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Pittura e vita popolare, un sentiero tra Anversa e l'Italia nel secondo Cinquecento, Sintesi del corso di Storia dell'Arte Moderna

Riassunto del testo di Angela Ghirardi

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018
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Scarica Pittura e vita popolare, un sentiero tra Anversa e l'Italia nel secondo Cinquecento e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! PITTURA E VITA POPOLARE Il testo percorre un sentiero tra i territori delle Fiandre (soprattutto Anversa) e l’Italia (soprattutto Veneto, poi Cremona e Bologna) nel 500, mostra quanto l’esempio dei pittori di Anversa era stato determinante in Italia, e si concentra sull’operato di diversi artisti che si cimentano nell’osservazione della vita di tutti i giorni, in una pittura delle cose umili, troviamo infatti numerose opere d’arte riguardanti il mercato, le macellerie, pescherie, venditori di frutta e verdura ecc.. Nel 500 Anversa diviene la capitale dei Paesi Bassi, la sua posizione privilegiata vicino al mare la rendeva un luogo ricco di scambi, traffici di merci. Durer (1471-1528) si reca spesso nella città che ammira molto per le sue bellezze. In uno dei suoi viaggi (nel 1520) egli coglie in un disegno a penna una veduta di Anversa dove si vede l’orizzonte basso delle acque con le barche ancorate sulla riva e un nucleo di case compatte. (Immg. N°1) Appena arrivato ad Anversa Durer si gode lo spettacolo dell’antica processione di Agosto, quella dedicata alla chiesa di Nostra Signora ad Anversa (di cui noi abbiamo come testimonianza un suo scritto) alla quale tutta la città partecipava divertita, vi erano un gran numero di suonatori accompagnati da tutti i lavoratori della città: orafi, pittori, scultori, ricamatori, falegnami, sarti, macellai, pescatori ecc.. i rappresentanti di ogni tipo di arte erano lì presenti. Tramite lo scritto lasciatoci dall’artista ci è quasi possibile guardare Anversa tramite gli occhi di Durer ed essere immersi tra i cittadini di Anversa nell’agosto del 1520. Nel 1567 viene pubblicata ad Anversa la ‘’Descrittione di tutti i Paesi Bassi’’ scritta dal mercante fiorentino Lodovico Guicciardini. Il testo già da subito evidenzia la natura plurilinguistica e cosmopolita di Anversa dove mercanti provenienti da terre diverse si incontrano e fanno affari. Guicciardini ci parla anche dell’<<importante arte della pittura> e sulla scorta del Vasari (riferendosi alla prima edizione delle Vite-1550) nomina gli artisti più illustri dei Paesi bassi (sia in vita che deceduti). Dunque sia Durer che Guicciardini, in modi e tempi diversi creano una meravigliosa immagine di Anversa nei loro scritti. Successivamente nel 1604 anche il pittore e biografo fiammingo VAN MANDER scrive il suo ‘’Libro della pittura’’ nel quale troviamo sia biografie di artisti, sia diverse teorie dell’arte riguardanti i paesaggi, la disposizione dei soggetti, la rappresentazione degli animali. E composto da 3 libri (1° è una traduzione di ‘’Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti’’ del Vasari, il 2° è un testo simile scritto da Van Mander riferito a ‘’Le vite dei più illustri pittori fiamminghi, olandesi e tedeschi’’, il 3° è una traduzione delle metamorfosi di Ovidio accompagnata da spiegazione delle figure). Egli scrive di diversi artisti, tra cui PIETER AERTSEN E BEUCKELAER. Nell’elenco di artisti di Guicciardini troviamo PIETER AERTSEN detto il PIERO LUNGO d’Amsterdam, per la sua alta statura. La sua fama era legata alla rappresentazione di scene di cucina, con tanti viveri ritratti dal vivo, applicando i colori in modo naturale e appropriato. AERTSEN arriva ad Anversa nel 1535 dove visse per circa 20 anni in cui lavorò nella sua bottega, nella quale produceva varie scene di vita popolare e diverse nature morte. Tra le sue opere principali troviamo: • AERTSEN- MACELLERIA, (1550 circa), Università di Uppsala vi sono 2 versioni, l’altra si trova negli U.S.A. presso il North Carolina Museum of Art. Parliamo della prima Macelleria di Uppsala: la struttura compositiva dell’immagine è abbastanza ricca e complessa, in primo piano troviamo carni macellate di diverso tipo, al centro la testa scuoiata di un bue, presso un gancio a sinistra è appesa la fiancata di un maiale, sul banco a sinistra troviamo inoltre un prosciutto, del burro, pesci e zampe di maiale. In alto invece troviamo il grugno del maiale ammazzato, e dei resti di intestino. Sulla destra una cesta con del formaggio e del pollame. Questa natura morta esprime la sua forza primaria nella resa daparte dell’artista delle qualità materiali del prodotto: qui Aertsen ci restituisce quasi la morbidezza delle piume de polli, e le carni macellate sembrano realmente umide e sanguinanti. La cosa maggiormente interessante del dipinto è che dietro il banco si aprono 3 scene: la più grande è a DESTRA essa comprende due episodi rappresentati su diversi livelli di profondità. Nella prima scena c’è un uomo impegnato a versare dell’acqua presa dal pozzo, dal secchio alla brocca. Nella seconda, ancor più indietro della prima troviamo una locanda (o forse un bordello) in cui vi sono due coppie vicino al camino, una tavola apparecchiata e una grande finestra. Scena al CENTRO La scena in mezzo crea una rottura con quella di destra poiché si passa dalle occupazioni quotidiane al tema sacro della FUGA IN EGITTO: La sacra famiglia (Maria, Giuseppe e Gesù) è in cammino. San giuseppe guida l’asino e la Madonna con Gesù tra le braccia, fa la carità ad un ragazzino offrendogli del pane. [Questa iconografia della Vergine egli viveva in ristrettezze economiche ed era talvolta costretto a lavorare per altri artisti accontentandosi di una paga misera. • BEUCKELAER, ‘’FUGA IN EGITTO’’, 1563, Bruxelles museo reale di belle arti (immg. 8): Con quest’opera l’artista dimostra di ispirarsi al repertorio di Aertsen, riproponendo il tema della sacra famiglia, qui troviamo sulla destra la Madonna seduta sull’asino che tiene in braccio Gesù neonato. L’episodio biblico sembra quasi perdersi, confondersi tra la folla di contadini carichi di ceste e di brocche che si recano al mercato. (prima infatti questo quadro si chiamava ‘’Giorno di fiera’’) • J.B. ‘’MACELLERIA’’, 1568, Napoli – Museo di Capodimonte (immg. 9): Anche in quest’opera l’artista si ispira ad uno de temi già visti in Aertsen, quello della macelleria. In primo piano troviamo una natura morta di carni con la testa scuoiata del bue, il grugno del maiale appeso in alto, salsiccie, prosciutto e delle zampe incrociate. L’ambiente è uno spazio interno che si dilata in profondità dove vediamo un’altra stanza collocata più in alto, raggiungibile con una scala. La figura più grande è il macellaio, con il berretto e l’astuccio per i coltelli, che sta per bere da un boccale con delle movenze che ricordano quasi dei passi di danza. Sul RETRO si vede una coppia abbracciata dinnanzi al focolare, un’anziana