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Pirandello italiano, Appunti di Italiano

Appunti su Pirandello in italiano

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 26/05/2021

angelorogaiaa
angelorogaiaa 🇮🇹

4.2

(13)

71 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Pirandello italiano e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! LUIGI PIRANDELLO (Agrigento 1867 – Roma 1936) Cenni sulla vita Nasce ad Agrigento nel 1867 e trascorre un’infanzia agiata. Riceve una prima istruzione in casa, poi si iscrive al ginnasio. Nel 1891 si laurea a Bonn con una tesi in tedesco sul diale@o siciliano(Studia il passaggio dalla lingua italiana a quella siciliana); l’anno successivo si trasferisce a Roma dove vive grazie al sostegno economico del padre che era proprietario di zolfare in Sicilia. Nel 1894 sposa la conterranea Antonie@a Portulano e dal matrimonio nasceranno tre figli. Un dissesto economico, l’allagamento della grande zolfara paterna, sconvolge l’equilibrio familiare: la moglie è affli@a da un grave scompenso psichico(La moglie diventa gelosa in modo morboso addiri@ura della figlia e viene chiusa in manicomio), desPnato a divenire con il tempo vera follia. Pirandello deve iniziare a lavorare per vivere. Nel fra@empo grazie alle sue opere oQene sempre maggiori riconoscimenP. Nel 1924 si iscrive al parPto fascista, proprio quando il regime inizia a svelare il suo vero volto. I rapporP si raffreddano ben presto. Nel 1925 conosce Marta Abba, a@rice di teatro e musa ispiratrice. InfaQ Pirandello si innamora di quest’ulPma, Ma non la sposa perché lui era sua volta già sposato. Anche lei faceva parte della compagnia teatrale che poi l’autore andrà a realizzare. InfaQ Pirandello lascia Agrigento e inizia a girare con questa compagnia perché per lui l’ambiente familiare era tossico. Nel 1934 riceve il premio Nobel per la le@eratura. Muore nel 1936: lascia scri@o di voler un funerale umile e povero in ne@o contrasto con la volontà del regime di voler celebrare solenni esequie di Stato. Premessa Luigi Pirandello, insieme a Italo Svevo, fu uno dei tesPmoni più a@enP del disagio e della crisi dell’uomo moderno e della sua epoca, ( fine dell’800 - primi del ‘900), dovuP al crollo delle certezze posiPviste. Lo scri@ore siciliano ha affrontato tali temaPche a@raverso tuQ i generi le@erari, romanzi, novelle, teatro, poesia, saggisPca, accomunaP dalla rappresentazione e dall’analisi di situazioni problemaPche e confli@uali. La formazione: la crisi storica e culturale Pirandello si formò in una fase segnata da una duplice crisi: • da una parte, la crisi storica e sociale dell’Italia post-risorgimentale; • dall’altra la crisi della cultura posiPvisPca, corrispondente alla caduta dei valori e delle certezze acquisite. La crisi storica e sociale era parPcolarmente avverPta nel Mezzogiorno d’Italia e in Sicilia; già Verga l’aveva rappresentata nei romanzi e nelle novelle. Sui temi della prepotenza dello Stato centralisPco e del tradimento di ogni prospeQva unitaria e nazionale, Pirandello darà un vasto e pessimisPco affresco, nel 1909, con i Vecchi e i giovani, il suo <<romanzo storico>>. Ma se all’inizio la formazione di Pirandello fu influenzata dall’opera dei grandi verisP suoi conterranei come Capuana e Verga, ben presto egli si distaccò dalla visione della vita e dalle tecniche narraPve dei verisP. Vero è che Pirandello ambienta alcune della sue opere in Sicilia, rappresentando l’uomo della provincia siciliana oppresso da una società angusta e dai suoi pregiudizi arcaici, ma è da chiarire che la sicilianità diventa paradigma della contemporaneità. A Pirandello, infaQ, non interessava descrivere le lo@e per la sopravvivenza degli uomini e gli ambienP in cui essi vivevano; a Pirandello interessa svelare gli aspeQ più nascosP e contraddi@ori della psicologia umana. Egli è a@ento all’individuo, alla sua angoscia di uomo solo, umiliato e offeso dagli altri. Ma ancora più grave è l’altra crisi. Il crollo dei miP della ragione, della scienza e del progresso, che si esprime nella cultura del DecadenPsmo, trova nell’opera di Pirandello una delle sue più importanP espressioni: l’uomo non è più in grado di conoscere e di padroneggiare il mondo esterno, e sopra@u@o non conosce più se stesso e non si apparPene più. Da queste riflessioni deriva il relaPvismo di Pirandello. Così egli scrive in un saggio giovanile (Arte e coscienza oggi 1893): “Nei cervelli e nelle coscienze regna una straordinaria confusione. Crollate le vecchie norme, non ancora sorte o ben stabilite le nuove; [….] Non mai credo, la vita nostra fu e>camente ed este>camente fu più disgregata”. Gli studi di psicologia L’opera di Pirandello, che a differenza di Italo Svevo non lesse dire@amente Freud, è piena comunque di richiami al mondo dell’inconscio, al sogno e alla follia. Egli infaQ lesse, nell’originale francese Le alterazioni della personalità dello psicologo Alfred Binet, precursore di Freud e della psicoanalisi. In questo testo viene descri@o l’io debole, una personalità complessa ed instabile. Inoltre da Binet, lo scri@ore siciliano apprese l’idea che la personalità degli uomini non è una, ma molteplice: cambia cioè a seconda delle situazioni e delle convenienze. Questo spunto, lungamente meditato e rielaborato, suggerì a Pirandello l’idea che noi non siamo sempre uguali a noi stessi: cambiamo fino al punto di non riconoscerci più e diventare altro da noi stessi. Da qui nasce una dei più cara@erisPci temi pirandelliani, la follia. Essa scoppia nel momento in cui i personaggi si scoprono “uno, nessuno e centomila”, come Vitangelo Moscarda, protagonista proprio del romanzo “Uno, nessuno e centomila”. Dal pedagogista italiano Giovanni Marchesini (Le finzioni dell’anima 1905), Pirandello ricavò l’idea che non esistono valori morali cerP: l’idea del bene, il dovere e gli altri valori sono semplici credenze, che Pirandello chiamerà forme. Si tra@a di ideali astraQ, di convenzioni prive di sostanza: esse bloccano il flusso della vita, bloccano la libera esplicazione delle nostre energie vitali. Tale contrasto tra vita e forma è uno dei grandi temi pirandelliani. Da George Simmel Pirandello apprese il conce@o di relaPvismo, in base al quale non esiste alcuna verità assoluta, poiché l’uomo nella sua ricerca della verità, non ha a disposizione categorie di valutazione universali e valide per tuQ, ma solo categorie soggeQve, valide unicamente per se stesso. Sempre legandosi al tema della follia, all’origine di buona parte dell’opera pirandelliana c’è l’idea che la realtà è trasformazione conPnua: caos.secondo la visione di Pirandello è solo nel caos che è possibile la vita libera, non soffocato dal tentaPvo umano di assegnarle dei significaP. La realtà poi, in quanto trasformazione, è a sua volta caos e dunque riducibile ogni tentaPvo di conoscenza da parte dell’uomo, che può ricavarne solo opinioni soggeQve. La filosofia di Pirandello afferma che tu@o è relaPvo. InfaQ Pirandello ricorre all’esempio paradossale per provare che è impossibile dare ordine al caos della vita: inventando casi personaggi strampalaP egli vuole dimostrare che i gesP o comportamenP strani consentono all’uomo di fuggire dalla “prigionia della forma“, Ossia dalle convinzioni e dal ruolo imposto dalla società. LE OPERE I tre generi in cui Pirandello ha lasciato l’orma più profonda sono la novella, il romanzo e il teatro, anche se esordì come poeta. NOVELLE Nell’arco di tu@a la sua vita Pirandello colPvò il genere della novella o racconto breve, fino a concepire il disegno, rimasto incompiuto, di comporre un corpus di racconP che proponesse una novella per ogni giorno dell’anno (Novelle per un anno). Scrisse ben 246 racconP, molP dei quali cominciano con un fa@o imprevedibile che sconvolge abitudini e aspe@aPve: sono incidenP banali, come il fischio di un treno, che creano nel personaggio un forte disagio. A poco a poco il personaggio incomincia a vedere meglio se stesso e acquisisce piena consapevolezza dell’assurdità della vita. Va infine segnalata la stre@a parentela tra novelle e teatro: dei 44 lavori teatrali, ben 30 derivano da novelle. Le cara@erisPche più evidenP delle novelle di Pirandello sono la brevità della narrazione, la forte concisione espressiva (del resto i racconP erano desPnaP ad essere pubblicaP in riviste). Inoltre, contrariamente a quanto avviene nella narraPva dell’800, nelle novelle di Pirandello, il passato riemerge per spezzoni e nel bel mezzo dell’azione, quasi fossero i personaggi e non l’autore a svelarci le idee sulla vita e sul mondo. Pirandello rifiuta l’idea di narratore onnisciente e sceglie piu@osto una visuale soggeQva; narra di sbieco senza moPvare adeguatamente reazioni e conseguenze. Il treno ha fischiato Belluca, impiegato modello, ubbidiente, solerte, da sempre deriso e Pranneggiato da colleghi e capufficio, un giorno non svolge il lavoro assegnatogli e reagisce al suo superiore blaterando una serie di frasi incomprensibili. Viene così ricoverato all’ospizio. TuQ son convinP che sia diventato ma@o. Solo i suoi vicini di casa, che lo conoscono bene, hanno capito che quanto è successo a lavoro è il normale epilogo di una concatenazione di evenP. Belluca ha sopportato a lungo situazioni che avrebbero messo a dura prova chiunque: le angherie del capo ufficio a lavoro; una situazione familiare assurda (la moglie, la suocera e la sorella della suocera cieche da accudire, le figlie vedove e i nipoP a carico); il doppio lavoro che, la no@e, lo costringe a stare alzato a ricopiare carte. Una no@e, prima di crollare come sempre sul divano, Belluca ha senPto un fischio in lontananza: un treno che andava lontano. È stato come uno squarcio nell’involucro che lo teneva imprigionato: Belluca si è ricordato che il mondo esisteva, comunque e nonostante i suoi problemi personali ed i suoi dolori. Così Belluca era andato al lavoro e, sbo@ando come un ma@o, aveva preteso regionale, ovvero quello siciliano. Poi successivamente lo diffuse in tu@a Italia con una compagnia teatrale. Pirandello fu Angelo Musco, un a@ore. Così è (se vi pare) Il signor Ponza prende in affi@o due appartamenP: uno per sé e la moglie, l’altro per la suocera. Le due donne comunicano con dei biglieQni calaP in un paniere e ciò suscita la curiosità di tu@o il paese. Si apre un’indagine e a questo punto il signor Ponza e la signora Frola raccontano ognuno la loro verità. La signora Frola sosPene che, nonstante il profondo affe@o, lei e il genero non possono vivere assieme per la gelosia che lui prova per la moglie. Il signor Ponza sosPene invece che l’a@uale sposa è la sua seconda moglie; la prima, infaQ, figlia della signora Frola è morta, ma l’anziana donna non se ne è fa@a una ragione e considera la seconda moglie del genero ancora sua figlia. Chi dice la verità? Nemmeno la sposa chiarisce il mistero: ella afferma infaQ:<<io sono colei che mi si crede>>. Sei personaggi in cerca di autore Mentre una compagnia teatrale sta facendo le prove, appaiono sei personaggi: il Padre, la Madre, la Figliastra, il Figlio e due Bambini. Essi cercano un autore che sappia scrivere la loro storia e degli a@ori che sappiano interpretarla. Ma il capocomico e gli autori non riescono a rappresentare sulla scena il dramma tu@o interiore di quesP personaggi. Solo loro possono far rivivere la loro realtà. Enrico IV Il testo teatrale è sicuramente più emblemaPco per il tema della pazzia è Enrico IV.La vicenda narra di un giovane nobile che prende parte ad una cavalcata in costume nella quale impersona l’imperatore di Germania, Enrico IV. Alla messa in scena prendono parte anche MaPlde di Spina, la donna di cui è innamorato, ed il suo rivale in amore, il barone Belcredi. Quest'ulPmo disarciona Enrico IV che nella caduta ba@e la testa e si convince di essere realmente il personaggio storico che stava impersonando. La follia dell'uomo viene assecondata dai servitori che il nipote di Nolli me@e al suo servizio per alleviare le sue sofferenze; dopo 12 anni Enrico d’un tra@o guarisce e torna alla ragione. Comprende che Belcredi lo ha fa@o cadere intenzionalmente per rubargli l'amore di MaPlde, che poi si è sposata con Belcredi ed è fuggita con lui. Decide così di fingere di essere ancora pazzo, di immedesimarsi nella sua maschera per non voler vedere la realtà dolorosa e poter osservare, dal di fuori, la vita che gli è ormai negata. Dopo 20 anni dalla caduta, MaPlde, in compagnia di Belcredi, della loro figlia e di uno psichiatra vanno a trovare Enrico IV. Lo psichiatra è molto interessato al caso della pazzia di Enrico IV, che conPnua a fingersi pazzo, e dice che per farlo guarire si potrebbe provare a ricostruire la stessa scena di 20 anni prima e di ripetere la caduta da cavallo. La scena viene così allesPta, ma al posto di MaPlde recita la figlia. Enrico IV si ritrova così di fronte la ragazza, che è esa@amente uguale alla madre MaPlde da giovane, la donna che Enrico aveva amato e che ama ancora. Ha così uno slancio che lo porta ad abbracciare la ragazza, ma Belcredi, il suo rivale, non vuole che sua figlia sia abbracciata da Enrico IV e si oppone. Enrico IV sguaina così la spada e trafigge Belcredi ferendolo a morte: per sfuggire definiPvamente alla realtà "normale" (in cui tra l'altro sarebbe stato imprigionato e processato), decide di fingersi pazzo per sempre. La giara è una commedia in a@o unico scri@a nel 1916 da Luigi Pirandello, ripresa da una novella(spesso faceva così Pirandello) scri@a nel 1906 e pubblicata nel 1917 nella raccolta Novelle per un anno. La storia è incentrata sulla vicenda di Don Lolò Zirafa, proprietario terriero ricco e avaro, che vede ovunque nemici pronP a rubargli la sua roba. Ama liPgare e per questo cita in giudizio spesso i suoi contendenP. Compra una grandissima giara per conservare l’olio della nuova raccolta, ma questa viene ritrovata ro@a in due e Zirafa si infuria.La giara può essere riparata solo da Zi’ Dima Licasi, arPgiano del posto, che va in giro dicendo di aver inventato un masPce che Pene tu@o a@accato alla perfezione. Zirafa però vuole di più e chiede che la saldatura sia rinforzata con punP di filo di ferro. L’arPgiano, non contento, esegue gli ordini, ma rimane bloccato all’interno della giara. Idue liPgano, perché l’arPgiano vuole essere comunque pagato, mentre il proprietario terriero non vuole, visto che per farlo uscire dovranno rompere la giara. Si rivolge al suo avvocato, che lo invita a pagare e a rinunciare a ogni risarcimento per non essere accusato di sequestro di persona. Ma il proprietario terriero si rifiuta di seguire il suo consiglio: alla fine, su tu@e le furie, Don Lolò Zirafa, arrabbiato, Pra un calcio alla giara, che rotolando libererà l’arPgiano, che così vince! L’UMORISMO Nel 1908 Pirandello pubblicò un saggio, L’Umorismo, che chiarisce la concezione della vita di Pirandello e ne chiarisce la poePca. All’epoca Pirandello aveva 40 anni ed era uno scri@ore abbastanza affermato, aveva alle spalle una produzione le@eraria piu@osto ricca e varia: saggi criPci, romanzi, molte novelle. Esse erano però opere un po’ troppo innovaPve perché potessero subito incontrare il favore dei le@ori e dei criPci. Per questo Pirandello decise di sintePzzare in un saggio teorico, L’umorismo, la propria poePca. Che L’umorismo fosse un saggio speciale e fuori dagli schemi lo annunciava già la dedica sul frontespizio. Pirandello dedicava infaQ l’opera ad un personaggio di fantasia, cioè “alla buon’anima di Ma\a Pascal bibliotecario”. Non era una scelta casuale: MaQa Pascal, protagonista del romanzo uscito nel 1904, cosPtuiva l’incarnazione perfe@a della poePca umorisPca. Pirandello non mostra di intendere l’umorismo come lo si considera comunemente e in modo superficiale una forma di comicità, ma in modo personale e innovaPvo. Pirandello differenzia l’umorismo sia dalla sarcasPca parodia sia dalla comicità superficiale. Si ha secondo l’autore, umorismo, quando l’intelligenza e la sensibilità ci fanno cogliere il risvolto amaro di una situazione avverPta in un primo momento come apparentemente comica. Spieghiamo meglio!! Partendo dall’osservazione