Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Pirandello, Svevo, Futurismo, Crepuscolari, Ungaretti, Saba, Montale, Appunti di Italiano

Appunti sugli autori sopra indicati

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 10/05/2018

roxana-vlad
roxana-vlad 🇮🇹

4.5

(2)

1 documento

1 / 24

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Pirandello, Svevo, Futurismo, Crepuscolari, Ungaretti, Saba, Montale e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! ➔ LUIGI PIRANDELLO(Agrigento,1867 – Roma, 1936) Scrittore, drammaturgo e poeta. È uno dei sei intellettuali italiani che nel corso della storia ha avuto l’onore di essere stato insignito del premio Nobel 1934 per la letteratura; Figlio di Stefano Pirandello e Caterina Ricci-Gramitto La sua famiglia apparteneva alla borghesia, arricchitasi grazie al commercio e all’estrazione dello zolfo. I genitori auspicavano per il figlio una carriera da imprenditore nell’azienda di famiglia e il giovane Luigi A diciannove anni Pirandello cominciò l’università in Sicilia(Palermo), per trasferirsi subito dopo a Roma. Nella capitale non restò poi molto tempo. Già dopo pochi mesi riuscì a litigare con il rettore, cosa che lo costrinse a lasciare l’ateneo per completare gli studi a Bonn, in Germania. Sposa Maria Antonietta Portulano, figlia di un socio del padre, poi si ammala e Pirandello fu costretto a farla ricoverare in un ospedale psichiatrico. Non si può non parlare di Pirandello senza citare l’ “umorismo pirandelliano”, presente in molti dei suoi capolavori. L’umorismo, per Pirandello, è un particolare modo di vedere la realtà, che va in profondità, lasciando infine un senso di amarezza. Pirandello distingueva infatti l’umorismo dalla “comicità”, istintiva e superficiale. La risata comica infatti nasce dal fatto che lo spettatore avverte un contrasto tra l’apparenza e la realtà, tra ciò che vede e ciò che dovrebbe essere. Es. una vecchia signora con i capelli tinti di blu fa ridere perché sono le ragazze giovani che spesso si tingono i capelli, non gli anziani L’umorismo però va in profondità e si chiede “perché quella signora ha i capelli blu?”. Spesso la risposta non fa ridere, perché interroga le insicurezze, le debolezze o i drammi dell’essere umano. Per restare in tema: magari la signora così si illude di essere ancora giovane, perché ha paura di invecchiare e poi morire. Altri temi fondamentali per comprendere Pirandello sono quelli delle “maschere” e della “crisi dell’io”, argomenti trattati anche in psicologia, materia che lo scrittore studiò a lungo, soprattutto per cercare di comprendere la patologia della moglie. Entrambi i temi sono protagonisti del romanzo Uno nessuno e centomila (1926), dal quale emerge una profonda angoscia dell’esistere temperata da un amara ironia. Le maschere citate da Pirandello sono quelle che ogni giorno siamo costretti ad indossare per nascondere chi siamo realmente e farci accettare dalla società e dalle persone che conosciamo. In questo modo adattiamo il nostro essere in base ai nostri interlocutori, col risultato di essere sempre diversi ma senza un’identità ben precisa. 1.Formazione: rapporti conflittuali con il padre. 2.Coscienza della crisi: malattia della moglie e la caduta in rovina. L'Esclusa(verismo) 3.Narrativa Umoristica: L'umorismo e premesse del Fu Mattia Pascal, linguaggio quotidiano. 4.Teatro Umoristico: 1925 successo internazionale ''Così è se vi pare'' aderisce al fascismo 5.Stagione del Surrealismo: ''Uno nessuno e centomila Il teatro del grottesco, un modo stravolto, ridotto a parodia e ad assurdo, i casi della vita forzati in maniera innaturale; i meccanismi della vita sociale portati alle estreme conseguenze, esplodono; è il modo in cui l’ umorismo si applica al teatro; il tragico si trascina dietro il comico e viceversa. Sottolinea che l'opera deve diventare beffa e parodia di se stessa ● UNO, NESSUNO, CENTOMILA:pubblicato nel 1926. La crisi del protagonista, Vitalangelo Moscarda, ha inizio quando la moglie gli fa osservare che il suo naso pende verso destra, cosa che egli non aveva mai avvertito. Viene aiutato da Anna Rosa che mentre lui cerca di baciarla gli spara un colpo accidentalmente. Trova spazio in un ospizio che lui stesso costruisce ed entra nel mondo della natura, così si allontana dalle maschere. Nasce di qui in lui la consapevolezza che la sua persona si riflette il centomila immagini tutte fallaci: tante quanti sono gli altri che lo osservano, fissandolo in una forma da loro creduta e voluta, secondo i loro particolari interessi, ma mai corrispondente alla sua realtà. Essere centomila significa, dunque, essere nessuno. L’uomo è uno, perché dotato di una identità anagrafica; è 100.000 uomini, in quanto 100.000 sono le maschere che indossa nelle varie situazioni e dunque le percezioni che gli altri hanno di lui in ultima analisi, l’uomo allora in fondo non è nessuno ● SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE, dove i sei protagonisti, figure appena abbozzate da uno scrittore e poi abbandonate a se stesse, chiedono con angoscia che qualcuno completi l’opera lasciata sospesa e li faccia vivere autenticamente in una forma, in una consistenza che li salvi dalla dispersione del relativo e dalla sofferenza che ne deriva. Ai sei personaggi il suo autore ha dato l’essere, non la ragion d’essere. Ma la loro protesta è vana. La tragedia dell’uomo pirandelliano è il suo essere per il nulla: l’uomo, che un Dio sconosciuto ha dotato di una scintilla divina, ha in sé voglia di un’esistenza vera e di comprendere meglio se stesso e il mondo ma alla fine sono costretti a veder morire questa ansia di vita vera in un mondo di apparenze, di false certezze, di mistero. .un Padre, una Madre, il Figlio, la Figliastra, il Giovinetto e la Bambina Il Padre si è separato dalla Madre, dopo aver avuto da lei un Figlio. La Madre, sollecitata dal Padre, si ricostruisce una famiglia con il segretario che lavorava in casa loro e ha da lui tre figli: la Figliastra, la Bambina e il Giovinetto. Morto il segretario la famiglia cade in miseria, tanto che la Figliastra è costretta a prostituirsi nell'atelier di Madama Pace, dove la Madre lavora come sarta. Qui si reca abitualmente il Padre. Padre e Figliastra non si riconoscono e l'incontro viene evitato appena in tempo dall'intervento della Madre. Tormentato dalla vergogna e dai rimorsi, il Padre accoglie in casa la Madre e i tre figli. Ciò provoca il risentimento del Figlio e la convivenza diventa insostenibile. La Bambina annega nella vasca del giardino e il Giovinetto si spara. ● COSÌ È SE VI PARE I protagonisti sono il Signor Ponza e la suocera, la Signora Frola, e la moglie del signor Ponza, mai avvistata veramente da nessuno. Corre voce che il Signor Ponza sia raffigurato come un “mostro” che impedisce alla Signora Frola di vedere la figlia. La Signora Frola afferma che suo genero è pazzo e crede di essere rimasto vedovo e di essersi risposato con un’altra donna che non avrebbe nessuna parentela con lei; dall’altra parte, il Signor Ponza sventola ai quattro venti la pazzia della suocera. La Signora Frola sarebbe impazzita a causa della perdita della figlia Lina, sua prima moglie, e attualmente sarebbe convinta La sua seconda moglie sia la sua attuale figlia, purtroppo scomparsa ➔SERGIO CORAZZINI nato a Roma nel 1886 e morto giovanissimo di tisi nel 1907 a 21 anni. La sua breve esistenza trascorse triste e angusta, oppressa dalle sofferenze del male inguaribile e dalle ristrettezze economiche, ma ardente e tenace fu in lui l’amore per la poesia che animò la sua fugace ma intensa attività letteraria. La solitudine, la struggente nostalgia di esperienze vitali destinate a rimanere ignote ed estranee, la sofferenza legata alla malattia e il desiderio di morte, il mondo delle piccole cose e degli affetti comuni, l’inutilità della poesia nella società moderna furono i temi principali dei componimenti ● OPERA: DESOLAZIONE DEL POVERO POETA SENTIMENTALE 1909 rifiuta di considerarsi un poeta, sentendosi un bambino ingemuo e indifeso che mostra agli altri il proprio dolore, l'amore per le cose comuni, incapacità di vivere, provando solo gioie semplici. La tensione religiosa è un'alternativa alla vanità delle cose terrene. Al superuomo affermato da D'Annunzio si contrappone Corazzini ''il fanciullo'' e il suo rifiuto, la sofferenza umana e la desolazione(dolore e sconforto totali) ➔ GUIDO GOZZANO Torino 1883-1916 l’esponente più significativo del Crepuscolarismo la poesia è una sorta di sostituto artificiale di quella vita che la malattia (Tubercolosi) e la negatività del presente gli impediscono di vivere in pienezza: degradata e ridotta a merce, la letteratura può sopravvivere solo come finzione, collocandosi al di fuori della vita e della storia. Il carattere artificioso della poesia si accompagna a una serie di espedienti formali, come la mescolanza del lessico prezioso della tradizione con quello basso della parlata quotidiana, per sottolineare l'inutilità della poesia. Si allontana dalla vita mondana e parte per l'India dove spera di guarire ma quando ritorna muore a 32 anni. L’opera maggiore di Gozzano è la raccolta I colloqui (1911) e tra i componimenti più famosi e significativi de I colloqui ricordiamo : ● La signorina Felicita ritenuto il capolavoro di Gozzano: nel giorno di Santa Felicita, il poeta ripensa con nostalgia al semplice e delicato idillio amoroso da lui intrecciato in un paesino di montagna con una cara e buona ragazza, non bella e non colta(ideale di vita elementare), ma ricca di sensibilità e di gentilezza, la signorina Felicita, che vive con il padre in un'antica villa. Lei si offre come alternativa all'aridità del poeta. Nel poemetto Gozzano rievoca, in un tenero immaginario colloquio con la fanciulla, i momenti più importanti di quel breve e ingenuo idillio: momenti fatti di niente, eppure carichi di tenerezza e di incanto. Ma viene interrotto a causa della classe sociale e perché al poeta è negato l'abbandono ai facili sentimenti romantici. ➔ ITALO SVEVO ● VITA -pseudonimo del triestino Ettore Schmitz Da ragazzo Italo Svevo frequentò scuole commerciali. Già da allora però mostrò molto più interesse per la letteratura e le arti che per gli affari. Il suo sogno era scrivere romanzi e opere teatrali. Nel 1880, in seguito al fallimento dell’azienda paterna, fu costretto a impiegarsi come traduttore presso una banca. Era un lavoro che svolgeva senza entusiasmo e senza abbandonare la sua passione per la