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Sei personaggi in cerca d'autore di Pirandello: Analisi e produzione teatrale, Sintesi del corso di Letteratura

La lunga genesi e le rivisitazioni di Sei personaggi in cerca d'autore di Luigi Pirandello, uno dei capolavori del teatro metateatrale. sulla necessità di concepire le messinscene di classici come Sei personaggi come opere contemporanee, riflettendo sul ruolo del teatro in tempi di crisi e sconvolgimenti. Vengono esplorate le idee cardine della produzione teatrale di Stéphane Braunschweig, che riporta Pirandello e i suoi personaggi in un teatro moderno.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 23/02/2022

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elisa-faggioni 🇮🇹

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Scarica Sei personaggi in cerca d'autore di Pirandello: Analisi e produzione teatrale e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura solo su Docsity! Pirandello 1 LO SPAZIO COME TESTO Il testo Sei personaggi in cerca d’autore negli allestimenti di Elisa Faggioni Matricola 0290986 Corso di Lettere e letteratura per lo spettacolo Professoressa Florinda Nardi Pirandello 2 Introduzione Il Festival d’Avignon, nato nel 1947, è considerato uno dei più importanti eventi internazioni di teatro e arti performative contemporanee. L’intera città, nel mese di Luglio, si trasforma in un grande teatro a cielo aperto: si recita in piazza, nelle vie del centro, nelle antiche botteghe e nei molti altri luoghi di spettacolo dove si programmano eventi performativi dalla mattina fino a tarda notte. E’ in questo contesto di contaminazione e di fermento artistico che il 9 Luglio 2012 va in scena Six personnages en quête d’auteur di Luigi Pirandello con la regia di Stéphane Braunschweig. Braunschweig, che di questo spettacolo ha curato anche la traduzione, l’adattamento e le scenografie, è un regista francese diplomato nel 1989 alla Scuola Nazionale di Teatro de Chaillot diretto da Antoine Vitez. Nel 1990 fonda la sua prima compagnia, la Théâtre-Machine e l’anno dopo riceve il premio dal Syndicat de la critique come rivelazione teatrale per la sua trilogia Les Hommes de neige . Dal 1993 al 1998 è direttore del Centre dramatique national - Orléans-Loiret-Centre e successivamente responsabile del Teatro Nazionale di Strasburgo nonchè direttore della Scuola Superiore TNS. Tra i primi allestimenti di Braunschweig ci sono autori come Georg Büchner e Bertolt Brecht e in seguito saranno i testi drammatici di Cechov, Shakespeare, Molière e Ibsen a destare l’interesse del regista. Ciò che accomuna questi autori, secondo il Braunschweig, è la loro visione critica del mondo e delle cose, mai ridotta a realtà univoca. All’interno di questa prospettiva artistica Pirandello, per Braunschweig, assume un valore inestimabile. Nel 2006 verrà allestito Vêtir ceux qui sont nus, nel 2015 Les Géants de la montagne. Nel 2020, contestualmente alla messinscena di Comme tu me veux per il Theatre Odeon de l’Europe di Luxembourg, Braunschweig curerà anche la messa in lettura de La Tragédie d’un personnage con la voce di Thierry Paret1. Attualmente è artista associato del Théâtre National de la Colline e direttore artistico del il Theatre 1Cfr. https://www.theatre-odeon.eu/fr/saison-2020-2021/theatre-et-canape/stephane-braunschweig/une-nouvelle- de-pirandello consultato il 03/05/2021 Pirandello 5 con entusiasmo. Ciò che fece impazzire il pubblico fu la rottura secca e determinata che Pirandello produsse con il teatro da salotto borghese. Quando il pubblico entra in teatro si aspetta di trovarvi la scena illusoria di qualche pièce vecchia maniera e invece si trova di fronte solo e semplicemente il teatro stesso, vuoto e nudo con gli attori, i tecnici e il capocomico intenti a provare uno spettacolo: «Troveranno gli spettatori, entrando nella sala del teatro, alzato il sipario, e il palcoscenico com’è di giorno, senza quinte né scena, quasi al bujo e vuoto, perché abbiano fin da principio l’impressione d’uno spettacolo non preparato.»5 Come afferma Vicentini, nel testo avviene una coincidenza di luoghi: il reale della macchina