Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Pirandello, italiano, Sintesi del corso di Italiano

Riassunto dell’autore italiano Pirandello.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 24/11/2023

patata-7
patata-7 🇮🇹

5

(1)

13 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Pirandello, italiano e più Sintesi del corso in PDF di Italiano solo su Docsity! LUIGI PIRANDELLO Pirandello nacque nel 1867 a Caos da famiglia agiata (il padre era proprietario di zolfare). Studiò a Palermo, a Roma e a Bonn, dove si laureò in filologia romanza nel 1891. Durante gli studi pubblicò i primi volumi di versi Mal giocondo (1889) e Pasqua di Gea (1891). Trasferitosi a Roma, frequentò gli ambienti artistici della capitale, fondamentale fu l'incontro con Luigi Capuana, che lo incoraggiò a cimentarsi con la narrativa. Pubblicò articoli, le prime novelle, altre raccolte poetiche, e fondò con alcuni amici la rivista "Ariel", dove comparve il suo primo dramma, L'epilogo. Nel 1894 sposò Maria Antonietta Portulano, da cui avrebbe avuto tre figli. L'allagamento di una zolfara, nel 1903, provocò la rovina economica della famiglia e l'esaurimento nervoso della moglie. Luigi fu costretto a un lavoro febbrile per mantenere la famiglia: nel giro di pochi anni pubblicò raccolte di novelle e diversi romanzi: II fu Mattia Pascal (1904), Suo marito (1911), I vecchi e i giovani (1913), Si gira... (1916), Uno, nessuno e centomila (1926). Nel 1908 diede alle stampe le uniche due raccolte di saggi, Arte e scienza e l'umorismo. Dal 1909 iniziò a collaborare con il "Corriere della Sera". A partire dal 1916 si dedicò soprattutto al teatro, mettendo in scena capolavori che gli valsero la fama internazionale e il premio Nobel (1934). Nel 1924 aderì al fascismo e fondò il Teatro d'Arte. Morì nel 1936, lasciando irrealizzato il progetto di creare e dirigere un teatro di stato. I GRANDI TEMI La relatività del tutto All'origine di buona parte dell'opera pirandelliana c'è la volontà di comprendere il reale che giunge a conclusioni radicalmente scettiche. La realtà è trasformazione continua, flusso vitale incessante e sempre diverso, in perenne movimento: in una parola, caos. Volerne ricavare un senso è una pretesa sciocca e illusoria. La conoscenza assoluta si trova fuori dalla nostra portata. L'uomo, riguardo a sé e al mondo esterno, può avere opinioni che valgono meno di niente. Tutto è relativo. Solo realtà soggettiva. La disgregazione dell’identità Sbaglia chiunque giudichi un altro individuo o presuma di conoscerlo, in quanto l'idea che egli se ne è fatta dipende dalle circostanze particolari in cui è entrato in rapporto con lui (non possiamo giudicare chi ci troviamo davanti perchè lo conosciamo in circostanze particolari). Si inganna, analogamente, ciascuno di noi, quando pensa di essere fatto in un certo modo e non si rende conto di trovarsi invece in perpetua metamorfosi. Di conseguenza fissare un'identità univoca per una persona si rivela un'astrazione. Ogni sforzo di mettere ordine all'esistenza risulta vano e privo di significato. Nelle diverse circostanze in cui si trova, può mostrare di sé solo una maschera, temporanea, destinata a rimanere inconoscibile. Il disinganno e il furore argomentativo Nelle sue opere Pirandello vuole disingannarci dall'illusione positivista che esista una verità immutabile, oggettiva e condivisa da tutti, e che nessuna realtà si possa sottrarre all'indagine scientifica. Con la stessa determinazione, prende di mira tutti gli istituti sociali, a partire dal matrimonio (turno). La passione e la foga con cui Pirandello esercita questo ruolo di maestro del disincanto lo inducono a dare a molte sue pagine una forte impronta dialettica, di discussione e di smantellamento di pregiudizi e luoghi comuni. L'autore elegge come portavoce un personaggio, affidandogli l'incarico di demolire tutte le convinzioni ideologiche a cui si appoggia il suo interlocutore. Sa che per entrare nel flusso della vita occorre prendere le distanze dalla società umana, dalla prigione dei ruoli e dei pregiudizi della gente, non prendere parte alla “pupazzata”, cioè alla pagliacciata collettiva e così impara a guardare il mondo con distacco, da una lontananza psicologica, mentale. Il gusto del paradossale Per conferire alle proprie dimostrazioni evidenza di verità inconfutabili, Pirandello ricorre alla prova dell'esempio. I suoi esempi presentano sempre un che di paradossale, al limite dell'inverosimile. Basti pensare ai due accadimenti nel Fu Mattia Pascal: la vincita milionaria al casinò di Montecarlo e il fatto che la moglie aveva creduto di riconoscerlo nel cadavere del mulino. Non esiste personaggio pirandelliano che, per sottrarsi a questa morsa condizionante e restituirsi alla libertà, non si ingegni, dando sfogo alla fantasia o compiendo le azioni più inconsulte e incompatibili con la propria maschera pubblica. L’UMORISMO La più compiuta esposizione della poetica pirandelliana è il saggio intitolato L'umorismo. Ha una prima parte, più accademica, d'impianto storico-critico e di una seconda in cui espone la sua concezione e cita alcuni capolavori della letteratura umoristica. Quando il saggio uscì, nei primi giorni del 1909 (datato però 1908), Pirandello aveva già attivi tre romanzi, quattro raccolte di poesie e cinque libri di novelle. Nella prima edizione l'autore appose una dedica ammiccante “alla buon'anima di Mattia Pascal bibliotecario”, con riferimento al protagonista del suo romanzo del 1904. Che cosa si intende per "umorismo"? L'umorismo non è una visione del mondo, ma ha un suo preciso campo di applicazione, costituito dall'uomo. Nell'opera questa visione dell'uomo si traduce in una rappresentazione del personaggio. Affinché scatti la visione umoristica, si richiede che il soggetto rappresentato compia un'azione intenzionale o una serie di azioni coerenti con il suo carattere. L'umorismo può entrare in gioco solo quando si compie un’azione volontaria. L'umorismo del comico ha fine unico di far ridere, la rappresentazione umoristica di un personaggio suscita una reazione più complessa, ambivalente tra il riso e il pianto. Lo scrittore porta l'esempio della vecchia coi capelli tinti, goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili, vistosamente truccata, nel desiderio di apparire più giovane. Il riso nasce da quello che Pirandello definisce l'avvertimento del contrario. Quando il camuffamento risulta maldestro e l'osservatore se ne accorge, scatta il riso. Finché la reazione dell'osservatore si limita a questa «impressione» superficiale e immediata, ci muoviamo ancora nell'ambito del comico. Il comico si limita a osservare le meschinità altrui e a riderne di gusto. A questo punto può intervenire nell'osservatore una seconda attitudine: «la riflessione». Si passa a una comprensione più profonda del fatto, si cerca di immaginare come causalità, che di quella poetica era stato uno dei cardini, introducendo invece un elemento di paradossalità dal sentore già umoristico. In un primo momento la protagonista, ingiustamente accusata di un adulterio che non ha mai commesso, sulla base di semplici sospetti, viene cacciata di casa dal marito. è la situazione a essere umoristica, come umoristico è il motivo del pregiudizio sociale che un'intera comunità si fa di una donna, bollata come disonesta. Le convenzioni, le apparenze, le leggi non scritte della società hanno già acquistato, nella visione di Pirandello, un ruolo preponderante di condizionamento e di alienazione dell'individuo, stravolgendo la verità dei fatti. L'immagine esterna soffoca l'identità della persona. Altro elemento che prefigura il Pirandello più maturo è la deformazione grottesca dei personaggi di contorno. Una situazione umoristica caratterizza anche Il turno. Chi mai direbbe che anche per sposarsi occorra mettersi pazientemente in coda aspettare il proprio turno? Eppure è esattamente ciò che capita. All'inizio del romanzo il padre di Stellina impone alla figlia, contro il parere di tutti, un marito più che settantenne, don Diego, sicuro che il nobiluomo sarebbe morto di lì a poco, lasciandola padrona di una fortuna ancora nel fiore degli anni. Anche qui il caso beffardo si diverte a scombinare tutti i piani, dimostrando che la vita è imprevedibile. L'intreccio da opera buffa non impedisce di cogliere la tesi cara al Pirandello umorista: tutti i nostri sforzi di dare un ordine alla vita sono vani, perché qualcosa si mette di traverso e si fa beffe di noi. Gli uomini, in balia di questo caso bizzarro e ingannevole, non sono che marionette, e la vita stessa è soltanto una sciocca fantocciata, come sentenzia don Diego. IL FU MATTIA PASCAL Pubblicato nel 1904, Il fu Mattia Pascal è considerato il capolavoro narrativo di Pirandello. Ogni legame con il Verismo si è dissolto, in favore di una poetica umoristica. A differenza dei romanzi precedenti, raccontati in terza persona, qui Pirandello affida il racconto allo stesso protagonista. Il fu Mattia Pascal è, in fondo, un libro di memorie, scritto in forma autobiografica, al passato. Nella seconda delle due premesse con cui si apre il romanzo, Pirandello presta all'io narrante una distinzione teorica: la storia era fatta per raccontare, agli occhi di Mattia Pascal i fatti in sé sono irrilevanti. Per lo scrittore agrigentino noi siamo semplici e sciocche marionette. Di conseguenza, la funzione narrativa viene svalutata e la scrittura diventa il luogo di una dimostrazione, l'unico scopo da perseguire è quello di provare una tesi, di svelare all'uomo la sua alienazione e la sua insignificanza. Contro la poetica verista, che raccomandava l'impersonalità, Pirandello opta per il narratore autodiegetico, che racconta in forma retrospettiva la strana vicenda a lui capitata. Tramite la voce di Mattia Pascal Pirandello esprime la propria visione del mondo. A partire dal Fu Mattia Pascal Pirandello compie la scelta di proporsi come scrittore non tanto di storie quanto di idee: in sintesi, quale scrittore filosofo. Il fu Mattia Pascal è un romanzo a tesi. La morale della favola viene enunciata da don Eligio Pellegrinotto, il sacerdote bibliotecario al posto di Mattia Pascal dopo che questi è scomparso. Dovrà fare esperienza delle innumerevoli complicazioni che la cancellazione della sua vita precedente comporta: la necessità di trovarsi un nome, quella di inventarsi un passato, l'impossibilità di denunciare un furto, di acquistare una casa, di sfidare a duello un pittore che lo aveva offeso, di instaurare una qualsiasi amicizia e di coltivare l'amore nei confronti della dolce Adriana Paleari. Alla fine il protagonista decide di simulare il suicidio proprio perché ha verificato che quello della libertà assoluta, non soggetta ad alcun condizionamento, è solo un miraggio. Il suo tentativo di fuga dalla prigione dei ruoli riconosciuti si rivela velleitario. Egli è costretto a recitare una parte, non può essere se stesso, per distinguersi e rendersi irriconoscibile, gli tocca lasciarsi allungare i capelli, radersi la barba, perfino farsi raddrizzare l'occhio strabico. La metafora riassuntiva della sua condizione di inesistenza è l'ombra: egli si sente come l'ombra d'un morto. Il fu Mattia Pascal rievoca non una vicenda rappresentativa di un'epoca e di un ambiente sociale. La vicenda che parve ai critici straordinaria è che Pirandello, per difendersi dall'accusa di inverosimiglianza, accompagnò l'edizione del 1921 con un'Avvertenza sugli scrupoli della fantasia in cui riporta un articolo di cronaca comparso sul "Corriere della Sera", che citava un caso effettivamente verificatosi qualche anno prima nei dintorni di Milano, che presentava una somiglianza con la fabula di sua invenzione. È proprio il caso l'unico motore della storia, che procede al di fuori di ogni logica, di ogni disegno preordinato e di ogni legge statistica, sulla spinta di circostanze inaspettate, di incontri fortuiti o di combinazioni imprevedibili. Nel Fu Mattia Pascal nulla è riconducibile a una volontà provvidenziale, al segno del destino e nemmeno al semplice calcolo delle probabilità: tutto appare al contrario. La grammatica del caso non conosce regole, ma solo eccezioni. Il caso spiazza sempre, devia il corso degli eventi, spingendoli in una direzione diversa se non addirittura opposta rispetto alle attese. Il caso si diverte a intrecciare i fatti in maniera singolare. La vicenda procede non in maniera lineare verso il proprio sbocco naturale, fatale o scontato, ma a tentoni, con bruschi cambiamenti di rotta. Mattia Pascal è il sacerdote del caso, di cui segue, docile, le disposizioni. :::: Riassunto trama del libro: Mattia Pascal vive a Miragno, fittizio paese della Liguria. Mentre si trova nella biblioteca della città, Mattia Pascal decide di raccontare la sua storia: in precedenza viveva insieme alla madre e al fratello Roberto in condizioni agiate grazie al lavoro del padre, che investì soldi in proprietà. Dalla sua morte, avvenuta quando Mattia aveva quattro anni e mezzo, si erano affidati a Batta Malagna, il quale per pagare i debiti iniziò a venderle, arricchendosi sfruttando l’ignoranza della madre. Mattia Pascal era stato perciò costretto a cercare lavoro trovandolo presso la biblioteca. L’amico Pomino è innamorato di Romilda Pescatrice, la quale però si innamora di Mattia, che la sposa. Mattia e Romilda vivono insieme alla bisbetica e insopportabile suocera. La famiglia e il lavoro rappresentano una trappola per Mattia Pascal. Lui e la moglie hanno due gemelle: la prima muore subito, la seconda dopo un anno; poco dopo muore anche la madre, così Mattia decide di andare in America da Marsiglia. Si ferma a Montecarlo, dove gioca d’azzardo al casinò per dodici giorni, andandosene con un bottino di 82 mila lire. Mentre in treno escogita un modo per scappare dalla sua vita, legge il suo necrologio: la moglie e la suocera, credendolo morto, lo avevano riconosciuto in un cadavere in avanzato stato di decomposizione trovato in quei giorni nella gora di un mulino, proprio quello che il protagonista avrebbe voluto comprare con i soldi ricavati alla roulette. Dopo un primo sbalordimento, Mattia decide di iniziare una nuova vita e sentendo due signori discutere sull’iconografia cristiana, ricava il nuovo nome: Adriano Meis. Adriano getta via la fede e si inventa un nuovo passato. Decide di operarsi l’occhio strabico e tagliare barba e capelli. Dopodiché viaggia molto, sia all’estero sia in Italia e infine si trasferisce a Roma. Qui vive in affitto in una camera ammobiliata presso Anselmo Paleari, teosofo occultista. Stringe amicizia proprio con l’affittuario stesso, la figlia Adriana e l’altra donna in affitto. Presto si accorge che non avere un passato lo costringe alle bugie: molti iniziano a fargli domande personali, alle quali lui risponde con storie inventate. Adriano continua a ripetere di essere libero, ma molto spesso il ricordo va alla famiglia. Si innamora di Adriana e durante una seduta spiritica la bacia. La vuole sposare ma non può, perché Adriano Meis non esiste. Sapendo di essere vivo per la morte ma morto per la vita, decide di fingere un suicidio. Lascia vicino al ponte un biglietto d’addio e torna al suo paese. Qui trova la moglie risposata con Pomino, con una figlia. Decide di non ri-prenderla in moglie ma di lasciarla all’amico, fa due giri intorno al villaggio ma nessuno se ne accorge, poi si dirige verso la biblioteca. Ogni tanto va al cimitero, dove lascia dei fiori per leggere la sua epigrafe. La riflessione e il sentimento del contrario pag. 254 Nella Parte seconda del saggio, Pirandello affronta i nodi teorici della visione e della rappresentazione umoristica. Uno degli esempi più noti è sicuramente l’estratto dall’edizione del 1920 che, rispetto alla princeps del 1908, presenta diverse integrazioni, fra cui l’esempio diventato famosissimo dell’anziana signora “goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili”. Tra le peculiarità delle opere di Pirandello c’è sicuramente la riflessione, che si oppone all’impulsività del sentimento: prende le distanze da esso e lo esamina con il distacco del filosofo e dello scienziato che non si lasciano dominare o e ai grandi eventi che governano l'Universo. Vista quindi in questa prospettiva, secondo Mattia la vita dell'uomo non conta nulla, e niente di ciò che è umano quindi ha veramente senso e valore. Proprio per questo non c'è alcuna necessità e tantomeno utilità di scrivere libri, poiché essi, raccontando vicende umane, risultano totalmente insensati ed inutili, essendo insensata ed inutile la vita dell'uomo. L'unico motivo per cui i libri possono considerarsi utili riguarda la distrazione: i libri permettono all'uomo di distrarsi ("Per fortuna, l'uomo si distrae facilmente"), di fargli credere ancora nell'illusione (generata dalla natura che benevolmente ha ingannato gli uomini per permettere loro di vivere sereni e sicuri del proprio ruolo nell'esistenza) della sua centralità ed importanza nell'Universo. Ed è proprio per questo che Mattia, alla fine, decide di raccontare la sua storia in un libro. Decide di stare al gioco insensato della vita, nonostante però abbia ormai capito le regole su cui si basa. Solo l'illusione è l'unico motivo che può spingere l'uomo a vivere. Il pensiero di Don Eligio, invece, rispecchia quello di tutte le persone che non "hanno capito il giuoco", per citare lo stesso Pirandello, ovvero di tutti coloro che si ostinano a trovare un senso ed un valore nella vita. Nel brano, infatti, le frasi pronunciate da Don Eligio sono brevi e "vuote", e servono solamente come punto di partenza per le critiche di Mattia Pascal, che cerca di demolire tutte le certezze del prete con analisi articolate e dettagliate e dettate principalmente dall'umorismo. Lo strappo nel cielo di carta pag. 296 Mattia Pascal, il protagonista dell'omonimo romanzo, si è ormai stabilito a Roma, ha assunto un'identità diversa, facendosi chiamare Adriano Meis ed abita in casa di un certo signor Paleari. Una sera, quest'ultimo propone a Adriano (ex Mattia Pascal) di andare ad assistere insieme ad uno spettacolo in cui delle marionette automatiche recitano l'Elettra. di Sofocle. Questa per Pirandello è l'occasione per introdurre la tesi di fondo della sua ideologia. Adriano resta perplesso nel sapere che si ricorre a delle marionette meccaniche per rappresentare una tragedia greca. Paluari continua esponendo un'eventualità e chiedendo a Adriano che cosa succederebbe se nel momento in cui Oreste sta vendicando la morte del padre si aprisse uno strappo nel cielo di carta dello scenario. Adriano non trova risposta, ma Paleari spiega che "Oreste rimarrebbe terribilmente sconcertato da questo buco nel cielo… insomma diventerebbe Amleto". In questa frase, apparentemente sibillina, è racchiuso il concetto che Pirandello ha della condizione umana. Oreste è il protagonista della tragedia di Sofocle spinto dalla sorella Elettra a vendicare la morte del padre Agamennone e ad uccidere sia la madre fedifraga, Clitennestra, ed il suo amante. Oreste è un eroe classico che nella vicenda non ha alcuna esitazione: è sicuro di sé, di quello che deve fare mai una volta un ripensamento. Va dritto verso il suo scopo e non esita ad assassinare la madre. Amleto, eroe moderno, come Oreste, sa che il padre è stato ucciso, ma, preso da mille dubbi, non si decide mai a vendicarlo. Alla fine della tragedia, Amleto vendicherà il padre, ma quasi costretto dagli eventi e non dalla sua ferrea volontà. Quindi l'uomo antico aveva delle certezze, l'uomo moderno vive nel dubbio e nell'incertezza. Per questo qualora Oreste, sulla scena, vedesse aprirsi un buon nel cielo perdere tutte le sue certezze che fino ad ora avevano caratterizzato la sua vita ed il suo comportamento e diventerebbe un nuovo Amleto perché lacerato da dubbi, ed incapace di agire per eccesso di consapevolezza critica. Il brano è ricco di metafore: la carta che nel sipario simula il cielo sono le convenzioni, le norme le istituzioni e qualora esso si strappasse la recita si paralizzerebbe, come l'uomo moderno che non potrebbe vivere al di fuori della perplessità e della convenzionale falsità che lo circonda. La vita si basa sull'illusione non è altro che un inganno ed è sufficiente che si verifichi un incidente di poco conto, come lo "strappo del cielo" per capire il vero senso dell'esistenza umana. Anche il teatrino è una metafora: le marionette meccaniche recitano una parte senza rendersi conto di quello che fanno e se si scopre la vera realtà ecco insorgere "vertigini e capogiri", come scrive Pirandello alla fine del brano. La Lanternosofia pag. 300 Nel XIII capitolo del fu Mattia Pascal, Pirandello attraverso il personaggio di Anselmo Paelari espone la teoria del Lanternino. Decide quindi di trasferirsi a Roma, dove vive nella stessa posizione di Mattia, cioè una posizione di non vita. Quando Mattia si rende conto di questo, finisce nella pensione di Anselmo Paleari, che lo ospita. Qui Adriano Meis è cambiato anche nell'aspetto, ha i capelli lunghi, gli occhiali per nascondere il difetto e un cappello. Adriano, all'interno della casa, conosce la figlia di Paleari Adriana ed il cognato vedovo che, dopo la morte della moglie, vuole a tutti i costi sposare Adriana per non dare ad Anselmo la dote della figlia defunta. Adriano vede in Anselmo un uomo misterioso attratto dalla magia oscura, che infatti la prodiga nelle sedute spiritiche che si effettuano dentro casa sua. Per ridisegnare completamente la sua identità, Adriano, sotto consiglio di Adriana di cui è innamorato, decide di operarsi, ma deve restare quaranta giorni al buio. Così un giorno Anselmo lo va a trovare e gli racconta che il buio che vede, nella realtà dei fatti non è così reale. Secondo Anselmo esiste una filosofia, o per meglio dire una teoria, dal nome di Lanterninosofia. Nella realtà questa Lanterninosofia si apre sopra ad un discorso ampio. Secondo Anselmo infatti, ognuno di noi ha un lanternino dentro acceso che ci fa vedere sia il bene che il male e che soprattutto ci fornisce un confronto tra il nostro io e la realtà che ci circonda. Nei momenti di crisi però questo lanternino vacilla e ci fa vedere sin dove arriva, il resto resta buio nella paura che ha l'uomo per guardarlo. Succede però che in momenti come questi di crisi, ci sono dei lanternoni, creati dalle persone stesse che hanno in comune alcuni aspetti; questi lanternoni sono i principi che guidano l'umanità. Il problema è che in periodi di crisi questi lanternoni si spengono, vacillano e lasciano l'umanità in preda al più grande sconforto (proprio come il periodo che lo stesso Pirandello sta vivendo). Nella realtà dei fatti, Adriano Meis resta completamente allibito su alcuni aspetti. Nonostante Mattia sia un inetto, nella realtà in Adriano vivono delle caratteristiche che lo ricollegano ancora agli eroi del passato. Non dimentichiamoci che l'eroe del passato è un eroe capace di vendetta, un eroe che sa cosa vuole, e che lotta fino ad ottenerlo, nessun dubbio lo piega, neanche le difficili sfide che il destino gli mette davanti. Eh caro mio… io sono il fu Mattia Pascal pag. 304 Senza più curarsi di essere riconosciuto, Mattia fa ritorno al paese natio con ansia e rabbia crescenti, e si dirige al palazzo dove abitano Pomino e Romilda. Al suo apparire tutti sono esterrefatti: Pomino cade a terra, la vedova Pescatore emette un grido acutissimo, Romilda sviene. Ma i propositi di vendetta di Mattia si placano, in seguito alla scoperta che la coppia ha una figlia. Mattia li tranquillizza, dicendo di non voler certo tornare ad essere genero della Pescatore. Pomino ricostruisce le vicende che hanno condotto al matrimonio, mentre Mattia racconta qualcosa di quel che gli è accaduto, poi all'alba egli si congeda da loro per sempre. Così, Mattia si rassegna a vivere con la zia Scolastica, trascorrendo gran parte del tempo in biblioteca in compagnia di don Eligio Pellegrinotto, con l'aiuto del quale scrive la sua incredibile vicenda dietro la promessa che il curato ne manterrà il segreto, come in confessione. Il manoscritto, poi, lo lascerà alla biblioteca, con l'obbligo che nessuno lo apra se non dopo cinquant'anni dalla sua "terza, ultima e definitiva morte". Nel cimitero di Miragno il protagonista, che ha portato una corona di fiori sulla tomba che porta la lapide a lui intestata, incontra talvolta qualche curioso che lo interroga sulla sua identità, e lui risponde: “Eh, caro mio... Io sono il fu Mattia Pascal”.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved