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Pittura ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento, Sintesi del corso di Storia dell'arte medievale

riassunto del libro di Baxandall per l'esame di storia dell'arte medievale del corso del prof Lollini

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Pittura ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'arte medievale solo su Docsity! Urna Semper Nome professore 9 agosto 2021 Pittura ed esperienze sociali nell’Italia del Quattrocento Cap 1 le condizioni del mercato 1 Un dipinto del XV secolo è una testimonianza di un rapporto sociale; da una parte colui che eseguiva il quadro, dall’altra colui che lo aveva commissionato e forniva il denaro per la realizzazione dell’opera e una volta pronto decideva come usarlo. Ambedue le parti lavoravano all’interno di istituzioni e convenzioni che influivano sulla creazione dell’opera. Colui che commissionava il dipinto sceglieva quale uso farne. La parte in causa del committente ha un ruolo determinante e attivo nella creazione dell’opera. Nel XV secolo la pittura di migliore qualità era fatta su commissione e il cliente ordinava un prodotto specificandone le caratteristiche. Le opere già pronte si limita ‘ano a oggetti come Madonne ecc.. Le opere più interessanti venivano commissionate e sia il cliente che l’artista stipulavano un contratto legale in cui l’artista si impegnava a consegnare quanto il committente aveva commissionato. Il cliente pagava per il lavoro, ma investiva il denaro secondo l’ottica del Quattrocento e questo poteva influire sul carattere dei dipinti. Il denaro ha una grande importanza nella storia dell’arte, esso agisce sul dipinto non solo in quanto c’è chi vuole investirlo ma anche per quanto riguarda i criteri di spesa. (es. un committente che paga i dipinti a piede quadrato avrà un risultato diverso da chi paga l’opera in base ai materiali ed al tempo impiegato.) I criteri utilizzati per stabilire il prezzo nel quattrocento e le diverse forme di pagamento hanno grande incidenza sullo stile del dipinto, i dipinti sono fossili della vita economica. I dipinti erano progettati a uso del cliente. I motivi che spingono un cliente a commissionare l’opera sono molteplici. Un buon cliente fu Giovanni Ruccellai, alcuni dei motivi per la sua importante serie di commissioni sono, la soddisfazione di avere oggetti di qualità, onorare la sua memoria e la sua città (Firenze), il fatto che l’acquisto di oggetti di questo genere procura il merito di spendere bene ( abbellire la propria città con opere pubbliche era una specie di risarcimento verso la comunità da parte di un’uomo che si era arricchito con l’usura), piacere nel guardare i bei dipinti. RELAZIONE ARTE MEDIEVALE 1 L’uomo ricco aveva la necessità di trovare una forma di riparazione che gli desse insieme merito e piacere, un gusto per i dipinti; il cliente solitamente si serviva di forme istituzionalizzate che gli razionalizzavano implicitamente i suoi motivi in modo lusinghiero. L'uso primario del dipinto era quello di essere osservato, esso era progettato per il cliente e per la gente che lo ammirava con lo scopo di fornire stimoli piacevoli Nel XV secolo la pittura era ancora troppo importante per essere lasciata ai pittori, oggi invece secondo la nostra concezione tardo romantica la situazione è diversa, i pittori dipingono ciò che vogliono e dopo cercano un’acquirente. Questo deriva dal fatto che viviamo in una società con un tipo diverso di organizzazione commerciale 2 Nel 1457 /lippo Lippi dipinge per Gio a Re Alfonso. Filippo si teneva in contatto epistolare con Giovanni e alla fine di una lettera ni di Cosimo de Medici un trittico destinato in dono (lettera p7) manda il bozzetto per il trittico. Egli abbozza un San Bernardo e l’adorazione del bambino e di San Michele, la cornice architettonica del trittico è disegnata in modo chiaro e definito. Non c’è molta distinzione tra la commissione di un’opera pubblica ed una privata nel Quattrocento, anche perchè molto spesso le opere commissionate dai privati avevano spesso un ruolo pubblico. Una distinzione più interessante si ha tra le commesse controllate da grosse istituzioni e quelle controllate da singoli individui o piccoli gruppi. L'artista solitamente veniva controllato da una persona o da un piccolo gruppo. In genere il pittore si trovava ad avere un rapporto diretto con il profano, in questo differiva dallo scultore che invece aveva a che fare con grandi imprese comunali, dove il controllo del profano era meno personale. All’interno dei contratti e dei documenti notarili venivano stabiliti i settori nei quali il committente poteva intervenire direttamente. Il contratto contiene i tre temi principali; 1) ciò che il pittore deve dipingere sulla base di un disegno concordato con il committente 2) i modi ed i tempi di pagamento secondo i quali il cliente deve pagare ed i tempi i consegna da parte del pittore 3) la qualità dei materiali. Le istruzioni