palcoscenico e il fantastico della storia si intrecciano. «Il palcoscenico del teatro non si camuffa per simulare un altro luogo, ma si presenta nella sua realtà quotidiana, per quel che è, e proprio così coincide con il luogo delle vicende fantastiche»6. La dialettica realtà fantastica e materialità quotidiana si realizza con l’irruzione del fantastico nella vita quotidiana. Già questa situazione sarebbe bastata per proiettare lo spettatore in una dimensione straniante, ma ecco che a complicare le cose arrivano sei personaggi, dispersi e confusi, con delle maschere in volto e illuminati da una luce quasi espressionista, ma non fantasmi specifica Pirandello piuttosto sei persone «come realtà create», che disperatamente cercano un autore perché «nati vivi, volevano vivere ». «Ma si può rappresentare un personaggio, rifiutandolo? Evidentemente, per rappresentarlo, bisogna invece accoglierlo nella fantasia e quindi esprimerlo. E io difatti ho accolto e realizzato quei sei personaggi: li ho però accolti e realizzati come rifiutati:in cerca d’altro autore. [...]»7 La maschera fissata sul volto dei personaggi sarà proprio quell’elemento simbolo dell’espressione immutabile che ciascuno è costretto a vivere. La scelta del palcoscenico nudo con gli attori in procinto di iniziare, l’assenza 5 Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d'autore, in Sei personaggi in cerca d'autore, Enrico IV (Milano: Mondadori, 1963), p.29 6 Caludio Vicentini, Sei personaggi in cerca d’autore. Il testo, in Testo e messa in scena in Pirandello, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1986, pp. 57 7 Ivi. Prefazione a Sei personaggi. Il testo è stato pubblicato per la prima volta su «Comoedia» nel gennaio 1925 col titolo Come e perché ho scritto i «Sei personaggi».p. 18 Pirandello 6 di atti e di scene e addirittura la mancanza di un autore, rendono il testo ‘in divenire’, dinamico, non «diviso a celle come un monastero»8 ma ‘da farsi’. In questo modo Pirandello ci permette di assistere al momento della creazione, una creazione artistica che sta per nascere ma che ancora non esiste. «N. B. La commedia non ha atti né scene. La rappresentazione sarà interrotta una prima volta, senza che il sipario s’abbassi, allorché il Direttore-Capocomico e il capo dei personaggi si ritireranno per concertar lo scenario e gli Attori sgombreranno il palcoscenico; una seconda volta, allorché per isbaglio il Macchinista butterà giù il sipario.»9 La novità di Pirandello consiste essenzialmente in due campi. Uno è quello riguardante il testo drammatico: se la storia dei Sei personaggi come quella di Delia Morello o della famiglia Croce possono considerarsi un intreccio tipico del dramma borghese, Pirandello ne destruttura la continuità raccontando anziché lo svolgersi lineare del plot la sua impossibilità di essere raccontato. Fa precipitare, come direbbe Szondi, il teatro epico e di narrazione all’interno dei dialoghi10 che diventano spezzati, concitati, ricchi di passaggi temporali, di frasi interrotte, di pause e sospensioni tipiche del personaggio ‘in crisi’ che costellerà la drammaturgia postmoderna. Georges Neveux ha scritto che: «E’ stato Pirandello a tracciare la linea di demarcazione fra tutto il teatro del passato e il teatro del XX secolo. Anouilh, Salacrou, Achard prima, poi Sartre, Beckett, Ionesco, Vauthier, tra i più recenti, non sarebbero quello che sono se non ci fosse stato Pirandello.»11 L’altro campo di novità riguarda gli argomenti più strettamente legati alla messa in scena e che porteranno Pirandello ad intervenire anche nell’allestimento teatrale delle proprie opere tanto che, attorno al 1925 lavorerà come capocomico, fondando una propria compagnia, il Teatro d’Arte. Secondo Pirandello la scrupolosa e verosimile ricostruzione scenica tipica del teatro del boulevard aveva perso di valore e proprio la volontà di liberarsi dagli schemi convenzionali del naturalismo e dalla presenza dell’autore onnisciente a favore 8 F.T. Marinetti, Il teatro futurista sintetico. No. 10. G. Costantino, 1921. 9 Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d'autore, p.26 10 P. Szondi, Teoria del dramma moderno 1880-1950,[ed. orig. 1956], trad. it. Torino, Einaudi 1962, pp. 107-112 11 G. Neveux, Dans l’air de notre temps, in “ARTS”, N. 844, 1961, pp. 15 Pirandello 7 dell’imprevedibilità e delle beffe della vita12 può essere considerata cifra stilistica del metateatro pirandelliano. « Il padre (dominando le proteste): Mi scusino! Perché vogliono guastare, in nome di una verità volgare, di fatto, questo prodigio di una realtà che nasce, evocata, attratta, formata dalla stessa scena, e che ha più diritto di vivere qui, che loro; perché assai più vera di loro? Quale attrice fra loro rifarà poi Madama Pace? Ebbene: Madama Pace è quella! »13 L’ingresso di Madame Pace in scena è preceduto da una meticolosa preparazione dell’ambiente da parte del padre: dispone sull’attaccapanni cappelli e mantelli con il preciso intento di ricreare il retrobottega di Madama Pace e preparare così al prodigio dell’apparizione del settimo personaggio. Nel linguaggio scenico la presenza di un oggetto, come elemento significante, determina la funzione dello spazio stesso. L’unione dei segni attaccapanni+cappelli+mantelli rinvia a qualcosa nel mondo, ed è indice in questo caso dell’intero retrobottega, di tutto ciò che appartiene all’extrascenico ma che non può essere mostrato. In questa accezione gli oggetti, agli occhi degli spettatori, non solo evocano l’extrascenico e l’extratempo ma prendono senso specifico all’interno del contesto in cui si collocano: oggetti di scena per le prove del Giuoco delle parti. Attraverso questa «apparente illogicità» dell’episodio Pirandello crea una simultaneità dei piani di realtà, ossia quella «misteriosa correlazione» tra il tempo dell'ora e dell'allora, del qui e dell’altrove. All’atto di rivivere il proprio dramma i personaggi proiettano il loro vissuto sulla scena tanto da far apparire necessaria la reincarnazione di Madame Pace e allo stesso tempo lo spettatore vedendo sancisce un’unione con la vita interiore dei personaggi. Quello che vivono loro è vissuto anche dal pubblico. Se un oggetto è posto sulla scena ed utilizzato dagli attori è per dire qualcosa attraverso la sua polisemia. 12 R. Luperini, Pirandello. Gius. Laterza & Figli Spa, 2015, pp.36 13 Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d'autore, pp. 78-79. Pirandello 10 Nel ’22 Pirandello osserva i Sei personaggi in cerca d'autore nella versione di Pitoëff e ne rimane estasiato comprendendo egli stesso, che pure del testo è l’autore, ciò che ha scritto davvero. Dalla suggestione ricevuta nasce la riscrittura del dramma. Pirandello è conquistato dalla dimensione cerebrale e oltremondana che il copione ha assunto su scena: Pitoëff fa scendere i sei personaggi dall’alto, come da un aldilà, usando un montacarichi ed immergendoli in una luce verde, spettrale, i cui effetti sono aumentati dal trucco bianco sul volto. Fatte della stessa materia di cui sono fatti gli incubi, appaiono come un’allucinazione queste figure livide, sospette, agitate, che penetrano in assito prendendone interamente possesso. Per questo – nel passaggio dalla prima alla seconda versione di Sei personaggi – Pirandello acuisce i tratti onirici del testo, mutando didascalie e aggiungendo indicazioni ulteriori: i personaggi diventano “costruzioni della fantasia”, esseri “immutabili” e non appena appaiono in assito la scena deve illuminarsi “di una luce fantastica”. Puro pretesto metateatrale prima, adesso i sei personaggi s’impongono e agiscono come fanno le immagini profonde della psiche: affiorano, parlano, costringono all’ascolto occupando la nostra mente, divenendone un’ossessione. Il loro arrivo, da accidente curioso, diventa così un fenomeno perturbante. Il primo aspetto colto da VicoQuartoMazzini è proprio questo: l’approdo della creazione superiore dell’arte nella banale materialità della vita consueta. A centro palco c’è – solitario – un autore; sul fondo le quattro figure, pallide in volto e nere di vesti, immerse in un fascio di luce orizzontale e azzurrognolo, che ne sgrana i contorni. Da dove arriva l'autore? Dal foyer del Teatro dell’Orologio, ovvero dalla realtà. Da dove arrivano i personaggi? Da uno spazio invisibile, laterale, che possiamo solo intuire. L’assito diventa dunque il luogo d’incontro tra ciò che è e ciò che sembra, tra ciò che è toccabile e ciò che è percepibile appena, tra ciò che ha una dimensione concreta e ciò che invece appare indecifrabile, anomalo, agghiacciante. Pirandello 11 (due) Il secondo aspetto che viene colto è quello dell’urgenza teatrale. “Vogliamo vivere” dicono i personaggi, manifestando così un bisogno che non conosce deroghe, ritardi, che non ammette rifiuti. Siamo alla messa in pratica dell’invadenza dei personaggi delle novelle pirandelliane: lì penetrano nello studio, senza neanche farsi annunciare, e pretendono (ora a voce alta, ora manifestando disperatamente, ora recitando) d’essere messi su pagina; qui marciano verso la ribalta, costringendo l'autore a sedersi nello spazio della platea e a prendere coscienza della loro vicenda di cui – appunto – s’affrettano a spiegare le dinamiche. Ma VicoQuartoMazzini rafforza e, per certi versi, attualizza questa stessa necessità ponendo le figure al cospetto di un autore che non vuole più avere nulla a che fare con il teatro, fallimentare ossessione miserrima, passione che non dà prospettive, fatica avara di soddisfazioni. “No, io con il teatro ho chiuso” dice; “Io non faccio più spettacoli, io ho smesso” dice ancora e quando queste anime in pena insistono perché hanno una storia che non si contiene, nuovissima, perfetta per la scena, lui replica: “Io faccio un altro lavoro: distribuisco volantini, vestito da hamburger”. Non ci troviamo più al cospetto – come la trama vorrebbe – di un cambio d’opera in corsa (il  passaggio da Il giuoco delle parti alla vicenda dei personaggi) ma di un’insistenza volta a determinare – ancora per una volta – l’esercizio dell’impegno teatrale. Per questo non ci sono gli attori ma soltanto autore e personaggi: perché non siamo più all’interrogativo su quale teatro produrre ma, piuttosto, al dubbio se valga la pena fare o non fare ancora teatro. (tre) Pirandello 12 Il terzo aspetto è l’epicità scenica ovvero l’abbattimento consapevole della quarta parete. Sia chiaro: già facendo entrare i personaggi dalla platea, facendoli interloquire con chi abita l’assito ed invertendo la funzione di palco e platea Pirandello amplia lo spazio effettivo di recita ed afferma così la dimensione metateatrale dell'azione. D’altronde non si tratta (già allora) di una novità e, soprattutto, a Pirandello questo gioco giocato tra quinte e poltrone serve ad affrontare il dissidio tra l’opera nella sua forma pensata e l’opera nella sua resa effettiva, denunciando le approssimazioni e le mancanze di cui sono colpevoli gli attori. Sbiadito questo tema rimane la continuità senza soglie né limiti invalicabili tra lo spazio in cui si osserva e lo spazio in cui si viene osservati. Per questo VicoQuartoMazzini sfrutta ogni scorcio del luogo-teatro: il foyer (in cui l'autore, vestito da panino, distribuisce i suoi volantini), il corridoio che porta alla sala, le scale laterali  della platea, lo spazio antistante il palco, le scalette centrali (lì dove l'autore stesso siede momentaneamente: spettatore tra gli spettatori). A questa epicità ambientale aggiunge inoltre un’epicità di dettato, associando alla trama il commento della trama, una continua informazione di merito, una costante (auto)analisi incalzante. Così le quattro figure parlano all'autore e al pubblico indicandosi reciprocamente (“Questo amorino qua”; “Questa povera madre”; “Lui, perché è figlio legittimo lui”), attraverso una coreografia fatta di braccia tese ad evidenziare di chi si stia parlando e perché; così l'autore, ritornato in assito, può commentare i brani di ogni personaggio (“Questa è un’imprecisione”, “Delirio di onnipotenza”, “Questa è autocommiserazione”) ratificandone o meno la validità espressamente teatrale; così autore e personaggi possono discutere sulla narratività della vicenda per poi mettersi all’opera con la rappresentazione dei fatti: “Dovete stare sui fatti, solo sui fatti,” – dice l’autore – “a partire da adesso”: perché di fatti (gesti, azioni, accadimenti) si compone principalmente il teatro.
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