letteratura. Approfondì infatti lo studio di Nietzsche, di Schopenhauer, delle teorie evoluzionistiche di Darwin e della psicanalisi di Freud. Coltivò la lettura dei narratori francesi (Balzac, Flaubert, Zola), maestri del Realismo e del Naturalismo. Nel 1892 pubblicò a proprie spese e senza successo il romanzo Una vita. Nel 1896 Italo Svevo sposò la cugina Livia Veneziani. Era figlia di un ricco industriale, e tre anni dopo iniziò a lavorare nell’azienda del suocero. Nel frattempo aveva scritto un secondo romanzo, Senilità, che uscì nel 1898 con lo stesso esito negativo del primo. La sua nuova condizione di dirigente industriale prevedeva numerosi viaggi d’affari in Europa. Pertanto Italo Svevo iniziò a seguire lezioni private d’inglese dall’allora sconosciuto James Joyce, che faceva l’insegnante a Trieste. Tra i due nacque una profonda amicizia e un proficuo scambio di esperienze e interessi culturali. Joyce lesse i due romanzi di Svevo e lo incoraggiò a continuare su quella strada, nonostante i fallimenti registrati. ● STILE I romanzi di Italo Svevo presentano un personaggio nuovo per la letteratura italiana della seconda metà dell’Ottocento. Si tratta dell’inetto, un uomo debole e irresoluto, perennemente oscillante tra buoni propositi e incapacità di mantenervi fede. La fisionomia di questo personaggio si definisce attraverso i protagonisti dei primi due romanzi di Italo Svevo (Una vita e Senilità). Troverà poi la sua rappresentazione più completa in Zeno Cosini protagonista di La coscienza di Zeno. Attraverso i tre romanzi maggiori, Svevo non svolge la narrazione oggettiva di fatti, ma vuole cogliere, attraverso un’analisi spregiudicata, i recessi più nascosti della coscienza umana, proprio nel momento in cui si stavano affermando gli studi di psicologia. In questi romanzi il protagonista è sempre un vinto della vita, cioè un uomo incapace di vivere se non interiormente, intento a sottoporsi a un continuo esame e a ricercare le sue identità più nascoste. Il personaggio di Svevo è un uomo di un contemplativo creativo, alla continua ricerca di se stesso, e dunque non riesce ad inserirsi attivamente nel mondo. ● LA COSCIENZA DI ZENO Pubblicato nel 1923,. Raggiunge il successo nazionale e internazionale grazie a Eugenio Montale, che in un articolo del 1925 tesse le lodi del romanzo, e a James Joyce, amico di Svevo, che fa conoscereil romanzo in Francia. Innovativa è la struttura del romanzo, costruito ad episodi e non secondo una successione cronologica precisa e lineare. Il narratore è il protagonista, Zeno Cosini, che ripercorre sei momenti della sua vita all'interno di una terapia di psicoanalisi. Si apre con la Prefazione del dottore psicoanalista (identifica dall'ironicamente beffarda etichetta di "dottor S.", con un sotterraneo richiamo al cognome dell'autore reale) che ha avuto in cura Zeno e che l'ha indotto a scrivere la sua autobiografia. Il protagonista si è sottratto alla psicoanalisi e il medico per vendetta decide di pubblicare la sue memorie. I sei episodi della vita di Zeno Cosini sono:Il fumo, La morte di mio padre, La storia del mio matrimonio, La moglie e l’amante, Storia di un’associazione commerciale e Psico-analisi. Ogni episodio è narrato dal punto di vista del protagonista, e il suo resoconto degli eventi risulta spesso inattendibile; egli presenta la sua versione dei fatti, modificata e resa come innocua in un atto inconscio di autodifesa, per apparire migliore agli occhi del dottor S. (una sorta di secondo padre) 1. Dopo una Prefazione e un Preambolo sulla propria infanzia, nel terzo capitolo Zeno scrive del suo vizio del fumo : fin da ragazzino il protagonista è dedito a questo vizio, da cui cerca inutilmente di liberarsi con diversi tentativi infruttuosi, testimoniati dalle pagine di diari e dai libri su cui vengono scritte la data e la sigla u.s. (ultima sigaretta). Infine per liberarsi dal fumo il protagonista si fa ricoverare in una clinica, da cui fugge, corrompendo con una bottiglia di cognac l’infermiera che lo sorveglia. L’episodio del fumo permette a Zeno di riflettere sulla propria mancanza di forza di volontà e sull'incapacità di perseguire un fine con forza e decisione. Tale debolezza è attribuibile al senso di vuoto che egli sente nella sua vita, e all’assenza nella sua infanzia di una figura paterna che fornisca regole e norme comportamentali. 2. Il secondo episodio(La morte di mio padre) è appunto incentrato sulla figura del padre di Zeno.Il protagonista-narratore analizza il difficile rapporto con il genitore, che non riesce a identificare come figura di riferimento e guida. Zeno infatti non ha mai tentato di stabilire un rapporto affettivo e di reciproca intesa con il padre. Quando quest'ultimo è colto da paralisi, il figlio, in cerca di approvazione e giustificazione, prova ad accudirlo prima che sia troppo tardi. Ma durante la notte, il padre viene colpito da un edema cerebrale. Ormai incapace di intendere e volere l’uomo è destinato a morte certa, e Zeno spera, per evitare ulteriori sofferenze al padre e soprattutto fatiche per se stesso, in una fine rapida e indolore. Nell’estremo momento della morte in un gesto incontrollato il padre schiaffeggia il figlio, per poi spegnersi; gesto che segnerà irremediabilmente