della realtà e degli uomini, Pirandello constata come frequentemente ci imbaQamo in cose e persone diverse, secondo i nostri pregiudizi, da noi. Ci accorgiamo che sono il contrario di quello che secondo noi dovrebbero essere e ci fanno ridere: questo momento è quello che Pirandello chiama avverPmento del contrario e che genera comicità. Ma se ci sforziamo a rifle@ere, indagando, capiamo che dietro una situazione apparentemente comica si nasconde un dramma umano. Allora saremo presi da un senso di pietà e la nostra risata si trasformerà in un amaro sorriso. Tramite la riflessione siamo passaP quindi dall’avverPmento del contrario (comicità), al senPmento del contrario (umorismo). Da questa amara comprensione, nasce spesso quella compassione per tanP sventuraP ed infelici comportamenP umani, a prima vista comici. L’umorismo per Pirandello va oltre i generi del comico e del tragico: li supera poiché intervenendo con la riflessione sulla realtà rappresentata, smaschera gli inganni che si celano dietro le apparenze, le convenzione, le impressioni superficiali. Per chiarire meglio questo conce@o, Pirandello fa l’esempio di una vecchia signora che fa ridere perché si imbelle@a goffamente e indossa vesPP giovanili. Ciò suscita comicità, ridiamo quando la vediamo. Ma se pensiamo che ella si comporta così solo per coprire le rughe e apparire più giovane per tenere legato a sé il marito più giovane, allora non possiamo più riderne, ma solo sorriderne amaramente e subentra in noi la pietà per la povera donna. Ecco che dietro alla commedia si nasconde il dramma. L’arte che nasce da tale concezione sarà un’arte diversa da quella a cui siamo abituaP: sarà un’arte paradossale, che rivela il contrario, l’ombra, l’oltre (tu@e parole chiave per Pirandello). Il contrario è ciò che la riflessione umorisPca scopre (la realtà non è mai quella che potrebbe sembrare); l’ombra è il lato nascosto delle cose e solo l’umorista può vederlo; essa rappresenta anche l’altro, l’io segreto che affiora in cerP momenP di vuoto interiore (si tra@a di una concezione molto simile a quella dell’inconscio freudiano). Infine l’oltre: un mondo fa@o di sincerità e autenPcità, è una sfera lontanissima dalla vita quoPdiana, regolata dall’apparenza e dalle regole sociali, che Pirandello chiama forme. IL PERSONAGGIO PIRANDELLIANO Pirandello indaga il disagio esistenziale degli uomini, pertanto i suoi personaggi sono sempre problemaPci. Sono in crisi di idenPtà, sono alienaP dalla realtà che li circonda, non hanno una direzione verso cui orientare la loro vita e sono privi di certezze, vivono appieno, infaQ, il disgregarsi delle certezze posiPviste. I personaggi raccontaP da Pirandello sono prevalentemente piccoli borghesi, hanno scarsa fiducia in se stessi, spesso hanno Pc nervosi o dife\ fisici, conducono un’esistenza grama e soffocante. Sono ine\, incapaci di reagire alla situazione in cui si trovano, diventano speVatori estranei della vita: invece di vivere, si guardano vivere. Oppongono allo sfacelo di una società ormai in decomposizione una brama disperata di vivere, di essere qualcuno. Ma questa brama, sempre insoddisfa@a, si esaspera in gesP bizzarri, in allucinate stravaganze, in una più o meno lucida follia. I personaggi di Pirandello si agitano si diba@ono, in una conPnua disputa con gli altri e con se stessi; denunciano con ironia gelida e disperata la vanità di ogni più solida certezza. La s-ragione pirandelliana I personaggi di Pirandello discutono, disPnguono, spiegano, “ragionano” con accanimento. Tu@avia le loro vicende dimostrano che è impossibile una qualsiasi conclusione razionale, una sintesi, visto che la vita stessa, a parere di Pirandello, “non conclude”. Pirandello dunque non ha alcuna fiducia nella ragione, e se la usa è per dimostrare che essa non conduce da nessuna parte. E’ un tema Ppicamente novecentesco, in quanto anPposiPvisPco, cioè contro ogni progresso derivato dall’uso della ragione. Ragionare significa, per Pirandello, sragionare. E’ il trionfo dell’irrazionalismo!! IL PENSIERO E LA POETICA Pirandello analizza il senso di smarrimento dell’uomo provocato dal fallimento degli ideali patrio\ci e risorgimentali e delle certezze posiPviste. Tale smarrimento porta l’uomo a non riconoscersi all’interno di una realtà che gli è ormai estranea e indecifrabile. Da ciò derivano tu@e le temaPche pirandelliane di natura esistenziale: • Inconoscibilità e incomunicabilità: Pirandello sosPene il conce@o di inconoscibilità del reale, ogni individuo infaQ si crea un’immagine del mondo esterno in base al proprio punto di vista che non è condiviso dagli altri uomini. Esistono, allora, secondo Pirandello tante verità quanP sono gli individui che si illudono di possederla. Non esiste una verità assoluta, una conoscenza autenPca delle cose (relaPvismo). Inoltre è impossibile anche una comunicazione, poiché le parole non hanno per tuQ il medesimo significato, il linguaggio è ambiguo e sogge@o a svariate interpretazioni. E’ come se l’uomo fosse chiuso in un carcere senza porte e senza finestre, inuPlmente, quindi, cercherà il dialogo con altri uomini che, a loro volta, sono chiusi nel loro carcere. • Il contrasto tra la “forma” e la “vita” (tra apparenza e realtà): la “vita” è concepita come un flusso inarrestabile di passioni e isPnP che pulsa all’interno di ciascun individuo; ad essa si oppone la “forma”, una sorta di maschera che la società impone all’individuo e che è cosPtuita dall’insieme dei condizionamenP morali e comportamentali, necessari alla vita di relazione, ma ostacolo alla libertà e autenPcità dell’uomo. Quest’ulPmo inevitabilmente per vivere deve indossare la maschera che la società gli impone (si pensi all’Esclusa). I personaggi di Pirandello sono degli individui che ad un certo punto della loro vita si rendono conto di vivere una vita non autenPca, oppressi dalle maschere, dai pregiudizi, dalle trappole (famiglia, lavoro) della società; essi cercano di evadere dalla “forma”, come Ma\a Pascal o Belluca (Il treno ha fischiato), ma si rivelano tuQ tentaPvi vani poiché ognuno è costre@o alla fine a rientrare, suo malgrado, nella propria forma, al di fuori della quale non è possibile vivere perché si rimarrebbe irrimediabilmente esclusi dalla società (es. Ma\a, senza idenPtà, non può sposarsi, non può denunciare il furto subito). Secondo Pirandello solo la follia può strappare la maschera che opprime ogni uomo e liberarlo dalle costrizioni che la società gli impone. • L’assurdità di un’esistenza condizionata dal caso: A tal proposito ricordiamo che il caso fa vincere una grossa somma di denaro a MaQa Pascal, sempre per caso viene riconosciuto in un individuo morto suicida. Per caso il fischio del treno sveglia Belluca dal suo torpore. • La lanterninosofia: Pirandello espone questa teoria ne Il fu Ma>a Pascal. Gli uomini rispe@o alle altre specie vivenP hanno la capacità di “senPrsi vivere”; questo senPmento della vita è come un lanternino che ciascun uomo porta con sé, ma che ha una luce così debole da far sembrare ancor più minacciose le tenebre. Gli uomini alimentano i loro lanternini ai lanternoni della fede e degli ideali, ma quando i lanternoni si spengono (crisi delle certezze posiPviste) gli umani si trovano a vagare nel buio perché i loro lumicini sono strumenP inadeguaP per conoscere la realtà. • Filosofia del lontano: E’ un modo di guardare la realtà con distacco per acquisire una prospeQva estraniata che ridimensioni le vicende e il dolore. LO STILE La novità della le@eratura pirandelliana risiede nella molPplicazione dei punP di vista e nella frammentazione della linearità del discorso narraPvo. La descrizione dei faQ si intreccia conPnuamente con la riflessione su di essi compiuta dal protagonista o dal narratore, cui si aggiunge la presenza degli altri personaggi che intervengono nell’azione commentando ed esprimendo le proprie opinioni. Si spezza perciò il ritmo logico e cronologico dei faQ narraP (passato e presente si mescolano) parallelamente alla
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