sconsolata che guarda in una brocca e un’altra donna che scende lungo la scala di legno dalla stanza in alto. Dietro, tra il grugno del maiale e il prosciutto, in un armadietto, brilla la fiamma di una candela (forse ha un significato di memento mori che va a significare la caducità del tutto, come la candela che brucia e si consuma). • J.B. – ‘’VENDITORE DI ANIMALI ESOTICI’’, Napoli – Museo di Capodimonte (immg. 10): In quest’opera vediamo che l’artista sfrutta le architetture della sua città (sul fondo troviamo una duplice apertura ad arco che ricorda l’edificio della borsa di Anversa), nella classica scena di un venditore troviamo la presenza insolita di animali esotici: due scimmie incatenate, immagine che ci ricorda il dipinto di PIETER BRUEGEL IL VECCHIO delle scimmie incatenate sulla finestra (1562). • Beuckelaer realizzò inoltre 4 grandi tele di dimensioni identiche in cui è stata riconosciuta una serie ispirata ai QUATTRO ELEMENTI (Terra, acqua, aria, fuoco) tutte acquistate dalla National Gallery di Londra nel 2001. • ‘’FRUTTIVENDOLE CON LA FUGA IN EGITTO’’ 1569 - (Allegoria con la TERRA, immg. 11): in primo piano troviamo infatti due fruttivendole che espongono la loro merce, rigorosamente proveniente dalla terra. In fondo a sinistra, su un ponticello, la sacra famiglia) • ‘’MERCATO DEL PESCE CON CRISTO AL LAGO DI TIBERIADE’’ 1569 - (ACQUA, immg. 12) • ‘’MERCATO DEL POLLAME CON IL FIGLIOL PRODIGO’’ 1570 – (ARIA, il vento sembra spostare le fronde degli alberi e sfiorare le piume dei polli. Immg. 13) • ‘’CUCINA CON CRISTO IN CASA DI MARTA E MARIA’’ 1570 – (FUOCO, immg. 14) Questi dipinti rasentano l’unica serie conosciuta di Beuckelaer, anche se all’epoca tra gli artisti era molto frequente raggruppare delle opere in base a temi diversi (4 elementi, 4 stagioni, 5 sensi, 12 mesi). Era la via più semplice per attribuire un significato ai dipinti che ritraevano la vita feriale, e anche per agevolarne la circolazione presso il pubblico e i collezionisti). Beuckelaer e Aertsen: Il linguaggio figurativo di B. riprende sicuramente temi e tratti del suo maestro A. ma vi aggiunge anche qualcosa di nuovo e personale maggiore unità nella composizione, la modulazione cromatica è più raffinata e una diversa rappresentazione e collocazione delle figure femminili, tendenzialmente malinconiche. Immagini ‘’invertite’’, iconoclastia, guerra di Fiandra: Anversa oltre ad essere il centro economico dei paesi bassi fu anche un luogo che vide diversi combattimenti. Verso la metà del 1500 infatti (precisamente nel 1566) scoppiò nelle province meridionali fino al Nord la RIVOLTA ICONOCLASTA infatti grandi folle nella popolazione, istigate dai calvinisti (molto conservatori, il calvinismo è un ramo del protestantesimo) saccheggiarono le chiese cattoliche. La rivolta fu definita iconoclasta in quanto i sostenitori che la guidarono si accanirono contro le rappresentazioni figurative religiose. Le lotte di quel periodo danneggiarono notevolmente Anversa e i Paesi Bassi in generale, compresi diversi palazzi signorili che contenevano molte pitture e ornamenti che andarono persi. La crisi religiosa che attraversa l’Europa del 500 apre la questione delle immagini, ci si chiede se la ‘’rappresentazione del divino’’ sia lecita, o se si rischia di cadere nell’idolatria. Gli episodi di devastazione delle chiese contro le immagini si ripetono tuttavia dal 500 in vari luoghi d’Europa e numerose opere d’arte vennero distrutte. Carlostadio (Karlstadt, teologo e riformatore tedesco a cavallo tra 400 e 500) si schierò a favore dell’iconoclastia pubblicando un trattato nel 1522, incentrato sull’abolizione delle immagini, in cui critica il concetto che le immagini abbiano un valore pedagogico come se fossero libri per poveri o analfabeti. Tuttavia possiamo dire che IDOLATRIA e ICONOCLASTIA (adorazione e distruzione) sono facce della stessa medaglia, l’una l’opposto dell’altra e in modi diversi entrambe evidenziano e denunciano l’immenso potere delle immagini. Durer si espone in questa circostanza affermando che ‘’non mi curo del fatto che molte persone disprezzano l’arte della pittura e sostengono che serva solo a produrre idolatria, bisognerebbe essere completamente insensati per adorare un dipinto, un pezzo di legno o una pietra. Una pittura fa più bene che male se eseguita con arte e onestà’’. Ritornando ad AERTSEN in questo contesto, potremmo ipotizzare che la sua scelta di collocare le scene bibliche nel 2 piano dell’opera, fosse quasi un modo per tenerlo al sicuro dalle critiche degli iconoclasti, nascondendolo tra la rappresentazione della vita quotidiana. Karel VAN MANDER e il viaggio in Italia di PIETER BRUEGEL il VECCHIO: E’ proprio da Van Mander che derivano le poche notizie riguardanti la vita di Bruegel, il maggior artista 500esco fiammingo. Egli si forma insieme a PIETER COECK VAN AELST, un artista della corrente italianizzante (soggiornò infatti in Italia prima di trasferirsi ad Anversa nel 1527, dove divenne maestro, pittore e stampatore. in particolare, van Aelst è noto per le sue realizzazioni ispirate dai trattati di architettura e arte scritti da Sebastiano Serlio, con i quali ha svolto un ruolo cruciale per la diffusione dell'ideale rinascimentale. I suoi soggetti principali erano temi religiosi cristiani.) La grande entrata di Bruegel nel mondo dell’arte è legata sicuramente alle sue produzioni di paesaggi e al suo viaggio in italia, (probabilmente oltre Roma visitò il Veneto, Napoli, Reggio Calabria, Messina, Palermo) dal 1551 al 1555 (era una tradizione del tempo fare tappa in italia). Il fulcro del viaggio di Bruegel in Italia consisteva nel disegnare vedute paesistiche da divulgare tramite la stampa una volta rientrato ad anversa (dove inizia a lavorare per Hyeronimus Cock). Van Mander nel suo testo afferma che per Bruegel fu un’esperienza di forte impatto, che gli ‘’LA MIETITURA’’ corrisponde al bimestre AGOSTO-SETTEMBRE Nella mietitura sembra quasi di sentire l’afa di mezzogiorno che offusca l’aria, i mietitori di grano lavorano mentre sotto una pianta di pero si radunano un gruppo di contadini a mangiare del pane e della zuppa bianca a base di latte, qualche frutto sulla tovaglia stesa a terra. Vicino a loro un altro contadino, vinto dalla stanchezza, dorme a gambe divaricate. A sinistra in basso invece, nascosta tra le spighe per mantenersi fresca, c’è una brocca d’acqua per dissetare i contadini. In quest’opera l’occhio dell’artista annota con precisione le usanze agricole tramandate per secoli nelle campagne, e in tutta la composizione domina il giallo del grano e del sole. ‘’IL RITORNO ALLA MANDRIA’’ corrisponde al bimestre OTTOBRE- NOVEMBRE Quest’opera celebra i mesi autunnali con la luce che inizia ad indebolirsi, gli alberi ormai spogli dalle foglie e gli uomini coperti di abiti pesanti. Nel ritorno alla mandria dominano i mezzi toni dell’ocra, del verde e del blu. La mandria di bovini dai mantelli fulvi e pezzati risale dai pascoli di fondovalle, guidata dai mandriani con i loro bastoni. A destra troviamo un’ampia veduta di montagne aguzze (che ricordano quasi le alpi) e del fiume che rispecchia le nuvole grigie e il bianco pallore del cielo. ‘’CACCIATORI DELLA NEVE’’ corrisponde al bimestre DICEMBRE – GENNAIO Quest’opera è interamente dedicata ai mesi invernali, ghiaccio e neve si espandono in tutto il territorio insieme ai colori del cielo livido, il bianco della neve e il grigio-verdastro degli stagni gelati trasmettono allo spettatore il freddo più pungente. In cima ad un pendio troviamo 3 cacciatori che danno le spalle allo spettatore, le cui sagome sono fortemente evidenziate dal contrasto con la neve bianca. Sprofondano con i piedi negli strati di neve, e sono accompagnati da cani da caccia di diverse razze e taglie: levrieri, bracchi, spinoni ecc.. La loro marcia sembra essere scandita dagli intervalli di spazio tra i tronchi degli alberi, su cui poggiano delle cornacchie. Una sola ed unica lepre appesa al bastone portato da uno dei cacciatori, testimonia la fatica della caccia e il magro bottino. Sulla sinistra troviamo una locanda davanti la quale degli uomini, donne e un bambino sono impegnati nella strinatura del maiale (nei calendari medioevali ricorreva proprio l’uccisione del maiale nel mese di dicembre) e tra le fiamme si scorge quasi il muso del maiale ammazzato. Ancora una volta Bruegel si rivela un grande osservatore del mondo contadino e delle tradizioni ad esso legate. Manca il quadro che corrisponde ai mesi di APRILE-MAGGIO (che rasentavano gli inizi dell’anno, secondo lo ‘’stile pasquale’’ che vigeva nei paesi bassi fino al 1576, che collocava il capodanno nel giorno del venerdì santo). Per immaginare come sarebbe stato il quadro, possiamo fare riferimento ad un’altra opera di Bruegel ‘’LA PRIMAVERA’’ (immg.22) la quale fa parte di un’altra serie, quella delle STAGIONI ed è realizzato per la traduzione a stampa), tuttavia viene creato nello stesso arco di tempo dei MESI (nel 1565). Nella ‘primavera’ l’artista mostra i lavori del giardino, la tosatura delle pecore, il piacere di star insieme all’aria aperta. Sempre a Bruegel appartiene anche l’altro disegno ‘’ESTATE’’ (immg.23) del 1568 con l’imponente figura in primo piano del falciatore che beve con la testa rovesciata all’indietro, in una posa abbastanza complicata in cui talvolta vi è stato riconosciuto un eco del Laooconte (Il gruppo scultoreo del Laocoonte e i suoi figli, noto anche semplicemente come Gruppo del Laocoonte, è una scultura in marmo (h 242 cm) conservata nel Museo Pio-Clementino dei Musei Vaticani, nella Città del Vaticano . Raffigura il famoso episodio narrato nell'Eneide che vede il sacerdote troiano Laocoonte ed i suoi figli assaliti da serpenti marini. Il gruppo marmoreo molto probabilmente è una copia romana di un originale ellenistico greco in bronzo.) Bruegel muore nel 1569 e questo gli impedì di completare il lavoro delle stagioni, i lavori dell’Autunno e dell’Inverno vennero infatti portati a termine da Hans Bol (1534-1593) e l’intera serie fu incisa da Pieter Van der Heyden. Nella serie dei MESI si evince l’originalità di Bruegel rispetto alla tradizione dei miniatori fiamminghi: alla loro inclinazione per la ricchezza dei dettagli Bruegel oppone la sua visione unitaria, armonica e coerente nella narrazione dell’uomo e della natura, portando attenzione ai tempi del lavoro agricolo e alla meteorologia. Tra gli ultimi quadri di Bruegel troviamo: • ‘’DANZA DEI CONTADINI’’- Vienna (immg.24) 1567-68 • ‘’BANCHETTO NUZIALE’’- Vienna (immg. 25) 1567-68 In queste due opere Bruegel non crea una visione dall’alto del cielo, ma osserva i protagonisti da vicino. In entrambi i quadri le figure diventano grandi e la composizione sembra esser creata quasi per invitare a ballare, a partecipare alla festa. La DANZA DEI CONTADINI è collocata all’aperto, nella piazza di un villaggio rurale; in primo piano a sinistra è seduto il suonatore di zampogna con le guance gonfie di aria per lo sforzo di soffiare e un giovane vicino a lui intento a guardarlo (il suo volto è reso talmente bene che sembra quasi un ritratto). Accanto a loro un’adolescente cerca di insegnare ad una bambina dei passi di danza. Dietro, intorno al tavolo, vi sono i bevitori a litigare dopo aver alzato un po' troppo il gomito e vicino a loro c’è una coppia che si bacia. Da destra vediamo irrompere nella scena una coppia di contadini che si dirige probabilmente verso le danze: lui porta un cucchiaio sul cappello, particolare che forse indica la tendenza dell’epoca di portarsi le posate da casa quando si andava ad un pranzo. La caratterizzazione di questa coppia di contadini richiama fortemente la stampa di DURER dei ‘’Contadini che danzano’’ (stampa del 1514) che era molto diffusa nel nord Europa, infatti le stampe di Durer negli anni 60 del 1500 raggiunsero Anversa ed erano frequenti nella cerchia umanistica a cui Bruegel era legato. La stessa similitudine la troviamo anche nel BANCHETTO NUZIALE (1567-68) con lo zampognaro, che ricorda il ‘’Suonatore di cornamusa’’ (stampa del 1514) sempre di Durer, e probabilmente Bruegel ha creato quella figura rifacendosi alla stampa di Durer. Nel BANCHETTO NUZIALE (immg.25) l’ambientazione è quella di un granaio. La tavolata obliqua dei commensali attraversa tutto lo spazio della composizione, dal primo piano fino alla porta aperta infondo, dove si affacciano altri invitati. La sposa è di piccola statura ma in una posizione che le rende giustizia: ha un drappo verde alle spalle le sta appesa sopra la testa una corona di carta. E’ molto composta, ha gli occhi bassi e congiunge le mani portando sul capo una ghirlanda di fiori, simbolo di verginità; accanto a lei siedono la madre con una cuffia bianca, e il padre. La messa in scena e i costumi rispecchiano il concetto di matrimonio nelle Fiandre dell’epoca, sulla parete vi sono fissati con un rastrello dei covoni di grano intrecciati i quali rasentavano un buon auspicio. I piatti sono colmi di zuppe di riso o creme di latte, talvolta con dello zafferano che rendeva i piatti gialli. A sinistra troviamo un giovane vestito di verde che travasa del vino (o della birra) dalla brocca ai boccali. I suonatori di zampogna sono due e non per caso, rispecchiano l’usanza dell’epoca in cui gli zampognari guidavano i 2 cortei diretti in chiesa per le nozze: quello della sposa con le donne, e quello dello sposo con gli uomini. Lo sposo dov’è? Per trovarlo dobbiamo rifarci sempre alle tradizioni dell’epoca secondo le quali durante le nozze lo sposo doveva servire la famiglia e gli invitati della sposa. Dunque si è ipotizzato che potrebbe essere o il ragazzo a sinistra intento a versare da bere, oppure il ragazzo in primo piano con la giubba azzurra e il grembiule bianco, collegato alla sposa tramite l’altra figura che prende i piatti per passarli nella tavolata. Bruegel non è il primo a rappresentare scene di soggetto popolare, ma lo fa in modo unico e singolare grazie alla sua visione unitaria e alla composizione concatenata, alla sua attenzione per il significato delle cose. Bruegel era in grado di esprimere la coralità, l’insieme degli elementi narrati senza perdere di vista nulla, neanche le cose minori della composizione. Inoltre si nota che l’artista racconta e rappresenta scene di vita popolare e feste contadine con grande rispetto, senza insistere su scene disgustose come il vomitare o defecare ad esempio 500; l’artista dopo aver nobilitato in pittura un ambiente fino ad allora quasi ignorato, decide di rappresentare la cuoca: il personaggio principale della cucina. • JOACHIM BEUCKELAER - CUOCA – 1574 • JOACHIM BEUCKELAER- ‘’LOCANDA FIAMMINGA’’ 1563 - Anversa (immg. 33): Qui il tema sacro viene tralasciato, e l’artista da un risalto importante alla cuoca, collocandola a sinistra, isolata e rappresentata a figura intera. Tra le mani la cuoca stringe lo spiedo che in questo caso rasenta l’attributo caratterizzante del mestiere. • PIETER AERTSEN – ‘’CRISTO IN CASA DI MARTA E MARIA’’ – Bruxelles, museo reale di belle arti 1559 (immg. 35): In quest’opera Marta acquista uno speciale risalto, in quanto rappresentata con una scopa in mano (in quanto padrona di casa) e con una cesta e un fascio di verza sotto il braccio. PARTE SECONDA Vita dei campi e mondo dei mestieri: le avanguardie nell’Italia Settentrionale VENEZIA, JACOPO BASSANO: In Italia invece, a Venezia troviamo Jacopo dal Ponte detto il Bassano (1510-1592). L’artista tra gli anni 1543-47 si cimenta in quadri bellissimi come ‘’La fuga in Egitto’’e ‘’Il riposo durante la fuga in Egitto’’ in cui si evince la familiarità tra uomini e animali, il paesaggio di campagna con le capanne contadine dal tetto di paglia, la fatica del cammino, tutto unito nel racconto pittorico ricco di dettagli del quotidiano. Altre rappresentazioni frequenti di Bassano sono sicuramente le sue singolari tele realizzate intorno al 1550 (del Louvre e degli uffizi) piene di cani disposti nel paesaggio: bracchi e segugi ritratti con maestria e verità, sintomatici di una vocazione naturalistica perseguita fin dalla giovinezza. Jacopo Bassano, a partire circa dal 1560, inizia a pensare e realizzare le cosiddette scene ‘’biblico pastorali’’ che trasformano l’episodio biblico in una compagnia affollata di gente, animali domestici, ceste ricolme di panni e utensili agricoli. Molto probabilmente la scelta alternativa di J. Bassano rispetto alla visione gerarchica e unitaria del Rinascimento, che porta l’artista a porre enfasi sugli elementi accessori, secondari, trasferiti in primo piano, deriva da Aertsen. Tra i capolavori di Bassano troviamo sicuramente ‘’la pastorale’’ anche chiamata ‘’LA PARABOLA DEL SEMINATORE’’, Madrid- 1563-65 (immg. 36) Qui il tema religioso è collocato in secondo piano nel contadino che attraversa il campo spargendo i semi, mentre sui rami in alto posano degli uccelli [allusione al fatto che il seme, ovvero la parola del signore, per germogliare dev’essere buttato su un terreno fertile e non finire mangiato dagli uccelli]. All’orizzonte si vede la sagoma del Monte Grappa (tra le alpi venete) e nell’opera domina la tranquillità e il respiro della natura, il clima della campagna al crepuscolo. Il paesaggio è stato definito come ‘’poesia dell’ora’’ in quanto l’artista sembra riuscire a fermare sulla tela il trascorrere delle luci. In primo piano invece troviamo la famiglia contadina, la fanciulla che abbevera le pecore, il bambino più piccolo accanto alla madre, la vecchia che prepara il pasto della sera con il mestolo in mano. In disparte troviamo il cane dal manto pezzato, in una posizione a ciambella quasi a richiamare quella del cane della Melanconia di Durer. Nella pittura di Jacopo Bassano troviamo un’umanità nuova: contadini e pastori vestiti di stracci illuminati dalla bravura pittorica dell’artista, il quale era un uomo colto e la sua passione per il mondo rustico risente sicuramente dell’epica popolare e del teatro comico di Ruzante, molto attivo nel Veneto. BRUEGEL e BASSANO son quindi due artisti che camminano all’incirca negli stessi anni, in sentieri vicini per quanto riguarda i temi, osservando la vita quotidiana con occhi nuovi. Dalle Fiandre al Veneto, i due rasentano alcuni tra i maggiori interpreti pittorici della vita rurale nel 1500. Longhi definiva Bassano ‘’il misterioso re contadino della pittura veneta cinquecentesca’’ e successivamente corregge il suo pensiero in senso diminutivo andando a sottolineare che il pittore ‘’vuole piacere ai signori che si svagano ad osservare i lavori campestri, come a collocare l’artista tra l’autonomia delle proprie ricerche e le richieste della committenza. Numerose invece erano le opere dedicate al tema delle STAGIONI dalla bottega dei Bassano che quasi non si contano tra tutte le versioni realizzate, eseguite a distanza di tempo, combinando in mille modi diversi le figure e i motivi. Jacopo Bassano resta attento a evitare la consueta rappresentazione delle stagioni in forma di figure allegoriche e a recepire gli spunti nordici provenienti dai MESI di Bruegel, realizzati nel 1565. Le STAGIONI di Bassano vengono realizzate intorno al 1573-75. Estate (immg. 38) e Autunno (immg. 39) sono quasi certamente attribuite a lui; la Primavera (immg. 37) lo è molto probabilmente e l’Inverno (immg. 40) che per lungo tempo si credette perduto, fa parte in realtà di una collezione privata. L’Estate, l’Autunno e la Primavera sono conservate a Vienna. Nelle tele si nota un punto di vista rialzato che somiglia a quello adottato da Bruegel nei MESI, e vediamo che in Bassano c’è una particolarità rara che non troviamo in Bruegel: rimpicciolito sul fondo dei quadri vi è ritratto un episodio biblico a stento visibile. (sembra rifarsi alla tradizione di Aertsen e Beuckelaer). Nella PRIMAVERA troviamo l’episodio biblico della ‘Cacciata dei Pro-Genitori’; Nell’ESTATE troviamo il ‘Sacrificio di Isacco’; nell’AUTUNNO c’è ‘Mosè che riceve le tavole della Legge’; e nell’INVERNO il ‘Cristo portacroce’. Molto probabilmente i 4 episodi concorrono a creare un messaggio religioso unitario che raccontava la caduta dell’uomo (nella cacciata di Adamo ed Eva), la necessità del sacrificio di Cristo (nel sacrificio di Isacco), la strada della salvezza (attraverso Mosè che riceve i dieci comandamenti), e infine la promessa di redenzione (nel cristo portacroce). In queste opere Bassano non rinuncia a unire il Sacro al Quotidiano, inoltre è evidente il risalto dato al mondo degli umili, ad un’Italia umile e campagnola, contrastante con l’individualismo eroico tanto esaltato dal rinascimento. Secondo alcuni (in analogia con quanto si pensa per i pittori Nederlandesi) ad una contrapposizione tra spirito e materia, il vivere nel rispetto della religione cristiana. Altre ipotesi riguardano il fatto che queste opere potrebbero rappresentare il Vangelo spiegato al popolo, intendendo che gli episodi biblici, calati nel quotidiano, siano più vicini e accessibili alla gente. • JACOPO E FRANCESCO BASSANO – ‘’CRISTO IN CASA DI MARTA E MARIA’’ 1576-77- (immg. 41) una delle opere realizzate in collaborazione con il figlio Francesco La bottega familiare dei Bassano, la circolazione delle stampe e la fortuna Europea Nel suo testo ‘’Vita di Giacomo da Bassano’’ Karel Van Mander ci parla di Jacopo Bassano e delle sue grandi capacità artistiche: V. Mander insiste soprattutto sulla sua grande capacità di ritrarre animali di diverso tipo, pecore, agnelli e soprattutto i cani, di cui rendeva in maniera eccellente il pelo che sembrava essere morbido e lucente. J. Bassano abitava infatti nell’entroterra veneto, dove si esercitava molto a ritrarre animali dal vero. Van Mander ci parla anche della Bottega dei Bassano, tralasciando i due figli meno dotati (Giambattista e - VINCENZO CAMPI – ‘’FRUTTIVENDOLI’’ - Castello di Kirchehim in Baviera (immg. 47) - VINCENZO CAMPI – ‘’POLLIVENDOLI’’ - Castello di Kirchehim in Baviera (immg. 48) Tutte queste tele furono acquistate da HANS FUGGER, un ricco banchiere tedesco, il quale in una lettera precedentemente inviata a Venezia scriveva di voler acquistare dei quadri di Vincenzo Campi per poi farseli recapitare a Kirchehim. Tutte e 5 le tele sono dello stesso formato (142x215). In queste opere Vincenzo Campi rappresenta con grande naturalezza tutti i tipi di popolani, mentre in primo piano lascia il posto alla ricchezza della natura morta: ceste ricolme di pesci, caraffe di vino, frutta, legumi, polli e cacciagione; gli sfondi del paesaggio sono di gusto veneto con folte chiome di alberi e scene di pesca o di raccolta della frutta, a seconda della rappresentazione. Tutto ciò vale anche per le opere del ciclo di Brera più il San Martino collocato a Cremona, che sono sempre 5: • VINCENZO CAMPI – ‘’FRUTTIVENDOLA’’, Milano, Pinacoteca di Brera (immg. 49) • VINCENZO CAMPI – ‘’POLLIVENDOLI’’, Milano, Pinacoteca di Brera (immg. 50) • VINCENZO CAMPI – ‘’PESCIVENDOLI’’, Milano, Pinacoteca di Brera (immg. 51) • VINCENZO CAMPI – ‘’CUCINA’’, Milano, Pinacoteca di Brera (immg. 52) • VINCENZO CAMPI – ‘’SAN MARTINO (Trasloco) ’’, Cremona, Pinacoteca Civica (immg. 53) In queste opere di Brera e di Kirchehim troviamo delle analogie, tra le due scene dei Pollivendoli soprattutto (immg.50 e immg. 48) in cui vi sono dei tratti completamente identici, soprattutto nelle figure umane come la donna e nel ragazzo che strozza l’oca [quest’ultimo, insieme alla figura della vecchia col mortaio (immg. 52) nella Cucina sono importanti segnali dell’attenzione da parte dell’artista nei confronti della statuaria antica: c’è la ripresa del ‘Fanciullo che strozza l’oca’ di Boeto e della ‘Vecchia ubriaca’ di Mirone, modelli ellenistici noti nel rinascimento, celebrati da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, alla quale Vincenzo Campi avrebbe potuto accedere tramite la biblioteca del fratello.] Diversamente dalle tele di Kirchehim quelle di Brera non portano la data e vi sono ancora studi che cercano di capire quale delle due serie sia stata realizzata prima dall’artista. Sappiamo che tutte queste opere vengono realizzate comunque in anni ravvicinati tra loro, circa tra il 1575 e i primi anni 80 del 500. La ‘’CUCINA’’ e il ‘’SAN MARTINO (trasloco)’’ sono probabilmente le più tarde, realizzate tra il 1583-84. Oltretutto 3 delle tele di Brera, dopo la morte del pittore, furono ritrovate in casa sua, cosa che potrebbe significare che non erano state realizzate per qualche particolare commissione, ma piuttosto per rimanere a disposizione come modelli di riferimento con i quali i suoi scolari potevano servirsi combinando in diverse varianti, tipi umani, animali, gesti ecc.. • Tra gli stimoli maggiori di Vincenzo Campi vi erano sicuramente i modelli fiamminghi di Pieter Aertsen e di Beuckelaer, anche le scene ‘biblico-pastorali’ di Jacopo Bassano. • Si dibatte ancora molto sulla questione iconologica di Vincenzo Campi e non solo, a proposito del significato di quelle ‘’scene quotidiane’’. Non è da escludere che significati diversi nella sua opera possano convivere: le scene quoditiane sembrano basate su un sistema di lettura stratificato, dal gradino più basso della risata a quello più alto legato all’avvenimento morale o religioso; le diverse possibilità di lettura dipendevano anche dal grado culturale e dalle attese del fruitore. Delle serie che abbiamo citato, ben 4 tele riguardano la pescheria, I PESCIVENDOLI (Immagini 44, 46, 47, 51). Nella Pescivendola di Kirchehim (46) troviamo dei pescatori con reti e bastoni insieme a donne che pescano affondando le mani nel fiume; nelle altre tre scene di pesca (44, 47, 51) troviamo sempre una famiglia: padre madre e bambino, sempre popolani In queste 3 opere i gesti e le fisionomie sono molto simili: l’uomo mangia sempre i fagioli da una scodella sempre rovesciando indietro la testa in modo innaturale e tenendo la bocca spalancata, la donna ride a squarciagola, e il bambino in braccio alla madre strilla e piange poiché è stato morso da un gambero che gli è rimasto attaccato alla mano. Accanto a loro troviamo sempre un tavolino imbandito con formaggio, pane e un calice di vino rosso e pesci posizionati tutt’intorno. Il motivo del morso del gambero, forse di derivazione nordica, arriva a Vincenzo campi dai disegni di Sofonisba Anguissola che verso il 1555 l’aveva introdotto a Cremona. Due tele sono dedicate alle Fruttivendole (immg. 45, immg. 49) entrambi ritraggono giovani donne avvenenti che guardano lo spettatore, ciascuna è caratterizzata da un gesto: porgere un grappolo d’uva, sbucciare una mela\pesca. Siedono sempre sole, in un paesaggio di campagna luminoso, abitato da poche figure umane sul retro intente a raccogliere i frutti dall’albero. Davanti alle fruttivendole si aprono scene ricolme di cibo: piatti, zuppiere, pentole, tutte ricolme di frutta e verdura di ogni tipo (pere, mele, albicocche, ciliegie, more, fichi, carciofi melanzane, zucche, cipolle..) ogni ben di Dio prodotto dalla terra, l’artista rende tutti questi elementi in maniera talmente efficace che i dipinti sembrano sollecitare non solo la vista, ma anche l’olfatto e il gusto. Una sorta di <<degustazione visiva>>. Nella Fruttivendola collocata a Kirchehim (immg. 45) notiamo un particolare: lo stelo di un giglio sbuca da un cesto sulla sinistra, lo stesso che avevamo trovato nell’opera di Pieter Aertsen nella ‘’Cucina con Cristo in casa di Marta e Maria’’ (immg. 6) che ha creato degli interrogativi; ugualmente ambiguo è il pavone collocato nei Pollivendoli di Kirchehim: si nota che sia il giglio che il pavone compaiono solo nelle opere destinate ad HANS FUGGER. Diversi studi hanno rilevato caratteristiche rilevanti nella personalità del banchiere tedesco che potrebbero dare una spiagazione a quelle immagini, tra cui la sua alta fede cattolica, che potrebbe suggerire un collegamento con IL GIGLIO simbolo di purezza tante volte accostato alla Madonna. PAVONE simbolo d’immortalità e resurrezione. Probabilmente questi simboli andavano a nobilitare le umili scene di mercato per elevarle al piano di riflessione morale. Insieme al ‘’SAN MARTINO (Trasloco)’’ la ‘’CUCINA’’ (immg. 52) è una delle scene più affollate: trovano posto nella scena le cuoche, i macellai, gli aiutanti, ed un bambino. Una giovane donna sulla destra mentre sistema un pollo su una teglia lancia uno sguardo divertito al cane e al gatto, pronti ad azzuffarsi per gli avanzi (questo è un episodio che troviamo talvolta anche nella pittura di ‘’cucina’’ dei Bassano). Oltre l’arcata infondo, sotto il pergolato, una piccola figura femminile apparecchia la tavola. In un ambiente intermedio, precario (tra l’interno e l’esterno) vi sono i 2 macellai che squartano il maiale: il più anziano cerca di scuoiarlo, l’altro con un coltello tenuto stretto in bocca guarda fuori, all’osservatore dell’opera. In basso a sinistra, si diverte il bambino a soffiare nella vescica dell’animale, ma oltre che essere un gioco è un’immagine sicuramente tra i significati dell’opera ‘MANGIARICOTTA’ vi sono i bisogni del ventre: cibo e sesso. Il movente umanistico: l’ombra di Pireico e la <<Poetica>> di Aristotele Nella ‘Naturalis Historia’ di Plinio il Vecchio, era citato anche l’antico pittore greco Pireico, che era un ‘riparografo’ cioè illustratore di cose umili. Nel suo testo Plinio descrive l’artista come un maestro del pennello parte delle categorie inferiori di pittura; dice di lui che non essendo secondo a nessuno in fatto di arte decise di distinguersi perché pur dipingendo cose umili egli conseguì la gloria anche nel campo dell’umiltà dipinse botteghe di barbieri, calzolai, asini, vivande varie ecc.. le sue opere furono vendute a maggior prezzo di altre considerate opere maggiori. Da ciò capiamo che ‘’il racconto della vita di ogni giorno’’ nella pittura ha radici antiche e colte. Quando Vincenzo Campi crea le figure del fanciullo che strozza l’oca e della vecchia ubriaca si ricollega alla statua ellenistica di Boeto ( è stato uno scultore greco antico del periodo ellenistico. Fu l'autore del gruppo bronzeo Fanciullo che strozza l'oca, di cui esistono numerose copie in marmo, le migliori delle quali sono conservate al Louvre di Parigi, a Monaco di Baviera e a Roma ai Musei Capitolini) e di Mirone (è stato uno scultore greco antico attivo tra il 480 e il 440 a.C. Fu uno dei più elogiati rappresentanti dello stile severo che è una fase della scultura greca databile tra il 480 e il 450 a.C., ovvero il periodo di transizione tra l' arcaico maturo e il pieno classicismo) che Plinio il Vecchio aveva tramandato al rinascimento. BARTOLOMEO PASSEROTTI (Bologna, 1529 – 3 giugno 1592) è stato un pittore italiano. Tra il 1550 e il 1555 l'artista fu a Roma al seguito del Vignola e poi presso Taddeo Zuccari (1555-57 o 1560). Nel 1560 si stabilì a Bologna mantenendosi in contatto con l'ambiente romano. Anche lui nutriva una grande passione per l’antico ed era un collezionista di oggetti di ogni tipo (monete, statuine, vasetti). La sua firma-simbolo apportata sulle opere era costituita da un piccolo passero, allusivo al suo nome. Infatti lo troviamo ad esempio in diversi punti delle opere: • PASSEROTTI – ‘’MACELLERIA’’- Roma, Galleria nazionale di Palazzo Barberini (immg. 56) • PASSEROTTI – ‘’PESCHERIA’’- Roma, Galleria nazionale di Palazzo Barberini (immg. 57) • PASSEROTTI- ‘’POLLIVENDOLE’’- Firenze, Fondazione Roberto Longhi (immg.58) Sia Vincenzo Campi che Passerotti sono consapevoli di aver trovato una strada percorribile per sperimentare le loro inquiete ricerche sul popolare, il quotidiano, il comico. (come dei nuovi Pireico padani) Il concetto di ‘Brutto’ trova collocazione nell’arte e nella lettratura perché si, si ride dei vizi ma non di tutti, solo di quelli che non provocano sofferenza, si ride di ciò che turpe, sporco o trasandato ma solo se non causa dolore. E’ infatti per via del comico che il mondo dei poveri e dei lavoratori manuali vengono rappresentati, soprattutto nella pittura di Campi e Passerotti, a differenza di Jacopo Bassano che non fa ridere i suoi contadini ma li tiene legati strettamente alla natura e alla campagna. Le cosiddette pitture ridicole vengono accettate dal vescovo di Bologna Gabriele Paleotti che le riteneva funzionali in un discorso pedagogico, per educare il buon cristiano. BARTOLOMEO PASSEROTTI e le ‘’pitture ridicole’’: Uno dei possessori delle opere di Passerotti era il marchese romano Ciriaco mattei (1545-1614) il quale era anche un committente di Caravaggio. I quadri di Passerotti furono collocati dal marchese Mattei presso la sua villa della Navicella che conteneva numerosi dipinti, i quali formavano un’importante collezione di opere visitate giornalmente anche da forestieri e non solo gente di roma. Le opere conservate nella villa di Mattei erano quelle sopra indicate, più una (tutte di uguali dimensioni 115x150): • PASSEROTTI – ‘’MACELLERIA’’- Roma, Galleria nazionale di Palazzo Barberini (immg. 56) • PASSEROTTI – ‘’PESCHERIA’’- Roma, Galleria nazionale di Palazzo Barberini (immg. 57) • PASSEROTTI- ‘’POLLIVENDOLE’’- Firenze, Fondazione Roberto Longhi (immg.58) • PASSEROTTI – ‘’PESCHERIA’’ – Lucerna, Galleria Glogger (immg.59) Queste opere della serie Mattei furono disperse nel secondo 1800 e sono state ritrovate una dopo l’altra in un lungo arco di tempo: la ‘macelleria’ e la ‘pescheria’ verso il 1910, ‘le pollivendole’ dopo una sosta presso una collezione di Berlino furono acquistate nel 1930 da Roberto Longhi, fino al ritrovamento della seconda ‘pescheria’ avvenuta in anni recenti. In queste tele di Passerotti, destinate al Mattei, si rappresenta l’umanità feriale dei mestieri, raccontata con ardore e vivacità con una varietà delle pose e delle espressioni, insieme alle realistiche nature morte rappresentate affianco alle figure. In queste opere le figure umane sono sempre due, tranne che per la seconda ‘pescheria’ (immg. 59) dove al centro dell’opera troviamo un bambino. • PASSEROTTI – ‘’MACELLERIA’’- Roma, Galleria nazionale di Palazzo Barberini (immg. 56): Nella macelleria, che è la prima nella pittura italiana, Passerotti dimostra di prendere le distanze dagli esempi nordici di Pieter Aertsen sullo stesso tema: dà ai due macellai molta più importanza invece di far prevalere solo la natura morta di carne. Nell’opera troviamo la solita accoppiata gioventù vecchiaia collocati dietro un bancone di legno sul quale viene esposta la testa e la zampa di un cinghiale mentre i due macellai guardano lo spettatore, la clientela, per invitare a comprare; il vecchio esibisce una bistecca con un gesto che ricorda quello dei macellai dei mercati di Joachim Beuckelaer. Intorno a loro sono collocate le varie carni appese e sulla rastrelliera dove infondo, un po' oscurato (forse per segnalare una certa profondità) è collocato il passero, firma dell’artista. Gli sguardi canaglieschi e i gesti caricati, più che a una scena di macelleria fanno pensare ad una recita teatrale: non è totalmente daescludere che nel quadro si celi un’intenzione satirica mirata ad alludere ai peccati della carne e le passioni erotiche. • PASSEROTTI – ‘’PESCHERIA’’- Roma, Galleria nazionale di Palazzo Barberini (immg. 57): La prima pescheria mostra un’enorme varietà di pesci, conchiglie, frutti di mare, tartarughe e un grande astice disposta in diagonale quasi a dividere lo spazio della scena a metà. A destra sul bordo della cesta più alta è in procinto di spiccare in volo il passero, firma dell’artista (spiritosamente vi dipinge un gattino famelico affianco). Accanto al tavolo dall’altro lato ci sono i due vecchi pescivendoli, due bizzarre figure di popolani: lui è sorridente, ha in testa un cappellaccio e tiene in mano una grande conchiglia. Lei ha il capo avvolto in un velo e gli parla, reggendo con la mano destra un pesce palla abbastanza isolato nella composizione, in posizione enfatica dietro la testa del vecchio pescivendolo. In quest’opera Passerotti esprime il suo interesse verso il mondo marino come anche Vincenzo Campi aveva fatto a suo modo. I significati della pescheria possono essere diversi e non si esclude che anche qui vi siano dei riferimenti a messaggi moralistici contro la lussuria. • PASSEROTTI- ‘’POLLIVENDOLE’’- Firenze, Fondazione Roberto Longhi (immg.58): Nel 1577 (data attribuita all’allegra compagnia)Passerotti era in rapporto con Cremona (città di Campi). Erano quelli gli anni dell’inchiesta avviata nel Duomo per il completamento dell’Assunta, lasciata incompleta dal Sojaro (Bernardino Gatti, pittore italiano). Tra i tanti pittori interpellati vi erano sia Vincenzo Campi che Bartolomeo Passerotti dunque non è escluso che i due artisti in quel frangente abbiano potuto avere occasione di confronto. La produzione di Passerotti comunque è minore rispetto a quella di Campi. • PASSEROTTI – ‘’VENDITRICI DI POLLI E DI ORTAGGI CON BAMBINO’’- Berlino (immg. 61): Ritornano qui i tipi della vecchia e della giovane, la pollivendola e l’ortolana, accompagnate da un bambino. Alle spalle della più anziana si vedeil profilo imperioso di un gallo, gemello di quello comparso nelle Pollivendole di Firenze (img. 58). In primo piano troviamo un cesto di zucche e cipolle, descritte con pennellate svelte e sicure, cariche di colore, in stile veneto. E’una natura morta che riflette la grande fortuna 500esca della zucca (qui ritratta vi è una varietà americana, quella delle ‘’peponidi’’, nuova in Europa ma diffusa nelle scene di mercato fiamminghe. • PASSEROTTI – ‘’PESCIVENDOLO- Vercelli (immg. 62): l’opera è stata rappresentata prima tramite una vecchia fotografia, poi comparve in asta a Vercelli. Nell’opera troviamo il venditore che alza con la destra un grosso pesce già pronto per la vendita, e allarga il braccio sinistro per mostrare la mercanzia. • PASSEROTTI – ‘’LIUTISTA’’- Modena, banca popolare dell’Emilia-Romagna (immg. 63): Un tono più grottesco si trova sicuramente nel liutista, che suona con il volto contorto quasi a ricordare con la sua smorfia, le fisionomie leonardesche. Il ‘’liutista’’ sembra oscillare a metà strada fra ‘’l’allegra compagnia’’ e un altro quadro di passerotti • ‘’L’ALLEVATORE DI CANI’’ – Roma, Galleria di palazzo Barberini, 1585-1590 (img. 64): Questa tela rappresenta cinque figure: due cani grassi sul bancone, e dietro una vecchia che parla, un vecchio con calice di vino rosso, un suonatore di zufolo, tutti e 3 talmente ben descritti da sembrare quasi dei ritratti. Nella scena è probabile che vi sia interpretato un tema come quello antico dei 5 SENSI (udito, gusto, vista, tatto, olfatto) qui interpretato in modo nuovo e che avrà gran seguito nel naturalismo europeo. L’avventura del giovane Annibale Carracci, alle origini della riforma nauralistica: Nel 1582 viene fondata l’Accademia dei Carracci (chiamata prima Accademia dei Desiderosi, poi Accademia degl’incamminati) che segna una svolta nella storia della pittura. I suoi fondatori erano 3 giovani: Ludovico (1555-1619) il più vecchio e longevo dei 3, figlio di un macellaio e cugino degli altri due Agostino (1557-1602) e Annibale (1560-1609) che erano fratelli fra loro. I tre giovani provenivano da famiglie di ceto popolare e di provenienza Cremonese; fondamentale fu il ruolo dello zio Carlo Carracci che fu un matematico, musico, trattatista, con il quale la cultura e la ricchezza di relazioni altolocate si avvicinano a tutta la sua parentela. Roberto Longhi fin dal 1934 quando dei Carracci si sapeva poco, aveva intuito l’importanza e l’entità innovativa dell’Accademia e in questo contesto fonda la dicitura dela ‘’finestra aperta’’ che spesso viene citata, e che fa quasi sentire l’aria fresca entrare a smuovere le muffe incrostate nelle stanze degli artisti e sulle tele. Longhi diceva che il movente dei Carracci sin dall’inizio fu un movente lombardo, settentrionale, volto a scavalcare il cadavere del manierismo e a comunicare direttamente, come l’apertura di una finestra con lo spettacolo mutevole delle circostanze di natura, ed è per Longhi l’aspetto solito di ogni rivoluzione artistica quello del ritorno alla natura. In questa rivoluzione il più impegnato dei 3 era anche il più piccolo, Annibale. Sulla sua formazione si discute ancora ma si presume che sia avvenuta presso il cugino Ludovico o presso Bartolomeo Passerotti; inoltre nella sua crescita è ovviamente importante la questione dei viaggi e dei suoi spostamenti: a Parma dove conosce direttamente la pittura dei maestri veneti Tiziano (1488/1490 –1576) Tintoretto (1519 –1594) Bassano (1515 circa –1592) Veronese (1528 –1588) e il Correggio (1489 – 1534). • Molto importante è il nuovo modo di lavorare dei Carracci: rifiutano l’organizzazione gerarchica della bottega che era prima in uso, adottano una pratica pittorica più libera basata sul confronto e scambio delle competenze, dalla sintonia e dal vicendevole aiuto. Poco dopo la fondazione dell’Accademia nascono le prime opere rivoluzionarie di Annibale, tra cui le due macellerie: - ANNIBALE CARRACCI- ‘’MACELLERIA’’- 1582/83- Forth Worth, Kimbell art museum – (immg. 65) • ANNIBALE CARRACCI- ‘’MACELLERIA’’- 1582/83- Oxford – (immg. 66) Queste ultime per le loro dimensioni molto diverse vengono chiamate rispettivamente la Piccola macelleria (60x71) e la Grande macelleria (190x271). Sono due opere vicine ad un’altra sua opera che dà il via alla carriera di Annibale ‘’CROCIFISSIONE – Bologna, chiesa di Santa Maria della carità – 1583. Le Macellerie condividono con quest’opera lo sguardo diretto sul naturale, lo stile pittorico rapido e sprezzato, ‘’impaziente e poco pulito, con il colore impastato rudemente a grumi, a sbavature e strisciate’’ così definito dai suoi avversari per criticarlo. (Immg. 65) Confrontate con le Macellerie di Bartolomeo Passerotti, quelle di Annibale ne rifiutano la bravura nel disegno e adottano una composizione più libera. Annibale prende le distanze dal più anziano pittore, nonostante ciò anche le sue figure sono due e quella di destra compie il gesto simile di mostrare la carne come in quella di Passerotti (img.56), ma sono viste per intero e non a mezzo busto come in quelle di Passerotti; l’ambiente è descritto con attenzione precisa e risponde alle esigenze del mestiere (vi è la rastrelliera dove vengono appese le carni, la ‘zocca’ di legno su cui si tagliano le carni ecc..) (Immg. 66) Nella Macelleria di Oxford Annibale sembra ancora più deciso a portar fuori i suoi macellai da quel contesto comico e teatrale che vedevamo nelle tele di Passerotti. Annibale rappresenta la macelleria come se vi si trovasse dentro, le dall’altra parte rispetto all’ingresso della bottega dove vediamo affacciata una vecchia con un velo bianco, animata da un volto arcigno e la mano allungata sul bancone per prendere una bistecca. Le figure del quadro sono sei: dentro la macelleria c’è anche un compratore, una guardia svizzera che fruga nel borsellino per trovare i soldi e pagare; in primo piano vi sono i due garzoni che fanno il lavoro più pesante, uno cerca di appendere un mezzo vitello ad una rastrelliera, l’altro inginocchiato a terra mentre sgozza un capretto; gli altri due macellai sono impegnati a servire la clientela, forse sono coloro che gestiscono gli affari quello dietro il bancone è con lo sguardo alzato e prende un rametto di salice per farne un laccetto da passare nella carne da portare via. L’altro è sicuramente il protagonista della scena e Annibale ha molto studiato la sua figura: è al centro, in piedi mentre pesa della carne, porta un basco nero in testa e un camice bianco luminoso. Annibale descrive con precisione le varie fasi del lavoro di Macelleria tutte nella stessa scena, compiti che di solito venivano svolti in luoghi diversi (non si vendeva la carne dove venivano uccisi gli animali, ma si faceva in posti differenti) tuttavia descrive il mestiere dei macellai e la loro bottega con grande scrupolo di verità, fin nei dettagli minori come il foglio appeso sulla trave in alto a destra con su scritti i vari prezzi. Nessuno dei personaggi guarda fuori dal quadro, solo un cane in basso a destra che ricorda quello di Vincenzo Campi in ‘’San Martino Trasloco’’ (img. 53) e Annibale per le origini cremonesi della sua famiglia, potrebbe averlo visto. Più che raccontare il mondo delle cose in sé per sé, Annibale nelle sue Macellerie presta molta attenzione al mestiere e alle attività dell’uomo. Invece di porre l’accento e di evidenziare le merci come avevamo visto fare da Pieter Aertsen, Beuckelaer, e del cremonese Vincenzo Campi, Annibale evidenzia ‘’il negozio’’ e l’attività svolta. La macelleria di Oxford (img. 66) si impone al pubblico per le sue dimensioni, e più che nella piccola macelleria, in questa l’artista va avanti dai modelli già instaurati e adotta modelli della pittura di storia: in quest’opera riprende la composizione del ‘Sacrificio di Noè’’ affrescato da Michelangelo nella volta della Cappella Sistina e da Raffaello nelle Logge Il contributo di Agostino Carracci e dei figli di Bartolomeo Passerotti: Tiburzio e Passerotto Agostino Carracci fu fratello maggiore di Annibale Carracci e cugino di Ludovico Carracci fu anch'egli un artista di talento. Fu anche, a dispetto delle modeste origini familiari dei Carracci, un uomo di notevoli cultura e ingegno. Agostino apprezzò molto l’opera di Passerotti ‘’l’Allegra compagnia’’ e ne volle ricevere anche una copia, questo ci interessa nella misura in cui è significativo riconoscere ad Agostino Carracci un ruolo nell’affermarsi delle nuove sperimentazioni nelle tematiche di genere ‘’basso’’. Egli iniziò giovane circa a 20 anni ad imparare presso la bottega di Passerotti, e testimonianza di ciò dovrebbe essere d’aiuto un disegno che ritrae Tiburzio Passerotti, il primogenito, mentre in piedi davanti al cavalletto, con in mano la tavolozza e i pennelli, sta dipingendo il ‘Martirio di Santa Caterina’ ancora nella chiesa bolognese di San Giacomo. il disegno è spesso riferito ad Agostino, realizzato intorno al 1577. I due artisti negli anni 1580 soggiornano entrambi a Venezia dove sembrano percorrere strade analoghe, Tiburzio era più grande di qualche anno e godeva già di una certa fama, essendo coetanei e cresciuti nella stessa bottega è molto probabile che vi fosse un’amicizia tra i due. • AGOSTINO CARRACCI – ‘’OGNI COSA VINCE L’ORO’’- Incisione - Bologna, Pinacoteca nazionale (immg. 73): Agostino si cimenta fortemente nell’attività di incisore anche dopo il soggiorno veneziano. In quest’opera (a volte anche chiamata il vecchio e la cortigiana) vediamo esserci un REBUS in basso da cui deriva il nome del titolo UNGHIE= OGNI; COSCIA=COSA; VINO= VIN; C= CE; L’ORO= monete d’oro. Questo rebus richiama la natura morta dei pochi alimenti posti sul tavolo nell’ Allegra Compagnia di Passerotti. La stampa ebbe grande circolazione e la vide anche il Caravaggio, che trasse dalla posa delle gambe della cortigiana (di ascendenza Michelangiolesca) quella del suo Amore vincitore, situato a Berlino. In quest’opera troviamo un amore mercenario, raffigurato nella cruda realtà di una vita quotidiana e ordinaria. Dopo il soggiorno Veneziano, rientrato a Bologna, Tiburzio Passerotti si accaparra la famosa collezione che il padre aveva destinato al figlio Passerotto. La decisione di occuparsi della raccolta paterna doveva essere uno de mezzipiù efficaci per assicurarsi la fama di erede della bottega paterna. Nelle opere di Tiburzio c’è sicuramente più di un indizio che ci riporta alla cultura veneta conosciuta da lui per esperienza diretta. Nelle sue opere si avverte un forte sforzo nel superare il padre, essere al passo con i tempi e ostentare erudizione. Agli inizi del 1600 troviamo invece a Roma il figlio più piccolo di Bartolomeo e suo fedele aiutante: Passerotto Passerotti (1562-1615), della sua vita e della sua attività artistica a Roma sappiamo poche notizie: sicuramente entrò a contatto con il cardinale Bellarmino del quale nel 1606 realizza un ritratto (ora a Madrid). E’ probabile che dopo la morte del padre la situazione di Passerotto fosse peggiorata a causa del comportamento prevaricante del fratello maggiore Tiburzio, colui che lo spinse a spostarsi a Roma. Avendo lavorato per il cardinale Bellarmino c’è il sospetto che Passerotto abbia potuto lavorare al grandioso progetto delle incisioni destinate a illustrare il catechismo del Bellarmino nella ‘’Dottrina christiana figurata d’imagini’’. E’ solo un’ipotesi ma in alcune xilografie della Dottrina è sembrato di cogliere delle similarità stilistiche con quelle della bottega Passerottiana come: • PASSEROTTO PASSEROTTI (attribuito) – ‘’IL PRECETTO DEL DIGIUNO’’ (img. 74): qui un pescivendolo nella sua bottega porge un Luccio ad una compratrice mentre è contornato da diversi pesci sia sul banco che nelle tinozze con l’acqua. Sul fondo appeso al muro si vede l’episodio evangelico di Cristo tentato dal demonio.
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