riguardanti il soggetto non entrano nei dettagli. Alcuni contratti elencano singole figure che devono essere rappresentate, la richiesta di un disegno è invece più frequente oltre che più efficace. L'incarico era solitamente impegnativo. Un esempio è la pala d’altare del Beato Angelico del 1433 per l’arte dei Linaioli, unica eccezione è fatta per il compenso poichè si teneva conto della santità della sua vita ed il prezzo era affidato alla sua coscienza. Una somma forfettaria versata a rate, come nel caso del Ghirlandaio, era solitamente la forma di pagamento più comune ma talvolta le spese del pittore erano distinte dal suo compenso. Il cliente poteva fornire i colori più costosi e pagare il pittore per il suo tempo e le RELAZIONE ARTE MEDIEVALE 2 distinzioni non solo sul fatto che un'artista è migliore ma anche sul fatto che un'artista ha un carattere diverso dall’altro. Sia il pittore sia il pubblico appartenevano ad una cultura molto diversa dalla nostra e alcuni campi della loro attività venivano condizionati proprio da questo II Locchi ri 1 Un’oggetto riflette un disegno di luce sull’occhio. La luce entra nell’occhio attraverso la pupilla, viene raccolta dal cristallino e proiettata sulla retina. Quest'ultima è dotata di una serie di fibre che filtrano la luce a dei recettori, i coni. La reazione dei coni è quella di portare al cervello le informazioni relative alla luce ed al colore. Da questo momento gli strumento della percezione visiva non sono più uniformi ma variano da individuo a individuo. Il cervello ha il compito di interpretare i dati relativi a luce e colore e lo fa in base a caratteristiche innate e derivate dall’esperienza. esso ricava i dettagli dal suo bagaglio di schemi e questi forniscono una struttura ed un significato alla complessità dei dati oculari. Ognuno elabora i dati dell’occhio servendosi di strumenti differenti. Queste differenze sono modeste poiché la maggior parte dell’esperienza è comune a tutti. Tuttavia in alcune circostanze le differenze dell’esperienza assumono rilevanza. Se prendiamo ad esempio la tavola 13 vediamo che si potrebbero dare interpretazioni molto differenti della stessa immagine. Questo dipende da molte cosa, non meno dalla capacità interpretativa che ciascuno possiede e cioè le categorie, i modelli e le abitudini di deduzione e analogia; in breve ciò che si può definire lo stile conoscitivo individuale. Se colui che guarda la tavola 13 possiede modelli e concetti di forma come quelli che appaiono nella tavola 14 allora sarà improbabile che tenda a vedere la tavola 13 come un cerchio con proiezioni laterali, la vedrà più probabilmente come un cerchio sovrapposto ad un rettangolo. Aggiungiamo ora un contesto alla tavola 13, si trova in una descrizione della terra santa del 1481 con la didascalia “questa è la forma del santo sepolcro di cristo”. Il contesto ci aggiunge due nuove informazioni, sappiamo che deve raffigurare qualcosa. In secondo luogo si è indotti a considerare che ci si possa rifare ad esperienze precedenti di edifici in base alle quali si ricaveranno deduzioni. Abbiamo tre tipi di strumenti molto diversi e legati alla cultura che la mente utilizza per dare significato; una serie di schemi, categoria e metodi di deduzione; l’abitudine di utilizzare una certa gamma di convenzioni rappresentative e l’esperienza ricavato dall’ambiente consentono di visualizzare in modo plausibile ciò di cui abbiamo un informazione incompleta. Non si tratta di elementi che operano uno di seguito all’altro, ma insieme. (es p42) 2 Nella tavola 15, rappresentante un fiume, vengono usate almeno due convenzioni rappresentative. Le sirene ed il paesaggio sulla sinistra sono raffigurati da linee indicanti i contorni di forme. La dinamica del flusso del fiume è rappresentato con un diagramma in RELAZIONE ARTE MEDIEVALE 5 modo geometrico. La prima convenzione è legata a ciò che si vede, la seconda è più astratta, ma entrambe indicano la volontà di interpretare i segni sulla carta come rappresentazioni che semplificano la realtà all’interno di regole ormai accettate. La comprensione del dipinto si basa sulla convenzione rappresentativa imperniata sul fatto che il pittore dispone i colori su un piano bidimensionale per riferirsi a qualcosa che è tridimensionale. Bisogna entrare nello spirito del gioco. Dato che la vista è stereoscopico è difficile che un quadro possa ingannare a tal punto da sembrare reale come ribadisce anche Leonardo. Tavola 16; A e B sono i nostri occhi, C l’oggetto osservato, E ed F sono lo spazio dietro di esso, D e G la superficie che viene nascosta da un oggetto dipinto ma che è visibile nella realtà. La convenzione consisteva nel fatto che col pittore facesse la sua superficie piatta in modo da richiamare il più possibile il mondo tridimensionale. Per l’Italia del XV secolo osservare queste opere portava a una serie di aspettative che variavano a seconda della collocazione del dipinto, un’aspettativa era costante, il fruitore si aspettava il talento. L’uomo del Quattrocento si impegnava a fondo per guardare un dipinto, sapeva che in un buon dipinto doveva esserci abilità e pensava che dare un giudizio su di essa toccasse al fruitore colto. Il dipinto risente dei tipi di capacità interpretativa che la mente gli fornisce, riconoscere un certo tipo di forma ecc influisce sull’attenzione che l’uomo dedica al dipinto. Ci sono delle capacità interpretative che sono più adatte di altre ad un certo tipo di dipinto. Gran parte di ciò che noi chiamiamo gusto consiste nella corrispondenza tra l’analisi richiesta dal dipinto e le capacità di analisi del fruitore Un uomo si trova davanti ad un dipinto con una determinata quantità di informazioni e opinioni tratte dall’esperienza generale. La nostra mentalità è sufficientemente vicina a quella del 400 da permetterci di capire senza troppi problemi quello che ci troviamo davanti. può essere difficile renderci conto che la comprensione del dipinto dipenda dalle nostre conoscenze personali; esempio, se nella lettura dell’annunciazione di Piero della Francesca si prescindesse dalla 4)supposizione che gli elementi architettonici siano rettangolari e 5) dalla conoscenza della storia dell’annunciazione sarebbe difficile riuscire a dedurlo. Per il punto 4) la logica del dipinto dipende in gran pare dal fatto che noi supponiamo che la loggia sporga ad angolo retto sopra dalla parete del fondo. Per il punto 5) se uno non sapesse cos'è l’annunciazione sarebbe difficile distinguere chiaramente gli eventi all’interno del quadro 3 Nel rinascimento si riteneva che l’uomo dovesse essere in grado di dare giudizi sull’interesse dei dipinti per questo le persone vi si impegnavano a fondo. Questo molto spesso assumeva le sembianze di una preoccupazione per la ricerca delle abilità del pittore. All’epoca l’unico sistema per esprimere pubblicamente dei giudizi era quello verbale; il fruitore del rinascimento era spinto a trovare dei termini adatti a definire l’interesse di un RELAZIONE ARTE MEDIEVALE 6 oggetto. Ad un certo livello di consapevolezza l’uomo del rinascimento era quello che abbinava dei concetti allo stile pittorico. Nella cultura attuale esiste una categoria di persone che possiede una gamma piuttosto ampia di definizioni specialistiche, essi sono in grado di parlare di “valori tattili” o di “immagini diversificate”. Nel XV secolo c’erano alcune di queste persone che tuttavia disponevano solo di alcuni termini specifici. La maggior parte della gente per cui il pittore lavorava possedeva una mezza dozzina di termini e per il resto doveva rifarsi a risorse conoscitive più generali. Si imparava a dare una valutazione coscientemente precisa degli oggetti non tanto sui dipinti ma su cose legate al benessere e alla sopravvivenza sociale. vi è una distinzione tra le capacità visive più correnti e quelle più specifiche che riguardano la lettura delle opere d’arte. Le capacità di cui siamo più consapevoli non sono quelle che abbiamo appreso durante l’infanzia, ma quelle che abbiamo appreso in modo formale. Quelle che apprendiamo in modo formale hanno regole, categorie e terminologia dei modelli stabiliti, caratteristiche che permettono il loro insegnamento. Questi due elementi, la fiducia in una capacità abbastanza sviluppata e apprezzata e il fatto di disporre della relativa terminologia, rendono queste capacità adatte ad essere trasferite ad altre situazioni. Non si parla di tutta la popolazione del quattrocento ma solo di coloro che potevano dare un'opinione rilevante, quindi una cerchia piuttosto ristretta della popolazione. Le fasce povere della popolazione non contavano molto per la cultura del 400. Un uomo del Quattrocento trattava affari, frequentava la chiesa conduceva una vita sociale e da tutte questa attività acquisiva le capacità per osservare i dipinti. Alcuni degli strumenti mentali con cui un uomo organizza la sua esperienza visiva possono variare e parte di questi sono determinati dall’ambiente sociale che ha influito sulla sua esperienza. In essi rientrano le categorie per mezzo delle quali egli classifica i suoi stimoli visivi, le conoscenze da cui attingerà per integrare il risultato della sua percezione immediata, e l'atteggiamento che assumerà davanti al tipo di oggetto artificiale che gli si presenta. Il fruitore deve utilizzare nella lettura di un dipinto le capacità visive di cui dispone e dato che di queste sono poche quelle specifiche della pittura deve rifarsi a quelle capacità che sono apprezzate nella società in cui vive. Il pittore deve fare i conti con le capacità visive del suo pubblico. 4 La maggior parte dei dipinti del 1400 erano dipinti religiosi, ciò significa che erano creati in funzione di fini istituzionali cui fornivano un contributo di una specifica attività intellettuale e spirituale. Significa che i dipinti ricadevano sotto la giurisdizione di una teoria ecclesiastica sulle immagini con regole ormai consolidate da tempo. La chiesa usava i dipinti come immagini facilmente accessibili che inducono l’uomo a meditare e riflettere sulla bibbia.se queste vengono considerate delle disposizioni rivolte al pittore allora questo comporta un’aspettativa, presuppongono che il dipinto debba raccontare una storia in modo chiaro e semplice, in modo avvincente. RELAZIONE ARTE MEDIEVALE 7 Un dipinto come Scena dall’odissea di Pinturicchio usa un linguaggio che noi comprendiamo solo a metà L'espressione fisica dello stato d’animo mentale e spirituale è una delle maggiori preoccupazioni di Alberti nel suo trattato sulla pittura, e lo stesso argomento preoccupa anche Guglielmo ebreo nel suo trattato sulla danza. Questo si riflette anche sui giudizi quattrocenteschi a proposito delle persone e della loro serietà. Leonardo spende molte parole sull’importanza del giudizio della pittura. Sebbene continui a insistere sulla necessità di distinguere un tipo di movimento dall’altro egli trova difficile descrivere a parole gli specifici movimenti a cui si riferisce. Noi oggi troviamo ambigua questa sensibilità perché non crediamo più alla fisiologia dello spirito. Nel gesto, che è l’espressione fisica più convenzionale del sentimento e la più utile per la lettura dei dipinti si possono trovare alcuni riferimenti. Non ci sono dizionari sul linguaggio dei movimenti del rinascimento, ci sono però fonti che ci offrono delle indicazioni sul significato di un gesto: esse sono poco autorevoli e devono essere utilizzate con cautela. Leonardo suggeriva due fonti a cui il pittore potesse attingere per i gesti, gli oratori ed i muti. Se prendiamo in considerazione i predicatori ed i monaci muti votati al silenzio, di questi ultimi abbiamo dei cenni che consistono in elenchi del linguaggio dei segni elaborati dall'ordine benedettino. Il significato dei gesti dipende anche dal contesto, è possibile che anche la gente del Quattrocento sbagliasse l’interpretazione di uno di questi segni Una fonte autorevole ci arriva dai predicatori, attori dotati di grandi capacita’ mimiche con un a gamma di gesti codificati non specifici per l’Italia. Un predicatore poteva girare diversi paesi ed avere successo grazie al gesto e alla qualità del suo porgere. Trattando lo stesso argomento dei predicatori, nello stesso luogo dei predicatori i pittori inserivano nel dipinto le espressioni fisiche del sentimento secondo lo stile usato dai predicatori. Tale processo si può osservare nell’Incoronazione della Vergine di Beato angelico. I gesti erano utili per diversificare una serie di santi. Servivano a introdurre nella raffigurazione di un gruppo un ulteriore elemento che arricchisse il significato narrativo. Per quanto riguarda il gesto laico non era moto diverso dal gesto devoto, ma aveva una propria gamma difficile da classificare. Il gesto laico non veniva insegnato sui libri, era più personale e dipendeva dalla moda. Un esempio è un gesto che veniva utilizzato nella seconda metà del Quattrocento e che doveva essere un segno di benvenuto. Il palmo della mano è leggermente alzato e le dita aperte a ventaglio verso il basso. Ritroviamo questo gesto in diversi dipinti. Nell’affresco di Botticelli Un giovane davanti alle ardila figura principale usa una chitarra forma di benvenuto verso il giovane. Ci sfugge qualcosa se non riusciamo a cogliere la differenza tra il gesto religioso e quello profano. Non si tratta di una distinzione netta, infatti un gesti principalmente religioso poteva essere usato per un soggetto profano. In mancanza di altre fonti l’elenco del predicatore può RELAZIONE ARTE MEDIEVALE 10 permetterci di comprendere un po’ più a fondo l’odissea del Pinturicchio, il gesto d’invito profondamente laico da lui usato per la tentatrice in Sant'Antonio e San Paolo è un’accento profano con uno scopo preciso. Generalmente invece i dipinti religiosi si basano sul gestire devoto allontanando abbastanza le vicende sacre dal piano della vita profana di ogni giorno, stabilendo un diverso modo soprannaturale di accadere degli eventi fisici con uno stile ben distinto. 7 Nelle storie una figura interpretava la sua parte ponendosi in relazione con le altre e nella composizione dei gruppi e negli atteggiamenti il pittore suggeriva rapporti e azioni. Gli stessi soggetti erano spesso rappresentati in drammi sacri. Questo non vale per tutte le città a Firenze ci fu una fioritura di drammi religiosi a Venezia invece questo tipo di rappresentazioni era vietato. Anche le descrizioni dei drammi sacri non ci dicono molto su come un attore si rivolgeva ad un'altro. Due cose però sono chiare. La prima è che le descrizioni che noi abbiamo delle immagini sacre mettono in chiaro che le rappresentazioni dipendevano da effetti speciali. In secondo luogo quelle descrizioni ci inducono a pensare che ciò he accomunava dipinti e rappresentazioni possa essere individuato in ciò che noi consideriamo convinzioni antidrammatiche invece che nel realismo della rappresentazione. Quanto sappiamo degli spettacoli non è sufficiente per affrontare il problema della qualità. Il pittore lavora per sfumature, sapeva che il suo pubblico aveva elementi per riconoscere le varie figure all’interno del dipinto. La sua opera era solitamente una variante sul tema noto al fruitore sia attraverso altri dipinti che grazie all’istruzione privata. Le figure dei pittori rappresentavano le loro figure con ritegno. Ma questo modo attenuato di rappresentare i rapporti fisici fece crescere una più rozza tradizione popolare di immagini gruppi e gesti, questa tendenza trova raramente spazio nella pittura ma è documentata in espressioni più umili come le xilografie che illustravano i libri. Una biografia del libro vita et fabule di esopo presenta un gruppo di figure vigorose popolari già di per sè molto eloquenti. Anche prima di leggere grazie alla xilografia abbiamo un’idea di ciò che ci aspetta. Nella versione pittorica questo carattere è più attenuato ma i pittori facevano affidamento che il fruitore fosse disposto a leggere i rapporti che c'erano all’interno dei gruppi. (es p77) un'attività del XV secolo abbastanza simile alla composizione dei gruppi in pittura da permetterci di comprendere questi ultimi è la danza. In particolare la bassa danza, la danza a passo lento che divenne popolare in Italia nella prima metà del secolo. Si trattava di un’arte a sé con trattati propri ed una terminologia specifica. In secondo luogo i danzatori erano concepiti e classificati in gruppi di figure, in schemi. Gli italiani non usavano una notazione della danza, ma descrivevano in modo completo i movimenti delle figure. In RELAZIONE ARTE MEDIEVALE ll terzo luogo il parallelo tra la danza e la pittura sembra sia esso stesso imposto dalla gente del Quattrocento. Se prendiamo i termini “Aere”, “maniera” e “misura”, nel senso che essi hanno nella danza, rappresentano delle analisi critiche molto adatte a Pisanello. Il manuale sulla danza era il più esauriente per quanto riguarda la preoccupazione sul movimento espressa da Alberti e Guglielmo Ebreo. I trattati offrono degli esempi di figure tipo che in modo esplicito esprimono dei rapporti psicologici. Le danze erano semidrammatiche. Come le danze potessero legarsi allo stile usato dai pittori per creare dei gruppi era molto più evidente nei dipinti con soggetto neoclassico che religioso. Nei primi il pittore era costretto ad inventarsi qualcosa di nuovo invece di limitarsi ai modelli religioni tradizionali. 8 Abbiamo esaminato le rappresentazioni che i pittori davano ai personaggi sotto vari termini; i personaggi rappresentati non venivano stabiliti in base ai modelli relativi a gente reale, ma in base ai modelli desunti dall’esperienza di gente reale. In contemporanea le figure dei pittori e gli stessi ambienti erano anche delle forme e dei colori molto complesse ed il bagaglio culturale del XV secolo non era del tutto uguale al nostro. Questo è meno evidente per i colori. Riunire i colori in serie simboliche era un gioco tardo medievale ancora in uso nel rinascimento. Sant'Antonio elabora un codice teologico; Bianco; purezza Rosso: carità Giallo-oro: dignità Nero: umiltà Alberti fornisce invece un codice basato sugli elementi Rosso: Fuoco Blu: aria Verde: acqua Grigio: Terra vi era anche un codice astrologico che il marchese di ferrara utilizzava ogni giorno per scegliere le vesti. Cerano anche altri codici ed il risultato era quello di elidersi a vicenda, ciascun codice poteva essere operante solo all’interno di limiti molto ristretti. A meno che il riferimento ad un codice non derivasse da speciali spunti esso non poteva far parte del normale modo di vivere l’esperienza visiva. I simbolismi legati ai codici non sono importanti in pittura. Non ci sono codici segreti che valga la pena conoscere a proposito del colore. RELAZIONE ARTE MEDIEVALE 12 l’abilità che veniva utilizzata era una sola che si trattasse di commercio o di pittura. Lo studio del corpo umano fatto dal pittore era generalmente qualcosa di abbastanza sommario in termini matematici se paragonato a ciò a cui erano abituati i mercanti. La proporzione geometrica dei mercanti era un metodo di precisa consapevolezza delle proporzioni, non si trattava di una proporzione armonica, ma rappresentava proprio il modo in cui si deve trattare una convenzione di proporzione armonica. L'educazione del quattrocento attribuiva un valore eccezionale a certe capacità matematiche come la misurazione e la regola del tre. Gli uomini del tempo non conoscevano più matematica di noi ma erano bravissimi nel settore in cui erano specializzati. Questa specializzazione costituiva un’attitudine a indirizzare l’esperienza visiva dentro e fuori dal dipinto, considerando cioè la struttura di forme complesse come delle combinazioni di solidi geometrici regolari e come degli intervalli raggruppabili in serie. Inoltre c’è una continuità tra le capacità matematiche usate dalla gente di commercio e quelle usate per produrre la proporzionalità pittorica in un quadro. Il ruolo attribuito a queste capacità nel quattrocento era un incentivo per il pittore ad includerle nel quadro. Era proprio per questa profusione di abilità che il mecenate pagava il lavoro. ll È possibile che le qualità pittoriche che ci sembrano teologicamente neurali in realtà non lo siano. Ci sono due generi di letteratura devota del Quattrocento che forniscono degli accenni su come ciò possa arricchire la percezione dei dipinti. Uno è il tipo di libro sulla qualità sensibile del paradiso e l’altro è un testo in cui le caratteristiche della normale percezione visiva vengono esplicitamente tradotte in termini morali. Secondo il primo la vista è il senso più importante. Bartolomeo Rimbertino distingue tre tipi di progressi rispetto alla nostra esperienza visiva di esseri umani; una maggior bellezza delle cose viste, una maggior acutezza del senso della vista e un’infinita varietà di oggetti da guardare. La maggior bellezza sta in tre particolari: luce più intensa, colore più chiaro e miglior proporzion; la maggiore acutezza della visione comprende una maggiore capacità i fare distinzioni tra una forma o un colore e la capacità di vedere sia a grandissima distanza che attraverso i corpi. L'esperienza terrena che si avvicinava di più a quella del paradiso era quella che utilizzava una rigida convenzione prospettica. Nel secondo tipo di testo vengono discussi alcuni aspetti della nostra normale percezione terrena. Il principio fondamentale alla base della prospettiva lineare è molto semplice; la visione segue delle linee rette che e delle linee parallele che vanno tutte in le direzioni sembrano incontrarsi all’infinito in un unico punto di fuga. Le maggiori complicazioni di questo assunto sorgono nella pratica, nelle modificazioni fatte al principio di base necessarie per far si che la RELAZIONE ARTE MEDIEVALE 15 prospettiva all’interno non appaia schematica, esse costituiscono un problema per il pittore e non per il fruitore, a meno che in un dipinto la prospettiva sia sbagliata e ce ne si voglia chiedere la ragione. Molta gente del quattrocento era abituata all’idea di applicare la geometria piana al mondo delle apparenze poichè ciò veniva loro insegnato per misurare edifici e gli appezzamenti di terreno. Se si uniscono l’esperienza geometrica sufficiente a percepire una costruzione prospettica complessa e una cultura religiosa per fare di questa un’allegoria emerge una nuova sfumatura che caratterizza la rappresentazione narrativa dei pittori del Quattrocento. Gli episodi di virtuosismo prospettico perdono la loro gratuità ed assumono una diretta funzione drammatica. Secondo la cultura religiosa un determinato tipo do prospettiva assume la forma di metafora visiva che esprime la condizione spirituale della Vergine negli ultimi stadi dell’annunciazione. c’è la possibilità di interpretarlo come un simbolo analogico di una convinzione morale e poi come una visione escatologica della beatitudine. Il fatto da rilevare è che l’armonia tra lo stile della meditazione religiosa e l’interesse pittorico di alcuni dipinti del Quattrocento non ha lo scopo di interpretare delle opere individuali, ma solo di ricordarci l’origine della loro inafferrabili! Cap IN Dipinti e categorie 1 Nel secondo capitolo si è data l’immagine dell’uomo quattrocentesco che lo presenta solo come un uomo d’affari che va in chiesa ad ha gusto per la danza, e fra questi c’era la figura di Lorenzo de Medici. Le abitudini sociali legate alla percezione dei dipinti sono quelle visive. La maggior parte delle abitudini visive di una società non viene registrata dai documenti scritti. Dalle fonti emerge quel modo particolare id vedere del pubblico personificato dal mercante cha andava in chiesa e danzava. Questi non vi è proposto come un tipo ideale ma ha in sè gli elementi del problema. Nel Quattrocento, all’interno delle categorie di coloro che pagavano i pittori nessuno era completamente privo di questi elementi. L’osservazione religiosa era talmente istituzionalizzata da rendere il problema della fede personale quasi irrilevante. 2 La pittura del trecento è stata riassunta in uno schema molto chiaro, quella del Quattrocento invece è più complicata. quando qualcuno faceva un elenco dei grandi artisti tendeva a mettere quelli che avevano lavorato nella sua città. l’elenco più attendibile è quello di Giovanni Santi (padre di Raffaello Sanzio). Giovanni fu un pittore molto preciso e meticoloso ed operante nella scuola italiana. Il suo elenco è una RELAZIONE ARTE MEDIEVALE 16 lunghissima cronaca rimata che narra le gesta del suo datore di lavoro, e quando parla della visita Federigo a Mantova fa un excursus sulla pittura nella quale elenca i grandi nomi del suo tempo (p.109). Santi è consapevole della bella pittura di Venezia e nel nord italia, ma il peso più grande viene attribuito a Firenze. 3 Cristoforo Landino era uno studioso latino ed un filosofo neoplatonico, la sua professione consisteva nell’utilizzo corretto della lingua. Due elementi lo mettevano in grado di pronunciarsi sui pittori; la sua conoscenza con Leon Battista Alberti e la sua traduzione della Natura Historiae di Plinio. Alberti aveva scritto il primo trattato sulla pittura (1435) in Europa. Il primo libro è un trattato sulla geometria della prospettiva, il secondo libro descrive la buona pittura suddividendola in tre sezioni a) contorno dei corpi, b) compositione, c) ricevere di lumi. Il terzo libro discute la formazione e lo stile di vita dell’artista. L'influenza di questo trattato tardò ad imporsi ma Landino ne rimase affascinato e contribuî a rendere noti al largo pubblico alcuni dei concetti più importanti del libro di Alberti. La Naturalis Historia di Plinio comprende la più completa raccolta di storia e critica dell’arte classica. Il metodo di Plinio si fondava prevalentemente su una tradizione di uso della metafora, egli descriveva lo stile degli artisti con parole che dovevano il loro significato a al loro uso in contesti sociali. Ci si sarebbe aspettato che Landino descrivendo gli artisti del suo tempo utilizzasse le stesse parole di Plinio, ma fu un suo vanto non averlo fatto. Landino utilizzò lo stesso metodo di Plinio ma con metafore inventate da lui. Il resoconto sugli artisti si trova nell’introduzione al suo commento sulla divina commedia. La sezione pittori e scultori, collocata dopo quella dei musicisti, si suddivide in quattro parti; la prima descrive l’arte antica come in dieci frasi, la seconda parla dei pittori del trecento, la terza dei pittori del quattrocento, la quarta descrive alcuni scultori. 4 Masaccio a) imitatore della natura “rivaleggiava o superava la natura e la realtà stessa” La frase indica uno dei principali valori dell’arte del rinascimento , e il fatto che Masaccio sia l’unico a cui Landino attribuisce questa qualità ci lascia intendere che per lui avesse un significato. Per Leonardo una delle caratteristiche degli imitatori della natura era quella do essere liberi da libri che presentavano dei modelli e dalle formule. Landino continua lodando Masaccio per la sua maestria della prospettiva e delle ombre. RELAZIONE ARTE MEDIEVALE 17 Vediamo che Filippo è dotato di gratia ma ha meno rilievo di Masaccio, le due qualità non sono del tutto compatibili. ciò che dice Leonardo e la pratica comune di Desiderio e di Lippi danno una descrizione sommaria ma non una definizione. Successivamente nel XVI saranno molti gli studiosi che tenteranno di definire la gratia evidenziandone la differenza con la bellezza ma con risultati eccessivamente accademici. Gi viene data una descrizione sommaria di Gratia, ma non una definizione. Una definizione ci viene data dai criti e letterari neoclassici, secondo loro la gratia era l’insieme di 1) varietà e 2)ornato, due qualità che più avanti Landino attribuirà a Lippi. g) Ornato Per noi oggi capire il significato dato nel Rinascimento alla parola ornato è difficile perché ci richiama l’idea dei fronzoli e di qualcosa fine a se stesso. Per noi ornato è qualcosa di decorativo. Ma nel Rinascimento il termine ornato abbracciava invece molto di più. Anche in questo caso le formulazioni più chiare su cosa fosse il termine ornato ci vengono date dalla critica neoclassica. Per i critici le prime due qualità del linguaggio erano chiarezza e correttezza, che però non erano sufficienti per ottenere un risultato brillante e tutto quello che si aggiungeva a queste due qualità era Ornato. Buona parte di ciò che crea una produzione artistica è ornato. Per Landino i dipinti di Filippo Lippi erano “ornato”, mentre Masaccio era “sanza ornato”. cioè Filippo Lippi era acuto, nitido, ricco, ilare e giocondo, mentre Masaccio sacrificava questo qualità per un’imitazione più corretta del reale. È importanti rendersi conto che “sanza ornato” è una notazione molto più forte del “non ornato”. Il vero ornato è un elemento troppo diffuso in uno stile pittorico perchè lo si possa isolare come si fa con rilievo e prospettiva. È chiaro che quando il Quattrocento usava questo termine nel contesto di motivi particolari nei dipinti, intendeva moto spesso riferirlo all’atteggiamento o al movimento di una figura. La figura decisa ed eretta (Masaccio) è senza ornato e quella flessa e bilanciata (Lippi) è ornato. Landino nota anche che Filippo Lippi era bravo negli ornamenti di ogni sorte. Nell’uso del Quattrocento gli ornamenti sono generalmente piuttosto vicini al nostro modo di intendere gli ornamenti e i movimenti decorativi. h) Varieta Il classico resoconto Quattrocentesco sulla varietà pittorica si trovava nel libro di Alberti. Alberti si occupò di mettere a punto la nozione di varietà e di differenziarla dalla pura e semplice abbondanza di materiali. Egli distingueva tra due tipi di interesse:1) copia, che è una profusione di soggetti, e 2) varieta, che è invece la diversità dei soggetti. La varietà è un valore assoluto mentre la copiosità non lo è. La varietà consiste in 2 punti: il primo è la diversità ed il contrasto di tinte, il secondo è una diversità ed il contrasto di atteggiamenti delle figure. Un esempio di varietà è il mosaico di Giotto della Navicella. RELAZIONE ARTE MEDIEVALE 20 Ci sono quadri di Filippo Lippi che sono sia copiosi che vari, ma sono i dipinti vari, con una quantità ridotta di elementi che i critici del Quattrocento ammirano. 1)Compositione Il termine composizione, inteso come armonizzazione sistematica dei vari elementi del dipinto volta ad ottenere l’effetto complessivo desiderato, venne usato per primo da Alberti nel 1435. È da lui infatti che Landino deriva questo concetto. Alberti prese a modello la critica letteraria classica classica degli umanisti, per i quali compositi era il modo in cui una proposizione veniva costruita su quattro livelli gerarchici. Posizione Clausola Frase Parola Alberti trasferì il termine alla pittura Dipinto Corpo Membro Superficie (schema p.126) I dipinti sono composti da corpi, che sono composti di parti che sono composte di superfici piane: le superfici si compongono nei membri, i membri nei corpi, i corpi nei dipinti. Con questa teoria il quattrocento poteva analizzare a fondo la composizione di un quadro. Era anche lo schema con cui l artista costruiva ed il critico giudicava la varietà. I due aspetti sono infatti complementari, la composizione centripeta e la varietà si completano a vicenda. La composizione disciplina la varietà e la varietà lamenta la composizione. Donatello viene lodato per il suo intrecciarsi di composizione e varietà, così come Filippo Lippi. Entrambi gli artisti composero gruppi in cui le figure si combinano in gruppi simmetrici con risultati soddisfacenti grazie all’equilibri ora varietà e simmetria, entrambi potevano utilizzare tutto ciò a fini narrativi creando una ricca e coerente composizione di vari movimenti del corpo e dell’anima. Entrambi costruiscono mondi irreali ma adatti a fare da sfondo ai loro protagonisti inserendo in profondià nel dipinto il loro spazio competitivo, alberi o rocce per Lippi, elementi architettonici per Donatello. Le differenze tra i due artisti ci da modo di osservare che il principio d’ordine che essi hanno in comune consiste in composizione e vfarietà (P127) RELAZIONE ARTE MEDIEVALE 21 )) Colorire Non significa colorire nell’accezione corrente che si riferisce alle tinte. Infatti un'importante qualità in negativo della critica di Landino sta nel fatto che lui non lodi mai il pittore per il suo colore in quanto tale. L’accontentarsi di un'impressione piacevole denota una sensibilità più ingenua e passiva di quella di Landino. Con colorire Landino intende lo stendere del colore. Questo termine era usato in senso molto generale, quasi equivalente a dipingere. Ma c’è un senso più specifico, che è quello inteso da Landino e spiegato da Piero della Francesca, colorire in parte si sovrappone a rilievo e coincide con la sezione del trattato di Alberti che egli chiama il ricevere di lumi, Il fenomeno di ricevere la luce da parte di un oggetto si presentava al pittore come l’arte di trattare il bianco e il nero da un lato e i colori dall’altro: toni e tinte. Ma colorire raggiunge la pienezza di significato quando viene contrapposto al termine che Landino usa parlando di Andrea del Castagno, cioè disegno. Andrea del Castagno k) Disegnatore Il termine veniva riferito alla rappresentazione degli oggetti basata sulla linee di contorno contrapposta a quella fondata sul tono. Distinzione tra Disegno e colorire: -Colorire, unito al pennello, toni, rappresentazione di superfici, rilievo -Disegno: unito a matite, linee, rappresentazione di contorni, prospettiva Possiamo vedere il disegno di Andrea del castagno isolato dal resto della sua arte. La sinopia di alcuni dei suoi affreschi in Sant’apollonia fu scoperta nel 1953; due soldati in primo piano della resurrezione ci presentano Andrea del Castagno disegnatore dive solo le linee del disegno indicano le forme e la loro posizione nello spazio. Nella prima metà del Quattrocento l’efficace convenzione del disegno rappresentava un’alternativa alla pittura tonale Fiorentina e Alberti venne tratto in inganno dall’ambiguità del termine disegno. Piero della Francesca cercò di chiarire dividendo l’aspetto prospettico del disegno. (p129) La dicotomia tra disegno e colorire ha creato in noi una sensibilità sdoppiata, tagliandoci fuori da ciò che è rappresentato dalla pittura e dalla critica cinese ad esempio. È stato il rinascimento a dare a questa attitudine analitica le sue formulazioni sistematiche e a fare del disegno e della pittura il fondamento dell’arte della pittura. 1) Amatori lle difficulta L'esecuzione di cose difficili era apprezzata di per se, come dimostrazione di abilità e di talento. Siamo nuovamente vicini alla richiesta da parte del cliente di abilità: un pittore pubblicamente riconosciuto come uno che ama le difficoltà e riusciva a superarle con successo è dotato di un'abilità pubblicamente individuabile. RELAZIONE ARTE MEDIEVALE 22
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