto una dichiarazione può essere contestata sia perché neghi, che perché affermi, in tutto o in parte, l’esistenza del credito (assai più raramente della cosa) del debitore esecutato. 41 In sostanza, perciò, la contestazione può provenire sia dal creditore che dal debitore (anche se prevalentemente si esclude la legittimazione di quest’ultimo ad introdurre il giudizio di accertamento). Nel caso in cui il terzo ammetta il credito in misura inferiore a quella ritenuta dal creditore, non ritengo possibile ammettere che il pignorante possa chiedere una assegnazione parziale e nello stesso tempo introdurre il giudizio di accertamento per il residuo debito del terzo, posto che l’assegnazione conclude la procedura espropriativa di cui il giudizio ex art.548 c.p.c. costituisce una fase eventuale. Il creditore potrà, perciò, o chiedere l’assegnazione parziale, rinunciando, per il momento, all’accertamento della residua parte del credito, o chiedere l’istruzione della causa ex art.548 c.p.c., attendendo l’esito di quest’ultima prima di potere domandare l’assegnazione del credito ammesso dal terzo. Particolari ipotesi di contestazione possono poi riguardare l’esistenza di crediti del debitore condizionati o rapporti tra debitore e terzo relativamente ai quali sia intervenuto un fatto modificativo o estintivo. Nel caso di crediti condizionati, la dichiarazione del terzo deve considerarsi, al momento, negativa. Il creditore potrà o chiedere, del tutto aleatoriamente, l’assegnazione del credito eventuale “pro solvendo”, o, non si sa con quale utilità, proporre il giudizio di accertamento (89). Nella prassi, spesso i creditori chiederanno, ed il giudice concederà, lunghi rinvii nelle more che si chiarisca la sorte del credito condizionato. Quando viceversa il terzo deduca fatti estintivi o impeditivi della pretesa creditoria del debitore, il giudice dell’esecuzione non potrà fare alcuna valutazione sulla fondatezza delle affermazioni del terzo. 42 La dichiarazione, infatti, rimane negativa ed il creditore, se intende contestarla, non può che proporre il giudizio ex art.548 c.p.c.. 6). Il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo. 6-a). La proposizione del giudizio. L’art.548 c.p.c. prevede che, in caso di mancata o contestata dichiarazione del terzo, il giudice, su istanza di parte, provvede all’istruzione della causa a norma del libro secondo. Tale laconica espressione va interpretata. Nella ipotesi verosimilmente tenuta presente dal legislatore, poiché la procedura espropriativa deve risolversi nell’ udienza di comparizione del terzo, è in quest’ultima che l’istanza di accertamento dovrebbe essere proposta, anche verbalmente. Nella pratica, le cose non sono così semplici. Il creditore, infatti, può avere interesse a riflettere sulla dichiarazione del terzo, allo scopo di valutare la convenienza o meno a proporre il giudizio di accertamento. Spesso egli avrà interesse ad ottenere un rinvio, che non si vede per quale ragione il giudice dovrebbe negargli. Il giudice, anzi, potrebbe all’uopo fissare una nuova udienza, entro la quale proporre il giudizio “de quo”. Se il giudice non abbia fissato una nuova udienza, si discute, ed in caso affermativo entro che termine possa essere proposta l’istanza di accertamento di cui all’art.548 c.p.c.. Le soluzioni suggerite sono le più disparate. 45 Può dirsi, a riguardo, ormai consolidata l’opinione secondo cui il giudizio in questione configura un ordinario giudizio di cognizione, caratterizzato dal costituire una fase eventuale ed incidentale del processo espropriativo (97). Allo stesso modo risulta risolta, quantomeno in giurisprudenza, l’annosa “querelle” riguardante la natura, “jure proprio” o “utendo juribus”, dell’azione di accertamento in esame. Sul punto la giurisprudenza ha precisato che, nel giudizio di accertamento dedll’obbligo del terzo, il creditore procedente non può esercitare, a tutela della realizzazione del proprio credito, i diritti e le azioni spettanti al proprio debitore verso i terzi e che quesi trascuri di esercitare, quali che siano state le ragioni dell’inerzia (98). In sostanza, perciò, il creditore non agisce in surroga del debitore, come è evidenziato dal fatto che il giudizio di accertamento mira all’esecuzione sul bene o sul credito aggredito, mentre l’azione surrogatoria ha la limitata funzione di conservare la garanzia patrimoniale dell’attore. Circa i soggetti del giudizio in esame, già da tempo la giurisprudenza ha considerato il terzo come parte necessaria (99). Il creditore procedente, il debitore esecutato ed il terzo pignorato sono, perciò, litisconsorti necessari nel giudizio “de quo”, cui potranno partecipare i creditori intervenuti, siano o meno muniti di titolo (100). 6-d). La competenza. La formulazione dell’art.548 c.p.c., in ordine alla individuazione del giudice competente a conoscere del giudizio di accertamento, è stata radicalmente modificata dall’art.98 d. lgv. n.51/98 (istitutivo del giudice unico di primo grado). 46 Mentre in precedenza il pretore, ricevuta l’istanza di accertamento, doveva provvedere all’istruzione della causa se questa non eccedeva i limiti della sua competenza, ed in caso contrario doveva rimettere le parti dinanzi al tribunale competente, assegnando un termine per la riassunzione, con la nuova formulazione si prevede semplicemente che il giudice deve provvedere all’istruzione della causa. La modifica non sembra di scarso rilievo. Ed invero, la precedente formulazione della norma esplicitava il principio che la competenza per il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo doveva seguire i normali criteri di valore e, quindi, implicitamente ed a maggior ragione, quelli di competenza per materia. Ed infatti, dopo alcune iniziali perplessità, la giurisprudenza aveva sancito il principio che nell’espropriazione presso terzi con pignoramento di un credito derivante da uno dei rapporti contemplati dall’art.409 c.p.c., la controversia di cui all’art.548 c.p.c. doveva essere devoluta alla competenza funzionale del pretore in funzione di giudice del lavoro, tenuto conto che il relativo giudizio si poneva in modo autonomo sia rispetto al processo esecutivo che all’eventuale opposizione all’esecuzione e che l’oggetto specifico dell’accertamento (il credito del debitore esecutato) trovava origine in un rapporto di lavoro (101). Il nuovo dettato dell’art.548 c.p.c., come visto, si limita ad affermare che il giudice , ricevuta l’istanza di accertamento, provvede all’istruzione della causa a norma del libro secondo. È probabile che il legislatore del 1998 abbia soltanto voluto prendere atto dell’intervenuta abolizione del criterio del valore per la ripartizione degli affari tra giudici di primo grado. 47 Non si può tacere, però, che la norma, così come novellata, sembra prevedere quasi una competenza automatica del giudice dell’esecuzione (individuato ex art.547 c.p.c) a conoscere del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo. Letta così , la norma escluderebbe anche che altri giudici, “ratione materiae”, possano essere competenti ad istruire il giudizio di accertamento ex art.548 c.p.c. (102). Quanto poi una simile interpretazione possa inficiare la tesi dell’autonomia del giudizio ex art.548 c.p.c. rispetto a quello esecutivo, resta da vedere. La novità della questione – che può avere anche consistenti risvolti pratici – non consente allo stato, di fornire una soluzione appagante. 6-e). L’oggetto e lo svolgimento del giudizio di accertamento. L’oggetto del giudizio in esame è pacificamente diretto unicamente ad accertare l’esistenza e l’oggetto dell’obbligazione del terzo verso il debitore esecutato (103). La natura di mero accertamento del giudizio in esame impedisce che il creditore proponga ulteriori domande, magari rivolte ad ottenere la rivalutazione del credito pignorato. Al debitore, nello stesso giudizio, sarà inibita ogni contestazione sul diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata, potendo tale domanda essere proposta solo con opposizione ex art.615 c.p.c. (104). È stato però talvolta ammesso che il creditore, nel giudizio ex art.548 c.p.c., può chiedere la corresponsione degli interessi moratori (105). Poiché il creditore assume la veste di attore, sarà suo onere, secondo il principio generale di cui all’art. 2697 c.c., fornire la prova della sussistenza del credito o dell’apparteneza della cosa al debitore. 50 La mancata tempestiva riassunzione del processo esecutivo comporterà l’estinzione del medesimo. Al termine per la riassunzione (così come a quello per l’impugnazione della sentenza emessa all’esito del giudizio di accertamento) non si applicherà la sospensione feriale disposta dall’art.1 l.n.742/69, perché anche per tale procedimento sussiste l’interesse alla sua sollecita definizione (109). La sentenza conclusiva del giudizio in esame conterrà, come tutte la altre pronunce emesse all’esito dei procedimenti di cognizione, i provvedimenti sul riparto delle spese di lite. Il principio della soccombenza non opera però, in tale procedimento, in maniera letterale. È stato infatti sostenuto, a riguardo, che va considerato soccombente, alla stregua del principio di causalità sulla quale si fonda la responsabilità del processo, e può pertanto essere condannato alle spese di lite, il terzo debitore che non comparendo all’udienza fissata per la dichiarazione da rendere a norma dell’art.547 c.p.c., abbia determinato la necessità dell’accertamento positivo del credito, ove questo si sia concluso positivamente (110). In realtà l’opinione sopra riportata si pone sulla scia di quell’orientamento giurisprudenziale per il quale, obbligata a rimborsare alle altre parti le spese che hanno anticipato nel processo, è quella che con il comportamento tenuto fuori dal processo, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme o con argomenti non rispondenti al diritto, ha dato causa al processo stesso o al suo protrarsi (111). Dal dettato dell’art.549 c.p.c. non si evince con certezza se il processo esecutivo possa essere proseguito solo quando la sentenza di primo grado emessa all’esito del giudizio ex art.548 c.p.c. sia passata in giudicato o se è sufficiente, per la 51 prosecuzione suddetta, la semplice pronuncia della sentenza, anche sottoposta ad impugnazione. La questione, lungamente dibattuta (112), può dirsi ormai risolta nel senso della necessità del passaggio in giudicato della sentenza di accertamento. La Corte Costituzionale, infatti, con la ordinanza 8/5/1998 n.160 (113), nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimità dell’art.549 c.p.c. nella parte in cui subordina la possibilità di riassumere il processo esecutivo solo al seguito del termine dato con sentenza passata in giudicato, anziché con la sentenza di primo grado, ha affermato che detta interpretazione trova una ragionevole giustificazione nella necessità che non avvengano assegnazioni e trasferimenti di beni mentre è ancora “sub iudice” il giudizio per accertare l’obbligo del terzo, nonché l’oggetto ed i limiti di tale obbligo (114). Un’ultima questione è poi quella relativa all’estensione dei limiti del giudicato formatosi all’esito del giudizio ex art.548 c.p.c.. Si discute, cioè, se l’accertamento contenuto in detto giudicato travalichi i limiti del processo esecutivo ed esplichi efficacia diretta tra le parti del rapporto obbligatorio o se invece i suoi effetti restino circoscritti alla procedura espropriativa della quale il giudizio di accertamento costituisce una fase eventuale. La “querelle”, di notevole rilievo pratico, non può dirsi pacificamente risolta,anche se la giurisprudenza sembra orientata ad affermare la prima delle tesi sopra esposte (115). 52 7-a). Il provvedimento di vendita o di assegnazione delle cose dovute dal terzo. Nel caso il terzo si sia dichiarato, o sia stato dichiarato all’esito del giudizio di accertamento ex artt548 e ss. c.p.c., possessore di cose appartenenti al terzo, il giudice, sentite le parti, provvederà alla assegnazione o alla vendita a norma degli artt.529 e ss. c.p.c. Così dispone l’art.552 c.p.c., che rimanda, pertanto, alla disciplina prevista per l’esecuzione mobiliare presso il debitore. La norma non presenta particolari difficoltà interpretative, anche se alcuni aspetti meritano una precisazione. Innanzitutto, nella pratica, molto spesso l’istanza di vendita o di assegnazione verrà proposta dal creditore, nella stessa udienza in cui il terzo abbia reso la sua dichiarazione. Mancherà, perciò, una apposita udienza per l’istanza di vendita, anche se nulla vieta che il giudice possa fissarla, magari quando la dichiarazione del terzo abbia fatto sorgere qualche difficoltà di lettura. Nel caso in cui il creditore non abbia formulato, nell’udienza ex art.547 c.p.c., l’istanza di vendita o di assegnazione, egli è tenuto a proporla entro il termine di novanta giorni previsto dall’art.497 c.p.c.. Sembra preferibile sostenere che detto termine debba decorrere dalla data del pignoramento, e non da quella della dichiarazione del terzo (116). Si è insistito sulla istanza di vendita o di assegnazione del creditore, perché nell’espropriazione presso terzi essa è necessaria per l’assegnazione del bene pignorato (117). 55 Il provvedimento di assegnazione ha natura di ordinanza, regolata secondo le norme generali. Ed infatti, è stata a riguardo ammessa la possibilità di applicazione, a detta ordinanza, della procedura di correzione degli errori materiali ex artt.287 e ss. c.p.c., ancorché non espressamente richiamata dall’art.487 c.p.c. (125). Ciò perché il provvedimento in esame, una volta emesso, non è più revocabile. È discusso se l’ordinanza di assegnazione costituisca o meno titolo esecutivo nei confronti del terzo. La questione ha notevoli risvolti pratici, posto che si tratta di vedere se, in caso di inadempimento del terzo assegnato, il creditore procedente debba o meno munirsi di titolo per procedere nei confronti di quest’ultimo, previo esperimento di un giudizio di cognizione. La soluzione contraria è stata affermata sul presupposto che l’ordinanza di assegnazione non avrebbe carattere decisorio (126) e che non sarebbe stata espressamente dichiarata titolo esecutivo dalla legge (127). La tesi affermativa, talvolta fatta propria dalla Cassazione (128), si lascia preferire per esigenze pratiche, perché sarebbe veramente punitivo per il creditore procedere ad un giudizio nei confronti del terzo dopo che quest’ultimo abbia ammesso o addirittura sia stata accertata all’esito del giudizio ex art.548 c.p.c., l’esistenza del proprio debito nei confronti del debitore. Restano però dei dubbi qualora l’assegnazione abbia riguardato crediti non esigibili ex art.553 2° co c.p.c.. Prima di procedere all’assegnazione dei crediti pignorati il giudice dovrà controllare, anche d’ufficio ed al di fuori di una specifica contestazione insorta tra 56 le parti, se il credito preteso dal creditore pignorante corrisponda alle indicazioni del titolo esecutivo (129). La funzione e l’effetto dell’ordinanza di assegnazione sono quelli di trasferire all’assegnatario la titolarità del credito pignorato. La cessione del credito avviene “pro solvendo”, come si evince dallo stesso dettato degli artt.2928 c.c. e 553 c.p.c.(130). Ciò significa che il debito dell’esecutato potrà considerarsi estinto solo con l’effettiva riscossione da parte del creditore e che, in caso di inadempimento del terzo, rivive l’obbligo del debitore esecutato. In questo caso, secondo taluno (131), il creditore potrebbe ricominciare l’esecuzione nei confronti del debitore solo dopo avere inutilmente escusso il terzo pignorato. L’emissione dell’ordinanza di assegnazione, specie nell’ipotesi di crediti non immediatamente esigibili o derivanti da rapporti sinallagmatici e di durata, non impedisce al terzo di opporre al creditore pignorante tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al precedente titolare del rapporto, purchè dette eccezioni non erano già proponibili al momento della dichiarazione. L’ordinanza di assegnazione deve contenere, come è ovvio, la liquidazione delle spese della procedura esecutiva. Dette spese vanno fatte gravare sul debitore assegnatario (132). L’art.23 D.P.R. n.600/73, a norma del quale i soggetti indicati nell’art.23 dello stesso decreto sono tenuti ad operare una ritenuta di acconto sulle somme da loro pagate a titolo di compenso per prestazioni di lavoro autonomo, è applicabile nel caso in cui il pagamento sia eseguito da terzo debitore pignorato in base ad 57 ordinanza di assegnazione, se il credito del creditore procedente verso il debitore diretto derivi da rapporto di lavoro autonomo (133). Nell’ipotesi prevista dal secondo comma dell’art.553 c.p.c., in caso di mancato accordo dei creditori, si procede alla vendita dei crediti, secondo le modalità previste per la vendita di cose mobili. A memoria, non ricordo un solo caso in cui ciò sia avvenuto. Quando vi siano più creditori, l’assegnazione dei crediti (o la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita) dovrà avvenire secondo i criteri ordinari, rispettando le eventuali cause di prelazione e distinguendo, come si è visto, ai sensi dell’art.551, tra creditori intervenuti tempestivamente o tardivamente. Qualora, infine, vi siano stati più pignoramenti presso lo stesso terzo, bisogna distiguere tra pignoramento successivo, ma precedente all’udienza fissata per la dichiarazione, e pignoramento successivo a detta udienza. Nel primo caso (v artt. 550 e 524 2° e 3° co. c.p.c.), i vari pignoramenti, beni e processi devono essere riuniti e tutti i creditori vanno ritenuti parimenti legittimati, nel secondo caso la riunione deve riguardare solo i beni indicati con il primo pignoramento ed il creditore “successivo” va considerato intervenuto tardivamente. Nella pratica, molte contestazioni successive alle ordinanze di assegnazione potranno essere evitate dalla cura ed attenzione che avrà il giudice nel redigere le ordinanze medesime. Non vi è dubbio, infatti, che una stesura eccessivamente lacunosa e frettolosa potrà giustificare dispute sull’esatto contenuto e sui limiti dell’obbligo del terzo. 60 Successivamente, però, la stessa Suprema Corte, dopo avere premesso che il pignoramento impone al terzo di non compiere atti che determinano l’estinzione del credito o il suo trasferimento ad altri e che perciò il terzo medesimo è interessato alle vicende processuali che riguardano la legittimità o validità del pignoramento in quanto possono comportare o meno la liberazione del relativo vincolo, ha affermato che il terzo è litisconsorte necessario anche nei processi agli atti esecutivi in cui si contesti la legittimità del pignoramento (138). La questione, perciò, rimane aperta, anche se la prima soluzione si fa preferire in base alla considerazione che il terzo pignorato è parte solo agli effetti processuali dell’esecuzione in esame e che non si vede la necessità che lo stesso partecipi ad un giudizio in cui non si denuncino vizi della procedura esecutiva. Ricordato che i criteri per distinguere le opposizioni proposte nel corso del processo espropriativo tra opposizioni all’esecuzione o agli atti esecutivi saranno, grossomodo, quelli generali (139), va puntualizzato un altro aspetto della problematica in esame. L’appellabilità o la ricorribilità per cassazione dei provvedimenti adottati dal giudice dell’esecuzione viene generalmente esclusa, come meglio si vedrà in seguito, per difetto del requisito della definitività. Può, tuttavia, farsi una eccezione per le ordinanze emesse dal giudice dell’esecuzione che decidano, anche per implicito, una questione sulla competenza insorta, o posta, nella fase disciplinata dagli artt.547 e 548 c.p.c. ed entrata nel dibattito processuale. In questi casi, si ritiene proponibile il regolamento di competenza (140). 61 Quanto appena detto consente di introdurre l’esame dei rimedi esperibili contro i provvedimenti di assegnazione (o di vendita) emessi all’esito di una procedura espropriativa presso terzi. Solitamente viene affermato che l’ordinanza di assegnazione costituisce pur sempre un atto esecutivo, impugnabile esclusivamente con l’opposizione agli atti esecutivi (141). La questione, però, non è così semplice e non può così sbrigativamente essere risolta perché, nella pratica, molto vario potrà essere il contenuto delle ordinanze di assegnazione e diverse le questioni dalle stesse implicitamente risolte. Una prima precisazione va comunque fatta. È pacifico che, nell’espropriazione presso terzi, concluso il processo esecutivo con l’ordinanza di assegnazione del credito pignorato, è preclusa, per il debitore esecutato, la possibilità di proporre opposizione all’esecuzione, perché tale rimedio non è esperibile quando la procedura espropriativa sia ormai esaurita (142). Qualcuno ha a riguardo sostenuto che, nel caso in cui vi era l’inesistenza del diritto del creditore di procedere all’esecuzione forzata, non potendo proporre l’opposizione ex art.615 c.p.c. per l’intervenuta ordinanza di assegnazione, il debitore potrebbe chiedere al creditore procedente il risarcimento dei danni ex art.96 2° co. c.p.c. (143). Se è pacifico che non può proporsi una opposizione all’esecuzione avverso un’ordinanza di assegnazione ex art.553 c.p.c., è invece dubbio se sia ammissibile, contro lo stesso provvedimento, l’opposizione di terzo ex art.619 c.p.c.. 62 Per la soluzione positiva si è talvolta espressa la giurisprudenza di legittimità, indipendentemente dal rilievo che l’assegnazione abbia riguardato un credito anziché un trasferimento di beni (144), sul presupposto della prevalenza, in concreto, del diritto vantato dal terzo rispetto alle ragioni del creditore procedente. In dottrina, invece, si è sostenuta l’ammissibilità dell’opposizione di terzo sino al momento della concreta vendita o assegnazione, e non sino alla mera disposizione o autorizzazione delle stesse. Dopo di tale momento si è perciò affermato che al terzo estraneo all’esecuzione ma titolare di un diritto sul bene venduto o sul credito assegnato, non rimarrebbe che esperire il rimedio dell’opposizione tardiva ex art.620 c.p.c o quelli previsti dagli artt. 2919 e ss. c.c.(145). Di recente, la Cassazione ha nuovamente escluso la possibilità di una opposizione di terzo successiva ad una ordinanza di assegnazione ed ha affermato il principio per il quale il terzo rimasto leso dall’esecuzione può, in questo caso, solo far valere il suo diritto al di fuori del processo esecutivo (146). La tesi secondo cui l’ordinanza di vendita o di assegnazione sarebbe impugnabile solo con l’opposizione agli atti esecutivi presenta, poi, due importanti eccezioni. In base alla prima, come visto, è sempre possibile proporre regolamento di competenza tutte le volte in cui (ma l’ipotesi è molto rara) il provvedimento del giudice dell’esecuzione contenga una decisione, anche implicita, su una questione di competenza proposta, o comunque sorta, nel processo esecutivo. In forza della seconda, è stato di recente affermato che, quando l’ordinanza di assegnazione di crediti contenga una pronuncia decisoria che abbia inciso sulle 65 17) Stigmatizza il fenomeno in questione e sostiene illegittimo che uno stesso credito possa essere pignorato davanti a giudici diversi: Corsaro- Bozzi, Manuale, op. cit., pag. 260. 18) Le soluzioni sono suggerite da Corsaro- Bozzi, Manuale, op. cit., pag. 261. 19) Cass. 11 giugno 1998, n.5822, in Mass. Giust. Civ., 1998, 1290; più di recente:; Cass. Sez. lav. 17/8/00, n. 1758. 20) Cass. 12 settembre 1997 n. 9016, in Mass. Giust. Civ. n.1997, 1689. 21) Cass. 20 maggio 1996, n.5004, in Mass. Giust. Civ., 1996. 22) Cass. 19 luglio 2000, n.9495. 23) Recentemente, Cass. Sez. lav. 17 febbraio 2000 n.1803 ha sostenuto che, nell’ipotesi in cui la dichiarazione di terzo debba essere resa dall’INPS, poiché il pignoramento deve essere eseguito non presso la sede legale dell’istituto, ma presso la sede bancaria che cura la gestione dello specifico rapporto retributivo da cui sorge il credito pignorato, la competenza territoriale va individuata con riferimento all’anzidetta sede. 24) Cass. 9 gennaio 1997 n.109; Cass. 21 gennaio 1997m n.612 in Foro it. 1997, I, 1, 1167. 25) Così: Cass. 2 agosto 1997 n.7170. 26) Castoro, Il processo, cit., p.388. 27) Cass. 21 maggio 1990 n.4609, in Mass. Giust. Civ., 1990. 28) Propendono per la prima soluzione: Vaccarella, Espropriazione presso terzi in Dig. IV civ., Torino, 1992, 122; Travi, Espropriazione presso terzi, in Nuovissimo D., Torino, 1960, p.964; per la seconda: Corsaro- Bozzi, Manuale, cit., p.311; Furno, Questione sulla ritualità dell’intervento nell’espropriazione presso terzi, scritti per P. Colamandrei, III, 1958, 291. 29) E’ la tesi di Furno, op. cit.; nel senso del testo: Pret. Alba, 17/3/1994 in Giur. It., 1994, I, 2, 1109; 30) Satta, L’esecuzione forzata, Torino, 1950, p.33; Castoro, Il processo, op. cit., p.391. 31) Cass. 28 giugno 1994, n.6206, in Giust. Civ., 1995, I, 462; Cass. 4 dicembre 1987, n.9207, in Nuova Giur. Civ., 1988, I, 302. 32) Pret. Napoli, 15/6/1993, in Arch. Giur. Circolaz., 1995, n.53. 33) Cass. 4 gennaio 2000, n.16; Cass. 22 aprile 1995 n.4584 in Foro It., 1996, I, 3778. 34) Satta, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1965, III, 314. 35) Colesanti, Il terzo debitore nei pignoramenti di crediti, Milano, 1967, II, 546-554; Vaccarella, Espropriazione presso terzi, in D… civ., op. cit., 114. 36) Cfr. Bonsignori, Pignoramento, voce Novissimo Digesto, Torino 1968, XIII, 80; Verde, Pignoramento in generale, voce dell’Enciclopedia del diritto, Milano, 1983, XXXIII, 786- 66 787; Borrè, Pluralità di espropriazioni per lo stesso titolo e difesa del debitore, in Riv. Dir. Proc., 1970, 293 e ss.; Ammette la riduzione del pignoramento Tarzia, L’oggetto del processo di espropriazione, Milano, 1961, 318; esclude la possibilità di estensione del pignoramento: Trib. Genova, 29/1/1981, in Banca, Borsa e Titoli di credito, 1981, II, 475; l’ammette solo per l’espropriazione di cose mobili presso il terzo, Cass, 22aprile 1985, n. 4584 cit.. 37) Acone, nota a Cass. 22 aprile 1995 n. 4584, in Foro it., 1996, I, 3778. 38) Mortara, Commentario del codice e della legge di procedura civile, Milano, 1923, V, 266. 39) Secondo Acone, pi, in caso di mancata indicazione dell’oggetto del pignoramento, il vincolo esecutivo deve intendersi implicitamente limitato “al credito per il quale si procede” e non automaticamente esteso ad “ogni credito del debitore”. 40) Cass. 7 aprile 1990 n.2917; ritiene un “ibrido”, suscettibile soltanto, quando pignorato, di assegnazione al creditore per valore corrispondente al credito in esso indicato, il libretto bancario al portatore: Corsaro, Bozzi, Manuale, op. cit., p.249. 41) Cass. 2 agosto 1997 n.7166, in Mass. Giust. Civ., 1997, n.1312. 42) Cos’ Trib. Roma, 20/10/1997, in Giust. Civ. n. 1998, I, 3265, con nota adesiva Cossignani, Impugnabilità dei versamenti in conto per ridurre il saldo passivo. 43) In questo senso, da ultimo, Trib. Ravenna, 12/4/1994, in Foro. It., I, 1051; Parimenti, in virtù dell’esplicito dettato dell’art. 2531 c.c., è stata affermata la non pignorabilità, delle quote di una cooperativa a r.l., o meno, da Trib. Milano 19/12/1996 in Giur. It. 1997, I, 2, a Trib. Putignano 1/2/2000, inedita; implicitamente: Cass. 17 giugno 1995, n.6865 in Giust. Civ., 1995, I, 2655;. 44) Cass. 18 febbraio 1985 in Rep. Foro it., 1985, voce Società, n.657. 45) Cass. 12 febbraio 1986 n.7409 in Foro it., 1987, I, 1101; Cass. 1 ottobre 1997 n.9577, in Foro it., 1997, I, 1615. 46) Chiarloni, Il pignoramento di quote di società a responsabilità limitata si eseguono ora tramite trascrizione nel registro delle imprese, in Giur. It., 1995, IV, 153 e ss. . 47) Cass. 20 dicembre 1988 n.6941, in Giust. Civ., 1989, I, 1130. 48) Cass. 3 ottobre 1997 n. 9673, in Giur. It., 1998, 1337; Cass. 18 gennaio 2000, n.496; Cass. 17 luglio 1997 n.6580 in Mass. Giust. Civ., 1997, 1232; Cass. 9 dicembre 1992 n.13021 in Rep.Giust. civ., 1992, voce Esecuzione mobiliare presso il debitore e presso terzi, n.13. 49) Sul punto: Vaccarella, Espropriazione presso terzi, op. cit., 111 e ss.; Navarrini, L’art. 2917 c.c. al vaglio della Consulta, in Giust. Civ., 1996, I, 1827. 50) Colesanti, il terzo debitore, op. cit., 248. 67 51) Castoro, Il processo, op. cit., 432. 52) Contrario Andrioli, Commento, op. cit., 196. 53) Cass. 18 gennaio 2000 cit.; Cass. 3 ottobre 1997 cit ed altre. 54) Così Pret. Bologna, 25/1/1991 in Banca Borsa e Titoli di credito, 1993, II, 224; è stata poi affermata da Cass. 4 aprile 1997 n.2996, in Foro it., 1999, I, 2616, l’inapplicabilità della regola contenuta nell’art. 2929 c.c. nell’espropriazione presso terzi, in quanto in quest’ultima non vi sarebbero atti del processo esecutivo anteriori all’assegnazione dei quali possa essere dichiarata la nullità. 55) Pret. Salerno, 20/5/1999, in Giur, di merito, 1999, 699. 56) Contrari Satta, L’esecuzione forzata, Torino, 1954, 181, secondo cui il rapporto costituisce sempre la causa del credito, per cui venuto meno il primo viene meno anche il secondo, e Colesanti, Il terzo debitore, op. cit., p.521, per il quale l’art.2917 c.c. non sarebbe applicabile al caso di specie e le vicende relative al rapporto reagirebbero sul credito a prescindere dal momento del loro verificarsi. 57) Corsaro- Bozzi, Manuale, op. cit., 278, tra detti crediti andrebbero ricompresi, per esempio, gli assegni di mantenimento disposti dal giudice a carico di uno dei coniugi in sede di separazione personale. 58) Andrioli, Commentario, op. cit., II, 190. 59) D’Onofrio, Commento al codice di procedura civile, Torino, 1957, II, 82. 60) Castoro, Il processo, op. cit., p.424. 61) Così Corsaro- Bozzi, Manuale, op. cit., pag. 274, che ritiene detto rimedio esperibile perché si verterebbe nell’ipotesi di pignorabilità relativa, regolabile con un provvedimento discrezionale del giudice. 62) Cass. Sez. lav. 9 ottobre 1999, n.11345 ; Cass. 10 settembre 1998, n.8066, in Mass. Giust. Civ., 1998, 1793. 63) Così: Cass. 3 luglio 1980 n.42111, in Rep. Foro it., 1980, voce Esecuzione in genere, n.22 che ha evidenziato come la diversità di trattamento, in sede esecutiva, tra crediti dell’agente e crediti del lavoratore subordinato non viola il principio costituzionale di uguaglianza, alla luce della diversità, sotto il profilo dell’organizzazione del lavoro, dell’assunzione del rischio e della natura del compenso, tra le due figure di lavoratori. 64) L’esplicito dettato normativo consente di affermare che solo per tali tipi di alimenti (esclusi quelli “negoziali”) è possibile pignorare i crediti del dipendente pubblico in maniera superiore al quinto previsto, per effetto delle sentenze della corte Costituzionale che verranno in seguito elencate, per tutti gli altri crediti. 70 108) Corsaro- Bozzi, Manuale, op. cit., 304. 109) Cass. Sez. Un. 19 ottobre 1998 n.10369, in Mass. Giust. Civ. 1998. 110) Cass. Sez. lav. 22 gennaio 1998 n.588, in Mass.Giust. civ., 1998. 111) In questo senso, nell’ipotesi di sentenza di cessazione della materia del contendere: Cass. 30 maggio 2000 n.7182, in Foro it., 2001, I, 955. 112) Andrioli, Commento, op. cit., 206. 113) In foro it., 1998, I, 2350. 114) Resta però dubbio il coordinamento tra il principio enunciato dalla Corte Cost. ed il disposto dell’art.627 c.p.c. . 115) Cass. 18 dicembre 1985 n. 6460, in Foro it., 1986, I, 390; Cass. 18 gennaio 1974 n.371. 116) Così Verde, Pignoramento, op. cit., 25, ma l’opinione non è pacifica. 117) Cass. 22 febbraio 1995, n.1954, in Mass. Giust. Civ., 1995. 118) Cass. 1° ottobre 1997 n.9577, cit. . 119) Corsaro- Bozzi, Manuale, cit., pag.317. 120) La questione è approfonditamente esaminata da: Pazzaglia, Trasferimento di quote di società a responsabilità limitata e pignoramento, nota a Cass. 27 gennaio 1984 n.640, in Giust. Civ., 1984, I, 3090. 121) Dini, L’espropriazione, op. cit., 53. 122) Bucolo, il Pignoramento, op. cit., 144. 123) Cass. 4 aprile 1997 n.2926, in Foro it., 1999, I, 1616. 124) Cass. 1° ottobre 1997 n.9577, infatti, ritiene un simile provvedimento affetto da nullità. 125) Cass. 16 giugno 1992 n.7399, in Mass. Giust. Civ., 1992. 126) Colesanti, Il terzo debitore, op. cit., 335 e 413. 127) D’Onofrio, Commento, op. cit., 133. 128) Cass. 5 febbraio 1968 n.394. 129) Cass. Sez. lav. 16 febbraio 2000 n. 1728, in Mass. Giust. Civ., 2000. 130) Cass. 14 febbraio 2000 n.1611, in Mass. Giust. Civ., 2000. 131) Travi, Espropriazione presso terzi, op. cit., 965. 132) Cass. 17 marzo 2000 n.10724, in Riv. Es. Forzata, 200, 547. 133) Cass. Sez. Un 25 ottobre 1996 n.9332, in Mass. Giust. Civ., 1996. 134) Cass. 17 dicembre 1996 n.11251, in Mass. Giust. Civ., 1996; Cass. 24 novembre 1986 n.6903. 135) Cass. 19 dicembre 1989 n.5684, cit. . 136) Cass. 21 gennaio 2000 n.687, in Mass. Giust. Civ., 2000. 71 137) Cass. 29 novembre 1996 n.10650, in Mass. Giust. Civ., 1996. 138) Cass. 1° ottobre 1997 n.9571, in Mass. Giust. Civ., 1997. 139) Sul punto, v. Cass. 9 ottobre 1998 n.10028, in Giust. Civ., 1999, I, 2417. 140) Cass. 14 agosto 1998 n.8053, in Mass. Giust. Civ., 1998. 141) Sul punto, e per tutte: Cass. 22 novembre 1978 n. 5466, in Foro it., 1980, I, 1645. 142) Cass. 20 ottobre 1997 n.10259, in Giust. Civ., 1998, I, 1993; relativamente all’impossibilità di sollevare contestazioni sull’impignorabilità dei beni: Cass. 11 febbraio 1999 n.1150 in Giur. It., 1999, I, 2253. 143) Schermi, Sulla proponibilità delle opposizioni all’esecuzione dopo la chiusura del processo esecutivo, nota a Cass. 20 ottobre 1997 n.10259, in Giust. Civ. 1998, I, 1993. 144) Cass. 9 agosto 1997 n.7413, in Mass. Giust. Civ., 1997; Cass. 26 maggio 1978 n.2664. 145) Ma esistono seri dubbi sulla possibilità di proporre opposizione tardiva ex art. 620c.p.c. nell’ipotesi di assegnazione di crediti: v. Satta, Commentario, op. cit., III, 492; Andrioli, Commentario, op. cit., III, 374. 146) Cass. 9 ottobre 1998 n.10028, cit., con nota di Corea, Espropriazione di crediti presso terzi e tutela del terzo contitolare del credito pignorato. Nella citata sentenza, la Cassazione ha ribadito che l’unico rimedio esperibile dopo l’ordinanza di assegnazione è costituito dall’opposizione ex art. 617 c.p.c. . 147) Cass. 4 gennaio 1997 n.14, in Giust. Civ., I, 1407. 148) Cass. 6 agosto 1997 n.7280, in Mass. Giust. Civ., 1997. 149) Cass. 4 aprile 1997 n.2926, cit., ha ritenuto, in una espropriazione presso terzi avente ad oggetto quote di una s.r.l., la società stessa legittimata a proporre opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione delle quote al creditore. 150) Risulta così superata e minoritaria la tesi sostenuta da Vaccarella, Sui rimedi esperibili dal terzo contro l’ordinanza di assegnazione, nota a Cass. 5 luglio 1989, n. 3208, in Giust. Civ., 1990, I, 1078, secondo cui l’ordinanza di assegnazione sarebbe non un mero atto esecutivo (per tale motivo impugnabile ex art. 617 c.p.c.) ma anche una sentenza sull’impignorabilità di esso od anche una sentenza che decide implicitamente un’opposizione agli atti esecutivi, impugnabile nei primi due casi con l’appello e, nella terza ipotesi, anche con ricorso per Cassazione. 72 BIBLIOGRAFIA: • Redenti, Diritto processuale civile, Milano, 1954; • Vaccarella, Espropriazione presso terzi, in Dig. Sez. civ., VIII, Torino 1992, 94; • Travi, Espropriazione presso terzi, in Noviss. D., I, Torino, 1960, 960; Sparano, Espropriazione forzata e i diritti di credito, Napoli, 1958; • Colesanti, Il terzodebitore nel pignoramento di crediti, Milano, 1967; Colesanti, Pignoramento presso terzi in Enc. 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