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Pittura ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento | Michael Baxandall, Sintesi del corso di Storia dell'Arte Moderna

Riassunto dettagliato + fotografie del saggio "Pittura ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento" di Michael Baxandall per il corso di Storia dell'arte moderna del Prof. Villa

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 11/12/2019

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Scarica Pittura ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento | Michael Baxandall e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! LA BELLA MANIERA. Pitture ed esperienze sociali nell’Italia del Quattrocento Un dipinto del XV secolo è testimonianza di un rapporto sociale particolare, oltre che una relazione tra pittore e committente. Il mercato Un dipinto è prima di tutto fondato su un rapporto economico e a testimonianza di ciò vi sono tutte le evoluzioni dei criteri di pagamento nel corso della sua storia che dipendono da un lato certamente dal gusto del committente oltre che della società che influisce sul suo gusto personale, ma dall’altro anche la diversa rilevanza che viene attribuita nel corso della storia a certi materiali e certi dettagli. IL COMMITTENTE I dipinti erano progettati ad uso del committente, il quale traeva la sua soddisfazione dal possesso di oggetti di qualità, dal merito di spendere bene e da una spesa rivolta a chiese e opere d’arte che andavano ad abbellire il patrimonio monumentale pubblico, si trattava infatti di un gesto a metà tra la donazione benefica, una specie di pagamento di tributi alla chiesa o tasse, come forma di devozione e probabilmente anche per farsi pubblicità. Le commesse del quattrocento avevano infatti per lo più una funzione pubblica, in forma di pala d’altare o ciclo di affreschi venivano destinate a luoghi popolari finanziate da imprese collettive, comunali o private. Le opere erano chiaramente atte ad essere osservate e miravano a stimolare il gradimento dell’osservatore oltre che ad essere un’esperienza proficua. COMMITTENZA E PAGAMENTI Con il quattrocento si sviluppano dei veri e propri atti notarili che regolassero per iscritto gli elementi alla base del dipinto, come forma pratica di certificazione degli obblighi contrattuali delle due parti, pittore e committente. Essi potevano infatti riguardare: - Il contenuto e il disegno concordato - I modi e i tempi di pagamento che il cliente proponeva, oltre che i termini entro i quali il pittore doveva effettuare la consegna - Ed infine la qualità di cui dovevano essere composti i colori, la quantità dei dettagli e la loro precisione. Generalmente comunque le istruzioni circa il soggetto del dipinto non erano nei particolari ed in genere il pagamento consisteva in una somma forfettaria versata a rate, che si basava sulla spesa dei materiali e l’opera del pittore.  Costo dei materiali: oro, argento, azzurro ultramarino Il costo dei materiali era molto vario a seconda della loro qualità, dopo l’oro e l’argento, il colore più costoso e difficile da utilizzare era l’azzurro ultramarino, che doveva il suo costo alla polvere di lapislazzuli dell’Oriente che conteneva. Colori meno costosi erano generalmente meno brillanti e meno resistenti e venivano applicati piuttosto ai dettagli irrilevanti, contrariamente da quelli più costosi che con la loro qualità sottolineava gli elementi centrali della narrazione stessa dalla alta carica emotiva o una certa linea di santità. Crocifissione, Masaccio, 1426.  ABILITITA’ vs MATERIA Con l’evolversi del quattrocento, la relazione tra preziosità dei materiali e l’importanza dell’abilità pittorica cambia, dando maggior spazio a quest’ultima. Infatti nel corso del secolo vengono citati sempre meno nei contratti materiali come l’oro o l’ultramarino, se non in termini di quantità e prezzo, in quanto la materia risultava uno sfoggio fine a se stesso. Infine, la fine del secolo riporta anche una tendenziosa limitazione selettiva all’ostentazione, evidente principalmente negli abiti del cliente che abbandonava stoffe per sgargianti per il più serio nero di Borgogna. Un dipinto era pagato in base a materia e abilità, ma le indicazioni in merito ai colori venivano sostituite da indicazioni relative all’abilità tecnica del pittore, come si denota dalla furbizia di sostituire un prezioso fondo oro con uno sfondo di raffigurazioni più vasto, meno costoso per il committente in termini di materia ma più impegnativo per l’artista. L’occhio del quattrocento Nell’uomo, il cervello funziona come strumento che interpreta i dati mano a mano che l’occhio cattura luce e colori e li analizza in relazione all’esperienza, ciascuno ha avuto un’esperienza diversa e pertanto anche le capacità interpretative sono leggermente diverse. La diversità si denota maggiormente tra esperienze derivanti culture differenti, geograficamente e storicamente, per questo l’impatto di un’opera è differente per un uomo del quattrocento e uno contemporaneo. Il pittore stesso nella realizzazione dell’opera doveva misurarsi con una “visualizzazione interiore”, ossia una meditazione sull’episodio sacro da rappresentare e una dose di “inventiva” che spesso lo induceva ad ambientare le storie nella propria città con i propri conoscenti. Chiaramente l’opera avrebbe poi dovuto avere riscontro con la “visualizzazione interiore” del pubblico, che poteva discostarsi fortemente da quella del pittore, per tanto gli era conveniente evitare di caratterizzare i particolari dell’ambientazione quanto della fisionomia dei soggetti e mantenerli generici, in modo tale da non discostarsi mai dalla meditazione interiore comune. Particolarmente apprezzato per ciò fu il Perugino o Bellini. Trasfigurazione, Giovanni Bellini, 1450ca: Squilibrio, eccessivo rilievo e estrema concretezza. Consegna delle chiavi, Perugino, 1481 In essi si ritrovano delle particolarità che ne sottolineano la bravura, segni di una accurata visualizzazione interiore e che di conseguenza non potevano derivare dalle specifiche richieste dalla committenza, questi particolari esprimono inoltre la cultura dell’artista in modo diretto e in senso complementare, andando a delineare una serie di dati storici non citati dalla Storia ufficiale. Ciò che rendeva riconoscibile all’osservatore quattrocentesco una figura era quindi il suo atteggiamento, non caratteri fisionomici, ad eccezione del Cristo che invece veniva rappresentato con certe caratteristiche fisiche che lo rendevano riconoscibile ad un pubblico al quale era così, con quei tratti somatici, stato descritto da una testimonianza oculare. Lo stesso avveniva per particolari santi, spesso portavano segni fisici della loro vita o del loro martirio emblematici per l’identificazione. L’uomo del quattrocento era un uomo che istruito pubblicamente e generalmente aveva forti conoscenze di un particolare argomento piuttosto che su diversi, la sua istruzione era formale e analitica, come lo era quella popolare religiosa, tramandata tramite sermoni e vangeli, che indicano le categorie di classificazione che riassumevano l’esperienza emotiva di quel secolo. - IDENTIFICAZIONE L’atteggiamento Ritorno di Ulisse, Pinturicchio, 1508 L’espressione fisica, riportata dal soggetto sulla tela, che indica il suo stato d’animo mentale e spirituale, l’osservatore contemporaneo la comprende solo a metà e talvolta non vi dà neanche la stessa importanza di un uomo dell’epoca. Per gli infatti era una preoccupazione non indifferente, come testimonia l’Alberti nel suo trattato sulla pittura, egli sanciva, con il suo occhio quattrocentesco, infatti che i movimenti del corpo esprimessero i movimenti dell’animo. A testimonianza di questo non sono accorsi dizionari, che all’epoca ne avrebbero accompagnato una corretta lettura, ma vi sono testimonianza da autori come Leonardo da Vinci che consigliavano ai pittori di attingere al dizionario di oratori e muti, che sarebbero stati una buona fonte per il l’espressione mimica. Vi sono alcune testimonianze nella pittura che riportano il segno di questi pochi scritti, come la Cacciata progenitori dal paradiso. Masaccio, Cacciata progenitori dal paradiso, 1425. In esso troviamo: - vergogna, espressa dal viso nascosto nelle mani - dolore, la mano che preme sul petto Significati variabili e non esattamente definiti neanche all’epoca perché, la vergogna espressa da Masaccio per esempio, si scontrava con il significato espresso dagli elenchi benedettini, che classificavano invece il gesto degli occhi al cielo come segno di gioia e non di dolore. Una fonte più autorevole è rintracciabile nella mimica dei predicatori ed era ad essi che i pittori facevano affidamento per lo stile delle espressioni fisiche. Liber Scaccorum, Jacopo da Cessole, 1300ca Palmo della mano rialzato, le dita che si aprono a ventaglio: questo è un gesto usato per indicare invito e espressione di benvenuto. Botticelli, Giovane introdotto tra le Arti Liberali, 1485ca: mimica gestuale che indica una chiara forma di benvenuto nei confronti del giovane. Battaglia di San Romano, Paolo Uccello, 1440  COMPOSIZIONE solidi e volumetrie MASACCIO Alla proporzione, un uomo come Masaccio, affiancava la volumetria attraverso i chiaro scuri, tecnica resa possibile soltanto dalla sua cultura e la sua capacità di percepire i toni reali del chiaro scuro. PISANELLO Pisanello invece affidava le sue rappresentazioni alle linee di bordo. La geometria assumeva sempre più importanza nell’istruzione tradizionale, l’educazione del quattrocento attribuiva un forte valore a capacità matematiche come le misurazioni e la regola del Tre, che costituiva la tecnica con cui il Rinascimento trattava i problemi della proporzione, doti di questo genere erano capacità comuni nel pubblico colto di mercanti ed erano punti su cui i pittori giocavano nell’inserire i dettagli nei dipinti. Religione, educazione e affari costituivano l’elemento comune tra i committenti del quattrocento anche se in maniera variabile, ad ogni modo i principi più attivi nel commissionare buona pittura erano tendenzialmente ferrati in matematica, come Ludovico Gonzaga, Federico da Montefeltro e Giovanni Rucellai. CLASSIFICAZIONE DELL’OCCHIO DEL QUATTROCENTO secondo Landino Landino fu critico d’arte in forte contrapposizione ai critici d’arte quattrocenteschi, posizione dovuta ad una forte sensibilità ma anche a profonde conoscenze della pittura. Molto amico dell’Alberti si dedicò anche a definire parte delle sue opere in merito alla pittura; il primo libro infatti trattava della geometria della prospettiva, il secondo della buona pittura suddivisa tra contorno dei corpi, composizione e luce, ed un ultimo libro in merito la formazione e lo stile di vita dell’artista. Il metodo rivoluzionario di Landino seguiva il metodo di Plinio, basato sulla metafora, con cui descriveva lo stile dell’artista attraverso parole in uso nei contesti sociali, letterari e non pittorici, ma della sua epoca, ossia il 1480. - Aria virile Botticelli, da un uomo del quattrocento, aveva una tendenza alla rappresentazione per cui poteva essere classificata come “aria virile”, per via di un modo di rappresentare legato alla bassadanza, un abitudine sociale legata ad umanisti civili come Lorenzo de’ Medici. - Imitatore della natura MASACCIO – Landino  Affresco Trinità di Santa Maria Novella 1425  Cappella Brancacci, Santa Maria del Carmine Espressione per indicare l’abilità nell’imitazione del vero, è una semplice e consueta forma di lode, piuttosto imprecisa per definizione in quanto natura e realtà hanno sfumature soggettive; nonostante questo si tratta di una qualità significativa nel senso inteso da Landino in quanto è l’unico pittore a cui l’attribuisce del suo periodo. Leonardo da Vinci definisce questa capacità come l’abilità di discostarsi dai libri schematici di teoria per rendersi più autonomo dalla tradizione pittorica. - Prospettiva e rilievo MASACCIO > ANDREA DEL CASTAGNO > FILIPPO LIPPI A Masaccio, Landino conferisce il merito di discostarsi dalla teoria per cogliere la realtà così come si presenta, attraverso quindi la sua prospettiva e il rilievo. - Puro MASACCIO – LIPPI – BEATO ANGELICO Puro e senza ornato costituisce invece una definizione per il quale viene espresso un concetto positivo, che sottintende concisione e chiarezza che non hanno significato di povertà ma soltanto di semplicità. - Facilita Un misto di facilità e abilità, termine molto usato nella critica letteraria e inteso come un prodotto di talento naturale e capacità acquisibili e dimostrabili soltanto con l’esercizio costante. Si tratta della scioltezza che deriva dal continuo allenamento. Ciò riguarda più l’affresco che il dipinto su tavola. - Prospettivo FILIPPO LIPPI Dipinti su tavola, maestro di Filippino e probabilmente Botticelli. Termine per indicare qualcuno che si distingue nell’uso della prospettiva, disciplina infatti molto studiata ma che nella pratica faceva sorgere difficoltà nei particolari, ossia nel riportare oggetti solidi e complessi per esempio, e ciò ne causava una netta semplificazione dell’ambiente fisico che l’artista vuole affrontare. La miglior prospettiva del quattrocento è spesso intuitiva. - Grazioso FILIPPO LIPPI Termine molto usato in senso di possedere grazia, ma soprattutto piacevole in generale. Lippi, Salomè che danza al banchetto, 1452 = Le fanciulle ai lati sembrano grazia pura. Cit. Landino Lippi risulta così dotato di grazia da aver meno rilievo invece di Masaccio, anche perché la grazia secondo i critici letterari neoclassici era il prodotto di varietà e ornato. - Ornato FILIPPO LIPPI – BEATO ANGELICO Termine che richiama fronzoli e abbellimenti fini a se stessi, come elemento decorativo, ma che costituisce anche, per la critica neoclassica, tutto ciò che si aggiungesse alle prime due qualità del linguaggio: ossia chiarezza e correttezza. Landino con questo termine definiva i dipinti di Lippi e Beato Angelico “ornato” in quanto acuti, nitidi, ricchi e accurati, a differenza di Masaccio che invece sacrificava tutto ciò in virtù di una chiara imitazione del reale. - Varietà e copiosità FILIPPO LIPPI - DONATELLO Alberti, nel suo trattato sulla pittura, distingueva fortemente tra copia, inteso come profusione di soggetti, e varietà, ossia la diversità di soggetti. In essa risiede una sorta di equilibrio che consiste nell’ordine, la diversità, che costituisce un valore assoluto, è data da un contrasto di tinte e in una diversità di atteggiamenti delle figure. Vi sono quadri di Lippi che sono sia copiosi che vari, la Crocifissione costituisce un esempio di varietà. - Composizione FILIPPO LIPPI - DONATELLO
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