Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Il contesto storico: prima dell'ellenismo, Appunti di Greco

Il contesto storico della Grecia nel IV secolo a.C., caratterizzato da instabilità politica e transizione culturale. Si parla della situazione politica di Atene, Sparta e Tebe, della comparsa di Filippo II di Macedonia e della fioritura di forme culturali ellenistiche. Si approfondisce l'evoluzione delle forme letterarie e della pedagogia, con particolare attenzione alla formazione retorica. Si parla anche del dualismo platonico e del dialogo platonico come strumento di divulgazione filosofica.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 20/01/2024

Maria_Carmen_Settingiano
Maria_Carmen_Settingiano 🇮🇹

4.2

(5)

57 documenti

1 / 16

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Il contesto storico: prima dell'ellenismo e più Appunti in PDF di Greco solo su Docsity! IL CONTESTO STORICO: PRIMA DELL’ELLENISMO Il secolo IV a.C. rappresentò un periodo di instabilità e di transizione dovute alla successione di mutamenti politici dalla guerra del Peloponneso sino all’affermazione della dinastia macedone e dei successori di Alessandro Magno; con il declino dell’età classica e la nascita di nuove forme culturali. Il contesto politico Il secolo IV si apre con una Grecia stremata da un conflitto trentennale, che aveva visto contrapposte Sparta e Atene, insieme agli altri popoli greci. ► ATENE: faceva i conti con la riorganizzazione interna, dopo la caduta dei Trenta Tiranni e la restaurazione democratica con Trasibulo (403 a.C.); ► SPARTA: l’egemonia di Sparta, vincitrice, resse una trentina di anni, fino alla battaglia di Leuttra (371 a.C.), quando vinse Tebe; ► TEBE: dominò il panorama greco per una decina di anni, fino alla battaglia di Mantinea (contro gli Spartani, 362 a.C.), senza un vincitore. Filippo di Macedonia Gli anni Cinquanta videro poi la comparsa di Filippo II di Macedonia. Dopo aver approfittato dello scoppio della terza «guerra sacra», (Filippo era alleato dei Focesi), avviò un piano per alimentare le discordie tra città e aumentare la propria ingerenza. Atene ottenne l’appoggio di Tebe per opporsi al nuovo nemico, ma Filippo riportò una decisiva vittoria nella battaglia di Cheronea (338 a.C.) e obbligò le città greche ad aderire alla Lega di Corinto. Filippo fu assassinato nel 336 a.C. e non poté intervenire nel riassetto del ‘nuovo’ mondo greco. I suoi progetti furono ripresi dal figlio Alessandro, che si occupò principalmente della campagna in Oriente. Fu con la morte di Alessandro, nel 323 a.C., che si avviò un processo di assestamento nei territori dell’impero macedone, con la formazione dei regni dei «Diadochi» (i successori di Alessandro) e la fioritura di forme culturali ellenistiche. Professionisti della parola Come la politica, conobbero un’evoluzione anche le forme letterarie:  La tragedia si esaurì con il declino dell’Atene democratica;  La commedia fu depoliticizzata e internazionalizzata;  Nella storiografia si adottarono nuove forme di organizzazione dei dati;  L’oratoria produsse i suoi frutti con Isocrate e Demostene. Non si verificò la nascita di generi nuovi, ma l’affinamento di quelli esistenti, che andò di pari passo con la ‘professionalizzazione’ dell’attività letteraria. N.B. Non troviamo più casi di letterati poliedrici, o versati in più ambiti letterari, come Senofonte che trattava la storiografia, la biografia e la trattatistica. L’evoluzione della παιδεία Il professionismo della parola richiedeva l’apprendimento di strumenti che permettessero di manipolare la parola stessa secondo i propri fini. Per queste ragioni assunse grande rilevanza il problema della formazione retorica, che aveva implicazioni letterarie e rispondeva al bisogno di individuare nuove formule pedagogiche: l’educazione tradizionale, basata su principi musicali e atletici, risultava inadeguata e l’eloquenza si era ormai affermata come strumento principale.  Platone affrontò il problema pedagogico nella Repubblica, discutendo le modalità e le tempistiche dell’insegnamento ideale e individuando il cardine del sistema educativo nella dialettica. Le procedure educative dovevano essere simili a quelle del discorso filosofico, rifacendosi al modello maieutico di Socrate.  Isocrate e Alcidamante, allievi di Gorgia, focalizzarono l’attenzione sull’eloquenza pura, prediligendo però due metodi diversi di esercizio. Alcidamante, ad esempio, sosteneva una formazione che favorisse l’improvvisazione e che rendesse l’oratore capace di far fronte a qualsiasi situazione. Esemplare è l’esordio dell’opera Sui sofisti: Alcuni di quelli che si fanno chiamare sofisti han sempre trascurato il sapere e l’educazione e sono inesperti dell’eloquenza al pari dei profani eppure, dedicatisi alla produzione di discorsi scritti, ostentando presuntuosa gravità esibiscono la loro sapienza con strumenti malsicuri [...]. Perciò […] pensosi debba praticare la scrittura come accessorio all’eloquenza e ritengo manchevoli, così nella retorica come nella filosofia, quanti sprecano l’esistenza in questa attività: sarebbe più giusto dirli poeti che sofisti. Non è alla portata di un ingegno qualunque né di un’educazione ordinaria pronunciare un discorso appropriato improvvisando. Verso il primato del libro La posizione di Alcidamante costituiva una reazione alla progressiva affermazione della scrittura come strumento di composizione. La critica alla scrittura accomunava Alcidamante a Platone, che si preferivano l’insegnamento retorico di Isocrate. Eppure, il secolo IV segnò la definitiva penetrazione della scrittura nell’elaborazione delle opere. Il modello pedagogico isocrateo e il sistema filosofico di Aristotele furono solo due esempi di manifestazioni di un processo ormai inarrestabile: una rivoluzione letteraria che si sarebbe affermata nel mondo ellenistico. Il dualismo platonico Questo grande progetto si delinea sin dai primi dialoghi, rivolti a dimostrare che l’opinione (δόξα) è illusoria e che la vera conoscenza (ἐπιστήμη) è fondata solo sulla forza del pensiero. Poi, nei dialoghi della maturità, si sviluppa la parte metafisica della sua dottrina, fondata sul presupposto che la vera realtà si trova nel mondo delle Idee e soprattutto nell’Idea suprema del Bene cui l’uomo deve tendere con la virtù, la filosofia e la giustizia. Platone presenta un modello di filosofia svincolata dagli altri saperi e finalizzata alla ricerca della verità attraverso il pensiero. Platone si colloca, dunque, come il vero iniziatore della filosofia nel senso moderno del termine. Il dialogo platonico Platone trasformò il dialogo in prosa nello strumento per sviluppare contenuti filosofici. Un dialogo comporta una cornice narrativa e un aspetto letterario che permette la divulgazione anche a un pubblico di non specialisti. I dialoghi platonici avevano in primis uno scopo propagandistico: come attesta Diogene Laerzio, venivano letti ad alta voce tra gli allievi e diffusi fuori dalla scuola, per attirare nuovi adepti. Si possono poi distinguere i dialoghi con cornice narrativa drammatica (personaggi discorrono in prima persona) e diegetica (dialogo racchiuso nel racconto di un personaggio). ► LA SCELTA DEL DIALOGO: fa sì che il pensiero si presenti in forma dialettica; si manifesta la predilezione del filosofo per l’oralità, che consente di rispondere ai dubbi degli ascoltatori e di seguire lo sviluppo del pensiero. Dunque, Platone eredita gli strumenti con cui egli stesso e Socrate si erano formati: a quel tempo, la cultura si diffondeva oralmente, secondo una concezione aristocratica ed elitaria. ► ORALITÀ E SCRITTURA: come Socrate, era convinto che il dialogo diretto con i discepoli fosse l’unico modo per svelare la verità e che il discorso scritto fosse incapace di rispondere alle domande, nonché dannoso per la memoria. ► INFLUSSO TRAGICO: Platone, che in gioventù aveva composto tragedie, subisce l’influenza del teatro: delinea un carattere, crea un’atmosfera e momenti di forte tensione. La tecnica di confrontare le idee tra loro richiama l’agone tragico. Ma a differenza di questo, in cui i personaggi uscivano di scena con le proprie ragioni, qui le argomentazioni di Socrate cambiano le posizioni. ► DIGRESSIONI: Dal punto di vista narrativo, il dialogo platonico è variegato; Platone costruisce un quadro variegato, interrompendo l’argomentazione filosofica con squarci narrativi, apologhi e allegorie. ► PERSONAGGI: hanno un carattere definito, delineato con pochi tratti. L’autore gli fa adottare l’unico atteggiamento da cui può svilupparsi l’attitudine filosofica, il «sapere di non sapere». Generalmente ciò accade nella prima parte del dialogo, la pars destruens, che elimina pregiudizi e menzogne dei falsi profeti (es. Trasimaco che arrossisce – Repubblica). LE OPERE LA FIGURA DI SOCRATE Socrate è una presenza costante nei dialoghi della prima fase; hanno come tema il suo processo e la sua morte Apologia di Socrate, Critone e Fedone. Apologia di Socrate Non ha forma dialogica, ma è la reinterpretazione del discorso pronunciato da Socrate davanti ai suoi giudici, ossia una difesa della figura del filosofo e della libertà di pensiero. Nel 399 a.C. Socrate subì un processo per empietà (γραφὴ ἀσεβείας) in cui fu accusato di non credere negli dèi e di corrompere i giovani. Egli adottò una strategia difensiva provocatoria, presentandosi come sostenitore delle proprie idee. Quando venne condannato, propose di essere mantenuto a spese pubbliche nel Pritaneo. Platone lo presenta come l’intellettuale deciso a smuovere l’opinione pubblica, ma la presa di posizione provocò risentimento, e lo condannarono. Critone Socrate, chiuso in carcere in attesa di essere giustiziato, rifiuta il piano di evasione prospettatogli dall’amico Critone e accetta di morire per obbedire alle leggi, che gli compaiono personificate per discutere con lui. L’episodio è un’affermazione della coerenza morale di Socrate e dell’idea che il filosofo deve accettare le norme della convivenza civile, giuste o ingiuste che siano. N.B. Si sente l’eco del dibattito sulle leggi del secolo V, come nell’Antigone di Sofocle e nei sofisti. Fedone Viene trattato il tema della metempsicosi. Il dibattito è racchiuso in una cornice patetica: Fedone racconta a Echecrate come attorno a Socrate, chiuso in prigione in attesa di bere la cicuta, si fossero radunati i discepoli, con i quali trascorse gli ultimi attimi discutendo sul destino dell’anima. Socrate spiega la dottrina delle metempsicosi con tre argomentazioni:  dottrina della reminiscenza;  affinità tra l’anima e le Idee;  principio dell’esclusione dei contrari. Il Fedone è importante non solo per le pagine sulla morte di Socrate, ma soprattutto per la dialettica serrata con cui viene sviluppato il problema. LA CRITICA AI SOFISTI La critica di Platone alla tecnica di persuasione dei sofisti, si esprime nel Protagora, nel Gorgia e nel Sofista. Protagora Socrate riferisce a un compagno i dialoghi dei più famosi sofisti nella casa di Callia. La discussione si svolge tra Socrate e Protagora sull’insegnabilità della virtù ed è preceduta dal mito protagoreo sull’evoluzione dell’umanità, passata dalla barbarie alla civiltà grazie all’arte politica. All’inizio Protagora afferma che la virtù è insegnabile e Socrate lo nega perché la ritiene innata: alla fine sostiene la tesi opposta, battendo i sofisti con le loro stesse armi. La scienza, intesa come conoscenza non ingannevole, è il fondamento della virtù. Per agire rettamente è necessaria la conoscenza del bene: chi conosce il bene è virtuoso, in quanto conoscendolo non può non farlo; nessuno sceglie il male volontariamente, ma solo per ignoranza del bene. Gorgia Socrate polemizza con Gorgia e la sua retorica, intesa come pratica della persuasione capziosa, ottenuta con le lusinghe senza la conoscenza del bene, al fine di acquisire potere. L’ingiustizia è il più grande dei mali, perché un uomo ingiusto non può essere felice. Il vero retore dovrebbe rendere le anime buone e felici, stimolandole all’ordine e alla giustizia. Sofista È un’opera della vecchiaia rivolta contro l’educazione retorica in generale. Dopo aver definito il sofista un cacciatore di giovani ricchi, un mercante di cose che riguardano l’anima, un rivenditore di nozioni, Socrate riflette sul problema del non essere, confutando le idee della scuola eleatica. L’UTOPIA DELLO STATO Repubblica In dieci libri, fu scritta tra il 380 e il 370 a.C. È ambientata nella casa di Cefalo, padre di Lisia. La discussione si anima dalla definizione di giustizia:  CEFALO: ne dà una generica definizione, dicendo che essa consiste nel restituire ciò che si è avuto;  POLEMARCO: dice che consiste nel fare del bene agli amici e del male ai nemici (morale arcaica);  TRASIMACO: ripropone il tema sofistico secondo il quale la giustizia consiste nella legge del più forte;  SOCRATE: è affidata la confutazione delle tre definizioni e, alla fine, si ci accorda sulla conclusione che l’uomo giusto è più felice dell’ingiusto. Nel libro II, invece, la giustizia viene esaminata in relazione al corpo sociale. Si passa a sviluppare la dialettica tra individuo e società, collegata a quella tra l’individuo e anima, e viene enunciata la tripartizione dell’anima umana in ragione, volontà e passione. Nei libri successivi si esamina come la giustizia possa realizzarsi: Platone propone uno Stato ideale, basato su una gerarchia di classi con l’obiettivo del bene comune e dell’educazione dei cittadini. Divide i cittadini in tre classi: gli artigiani, che procurano i beni materiali, i guardiani, che proteggono lo Stato, e i filosofi a cui è interdetta la proprietà privata.  Bandisce la poesia che insidia lo sviluppo della razionalità;  Escluso Omero, i miti e la musica che non sia regolata, l’arte viene contestata in quanto imitazione della realtà, che a sua volta è imitazione del mondo delle Idee;  Il corso di studi del filosofo ha carattere scientifico e si fonda su geometria, matematica, astronomia, dialettica.  Il concetto di verità, a cui l’anima accede solo dopo avere smantellato il mondo delle apparenze, è chiarito nel mito della caverna. Nella conclusione vi è il mito di Er di Panfilia, tornato a vivere dodici giorni dopo la morte, che ripropone il tema orfico-pitagorico della metempsicosi attraverso il corso delle morti e delle rinascite. Politico Platone identifica il politico con colui che sa conciliare gli opposti, in quanto ha raggiunto l’equilibrio delle virtù grazie a indole, educazione e leggi. IL TARDO PLATONE Negli ultimi anni Platone si dedicò alla dialettica, alla matematica e in generale alla scienza, cercando anche di superare il suo stesso dualismo. Parmenide Un dialogo talvolta oscuro, in cui il giovane Socrate presenta a Parmenide la dottrina delle Idee, modelli archetipi della realtà sensibile. Teeteto Socrate rifiuta di identificare la natura della scienza con la sensazione come Protagora (l’uomo è misura di tutte le cose) ed Eraclito (tutto è in divenire). Solo l’anima è in grado di cogliere l’essere e la verità. Timeo (parte di una trilogia mai compiuta che partiva dalle origini) Contiene una trattazione della cosmologia platonica: il cosmo è opera del Demiurgo, una divinità intermedia, che contempla le Idee nell’iperuranio per plasmare la χώρα (materia eterna e informe), e ricavarne le realtà sensibili. Il cosmo è un «intermedio» (μεταξύ) tra le Idee e l’informe χώρα. Crizia (parte di una trilogia mai compiuta che partiva dalle origini) Narra il mito di Atlantide, l’antico ricco continente situato al di là delle Colonne d’Ercole, in cui vivevano dei guerrieri che tentarono di invadere Europa e Asia a cui si oppose Atene. In seguito il continente venne ingoiato dal mare a causa dell’empietà dei suoi abitanti. Leggi In 12 libri, è un dialogo fra un cretese, uno spartano e un ateniese, che si svolge a Creta e si propone di stabilire le leggi per una nuova colonia. I primi tre libri sono introduttivi, dal quarto inizia la costruzione di uno Stato ideale, ma qui Platone afferma che l’unico sovrano è la legge, non i governanti- filosofi. Obiettivo ultimo per i custodi delle leggi dev’essere l’Idea del Bene. LE OPERE MINORI Cratilo Riguarda la natura dei nomi e delle parole: Cratilo, seguace di Eraclito e maestro dello stesso Platone, sostiene la stretta connessione fra la parola e l’oggetto, ma l’analisi etimologica dei nomi di Socrate non è certa. Ione Considerato spurio, tratta dell’oralità della poesia greca arcaica e della psicologia dell’uditorio, dal punto di vista di un rapsodo di canti omerici. La funzione