il protagonista La prima di queste precedenti pubblicazione risale al dicembre del 1916 e porta il titolo Il porto sepolto, un piccolo volume pubblicato a Udine da un suo amico e commilitone, il tenente Ettore Serra. Conteneva il primo nucleo dell’edizione definitiva del 1931, comprese le poesie scritte al fronte. L'edizione definitiva dell’''Allegria'' esce nel 1931, prima importante raccolta in cui Giuseppe Ungaretti riunisce, sistema e riordina le precedenti pubblicazioni che, con altri titoli ''Il porto sepolto e Allegria di naufragi'', avevano contenuto le poesie che via via l'autore aveva prodotto. Questi componimenti sono nati dall’esperienza dolorosa della guerra, dal compianto per la perdita di tanti commilitoni, della cui violenta fine il poeta era stato testimone nel corso degli scontri armati a cui aveva partecipato. Un'importante porzione di questa raccolta è costituita da ricordi della vita civile, che però in qualche modo la guerra ha contribuito a far rievocare. La guerra è, dunque, il momento, l’occasione che induce alla meditazione sui grandi temi della vita e della morte, sui temi dell’amore e della trascendenza. ● IN MEMORIA In memoria è dedicato all’amico Moammed Sceab. L’amicizia risaliva all’adolescenza, Sceab e Ungaretti furono compagni di studi ad Alessandria d’Egitto e successivamente emigrarono insieme a Parigi, dove vissero nello stesso albergo. A Parigi Sceab si suicidò, non sopportando più la propria condizione di nomade, privo di patria. Ungaretti ha sempre associato la figura di Sceab alla propria ricerca di identità letteraria. Questa lirica è dominata dal motivo dello sradicamento e della perdita d’identità, percepite anche da Ungaretti nel suo sentirsi estraneo al mondo. Ma il poeta al contrario dell’amico riesce ad esprimere attraverso la sua lirica il senso di lacerazione e di sradicamento ed inoltre attraverso la poesia riesce a far vivere il ricordo dell’amico e lasciare una testimonianza che duri nel tempo. La poesia è stata scritta mentre Ungaretti si trovava sul fronte di guerra. ● VEGLIA Con questa lirica Ungaretti parla di una sua allucinante esperienza di guerra. I versi descrivono una notte passata dal poeta al fronte accanto al corpo di un compagno ucciso, con il viso sfigurato dal dolore, le mani irrigidite dalla morte. La reazione del poeta è un istinto vitale irrefrenabile ed una ribellione disperata al destino di morte ed egli, pur avendo di fianco il compagno massacrato, durante la lunga notte in trincea, scrive lettere piene d’amore e dichiara un prorompente sentimento di attaccamento alla vita: non solo alla propria vita personale, ma a quella che è un bene comune, un diritto fondamentale di tutti gli uomini. La contrapposizione vita/morte costituisce il fulcro della lirica e sullo sfondo permane la denuncia dell’assurdità delle guerre, di ogni guerra. ● I FIUMI descrive un momento di breve pausa dalla guerra trascorso in riva all’Isonzo dove il poeta si immerge e ne esce rinnovato. Attraverso i ricordi il poeta ripercorre i fiumi che si intrecciano con le sue vicende personali. Ungaretti ha definito questa lirica la propria “carta d’identità”. Egli passando in rassegna i fiumi lungo i quali ha trascorso la sua vita, ne ripercorre le tappe: •il Serchio che scorre presso Lucca (terra d’origine dei suoi genitori); •il Nilo (lungo il quale è nato e ha trascorso infanzia e adolescenza); •la Senna parigina (dove è avvenuta la sua formazione culturale); •e infine l’Isonzo, fiume del presente e della guerra. Il percorso è a ritroso e parte dalle acque dell’Isonzo in cui si immerge e consente al poeta, recuperando il proprio passato di ritrovare quell’equilibrio con il mondo che la guerra aveva spezzato. Questa poesia è considerata dalla critica uno dei testi cardine della raccolta l’Allegria. Vi appaiono alcuni dei temi più ricorrenti nell’opera di Ungaretti: l’azione purificatrice dell’acqua, la riduzione all’essenziale, il senso di precarietà della condizione umana. ● COMMIATO La poesia Commiato, del 1916, chiude la prima raccolta di poesie di Giuseppe Ungaretti, Il porto sepolto. Il destinatario del Commiato è Ettore Sella, l’amico che, a proprie spese, stampa in 80 esemplari 32 poesie di Ungaretti, tutte scritte al fronte, con indicazione cronologica, come se fosse una sorta di "diario lirico" dell’esperienza. La lirica è una dichiarazione di poetica in cui la poesia è strettamente intrecciata con la vita, egli la definisce infatti come espressione dell’esistenza nel caotico fermento della vita (delirante fermento), che nasce dal faticoso scavare del poeta alla ricerca del prezioso tesoro della parola penetrando, come afferma lo stesso Ungaretti, "nel buio abissale di sé". Prima strofa: Il poeta la dedica all’amico Ettore Serra. E’ significativo, perché il concetto di poesia appare strettamente connesso con l’amicizia, con la sfera degli affetti. Implicitamente il valore della poesia consiste, per Ungaretti, nell´"umanità". Seconda strofa: da una definizione della poesia, in generale, Ungaretti passa ad una presentazione della "sua" poesia percepita come una scoperta, dopo una ricerca sofferta e faticosa, nell’oscuro mistero dell’essere. L’uso dei pronomi possessivi è emblematico: "mio silenzio", "mia vita". Anche la "parola" diventa "una parola" e non a caso, occupa il verso centrale della strofa (v.11). ● Sentimento del Tempo 1933 Giuseppe Ungaretti passa ad una rappresentazione più complessa delle inquietudini, dei conflitti, delle ansie dell’uomo (la sua solitudine di fronte al dolore e nell’attesa della morte, proprio destino sconosciuto, sulla pietà verso gli altri e verso tutti gli uomini), ma nello stesso tempo, avviandosi alla maturità, riflette con gioia la pienezza della sua vita, anche perché nel frattempo ha recuperato la fede cristiana, Che in alcuni testi (come La madre, del 1930) modifica la visione della realtà del poeta. All’arido paesaggio carsico della raccolta precedente si sostituisce quello laziale, nella sua varietà di boschi, acque, albe e tramonti. Dal punto di vista stilistico-espressivo C'è un’importante evoluzione che riprende della lezione dei classici della tradizione lirica (quindi soprattutto Leopardi e Petrarca) e del recupero dei versi e delle misure metriche più convenzionali(riprende anche la punteggiatura) in linea con tutto un movimento della cultura europea che, senza rinnegare il rinnovamento delle avanguardie, cerca il recupero del passato. Sentimento del Tempo è, almeno per alcune liriche, la raccolta ungarettiana per la quale si può parlare decisamente di ermetismo. Lo stile si avvicina così a quelle che saranno le caratteristiche di base dell’Ermetismo: l’oscurità e l’ambiguità dei riferimenti al reale, il ricorso esteso alla figura retorica dell’analogia(spinta a livelli soggettivi ed estremi dunque la poesia diventa difficile da comprendere), la preferenza per l’elaborazione formale e lo stile “alto” e difficile, il gusto per lo “sfumato” e il “non finito”, il ricorso all’immaginario letterario. ● LA MADRE Ungaretti scrive La madre nel 1930 in occasione della morte della madre, due anni dopo la sua conversione e il suo ritorno alla fede cristiana. Nel componimento il poeta affronta il tema della propria morte. Immagina il momento in cui, dopo che il suo cuore avrà smesso di battere facendo cadere l’ostacolo terreno (muro d’ombra) che impedisce agli esseri umani di vedere l’aldilà, egli si ritroverà al cospetto del Signore, per essere giudicato. Egli crede che non sarà solo perché lo accompagnerà sua madre che intercederà per lui presso il Signore per ottenere, con fermezza e umiltà, la salvezza del figlio. Nelle ultime due strofe (distici), il poeta descrive la riconciliazione della madre con il figlio, perdonato e solo a quel punto la madre potrà guardare il figlio tanto amato, ritornato puro e innocente come quando era bambino. L’atteggiamento della madre è severo nella prima parte della lirica per diventare negli ultimi versi amoroso. La donna mostra un atteggiamento profondamente cristiano sia perché accetta serenamente la propria morte, sia perché prega per intercedere per il figlio. È evidente il cammino di conversione compiuto da Ungaretti e il suo profondo sentimento cristiano. Nella poesia La madre la morte è vista come il momento in cui si può vedere la luce divina e si possono ritrovare le persone care. ● GIROVAGO -Si ricollega invece alla tradizione italiana, da Petrarca a Leopardi. -Poesia diventerà spazio della profondità del mondo interiore con il reale la sua è una "poesia onesta" della realtà, scavo interiore (grazie all'ausilio della psicanalisi) che mira a definire ciò che è proprio di ogni uomo. -"Ai poeti resta da fare la poesia onesta". -Contrappone poi Manzoni ( esempio di onestà) a D'Annunzio ( che lo definisce autore di versi magnifici ma caduchi, guidato da un esclusivo desiderio di originalità e di ricerca di affetti lo fa diventare il maestro di poesia disonesta). -Poesia onesta nasce dal "sincero bisogno di aiutare con il ritmo l'espressione della passione" il verso dovrebbe adattarsi al moto dell'anima. -Poesia che aiuta l'uomo a recuperare la propria identità e a partecipare alla vita sociale, compito del poeta onesto diventa allora quello cogliere la verità profonda di ogni essere, che appartiene indistintamente a tutti. -Saba esprime la malattia tipica dell'uomo del Novecento la solitudine. Temi tristezza, malinconia, caducità delle cose, dolore dell'esistenza...ma restano immutati l'accettazione e l'amore per la vita. -Celebrato il mondo della quotidianità, della realtà umile e dimessa, delle cose semplici questo avvicina Saba ai poeti crepuscolari, ma diversa è la prospettiva: esprime un'adesione sentimentale al genere umano -Caratteristiche: si nutre della grande tradizione letteraria che le avanguardie negano – recupera il linguaggio parlato e lo fonde con quello dei grandi poeti italiani. – La parola è utilizzata per il suo valore denotativo per la sua capacità di definire oggettivamente la realtà l'attenzione si concentra sui significati della parola, sulla parola che nomina. -La sintassi è tradizionale e utilizza una struttura metrica caratterizzata dall'uso di versi regolari e rime -Queste forme vengono comunque utilizzate in modo "straniato" perché veicolano contenuti nuovi ● IL CANZONIERE ✔ TEMI Il Canzoniere di viene pubblicato nel 1921, dopo che l’autore stesso aveva dato alle stampe alcune raccolte parziali. La raccolta è suddivisa in 3 volumi disposti in ordine cronologico, che si riferiscono ai diversi periodi dell’esistenza dell’autore. Rispecchia l’umanità di Saba, nella quale convivono la gioia e il dolore, l’amore per la vita e l’angoscia esistenziale, la solitudine e le ragioni della solidarietà. Tra i temi assume un’importanza decisiva quello autobiografico dell’infanzia ricco di implicazioni psicoanalitiche: – l’abbandono da parte del padre – la durezza della madre – spinge il bambino a riversare il proprio bisogno d’affetto sulla balia, – sono rievocati e riconosciuti come le cause di quel tormento interiore che lacera il Saba adulto, sofferente di nevrosi. A questo tema si collega quello del complesso rapporto con le donne (la moglie, in primo luogo), nelle quali il poeta cerca dei sostituti dell’immagine materna, nonostante l’apparente naturalezza con cui l’eros è presentato in poesie come A mia moglie Altra grande protagonista è la città di Trieste, a cui è dedicata in particolare la sezione “Trieste e una donna” : i suoi luoghi rappresentano per il poeta “angoli” in cui isolarsi o, più spesso, occasioni per immergersi nella «vita di tutti», riscoprendo nuovamente un senso di partecipazione e di solidarietà. ✔ CARATTERI FORMALI Formatosi come autodidatta, Saba conosce e ammira i classici della poesia italiana, primo fra tutti Leopardi La crisi della parola, che investe la poesia novecentesca, non tocca dunque il suo linguaggio, fatto di lessico quotidiano e di termini desueti tratti dalla tradizione. A differenza degli ermetici, Saba predilige la parola che definisce le cose con precisione, anziché essere evocativa o allusiva, e la struttura sintattica articolata e chiara. Ancora in controtendenza rispetto alla lirica del primo Novecento, il Il canzoniere presenta schemi metrici tradizionali, recuperando in particolare l’uso delle rime, che conferiscono una musicalità scorrevole ai versi, e la forma classica del sonetto. ● TRE POESIE ALLA MIA BALIA 1.Nella prima poesia in un momento di abbandono reso possibile dall’abbraccio e dalle carezze protettive della figlia, Saba si addormenta in uno stato d’animo regressivo(Che retrocede, che tende a tornare indietro), quasi come se tornasse bambino. Questo abbandono si esprime attraverso immagini di dolce passività e di piccolezza (il pezzo di legno sballottato dalle onde), nell’abbraccio vasto del mare. Il sogno riguarda proprio la balia al cui “primo e amoroso seno” egli approda come dopo aver navigato. 2.Nella terza si parla del momento decisivo della separazione: il “bimbo” è Saba bambino, la “donna che va via” è la balia. Rappresentata la scena: sulle scale, mentre la balia (fino ad allora, per Saba, una madre a tutti gli effetti) è costretta ad abbandonare il piccolo Umberto. -Adesso, dopo quarant’anni, quel bimbo è cresciuto, ormai è quasi un vecchio, ma va a parlare con la sua nutrice in cerca di pace poiché proprio questa separazione ha causato la sua diffidenza nei confronti del mondo. Il raggiungimento di quella pace che Saba va a cercare dalla balia si ha negli ultimi versi, espressa da una serie di gesti: regolare l’orologio, accendere il lume. -La poesia si conclude con un altro distacco dalla balia, per tornare dalla moglie; ma, questa volta, una nuova consapevolezza, una maggiore capacità di scelta conferiscono alla separazione un significato assai diverso. -I gesti che Saba compie e di cui parla la terza poesia hanno tutti un profondo significato simbolico: significativo è l’atto di regolare l’orologio, in quanto questo era compito del “balio”(il marito della donna), che consente al poeta di prenderne idealmente il posto, così da sentirsi l’unico uomo della casa, secondo il desiderio infantile di possesso esclusivo della figura materna; potendosi, inoltre, identificare con una figura paterna positiva .Lo stesso può dirsi per l’accensione del lume. La frase con la quale si conclude la poesia ha poi un valore ancora più rilevante: la separazione violenta dalla balia, imposta dalla madre, è vissuta ora in modo equilibrato e consapevole. -L’altra donna è ora, anziché la madre, la moglie, ma questa somiglia piuttosto alla balia che alla madre, dal momento che è la balia stessa a suggerire al poeta di andare da lei. ● PREGHIERA ALLA MADRE La madre, morta da anni e quasi dimenticata dal poeta, riacquista dentro di lui uno spazio significativo grazie alle cure psicoanalitiche. Egli rievoca l’angoscia dei primi anni adolescenziali riferendosi a momenti tesi del difficile rapporto tra madre e figlio. L’aver fatto soffrire la madre poi non implica l’esser stato cattivo o privo di amore per lei, e anzi, nella prospettiva della matura saggezza, pare al poeta un effetto inevitabile del rapporto madre-figlio, quasi, addirittura, una conseguenza dello stesso vincolo d’amore. Il recupero nella memoria della figura della madre comporta un bisogno profondo di ricongiungersi a lei, di ritrovare l’unità madre-figlio perduta nel corso della vita adulta. Questo desiderio coincide, ora che la madre è morta, con un bisogno (o una minaccia) di annullamento: ricongiungersi alla madre significa infatti rimettere a lei il potere di revocare al figlio quella vita che ella stessa gli ha dato mettendolo al mondo. Perciò nella similitudine finale la madre è implicitamente paragonata alla “terra” che ha prodotto una “macchia”(la vita del figlio) e che la riassorbe in se stessa annullandola nella morte. ● SECONDO CONGEDO il poeta riesce a raggiungere grande espressività comunicativa e a toccare una tematica complessa come la scissione dell’io, diviso tra tenerezza e angoscia, tra amore e rancore, tra padre e madre. “O mio cuore” dice il poeta, e con questa metafora indica la sua intera esistenza che fin dalla nascita ha dovuto subire una scissione, la separazione dalla figura paterna. La -Ma tracce lasciano nella sua poesia anche i simbolisti francesi, soprattutto Verlaine ● OSSI DI SEPPIA Questa la struttura della raccolta si collocano quattro sezioni intitolate Movimenti ,Ossi di seppia ,Mediterraneo, Meriggi e Ombre . La visione della vita che traspare in questa raccolta ci fa subito capire che Montale vede l’esistenza come qualcosa senza un senso e comunque caratterizzata da una serie di eventi decisamente negativi e dolorosi. Troviamo soprattutto rappresentato il paesaggio ligure, sia marino che montuoso. Il linguaggio si presenta subito diretto e preciso: parlando del mondo vegetale e animale l’autore usa anche dei termini tecnici. Il paesaggio è molto importante perché appare secco, abbandonato, battuto dal vento e il poeta fa spesso riferimento anche alle ore del primo pomeriggio in estate quando tutto è fermo, assolato e quasi morto. In questo senso spesso gli studiosi hanno visto Ossi di seppia come una raccolta vicina all’Alcyone di D’Annunzio, qui però vengono ribaltati i significati perché il paesaggio naturale non è pieno di vita ma appunto carico di presagi di morte. La poesia degli Ossi è una poesia antieloquente e in negativo: non ha nessuna verità o certezza da rivelare, ma si limita a registrare la profonda angoscia del poeta, la sua “disarmonia” con il mondo, il suo “male di vivere”, appunto, che trova espressione in celebri metafore, quali camminare lungo un muro ”che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”, essere imprigionati in una rete, essere legati da una catena; talvolta si intravede una possibilità di salvezza. Gli Ossi di seppia che danno il titolo alla raccolta, e cioè le conchiglie di certi molluschi, appaiono emblematici di questa poetica dello “scabro ed essenziale”. ✔ NON CHIEDERCI LA PAROLA Apre la sezione Ossi di seppia e contiene alcune idee essenziali per capire la concezione della poesia e del ruolo del poeta secondo Montale; è divenuta uno dei maggiori emblemi della poetica “negativa” di Montale. L'autore instaura un dialogo con il lettore stesso - o meglio, quel lettore che esige verità assolute e definitive – parlando a nome dei poeti, come si deduce dall’uso del plurale (Non chiederci), invitandolo a non chiedergli alcuna definizione precisa ed assoluta, né su stesso né sull'uomo in genere, e nemmeno sul significato del mondo e della vita. Egli infatti, a differenza dell'uomo "che se ne va sicuro" perché ignaro ed insieme incurante del senso della propria esistenza, non ha alcuna "formula" risolutiva, ma solo dubbi e incertezze, o tutt'al più una conoscenza negativa. Il poeta può soltanto rappresentare, con poche scarne parole, la precarietà della condizione umana. Simbolo del limite che domina la vita dell’uomo. ✔ MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO Vi compaiono i motivi predominanti della raccolta, quello del paesaggio arido e assolato della Liguria e il tema esistenziale della disarmonia rispetto alla natura. Le prime tre strofe sono descrittive mentre la quarta diventa riflessiva ed il Poeta concentra l’attenzione sul proprio stato d’animo e la situazione ed i vari aspetti del paesaggio descritti nella prima parte acquisiscono un valore metaforico. Il Poeta, in un assolato meriggio estivo, di fronte ad un paesaggio arido e scabro che percepisce uditivamente e visivamente giunge, meditando sul significato della vita umana, a percepire l’assurdità della vita e alla consapevolezza di una desolata solitudine dove vivere non è altro che un insensato procedere lungo un muro invalicabile perché ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. Quest’ultima immagine è simbolo della tragica condizione esistenziale dell’uomo, condannato ad ignorare ciò che sta al di là dell’apparenza delle cose e della sua esistenza. ✔ SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO Questa poesia è una delle più felici e famose espressioni della dolorosa concezione esistenziale montaliana, tratta un tema che tanto deve a Leopardi: “il male di vivere” e si ispira al v.104 del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia: “…a me la vita è male”. È strutturalmente divisa in due parti che rappresentano due momenti della riflessione del poeta. La prima parte è incentrata sul malessere esistenziale ravvisabile nelle situazioni quotidiane in cui si riscontra un crudele incepparsi delle cose. Montale trae alcuni esempi dalla realtà naturale, nel regno inanimato, animale e vegetale: "il rivo", "la foglia", "il cavallo", colti in un momento di precarietà e dolore, come sottolineano gli aggettivi ad essi collegati: "strozzato", "riarsa", "stramazzato": il ruscello che non può più scorrere, la foglia che si accartoccia, il cavallo che è stroncato dalla fatica. E’ la constatazione che gli aspetti più dimessi e quotidiani rivelano un pianto delle cose che testimonia un cosmico male di vivere e un’uguale sofferenza degli uomini (correlativo oggettivo). Nella seconda quartina, in opposizione al "male di vivere", Montale afferma che l'unico "bene" per l'uomo consiste nell'atteggiamento di "indifferenza" per tutto ciò che è segnato dal male e dal dolore. Ai tre emblemi del "male" si contrappongono simmetricamente, tre esempi concreti di questa specie di "bene" (correlativi oggettivi): "la statua", "la nuvola" e il "falco": la statua si caratterizza per la sua fredda, marmorea insensibilità; la nuvola e il falco perché si levano alti al di sopra della miseria del mondo. ● Le occasioni più autobiografico rispetto a Ossi di seppia, in quanto nascono da ricordi, immagini, emozioni, avvenimenti, incontri che costituiscono l'”occasione” appunto da cui hanno origine i versi. •In queste poesie si intensifica l’uso del correlativo oggettivo. •Di molte liriche è protagonista una figura femminile (che prende il nome di Clizia, dotata di virtù miracolose, quali l’intelligenza e la chiaroveggenza, capaci di indicare all’uomo una via di salvezza-donna angelo di Dante- assume la funzione di una salvifica Beatrice), dai critici identificata nella giovane statunitense Irma Brandeis, con la quale il poeta intrattenne una lunga relazione sentimentale. •Altro tema dominante è quello della memoria, del ricordo che ricrea ciò che è stato, ma che ne rivela anche l’assenza nel presente, nell’impossibilità del ritorno al passato (come ne La casa dei doganieri). •Nemica della memoria è la forza disgregatrice del tempo, che travolge nella dimenticanza anche i ricordi più belli («Non recidere, forbice, quel volto / solo nella memoria che si sfolla»). •Montale adotta una metrica vicina alla tradizione, con un più raro uso della rima, sostituita da richiami fonici prodotti da assonanze e allitterazioni. •Il linguaggio si fa più chiuso e più aspro, più difficile, e con la sua fulmineità contribuisce a far attribuire a Montale l’etichetta di «ermetico». Si tratta, ovviamente, di una scelta del poeta, che nel cosciente rifiuto di ogni abbandono sentimentale diaristico ambisce a trasporre la propria vicenda privata in una dimensione universale. ✔ ADDII, FISCHI NEL BUIO, CENNI, TOSSE In questa raccolta la letteratura è rappresentata come l'ultima difesa per la sua generazione, non solo dalla rozzezza e grossolanità del regime fascista, ma soprattutto dal dilagare della società di massa e dei suoi «automi». Ne deriva un'ideologia che oppone alla massificazione dilagante i valori elitari di un'aristocrazia dello spirito, che deriva dalla cultura liberale e dalla tradizione umanistica. Protagonista è Clizia, figura femminile che nella poetica di Montale rappresenta la cultura, poiché deriva dalla mitologia greca dove resta sempre fedele al sole, cioè Apollo, dio della cultura. Il treno indica la minaccia della modernità, inconciliabile con l'amore e qui rappresentata dalla alienazione degli uomini massificati. Il legame di autenticità fra il poeta e la donna e il valore di privilegio che esso assume nell'ideologia del poeta sono chiaramente contrapposti alla società di massa. Tale legame e tale valore sono però tutt'altro che sicuri: basta un attimo perché si dissolvano. La conclusione del mottetto, pur nella sua negatività, resta come sospesa lasciando aperto, con l'interrogatorio finale uno spiraglio di speranza. ✔ LA CASA DEI DOGANIERI La poesia è incentrata sul tema della memoria. A distanza di anni il poeta è tornato a visitare la casa di Monterosso, paese delle Cinque Terre dove da ragazzo trascorreva le vacaze estive; riaffiora così alla mente del poeta l’incontro in quella casa con la giovane Arletta, il cui vero nome è Anna degli Uberti, conosciuta in gioventù. Rivedendo la casa, il poeta è assalito dai ricordi di quell’amore lontano, ma la donna se n’è andata e non ricorda più nulla. Egli deve dolorosamente constatare che solo lui ha ancora in mano «un capo» del «filo» del ricordo: quella che allora era una ragazza, oggi è una donna, lontana, non si sa dove:neppure la memoria può far rivivere il passato. ✔ NUOVE STANZE La poesia si apre con un interno, il poeta e Clizia stanno giocando a scacchi. L’attenzione è tutta concentrata sul gesto di spegnere la sigaretta e sugli anelli che la donna porta alle dita. Questi sono portatori di una densa simbologia magica: una costruzione di fumo, che sembra scaturire da questi incantati gioielli, si addensa nella stanza: si tratta della cittadella della Cultura, di cui la donna è la rappresentante. Ma la realtà incombe violenta, la finestra si spalanca e il miraggio è spazzato via, le vane difese vengono sopraffatte. La guerra, o meglio, i preparativi ad essa, rappresentano la realtà esterna, una tregenda d’uomini che non sa di Clizia, non sa del suo incenso, della Cultura che ella incarna, si sta preparando a combattere sul campo. La scacchiera è quella della Storia, dove si muovono come pedine questi uomini ignari. La donna, di fronte alla barbarie e alla violenza degli eserciti, può poco, infatti il lampo del suo sguardo
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved