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Pittura e vita popolare. Un sentiero tra Anversa e l'Italia del secondo cinquecento, Schemi e mappe concettuali di Storia Dell'arte

Libro per l'esame di storia comparata nei paesi europei con la professoressa Maria Angela Ghirardi

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2016/2017

Caricato il 17/12/2017

Martinafabbri
Martinafabbri 🇮🇹

4.5

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Scarica Pittura e vita popolare. Un sentiero tra Anversa e l'Italia del secondo cinquecento e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! La << preclara Anversa >> negli scritti di Durer e di Lodovico Guicciardini. Porto fluviale sull'estuario della Schelda, Anversa diventa nel 500 la capitale dei Paesi Bassi, soppiantando le antiche città di Bruges e di Gand. La centralità di Anversa è suggerita dai frequenti spostamenti di Durer che sempre finisce per tornare a soggiornarvi. La Descrizione di tutti i Paesi Bassi fu scritta dal mercante e patrizio fiorentino Lodovico Guicciardini, evidenzia subito il carattere cosmopolita della città plurilingue. Emergono, dalle pagine di Guicciardini, la vitalità e la ricchezza della città. Di tutto affascinati, Durer e Guicciardini, l'artista tedesco e il mercante fiorentino, tracciano, in tempi e modi diversi, un'immagine spettacolare di quell'Antverpia Mercatorum Emporium- com'è talvolta definita nelle stampe- che fu città all'avanguardia in <<un'epoca straordinaria di gestazione del nuovo>> e culla d'innovative sperimentazioni pittoriche destinate a incidere nel più ampio orizzonte d'Europa. La << Macelleria >> di Pieter Aertsen, un paradigma. Nell'elenco degli artisti di Lodovico Guicciardi trova posto << Piero Aertsen, alias Piero Lungo d'Amsterdam. Di Aertsen ( detto Piero Lungo per la sua alta statura, come spiega Karel van Mander ) Guicciardi nomina un quadro sacro e l'elevato compenso che gli fu corrisposto. La fama di Aertsen era però, fin d'allora, legata a un altro tipo di produzione: la <<rappresentazione di scene di cucina, con ogni sorta di viveri impiegando i colori in modo sommamente naturale e appropriato, onde gli oggetti raffigurati sembrassero effettivamente reali >>, come racconta Van Mander. Giunto ad Anversa nel 1535, Pieter Aertsen, vi dimorò per più di vent'anni. Ad Anversa tenne un'avviata bottega e raggiunse la fama per la sua abilità nel comporre vigorose scene di vita popolare e nature morte di smagliante opulenza. Uno dei quadri più significativi è la Macelleria – di cui si conoscono due versioni principali, entrambe a olio su tavola e di misure molto simili. La struttura compositiva dell'immagine è molto complessa. In primo piano, si dispongono carni macellate di diversi tipo, al centro sta la testa scuoiata di un bue, la fiancata di un maiale è appesa a in gancio a sinistra, sotto c'è del burro e accanto si notano un prosciutto, due pesci, zampe di maiale su foglie d'insalata. Dall'altra parte pendono da un bastone, che si spinge all'infuori, il grugno del maiale ammazzato, diverse frattaglie e un aggrovigliato segmento d'intestino. Po ci sono salsiccie di varie forme e colori su un candido anno bianco, due pesci incrociati su un piatto metallico, un lucente bollitore. Presso il bordo inferiore quattro torte in stampini rotondi su un vassoio di legno, una zuppiera di strutto con dentro un cucchiaino, appoggiata ad uno sgabello triangolare, una stia con due polli morti e del formaggio. La natura morta si impone per le formidabile resa mimetica delle qualità materiche: Aertsen sa restituire le piume soffici delle galline, le carni macellate, umide e sanguinanti. È una fedeltà virtuosistica che solletica lo sguardo e esprime abbondanza. Dietro questo banco, si aprono tre scene. La più grande è a destra, e comprende almeno due episodi, distribuiti su diversi livelli di profondità: un uomo è chinato a versare , da un secchio a una brocca, l'acqua tinta al pozzo; in fondo, in una locanda ci sono due coppie variamente atteggiate presso un camino, una tavola apparecchiata, una grande finestra. In piena vista, all'ingresso è sistemata la carcassa del bue. La scena in mezzo mostra un deciso cambiamento di registro: alle occupazioni quotidiane si sostituisce i tema sacro con la rappresentazione dell'episodio Evangelicodella Fuga in Egitto. La Sacra Famiglia, è in cammino, San Giuseppe guida l'asinello e la Madonna, che vi sta seduta sopra con un bambino in braccio, si sporge a fare la carità di un pane a un ragazzino che tende un cappello con le mani e che ha alle spalle un uomo seduto a mani giunte, il padre mendicante probabilmente. Quest' inconografia della vergine che fa l'elemosina è rara e sembra circoscritta all'ambiente di Anversa. Nella campagna si srotola una processione di uomini, donne e bambino, diretta verso sinistra. Va verso la chiesa che si vede oltre la finestra, la terza scena , la più piccola e lontana , aperta dietro la bancarella delle carni. Nell'edificio si riconose, per la struttura della torre, la cattedrale di Anversa e alla città riportano le mani dei palmi levati, disposte in un riquadro con una scritta illeggibile, giusto sopra la veduta della chiesa, allusive allo stemma araldico di Anversa, e al mitico gigante taglia-mani. Altri elementi sono stati individuati da Graig: i segni in colore dorato, dipinti sul palo rosso, dietro il mezzo maiale, che mostrano una <<X>> con due linee verticali ai lati, un sonaglio-campanella, sormontato da una crocetta e accanto le lettere << G>> e <<B>>, intese come abbreviazione di gens bona. Dall'esame di questi elementi si deriva un riferimento alla città di Anversa e alla religiosità: la campanella veniva suonata durante la messa, all'elevazione dell'ostia per segnalare ai fedeli il miracolo della transustanziazione, la<< X>> può richiamare la croce. Allora la gens bona sarebbero gli abitanti di Anversa dediti alle pratiche sacre ? Probabilmente le tre scenette sullo sfondo si leggono da destra a sinistra: dai piaceri mondani dl cibo e del sesso, al quale alludono i gusci di molluschi e di uova per terra, ritenuti un potente afrodisiaco, alla vita spirituale rappresentata dalla chiesa, cui cammina la processione. La scena della Fuga in Egitto è centrale, l'uso sapiente delle diagonali sospinge in quella direzione lo sguardo dello spettatore, e crea un collegamento con i due pesci incrociati sul piatto, riproposta dall'antico simbolo paleocristiano del (Cristo-pesce). In questo contesto dominato dall'idea del sacrificio di Cristo, il pane donato dalla Madonna è il salvifico pane eucaristico. Al cibo corporale si contrappone il cibo dell'anima, alla dimensione temporale quella spirituale. Per chi Aertsen aveva dipinto questa Macelleria di traverso. L'importanza del macellaio in effige conduce alla Gilda dei macellai di Anversa all'epoca una delle più potenti corporazioni dei paesi Bassi. Non ci sono prove certe ma gli indizi sono consistenti e la proposta di Craig ha raccolto un discreto consenso. La densità semantica della Macelleria ha sollecitato altre importanti riflessioni. Per dirne qualcuna: si è inteso di coglier tra i cibi grassi ( carni ) o magre ( pesci ) ,da Carnevale e da Quaresima, un'eco delle dispute religiose che allora, si dibattevano tra cattolici o protestanti; si è riconosciuto nell'opulenza delle merci esposte, un emblema della “ cultura del mercato”. Nella Macelleria del 1551 il pittore sembra sperimentare per la prima volta il meccanismo compositivo del' “ immagine invertita “ o “ rovesciata “, intendendoli paradossale capovolgimento dell'ordine geriarchico di importanza, prima sempre adottato: davanti stanno adesso gli umili parerga e nel fondo si relegano le più reputate bistoriae. Ma si è anche proposta la definizione di “ immagine raddoppiata “ per evidenziare l'illusionismo prospettivo che sfonda i limiti del quadro, moltiplicando gli spazi e accentuando il collegamento tra la parte profana e quella sacra. Non molto tempo era trascorso dalla Festa contadina datata 1550, dove Aertsen affronta quelle tematiche della vita popolare e rustica su cui ritorna di frequente durante tutta la sua brillante carriera. L'interesse per la vita di tutti i giorni non er del tutto novo, già prima di Aertsen si possono trovare pittori e incisori che illustrano ambienti di popolo, risse e bordelli. (Jean Van Hemessen ). ma la forza rivoluzionaria della pittura di Aertsen deriva dalla sua virtuosistica abilità mimetica. L'artista adotta un discorso visivo solenne di derivazione italiana. Quando Aertsen raffigra i contadini in forme solenne si ispira alle regole dell'ironia umanistica, adottandola figura retorica del'( encomio paradossale ) per canzonare i loro comportamenti? La novità delle scene popolari di Aertsen stimola la discussione. Anche se Aertsen non è catalogato tra i cosidetti “ romanisti “, quei pittori nederlandesi che coltivano lo stile di Rinascimento italiano, il suo linguaggio vi si avvicina. In anticipo di circa un decennio nei confronti di Pieter Bruegel il Vecchio e la sua pittura della vita quotidiana, le scene popolari di Aertsen interrogano anche sul piano della ricezione. Certo un dipinto complesso come la Scena di cucina di Copenhagen non è facile da interpretare al centro attraversata da un pezzo di carne macellata il quadro è diviso in due parti: a sinistra due coppie di popolani- l'una di vecchi malinconici e l'altra di giovani allegri, a destra una famigliola accanto a un gufo su un trespolo, e, dispiegata in primo piano, un'esuberante profusione di pesci, carni, ortaggi, frutta, pane e formaggio. Smarrita con la fine dell'età antica la pittura delle cose umili riprende ad Anversa a partire dal 1550 circa, e si esprime soprattutto nele forme delle “ cucina “ e dei “ mercati “ di Pieter Aertsen e di Joachim Beuckelaer suo allievo nipote acquisito. Tra le prime “cucine “ , entrambe con la scena di Cristo in casa di Marta e Maria, si sono letti in rapporto al dibattito religioso, allora più che mai acceso, sulla fede e sulle buone opere su la vita contemplativa ( Maria seduta ad ascoltare la parola di Cristo, cibo per l'anima ) e la vita attiva ( Marta indaffarata a preparare il pasto, nutrimento del intese come indizio del soggiorno di Bruegel nella città, le analogie che legano il suo quadro con il Trionfo della morte del 1560 circa, al grande affresco, d'identico soggetto, dipinto da un autore sconosciuto sulla metà del Quattrocento, allora nel Palazzo Sclafani e ora, sempre a Palermo, nel Palazzo Abatellis, si veda la figura della Morte a cavallo, memore di quella che irrompe nel Trionfo della morte palermitano. Ma, se si guarda agli echi dell'arte italiana presenti nella produzione di Bruegel, si deve forse sospettare che l'artista abbia fatto tappa o almeno sia transitato, nel Veneto dei Bassano, di Tiziano e di Domenico Campagnola. L'artista fa un viaggio diverso da quello consueto dei suoi connazionali: non si tratta solo del percorso che lo porta fino al più profondo Sud, è soprattutto un altro sguardo, interessato alle vedute di paesaggio piuttosto che alle antichità, al quotidiano piuttosto che all'eroico. Per di più in Bruegel si era sempre riconosciuto l'erede di Bosch. Verso il 1555 si situa probabilmente il ritorno di Bruegel ad Anversa, dove, in un giro breve di anni, la sua produzione cambia. È sorprendente come l'artista sia riuscito <<con straordinaria facilità a passare dal suo apprendistato cartografico, d'illustratore scientifico, ad una tematica popolare, di vita quotidiana: dalla natura fisica, vegetale, alla realtà umana, esaminata anche a livelli sociali inferiori>>. L'occhio dell'aquila di Bruegel e l'epica dei contadini. L'artista trova nella rappresentazione della vita della campagna il mezzo più genuino per l'espressione del suo mondo inferiore, e riesce a emanciparsi da Bosch. A Bruxelles Bruegel raggiunge l'apice della sua creatività e produce capolavori assoluti. I rapporti con Anversa non si interrompono, anzi la serie dei Mesi, compiuta nel 1565, è voluta dall'amico Nicolas Jongelinck, destinata ad arredare la sua casa di campagna, nei dintorni di Anversa. Fanno oggi parte della serie dei Mesi cinque quadri: il Ritorno della mandria, i Cacciatori nella neve, la Giornata buia, tutti tre a Vienna, la Raccolta del fieno, la Mietitura. Ma quanti erano in origine? Sul numero si è a lungo discusso: sei o dodici. La soluzione più accreditata deriva da De Tolnay che ritiene la serie dei Mesi composta di sei quadri, in ciascuno dei quali Bruegel avrebbe rappresentato un bimestre. A favore di questa interpretazione sta la scoperta, pubblicata da Hans J. van Miegroet nel 1986, di un disegno di Pieter Stevens, ispirato alla Giornata buia di Bruegel, dove sono importanti le scritte in alto, a sinistra <<februaris>>, a destra <<mert>>, cioè febbraio-marzo. Per analogia la Giornata buia di Vienna potrebbe allora rappresentare proprio questo bimestre, non, come si era pensato – sulla base della corona di carta che il bambino ha in testa, intesa in rapporto alla festa dei Magi del 6 gennaio, il giorno dell'Epifania, e sulla base dei dolci che l'uomo ubriaco ha in mano e che sarebbero caratteristici della stessa festa -, i mesi di gennaio-febbraio. La presenza della corona non è sufficiente a indicare gennaio: era infatti usata anche in altre festività invernali. C'è buona concordia, negli ultimi studi, nel riconoscere i mesi di giugno-luglio nella Raccolta del fieno, agosto-settembre nella Mietitura, ottobre-novembre nel Ritorno della mandria, dicembre-gennaio nei Cacciatori nella neve, febbraio-marzo nella Giornata buia. Manca il quadro che corrisponde ai mesi di aprile-maggio, gli inizi dell'anno secondo lo “stile pasquale”. Per immaginare come il quadro avrebbe potuto essere, si è soliti ricorrere al disegno con la Primavera che risale proprio allo stesso tempo dei Mesi. Il disegno è pensato per la traduzione a stampa e appartiene alla serie delle Stagioni. A Bruegel spetta anche il disegno con l'Estate, firmato e datato 1568, con l'imponente figura, in primo piano, del falciatore che beve, la testa arrovesciata all'indietro e la gamba spinta in avanti, in una ps complicata, di forte risalto plastico, in cui si è riconosciuta l'eco del Laocoonte. Il sopraggiungere della morte nel 1569 impedì a Bruegel di portare a compimento il lavoro, i disegni dell'Autunno e dell'Inverno. Il ciclo dei Mesi si apre, nella sequenza superstite, con la Raccolta del fieno: sul ciglio del campo s'allontana, in primo piano, il corteo dei contadini a piedi, che portano sulla testa ceste di frutta, ortaggi e legumi, accanto a loro procede la contadina a cavallo che si tira dietro un carico di cestoni ricolmi, degli stessi colori vivaci rosso e verde. In direzione opposta camminano unite e spiccano da protagoniste tre contadine, dotte di rastrello e rappresentative di tre diverse età- in cui si sente la memoria antica delle Grazie -, la più giovane in mezzo, rivolta verso il riguardante. All'ombra di un cespuglio siede un contadini intento ad accomodare la falce. Dietro si allarga la campagna con il prato appena falciato, le donne che rastrellano, gli uomini che caricano il fieno sul carro, i due cavalli attaccati, ancora a riposo a brucare. Poi le case rurali, la chiesa del villaggio, il declivio delle colline, l'innalzarsi della montagna di roccia, il mare lontano all'orizzonte. Nella Mietitura si passa alla vampa del solleone, l'afa di mezzogiorno annebbia l'aria. I mietitoti lavorano, altri contadini si allontanano coi covoni sulle spalle, altri li legano, un altro avanza a fatica, appesantito dalle brocche d'acqua che porta. Sotto una pianta di pero si raduna un gruppo di contadini a mangiare del pane e della zuppa bianca a base di latte, qualche frutto caduto dai rami dell'albero si dispone sulla tovaglia stesa a terra. Lì vicino, un contadino, vinto dalla stanchezza e dalla calura, dorme a gambe divaricate. La sua posa sarà da Bruegel ripresa, due anni dopo, nella figura del letterato abbandonato al torpore del sonno e della digestione nel Paese della Cuccagna. A sinistra, in basso, nascosta nel fitto delle spighe per mantenersi fresca, una brocca d'acqua è preparata a lenire l'arsura dei mietitori. L'occhio attento del pittore annota con precisione le usanze agricole. Il paesaggio si allarga a comprendere un borgo con la chiese e, lontano, una distesa di acque, in cui si è tentato di scorgere il lago di Ginevra. Il Ritorno della mandria celebra i mesi dell'autunno con l'indebolirsi della luce, il variare dei mezzi toni dell'ocra, del verde e del blu, gli alberi ormai spogli di foglie, gli uomini coperti di abiti pesanti. Risale dai pascoli di fondovalle la mandria dei bovini dai mantelli fulvi, guidata dai mandriani con i lunghi bastoni. Intabarrato e con il capello pigiato sulla testa, chiude il branco il fattore che s'inerpica a cavallo, le redini strette in mano, scortato da altri tre mandriani a piedi. A destra si spalanca l'ampia veduta delle montagne nude e aguzze e del fiume nelle cui acque si rispecchiano nuvole blu e bianche del cielo. Nel dipinto Bruegel trascura la tradizionale iconografia dell'autunno con i lavori della vendemmia e sa restituire il ritmo antico della transumanza. Ghiaccio e neve caratterizzano i mesi dell'inverno. I colori del cielo livido, il bianco riverbero della neve, il grigio- verdastro degli stagni gelati, il sentimento del freddo più pungente, nei Cacciatori nella neve. In cima a un pendio, tre cacciatori camminano un po' curvi sprofondando i passi nella neve alta, recano il corno da caccia e il carniere attaccato alla cintura, voltano le spalle al riguardante. La loro marcia è scandita dagli intervalli di spazio tra i tronchi egli alberi gelati su cui posano nere cornacchie. Le sagome scure dei tre uomini si staglino nitide sul banco e raccontano la fatica della caccia e il magro bottino: una sola lepre appesa al bastone portata in spalla da uno di loro. Li segue la folta muta dei cani di razze e di taglie diverse. Cani che ricordano quelli incisi da Durer, verso il 1501, nella Sant'Eustachio, il santo cacciatore che compare, nel quadro di Bruegel, sull'insegna della locanda, davanti alla quale transitano i cacciatori insieme con la scritta << Dit is in den Hert>> ( Al cervo ). si tratta probabilmente di un esplicito omaggio tributato da Bruegel al grande artista di Norimberga. Davanti alla porta della locanda uomini donne e bambini son intorno al fuoco affaccendati alla strinatura dei maiali. Nei calendari medioevali ricorreva, quale attività caratteristica del mese di dicembre, l'uccisione del porco che veniva poi dissanguato e pulito. Dopo tanto gelo, il difficile risveglio ella vita si mostra nella Giornata buia dove, contro un cielo pesante di nuvole nere, si apre il chiarore azzurro che illumina le creste innevate dei monti. Il fiume è agitato dalle onde e le barche sono in rischio di naufragare. Ma i contadini riprendono il lavoro: in primo piano due boscaioli si occupano di potare i salici, come si fa a marzo, e di formare le fascine con i rami tagliati. Una contadini si china a raccogliere qualcosa nel bosco, un uomo ripara la sua casa. Una famigliola ritorna dalla festa del Carnevale, il padre ubriaco traballa tenendo tra le mani le gaufres, pronto a mangiarsele. Sta appoggiato alla donna che si stringe accanto il bambino, avvolto in una trapunta, con la corona di carta, un campanaccio in cintura e una lanterna. Dietro do loro si scorge un uomo con una pentola in testa e una candela accesa, attaccato a un bastone, ed è la prima volta che si utilizza, per indicare febbraio, il riferimento alle feste popolari del Carnevale, della Candelora e di San Biagio. Sotto la collina si trova il villaggio, assiepato di povere case col tetto di paglia, c'è la locanda all'insegna del Sole, i carri stipati, da scaricare o far partire che un uomo controlla, c'è chi balla alla musica del suonatore di viella, chi orina contro al muro. Un miscuglio di luci e di ombra, di ardore e di tristezza, come ne scrisse Genaielle. Si esprime, nei Mesi, l'originalità di Bruegel rispetto alla tradizione dei minatori fiammenghi. Armonia e coerenza informano ogni tavola e l'intero insieme , a narrare la stretta corrispondenza tra l'uomo e la natura, tra i tempi del lavoro agricolo e il ciclico svolgimento dell'anno solare e della meteorologia. La brulicante moltitudine di esseri umani, di animali e di cose che gremivano i primi quadri di Bruegel ( si pensi ai Proverbi fiammenghi, al Combattimento tra il carnevale e la Quaresima, per esempio ), lascia il posto, nei Mesi, al diradarsi delle figure umane, disposte nello spazio un modo più naturale e articolato in un rapporto di maggiore convinzione. L'emblema che meglio si addice a Bruegel è quello dell'aquila: a volta si libra nell'aria e vede svolgersi sotto le ali il film dell'universo, o con volo vertiginoso piomba sulla terra per rapire qualche preda. Non di poteva raccontare meglio la speciale capacità di Bruegel di tenere il lontano e il vicino l'universale e il particolare. Con occhi d'aquila l'artista guarda dall'alto di cieli silenziosi, ma non perde i contorni dei pi minuti dettagli delle cose umane, si cui sa all'occorrenza affondare gli artigli. La metafora di Bruegel- aquila aiuta anche a capire il respiro classico, come il tempo antico ed eterno, che pervade i Mesi. Nel trasferirsi ad abitare a Bruxelles, Bruegel aveva lasciato ad Anversa due cari amici: Hans Franckert e Abramo Ortelio. Insieme a questo Franckert. Bruegel si recò sovente fuori città, tra i contadini, per partecipare alle loro nozze e fiere, travestiti in abiti paesani, distribuendo doni e regali come tutti gli altri, fingendosi parenti dello stesso sposo o della sposa. Spesso gli studi collegano il passo appena citato ai due quadri, concepiti probabilmente in pendant, della Danza dei contadini e del Banchetto nuziale è la lunga diagonale della tavolata dei commensali. Una soluzione, questa ultima che ha ricordato i quadri veneziani di Tiziano e Tintoretto, del quale si vedano soprattutto le Nozze di Cana. Le due scene della, Danza e di Banchetto, si collocano l'una all'aperto, l'altra in un interno. Il ballo si svolge vivace nella piazza di un villaggio rurale, in primo piano a sinistra sono seduti su una panca il suonatore di zampogna con le guance gonfie per lo sforzo do soffiare e un giovane intento a guardarlo con un berretto adornato di una penna di pavone. Il suo volto è reso con precisa fisionomia, quasi un ritratto. Accanto a loro un'adolescente sembra insegnare ad una bambina, accennando un passo di danza. Dietro, intorno a un tavolo, si cui stanno delle brocche di vino e quella forma tondeggiante gialla su una base di legno che- s'intende essere burro, stanno a litigare i bevitori che hanno alzato un po' il gomito. C'è la coppia che si bacia, la fila delle case, di cui una imbandierata a festa ( o si tratta di una locanda ? ) con l'uomo che cerca di fare uscire, per condurla al ballo, la sua bella. In fondo c'è la chiesa e presso la staccionata un gruppo di persone tra le quali si distingue il giullare, vestito di giallo e di rosso, che incita al divertimento. Due coppie, al centro della piazza, sono alle prese in un ballo indiavolato. Da destra, oltrepassando un tronco su cui è affissa un'immaginetta con la madonna e il bambino- una di quelle madonnine arboree che ancora, talvolta, sacralizzano il territorio-, corre alle danze una coppia di contadini non più giovane. Lui porta sul cappello il cucchiaio, un dettagli che riflette il costume dell'epoca di portarsi da casa le posate se si andava a un pranzo: al fianco del contadino pende infatti anche il coltello, racchiuso nella sua guaina, mentre la forchetta divenne di uso comune soltanto più tardi. La caratterizzazione di questa coppia irruente ha già richiamato Durer, la sua stampa con i Contadini che danzano del 1514. Il pranzo di notte dipinto da Bruegel si ambienta in un granaio, dalle pareti gialle di paglia. O sgabello, nell'angolo in basso a destra, segnale le direttrici prospettiche della composizione, dominata dalla tavola con i commensali che attraversa obliqua lo spazio, dal primo piano fino alla porta aperta in fondo, dove s'accalcano altri convitati o semplicemente dei curiosi. Piccola, ma in posizione di spicco, la giovane sposa ha un drappo verde alle spalle – agganciata a un pilastro e sorretto, dall'altra parte da un forcone piantato nella paglia – e le sta appesa sopra la testa la corona di carta. Paffuta, con una ghirlanda di fiore, simbolo di verginità, sui capelli sciolti, la sposa s'atteggia contegnosa, tiene gli occhi bassi e congiunge le mani. Messinscena e posa rispecchiano il costume dei matrimoni di campagna nelle Fiandre, come tramandano stampe e dipinti. I covoni di grano intrecciati e fissati alla parete con un rastrello sono di buon auspicio. Accanto alla sposa siedono i genitori, la madre con la cuffia bianca e il padre su una seggiola con lo schienale. In primo piano due giovani, uno con un grembiule l'altro con il cucchiaio sul cappello, utilizzano una vecchia porta scardinata per servire in tavola. I piatti sono riempiti di zuppe o creme di riso o di latte, cui si anche suggerimenti nordici e di consonanze con fiamminghi, parlva già l'abate Lanzi alla fine del settecento. Gli studi hanno segnalato l'importanza di Pieter Aertsen, maestro nederlandese coetaneo di Bassano. Tra le << novelle rustiche>> per dirla con Roberto Longhi di Jacopo Bassano assurge al rango di capolavoro la Pastorale Thyssen, come di solito viene chiamata la tela altrimenti intitolata La parabola del seminatore. Il tema religioso, raccontato da i tre Vangeli sinottici, è richiamato in secondo piano nella figura del contadino che incede nel campo spargendo il seme mentre n alto posano sul ramo e volano in cielo gli uccelli. A ricordre che il seme ( allusivo della buona novella, la parola del Signore ) per germogliare e dare frutto deve cadere sulla terra fertile, evitare i sassi o i rovi e non finire mangiato dagli uccelli. Domina il respiro della natura, la visione della campagna al crepuscolo, il pendio lieve dei terreni, le fronde rigogliose degli alberi contro il cielo, le capanne contadine nel lontano, la sagoma inconfondibile del Monte Grappa all'orizzonte. Un paesaggio <<come poesia dell'ora>>, per dire che l'artista riesce a fermare sulla tela il trascolorare delle luci e, quasi, il variare delle temperature dell'aria. Concorre a tele esito anche lo studio condotto da Bassano sulle stampe un'umanità nuova si fa starda nella pittura di Jacopo Bassano: contadini e pasrori vestiti di stracci << co'i piedi in fora>>, denunciando <<la solita mancanza di decoro>> . Ed è accusa che riecheggia quella spesso rivolta a Caravaggio, imitatore delle cose naturali. A orientare le scelte figurative di Jacopo Bassano doveva concorrere la letteratura. L'artista è un uomo colto, ritrattista del giovane Torquato Tasso, musico <<peritissimo>>. La sua passione per il mondo rustico risente dell'epoca popolare di Teofilo Folengo e del teatro comico del Ruzante, intellettuali entrambi dell'Italia settentrionale, molto attivi nel Veneto e famosi per le loro sperimentazioni linguistiche sul “ macaronico “, il volgare declinato alla latina, e su “pavano”, il dialetto dei contadini padovani. I riflessi della letteratura e le urgenze della storia: sono motivazione analoghe a quelle proposte per Bruegel che si è di recente definito la “ contro parte fiamminga” di Jacopo Bassano. Di certo i due artisti camminano, all'incirca negli stessi anni su sentieri vicini, guardando alla vita quotidiana con occhi nuovi. Bruegel e Bassano sono ne Cinquecento gli interpreti del mondo rurale e come tali vengono percepiti: se gli studi, insistono su Bruegel pittore dei contadini, Jacopo Bassano è esaltato, nelle pagine di Longhi, come il <<misterioso re contadino della pittura veneta cinquecentesca>>. Stagioni o Mesi, due temi affini che si intrecciano spesso. Secondo Ridolfi, Jacopo Bassano aveva inviato quadri con i dodici mesi all'imperatore Rodolfo. È ormai assodato che l'invenzioni delle Stagioni appartengano a Jacopo Bassano, attento a evitare la consueta rappresentazione delle stagioni in forma di figure allegoriche e a recepire gli spunti nordici dei Mesi di Bruegel, dipinti nel 1565. molti dei motivi iconografici si ritrovano nelle Stagioni di Vienna che qui si scelgono di illustrare in qunto ci sono buoni argomenti per considerarle la serie più antica databile verso il 1573-75, e in cui due tele, quelle dell'Estate e dell'Autunno – più frequentemente riprodotte e esposte in mostra – sono quasi concordemente intese per autografe di Jacopo, la Primavera ha qualche probabilità di esserlo e l'Inverno, che si credeva perduto – non può infatti ritenersi parte dello stesso ciclo l'esemplare che si trova oggi nel Kunsthistorisches Museum in pessime condizioni di conservazione – è stato recuperato, in originale, pochi anni fa ed è in collezione privata. Nella seri di Vienna si dispiega un paesaggio ampio, osservato da lontano, da un punto di vista rialzato, che somiglia a quello adottato da Bruegel nei Mesi e che accoglie l'episodio biblico, rimpicciolito sul fondo e a stento visibile. È una particolarità rara, che manca nei Mesi di Bruegel e nelle Stagioni prodotte da Cock, piuttosto sembra rifarsi alla tradizione di Aertsen e di Beuckelaer. Nelle successive versioni delle Stagioni o dei Mesi – come si è talvolta preferito interpretare - i tema sacro è presto eliminato e anche le numerose traduzioni a stampa quasi mai lo riportano. Quale che fosse il significato, perse presto d'importanza e fu tralasciato. Rimase prioritario i sentimento di un paesaggio come <<grande laboratorio di fatiche>>, espressione di un'Italia umile e campagnola. Un poema corale dove il mondo degli umili – di umiltà parlava appunto Boschini per le Stagioni – risalta alternativo all'individualismo eroico tanto esaltato nel Rinascimento. I vecchio Jacopo Bassano non rinunciò a tenere insieme il sacro e il quotidiano. Ci sono tante tele, che si affollano verso il 1576-77, spesso dipinte con la collaborazione del figlio Francesco, dove si illustrano cucine, mercati, locande, aperte a ospitare i temi biblici della Cena in Emmaus, del Figliol Prodigo, del Cristo in casa di Marta e Maria. Si ricordano ad esempio, il Cristo in casa di Marta e Maria , la Cena di Emmaus il Ritorno del figliol prodigo. LA BOTTEGA FAMILIARE DEI BASSANO, LA CIRCOLAZIONE DELLE STAMPE , LA FORTUNA EUROPEA “Vita di Giacomo bassano scritto da Karel van Mander , descrive la speciale bravura di Bassano nella resa degli animali. Alla fortuna europea del bassano contribuirono le stampe dei fratelli Sandler. L'AFFERMAZIONE DI SOFINISBA ANGUISSOLA A CREMONA E LA LEZIONE DI LEONARDO Negli anni 50 del 500 con le prime prove pittoriche di sofinisba si assiste a Cremona all'esordio delle donne sulla scena dell'arte. Molto deve aver contato l'esempio di una pittrice di anversa CATHARINA VAN HEMESSEN che si era dedicata al ritrattoo di dal 1548. dal resto gli stretti rapporti commerciali tra anversa e cremona agevolavano la circolazione della cultura e delle idee. Per entrambe le artiste furono fondamentali le pagine del Cortegiano di Baldassare castiglione , l'uso della stampa diede le ali alle idee sull'educazione delle donne promossa da Catiglione: alla donna non si chiedeva più di essere solo virtuosa e obbediente, doveva avere qualche conoscienza di letteratura musica pittura essere capace di danzare conversare per potersi muovere con grazia nlla società. Sofinisba entrò in scena facendosi conoscere per l'autoritratto : 1555 PARTITA A SCACCHI , RITRATTO DI FAMIGLIA. Nel 1559 emigra a Madrid alla corrte di Filippo II. Importa qui soprattutto sottolineare come i ritratti di famiglia , vivaci racconti di vita domestica di Sofinisba preparino la strada alle composizioni di soggetto popolare di Vncenzo Campi. Dalla pttricesua concittadina deriva anche il motivo del gambero che morde e fa piangere di cui si discute l'origine nordica. L'interesse per i disegno della giovane dimostrato da Michelangelo è significativo dela stima e della fama che circondavano la pittrice cremonese. Di rilevanza sono o studio delle espressioni, pianto e riso cui la giovane artista approda sulla scorta di Leonardo. Con sofonisba l'invenzione dei sentimenti trova la strada del racconto domestico e porta la fisiognomica verso le sperimentali scene di soggetto popolare. → fogli di Napoli e Firenze F42 F43 in cui ritrae il pianto di un bambino morso da un gambero ( suoi due fretellini) e il riso di una bambina per la vecchia analfabeta. VINCENZO CAMPI E LA COMPOSIZIONE DELLE ALLEGREZZE. Coetaneo di Sofonisba , Campi apparteneva a una famiglia di artisti. Le sue più importanti opere sono le cinque grandi tele di mercato commissionate dda Hans Fugger : fruttivendola, i pollivendoli e i tre pescivendoli. Le 5 tele garantiscono della fama raggiunta all'epoca del pittore cremonese e rientrano nel programma di rinnovamento del gusto artistico che spinse il banchiere tedesco a guardare verso l'italia e a ispirarsi al mecenatismo dei Medici. La serie dei quadri di Kirchheim sono di uguale grande formato tutti firmati , tranne i pollivendoli e datati. Commento di Silla Zamboni : “ esuberante vitalità , rappresentando con icastica naturalezza tipi di popolani, mentre nei primi si squaderna tutta la sua ricchezza sul tema della natura morta. Molto ineressante anche gli sfondi di paesaggio di gusto alquanto veneto”. Il commento oltre che alle tele di fugger si riferisce anhce a quelle di Brera. Sotto il nome di ciclo di Brera sono comprese la Fruttivendola , i pescivendoli i pollivendoli la cucina e il san martino -trasloco. Quest ultimo al tempo delle soppressioni napoleoniche riuscì a sfuggire al trasferimento a Milano e rimase a cremona a lungo dimenticato. Tra il ciclo di Kirchheime quello di Brera corrono strette anologie a cominciare dalle due quasi identiche scene dei pescivendoli fino ai tipi umani che vi sono rappresentati , all'attenzione per gli animali vegetali e ambienti. Diversamente per quelle di Kirchheim quelle di Brera non recano data e gli studi si sono interrogati sulla sequenza da attribuire . Quale serie fu eseguita per prima? Si era tavolta parlato per i quadri di Brera dei quattro elementi o stagioni temi già noti ai fiamminghi e a Bassano. A stimolare le ricerche di Campi avevano molto contato i modelli fiamminghi di Aertsen , le scene biblico-pastorali di Bassano e ad alcuni episodi rievanti verificatosi nel settentrione già nella prima metà del 500 che dichiaravano un interesse per i osggetti comici e bassi : il riferimento va certo a Giorgione. Ancora molto si dibatte sulla questione iconologica nel riflettere sul vreo significato dele scene quotidiane non sol di Campi. Le scene sembrano funzionare secondo livelli di lettura stratificati dal gradino più baso della risata a quello più alto dell'avvertimento morale e religioso. Ben quattro tele su dieci illustrano pescivendoli , nella pescivendola di kirchheim ci sono pescator con reti e bastoni donne che pescano mentre nelle altre tre scene si rappresenta una famiglia di tre popolani. Gesti pose sono affini: l'uomo mangia i fagioli da una scodella sempre rovesciando la testa all'indietro in modo innaturale con la bocca spalancata , la donna ride a denti spiegati , il bambino in braccio piange perchè è stato morso dal gambero , li affianco sempre c'è un tavolino imbandito con un grosso pezzo di formaggio su cui si posa spesso una mosca. Il motivo del morso del gambero arriva a Vincenzo da Sofonisba . Due tele sono dedicate alle fruttivendole, giovani donne avvenenti che guardano allo spettatore, ciascuna caratterizzata da un gesto : porgere un grappolo d'uva , sbucciare una mela. Siedono sole contro un paesaggio luminoso di campagna. Davanti alle fruttivendole si squaderna un esuberante distesa di piatti tinozze zuppiere cesti ricolmi di frutta. → “ è una sorta di degustazione visiva”. Nella Fruttvendola di Kirchheim uno stelo di giglio svetta dal cesto sulla sinistra : si tratta di un elemento incongruo che ricorda il giglio dipinto da Aertsen nella CUCINA CON CRISTO IN CASA DI MARIA E MARTA.. ugualmente anomalo è il pavone che si trova nei pollivendoli . Sia il giglio che il pavone sono solo nelle tele per Fugger ed è circostanza importante . Si era innfatti parlato per le scene di kirchheim di un “umorismo osceno” cioè pesantamente allusivo al sesso , cui vincenzo campi avrebbe fatto ricorso per adeguarsi al gusto del committente. Ma il procedere di studi ha recuperato una diversa personalità del banchiere bavarese osservante della religione cattolica e vicino ai gesuiti. Vien da chiedersi se sia possibile allora che il giglio stimolo di purezza accostato alla madonna e il pavone simbolo di immortalità e resurrezione possano nobilitare le umili scene di mercato ed elevarle al piano della meditazione morale. Le due tele dei pollivendoli sono quasi identiche: ricorrono agli stessi tipi della donna che spenna un tacchino e del ragazzo che strozza l'oca. Quest'ultimo insieme con la figura della vecchia con il mortaio, nella Cucina è un importante segnale dell'attenzione del pittore nei confronti della statuaria antica : c'è la ripresa del fanciullo che strozza l'oca di Boeto e della vecchia ubriaca di Mirone. La cucina e il San Martino -trasloco sono le scene più affollate , disposte entro una complessa struttura prospettica. Lungo una diagonale , che attraversa la tela e che richiama ilBanchetto nuziale di Bruegel. Il bambino seduto sul setaccio di rame che soffia nella vescica , non è un gioco innocente ha alle spalle la mditazione sull' homo bulla , l'uomo che è fragile come una bolla di sapone , uno dei memento mori più diffusa nella cultura dei paesi bassi. Lo stesso si può dire del brano con la carcassa del maiale ed è proprio per la presenza di questi motivi che si è potuto leggere nella Cucina di Vincenzo Campi un esplicito omaggio alla pittura fiamminga. Il San martino -trasloco rappresenta le occupazioni che per antica consuetudine si facevano in campagna il giorno della festa di san martino, 11 novembre quando alla scadenza dei contratti versione volgarizzata del detto : sine cerre et baccho friget venus ( l'amore ha biosgno di cibo e di vino). La presenza della coppia di negri, in secondo piano, aveva già colpito federico zeri che vi ricnobbe del razzismo: in effetti i negri sono qui assimilati al cane e ridotti in bestie. L'allegra compagnia è centrale nel cammino di passerotti verso la pittura humila. In questa direzione fu importante Dosso , quello che apre al “comico” e alla risata. Nella tela del Dosso si ride nella corte del signore , la lingua usata dal pittore si carica di trasgressioni ma è quella dei cortigiani , passerotti invece racconta un'umanità degradata e volgare destinata prima a diverire qualche aristocratico fruitore poi a farlo meditare. Il messaggio morale che il quadro parigino e le tele dell'ex mattei sembrano veicolare va contro la lussuria , il peccato che le autorità ecclesiastiche si erano avviate a combattere con speciale impegno dal 1540 circa. Nella pittura di humilia passerotti si riconosce l'importanza dei precedenti fiamminghi di Aertsen e di Beuckelaer delle scene campestri di bassano e bottega e si vede la vivace convergenza di tanti interessi che l'artista coltiva nei confronti dell'antico della fisiognomica , dell'illustrazione scientifica , dell'anatomia. Interessi che a bologna trovano fertile alimento e che passerotti prosegue anche in una trama piu vasta allargata verso firenze e cremona. La produzione di passerotti è numericamente più ridotta rispetto a quella di campi anche se si sono fatte diverse riscoperte. Si conservano a berlino le gia citate Venditrici di polli e di ortaggi con bambino in cui ritornan i tipi della vecchia e della giovane , la pollivendola e l'ortolana. L'ultima aggiunta è rappresentata dal pescivendolo prima pubblicato tramite una vecchia fotografia poi comparso in asta a vercelli , con il sorridente venditore che alza con la destra un grosso pesce già preparato per la vendita. Un intonazione più grottesca si legge nel liutista con il volt contorto in una smorfia che sembra ricordare le fisionomie esasperate d'ispirazione leonardesca , dei due vecchi abbraccati della collezzione Zeri. Il liutista sembra stare a metà atrada tra l'allegra compagnia e un quadro databile tra 1585 1590 L'allevatore di cani in cui si rappresentano 5 figure due grassi cani sul bancone e dietro una vecchia che parla , un vecchio con un calice di vino in mano un suonatore di zuffolo, tutti e tre cosi ben descritti da sembrare quasi dei ritratti. Nella scena è probabile che vi sia interpretato , in modo nuovo l'antico tema dei 5 sensi tema che avrà grande seguito nella fila del naturalismo europeo e che si è poi rproposto di riconoscere anche nel liutista. L'AVVENTURA DEL GIOVANE ANNIBALE CARRACCI, ALLE ORIGINI DELLA RIFORMA NATURALISTICA Cade nel 1582 la fondazione dell'accademia dei carracci che segna una svolta nella storia della pittura , ne sono fondatori tre giovani ventenni Ludovico e i suoi due cugini agostino e annibale fin dal 1934 Roberto Longhi intuiva la portata innovativa dell'accademia : < il movente dei Carracci fu fin dall'inizio un movente lombardo , inteso a scavalcare il cadavere del manierismo e a comunicare direttamente con lo spettacolo mutevole delle circostanze di natura > dove per lombardo si intende piu largamente settentrionale. Su questa strada annibale dei tre il piu giovane si mostra subito specialmente impegnato , è spesso sottolineata l'importanza dei viaggi giovanili venezia parma con la diretta conoscienza dei maestri veneti tiziano tintoretto bassano veronese e dell'amato correggio. Altrettanta importanza è data dal nuovo modo di lavorare dei Carracci che rifiutano l'organizzazione gerarchica della bottega e adottano una pratica pittorica più libera , basata sul confronto e sullo scambio delle competenze. Intorno al 1582-83 si è soliti collocare le prime rivoluzionarie opere di annibale , le due macellerie , la piccola e la grande. Le macellerie condividono lo sguardo diretto sul naturale e lo stile pittorico rapido e sprezzato > impaziente e poco pulito> lo definivano gli avversari per criticare, con il colore > impastato rudemente a grumi a sbavature a strisciate >. un linguaggio coraggioso che segnala un modo nuovo di guardare e rappresentare. Paragonate con la macelleria di passerotti quelle di annibale ne rifiutano la spavalda bravura del disegno e adottano una composizione più libera. Annibale prende le distanze dal più vecchio pittorre : anche le sue figure sono due ma sono viste epr intero. Non c'è niente da ridere ne ammiccanti ne sguardi d'intesa. L'ambiente è descritto con attenzione precisa e risponde alle esigenze del mestiere. Nella macelleria di oxford annibale si dimostra ancora piu deciso a portare i suoi macellai fuori dal teatro comico passerottiano. Con il suo occhio avido di vita annibale rappresenta la macelleria come se vi trovasse dentro , dall'altra parte dell'ngresso della bottega alla quae si affaccia la vecchia velata . Dentro c'è un altro cmpratore, la gardia svizzera che fruga nel borsellino in cerca di soldi per pagare, con l'ingombrante alabarda in precario equilibrio. Come si è notato se qualcosa di comico rimane è quasi per fare il verso a Passerotti. Anche se annibale illustra in contemporanea fasi del lavoro che si svolgevano in luoghi diversi descrive il mestieri dei macellai e la loro bottega con preciso scrupolo di verità. Non dimentica neppure di porre sulla trave in alto a destra il foglio con il calmiere dei prezzi. Ne macellai ne compratori guardano fuori solo un cane incrocia lo sguardo dello spettatore, un cane incrocia lo sguardo dello spettatore, un cne che ricorda quello nell'angol a destra del san martino- trasloco di Campi. Più che raccontare il mondo delle cose , annibale nelle sue macellerie presta attenzione alle attività dell'uomo , alla categoria del “mercato” che aveva improntato gli esempi fiamminghi di Aertson e del cremonese vincenzo campi, si oppone quella del “ negozio che pone l'accento sul lavoro anziche sulle merci. La macelleria di Oxford è un quadro che s'impone per le misure monumentali. Se nella piccola macelleria annibale riecheggia nel macellaio che estrae il coltello il gesto nobile di sguainare la spada nella grande macelleria va avanti e adotta modelli alti della pittura di storia: riprende la composizione del sacrificio di noe affrescato da michelangelo nella volta della cappella sistina e da raffaello nelle loggie vaticane e attribuisce al garzone in atto di sgozzare il capretto la stessa posa del giovane figlio di noe. L'obbiettivo è dare importanza e dignità al lavoro manuale che annibale sa guardare con partecipazione affettiva invece che con disprezzo. Può darsi che nella scelta si esprima un anelito di riscatto sociale quasi la difesadelle proprie radici popolari. Esaltare il lavoro manuale era anche difendere il mestiere di pittore sostenendone < l'autonoma e specifica capacità di produrre conoscenza> < noi altri dipintori habbiamo da parlare con le mani> Si è parlato per la giovinezza avventurosa di annibale , per il fervore delle sue sperimentazioni sul “ vivo”. Crescono in questo laboratorio del “vivo” le figure dei giovani bevitori replicati in pose analoghe. Come nell'esemplare di Cleveland caratterizzato dalla macchia rossastra del vino che luce proietta dalla caraffa alla camicia. Altro dipinto è il mangiafagioli. La sua posa richiama quella del pescivendolo di campi. Con il mangiafagioli di roma fa un balzo in avanti sulla via del “vero” : non si limita solo a correggere l'enfasi attribuita da campi alla bocca aperta destinata a far ridere e schernire , muta anche l'intera posizione del corpo del su contadino che mangia , con maggiore naturalezza chinando il capo e le spalle sul tavolo per avvicinarsi alla scodella con la zuppa di fagioli , la bocca in ombra semiaperta. Il punto di vista del pittore è fortemente ravvicinato e dell'alto come se stesse in piedi accanto al tavolo , quasi fosse sopraggiunto inatteso. Lo indicano il repentimo ruotarsi in alto degli ochhi del contandino e il leggero scarto della mano con il cucchiaio che fa sgocciolare la broda. La sua condizione di contadino è segnalata dal cappello di paglia con una penna di gallo per ornamento e dalla semplicità del vestiario. Si discute ancora sul sinificato dei mangiafagioli, ma sempre si riconsce la verità dell'approccio diretto e privo di ogni registro burlesco. La novità del soggetto è tanto forte da indurre a circoscriverla in schemi più facilmente comprensibili: così accade nella stampa italiana anonima. → manipola il soggetto , inserisce un volto con le orecchie d asino del pazzo o del giullare , a sbirciare dalla finestra e riempe gli spazi di scritte in rima di tono volgare. Il mangiafagioli godette di una certa notorietà anche in pittura. I legami con cremona si evidenziano nella piccola tela con Due fanciulli che giocano col gatto che rinnova il motivo del gambero. Non è da esludere che nel dipinto sia racchiuso un monito morale , quello del doloroso scontro tra insidie della vita e l'innocenza della giovinezza. Come nel ragazzo morso dal ramarro di caravaggio . Sono esperimenti pittorici che riferiscono d'interessi per la fisiognomica e richiamano la passione per le caricature e i “divinerelli” coltivati nell'accademia dei carracci per mitigare con il gioco e lo scherzo le fatiche dell'apprendimento.
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