dei rapsodi fu messa in discussione con il diffondersi della critica razionalistica. In questo dialogo, il tema principale è l’ispirazione poetica, vista come invasamento, dall’autore all’interprete, fino al pubblico. Menesseno Socrate recita un’orazione funebre per i caduti del 386 a.C., che ha sentito pronunciare da Aspasia, l’etera amata da Pericle. Le lettere Sotto il nome di Platone è stato trasmesso un gruppo di tredici lettere, la maggior parte delle quali è considerata falsa. È autentica la Lettera VII, destinata agli amici siracusani; in essa Platone rievoca le ragioni che lo allontanarono da Atene, deluso dalla politica, per cercare in Sicilia un luogo dove la sua aspirazione politica potesse trovare una realizzazione. LO STILE Platone fu un grande scrittore: i suoi dialoghi manifestano una straordinaria capacità stilistica e una padronanza del linguaggio «urbano» parlato dagli aristocratici. Platone inserisce pochi neologismi, poiché per esprimere concetti astratti preferisce sostantivare infiniti, participi e aggettivi. Il dialogo si rivolge alla parte razionale dell’interlocutore, ma Platone utilizza anche i miti, per influenzare la parte irrazionale dell’uditorio: non si tratta però dei miti tradizionali, da lui considerati diseducativi, ma di nuovi. In questo modo la prosa di Platone diventa poesia. Il dialogo in prosa ha raggiunto una forma così perfetta da avere una fortuna immensa nei secoli successivi: Cicerone, sant’Ago-stino, Petrarca, Galileo Galilei, Schopenhauer, Leopardi. IL MITO PLATONICO Un elemento caratteristico del dialogo platonico è l’accostamento di sezioni dialogiche a sezioni narrative. Queste ultime vengono definite ‘miti’, anche se il termine è in parte improprio. Con la parola μῦθος, Platone designava le narrazioni poetiche, le storie sacre, le fiabe. Vi è, dunque, una contraddizione di fondo: da un lato, Platone ripudia i mezzi tradizionali dell’educazione poetica, dall’altro, impiega proprio uno strumento tipico della poesia per comunicare i contenuti più profondi del suo pensiero. Eppure, il mito platonico si differenzia da quello tradizionale per due aspetti:  Il mito tradizionale è radicato nella memoria collettiva, quello platonico è ideato dall’autore stesso;  Il mito tradizionale racconta una vicenda leggendaria senza trasmettere un significato, quello platonico illustra aspetti filosofici. Il mito platonico ha lo scopo di comunicare un concetto ben circoscritto sotto un travestimento narrativo. Interpretazioni diverse dei miti platonici C’è chi ritiene il mito un semplice excursus narrativo, a scopo artistico e chi pensa che racchiuda i nuclei del pensiero platonico, in forma ambigua e accessibili solo ai discepoli. Una terza ipotesi, però, prende in considerazione il rapporto tra oralità e scrittura, individuando i destinatari dei dialoghi in un pubblico più vasto. Il mito serviva ad affascinare il pubblico e a fargli accettare le tesi proposte, in quanto opera sulla parte irrazionale dell’uomo. MARIO VEGETTI: LA FELICITÀ È NELL’ARMONIA DELL’ANIMA Secondo il critico Mario Vegetti, la felicità sta nell’armonia della ψυχή, che è la ‘scoperta’ della filosofia greca, di cui Platone fu uno dei primi teorizzatori. Essere giusti rappresenta per Platone un impegno complesso. È necessario lavorare sulla propria interiorità, per assicurare nell’anima il dominio della razionalità sulle passioni. Occorre sforzarsi di conquistare la conoscenza del Bene, e ispirarsi ad esso per fondare la città giusta. Ma perché si dovrebbe voler essere giusti? La giustizia è bene supremo per l’anima. Per spiegare e giustificare ciò, Platone promette felicità e ricompense per convincere tutti gli uomini:  AI SEMPLICI: si garantisce che i giusti sono più felici degli ingiusti, perché a essi toccherà il favore degli dèi: il giusto si vedrà ricompensato della sua condotta buona, mentre l’ingiusto pagherà per la sua malvagità.  AI COLTI: si promettono i piaceri della vita intellettuale. Ma la più forte delle promesse platoniche riguarda la vita eterna dell’anima, della quale viene ribadita l’immortalità.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved