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Pirandello, Svevo, futurismo e crepuscolarismo, Appunti di Italiano

Caratteri della poesia modernista, avanguardie del 900 in particolare futurismo con Tommaso Marinetti e crepuscolarismo con la signorina felicita di Gozzano. Vita e poetica di Pirandello, scoperta della trappola e reazioni, le novelle per un anno, il fu mattia pascal e altri testi. Figura alienato e inetto in Pirandello e Svevo. Vita e poetica di Svevo, psicoanalisi, la coscienza di zeno

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 10/05/2023

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Scarica Pirandello, Svevo, futurismo e crepuscolarismo e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! 1 IL MODERNISMO Contesto storico → "rivoluzione epistemologica", ovvero un profondo cambiamento nelle modalità di conoscere il mondo → diffusione del pensiero dei “maestri del sospetto” (Nietzsche, Freud) e degli studi sulla fisica (Einstein). In ambito storico-sociale avviene la nascita della società di massa e la meccanizzazione del lavoro → si sviluppa un forte senso di crisi condiviso da ampie masse di persone → le forme tradizionali della letteratura sono insufficienti → si cercano nuove strutture espressive. Modernismo in Italia → Dal 1904 (anno di pubblicazione de “Il fu Mattia Pascal”) al 1940 → appartengono a questo movimento sia i singoli autori principali (Pirandello, Svevo per la prosa e Ungaretti, Montale e Saba per la poesia) sia i vari movimenti artistici (Futurismo, Crepuscolarismo). Caratteri della prosa modernista → Pirandello e Svevo apportano diverse modifiche alla forma tradizionale del romanzo: l’autore non scrive per spiegare la realtà ma per dichiarare che essa è inspiegabile → il narratore è incerto, mutevole; la trama non è più lineare e non ha una precisa sistemazione cronologica; i personaggi non sono eroi ma antieroi (inetti, nevrotici, indifferenti, estranei alla vita); l’argomento principale è l’Io, soggetto tormentato; è utilizzata l’ironia. Caratteri della poesia modernista → Il modernismo presenta molte differenze e opposizioni al proprio interno: la poesia crepuscolare è lontana dalla provocazione futurista, il linguaggio analogico di Ungaretti si distingue dal tono sobrio di Montale o Saba. Sebbene la poesia del ‘900 non sia un unico filone si possono trovare delle caratteristiche comuni come: - la distanza programmatica dal modello di Gabriele d’Annunzio → l’artista rifiuta la definizione di poeta dichiarando di provare vergogna per tale appellativo; - l’influenza delle avanguardie europee → in Italia non c’è stato un “maestro di modernità”, come Baudelaire per i francesi, quindi gli italiani si ispirano ai modelli stranieri; - il senso di estraneità rispetto alla società e al mondo → nasce dall’impossibilità di scoprire nelle cose un senso complessivo; Distanza dal Naturalismo e dal Decadentismo Sul piano filosofico il modernismo si pone in una posizione diametralmente opposta rispetto alla convinzione naturalistica di poter rappresentare in modo oggettivo una verità scientifica. La verità negli autori modernisti è infatti sempre assolutamente soggettiva, problematica, parziale e temporanea. AVANGUARDIE DEL ‘900 Nei primi decenni del ‘900 si assiste ad un completo rinnovamento della tradizione letteraria ed espressiva: le correnti culturali di inizio ‘900 accolgono la lezione decadente ma vanno anche contro e sperimentano nuove tecniche. Le correnti sono: 1) Futurismo → esalta la modernità, la civiltà industriale e la velocità. È un movimento di rottura, poca produzione artistica, ma importante per lo sviluppo successivo. 2) Crepuscolarismo → cambia la figura del poeta, ispirazione dalla luce del tramonto; 3) Espressionismo → rappresentazione del mondo visionaria ed astratta (soggettiva); 2 4) Dadaismo → giocosità ed impertinenza, provocazione, no mercificazione dell’arte; 5) Surrealismo → l’arte dà voce all’inconscio, scopre una realtà superiore (sogno, follia); IL FUTURISMO Il Futurismo è un’avanguardia artistica che influisce sulle arti, sul costume e sui modelli di comportamento → viene fondato nel 1909 da Filippo Tommaso Marinetti → pubblica il primo “Manifesto del Futurismo" sul quotidiano francese “Le Figaro”. Questo manifesto contiene già tutte le linee essenziali del movimento: ispirandosi al dinamismo della moderna civiltà industriale, Marinetti esalta la bellezza della velocità e della macchina, la metropoli, la grande industria. Le nuove forme di comunicazione e i nuovi mezzi di trasporto influenzano la sensibilità e la psiche umana, producendo l’attrazione per il nuovo, l’imprevisto, il pericolo e la velocità, opponendosi con forza alla tradizione. Il Futurismo si sviluppa in Italia perché è in questo paese che il peso del passato è più forte che altrove. Marinetti presenta il Futurismo come denigrazione sistematica dell’antico, del vecchio, del lento, dell’erudito e del professorale, scagliando la propria invettiva contro le città d’arte (Venezia, Firenze, Roma) e proponendo di distruggere i musei, le accademie e le biblioteche e tutte le istituzioni che celebrano l’arte del passato. II futurismo sostiene la mercificazione dell’arte: bisogna sostituire il valore estetico dell’opera con quello commerciale → l’artista mantiene una posizione di privilegio. I futuristi colgono l’importanza della comunicazione di massa a scopo di propaganda → lo scandalo e la provocazione sono volutamente ricercati (strumenti per spettacolarizzare il loro messaggio). La rivolta futurista non è priva di ambiguità: da un lato, rispetto alle altre avanguardie europee come l’espressionismo, il futurismo russo, il dadaismo e il surrealismo, la cui polemica antiborghese appare radicale e senza compromessi, l’adesione totale e acritica dei futuristi italiani alla modernità riflette la loro accettazione e celebrazione dello stato sociale dominante, quello dell’industrialismo capitalistico. D’altro lato, l’esaltazione della violenza spinge i futuristi a glorificare la virilità, la guerra, il militarismo ed, infine, il fascismo. MANIFESTO DEL FUTURISMO 1) Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, dell’energia e della temerità; 2) Il coraggio e l’audacia sono fondamentali nella nostra poesia; 3) Noi esaltiamo il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, lo schiaffo ed il pugno; 4) Nuova magnificenza del mondo → bellezza della velocità, un’automobile da corsa e ruggente > Vittoria di Samotracia; 5) Noi inneggiamo all’uomo che tiene il volante; 6) Il poeta deve prodigarsi per aumentare il fervore degli elementi primordiali; 7) Non v’è più bellezza, se non nella lotta: la poesia è un assalto violento a forze ignote; 8) Siamo sul promontorio dei secoli: tempo e spazio non esistono, viviamo nell’assoluto; 9) Noi glorifichiamo la guerra (“sola igiene del mondo”), il militarismo, il patriottismo e il disprezzo per la donna; 10) Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie e combattere il moralismo ed il femminismo (Parte destruens); 11) Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro e dal piacere, il vibrante fervore notturno degli arsenali, le stazioni, i treni e gli aeroplani (Parte costruens). 5 consapevolezza di chi si sente emotivamente vicino ma intellettualmente lontano da quel mondo. La parte in ombra dell’ideale → Ogni immagine presenta un risvolto patetico (casa della signorina avvolta dal mistero). Il ricordo non trasfigura gli oggetti ma li restituisce intatti in tutta la loro malinconica mediocrità, come l’arredo della casa che presenta decorazioni di cattivo gusto e la noia delle partite di carte serali. Se lo sguardo su questo mondo appare più ironico che affettuoso, il ricordo che si sofferma sulla signorina Felicita risulta invece prevalentemente calibrato sulla tenerezza. La signorina Felicita: un elogio del candore → Avvolta dall’aroma del caffè, durante le sue faccende quotidiane, la signorina Felicita rappresenta l’ideale di un candore pacificante in opposizione alla letteratura precedente. Alla bellezza conturbante delle donne fatali dannunziane, il poeta oppone le scarse attrattive estetiche di Felicita (“Sei quasi brutta, priva di lusinga”): i suoi occhi azzurri vengono desacralizzati con la similitudine del vasellame domestico. Signorina Felicita → innocenza, ignoranza, ribalta il tipo della donna cittadina. Il poeta sogna di abbandonare tutto per un'esistenza pragmatica a fianco della stessa. Un lucido disincanto → Nonostante i suoi proclamati sogni di riscatto, il poeta mantiene fino alla fine la vigile consapevolezza e il disincanto di chi sa di non poter aderire pienamente al mondo vagheggiato. La signorina Felicita è beata perché è inconsapevole dei limiti angusti del suo universo borghese, questa beatitudine non è data al poeta. La contaminazione fra registri opposti → La coesistenza tra l'idealizzazione e il disincanto si traducono in due voci poetiche: la prima è portatrice del sogno, la seconda evidenzia il lato prosaico, patetico. La concomitanza tra i due piani assume la forma di una contaminazione fra registri opposti, tra parole auliche derivanti dalla tradizione letteraria più colta (“cerulea”, “sommo”) ed espressioni prosaiche della lingua parlata (“caffè”, ”brutta”, “casalinga”). Ne derivano combinazioni di grande forza parodica con l'utilizzo di numerose figure retoriche (eufemismi, anafore, ossimori, metafore). PIRANDELLO VITA → - Luigi Pirandello nasce nel 1867 nella campagna agrigentina, (colera in Sicilia); - Madre → confidenza ed affetto; Padre (ex combattente garibaldino, commerciante di zolfo, pratico) → rapporto difficile, reciproca diffidenza. - Il padre gli impone studi tecnico-commerciali → stratagemma per andare al Liceo → Luigi finge la bocciatura e usa i soldi per i suoi studi di latino → continua gli studi liceali a Palermo. - Rapporto con il padre peggiora → Stefano tradisce la moglie con una sua cugina (drammatica vicenda familiare). - 19 anni → Luigi si innamora di una cugina ma deve commerciare lo zolfo → estraneità dalle attività pratiche del mondo → si iscrive a Legge e parallelamente anche a Lettere. - Vuole dedicarsi solo alla scrittura → si appassiona alla Filologia romanza → scrive testi teatrali e si trasferisce all’università di Bonn. - Si sposta a Roma → scrive poesie, novelle, commedie e un romanzo. - 1894 → “matrimonio di surfaro” tra famiglie commercianti di zolfo con Antonietta Portolano. 6 - Pirandello risente della distanza intellettuale con la moglie, la quale inizia ad impazzire. - Per ristrettezze economiche è costretto ad insegnare in un istituto superiore. - 1903 → la miniera di zolfo si allaga e Pirandello perde il denaro investito, la moglie peggiora e Pirandello pensa al suicidio, tuttavia si dedica completamente al lavoro. - 1904 → pubblica “Il fu Mattia Pascal” - 1908 → pubblica il saggio “L’umorismo” - 1913 → pubblica il romanzo “I vecchi e i giovani” - 1915 → Pirandello si dichiara interventista per la I Guerra Mondiale, i figli vanno al fronte. - 1919-1959 → Antonietta è ricoverata in una clinica psichiatrica (farmaci, percosse); - Recupera il rapporto con il padre, si dedica e rivoluziona il teatro. - 1924 → Pirandello aderisce pubblicamente al Fascismo (poichè è deluso dal fallimento degli ideali risorgimentali). - 1934 → riceve il premio Nobel. 1936 → muore. IL SAGGIO SU “L’UMORISMO” E LA POETICA DI PIRANDELLO Il concetto fondamentale per Pirandello è che la vita è una tragicommedia: di fronte ad una cosa posso ridere sguaiatamente perché avverto che è il contrario di ciò che dovrebbe essere (comicità), però se a questo avvertimento del contrario aggiungo una riflessione ottengo un sentimento del contrario che genera un sorriso tragicomico (ironia). Umorismo, comicità e riflessione → Il critico Croce ritiene impossibile definire l'umorismo → 1908: Pirandello scrive un saggio in cui espone le sue considerazioni sull'argomento → il testo è intitolato “L'umorismo” ed è dedicato a Mattia Pascal. Quest’ultimo è un personaggio contraddittorio che suscita al tempo stesso sorriso e compassione, in modo che il lettore rimanga perplesso. L'opera è strutturata in due parti: nella prima analizza il significato del termine “umorismo”, nella seconda definisce le caratteristiche proprie dell'umorismo con riferimenti filosofici e letterari ma anche esempi concreti. Per Pirandello nell'arte umoristica la riflessione assume un ruolo determinante perché analizza e scompone la realtà suscitando nel lettore una particolare reazione che lo scrittore chiama “Sentimento del contrario”. L’esempio della vecchia signora imbellettata → Scopo: chiarire cosa sia il sentimento del contrario e distinguere umorismo e comicità. Pirandello introduce il personaggio di una vecchia signora truccata e adornata eccessivamente: vedendo una vecchia signora truccata e vestita con abiti giovanili si avverte è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Dunque la prima impressione è comica, ma se interviene la riflessione, che suggerisce il motivo di questa condizione della donna, dal primo avvertimento del contrario ottengo il sentimento del contrario. Umoristico = comico + riflessione; Secondo Pirandello, comico è ciò che suscita il riso immediato: quando un personaggio o una situazione sono il contrario di ciò che ci aspetteremmo non possiamo che metterci a ridere. Se tuttavia subentra la riflessione, data da elementi che suggeriscono il motivo del comportamento apparentemente comico, al riso si unisce un sentimento di pietà e pena. Umorismo = percezione + riflessione, capacità di sentire le contraddizioni della condizione del personaggio grazie alla riflessione. 7 Esempi di personaggi umoristici nella letteratura europea → Tra i personaggi umoristici Pirandello cita don Chisciotte e don Abbondio. Pirandello afferma che il lettore davanti a tali personaggi prova uno stato d'animo di perplessità, poiché si sente come diviso da sensazioni opposte: vorrebbe ridere e lo fa, ma il riso è ostacolato da qualcosa che spira dalla rappresentazione stessa. Vita e forma → - Vita → è il perpetuo divenire, inafferrabile ed irriducibile; - Forma → è la struttura esteriore, il proprio ruolo nel mondo, in cui l’uomo tenta di ingabbiare la vita per renderla comprensibile. Gli uomini cambiano in continuazione, tuttavia sono convinti di avere un’identità stabile: in realtà la loro è una forma vuota, una maschera, auto-creata o affidata da altri. Nell’interiorità dell’uomo la vita continua a fluire e talvolta si scontra con i limiti stabiliti dalle forme (succede in qualsiasi tipo di persona, folli e sani). L’arte umoristica → L'uomo per Pirandello è dunque un insieme di contraddizioni. Caratteristica specifica dell'umorismo è proprio la "scomposizione", ossia la tendenza a mostrare contemporaneamente più aspetti della realtà di un personaggio. L'umorismo presenta gli uomini e le donne nella loro complessità e mutevolezza irriducibile (diversamente dall’epica). Agli inizi del ‘900, Pirandello porta a rivoluzionare la forma tradizionale del romanzo: la realtà interiore prende il sopravvento su quella esteriore, rendendo impossibile un’opera organica (personalità = non definito, ma un magma fluido). Il relativismo conoscitivo → Secondo Pirandello non è possibile arrivare ad una conoscenza oggettiva della realtà (come affermato dal Positivismo), bensì ogni conoscenza deriva dal soggetto. Questa filosofia è detta “relativismo conoscitivo o gnoseologico”, poiché non esiste una sola verità, ma esistono verità in relazione all’Io che le percepisce. La scoperta della “trappola” → Il relativismo conoscitivo genera incomunicabilità, tuttavia i personaggi vogliono comunicare: ciascuno indossa inconsapevolmente una “maschera”, si costruisce una “forma” che lo rende riconoscibile agli altri. Tali forme si rivelano però trappole (famiglia, relazioni amorose…) e richiedono di riconoscerci sempre in precisi ruoli, senza lasciare spazi di libertà. Molti attraversano l'esistenza continuando a recitare la propria parte senza capire, ma vi sono altri personaggi che riescono a osservarsi dall'esterno e diventano consapevoli del meccanismo di cui fanno parte. I personaggi di Pirandello arrivano a questa improvvisa consapevolezza attraverso fatti spesso insignificanti: ad esempio il protagonista de “La carriola” ha una rivelazione nel momento in cui fissa il proprio titolo sul campanello di casa e non si riconosce in se stesso. Le reazioni dell’uomo → La sensazione che l'uomo prova quando scopre di indossare una maschera, che non coincide con la vita autentica, è di vertigine: tutto ciò che fino a quel momento appariva razionale si rivela improvvisamente fittizio, casuale, insensato. La prima reazione è il tentativo di cancellare questa scoperta e riprendere la vita come prima. Questo tentativo di chiudere gli occhi per proteggersi dalla scoperta mostra delle consonanze con l’irrazionalismo che si diffonde all'inizio del ‘900 nella cultura tedesca. Il critico Tilgher è il primo a evidenziare i punti di contatto tra il pensiero dello scrittore e il filosofo Simmel: le linee dell’essere, del volere e del dovere si intrecciano e causano la nostra dilacerazione. Un'altra frequente reazione nei personaggi è quella di fuggire dalla forma stessa, ad esempio Mattia Pascal pensa che sia possibile cancellare la propria forma precedente e inventarne una nuova; egli scopre però che anche la sua nuova identità è 10 ROMANZO: IL FU MATTIA PASCAL 1904 → Pirandello pubblica a puntate “Il fu Mattia Pascal”, successivamente lo rilega. Dopo che la critica giudica l’opera come “di facile intrattenimento”, negli anni ‘60 avviene una rivalutazione del romanzo, ora collocato nella “rivoluzione” europea di inizio ‘900 riguardo la forma del romanzo stesso. Le novità aggiunte sono: struttura narrativa (intreccio), definizione di protagonista (antieroe), temi affrontati (vita e forma) e idee fondamentali della poetica umorista. L’organizzazione della vicenda → La vicenda è narrata in prima persona da Mattia Pascal con un lungo flashback ed è composta da 18 capitoli, suddivisibili in 4 parti tematiche: 1) Prima parte (capitoli I e II) → è la “cornice”, il protagonista è ”il fu” Mattia Pascal, ormai “forestiero della vita”, che inizia a narrare la propria storia facendo due premesse (la prima generale per incuriosire il lettore, la seconda filosofica, riflettendo sul modo di raccontare una storia); 2) Seconda parte (capitoli III-VII) → è “l’antefatto” → dura circa 3 anni, il protagonista è Mattia Pascal, di cui si descrive l’infanzia, gli amori, la trappola familiare e la rovina economica fino alla partenza per Montecarlo e al cambio di identità; 3) Terza parte (capitoli VIII-XVI) → è il “tentativo di una nuova vita” di Adriano Meis → dura circa 2 anni, il protagonista è di nuovo limitato dalla propria forma e senza una vera identità non può sposarsi, prendere un cane e fare una denuncia: con un finto suicidio prova a tornare Mattia Pascal; 4) Quarta parte (capitoli XVII-XVIII) → è il "ritorno impossibile e ripresa della cornice” → il protagonista è “il fu” Mattia Pascal che tenta di tornare alla vita precedente ma si scontra con il tempo trascorso e la vita in continuo divenire. Innovazione per le avanguardie → “Il fu Mattia Pascal” è un romanzo che usa molti elementi narrativi classici, riproponendoli in modo completamente nuovo: l’espediente del manoscritto, la scelta della narrazione autobiografica, il suicidio, il viaggio e il ritorno. Tuttavia Pirandello apporta diverse innovazioni: - la vicenda è estremamente insolita, inverosimile → niente vero storico manzoniano, niente descrizione di una classe sociale come nel Verismo, ma narrazione di una storia assurda e caotica; - il protagonista è un antieroe → un inetto che prova ad uscire dalla propria forma senza mai riuscirci; - la focalizzazione su l'io narrato → i fatti sono raccontati in prima persona a mo’ di flashback (quindi con una visione limitata); - il narratore-personaggio è inattendibile → egli riflette, tuttavia non è sincero né con se stesso né con il lettore (ormai diffidante); - le parole sono concrete ed adeguate al carattere del personaggio, comuni. Differenze “Il fu Mattia Pascal”/romanzo del 1800 ● Rispetto al romanzo romantico, Pirandello respinge l’adesione al vero storico, il narratore onnisciente affidabile e la formazione del protagonista; 11 ● Rispetto alla narrativa verista, Pirandello rifiuta il nesso causa-effetto, l’attenzione alle categorie sociali e la tecnica dell’impersonalità; ● Rispetto alle opere simboliste, Pirandello rinuncia all’uso della ragione. I temi → Nel romanzo si ritrovano temi ricorrenti nella produzione pirandelliana, tra cui il problema dell'identità individuale (non è oggettiva e stabile, ma condizionata da tanti fattori che la rendono inconsistente), la famiglia come trappola (radici autobiografiche dell’autore) e il relativismo filosofico (senza i valori positivisti, l’uomo segue soltanto il proprio punto di vista limitato e relativo). Lo stile → Lo stile della narrazione adotta alcuni espedienti utili a generare un effetto di straniamento per creare distanza tra narratore e lettore, il quale deve assumere un atteggiamento “umoristico” rispetto alle vicende. A ciò contribuiscono parole insolite o inventate (“arrangolare”, “storcignarsi”), descrizioni eccessive e caricaturali di personaggi e l’utilizzo di espedienti recitativo-teatrali, come appelli al lettore o domande retoriche. 900: PIRANDELLO E SVEVO Pirandello e Svevo rappresentano il nuovo romanzo (modernismo) dal 1904. I loro romanzi si distinguono da d’Annunzio nel contenuto e nella struttura (rinnovata): non ci sono più coordinate di spazio e tempo lineari (medias res, flashback e anticipazioni). In Svevo la storia non è più in ordine cronologico, si ha una destrutturazione perchè fatti basati su una serie di episodi di una seduta psicanalitica. Si trovano anche degli antieroi: - alienato in Pirandello - inetto in Svevo In Svevo i personaggi non sono più portatori di valori ma si lasciano vivere, sono inadatti alla vita, privi di volontà. La lingua usata è tecnica, specifica. In Pirandello i personaggi hanno un’identità scomposta non più unica quindi sono allineati. Essi sono logorroici, eppure c’è un’incomunicabilità di fondo perché tutti cercano di comunicare senza trovare una soluzione. Pirandellismo → - Relativismo conoscitivo (come Einstein che aveva elaborato la teoria della relatività): non esiste una verità univoca ma tante quante sono i personaggi che partecipano ad una vicenda → incomunicabilità perchè non ci sono soluzioni avendo tutti pensieri diversi; ciò spiega il loro essere logorroici nel tentativo di avere una forma di comunicazione con l’altro. - Dialettica vita-forma (persona-personaggi): la vita è un fluire inarrestabile di sensazioni e eventi, è un continuo divenire. Tuttavia l’uomo è imprigionato in una forma (ciò che ci fissa in un ruolo che impone certe norme di comportamento); il ruolo lo si porta a dietro anche in luoghi in cui non serve. Spesso la gabbia è determinata dall’ambiente familiare, secondo Pirandello la famiglia è una trappola perché ci identifica in ruoli precisi. Ci sono dei modi per uscire dalla forma: 1) immaginazione → ne “Il treno ha fischiato” il protagonista immagina di andare in posti lontani; 2) piccola follia → ne “La carriola” il professore fa fare la carriola al suo cane; 3) essere forestiero della vita → non agire e lasciare passare la vita; Mattia Pascal ha tentato di eliminare la sua forma costruendosi una 12 nuova identità quindi cerca di abbandonare la sua forma ma non ci riesce perché senza forma non si può vivere. ITALO SVEVO - Italo Svevo (pseudonimo di Ettore Schmitz) vive l’attività letteraria come una “colpa sociale”, impegnandosi nella scrittura solo come “secondo mestiere” nel tempo libero lasciato dal ruolo di impiegato bancario prima e dirigente industriale poi. - Dopo i primi due romanzi fallimentari, Svevo mantiene per 25 anni il “silenzio letterario”, per pubblicare successivamente “”La coscienza di Zeno” a più di 60 anni. - Ettore Schmitz nasce a Trieste nel 1861 (città ancora appartenente all’Impero austro- ungarico che, dal 1719, possiede lo statuto di “porto franco” ed è quindi uno scalo marittimo libero da dogane e crocevia di etnie, culture e religioni varie. È un posto di transizione geografica, storica, di cultura e di commercio). - Ettore proviene da una famiglia di ebrei “assimilati” (non rigorosamente osservanti) e si sposa con una donna ebrea convertita al cristianesimo; - L’ambiente economico della città condiziona i suoi studi → il padre ha una fabbrica di vetrami → scuola di avviamento al commercio in Germania. - Contrapposizioni culturali a Trieste: il movimento “irredentista” rivendica l’appartenenza di Trieste all’Italia e si propone di unificare le città irridente (non liberate) sotto il dominio italiano. - Ettore Schmitz sostiene l'italianità di trieste e scrive i suoi romanzi in lingua italiana, tuttavia è fortemente legato alla cultura tedesca → adotta lo pseudonimo di Italo Svevo nel 1892 quando pubblica il primo romanzo “Una vita”. - La periferica posizione della città contribuisce a determinare l’estraneità degli intellettuali triestini rispetto alle influenze letterarie ed artistiche italiane (no Verismo e Decadentismo). - Fin dall'adolescenza Svevo possiede una passione profonda ed istintiva per la letteratura → legge autori tedeschi e francesi, ma anche filosofi e pensatori come Darwin, Schopenhauer e Nietzsche. - Il primo ambito di interesse è il teatro, successivamente scrive romanzi → “Una vita” nel 1892 e ”Senilità” nel 1898 → fallimenti e rinuncia all’attività letteraria per 25 anni. - 1923 → pubblica “La coscienza di Zeno”; - Impara il tedesco, l’inglese ed il francese → lavora come impiegato bancario a Trieste; - 1896 → si sposa con una cugina ricca e giovane → il suocero è una seconda figura paterna (Gioachino Veneziani, un industriale) → Svevo muta il proprio status sociale e diventa vice direttore della fabbrica Veneziani. Svevo è un fumatore accanito. - Svevo conosce la classe borghese perché proviene da lì; - Opposizione/dissidio/discrasia tra interiorità ed esteriorità → tra vocazione all’analisi di sé e il desiderio di conformarsi alle attese sociali → Svevo pone su di sé uno sguardo analitico che individua lo scarto tra ciò che appare (immagine ingannevole) e ciò che è realmente (desideri profondi). La letteratura e le lettere sono i luoghi dell’autoanalisi: vuole conoscere il suo Io inquieto ma allo stesso tempo vuole vivere pacificamente. 15 - Prefazione: il narratore è il dottor S., lo psicanalista che pubblica le memorie del paziente Zeno Cosini per vendetta, in seguito al mancato adempimento della terapia. È un narratore inattendibile perché è meschino. La sua identità si riferisce probabilmente a Sigmund Freud. - Preambolo: il narratore è Zeno, spiega il suo passato da nevrotico. Narra gli episodi più importanti della sua vita capitolo per capitolo (non in ordine cronologico). - Il fumo: è una nevrosi, la principale manifestazione della sua malattia, continua a dire di smettere di fumare fissando una data che non viene mantenuta. - La morte di mio padre: il padre è una figura autoritaria, ma il rapporto tra i due è conflittuale. Zeno ripensa al presunto schiaffo datogli quando l’uomo è in punto di morte. Zeno soffre di un complesso edipico non superato, padre come un rivale. - La storia del mio matrimonio (con Augusta): sposa la sorella Malfenti più brutta perchè la sua amata, Ada, sposa Guido Speier, che diventa suo rivale in commercio. Si manifesta la sua inettitudine. La sua scelta risulta però corretta (Augusta = madre). - La moglie e l’amante: cerca di conciliare l’adulterio col matrimonio, ma lascia Carla perché sua moglie soffre. - Storia di un’associazione commerciale: Zeno e Guido Speier lavorano nella stessa azienda ma Zeno ha un ruolo secondario, Guido dopo un insuccesso economico si suicida e Zeno sbaglia funerale. - Psico-analisi: cambia il ritmo narrativo, è come una pagina di diario. Zeno annuncia di aver finito di scrivere le sue memorie da circa un anno e si dichiara guarito. La malattia appare come una condizione generale insita nella vita stessa. Solo dopo l’esplosione della Terra l’uomo può essere in salute (palingenesi). Zeno inetto spiritoso e bugiardo → Zeno è un inetto (non adatto alla vita) che si sente diverso dagli altri e aspira a inserirsi nel gruppo socialmente vincente delle persone normali. Zeno parla di sé con sorridente ironia e non si autocompatisce (come Alfonso ed Emilio). Inoltre egli, a differenza di Emilio e Alfonso, riesce a illudersi sulle proprie qualità e non soccombe, dichiarandosi sano. Narratore inattendibile → Il lettore dall’inizio alla fine del romanzo ha imparato a dubitare di tutto ciò che il protagonista afferma. La voce narrante è interna, poiché Zeno racconta tutto in prima persona e le sue bugie rendono impossibile stabilire una verità (“non esiste un narratore da fuori e dall’alto”). Inoltre, il personaggio smentisce continuamente se stesso. Dottor S. e la verità impossibile → L'unico narratore diverso da Zeno presente nel libro è lo psicanalista che però scompare subito, tuttavia resta comunque l’interlocutore nascosto a cui Zeno rivolge le proprie memorie. Il suo intervento è fondamentale per dare inizio alla diffidenza del lettore, poiché il dottor S. presenta l’opera come il frutto ingannevole delle confessioni di un malato di nevrosi. Anche lo psicanalista è però inattendibile: è un professionista che agisce per interesse personale → ne deriva che ogni rappresentazione dei fatti è soggettiva e instabile. I materiali narrativi forniti dalla psicoanalisi → Nella “Coscienza di Zeno”, come evidenzia il critico Lavagetto, lo scrittore ha a disposizione il materiale della psicoanalisi freudiana per mettere in scena le contraddizioni dell’io. Svevo conosce le opere di Freud circa nel 1910-12, ma è incuriosito anche dall’autosuggestione (condizionamento inconsapevole del soggetto a credere a qualcosa che non esiste) e 16 dall’autoanalisi (esercizio dell’individuo su se stesso). Svevo trae da Freud l’idea dell’inconscio, quella parte della psiche dove risiedono tutte le esperienze traumatiche dell’io, le quali generano sofferenza e vengono allontanate. La psicoanalisi è il metodo per far riemergere alla coscienza le esperienze rimosse (ritiro proiezioni) per guarire. Svevo, però, non attribuisce funzione terapeutica alla psicoanalisi, ma gli interessa la combinazione coscienza/inconscio che gli permette di mettere in scena un bugiardo inconsapevole. Il tempo misto e soggettivo di Zeno → Zeno racconta ciò che vuole, seguendo la tortuosità della sua psiche: l’ordine non è cronologico e razionale, ma il protagonista tenta di ricostruire il proprio passato secondo le indicazioni dello psicanalista e il racconto procede a salti. È strutturato in ordine tematico e non cronologico. Il ritmo della narrazione è condizionato dalle oscillazioni della mente (eventi brevi descritti in un largo spazio, anni di vita descritti in poche righe). Il romanzo copre il periodo di una vita intera: dall’infanzia alla vecchiaia, ma i 4/5 del romanzo sono occupati da 4 anni della vita di Zeno, dalla morte del padre alla morte di Guido Speier. Le date citate sono poche e le indicazioni temporali sono vaghe e contraddittorie. Malattia, salute e conclusione del romanzo → Per capire la figura di Zeno è necessario chiarire i termini “malattia” e “salute”. Zeno si dichiara “malato”, cioè a disagio nella vita e per questo ricorre alle cure del dottor S. Il simbolo più evidente della sua malattia è l’incapacità di smettere di fumare che lo induce in una condizione di perenne attesa e rinvio. Zeno non sa decidersi in nessuna situazione della vita, come la scelta dell’università o della moglie, ed osserva con stupore e invidia gli altri uomini che sanno sempre cosa fare: afferma quindi di voler somigliare a loro, che sono in salute. Tuttavia, i sani mostrano anche i loro limiti: sono superficiali e sciocchi, ancorati a certezze ridicole. Zeno vuole guarire, ma in realtà oppone resistenza alla guarigione (salute e malattia si confondono). Si capisce che l’inetto ha ragione ad aggrapparsi alla propria malattia pur di non vivere come un sano. Essere “sani” significa gettarsi nella lotta per la vita e imporsi sugli altri. Il romanzo si conclude con una profezia catastrofica: un mondo fondato sulla lotta e sulla sopraffazione non ha prospettiva di progresso. L’uomo può essere liberato dalla sua infermità solo da un’esplosione catastrofica.
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