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Pneumologia e chirurgia toracica, Dispense di Pneumologia

Semeiotica toracica; Fisiologia apparato respiratorio; Spirometria; EGA; Insufficienza respiratoria; Imaging; Broncoscopia; Asma bronchiale; BPCO; Pleuriti e versamento pleurico; Tumore pleurico; Polmoniti; Pneumopatie professionali; Disturbi del sonno; Tumori mediastinici; Fibrosi polmonare idiomatica; Interstiziopatie polmonari; Pneumotorace; Tumori del polmone; Tubercolosi; Bronchiectasie; Fibrosi cistica; Embolia polmonare; Traumi toracici; Vie di accesso polmonare; Resezioni polmonari

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 07/03/2023

f.bardi
f.bardi 🇮🇹

4.3

(3)

21 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Pneumologia e chirurgia toracica e più Dispense in PDF di Pneumologia solo su Docsity! D OUTSIDE OF THE HOSPITAL OR LESS Pneumologia ON AUSCULTATION SPECIAL FINDINGS DUE TO LOBAR CONSOLIDATION INCLUDE: * EGOPHONY (E TO A) + WHISPERED PECTORILOQUY * TACTILE FREMITUS CINCREASED) Sommario Semeiotica toracica 3 ....................................................................................................... Fisiologia apparato respiratorio 10 .................................................................................. La spirometria e altri test funzionali 19 ............................................................................ Emogasanalisi e 6MWT 28 .............................................................................................. Insufficienza respiratoria 33 ............................................................................................ Diagnostica per immagini 39 ........................................................................................... Broncoscopia 44 ............................................................................................................... Diagnostica del torace 48 ................................................................................................ Asma bronchiale 51 ......................................................................................................... Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva 59 ...................................................................... Pleuriti e versamento pleurico 70 .................................................................................... Tumore pleurico: mesotelioma 78 .................................................................................... Polmoniti 81 ..................................................................................................................... Pneumopatie professionali 92 .......................................................................................... Disturbi del sonno e monitoraggio 94 ............................................................................. Tumori mediastinici 104 ................................................................................................... Fibrosi polmonare idiopatica 111 ..................................................................................... Interstiziopatie polmonari 116 ......................................................................................... Pneumotorace 131 ........................................................................................................... Tumori del polmone 135 .................................................................................................. Tubercolosi 148 ............................................................................................................... Bronchiectasie 154 .......................................................................................................... Fibrosi cistica 157 ............................................................................................................ Embolia polmonare 161 ................................................................................................... Traumi del torace 165 ...................................................................................................... Vie di accesso al torace 170 .............................................................................................. Principali tipi di resezione polmonare 171...................................................................... !1 - muscolatura (patologia neuromuscolare) B. cause extrapolmonari: • cause cardiache (insufficienza ventricolare sx) • circolatorie (anemia) • composizione aria atmosferica (alta quota) • compromissione centri respiratori Come si misura? Si può usare la scala MRC (soggettiva, Medical Research Council), la scala di Borg (soggettiva), BDI/TDI (Baseline Dyspnea Index / Transition Dyspnea Index, cioè indice basale e transizionale), VAS (scala di valutazione della stanchezza). Tosse ed espettorazione La tosse è un atto espiratorio esplosivo, volontario o riflesso. E’ un meccanismo essenziale per il mantenimento della pervietà e pulizia dell’albero respiratorio e prevede una profonda inspirazione, la chiusura della glottide, contrazione dei muscoli espiratori ed brusca apertura della glottide. Viene innescata dalla stimolazione dei recettori da irritazione o stiramento (riflessa). All’anamnesi bisogna valutare a. se è secca (senza espettorazione) e stizzosa o produttiva (con espettorazione) b. se è accessionale o continua c. la durata, il tempo di insorgenza d. se si accompagna ad altri sintomi: dispnea, sibili e. se ha rapporto con il decubito L’espettorazione è l’eliminazine verso l’esterno di materiale prodotto dall’apparato mucosecernente. Proviene da larigne, trachea, bronchi e dal surfactante delle cavità alveolari. Bisogna valutarne: a. aspetto: sieroso (trasparente), mucoso (biancastro, tipico dei fumatori), muco-purulento (giallastro), purulento (giallo-verde) o con presenza di sangue b. quantità: scarsa o abbondante. Si parla di vomica quando viene emessa una grande quantità di materiale purulento a bocca piena Cause principali: - patologia ostruttiva bornchiale: asma, bronchiectasie e BPCO - neoplasie polmonari - polmoniti e ascesso polmonare L’espettorato può essere utilizzato anche nella diagnostica delle patologie dell’apparato respiratorio e per questo motivo può essere anche indotto. Dolore toracico Importante sottolienare che nè il polmone nè la pleura viscerale hanno innervazione sensitiva. Le caratteristiche da indagare nel dolore toracico sono: a. sede: base del torace, retrosternale, interscapolo-vertebrale, … b. tipo: urente, trafittivo, gravativo, costrittivo c. localizzazione: a fascia, localizzato, diffuso (irradiato) d. modalità di insorgenza: brusca o graduale e. fattori favorenti: esercizio fisico, posizione, atti del respiro, rapporti con i pasti, altri sintomi (come dispnea o nausea) f. carattere: viscerale, pleurico, superficiale g. sintomi e segni associati: febbre, dispnea, sfregamenti apprezzabili dal malato stesso con l’apposizione delle mani sul torace !4 Caratteristiche: 1. dolore pleurico: prevalentemente puntorio, dato dall’interessamento della pleura parietale per pleuriti infettive o neoplastiche; il carattere puntorio si accentua con l’inspirazione 2. dolore della parete toracica: per interessamento dei muscoli e dei nervi intercostali, delle vertebre e delle coste 3. dolore mediastinico: variabile per intensità e carattere, dato da diversi orgnai presenti nella regione Emottisi/emoftoe Consiste nell’espettorazione di sangue: può provenire dalla laringe, trachea, bronchi e polmoni. Si distinguono: a) emottisi: escreato composto per la maggior parte da sangue che origina al di sotto delle corde vocali b) emoftoe: escreato screziato di sangue Le cause principali comprendono: - bronchiectasie - neoplasie - tubercolosi - vasculiti - embolia polmonare - farmaci Esame obiettivo Prima dell’esame obiettivo, ricordiamo i limiti anatomici del torace: • limite superiore: linea cervico-toracica, dal giugulo all’apofisi spinosa di C7 • limite inferiore: linea toraco-addominale, dall’apofisi ensiforme dello sterno a T12 lungo il margine costale 1) Ispezione All’ispezione si deve osservare 1. il soggetto di fronte, di lato e posteriormente, prima nel suo insieme e poi a livello toracico 2. decubito 3. cute e mucose 4. ritmo e tipo di respiro Linee di repere: 1. linea medio sternale 2. linea margino-sternale 3. linea medio-claveare 4. linea clavicolare 5. linea angolo-sternale 6. linea sottomammaria 7. linea xifo-costale Aree di repere: A. sopra-clavicolare B. sottoclavicolare C. mammaria D. ipocondriaca Linee di repere: 1. linea spondiloidea 2. linea paravertebrale 3. linea scapolare 4. linea soprascapolare 5. linea spinosa 6. linea angolare della scapola 7. linea basilare del torace Aree di repere: A. sopra-scapolare B. B1 scapolare sopraspinosa
 B2 scapolare sottospinosa C. interscapolo-vertebrale D. sottoscapolare !5 Osservanzo il soggetto nel suo insieme e a livello toracico, si devono indagare: a) forma del torace, fisiologicamente a cono rovesciato, simmetrico; può mostrare alterazioni come 
 - torace a botte: orizzontalizzazione delle coste tipico dell’enfisematoso 
 - torace carenato: prominenza dello sterno (rachitismo) 
 - tisico: da malnutrizione con riduzione dei diametri sagittali e accentuazione della fossa epigastrica sovraclaveare 
 - pectus excavatum, costituzionale o da ripetuta pressione con arnesi da lavoro 
 - a imbuto (congenito) con infossamento dello sterno, a partire dalla III costa verso il basso b) volume del torace: che può essere 
 • aumentato (innalzamento della spalla e aumento dell’ampiezza degli spazi intercostali): tutto un emitorace o parte di un emitorace 
 • diminuito (abbassamento della spalla e una diminuzione dell’ampiezza degli spazi intercostali) c) simmetria d) espansibilità: che può essere aumentata bilateralmente (es. enfisema), monolateralmente (pneumotorace) o diminuita (es. fibrotorace) e) presenza di tumefazioni (forma, dimensioni, margini etc.) Il decubito viene definito a) attivo, se il paziente è in grado controllare la propria posizione: indifferente (qualsiasi posizione) o obbligato (solo alcune posizioni) b) passivo, se il pz giace prostrato e non è in grado di modificare autonomamente la posizione Tra i decubiti obbligati ricordiamo: • decubito semiortopnoico → grave crisi d’asma, severa riacutizzazione di BPCO: pz seduto, gambe a penzoloni, mani aggrappate ai bordi del letto per escursioni più ampie del diagramma e messa in azione dei muscoli respiratori accessori • decubito laterale obbligato → pleuriti, versamento pleurico, ascessi e bronchiectasie: pz sul lato malato per ridurre le escursioni della parete toracico dal lato della lesione, per aumentare la ventilazione del lato sano o per evitare il deflusso di pus nell’albero bronchiale L’osservazione di cute e mucose è importante e si possono riscontrare: - aumentato pallore → soggetti con forte emottisi - colorito acceso del volto → soggetti pletorici ed enfisematosi - cianosi, colorito bluastro di cute e mucose (quando il sangue capillare contiene ≥ 5 gr di Hb ridotta): 
 cianosi centrale, da insufficiente ossigenazione del sangue (malattie cardio-polmonari gravi) 
 cianosi periferica, da aumentata estrazione di O2 dai tessuti (stasi del circolo) solitamente alle estremità 
 cianosi mista - ippocratismo digitale → dita a bacchetta di tamburo e unghie a vetrino di orologio (fibrosi cistica, carcinoma bronchiale, bronchiectasie, …) - s. di Claude-Bernard-Horner → enoftalmo, miosi e ptosi palpebrale, data da compressione delle fibre simpatiche da parte dei linfonodi laterocervicali ingrossati (tumore polmonare) Quindi, si passa alla valutazione del respiro: a) frequenza e ampiezza: si distingue un respiro eupnoico (14-18 atti/min) da - tachipnea: respiri frequenti e superficiali, > 20 atti/min - polipnea: aumento della ventilazione (volume/min) - iperpnea: aumento dell’ampiezza degli atti respiratori - bradipndea: diminuizione della frequenza degli atti respiratori b) ritmo • Respiro di Cheyne-Strokes: graduale aumento della profondità !6 modificabili con la tosse, un tempo descritti come il rumore provocato dallo sfregamento dei capelli vicino alle orecchie, insufflazione di acini atelettasici o apertura di bronchioli collassati. 4. rumori pleurici: sono determinati dagli sfregamenti pleurici. Durante lo scorrimento respiratorio delle lamine pleuriche divenute ruvide e irregolari per deposizione di essudati fibrinosi. Si determinano in corso di pleuriti di natura infettiva, traumatica o neoplastica. Si percepiscono sia ia in fase inspiratoria sia in fase espiratoria e sono più evidenti nei campi latero-inferiori dove è più ampio lo scorrimento delle lamine pleuriche. 5. rumori laringei: si tratta di un rumore stridulo, prolungato, prevalentemente inspiratorio, udibile anche a distanza; spesso associato a rientramenti inspiratori del giugulo (tirage), può essere causato da spasmo o edema della glottide o da corpo estraneo. 
 !9 Fisiologia apparato respiratorio L’apparato respiratorio ha la funzione di garantire la respirazione, processo con cui viene permesso uno scambio gassoso tra sangue e ambiente in modo da fornire ossigeno ai tessuti e eliminare anidride carbonica dall’organismo (formata in seguito al metabolismo). In realtà, però, svolge anche altre funzioni: - funzione respiratoria (scambio gassoso) - regolazione pH corporeo - protezione da patogeni - vocalizzazione La funzione respiratoria rimane la più importante: si riconoscono 4 fasi della respirazione 1. ventilazione polmonare, con cui l’aria si muove dall’esterno all’interno dei polmoni (e viceversa), 2. diffusione alveoli-sangue, ossia movimento di O2 e CO2 attraverso la membrana respiratoria, 3. trasporto dei gas nel sangue, che dipende dalla funzione di pompa cardiaca e dai livelli di Hb (quindi condizioni di anemia o alterata funzione cardiaca possono compromettere la respirazione) 4. diffusione sangue-tessuti e utilizzazione di O2 (e produzione di CO2) Anatomia dell’apparato respiratorio Da un punto di vista anatomico, l’apparato respiratorio è una struttura che, insieme al cuore, al mediastino e alla parete toracica, costituisce un sistema complesso formato da elementi strettamente interconnessi tra loro (alterazioni patologiche di uno avranno ripercussione sugli altri). L’apparato respiratorio è composto da diverse strutture: a) gabbia toracica b) vie aeree c) polmoni d) pleura e) componente muscolare f) linfonodi g) circolo polmonare La gabbia toracica è una struttura ossea situata nel torace formata - posteriormente: 12 vertebre toraciche (T1-T12) - postero-anteriormente: 12 paia di coste articolate posteriormente con le vertebre toraciche e poi, le prime 7 anteriormente con lo sterno, dall’VIII°-X° con la settima, le ultime due XI e XII fluttuanti - anteriormente dallo sterno, distinto in manubrio, corpo e appendice xifoide Le vie aeree vengono distinte in a) vie aree superiori: bocca, cavità nasali e paranasali, faringe e laringe !10 b) vie aree inferiori: trachea, bronchi e ramificazioni. 
 Si dividono in 
 • zona di conduzione: bronchi e bronchioli terminali 
 • zona respiratoria (luogo dello scambio gassoso): bronchioli respiratori e sacchi alveolari Il punto di passaggio tra superiori e inferiori sono le corde vocali: tutto ciò che è al di sopra è competenza dell’otorino, tutto ciò che è al di sotto dello pneumologo. A livello delle alte vie aeree in un certo senso il flusso di aria viene ostacolato da diverse strutture (es. nei seni paranasali) e questo determina un moto vorticoso che ha lo scopo di rimuovere dall’aria tutte le particelle che noi inaliamo; contemporaneamente l’aria viene riscaldata e umidificata. Al di sotto della laringe (vie aeree inferiori) il moto diventa moto laminare e il sistema di protezione principale a questo livello è il complesso muco-ciliare. I bronchi principali sono strutture di grosso calibro (1,5-2 cm) che si diramano per 17-24 volte in strutture bronchiolari di calibro via via ridotto fino ad arrivare ai bronchioli terminali, la porzione più piccola delle vie aeree che non partecipa agli scambi. Ciascun bronchiolo terminale si dirama poi in 2 bronchioli respiratori (bronchioli con qualche alveolo) che a loro volta si dividono in 2-10 condottini alveolari con i sacchi alveolari. Gli alveoli, che prima si pensava fossero delle entità chiuse, si è scoperto che hanno rapporto anche con altri alveoli di altri lobuli polmonari attraverso i fori di Konn, che permettono la così detta “respirazione collaterale”. Gli alveoli alla nascita sono 30-50 milioni mentre nell’adulto 500 milioni e formano una superficie totale di circa 70-80 m2 (un campo da tennis). Sono rivestiti per l’80% dai capillari polmonari e ogni sacco alvolare riceve sangue da un singolo capillare. Gli alveoli sono costituiti da: 1. pneumociti di I tipo: molto sottili, importanti per garantire la velocità dello scambio gassoso, rivestono la maggior parte dell’alveolo 2. pneumociti di II tipo: più rilevate, due funzioni 
 • contengono granuli e secernono surfactante, un potente tensioattivo che protegge gli alveoli mantenendoli aperti durante la fase di espirazione (poichè durante questa fase gli alveoli tenderebbero a collassare) 
 • attività proliferativa intrinseca molto elevata (si crede che possano differenziale in fibroblasti in particolari patologie) 3. macrofagi: importanti per la rimozione di corpi estranei 4. cellule endoteliali (della parete capillare) Mentre nell’ambiente interstiziale tra gli alveoli si trovano fibre elastiche (elastina - visto che le pareti alveolari non possiedono muscolatura, l’elastina circostante è fondamentale per garantire la distensione del tessuto polmonare) e capillari alveolari. Gli scambi gassosi avvengono per diffusione attraverso la membrana respiratoria (alveolo-capillare) che ha uno spessore ridotto (da 0,1 a 1,5 µm) ed è formata da • spazio aereo dell’alveolo - surfactante - pneumociti - fusione membrane basali !11 Meccanica respiratoria Il meccanismo alla base della ventilazione dipende da contrazione-rilasciamento muscolare e dal movimento della gabbia toracica che generano variazioni del volume toracico. L’inspirazione (fase attiva) è un movimento attivo in cui il volume toracico aumenta circa del 20%: • contrazione diaframma (si muove in direzione causale) → aumenta diametro dall’alto in basso • contrazione m. intercostali esterni e m. scaleni (si muovono verso l’alto e verso l’esterno) → aumenta diametro antero posteriore il risultato è un aumento del volume toracico: per la legge di Boyle (PV=cost), all’aumentare del volume diminuisce la pressione intrapolmonare e quindi l’aria entra (inspirazione). La direzione dei gas segue il gradiente pressorio, da pressione > a pressione <. Nell’inspirazione si distinguono due fasi I. prima fase: in cui si contrae la porzione tendinea del diaframma (punto fisso la periferia, le coste) II. seconda fase: si contrae la muscolatura intercostale / scalena, punto fisso il centro tendineo e conseguente sollevamento e adduzione delle coste L’espirazione, invece, è un evento passivo causato dal rilassamento muscolare: • rilassamento diaframmatico (si dirige verso l’alto) • rilassamento m. scaleni e m. intercostali esterni che determina riduzione del volume toracico (favorito dal ritorno elastico polmonare), aumento della pressione intrapolmonare e uscita dell’aria. Con l’espirazione forzata, il volume si ridurrà in maniera più marcata, aumentando notevolmente la pressione intrapolmonare e determinando una maggior fuoriuscita dell’aria dai polmoni verso l’esterno. Regolazione della respirazione La respirazione è un sistema regolato per garantire eliminazione di CO2, assunzione di O2 e mantenimento del pH. I siti di controllo della respirazione sono i centri respiratori (o centri del respiro), differenti nuclei a livello di bulbo e ponte che regolano e modificano il ritmo del respiro in risposta a diverse afferenze (vedi dopo) e dopo l’elaborazione delle informazioni ricevute, i nuceli stimolano i muscoli respiratori attraverso vie discendenti. !14 Centri del respiro: a) bulbo: controllano inspirazione ed espirazione, regolando il ritmo della respirazione a riposo 
 • centro inspiratorio (VRG, ventral respiratory group): regione ventrale del bulbo 
 • centro espiratorio (DRG, dorsal respiratori group): regione dorso-laterale del bulbo b) ponte: regolano frequenza e profondità del respiro 
 • centro apneustico: aumenta la profondità (inspirazione), regione medio-inferiore del ponte 
 • centro pneumotassico: aumenta la frequenza (diminuisce l’inspirazione inibendo il centro apneustico), regione superiore del ponte Le afferenze che raggiungono i centri del respiro e modificano la respirazione sono differenti: a. chemocettori periferici: glomi aortico e carotideo → stimolati da ↓pH (acidosi), ↑pCO2 (ipercapnia) e ↓pO2 (ipossia). N.B: Bastano piccolissime ∆pCO2 e ∆pH per variare la ventilazione. 
 N.B: l’iperventilazione è stimolata da ipossia e ipercapnia; tuttavia, per un auemnto eccessivo di CO2 (≥ 65 mmHg - così come accade per eccessi di O2) i centri respiratori vengono inibiti: per questo motivo, in condizioni di grave compromissione respiratoria, ipossiemia e ipercapnia possono mandare segnali contrastanti ai centri respiratori compromettendo ulteriormente il quadro. b. chemocettori centrali: superficie ventro-laterale del bulbo → stimolati da alterazioni del pH nel liquido cefalorachidiano (n.b: gli ioni H+ essendo carichi non possono attraversare la barriera ematoencefalica quindi il chemocettore centrale risponde indirettamente alla CO2 attraverso gli ioni H+ che si formano nel liquor); tuttavia, come in tutte le strutture del SNC, la stimolazione cronica del recettore determina desensibilizzazione. c. afferenze propriocettive: meccanocettori polmonari → a livello polmonare ci sono diversi meccanocettori. 
 I meccanocettori alveolari e bronchiali informano sullo stato di pressione e tensione che l’aria esercita sulle pareti: un’eccessivo stimolo porta all’attivazione di riflessi periferici che, attraverso vie afferenti vagali, giungono a livello centrale e arrestano la respirazione. Il riflesso di Hering-Breurer è un meccanismo di difesa dato proprio da un’eccessiva distensione alveolare che determina un blocco del respiro. 
 Ci sono poi recettori liberi nella parete bronchiale che partecipano a meccanismo riflessi come la tosse. 
 Ci sono recettori iuxtacapillari all’interno del tessuto interstiziale che forniscono informazioni sull’eventuale presenza di edema intestiziale. 
 Ci sono propriocettori muscolari (localizzati sui muscoli respiratori) che forniscono informazioni propriocettive dai corpuscoli tendinei al SNC. d. centri superiori: controllo volontario: l’attività respiratoria può essere controllata attraverso sistemi piramidali, tuttavia l’attività volontaria è sempre subordinata all’attività involontaria (affinchè non si smetta mai di respirare). e. altro: 
 - ormoni (ormoni tireoidei - crisi tireotossiche determinano iperventilazione) 
 - temperatura corporea (aumento della T aumenta la freq respiratoria) 
 - stimoli di tipo neuroadrenergico (ansia e paura aumentano la freq respiratoria) Pressioni Come abbiamo precedentemente accennato, i polmoni sono avvolti dalla membrana pleurica, è un rivestimento formato da due foglietti sierosi (uno parietale adeso alla cavità toracica e uno viscerale adeso al polmone) all’interno dei quali è presente uno spazio che ospita il liquido pleurico: si tratta di circa 7-10 ml di liquido (molto poco) che agisce da lubrificante, permettendo lo scorrimento dei due foglietti durante la respirazione, e aumenta la forza di adesione tra polmoni e parete toracica. La pressione intrapleurica è una pressione negativa di -4/-5 mmHg a riposo e -8/-10 mmHg in inspirazione, fondamentale affinchè a riposo si instauri un equilibrio tra le forze di polmone e gabbia toracica Normalmente infatti, il polmone e la gabbia toracica hanno tendenza opposta: !15 - la retrazione elastica del polmone genera una tensione verso l’interno, quindi è una forza che tenderebbe a farlo collassare - le retrazione elastica della gabbia toracica, invece, tende a tirare la parete toracica verso l’esterno (verso l’iperestensione) La pressione negativa intrapleurica è fondamentale proprio perchè agisce “modi ventosa” stabilendo un equilibrio tra queste due strutture, impedendone il collasso e l’iperestensione. Lo pneumotorace è una condizione in cui la cavità pleurica entra in comunicazione con l’atmosfera, l’aria vi fluisce dentro e questa perdita della pressione negativa determina un completo collasso polmonare e una lieve espansione toracica. La pressione alveolare è invece la pressione all’interno degli alveoli e, in condizioni di flusso nullo, è uguale alla pressione esterna atmosferica quindi di 0 cmH2O . Scambi gassosi Il movimento dei gas dipende principalmente da due parametri propri del gas stesso: • gradiente pressorio → i gas si muovono per diffusione passiva (da alta a bassa pressione) • solubilità → 20 volte maggiore per l’anidride carbonica rispetto all’ossigeno La composizione dei gas respiratori è molto diversa: le variazioni proseguendo lungo le vie di conduzione dipendono dall’aggiunta di vapore acqueo e anche dalla presenza di un volume residuo a cui l’aria inspirata si mischia. A livello alveolare l’aria è satura di vapore acqueo (47 mmHg) e per questo nel passaggio dall’esterno all’interno la pO2 cala (da 159 a 100 mmHg). Inoltre, a seguito di un’espirazione il polmone non si svuota completamente: rimangono 3L (capacità funzionale residua) a seguito di una normale espirazione e 1,5 L (volume residuo) a seguito di un’espirazione masimale. Le pressioni parziali di ossigeno e anidride carbonica nei diversi compartimenti sono le seguenti: !16 Per quanto riguarda l’aria espirata secca questa avrà - pCO2: 29 mmHg (4,05%) - pO2: 123 mmHg (16,2%) La spirometria e altri test funzionali Cos’è la spirometria? La spirometria è un esame semplice, non invasivo, fondamentale per la diagnosi ed il monitoraggio di numerose malattie dell’apparato respiratorio. Viene eseguita con uno strumento detto appunto "spirometro" che consiste in un misuratore del flusso (pneumotacografo) o del volume (spirometro) di aria mobilizzata, collegato ad un computer che trasforma il segnale in valori numerici ed in immagini grafiche. Il computer calcola i valori spirometrici teorici previsti per il paziente in base ad età, sesso, razza ed altezza e li compara con quelli rilevati.  La spirometria è un esame fondamentale in pneumologia perchè permette di ottenere caratteristiche funzionali del paziente, statiche (volumi) e dinamiche (flusso), permettendo di correlare informazioni cliniche a dati oggettivi. Esistono due tipi principali di spirometrie: la spirometria semplice e la spirometria globale o completa. La spirometria semplice consente di studiare principalmente i deficit ostruttivi del sistema respiratorio come l’asma e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) dove vi è principalmente una limitazione della capacità espiratoria; mentre la spirometria globale consente di identificare i deficit di tipo restrittivo dove vi è l’incapacità di tutto il sistema toraco-pol- monare di mobilizzare adeguatamente i volumi d’aria. Per valutare invece la perfusione bisogna utilizzare tecniche più particolari come lo studio della diffusione alveolo-capillare. La spirometria si esegue all’interno di una cabina pletismografica, una cabina chiusa che sfrutta la legge di Boyle per valutare la funzione respiratoria globale: p1V1 = p2V2. In questo modo vengono messi in relazione il volume di aria nei polmoni dell’uomo, il volume di aria nella cabina, la pressione nella cabina e la pressione all’interno della bocca (che è la pressione delle vie aeree profonde). Di fondamentale importanza è la curva flusso-volume che vado ad ottenere. Per eseguire una spirometria, è di fondamentale che il paziente collabori e a) prova lenta, la prima parte in cui vengono studiati i principali volumi respiratori 
 - volume corrente 
 - volume di riserva inspiratoria 
 - volume di riserva espiratoria b) prova forzata, in cui è fondamentale la collaborazione: secondo le linee guida, il pz deve compiere un’inspirazione massimale seguita da un’espirazione massimale il più forte possibile e per un tempo il più a lungo possibile, preferibilmente per almeno 6 secondi. L’espirazione finisce quando la pressione alveolare è uguale alla pressione atmosferica. 
 Se la prova non viene eseguita in maniera congrua può allontanare dalla corretta diagnosi. Ricordiamo che l’aria si muove all’interno delle vie respiratorie seguento i gradienti pressori: l’inspirazine è un processo attivo in cui si va a ridurre la pressione itrapolmonare favorendo l’ingresso di aria, l’espirazione è un processo passivo in cui il ritorno elastico polmonare aumenta la pressione intrapolmonare e favorisce il flusso in uscita di aria. Durante l’espirazione, aumenta la compressione dimanica esercitata dal parenchima sulle vie respiratorie: per questo motivo, la parte alta delle vie respiratorie (quella a minor pressione interna) ha uno scheletro cartilagineo per evitare il collasso della parete bronchiale. Si definisce punto di uguale pressione il punto in cui la pressione delle vie aeree (pressione esercitata dal flusso sulle pareti) diventa uguale alla pressione esercitata dal parenchima sulle vie aeree: in condizioni fisiologiche, il punto di egual pressione corrisponde alla regione di passaggio tra vie aeree con struttura cartilaginea e vie aeree senza questa. In questo modo, fisiologicamente le strutture prive di struttura (che hanno pressione interna !19 maggiore) non collassano in espirazione. In presenza di malattie ostruttive, però, cioè che accade è che aumenta la pressione esercitata dal parenchima a causa di un maggior sforzo espiratorio: il risultato è che il punto di egual pressione si sposta verso il basso (a valle), e questo determina collasso delle strutture prive di struttura cartilaginea. Indicazioni della spirometria Diagnostiche • Valutazione di segni e sintomi polmonari • Misura della alterazioni funzionali conseguenti a malattie (quindi valutazione della concordanza tra quadro clinico e quadro funzionale) • Screening di pazienti a rischio, soprattutto fumatori e pz con rischio occupazionale (esposti a fattori tossici e pericolosi) • Valutazione preoperatoria, molto importante perchè il chirurgo deve conoscere la funzionalità polmonare • Valutazione prognostica • Valutazione funzionale per attività sportiva Monitoraggio: eseguito attraverso spirometrie comparate • Controllo degli effetti della terapia • Valutazione della evoluzione del danno funzionale • Monitoraggio di soggetti a rischio per esposizione occupazionale Valutazione dell’invalidità polmonare • Per la preparazione di programmi riabilitativi • Per valutazioni medico-legali Epidemiologiche • Per la interpretazione di altri tests funzionali Controindicazioni Le principali controindicazioni all’esecuzione della spirometria sono: - emottisi - pneumotorace - recente intervento addominale/toracico - trauma toracico - recente intervento agli occhi - IMA entro 3 mesi o angina instabile - aneurisma toracico Volumi polmonari e ventilazione La spirometria è una tecnica utilizzata per la misura dei volumi respiratori e permette di valutare volumi polmonari statici e dinamici. Le prove di funzionalità ventilatoria comprendono: 1) Volumi polmonari statici 2) Volumi polmonari dinamici → test di espirazione forzata !20 3) Test di reversibilità 4) Test di iperreattività bronchiale Volumi polmonari statici Sono quei volumi ottenuti durante la prova lenta, a bassa velocità di flusso aereo e si possono diviere in: a) volumi direttamente misurabili • volume corrente • volume di riserva inspiratoria • volume di riserva espiratoria • capacità vitale b) volomi calcolabili (dai volumi statici misurati si possono ottenere): • volume residuo • capacità funzionale residua • capacità polmonare totale Volume polmonare Definizione Valori medi (mL) volume corrente (VC) Volume di aria che viene mobilizzata in un atto respiratorio tranquillo; comprende volume alveolare e volume morto (nelle vie aeree) VC = VA + VD 500 volume di riserva espiratoria (VRE) Massimo volume espirabile dalla fine della normale inspirazione 1500 volume di riserva inspiratoria (VRI) Massimo volume inspirabile dalla fine della normale inspirazione 3000 capacità vitale (CV) Massimo volume di aria che può essere espirato dopo un’inspirazione massimale 
 CV = VRE + VRI + VC 5000 volume residuo (VR) Volume di aria che resta nel polmone al termine di un’espirazione massimale 1500 capcità funzionale residua (CFR) CFR = VR + VRI + VC Volume presente nei polmoni alla fine di una respirazione normale 2400 capacità polmonare totale (CPT) Massima quantità di aria contenuta nel polmone all’apice di un’inspirazione massimale 
 CPT= CV+VR 6500 !21 durante l'inspirazione che durante l’espirazione. Immagine D. d) ostruzione extratoracica variabile (es. paralisi delle corde vocali): quando una corda vocale è paralizzata, durante l'inspirazione forzata, essa è tirata all'interno, causando un plateau di flusso inspiratorio diminuito, mentre durante l'espirazione forzata, essa viene passivamente spinta di lato e il flusso espiratorio è mantenuto . Immagine E. e) curve scorrette: vedi immagine Sindromi ostruttive I prototipi delle sindromi ostruttive sono la bronchite cronica, l’enfisema e l’asma bronchiale: si tratta di sindromi caratterizzate da difficoltà nel passagio di aria attraverso i bronchi in seguito ad alterazioni del calibro. La patogenesi alla base di queste malattie può essere differente: - spasmo muscolatura liscia (asma bronchiale) - edema della mucosa (patologie infiammatorie) - ipersecrezione delle ghiandole (bronchite cronica) - collasso parete bronchiale In queste sindromi, una delle caratteristiche tipiche è l’incapacità di svuotare l’apparato respiratorio, quindi il rischio che noi corriamo è di non riuscire a buttare completamente fuori l’aria alla fine della respirazione (i polmoni risultano iperinsufflati e i pazienti tendono ad avere il torace a botte) Alterazione morfologica e volumetrica della curva flusso-volume (che però non ci permette di fare diagnosi). Sono caratterizzate da: • FEV1: ridotto (> CV, cioè FEV1 è molto più ridotto rispetto alla CV) • CVF: ridotto o normale • rapporto FEV1/CVF (indice di Tiffenau): ridotto • VR: normale o aumentato (polmoni iperinsufflati) • CPT: normale o aumentato (come conseguenza dell’aumentato VR) • VR/TLC (o indice di Motley o di intrappolamento nelle s. ostruttive): normale o aumentato Per fare diagnosi di sindrome ostruttiva basta valutare una riduzione di FEV1 e dell’indice di Tiffenau (più il valore è ridotto e più la sindrome è severa). Nel caso di una sindrome ostruttiva, è di fondamentale importanza eseguire un test di reversibilità. Sindromi restrittive Sono sindromi caratterizzate da una riduzione bilanciata di tutti i volumi polmonari, statici e dinamici. Poichè la riduzione è globale e bilanciata, gli indici non risultano modificati. La curva flusso-volume mantiene la propria morfologia ma mostra la riduzione dei volumi. Può essere determinata da !24 - asportazine di polmone o lobi - compressione estrinseca (versamento pleurico, ..) - collasso (pneumotorace) o atelectasia (neoplasie) - sostituzione tessuto (interstiziopatie, …) - malattie neuromuscolari Sono caratterizzate da: • FEV1: ridotto • CVF: ridotto • rapporto FEV1/CVF (indice di Tiffenau): normale o addirittura aumentato (perchè a volte diminuisce meno il FEV1 rispetto al CVF) • VR: ridotto • CPT: ridotto • VR/TLC (o indice di Motley): normale Diagnosi differenziale: a) sindrome restrittiva: indici inalterati ma volumi ridotti b) sindrome ostruttiva: indici ridotti e volumi ridotti purtroppo questo non sempre è vero perchè ci sono sindromi “grige” in cui abbiamo sia ostruzione che restrizione e quindi le spirometrie vanno studiate con attenzione. Test di broncodilatazione o reversibilità Si effettua in soggetti con ostruzione bronchiale accertata mediante esame spirometrico, somministrando un farmaco broncodilatatore β2-agonista a breve durata di azione (es.: 400 mcg di salbutamolo) e si ripete la prova di espirazione forzata dopo 15-20 minuti. Nel caso in cui venga riconosciuta la presenza di una patologia ostruttiva alla spirometria, è generalmente indicato eseguire un test di reversibilità dopo una terapia broncodilatatrice: si tratta di un test fondamentale per permettere la diagnosi differenziale tra le condizioni più tipiche che provocano patologia ostruttiva: a) asma bronchiale → positivo al test di reversibilità (è reversibile), la seconda spirometria mostra notevole aumento dei volumi (aumento di FEV1 e/o della CVF) b) bronchite cronica e enfisema → negativi al test di reversibilità poichè in questo caso il danno è irreversibile (talvolta ci possono essere lievi miglioramenti) Il test di reversibilità si esegue a seguito di una prima spirometria somministrando un broncodilatatore β2-agonista a breve durata di azione: si fanno inalare 400 mg di salbutamolo (Ventolin) e poi si ripete la prova di espirazione forzata dopo 20 minuti (tempo necessario affinchè faccia effetto). L’effetto del salbutamolo è mediato dal rilascio della muscolatura liscia bronchiale: l’ostruzione bronchiale presente nell’asma è per definizione responsiva o addirittura reversibile completamente dopo l’utilizzo di farmaci broncodilatatori mentre la responsività al broncodilatatore nei pazienti affetti da BPCO è generalmente meno pronunciata e non associata a reversibilità completa. La reversibilità totale viene definita come l’aumento percentuale (>12%) e assoluto (>200 ml) del FEV1: la reversibilità deve essere definita da entrambi i parametri. Quindi, il test è positivo quando vi sia un ≥ 12% o a ≥200 ml rispetto al basale. A seguito dell’esecuzione del test si possono ottenere 3 risultati: 1. FEV1 aumenta > 12% e > 200 ml rispetto al basale tornando a valori normali (> 80% del predetto) → deficit ventilatorio ostruttivo completamente reversibile (tipico dell’asma bronchiale) !25 2. FEV1 aumenta del 12% o di 200 ml rispetto al basale ma resta < 80% del teorico → deficit ventilatorio ostruttivo parzialmente reversibile (tipico della BPCO parzialmente reversibile) 3. FEV1 aumenta < 12% o < 200 ml rispetto al valore basale → deficit ventilatorio non reversibile (tipico della BPCO non reversibile) Test di provocazione bronchiale Si effettua nei soggetti che si sospetta (anamnesi positiva) essere affetti da iperreattività bronchiale e che presentano un quadro funzionale normale al momento dell’osservazione. Esistono controindicazioni • assolute: VEMS < 50% o < 1 L; IMA nei 3 mesi precedenti; ipertensione non controllata; aneurisma aortico noto • relative: VEMS < 60 % del predetto o < 1.5 L; incapacità di effettuare una manovra corretta; gravidanza; allattamento; terapie con inibitori delle colinesterasi Il test consiste nel far inalare per 2 minuti al soggetto per via aerosolica durante ventilazione un agente broncocostrittore (metacolina, istamina, soluzioni iperosmolari) raddoppiando le concentrazioni (0.03 - 0.0625 - 0.125 - 0.25 - 0.5 – 1 – 2 – 4 – 8 – 16 mg/ml) ogni 5 minuti. Dopo circa 30 e 90 secondi si esegue una spirometria per il calcolo del VEMS: si considera significativa una caduta del VEMS > 20%. Classificazione dei test di provocazione bronchiale: Test di funzionalità polmonare I test di funzionalità polmonare prevedono: • analisi della diffusione (scambi gassosi) • emogas analisi arteriosa Test di diffusione del monossido di carbonio Il processo di diffusione dell’O2 e della CO2 dall’ambiente alveolare al sangue capillare e viceversa si sviluppa attraverso la membrana alveolo-capillare. Lo scambio dei gas attraverso tale barriera avviene tramite il meccanismo della diffusione passiva. I test di diffusione valutano l’integrità di tale membrana. La capacità di diffusione (DL) attraverso i tessuti viene descritta dalla legge di Fick che indica la quantità di gas che passa la membrana nell’unità di tempo: Vgas = A/T x ∆p x D quindi è - direttamente proporzionale alla superficie di scambio, cioè alla superficie del letto capillare (A) in contatto con gli alveoli (portata ematica e contenuto in Hb), alla costante di diffusione del gas (D), ed alla differenza di pressione parziale del gas (Δp) tra i due lati della membrana - inversamente proporzionale allo spessore della membrana (T) !26 sangue arterioso per la valutazione ematica di • paCO2 (press parziale arteriosa) • pO2 (press parziale arteriosa) • pH • bicarbonati (HCO3-) • CO2 totale • eccesso di basi e gap anionico L’emogasanalisi assume un ruolo di primo piano nell’orientamento diagnostico delle patologie polmonari (per esempio diagnosi di insufficienza respiratoria), nei disturbi dell’equilibrio acido-base (acidosi respiratoria e/o metabolica, alcalosi respiratoria e/o metabolica); nelle decisioni relative alla gestione del piano terapeutico al suo controllo e decorso e nel monitoraggio della terapia ventilatoria; inoltre è fondamentale per valutare la necessità dell’ossigenoterapia domiciliare. Prelievo L’emogasanalisi si esegue su prelievo di sangue arterioso (può essere eseguito anche su capillare o venoso ma meglio venoso): il prelievo viene eseguito preferenzialmente a livello dell’a. radiale ma può essere eseguito anche su altri siti a) arteria radiale: l’arteria radiale è il ramo laterale dell’a. brachiale e può essere facilmente apprezzata alla palpazione dell’estremità radiale distale circa 1,5-2,5 cm sopra la piega del polso. Poichè nel suo decorso è accompagnata dal ramo superficiale del n. radiale (innerva superf dorsale di pollice, indice e medio), durante l’esecuzione dell’emogas si potrebbe sollecitare il nervo provocando parestesie. 
 I vantaggi dell’a. radiale come sito di prelievo sono: 
 - facilità di identificazione ed accesso (è superficiale) 
 - emostasi efficace (basta una compressione di pochi min sull’area del prelievo) 
 - assenza di grosse vene contigue 
 - possibilità di incanulazione (per eseguire prelievi multipli) 
 Il test di Allen è una manovra importante per ricercare la pervietà dell’arteria radiale e dell’arteria ulnare. Si procede al test nel seguente modo: 1) si valuta lo stato di perfusione periferica della mano: temperatura, calore, umidità, presenza di anestesia/parestesia e segni di flogosi. 2) si dispongono i pollici sulle arterie radiale ed ulnare e quando il battito di queste è ben percepibile si esercita su di esse una energica compressione contro i piani ossei sottostanti. 3) tenendo premute le due arterie far aprire e chiudere la mano più volte. 4) Con la mano pallida ed esangue, lasciare l’arteria ulnare, mantenendo premuta la radiale, e verificare sia la ricomparsa che il tempo di ricomparsa del roseo cutaneo. 5) Se la cute della mano ritorna rosea entro pochi secondi (circa 3 secondi) dal rilascio dell’arteria ulnare, esiste un buon circolo collaterale (test negativo); in caso contrario il prelievo radiale potrebbe comportare l’ischemia della mano. 
 Se il test di Allen risulta positivo in entrambe le mani, valutare la possibilità di cambiare sito per il prelievo. b) arteria brachiale: è l’arteria principale del braccio, si apprezza facilmente alla palpazione (a livello della piega del gomito medialmente al tendine d’inserzione del bicipite brachiale). Medialmente all’arteria brachiale si trova il nervo mediano (un nervo misto) che innerva l’avambraccio (innervazione motrice) e la metà laterale del palmo della mano (innervazione sensitiva), anche in questo caso poiché la sollecitazione di questo importante nervo durante l’esecuzione di un emogas può portare a importanti ripercussioni sensitivo-motorie dell’avambaccio. 
 I vantaggi che presenta questo sito riguardano soprattutto la sua maggior indentificabilità con la palpazione (ha un calibro maggiore rispetto alla radiale). c) arteria femorale: È il tronco arterioso principale dell’arto inferiore. Si identifica a livello del triangolo di scarpa, rimane coperta dalla cute, dal sottocute e dal foglietto superficiale della fascia lata. I punti di repere sono rappresentati dalla spina ilaca anteriore superiore dalla sinfisi pubica e dal legamento !29 inguinale; il vaso arteriosa si identifica a livello dei 2/3 mediali del legamento inguinale. Per effettuare il prelievo il paziente deve essere posizionato supino con coscia semiabdotta e gamba semiflessa. I vantaggi che presenta questo sito sono legati al calibro dell’arteria e dalla posizione superficiale rispetto al piano cutaneo; tra gli svantaggi la presenza della vena femorale medialmente (quindi il rischio di incanulare un vaso venoso). Controindicazioni Si dividono in: a) assolute: arteriopatia periferica b) relative: pz non collaborante, ecchimosi importanti sull’area del prelievo, coagulopatie (cautela nei pz con tube della coagulazione, applicare emostasi dopo prelievo 5-6 minuti) Tecnica Si estende il polso (o il braccio) del paziente e se necessario si posiziona un supporto sotto il polso per permettere che l’arteria sia più facilmente palpabile. Viene localizzata l’arteria prescelta per il prelievo con le pulsazioni del battito (al polso per la radiale e alla piega del gomito per la brachiale), valutando palpatoriamente (con due dita) la sede e il decorso del vaso arterioso. Con le garzine imbevute di disinfettante si deterge l’area del prelievo. Si identifica il punto del prelievo mantenendo come repere il tratto dell’arteria compreso tra l’indice e il dito medio della mano dominante. Si procede al prelievo con la siringa da emogas in aspirazione (con lo stantuffo sollevato e portato a 1-1,5mL), l’inclinazione dell’ago deve essere il più possibile perpendicolare al piano cutaneo, di solito con una inclinazione di 45 gradi. L’entrata dell’ago nel vaso a volte può essere avvertita dall’operatore, ma di solito viene riconosciuta dalla lenta immissione si sangue nella siringa. Vengono estratti pochi mL si sangue arterioso (1-1,5 max fino a 4mL). E’ importante durante l’esecuzione del prelievo non aspirare mai con lo stantuffo ma lasciare che la siringa venga riempita dal sangue. Si estrae la siringa e mediante una garzina, applicata per circa 2 minuti, si effettua una pressione diretta sul punto del prelievo al fine di evitare la formazione dell’ematoma. Coprire la zone del prelievo con un cerotto una volta che si è verificata l’emostasi. Insieme al sangue prelevato vengono aggiunti anticoagulanti (eparina). N.B: chiunque faccia il prelievo non deve far entrare aria altrimenti si alterano i gas. Possibili complicanze sono rappresentate da - dolore e senso di disagio durante il prelievo - vasospasmo - ematoma, emorragia o infezione nella zona del prelievo - deficit neurovascolare Valori di normalità La pO2 nei soggetti anziani può essere ridotta fisiologicamente. La pO2 è correlata all’età: 109 - (0,43 x età) ± 4. L’eccesso di basi (BE) è la quantità di acido che serve per portare il pH a valore di normalità e si valuta prevalentemente nelle forme metaboliche, non in quelle respiratorie. Controllo del pH I due apparati principalmente coinvolti nel controllo del pH sono l’apparato renale e l’apparato respiratorio: Sangue arterioso Sangue venoso pH 7,35-7,45 7,33-7,43 paO2 80-100 mmHg 30-50 mmHg paCO2 35-45 mmHg 38-50 mmHg HCO3- 22-26 mEq/L BE -1 / +1 !30 a) apparato respiratorio: controlla il pH controllando i livelli di paCO2. L’anidride carbonica, a differenza dell’O2, non viaggia legata all’Hb ma viaggia disciolta in circolo ed in equilibrio nella reazione CO2gas ⇄ CO2+H2O ⇄ H2CO3 ⇄ H++ HCO3-. Per questo motivo è un determinante fondamentale del pH. Quindi, 
 • iperventilazione → riduzione CO2 (eq. verso sinistra)→ alcalinizzazione (alcalosi respiratoria) 
 • ipoventilazione → aumento CO2 (eq verso dx) → acidificazione (acidosi respiratoria) b) apparato renale: controlla il pH attraverso 
 • assorbimento o escrezione di bicarbonato a livello del tcp 
 • favorendo escrezione di H+ ed acido nel tcd 
 • regolando assorbimento ed escrezione di elettroliti 
 Questi meccanismi sono molto efficaci ma i controllo renale è molto più lento di quello polmonare, i sistemi entrano in azione poche ore dopo ma risultano efficaci a 48h - 5 gg dall’instaurarsi del disturbo. Quindi, reni e polmoni sono in grado di regolare • pCO2 • HCO3- proprio i due costituenti dell’eq. di Henderson-Hasselbach. In entrambi i casi la reazione principale è quella del tampone bicarbonato: è importante considerare che il tampone viene consumato e quindi, affinchè possa continuare a svolgere la sua funzione, è fondamentale che i suoi costituenti vengano ricostruiti. Per questo motivo, il limite del tampone bicarbonato è la sua concentrazione. Molto importante sottolineare l’esistenza di disturbi misti: un esempio possono essere le patologie croniche respiratorie (es. BPCO) che possono determinare un’acidosi respiratoria cronica che viene compensata dall’apparato renale (con alcalosi metabolica). Il risultato è il raggiungimento di valori di pH normali che però possono nascondere parametri alterati. Inoltre, ricordiamo che se anche la pO2 non ha un ruolo diretto nell’alterare l’equlibrio acido-base, le condizioni di ipossia (spesso dovute ad alterazioni respiratorie) possono avere conseguenze metaboliche a livello renale (l’ipossia riduce la funzionalità dell’organo) e quindi anche in questo caso possono poi insorgere disturbi misti. Disordini dell’equilibrio acido-base a. pH < 7,35 → acidosi: metabolica o respiratoria b. pH > 7,45 → alcalosi: metabolica o respiratoria Le alterazioni respiratorie, invece, comprendono modifiche della funzionalità respiratoria e possono essere acute o croniche. Caratteristiche: • acidosi respiratorie: pH<7,35, aumento della pCO2 (causa) e bicarbonati costanti nella fase acuta e aumentati nella cronica (compensatorio); (↓pH ma ↑pCO2 e ↑HCO3-) • alcalosi respiratorie: pH>7,45, riduzione della pCO2 (causa) e diminuzione dei bicarbonati (compensatorio); ( ↑pH ma ↓pCO2 e ↓HCO3-) Le alterazioni metaboliche comprendono principalmente modifiche del metabolismo (che alterano il tampone bicarbonato) ma anche alterata funzionalità renale o GI; rientra in questo ambito tutto ciò che non è respiratorio. Caratteristiche: • acidosi metaboliche: pH<7,35 e riduzione dei bicarbonati (causa) e riduzione della pCO2 (compensatoria); (↓pH, ↓ HCO3-, ↓pCO2) • alcalosi metaboliche: pH>7,45, aumento dei bicarbonati (causa) e aumento della pCO2 (compensatorio); (↑pH, ↑HCO3-, ↑pCO2) !31 sviluppare insufficiena respiratoria notturna, nonostante questa sia tipica di nu gruppo di patologie particolari definire “disturbi respiratori del sonno”. Un ecocardiogramma potrebbe essere indicato per identificare il cuore-polmonare cronico. Meccanismi fisiopatologici I meccanismi fisiopatologici alla base dell’insufficienza respiratoria possiamo ricondurli ad alcune grandi cause: 1) alterazione del rapporto ventilazione/perfusione per ipoventilazione (e shunt artero-venoso) o ipoperfusione 2) alterazione degli scambi alveolari (es. interstiziopatie) 3) alterazione della pompa respiratoria Ricordiamo che tutti questi eventi possono determinare ipossia mentre l’ipercapnia è determinata principalmente da ipoventilazione e alterazioni del rapporto ventilazione/perfusione. Il rapporto ventilazione/perfusione in condizioni normali è 0,8 (perchè non tutto il polmone è ventilato e perfuso allo stesso modo). Due esempi in cui risulta alterato sono: - difetto completo di ventilazione ma perfusione mantenuta → rapporto ridotto 
 Possibili cause: 
 • alveoli ripieni. Es: polmonite e conseguente alveolite (elementi cellulari e liquido nell’alveoli) o edema polmonare acuto (liquido negli alveoli) 
 • alveoli privi di aria. Es. chiusura di un bronco meccanico-ostruttiva (determina a valle atelettasia polmonare) 
 L’effetto per cui il sangue non viene ossigenato perchè gli alveoli non sono ventilati prende il nome di effetto shunt perchè il sangue rimane deossigenato come si ci fosse uno shunt - alveoli iperventilati ma non perfusi → rapporto aumentato 
 Causa: tutto quello che ostruisce la circolazione polmonare, quindi prima tra tutte l’embolia polmonare. 
 E’ un fenomeno definito effetto spazio morto: gli alveoli sono ossigenati ma non partecipano agli scambi. Per quanto riguarda la disfunzione di “pompa respiratoria”, dobbiamo ricordare che la respirazione dipende da una struttura osteo-muscolare che, se disfunzionante, può determinare insufficienza respiratoria per ridotta mobilità della gabbia toracica, ridotta escursione polmonare, ridotta ventilazione alveolare. Sono solitamente forme accompagnate da aumento della pCO2 (tipo 2). La disfunzione di pompa può essere causata da cause extrapolmonari come: alterata innervazione muscolare, malattie muscolari (come SLA, miastenia, miotonie), dismorfismi della gabbia toracica, alterazioni della meccanica per altre cause (es. obesità). A livello sistemico, l’insufficienza respiratoria può determinare una disfunzione multiorgano: gli organi che risentono maggiormente dell’ipossia sono 1. cuore → cuore polmonare (vedi dopo) e insufficienza cardiaca: a livello cardiaco si sviluppano 1) sofferenza ipossica del miocardio → ridotta forza contrattile → insufficienza cardiaca 2) aritmie (> fibrillazione atriale) 2. cervello → encefalopatia respiratoria data da danni acuti e cronici per ipossia e ipercapnia: disturbi del sonno e risvegli improvvisi, sonnolenza diurna, difficoltà nella concentrazione, alterazione delle funzioni cognitive a lungo termine, danno cronico anatomo-funzionale 3. rene → insufficienza renale (per riduzione del filtrato glomerulare a causa dell’ipoperfusione) Il cuore polmonare è una condizione in cui si ha una dilatazione delle camere destre del cuore per un problema polmonare, può essere acuta (es. per embolia polmonare) o cronica (es. per insufficienza respiratoria). !34 Il meccanismo per cui si sviluppa il cuore polmonare cronico in insufficienza respiratoria è determinato da un aumento delle resistenze polmonari che inducono un aumentato sforzo del cuore destro per pompare il sangue all’interno della piccola circolazione: le resistenze aumentano per a) ipossiemia → aumentata EPO renale → poliglobulia → aumentata viscosità → aumento delle resistenze b) ipossiemia → vasocostrizione polmonare → ipertrofia mm liscia e fibrosi intimale → aumento delle resistenze c) ipossiemia → aumento della FC → aumento del flusso polmonare → aumento delle resistenze Normalmente il cuore destro si trova a dover pompare il sangue in un circolo a bassa pressione (circa 10 volte minore di quella sistemica), di circa 12 mmHg: in questo caso l’aumento delle resistenze può portare questo valore quasi a quello del circolo sistemico (es. 100 mmHg di pressione polmonare). Il risultato è un’enorme fatica da parte del cuore destro e dilatazione delle camere (visibile all’ecocardiogrmama): le manifestazioni caratteristiche prevedono come conseguenza - turgore delle giugulari - epatosplenomegalia - edemi declivi N.B: il cuore polmonare, e quindi l’ipertensione polmonare, è un segno di compenso (il cuore sta cercando di compensare). Sintomi Le manifestazioni cliniche dell’insufficienza respiratoria sono causate dall’ipossia, dall’ipercapnia e dalle alterazioni dell’eq acido-base (acidosi respiratoria). Nella tabella sono indicati i sintimi dati da ipossia e da ipercapnia (alcuni condivisi). La cianosi è di tipo centrale (determinata da ipossiemia) e compare quando i livelli di Hb ridotta > 5 g / 100 ml. L’ipercapnia determina letargia e vasodilatazione: a livello cerebrale può dare alterazioni del sensorio fino a coma ipercapnico. E’ importante ricordare e sottolienare che gli effetti dell’ipossia e dell’ipercapnia su un soggetto dipendono ampiamente anche dalla sensibilità del soggetto: per sempio - un pz con patologia respiratoria cronica, abituato a valore di pCO2 superiore alla norma, più difficilmente andrà incontro a compa ipercapnico rispetto ad un soggetto che improvvisamente sviluppa ipercapnia - un soggetto abituato a vivere ad alta quota, dove le pO2 sono minori, ovviamente avrà attivato meccanismi di compenso che gli permettono di non avere conseguenze cliniche per riduzione di pO2 entro certi limiti Terapia Dal punto di vista terapeutico si distinguono forme acute e forme croniche. Ad oggi l’ossigenoterapia costituisce uno degli interventi terapeutici elettivi in tutte le situazioni cliniche caratterizzate da insufficienza respiratoria acuta e cronica e ipossia marcata. Ipossia Ipercapnia Confusione Confusione Tachicardia Tachicardia Irrequietezza Sonnolenza Incoordinazione motoria Sudorazione Vasocostrizione, lieve ipertensione Vasodilatazione, lieve ipotensione Cianosi Tremori, coma !35 Le forme acute prevedono il trattamento repentino della patologia di base e nelle fasi precoci correggere ipossiemia ed eventuale ipercapnia. Nelle forme croniche il trattamento prevede - ossigeno terapia - ventilazione meccanica domiciliare: ↑QoL, ↓ fatica muscolare, ↓ ospedalizzazione, ↑ sopravvivenza (richiesta spesso nelle malattie neuromuscolari o nella BPCO in fase avanzata con ipercapnia) - somministrazione di broncodilatatori: β2 agonisti per aerosol, anticolinergici, corticosteroidi - prevenzione delle infezioni: terapia antibiotica nella prevenzione delle riacutizzazione nei pz con malattie respiratorie croniche - nutrizione (dieta ipercalorica): lipidi riducono il quoziente respitatorio (O2 prodotta / O2 consumata) - trattamento del cuore polmonare cronico: a) O2 terapia, b) vasodilatatori (Ca antagonisti e nitroderivati), c) diuretici - fattori attivi sulla clearance muco-ciliare: ↓ viscosità muco (es. N-acetil cisteina: rompe ponti disolfuro) Terapia insufficienza di tipo 1 L’insufficienza respiratoria di tipo 1 cronica si tratta con l’ossigeno terapia a lungo termine (Long Term Oxygen Therapy o LTOT) secondo una modalità continuativa (per almeno 15 h al giorno): l’obiettivo è riportare pO2 > 65 mmHg e SaO2 > 90%. Le linee guida prevedono la somministrazione di LTOT in pazienti con ipossia continua, cioè - pO2 < 55 mmHg o SpO2 < 88% documentati con EGA in serie a distanza di 2 sett per almeno 2 mesi - oppure pO2 tra 56-65 mmHg associata a uno dei seguenti: 
 • policitemia (Ht > 55%), 
 • ipertensione polmonare a riposo (p > 25 mmHg) 
 • cuore polmonare cronico (segni clinici, ECG o ecocardio) 
 • cardiopatia ischemica 
 • segni clinici di ipossia cerebrale quindi la somministrazione di LTOT è indipendente dai valori di pCO2 Nei pz con ipossia intermittente, invce, bisogna fare uno studio più preciso: - esame polisonnografico (saturazione nel sonno) → rilevante se SaO2 < 90% per più del 30% del sonno - esame da sforzo → rilevante se SaO2 < 90% LTOT E’ l’unica terapia che abbiamo a disposizione per l’insufficienza respiratoria e determina miglioramento della sopravvivenza a 5 anni, miglior qualità di vita, riduzione dei costi e delle problematiche sistemiche nel pz. Una volta somministrata, i pz vengono sottoposti a follow-up perchè il miglioramento della condizione potrebbe permettere una riduzione della terapia: il follow-up, che naturalmente prevede l’EGA, viene eseguito valutando due aspetti 1. attività fisica → test del cammino 6 minuti → si valutano i parametri in esercizio fisico 2. saturimetro notturno → si valutano i parametri durante la notte (perchè fisiologicamente durante la notte c’è un lieve decremento di pO2 e incremento di pCO2) Esistono 3 diverse sorgenti di ossigeno per la terapia a lungo termine 1) ossigeno gassoso → bombolone bianco (70 kg) che si compra in farmacia (ricetta rossa - tutti i medici). 
 Limiti: ingombrante e ridotta autonomia (di solito si prescrive al bisogno) Contengono circa 3.000L e danno un flusso di 2-4 L/min quindi durano poche ore. 2) ossigeno liquido → il più usato in cronico, prescritto dallo specialista; il pz possiede un bombolone madre (50 kg) e poi uno stroller (2-3 kg), cioè l’unità portatile che è come se fosse una bottiglia che va riempita regolarmente (durata di 4-5 h). Durata complessiva della bombola 21-28 giorni. 3) concentratori di ossigeno → sono dei macchinari che attraverso dei filtri filtrano l’ossigeno dall’aria e lo concentrano a poco più del 90%, con possibilità di erogarlo a 5-6 l/min: hanno il vantaggio di dover !36 Diagnostica per immagini L’imaging radiologico ha subito enorme evoluzione nel corso degli ultimi anni ed è un’indagine di fondamentale importanza nel corso dell’iter diagnostico. Radiografia del torace La radiografia (o colloquialmente RX) del torace è l’esame di prima scelta nell’iter diagnostico del torace, in ragione della sua estesa diffusione, della scarsa invasività in termini di dose di radiazioni per il paziente e dei costi bassi: - basso costo, rapida e facile esecuzione - consente di valutare parenchima polmonare, strutture mediastiniche e ossee E’ l’esame di prima linea perchè con esso possiamo ottenere immagine positiva, negativa o indicazioni ad altre metodiche. Esso riveste inoltre un ruolo determinante nel monitoraggio dei pazienti in terapia intensiva, specie per la valutazione di posizionamento dei dispositivi ‘intensivistici’ (cateteri venosi, cannule per la ventilazione ecc). L’Rx toracica è l’esame radiologico più eseguito al mondo. La radiografia si basa sul concetto che le diverse strutture che costituiscono il torace hanno differente densità e dimensione, e quindi quota variabile di assorbimento delle radiazioni. Negli ultimi anni le apparecchiature per la radiologia convenzionale sono state sostituite da apparecchiature digitali. L’esame radiologico del torace deve sempre essere eseguito in due proiezioni standard, postero-anteriore (PA) e latero-laterale (LL), in ortostatismo ed apnea inspiratoria. 1. postero-anteriore: il fascio di radiazioni proviene da dietro → valuta se la patologia è in sede dx o sx 2. latero-laterale: il fascio di radiazioni proviene dal lato → valuta se la patologia è anteriore o posteriore L’Rx toracico viene eseguito in ortostatismo e non in posizione supina (ad eccezione dei pz che non possono) perchè con il pz sdraiato si ha un’ingrandimento dell’immagine cardiaca dovuto all’aumentato ritorno venoso. Talvolta viene eseguito in espirazione per valutare la motilità diaframmatica o in pz con pneumotorace. Un buon radiogramma deve includere - l’immagine cardiaca e le linee mediastiniche - l’immagine dei corpi vertebrali - l’immagine dei vasi polmonari (fino a circa 1 cm dalla superifice pleurica) - l’immagine delle strutture ossee che compongono la gabbia toracica All’RX definiamo le strutture in base ad opacità e ipertrasparenza (≠ dalla TC in cui si definiscono iper o ipodense) e per ciascuna lesione dovranno essere defininite - forma - grandezza - numero - sede - margini !39 Strutture L’immagine che si ottiene dopo acquisizione di un radiogramma del torace è effetto della sommazione delle strutture contenute nel volume irradiato, proiettate sulla base della loro posizione rispetto ai raggi X incidenti. Per questo, le informazioni anatomiche risultanti dall’RX del torace risultano ‘indirette’ rispetto all’acquisizione volumetrica ottenibile con la TC. Nonostante ciò, le strutture anatomiche e gli organi valutati con Radiografia standard del torace sono: • vie aree maggiori: trachea, carena, bronchi principali. • strutture ilari: bronchi principali e vasi polmonari. • mediastino: contiene cuore e grandi vasi. • parenchima polmonare • pleura • emidiaframmi (cupole diaframmatiche) • cuore e pericardio • strutture scheletriche della gabbia toraciche (clavicole, coste, articolazione sterno-claveare, manubrio sternale) e tessuti molli Le vie aeree maggiori (trachea, carena, bronchi principali) si mostrano come strutture radiotrasparenti (con contorni radiopachi ben definiti) in sede mediana. La trachea appare come una Y capovolta. Il bronco principale dx ha un decorso orientato in senso cranio-caudale mentre il sx ha un angolo più deciso verso l’ilo. Gli ili polmonari contentono i bronchi principali e i vasi polmonari, cioè a. polmonari (e i suoi rami principali) e v. polmonari superiori. I linfonodi non devono essere visibili fisiologicamente ma possono aumentare di dimensioni in condizioni fisiologiche. L’ilo di dx è tipicamente più caudale e l’a. polmonare dx decorre anteriormente rispetto al bronco principale. L’ilo di sx è tipicamente più craniale e l’a. polmonare sx decorre superiormente rispetto al bronco principale, è nella proiezione LL è visibile come un arco. I vasi polmonari si visualizzano tipicamente con il “bianco” all’interno del parenchima che è determinato per il 95% da strutture vascolari e per 5% dal connettivo delle pareti bronchiali. Il mediastino contiene cuore e grandi vasi nello spazio chiamato “mediastino medio”: sulla proiezione antero-posteriore si individuano 5 archi, due sulla dx e tre sulla sx archi visione postero-anteriore • dx: 1° arco (sup) → v. cava sup • dx: 2° arco (inf) → atrio dx • sx: 1° arco (sup) → arco aortico • sx: 2° arco (medio) → a. polmonare • sx: 3° arco (inf) → ventricolo sx !40 archi visione latero-laterale • ant: 1° arco (inf) → ventricolo dx • ant: 2° arco (sup) → a. polmonare • post: 1° arco (inf) → ventricolo sx • post: 2° arco (sup) → ventricolo dx L’indice cardio-toracico è un indice che serve per indicare un ingrandimento cardiaco: diametro cardiaco totale / diametro toracico totale < 50% Se aumenta > 50% bisogna valutare se c’è un ingrandimento cardiaco o versamento pericardico. Il diametro cardiaco totale viene ottenuto misurando dalla linea mediana ortogonale i due emidiametri, fino al punto di massima convessità dell’arco inf. dx e dell’arco inf. sx. Il parenchima polmonare appare radiotrasparente - nero (iperdiafano) per presenza di aria al suo interno, quindi qualsiasi noxa patogena che vada a sostituire l’aria (liquido/tessuto) determinerà una variazione radio- opacità (bianco). Quando gli alveoli sono ripieni, si ottiene una opacità rotondeggiante di grandezza variabile da pochi mm fino a 1-2 cm. L’opacità può mostrarsi omogenea (quando tutti i lobuli sono pieni) o disomogenea (quando c’è alternanza tra lobuli pieni e ancora ventilati). Attraverso l’immagine radiografica, non si potrà distinguere la natura del materiale che riempie gli alveoli, e per questo sarà difficile fare ddf tra diverse condizioni patologiche (edema polmonare, polmonite, …) - n.b: tuttavia solitamente l’edema polmonare si accompagna a ingrandimento dell’immagine cardiaca. Fisiologicamente, le uniche strutture che potrebbero essere visibili al suo interno sono le scissure interlobari (visualizzate come sottili strie radiopache), la cui identificazione può epermettere la divisione polmonare in lobi e la corretta localizzazione di eventuali lesioni. Quando visibili, le scissure comprendono - piccola scissura o scissura orizzontale (separa il lobo sup dal medio a dx) - grande scissura (che separa il lobo sup da quello inf) Poichè le scissure non sono sempre evidenti, la semeiotica radiologica prevede la divisione del parenchima in 3 regioni: - campo polmonari superiore (la cui porzione al di sopra della clavicola viene detta apice) - campo polmonare medio - campo polmonare inferiore I foglietti pleurici fisiologicamente hanno uno spessore tra 0,2-0,4 mm e quindi non sono visibili all’Rx fisiologicamente, tuttavia si possono individuare i seni pleurici. I seni pleurici sono il punto in cui il diaframma incontra i foglietti pleurici: sono 3 per emitorace, ossia anteriore, laterale e posteriore. Normalmente sono angoli acuti e la loro scomparsa può indicare presenza di patologia come versamenti pleurici (soprattutto posteriori) o patologie obliteranti (cisti o lipomi). Nella visione postero-anteriore vediamo i seni laterali e anteriori, in quella latero-laterale vediamo i seni anteriori e posteriori. !41 Broncoscopia Definizione La broncoscopia è una procedura diagnostico-terapeutica, con lo scopo di esplorare le vie aeree dalla laringe ai bronchi, e può essere completata con esami citologici, istologici e batteriologici. Si distinguono - broncoscopio rigido - broncoscopio flessibile o fibrobroncoscopio Gli scopi diagnostici sono: - esplorazione vie aeree (ispezione diretta di laringe, trachea e bronchi) e individuazione di anomalie morfologiche della mucosa bronchiale e alterazioni della parete - prelievo di materiale biologico (biopsie, brushing, ago aspirato…), muco, sangue, pus, altro per l’esecuzione di esami citologici e microbiologici Mentre gli scopi terapeutici sono: - istillazione di farmaci - dilatazione di vie aeree - rimozione di neoformazioni endobronchiali - rimozione di corpi estranei - posizionamento di stent e valvole Storia della broncoscopia La broncoscopia nasce quando il dott. Gustav Kilian nel 1887 usò un esofagoscopio per rimuovere un osso di pollo finito nella trachea di un contadino: per farlo, usò uno strumento rigido, predecessore del moderno broncoscopio rigido, nel quale si poteva apprezzare il lume tracheale mediante un oculare. L’uso del broncoscopio rigido rimase fino al 1964 quando vennero scoperte le fibre ottiche (ottenute da bacchette di vetro riscaldate ad elevate temperature ed allungate fino ad assumere forma di filo di seta con spessore di pochi micron): nacque così il fibrobroncoscopio, strumento che ha rivoluzionato la diagnostica dell’apparato respiratorio. Anatomia La broncoscopia permette di esplorare l’albero tracheobronchiale e quindi è di fondamentale importanza conoscere l’anatomia delle vie aeree inferiori. L’approccio all’anatomia dell’apparato respiratorio da parte del broncoscopista prevede una visione ribaltata di 180°. I bronchi vengono suddivisi in due grandi categorie a. bronchi extrapolmonari: bronchi principali e bronco intermedio b. bronchi intrapolmonari: tutti gli altri Dal punto di vista endoscopico il passaggio è evidenziato dalla progressiva scomparsa degli anelli cartilaginei, dall’aumento della componente membranacea e muscolare. Broncoscopio rigido E’ uno strumento che non va oltre il bronco princiale di destra o di sinistra e richiede l’anestesia totale del soggetto, pur avendo forti indicazioni terapeutiche per l’escissione di neoformazioni e corpi estranei. La sua struttura non ha avuto grosse modificazioni rispetto quella usata da Kilian: sono state apportate novità per lo più sulla possibilità di inserire device (aspiratore, ossigeno, pinze...), sull’uso di una telecamera e sull’introduzione dell’estremità a “becco di flauto” per favorire il passaggio attraverso le corde vocali ed avere una lama per effettuare escissioni e biopsie. All’interno del broncoscopio rigido è possibile inserire uno strumento flessibile. Vantaggi: • Comprende un canale per l’ossigeno adeguato • Strumenti grandi e più maneggevoli • Canale operatore più grande • Possibilità di gestire meglio i sanguinamenti/urgenze • Potente aspirazione !44 Svantaggi:
 • Non arriva oltre i bronchi principali • Anestesia totale e ciò che comporta Indicazioni • Rimozione di corpo estraneo o neoplasia intra-tracheale/intra-bronchiale (bronchi principali): può essere affrontata mediante 
 - disostruzione con laser ed altri strumenti 
 - posizionamento di stent endobronchiali (protesi in silicone che mantengono aperto il lume del bronco) • Emottisi massiva, per effettuare una coagulazione laser • Rimozione di corpo estraneo • Criobiopsia transbronchiale Broncoscopio flessibile Lo strumento flessibile è composto da: - fasci di fibre ottiche - porzione prossimale contenete il sistema ottico (per la visione diretta), la leva per indirizzare i movimenti e l’imboccatura del canale di servizio La broncoscopia flessibile ha una vasta gamma di indicazioni, grazie alla sua maneggevolezza, tanto che è utilizzata nel 95% dei casi. Vantaggi:
 • Agilità • Va oltre i bronchi principali Svantaggi: • Strumenti di prelievo piccoli e limitati • Canale per l’ossigeno troppo piccolo (va inserito il tubo per l’ossigeno a parte) • Aspirazione meno potente Indicazioni a) diagnostiche • indicazioni radiologiche: Rx dubbia • indicazioni cliniche: emottisi grave • indicazioni di laboratorio: espettorato con cellule atipiche b) terapeutiche • Istillazione di farmaci • Estrazione corpi estranei • Stent • Laser • Valvole, nel caso dell’enfisema Controindicazioni Le controindicazioni assolute sono: condizioni generali scadute, cardiopatia avanzata, insuff respiratoria di grado severo, cardiopatia in fase avanzata (ischemica, SC, aritmie, …) Le controindicazioni relative sono: iperreattività bronchiale, disturbi della coagulazione, insufficienza respiratoria latente che potrebbe precipitare. Tuttavia, è importante ricordare che ogni situazione va analizzata nel complesso: per esempio, in presenza di un pz con recente infarto del miocardio (controindicazione assoluta) che ha una dispnea causata da un tappo di muco in un bronco (manifestato con dispnea), la rimozione del tappo di muco porterebbe una prognosi quoad vitam notevolmente migliore, giustificando i rischi della broncoscopia. È proprio la modificazione della prognosi quoad vitam del paziente che va valutata ai fini della decisione del medico. Complicanze: - mortalità 0,04% - altre: 0,12% • cardiache: crisi vagale, aritmie, infarto, edema polmonare • respiratorie: broncospasmo, polmonite ab ingestis, ipossia severa, emorragia, pneumotorace !45 • rottura di denti Valutazione del paziente prima della broncoscopia: • Anamnesi • Esame obiettivo • Esami di laboratorio: emocromo, coagulazione, funzionalità renale ed epatica • ECG • TC torace con mezzo di contrasto: la TC è un esame importante da eseguite in pz stabili (non in emergenza) perchè ci permette di valutare l’intero polmone per decidere evenutali modalità di intervento durante broncoscopia. Dobbiamo ricordare infatti che il campo operativo della broncoscopia va oltre il campo della visione stessa. • Allergie ad eventuali farmaci Prima del’esame: Il paziente deve sospendere eventuali farmaci antiaggreganti o anticoagulanti, deve stare a digiuno di solidi e liquidi per almeno 4 ore e devono essergli spiegate la procedura, le finalità, i rischi. Svolgimento dell’esame: 
 I paziente è supino ed è consigliato il monitoraggio di SpO2, PA, ECG. Va posizionata un’agocannula (accesso venoso) per la sedazione e la somministrazione di farmaci e si somministra ossigeno a basso flusso. Viene eseguita in anestesia locale (xilocaina 10% o 2%) e lo strumento viene inserito per via transnasale o transorale, procedendo in senso distale. 
 Via via che si procede lungo i bronchi bisogna definirne forma, calibro, pervietà, colorito della mucosa, motilità dei bronchi con gli atti respiratori, stato degli speroni. Se si trova una lesione, bisogna localizzarla e descriverne dimensioni, forma, superficie (liscia, regolare, …), sanguinamento, … Sulla base del quadro clinico ed endoscopico si procede all’esecuzione di eventuali manovre diagnostiche (prelievi, vedi dopo): i prelievi effettuabili con la broncoscopia flessibile sono a) lavaggio e aspirato bronchiale (bronchi principali e lobari): si insuffla soluzione fisiologica e poi si aspira → esame citologico e microbiologico b) brushing (spazzolamento della mucosa bronchiale) → eseguito sotto guita fluoroscopica, esame citologico e microbiologico c) biopsie endobronchiali: con pinza bioptica per lesioni endoluminali → esame istologico e citologico d) biopsie transbronchiali: si manda la pinza in periferia sotto guida fluoroscopica (Rx) pungendo lesioni precedentemente identificate con l’imaging (TC) → esame istologico e citologico 
 L’EBUS (Endobronchial Ultrasound) è una metodica che prevede l’associazione di ecografia endobronchiale per eseguire le biopsie in maniera più sicura. 
 N.B: si eseguono sempre biopsie multiple perchè le pinze sono piccole e per aumentare la probabilità di prendere materiale non necrotico ma diagnostico. e) agobiopsia transbronchiale (TBNA, Trans-Bronchial Needle Aspiration): attraverso una guida TC con un ago si punge la parete tracheale o bronchiale e si preleva un cambione (es. in linfoadenopatie) → esame istologico e citologico f) lavaggio bronco-alveolare (BAL): dopo aver incannulato un bronco segmentario o subsegmentario si insufflano 100 cc di fisiologica e poi si aspirano. Oltre al lavaggio di bronchi e bronchioli, trovandoci così in periferia si raggiunge l’alveolo e quindi si può studiare materiale alveolare → esame citologico e microbiologico. 
 E’ molto utile nelle interstiziopatie polmonari. 
 Nel BAL di un soggetto normale, si individuano 100.000-200.000 cellule di cui il 90% sono macrofagi alceolari, 7-10% linfociti, meno dell’1% eosinofili, neutrofili e basofili. Se varia il numero totale di cellule o la percentuale di componenti si ha un quadro più o meno patologico: 
 - alveolite del fumatore → 200.000-400.000 cellule e 5-10% di neutrofili 
 - alveolite linfocitaria → 200.000-400.000 cellule e 20-30% di linfociti (si riscontra in sarcoidosi - nella !46 
 Esecuzione Si inizia selezionando un punto d'inserzione dell'ago nella linea medioscapolare sul margine superiore della costa perchè il fascio neurovascolare intercostale si trova lungo il bordo inferiore di ogni costola. Segnare il punto, disinfettare l’area, quindi utilizzare un ago 25-gauge iniettare anestetico locale a livello della pleura parietale (che è molto sensibile): quindi, continuare a far penetrare l’ago finchè non si aspira liquido pleurico, poi connettere un dispositivo per toracentesi (ago di grosso calibro e rubinetto a 3 vie), posizionare una siringa da 30-50 mL ad uno dei rubinetti e il tubo di drenaggio ad un altro. 
 Prelevare 30 mL di liquido nella siringa e posizionare il fluido in provette e contenitori appropriati per gli esami. 
 Se una grande quantità di liquido (p. es., > 500 mL) viene prelevata, controllare i sintomi del paziente e la pressione sanguigna e fermare il drenaggio se il paziente sviluppa dolore toracico, dispnea, o ipotensione. Rimuovere il catetere mentre il paziente trattiene il respiro o espira. Applicare un cerotto sterile nel sito di inserimento. Agobiopsia transtoracica L’agobiopsia transtoracica viene effettuata per valutare lesioni polmonari e mediastiniche. Prevede l’utilizzo di un ago tagliente per aspirare un frammento di tessuto per l’esame istologico. Viene solitamente effettuata per valutare: - noduli o masse polmonari periferiche - anormalità ilari, mediastiniche e pleuriche - infiltrati o polmoniti non definiti quando la broncoscopia è controindicata o non diagnostica Se eseguita sotto guida TC, con l'assistenza di un citopatologo esperto, l'agobiopsia transtoracica conferma la diagnosi di neoplasia con un'accuratezza > 95%. Solitamente viene eseguita da un radiologo interventista, spesso in presenza di un citopatologo. In condizioni di sterilità, con anestesia locale, e sotto guida (solitamente TC ma talvolta anche ecografica per le lesioni pleuriche) l'ago da biopsia viene introdotto nella lesione sospetta mentre il paziente trattiene il respiro. Le lesioni sono aspirate con o senza soluzione salina. Vengono raccolti 2 o 3 campioni per l'esame citologico e batteriologico. Dopo la procedura, la fluoroscopia e la RX torace vengono usate per escludere la presenza di pneumotorace e di emorragia. Videotoracoscopia La videotoracoscopia (VATS, Video Assisted Thoracic Surgery) è una tecnica chirurgica mininvasiva che consente di eseguire procedure sia diagnostiche che terapeutiche all’interno del torace, con un trauma chirurgico limitato ed evitando ampie aperture della gabbia toracica. In questo modo il decorso postoperatorio è molto più semplice e il dolore è quasi assente. La video-toracoscopia è una tecnica che consente di eseguire interventi anche complessi su tutte le strutture del torace, osservando il campo operatorio in un monitor attraverso uno strumento ottico introdotto nel torace e collegato ad una telecamera. Si opera con lunghi strumenti miniaturizzati attraverso accessi (ports) che richiedono incisioni minime sul torace: solitamente si eseguono 3 incisioni da 1 cm l’uno all’interno delle quali si inseriscono la videocamera e gli strumenti chirurgici. Il paziente è posizionato sul fianco. La perfetta definizione dell'immagine e l'ingrandimento del campo operatorio consentono una grande precisione tecnica. Indicazioni: ormai numerose, possono essere sia !49 - diagnostiche: utile soprattutto in patologie pleuriche (versamenti), interstiziopatie e lesioni nodulari sospette - terapeutiche: la videotoracoscopia permette di intervenire sul polmone (lobectomie, resezioni segmentarie, resezioni atipiche, decorticazioni polmonari, asportazione di bolle di enfisema come nei casi di pneumotorace che recidiva), sulla pleura (trattamento di gravi infezioni), sul timo (asportazione del timo o di suoi tumori) Mediastinoscopia Consiste nell'introduzione di un endoscopio all'interno del mediastino. E’ una tecnica che consente di esplorare il mediastino compreso tra grandi vasi e la trachea fino alla carena tracheale. Viene eseguito in anestesia generale con un’incisione a 2 cm dal giugulo lungo la linea sternale: i tessuti molli del collo vengono separati (senza dissezione) in basso fino alla trachea e distalmente fino alla carena tracheale. Il mediastinoscopio viene inserito in questo spazio, consentendo l'accesso ai linfonodi paratracheali, tracheobronchiali, azygos e sottocarenali e al mediastino postero-superiore. 
 Viene inserito un videomediastinoscopio e attraverso il monitor si esaminano le strutture mediastiniche, prelevando con una biopsia uno o più campioni di tessuto. Dopo l’esame in genere è richiesto il ricovero ospedaliero di uno due giorni. 
 L’esame ha uno scopo puramente diagnostico ed eventualmente stadiatico: consente di ottenere biopsie da sottoporre ad esame istologico, ed infatti la diagnosi e la stadiazione di tumori mediastinici è l’indicazione più comune. 
 La mediastinoscopia viene solitamente eseguita quando si evidenzia un ingrandimento patologico dei linfonodi mediastinici compresi tra grandi vasi e trachea, per distinguere patologie neoplastiche da patologie infiammatorie. 
 Esistono delle forme di mediastinoscopie più estese che consentono di arrivare quasi all’ilo polmonare. Mediastinotomia anteriore Consiste nell'apertura chirurgica del mediastino. Prevede l’ingresso chirurgico al mediastino attraverso gli spazi intercostali, senza aprire la pleura e consentendo l’accesso ai linfonodi mediastinici anteriori e della finestra aortopolmonare (sedi frequenti di metastasi per i carcinomi del lobo superiore del polmone sinistro). 
 !50 Asma bronchiale L’asma bronchiale, insieme alla BPCO, appartiene alle malattie ostruttive polmonari, cioè un gruppo di patologie caratterizzate da riduzione dei flussi espiratori. L’asma è una patologia cronica caratterizzata da iperreattività bronchiale. La sua definizione ha subito negli anni diverse rivisitazioni: si tratta di una malattia eterogenea caratterizzata da infiammazione cronica delle vie aeree definita dalla presenza di sintomi respiratori come respiro sibilante, dispnea, costrizione toracica e tosse che mutano nel tempo e per intensità, insieme ad una variabile limitazione del flusso espiratorio (GINA 2014). Si tratta di una patologia caratterizzata da • iperreattività bronchiale per stato infiammatorio cronico delle vie aeree (broncospasmo della mm liscia stimolato da fattori esterni a cui c’è una risposta esagerate) • ostruzione delle vie aeree di tipo reversibile (non sempre presente) • sintomi periodici e non costanti quali respiro ribilato, dispnea, difficoltà respiratoria, tosse accessionale A lungo termine tutto questo porta ad un rimodellamento strutturale delle vie aeree e per questo è di fondamentale importanza la diagnosi precoce. Epidemiologia Esordisce perlopiù durante le prime due decadi di vita (anche se può colpire qualunque età) e nel 40% dei casi scompare in età puberale: il rapporto M:F è di 2:1 fino ai 30 anni, dopo è uguale. Ad oggi si stima che circa 334 milioni di persone siano affette da asma bronchiale: un tempo si pensava colpire > paesi sviluppati, ad oggi sappiamo che i paesi in via di sviluppo sono i > colpiti. Secondo le stime OMS, la prevalenza media va dal 4 al 6%, con alcuni paesi che arrivano al 15% (soprattutto in Nord e Sud America). In Italia l’asma e la BPCO insieme costituiscono la terza causa di malattia cronica (7%) dopo l’artrosi (20%) e l’ipertensione arteriosa (10%). L’asma risulta essere un costo molto elevato per la comunità (più di HIV e TBC), si stima costo medio annuo per pz di 741 euro, sia per costi medici diretti (visite, esami, farmaci, ps, ricoveri) che per costi medici indiretti (assenze scolastiche/lavorative). Il costo socio-economico dei pz con asma è dovuto ai soggetti con asma grave: il 15% dei pz con asma grave consuma il 50% delle risorse destinate all’asma. !51 L’anatomia patologica dei quadri di asma bronchiale è stata studiata su esami autoptici di soggetti morti per asma (ad oggi rarissimi). Le caratteristiche anatomo-patologiche comprendono: a. edema della mucosa e della sottomucosa b. infiltrato infiammatorio ricco di eosinofili, mastociti, linfociti T e neutrofili (neutrofili soprattutto se presente sovrainfezione batterica) c. tappo di muco nel lume bronchiale d. desquamazione dell’epitelio e accumulo di cellule nel lume bronchiale e. ipertrofia ed iperplasia della muscolatura liscia f. ispessimento della membrana basale reticolare g. iperplasia delle ghiandole della sottomucosa e delle cellule mucipare h. vasodilatazione (aumentata permeabilità) Tutte queste modificazioni a lungo andare determinano un rimodellamento della parete bronchiale, in particolare • aumentato spessore della parete (fibrosi, ipertrofia muscolare, ispessimento membr basale, iperplasia ghiandolare, edema) • restrizione del lume (lume bronchiale ostruito da tappi di muco, di essudato infiammatorio e cellule di sfaldamento), che determinano ostruzioni del lume bronchiale anche a seguito di minime contrazioni della muscolatura bronchiale. Fisiopatologia Tre aspetti caratterizzano le sindromi ostruttive: 1) aumentata compliance polmonare (∆V/∆P): più evidente nella BPCO, può comparire nelle fasi tardive dell’asma (rimodellamento) in seguito a rottura dei setti interalveolari 2) aumento delle resistenze peribronchiali (per le cause poco prima enunciate) e conseguente 3) aumento del lavoro dei muscoli respiratori: l’adattamento che si instaura è l’allungamento del volume corrente (del singolo atto respiratorio) piuttosto che della frequenza respiratoria Quadro clinico ed esame obiettivo I sintomi tipici dell’asma bronchiale sono - respiro sibilante: fischi e sibili sono tele-respiratori e sono determinati dall’ostruzione bronchiale dei bronchi di medio e piccolo calibro - tosse - dispnea e senso di costrizione toracica - dolore ad insorgenza notturna e/o mattutina Non sono rari gli episodio di risvegli notturni con respiro sibilante (o wheezing e tosse stizzosa). Spesso la sintomatologia è innescata dai fattori scatenanti (es. fisico, inalazione di irritanti, aria fredda, infezioni virali, …). All’anamnesi, le domande fondamentali da porre al pz sono se ha avuto fischi o sibili, se si sveglia di notte per sibili, se ha sintomatologia di tosse. L’esame obiettivo di un soggetto con asma bronchiale è variabile, può andare da normale a quello tipico di crisi asmatica con torace ipomobile, iperespanso all’ispezione, ottuso e timpanico alla percussione, presenza di fischi e sibili, ed eventualmente associati tachicardia, tachipnea, stato ansioso. Tuttavia, è molto frequente l’assenza della sintomatologia caratteristica (in cronico) e uqindi spesso la malattia viene sottodiagnosticata. Diagnosi !54 La diagnosi di asma inizia con anamnesi ed esame obiettivo, che gettano le basi per il sospetto clinico, poi prosegue con prove specifiche di funzionalità respiratoria che sono la prima linea di diagnosi strumentale nell’asma bronchiale. 1. spirometria 2. test di reversibilità 3. test di variabilità dell’ostruzione 4. test di provocazione bronchiale aspecifico 5. test del cammino 6 minuti La spirometria è il primo esame che viene eseguito: gli indici spirometrici più importanti sono FEV1, indice di Tiffeneau (FEV1/FVC) e MMEF: la riduzione di FEV1<80% e dell’indice di Tiffeneau <70% con valori ridotti di MMEF indicano un’ostruzione bronchiale. Tuttavia la spirometria non permette di differenziare l’asma bronchiale dalla BPCO e quindi il soggetto viene successivaente sottoposto al test di reversibilità. Il test di reversibilità è definito positivo quando vi sia un ≥ 12% o a ≥200 ml rispetto al basale: in tal caso indica una condizione reversibile e quindi, tipicamente, come l’asma bronchiale. Il test di variabilità dell’ostruzione prevede il monitoraggio del PEF in un soggetto durante la giornata: si considera asmatico un soggetto che ha una variazione della PEF tra mattina e sera - >10% in pazienti che fanno uso di broncodilatatori - > 20% in pz che non fanno uso di broncodilatatori Il test di iperreattività bronchiale (o di provocazione), invece, è un test che prevede la provocazione dei bronchi per determinare la quota di broncospasmo. Si possono eseguire a. test aspecifici, che sono chimici (con istamina o metacolina) o fisici (aria fredda, nebbia ultrasonica) b. test specifici, che includono la stimolazione con allergeni: lo skin PRICK test prevede l’inoculazione cutanea dell’allergene e la valutazione della risposta (pomfo) monitorata dopo circa 30 min dalla somministrazione. Nel caso dell’asma bronchiale, i test eseguiti sono test aspecifici ed in particolare si esegue il test alla metacolina o all’istamina: prevede inalazione di queste sostanze e successiva valutazione della broncocostrizione. Si valuta la FEV1 basale e dopo ogni inalazione di dosi crescenti della sostanza. L’obiettivo è calcolare la dose necessaria ad indurre una riduzione del FEV1 del 20% (chiamata PD20): minore è questa dose e maggiore è l’iperreattività bronchiale. Quindi, nei soggetti normali nonostante concentrazioni crescenti di sostanza la riduzione del PEF non avviene, nei soggetti asmatici invece la curva flusso-volume scende drasticamente. Questo test ha un gran VPN ma un relativo VPP perchè il test può dare falsi positivi. Si parla di • soggetto normale: PD20 > 1600 µg • soggetto borderline: PD20 tra 400-1600 µg • asma bronchiale lieve: PD20 tra 100-400 µg • asma bronchiale moderato: PD20 tra 25-100 µg • asma bronchiale severo: PD20 < 25 µg Anche il test del cammino 6 minuti può essere importante perchè si può andare ad indurre l’ostruzione attraverso l’esercizio fisico: si parla di asma quando si ha una riduzione di FEV1 o di PEF >15% alla fine del test. Solo in particolari condizioni, si può far ricordo anche ad altre metodiche diagnostiche e cioè a) indagini per individuare fattori di rischio: !55 - valutazioni allergologiche: skin PRICK test, misura IgE sieriche totali e specifiche - studio delle vie aeree superiori (ORL): valutazione rinologica, TC maxillo-facciale, citologia nasale b) BAL (lavaggio bronco-alveolare) per l’analisi citologica; si tratta di una tecnica invasiva e che non fornisce notevoli informazioni aggiuntive quindi non viene eseguita di routine nella diagnosi. c) misurazione dell’ossido nitrico esalato (FENO, Nitrite Oxide Exhaleted Fraction), un test (“misuratore di asma”) che cerca di stabilire la correlazione tra i livelli di NO esalato e il grado di infiammazione. Alta sensibilità (quindi ci può confermare) ma scarsa specificità, perchè molte altre patologie infiammatorie possono avere un comportamento simile. Classificazione di gravità dell’asma Diagnosi differenziale Chiaramente la principale diagnosi differenziale da stabilire è quella con la BPCO: in tal contesto, è importante stabilire che esistono dei quadri clinici di possibile sovrapposizione tra asma e BPCO chiamate ACOS (Asthma-COPD Overlap Syndrome) caratterizzate da un quadro clinico eterogeneo. Le ACOS infatti mostrano - elementi tipici della BPCO (scarsa reversibilità, infiltrato > neutrofilo al BAL, …) - aspetti clinici come ipersensibilità nei confronti di allergeni noti e sintomi “allergici” come rinite, poliposi nasale, atopia Da un punto di vista patogenetico, le ACOS sono caratterizzate da risposte sia TH2 mediate che TH1 mediate. Altre patologie con cui bisogna porre diagnosi differenziale sono: a. asma cardiaco: sindrome secondaria a SC congestizio, tipico di soggetti anziani b. sindrome di Churg-Strauss: rara vasculite dei vasi di medio e piccolo calibro che nella stragrande maggioranza dei casi presenta asma bronchiale difficilmente trattabile; oltre ai polmoni colpisce anche SNP, cuore, tessuti molli c. sindrome di Löeffler: sindrome asmatiforme con ipereosinofilia, tosse secca, dispnea, respiro sibilante che si associa ad infezione parassitaria (> elminti) d. sindrome da reflusso gastro-esofageo: frequente coesistenza tra asma e RGE (32-75% dei pz asmatici) Terapia L’obiettivo della terapia farmacologica è il raggiungimento e il mantenimento del controllo dell’asma (cioè assenza di sintomi cronici, non presenti riacutizzazioni, non c’è bisogno di farmaci per il sollievo dei sintomi, non ci sono limitazioni nell’attività giornaliera del paziente, …). I principali farmaci utilizzati sono broncodilatatori e antiinfiammatori. Si distinguono: a) trattamento urgente della fase acuta → farmaci reliever (immediati) - agonisti β2-adrenergici a breve emivita (SABA) - anticolinergici !56 Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva La BPCO appartiene alle malattie ostruttive polmonari, cioè un gruppo di patologie caratterizzate da riduzione dei flussi espiratori. La definizione proposta dalle ultime linee guida GOLD (Global Initiative for Chronic Obstructive Lunge Disease) definisce la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) come una malattia comune, prevenibile e trattabile caratterizzata da sintomi respiratori persistenti e limitazione al flusso aereo, soprattutto in fase espiratoria, che è dovuta ad anomalie delle vie aeree e/o alveolari frequentemente causate da una significativa esposizione a particelle nocive o gas. La BPCO riconosce una patogenesi molto complessa ma i due meccanismi principali che determinano la limitazione del flusso aereo sono: 1. stato di infiammazione cronica (bronchite cronica) 2. distruzione del parenchima polmonare (enfisema polmonare) L’enfisema polmonare viene definito secondo criteri morfologici: con enfisamesi definisce un’abnorme e permanente dilatazione degli spazi aerei distali ai bronchioli terminali, con distruzione dei setti alveolari non associata a fibrosi. La bronchite cronica, invece, viene definita secondo criteri clinici come la presenza di tosse ed espettorazione per alemno tre mesi l’anno per due anni consecutivi. Importante sottolineare che tosse cronica ed espettorato possono precedere o seguire lo sviluppo della limitazione aerea e quindi la bronchite cronica può manifestarsi anche in un pz con spirometria normale. Si tratta quindi di due quadri molto diversi tra loro che anche a livello radiologico mostrano notevoli differenze: dominanza contenuto aereo (enfisema) vs dominanza trama bronco-vascolare (bronchitico). Queste due condizioni vengono considerate insieme sotto un unico gruppo funzionele (BPCO) perchè riconoscono gli stessi fattori di rischio e meccanismo patogenetico. Epidemiologia La BPCO colpisce entrambi i sessi (in crescita nel sesso femminile), > nei paesi sviluppati e aumenta all’aumentare dell’età. Fattore di rischio principale è il fumo di sigaretta (40-50% dei fumatori): inizialmente lo stato guadagnava dalle sigarette (tassate molto) ma con l’avvento delle BPCO che hanno un peso socio-economico notevole, si sta cercando di ridurne la vendita (troppo tardi). L’altro grande fattore di rischio è l’inquinamento. Rappresenta la 4° causa di morte nel mondo e si stima che la sua incidenza stia aumentando a causa della maggior diffusione di fattori di rischio e aumento dell’invecchiamento. Ha un impatto socio-sanitario notevole e bisogna cercare a tutti i costi di prevenirne lo sviluppo intervenendo su fattori di rischio ed abitudini di vita. Eziologia E’ una patologia con eziologia multifattoriale: fumo di sigaretta: sicuramente il principale fattore di rischio, produce un’infiammazione cronica con accumulo di neutrofili a livello polmonare determinando 
 - aumentato rilascio di proteasi e squilibrio proteasi/antiproteasi (> elastasi) 
 - ipertrofia e iperplasia delle ghiandole mucose (> secrezione mucosa) 
 - riduce l’espressione di recettori β2 rendendo la mm liscia meno sensibile alla broncodilatazione (aumento della resistenza al flusso delle vie aeree) inquinanti ambientali (inquindamento sia domestico che esterno) !59 predisposizione genetica: 
 a) il principale fattore predisponente è il deficit di alfa-1antitripsina (antiproteasi che protegge dalle proteasi rilasciate nel parenchima polmonare in stato infiammatorio) → il deficit di A1AT è responsabile di alcune forme di enfisema giovanile (enfisema polmonare genetico) → meccanismo di base è lo squilibrio tra proteasi/antiproteasi. L’enfisema giovanile ha un quadro anatomo-patologico di enfisema pan-lobulare (vedi dopo), diverso da quello da fumo di sigaretta (enfisema centro-lobulare). 
 b) la predisposizione genetica riguarda anche il modo in cui i diversi pazienti rispondono agli stessi insulti ambientali: uno studio fatto già negli anni 70 aveva dimostrato che nell’ambito dei fumatori ci fossero pz più o meno suscettibili alla disabilità funzionale. iperreattività bronchiale bio-patologia: deficit di crescita polmonare durante le prime fasi di sviluppo, declino accelerato rispetto al normale, danno polmonare (anche di tipo infettivo) età, sesso, comorbidità, stato socio-economico esposizione professionale (polveri, fumi) infezioni: ripetute infezioni alle basse vie aeree durante l’infanzia ma anche infezioni in concomitanza di un quadro cronico di BPCO che determinano riacutizzazioni dieta e nutrizione tubercolosi, asma bronchiale (quindi ACOS), rinite Patogenesi A prescindere da quale sia la noxa patogena, il danno finale prodotto è determinato da una risposta iniziale che nasce per proteggere l’organismo ma che diventa essa stessa protagonista nell’innescare e perpetuare il danno polmonare. Inizialmente, si attiva l’immunità innata (macrofagi e neutrofili) con un massiccio rilascio di citochine, interleuchine, ROS ed enzimi proteolitici. Questo processo inizia a danneggiare le cellule strutturali e l’interstizio polmonare, rilasciando in circolo Ag che possono essere riconosciuti come non self. Fisiologicamente però la risposta innata viene ben controllata: in pz con fattori individuali (genetici) o ambientali predisponenti, la risposta evolve in immunità acquisita, con coinvolgimento di APC e attivazione di linfociti, perlopiù CD8+, che amplificano il danno (≠ dall’asma in cui > CD4+, infatti ACOS sono presenti sia CD4 che CD8). Anche in questo caso fisiologicamente la risposta viene controllata ma in una minoranza dei soggetti si perde la tolleranza immunologica e le cellule immunitarie (linfociti, macrofagi e neutrifili) si organizzano in follicoli amplificando il processo infiammatorio e perpetuando il danno polmonare. I fenomeni che si mettono in atto legati all’infiammazione bronchiale prevedono: • edema della parete bronchiale • infiltrazione di cellule infiammatorie nella parete bronchiale • ispessimento della parete bronchiale • ipertrofia e ipersecrezione di muco da parte delle ghiandole sottomucose • metaplasia cell epiteliali: a lungo andare le cell vanno incontro a metaplasia, perdono le ciglia e quindi si riduce la clearance muco-ciliare favorendo il ristagno delle secrezioni e un maggior rischio di infezioni. Questi fenomeni determinano un aumentato ispessimento della parete e una riduzione del lume bronchiale (sia per l’ispessimento parietale che per la presenza di muco ed edema) con conseguente aumento delle resistenze e riduzione del ritorno elastico. A lungo andare in tutto questo contesto, i principali meccanismi infiammatori che determinano alterazioni !60 strutturali del parenchima polmonari sono - squilibrio tra proteasi/antiproteasi - meccanismi ossidativi (stress ossidativo) - infiltrato infiammatorio nel tessuto polmonare - presenza cronica dei mediatori infiammatori - processi riparativi cronici (fibrosi peribronchiolare ed interstiziale) - metaplasia Il risultato di tutto questo provoca rimodellamento delle vie aeree (proliferazione di mm liscia, fibroblasti, fibrosi), ipersecrezione mucosa e bronco-costrizione, distruzione della parete alveolare. Importantissimo sottolineare che • nell’enfisema il danno è parenchimale e parliamo di disfunzione alveolare • nella bronchite cronica il danno è bronchiale (più prossimale) e quindi parliamo di disfunzione bronchiale In generale comunque, il danno anatomico è quello che determina l’irreversibilità della patologia, rendendola differente dall’asma bronchiale (soprattutto nelle prime fasi). Fisiopatologia Le conseguenze del danno anatomico provocato dal processo infiammatorio prevedono A. limitazione cronica al flusso aereo → l’aria subisce un intrappolamento (soprattutto in fase espiratoria) definito air-trapping o iperinflazione. 
 La riduzione del flusso (della ventilazione alveolare) è determinata principalmente da due componenti: 
 1) dal ridotto ritorno elastico del polmone 
 2) dall’aumento delle resistenze delle vie aeree. 
 La limitazione è particolarmente evidente in fase espiratoria e infatti alla spirometria questi soggetti mostrano 
 a) fase espiratoria molto lunga 
 b) aumento dei volui di fine espirazione: ↑volume residuo, ↑capacità funzionale residua, ↓capacità respiratoria (avendo un polmone già pieno non si riesce a mettere più aria). 
 L’iperinflazione polmonare è una condizione molto pericolosa: i polmoni iperinflati al termine dell’inspirazione possono determinare abbassamento del diaframma e compressione meccanica del cuore, con conseguente riduzione del ritorno venoso (per compressione delle vene cave e dell’atrio dx) e quindi della GC. 
 Per questo motivo, ad oggi, la terapia della BPCO è una terapia broncodilatatrice, con lo scopo fondamentale di ridurre l’iperinsufflazione. B. anormalità negli scambi aerei → viene alterato il rapporto ventilazione/perfusione. 
 Nei pz con BPCO, si riduce la ventilazione alveolare (per ridotta retrazione elastica polmonare e aumento delle resistenze) e il risultato è la riduzione del rapporto ventilazione/perfusione. C. aumento dell’espettorazione → l’ipersecrezione mucosa è dovuta ad un aumentato numero di cell caiciformi e ad un’aumentata degranulazione del loro contenuto D. ipertensione polmonare → si sviluppa a causa del rimodellamento del parenchima polmonare e del quadro di insufficienza polmonare che si instaura; come conseguenza il cuore dx può andare incontro a scompenso. !61 Ipertensione polmonare Cuore polmonare La BPCO si associa a comorbidità multiple dovute ai fattori di rischio legati - al fumo (tumore del polmone, IMA, vasculopatia periferica) - all’uso di corticosteroidi o limitazione funzionale (osteoporosi) - all’ipossiemia (poliglobulia) - alla Sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS). Quando le due condizioni coesistono nello stesso paziente si definisce «Sindrome da overlap». Diagnosi La BPCO dovrebbe essere presa in considerazione in tutti i pazienti che presentano dispnea, tosse cronica o espettorazione e/o una storia di esposizione ai fattori di rischio per la malattia. Per la diagnosi è necessaria la spirometria; la presenza di un rapporto FEV1/CFV (indice di Tiffeneu) < 70 % post-broncodilatatore conferma la presenza di una persistente limitazione al flusso aereo. Gli obiettivi della valutazione della BPCO sono determinare la gravità della malattia, compresa la gravità della limitazione al flusso aereo, l’influenza della malattia sullo stato di salute del paziente e il rischio di eventi futuri (come le riacutizzazioni, i ricoveri ospedalieri e la morte) per consigliare la terapia. Anamnesi I tre sintomi più comuni sono la tosse cronica, l’espettorato e la dispnea. Un’attenta anamnesi rivela in genere la presenza di sintomi prima dell’esordio acuto ed è fondamentale anche pre indagare i fattori di rischio. Esame obiettivo Le principali evidenze si basano tutte sul concetto che il polmone è pieno di aria: ispezione: espansione della gabbia toracica (aumento del diametro antero-posteriore del torace) e ridotta mobilità toracica (perchè il polmone è piano d’aria) palpazione: FVT ridotto (perchè il polmone è pieno d’aria) percussione: escursione delle basi ridotta (il polmone è pieno d’aria) e suono iperfonetico (a volte suono simile a quello di un tamburo) auscultazione: MV ridotto (perchè si riduce la ventilazione polmonare); nelle fasi di riacutizzazione (in cui c’è molto più catarro) compaiono ronchi e sibili (rumori secchi) e se il quadro si complica con una polmonite possono comparire crepitii (rumori umidi) Test funzionali a. Spirometria: la spirometria rappresenta lo strumento diagnostico meglio standardizzato, più riproducibile ed obiettivo; costiruisce il gold standard nella diagnosi e nella valutazione della BPCO. 
 La diagnosi si basa sulla spirometria globale (sia volumi statici che dinamici) ed è di fondamentale importanza associarla ad un test di reversibilità. 
 La spirometria in presenza di malattia ostruttiva è caratterizzata da: - FEV1 ridotto (più di FVC) - FVC normale o ridotto - indice di Tiffenau (rapporto FEV1/FVC) ridotto (< 70%) - VR normale inizialmente ma poi tende ad aumentare (per > aria) - CFR aumentata (sempre per l’air trapping) - indice di Motley (rapporto VR/TLC): aumentato !64 La curve pressione-volume: la linea dell’espirazione sforzo-indipendente risulta concava (per il rallentato flusso espiratorio e per la chiusura delle vie aeree durante l’espirazione) e il grado di deformazione riflette la severità dell’ostruzione. La spirometria ha diversi ruoli 1. diagnostico 2. prognostico: valuta la gravità dell’ostruzione al flusso 3. monitoraggio 4. scelta terapeutica b. Test di reversibilità: se FEV1 > 12% e di 200 ml rispetto ai valori basali allora si tratta di una condizione reversibile (asma bronchiale) e non di BPCO. Viceversa, la presenza di un indice di Tiffenau (FEV1/CVF) post-broncodilatazione < 70% conferma la presenza di una limitazione persistente al flusso aereo e conferma la diagnosi di BPCO. c. Emogasanalisi (EGA) e test del cammino: si tratta di due test fondamentali per verificare se il paziente ha un’insufficienza respiratoria: l’EGA mi permette di valutarlo a riposo mentre il test del cammino prevede l’individuazione di una insufficienza respiratoria latente, che si manifesta sotto sforzo. 
 Caratteristici della BPCO sono ipossia e normocapnia o ipossia e ipercapnia con pH ematico più o meno compensato, fino all’acidosi respiratoria. d. Esami radiologici: 
 • all’Rx toracico si possono valutare emitoraci iperinsufflati, coste “orizzontalizzate”, emidiaframmi appiattiti, torace a botte, aumento del diametro antero-posteriore (segni di iperinsufflazione polmonare) 
 • alla TC non è raccomandata come esame di routine ma può essere utile nel percorso differenziale con altre patologie; si possono distinguere i vari tipi di enfisema (centro-lobulare, parasettale, pan- lobulare) e. Test di diffusione del monossido di carbonio: è raramente eseguito e solitamente risulta alterato nei pz con enfisema prevalente f. Saturimetria notturna: lo studio del sonno è molto importante è va eseguito in tutti i pz con BPCO. Durante la notte c’è un ipertono vagale che si associa ad una > contrazione della mm liscia bronchiale. Per questo motivo, i pz con BPCO tendono a respirare male durante la notte e ad andare incontro ad una insufficienza respiratoria notturna. E’ una condiziona grave perchè predispone a patologie come ipertensione polmonare secondaria, SC ed encefalopatia ipossica. 
 Oltre la saturimetria notturna, come esame di seconda linea per lo studio del sonno si può eseguire anche la polisonnografia (strumento che rileva alcuni parametri fisiologici durante la notte). g. Dosaggio dell’alfa1-antitripsina: indicato in soggetti con sospetto deficit di A1AT. La terapia sarà sostitutiva. h. Diffusione alveolo-capillare: per valutare il rapporto ventilazione/perfusione Valutazione combinata della BPCO Per inquadrare correttamente un pz con BPCO, è di fondamentale importanza integrare tre elementi: 1) classificazione spirometrica 2) valutazione sintomatica (mMRC e CAT™) 3) rischio di riacutizzazioni La classificazione spirometrica viene eseguita in base alla gravità dell’ostruzione: la classificazione GOLD definisce la gravità della BPCO in funzione del grado di ostruzione in 4 gradi !65 La valutazione sintomatica viene indagata con due questionari: - mMRC che valuta la dispnea - CAT™ che valuta i sintomi Il rischio di riacutizzazioni si esegue attraverso la storia di riacutizzazioni moderate e gravi (compresi precedenti ricoveri). Le riacutizzazioni di BPCO sono definite come un peggioramento acuto dei sintomi respiratori che esita in aggiunta di terapia. Vengono classificate in: a. lieve: trattato con broncodilatatori a breve durata d’azione b. moderato: trattato con broncodilatatori a breve durata d’azione più antibiotici e/o corticosteroidi per os c. grave: il paziente richiede ospedalizzazione o si reca in pronto soccorso). Le riacutizzazioni gravi possono essere anche associate ad insufficienza respiratoria. I sintomi ed il rischio di riacutizzazioni possono permettere la divisione dei pazienti in 4 classi funzionali (A, B, C, D). A è il paziente più lieve mentre D è quello più grave. Questa suddivisione è importante perchè può essere utilizzata come guida per la terapia. Terapia Ci sono tre tipi di intervento in grado di modificare la storia naturale della malattia: cessazione del fumo, ossigenoterapia in pz ipossici, intervento di riduzione polmonare in pz selezionati. La terapia farmacologica può solo ridurre i sintomi della BPCO, la frequenza e la gravità delle riacutizzazioni e migliorare lo stato di salute e la tolleranza allo sforzo ma non risolve la situazione. Sicuramente le vaccinazioni anti-influenzale e anti-pneumococcica riducono le infezioni delle basse vie respiratorie. La terapia si divide in a) terapia farmacologica → broncodilatatori inalatori
 • agonisti β2 adrenergici 
 • anticolinergici 
 • glucocorticoidi inalatori associati a LABA (mai somministrazione isolata) 
 ma anche altri farmaci (vedi dopo) b) terapia non farmacologica - riabilitazione respiratoria: migliora i sintomi, la qualità della vita e la capacità di sforzo. La riabilitazione respiratoria ha mostrato vantaggio sia per la dinamica respiratoria che da un punto di vista psicologico per i pazienti (molto importante. 
 !66 nei pazienti in stato C o D con scarso controllo malgrado la terapia di base 
 Effetti avversi: cefalea, nausea, dolore addominale, diarrea - antibiotici: l’utilizzo di macrolidi (Azitromicina) a basse dosi per lunghi periodi ha dimostrato efficacia nella riduzione della frequenza delle riacutizzazioni: l’effetto è mediato da una immunomodulazione a livello bronchiale piuttosto che dall’effetto antibatterico. Monitoraggio e follow-up Nei pazienti con BPCO, è fondamentale un follow-up periodico. La funzionalità polmonare può peggiorare nel tempo, anche in corso di terapia ottimizzata. I sintomi, le riacutizzazioni e le misure oggettive di ostruzione bronchiale dovrebbero essere monitorate periodicamente per determinare quando il trattamento va modificato e per identificare eventuali complicanze e/o comorbidità. La gravità della BPCO si classifica in base al FEV1. Il valore del FEV1 alla diagnosi e il ritmo di riduzione annuale sono i migliori indici di prognosi. !69 Pleuriti e versamento pleurico Anatomia e fisiologia La pleura è una membrana sierosa composta da due foglietti, il foglietto parietale e il foglietto viscerale, entrambi ricoperti da uno strato continuo di cellule mesoteliali. Lo strato mesoteliale della pleura parierale è interrotto da aperture (stomi) in comunicazione con la rete linfatica. Il cavo pleurico, ossia lo spazio tra i due foglietti, è una cavità virtuale caratterizzata da pressione negativa (che mantiene uniti i foglietti) che contiene il liquido pleurico. Il liquido pleurico consiste in 10-20 ml di liquido fondamentale per lo scorrere dei foglietti l’uno sull’altro: il liquido pleurico viene continuamente prodotto e riassorbito: - la sua produzione dipende dalla pressione idrostatica presente all’interno dei capillari di entrambe le pleure che favorisce il passaggio di liquido dai capillari all’interno del cavo pleurico: un aumento della pressione idrostatica o una riduzione della pressione colloido-osmotica all’interno dei capillari favoriranno il passaggio del liquido - il suo riassorbimento è mediato dagli stomi che permettono il drenaggio di liquido attraverso le vie linfatiche Patogenesi del versamento pleurico Si definisce versamento pleurico un abnorme accumulo di liquido tra i due foglietti pleurici. Il versamento si può creare per a) aumentata produzione di liquido b) ridotto drenaggio c) entrambi Possibili cause sono: - aumento della pressione idrostatica nei capillari, situazione tipica dello scompenso cardiaco - ridotta pressione oncotica nei capillari, situazione tipica dell’ipoalbuminemia (es. da cirrosi epatica) - ridotta pressione nello spazio pleurico - aumentata permeabilità capillare (flogosi) - ridotto drenaggio linfatico (neoplasie o adenopatie di varia natura) - passaggio di liquido dal peritoneo (es. versamenti ascitici) - combinazione di più fattori La classificazione dei versamenti pleurici li distingue in A. trasudati → versamenti pleurici a bassa concentrazione proteica. Sono versamenti determinati da un incremento della pressione idrostatica o dalla riduzione della pressione colloido osmotica: sono composti esclusivamente da liquidi, sono tipicamente bilaterali (perchè determinati da un processo sistemico). Cause: iperidratazione, ipertensione venosa polmonare, ipertensione venosa sistemica. 
 Eziologia: SC, sindrome nefrosica, cirrosi epatica. B. essudati → versamenti pleurici ad alta concentrazione proteica. Sono versamenti determinati da aumentata permeabilità capillare: sono composti da liquidi e proteine, sono tipicamente localizzati - monolaterali (perchè determinati da un processo locale). Cause: processi infettivi polmonari, ARDS, neoplasie toracice. 
 Eziologia: polmoniti e tumori. I versamenti di competenza pneumologica sono gli essudati: i trasudati, infatti, sono perlopiù delle complicanze sistemiche (di patologie come scompenso cardiaco, sindrome nefrosica, cirrosi epatica) caratterizzati dall’essere bilaterali e spesso associati anche ad altri segni sistemici come edemi declivi e versamento ascitico. In questo caso la terapia non è quella di una normale toracentesi ma bisogna prima correggere la causa (solitamente SC). !70 Gli essudati, invece, si associano tipicamente a patologie polmonari: sono caratterizzati dall’essere localizzati e mono-laterali. La polmonite batterica rappresenta una causa frequente di versamento pleurico essudativo (si sviluppa nel 60% dei pazienti con polmonite pneumococcica e nel 40% dei pazienti con polmonite batterica da altri agenti eziologici). La genesi è principalmente da ricondurre al coinvolgimento della pleura viscerale da parte del processo flogistico, con conseguente aumento della permeabilità microvascolare. La terapia prevede - da una parte il trattamento della polmonite con antibiotici e cortisone, - dall’altra la toracentesi per favorire la riespansione del polmone Nel caso dei tumori, il processo che favorisce la formazione del versamento è duplice: da una parte l’infiammazione provocata dal tumore stesso favorisce la vasopermeabilità, dall’altra le cellule neoplastiche possono occludere fisicamente gli stomi coinvolgimento linfatico e occlusione del riassorbimento. I linfatici infatti rappresentano l’unica via di eliminazione delle proteine dal cavo pleurico e la loro occlusione comporta la formazione di un essudato. In questo caso, l’essudato ha delle caratteristiche un po’ diverse: è molto abbondante (può arrivare fino a 8-10 litri) e soprattutto è recidivante, fin quando non si risolve il problema neoplastico alla base. Attraverso una toracentesi e con il ritrovamento delle cellule neoplastiche si può fare diagnosi. Oltre a polmoniti e tumori, altre cause di versamenti pleurici possono essere: a. ARDS b. malattie del tessuto connettivo (es. artrite reumatoide) c. asbestosi d. traumi del torace e. malattie endocrine e metaboliche (es. pancreatiti, causa ancora sconosciuta) f. versamenti idiopatici Quadro clinico La manifestazione clinica di un versamento dipende da diverse caratteristiche, tra cui sicuramente la velocità con cui si forma (lento può essere subdolo), la quantità di versamento (piccolo può rimanere asintomatico) e il tipo di versamento. I sintomi sono: - dolore toracico di tipo gravativo e restrittivo (il pz sente qualcosa che comprime il polmone) - dispnea dopo modico sforzo - tosse (per stimolazione di recettori tussigeni) - febbre (associata a polmonite) - generici !71 g. pH: normalmente valori simili a quello del sangue. Se > può essere un trasudato (7.40 – 7.50); se < 7.30 possibile rottura esofagea, empiema, artrite reumatoide, emotorace, TB, neoplasie 2) esame batteriologico: l’esame batteriologico va ad indagare l’eventuale germe che può aver indotto il versamento. 
 Solitamente si cercano i GC (germi comuni) e il BK diretto colturale (Bacillo di Kock). La ricerca del Bacillo di Cock è “diretta” perchè prevede la coltura del Mycobatterio (lunga, 4-8 settimane) e la colorazione di Ziehl Neelsen che lo mostra come una virgoletta rossa su sfondo blu. 
 Solo se ho il sospetto preciso, possono eseguire: PCR per ricerca TBC, ricerca di miceti e di anaerobi. 3) esame citologico: si esegue sempre (anche se è polmonite) e prevede la ricerca e tipizzazione di cellule neoplastiche. In presenza di cell tumorali nel versamento il tumore è al IV stadio e non è trattabile chirurgicamente ma solo con trattamento palliativo: si può eseguire il talcaggio pleurico, cioè l’introduzione di talco tra i foglietti pleurici in toracoscopia che crea infiammazione e fa aderire tra loro i foglietti pleurici, obliterando il cavo pleurico ed impedendo la nuova formazione di liquido. Quadri particolari a. pleuriti parapneumoniche: sono pleuriti che si sviluppano come conseguenza di polmoniti o broncopolmoniti non curate b. empiema pleurico: raccolta infettiva nel cavo pleurico. c. pleurite tubercolare: da Mycobacterium tubercolosis d. pleuriti virali: tipica da Adenovirus e. pleuriti legate a malattie autoimmuni (LES, artrite reumatoide, vasculite) f. pleuriti neoplastiche (o da infiltrazione di tumori primitivi del polmone o da mesoteliomi pleurici) Controindicazioni della toracentesi: controindicazioni assolute: difetti coagulativi non corregibili, instabilità del ritmo o dell’emodinamica cardiaca, pz non collaborante controindicazioni relative: enfisema bolloso, pz in ventilazione meccanica, infezione locale della parete toracica Strumenti - soluzione antisettica e batuffoli di garza sterile - telini sterili - siringhe da 10-20 ml - anestetico locale (lidocaina) - kit per toracentesi con ago atraumatico, sistema a valvola e busta per contenimento del liquido Procedura Prima della puntura, 1. Informare il paziente riguardo la procedura. La toracentesi, infatti, rientra tra i procedimenti cosiddetti invasivi e pertanto necessita l’acquisizione del consenso informato da parte del paziente 2. Rilevare polso, pressione arteriosa, stato emotivo del paziente 3. Escludere la presenza di controindicazioni 4. Accertarsi che non esista allergia all’anestetico locale 5. Ripetere un accurato esame obiettivo toracico confrontandolo con esami radiografici se recenti e disponibili Posizione del paziente: il paziente deve essere seduto su un piano rigido con le braccia appoggiate su un ripiano alto e per migliorare l’esecuzione della procedura è conveniente che la mano del paziente omolaterale alla sede della toracentesi venga appoggiata alla spalla controlaterale al fine di aumentare gli spazi intercostali e tenere le scapole lateralizzate. Il tronco in genere viene tenuto lievemente inclinato in avanti. Sede della puntura: La sede dell’iniezione raccomandata per evacuare liquidi è quella postero-laterale. La puntura va eseguita in corrispondenza dello spazio immediatamente inferiore al limite superiore del !74 versamento ovvero dove si apprezza la riduzione del fremito vocale tattile o la comparsa dell’ottusità alla percussione. In genere si esegue tra il V e l’VIII spazio intercostale sulla linea ascellare posteriore o tra la linea ascellare posteriore e la linea ascellare media. Inoltre nell’effettuare tale manovra tenersi lungo il margine superiore della costa inferiore per evitare di ledere il fascio vascolo-nervoso intercostale sovrastante. Infine, nei versamenti saccati il punto di elezione deve essere determinato di volta in volta con la semeiotica, con la radiologia o meglio con l’ecografia. Disinfezione locale: Accurata deve essere la disinfezione locale della cute toracica con batuffolo di garza imbevuto di soluzione antisettica (esempio Betatadine) deve essere posizionato al centro prescelto e con movimenti rotatori ci si deve allontanare progressivamente senza ripassare sulle zone già disinfettante. Un telino sterile deve essere posizionato sul letto del paziente oppure può essere meglio sistemato coprendo il pantalone del pigiama del paziente che così eviterà di sporcarsi. Anestesia locale: Per l’anestesia locale si infiltrano pochi ml di Lidocaina al 2% con una siringa da 5-10 cc, aspirando ripetutamente durante la progressione nella parete toracica per assicurarsi di non essere in un vaso sanguigno. E’ comune stratagemma di utilizzare la fase finale dell’anestesia per praticare una mini esplorazione del cavo pleurico. In questi casi si fa avanzare l’ago fino a raggiungere e superare la pleura, nel qual momento si avverte una tipica caduta della resistenza e la siringa in aspirazione raccoglierà liquido. E’ possibile, inoltre, utilizzare sulla superficie cutanea anche il cloruro di etili in spray; molti pazienti provano più fastidio per la sensazione di gelo che per la puntura dell’ago da toracentesi. Tecnica di esecuzione: Dopo aver ricercato con la punta dell’indice e del medio della mano sinistra lo spazio intercostale, si infligge l’ago innestato sulla siringa, perpendicolarmente alla parete toracica, facendolo scorrere lungo il dorso dell’unghia del dito fermamente fissato sul margine costale. L’ago utilizzato è lungo più o meno quanto una penna ed ha la caratteristica di essere protetto, cioè la parte tagliente esce solo quando incontra una resistenza (utile per evitare pneumotorace). La cute in corrispondenza dello spazio prescelto deve essere tesa con le dita della mano sinistra, mentre la mano destra che impugna la siringa come un fioretto introduce l’ago. Se si è praticata l’anestesia locale ovviamente si ripercorre il tragitto precedente. Dopo aver superato con un colpo secco la cute, la siringa deve avanzare lentamente, con lo stantuffo in lieve aspirazione, fino ad apprezzare la caduta della resistenza e la comparsa di liquido nella siringa. A questo punto si ritira lo stantuffo e la siringa si riempie facilmente di liquido pleurico. Una volta certi di trovarsi nel cavo pleurico, è opportuno che la punta dell’ago sia tenuta quanto più vicino possibile alla parete interna del torace, ovverosia l’ideale è farla sporgere pochissimo all’interno del cavo per evitare le lacerazioni del polmone. Il rubinetto a tre vie consente, a scelta, la comunicazione nei due sensi tra ago e siringa, tra siringa e sacca raccoglitrice o tra ago ed ambiente esterno. Termine della procedura: Normalmente si aspira 1,5 L di versamento per evitare di causare un'instabilità emodinamica e/o un edema polmonare associato alla riespansione del polmone (ci sono casi in ps in cui si ispira anche di più). Nei versamenti di grandi dimensioni, per eseguire grandi dosaggi un’alternativa all’utilizzo dell’ago è l’uso di una pig tail che ci permette di eseguire un piccolo dosaggio (simile ad una coda di maiale, permette di drenare in maniera lenta e progressiva il liquido). Al termine della procedura, un operatore toglie l’ago e uno posiziona un cerotto sulla sede di estrazione. Dopo un’ora e mezza circa si esegue un’Rx torace per verificare: efficacia della toracentesi e comparsa di eventuali complicanze. !75 Complicanze: a. complicanze maggiori: 15-20% 
 - pneumotorace (la più tipica, per ingresso di aria attraverso l’ago o trauma causato dall’ago) 
 - emotorace (per lacerazione del polmone, del diaframma o dei vasi intercostali/mammari interni) 
 - emoperitoneo (per lacerazione del fegato o della milza) 
 - infezioni (soprattutto da Staphylococcus epidermidis) 
 - edema polmonare unilaterale (da riespansione troppo rapida) b. complicanze transitorie: 
 • reazione vaso-vagale (lipotimia, ipotensione, collasso, sincope): ovviamente si interrompe la procedura e si posiziona il pz supino e/o con supporto di ossigeno 
 • ipossiemia transitoria: attribuita a varie cause quali l’alterazione del rapporto ventilazione/ perfusione per perfusione del polmone atelettasico oppure la formazione di aree circoscritte di edema polmonare. La somministrazione di ossigeno risolve comunemente questo problema. 
 • tosse: può essere scatenata da stimoli irritativi delle prime vie aeree o per riflessi innescati dalla riespansione del polmone. L’insorgenza della tosse durante l’esecuzione della toracentesi pone il quesito se interrompere o meno la procedura perchè i colpi di tosse sono pericolosi in quanto determinano movimenti rapidi della gabbia toracica. 
 • edema sottocutaneo: raro, si consiglia compressione prima manuale poi con bendaggio ed eventualmente con borse del ghiaccio 
 • enfisema sottocutaneo: raro nella toracocentesi, in genere autolimitante Empiema L’empiema è definito come una raccolta purulenta nel cavo pleurico. Nel 60% dei casi l’empiema rappresenta l’evoluzione di un processo essudativo parapneumonico. Molto difficile da curare perchè gli antibiotici difficilmente penetrano nel cavo pleurico. Gli agenti patogeni più frequenti sono: Stafilococchi, Streptococchi, gram —, anaerobi, micobatteri o miceti (soprattutto Actinomyces, Aspergillus e Pneumocistis carinii). I meccanismi eziologici con cui si sviluppa comprendono - diffusione per contiguità (ascesso polmonare, bronchiectasie), spesso avviene a seguito di polmoniti non curate - disseminazione ematogena - suppurazione in corso di pneumotorace aperto o a seguito di interventi chirurgici sul torace L’empiema è una raccolta di materiale che prevede diversi stadi 1. stadio precoce: essudato fluido (il pz può essere curato) 2. stadio fibrino-purulento: essudato viscoso con depositi di fibrina (si consolida) 3. stadio cronico: invasione di fibroblasti con formazione di sinechie pleuriche. Si sviluppa un fibrotorace, cioè l’evoluzione ultima dell’empiema; può essere risolto solo con un intervento chirurgico (che non assicura la pulizia totale). Quadro clinico Il quadro clinico dipende dall’entità e può essere lieve, solo con febbricola resistente a terapia, o severo, con stato settico generalizzato, febbre alta, dolore toracico, perdita di peso marcata, decadimento delle condizioni generali e anche cognitivo. Diagnosi La diagnosi si basa su dati clinici, esami di laboratorio (fondamentali gli indici di flogosi), RX del torace in due proiezioni, TC del torace, toracentesi (spesso non facile perchè il versamento non è più liquido e bisogna aiutarsi con un ecografo o con una guida radiologica per pungere in maniera localizzata). Trattamento Il trattamento prevede a. posizionamento di un tubo di drenaggio toracico b. lavaggi ripetuti del cavo pleurico con antibiotici o soluzioni antisettiche c. antibioticoterapia mirata !76 5. toracentesi con esame citologico del liquido prelevato (positivo) 6. videotoracoscopia con biopsia pleurica: può completare il quadro diagnostico consentendo l’osservazione diretta del cavo pleurico e il prelievo di biopsie multiple sotto visione diretta Prognosi Le forme benigne sottoposte a resezione chirurgica (toracoscopia) hanno una guarigione del 90% a 5 aa, nel 10% dei casi si registrano recidive. Le forme maligne invece hanno una sorpavvivenza minore e in assenza di trattamento la sopravvivenza è < 12 mesi. Allo stato attuale il 75% dei pz decede entro il primo anno e solo il 5% ragiunge i 5 aa. Questo è dovuto al ritardo con cui spesso viene effettuata la diagnosi ed anche all’aggressività della malattia. La Stadiazione secondo Butchart classifica: 1. stadio 1: limitazione del tumore a un solo lato con o senza interessamento polmonare, pericardico e diaframmatico 2. stadio 2: interessamento metastatico dei linfonodi toracici o delle strutture mediastiniche o della parete toracica 3. stadio 3: estensione della neoplasia al peritoneo o alla pleura controlaterale o alle stazioni linfonodali extratoraciche 4. stadio 4: diffusioni di metastasi a distanza Terapia La monoterapia per il mesotelioma pleurico maligno si è dimostrata inefficace e bisogna fare una terapia multimodale: a. chirurgia: la chirurgia gioca un ruolo chiave nell’iter sia diagnostico che terapeutico. 
 Per quanto riguarda la diagnosi, si utilizza per eseguire 
 • toracoscopia con biopsie pleuriche e minitoracoscopia 
 • pleurostomia e laparoscopia esplorativa (per escludere l’estensione intraaddominale della malattia) 
 Per quanto riguarda la terapia, la chirurgia si rende curativa con 
 • pleuro-pneumonectomia estesa
 • pleurectomia con decorticazione estesa b. radioterapia: la radioterapia è efficace per il controllo locale dopo pneumonectomia extrapleurica; a scopo palliativo può essere usata per il controllo del dolore c. chemioterapia: la monochemioterapia e la chemioterapia combinata forniscono percentuali di risposta maggiori del 20%; offre dei potenziali benefici quando utilizzata in regime terapeutico multimodale d. trattamenti addizionali: 
 - somministrazione sistemica ed intrapleurica di IL-2 e IFN-gamma 
 - terapia fotodinamica intraoperatoria 
 Il fallimento dei trattamenti unimodali, inizialmente utilizzati, nell’aumentare la sopravvivenza, ha spinto verso approcci multimodali. Fino a qualche anno fa l’approccio utilizzato prevedeva pleuropneumonectomia extrapleurica + cicli di chemioterapia, ad oggi ci si è accorti che la PPE non ha particolari vantaggi rispetto alla pleurectomia con decorticazione estesa e quindi si preferisce questo approccio. Gli elementi che condizionano la prognosi sono, quindi, l’istotipo, il coinvolgimento linfonodale, i margini di sezione liberi da malattia e l’invasione extrapleurica. La radioterapia ad oggi non è più usata per il trattamento del mesotelioma ma si utilizza in presenza di lesioni ossee o di infiltrazioni del muscolo. La pleurectomia con decorticazione estesa (PDE) prevede l’exeresi della pleura parietale e la decorticazione completa del polmone con resezione della pleura viscerale. Quindi, comporta resezione completa di pleura viscerale e parietale, ma può comprendere l’exeresi del pericardio, di parte del diaframma o di noduli polmonari. !79 La pleuropneumonectomia extrapleurica (PPE) allargata consiste nella resezione integrale “en bloc” di polmone, pleura, diaframma e pericardio e, in alcuni casi, anche di parte della parete toracica. !80 Polmoniti La polmonite è un processo infiammatorio a carico del parenchima polmonare caratterizzato da essudazione endoalveolare, peribronchiale e/o interstiziale, causato da agenti patogeni che hanno raggiunto le vie aeree distali. Le polmoniti possono essere causate da agenti batterici, virali, fungini o protozoari. Sottolineare che sia causata da agenti patogeni è molto importante perchè permette di distinguerle dalle infiammazioni alveolari sterili (alveoliti). Le polmoniti sono delle patologie caratterizzate da un’immagine radiologica di addensamento polmonare segmentario o multiplo, non preesistente nè riferibile ad altre cause note, che compare entro 72h dall’esordio clinico dei sintomi. Possono insorgere come evento acuto oppure sovrapporsi a precedenti quadri patologici sia respiratori (BPCo, patologie interstiziali, ..) che non (soggetti immunodepressi). Patogenesi L’infezione del parenchima polmonare può instaurarsi in condizioni di inefficacia delle difese delle vie aeree (filtro nasale, clearance muco-ciliare, macrofagi e cell dell’immunità umorale). I fattori predisponenti comprendono - fumo di sigaretta - BPCO - infezione virale ricorrente - immunodepressione - elevata carica di microrganismi Le sorgenti di infezione possono essere ambientali (aria, acqua, cibo, superfici), apparecchiature (mediche come ventilatori, sondino, tubo endotracheale), personale sanitario, altro. Uno studio inglese aveva dimostrato che i tasti del pc e le cravatte, per esempio, sono due elementi particolarmente ricchi di contaminanti. Le possibili vie d’invasione sono diverse a. aerogena: può avvenire per aspirazione di microorganismi che colonizzano l’orofaringe o per inalazione di aerosol ad elevata carica di microrganismi. b. ematogena: avviene per embolizzazione settica da focolaio infetto extrapolmonare, generalmente sostenuta da S. aureus (a partire da un’endocardite batterica dx o da infezione di catetere venoso); la disseminazione ematica è spesso complicata da meccanismi di necrosi che determinano comparsa di ascessi polmonari c. per contiguità o inoculazione diretta: è rara, provocata da infezione adiacente mediante intubazione oro- tracheale L’aspirazione di microorganismi che colonizzano l’orofaringe è la via d’infezione più frequente. La polmonite è più probabile nel caso di aspirazione di grande volume di secrezioni (alterazione della deglutizione, disfunzione neurologica, alterazione dello stato di coscienza), alta virulenza dei patogeni aspirati o aspirazione di contenuto gastrico. Nell’orofaringe di individui sani è possibile ritrovare: S. pyogenes, S. pneumonie, Stafilococchi, Neisseria, Corynebacterium, Hemofilus influenzae, Moraxella catarrhalis, Mycoplasma pneumoniae. Predispongono alla colonizzazione da gram negativi il ricovero, l’età avanzata, il diabete mellito, l’alcolismo e altre comorbidità. L’inalazione di aerosol ad alta carica di microorganismi consiste nell’inalazione di particelle di ø < 5 µm (microgocce o droplets) a lungo sospese in aria che possono raggiungere le vie aeree terminali. E’ la principale modalità di infezione dei microorganismi atipici: Mycoplasma, Chlamydia, Coxiella, virus, Mycobatteri, Legionella, Aspergillus. !81 Il principale agente eziologico è Streptococcus pneumoniae, un patogeno gram +, saprofito della mucosa oro-faringea di cui esistono 82 sierotipi classificati in base all’Ag capsulare. I primi 3 sono i principali responsabili della > parte delle infezioni polmonari. Patogenesi: in particolari condizioni di riduzione delle difese organiche, il microorganismo raggiunge gli alveoli e qui si moltiplica attivamente e diffonde agli alveoli contigui; è arrestato nella sua invasione dai setti intersegmentari e dalle scissure interlobari. Nella polmonite lobare, da un punto di vista patologico si distinguono 4 fasi: 1) fase delle congestione: caratterizzata dall’arrivo del germe nell’alveolo, reazione alveolare e congestione vascolare con formazione di un essudato intraalveolare in cui si trovano pochi neutrofili e molti batteri. Dura 48-72 ore. 2) fase dell’epatizzazione rossa: il tessuto polmonare assume aspetto e consistenza del tessuto epatico; a a questo punto a livello alveolare compare un essudato ricco di fibrina, neutrofili in fase di attiva fagocitosi dei pneumococchi e dei globuli rossi (sono presenti moltissime cellule). Dura 48-72 ore. 
 Il sangue inizia a passare nei capillari alveolari senza ossigenarsi, fenomeno che prende il nome di effetto shunt, ed è per questo motivo che in presenza di polmoniti può comparire insufficienza respiratoria. 
 All’Rx la zona di epatizzazione si riflette in un'area di opacizzazione più o meno diffusa. 3) fase dell’epatizzazione grigia: continua l’accumulo della fibrina mentre i neutrofili e i globuli rossi vanno incontro a disfacimento. L’aspetto roseo del parenchima polmonare viene sostituito da un aspetto grigiastro. 4) fase della risoluzione: il materiale essudatizio va incontro a fluidificazione ed espulsione o riassorbimento fino alla completa risoluzione della flogosi e restitutio ad integrum. Clinica: febbre ad inizio brusco, preceduta da brividi ed accompagnata a dolore toracico, tosse secca, scarsa espettorazione rugginosa, respiro frequente, oliguria. La sintomatologia in assenza di terapia si mantiene stazionaria per 5-7 giorni per poi osservarsi una caduta per crisi con profusa sudorazione. Esame obiettivo: - ispezione: il polmone coinvolto sarà ipomobile - palpazione: FVT sarà tanto più trasmesso quanto più solido è il contenuto del parenchima, quindi nella fase di epatizzazione sarà aumentato - percussione: la riduzione del contenuto aereo nella regione interessata determina un’area di ottusità - auscultazione: nella prima fase in cui gli alveoli sono pieni di liquido, il MV è ridotto e compaiono rantoli crepitanti per il movimento del liquido (crepitatio indux); nella seconda e terza fase, scompaiono i rantoli perchè il materiale è solito e si può riscontrare silenzio respiratorio e MV assente; nella quarta fase si ha un ritorno allo stato fluido del contenuto e quindi nuovamente rantoli crepitanti (crepitatio redux) N.B: le crepitazioni si possono riscontrare anche in presenza di versamento pleurico (in tal caso però saranno > alla base del polmone, qui invece in distretti differenti) o nelle interstiziopatie (in tal caso bilaterali e a livello delle basi polmonari); si possono riscontrare anche in BPCO se questa è associata ad un evento fibrosante o scompenso cardiaco con congestione basale. Terapia: l’antibiotico di prima scelta è la penicillina G (quindi beta-lattamici) ma anche macrolidi, cefalosporine etc. Prevenzione: in soggetti a rischio (affetti da malattie croniche cardiorespiratorie o renali o epatiche, diabetici, immunodepressi ect) è indicato il vaccino costituito da antigeni polisaccaridici di 23 sierotipi di streptococcus pneumoniae. Protezione per 5 anni nel 90% dei soggetti. Polmonite interstiziale Trattandosi di germi intracellulari, in questo caso è più difficile riscontrare clinicamente alterazioni dell’obiettività (alla percussione non si evidenziano zone di ottusità), eventualmente il MV è leggermente ridotto. In questo caso la terapia antibiotica si protrae per 7-10 giorni. Quadro clinico !84 Il quadro clinico dei soggetti con polmonite è caratterizzato da - febbre - tosse - espettorato - dolore toracico: compare solo in presenza di coinvolgimento della pleura parietale (per mancata innervazione del polmone) e a questi si possono associare sintomi sistemici come mialgia, cefalea, astenia, vomito, nausea, diarrea e dolore toracico da reazione pleuritica (e più nello specifico anche versamento pleurico). Solitamente, le polmoniti comunitarie hanno un esordio più brusco con sintomatologia più intensa rispetto alle polmoniti nosocomiali che invece più spesso hanno esordio subdolo. In base alla classificazione clinico-radiologica distinguiamo due forme di polmoniti differenti: a) polmonite tipica: 
 pattern radiologico: polmonite lobare o broncopolmonite 
 clinica: 
 • esordio brusco con febbre elevata con brividi 
 • tosse produttiva
 • tachipnea, tachicardia, dolore pleuritico, astenia, anoressia 
 • incremento degli indici di flogosi e leucocitosi 
 esame obiettivo: 
 - ispezione: tachipnea e possibile ipoespandibilità dell’emitorace interessato 
 - palpazione: aumento del FVT 
 - percussione: ipofonesi
 - auscultazione: MV da fisiologico a soffiante fino ad abolito (nel caso di atelettasia e versamento), soffio bronchiale, crepitii (crepitatio indux e redux da correlare alle fasi evolutive dell’infezione) b) polmonite atipica 
 pattern radiologico: polmonite interstiziale 
 patogeni: agenti intracellulari come virus o batteri come mycoplasmi, Chlamydia, Rickettsie, Mycobacterium tubercolosis 
 clinica: 
 • rialzo febbrile moderato senza brividi 
 • tosse non produttiva
 • cefalea, mialgie, atralgie 
 • non leucocitosi 
 esame obiettivo: 
 - ispezione, palpazione, percusione: reperti non significativi 
 - auscultazione: possibili rantoli crepitanti teleinspiratori ed eventuale segno di flogosi bronchiale Diagnosi La diagnosi prevede A. anamnesi ed esame obiettivo B. indagini di imaging: Rx torace, TC torace, ecografia toracica C. esami ematochimici D. eziologica: 
 • espettorato 
 • broncolavaggio e lavaggio broncoalveolare (BAL) → mediante broncoscopia 
 • sangue (Ab, emocolture) 
 • urine (Ag urinari) Indagini di imaging All’imagin si ottengono pattern differenti in base al tipo anatomopatologico di polmonite: !85 1) polmonite lobare Patogeni: S. pneumoniae, H. influenzae, Klebsiella pneumoniae, E. coli, Legionaella spp Rx torace: caratterizzata da singole opacità che coinvolgono un intero lobo polmonare. TC torace: la polmonite lobare appare alla TC del torace come una area di consolidamento polmonare, spesso associata ad un versamento pleurico consensuale. Vi è inoltre un secondo reperto caratteristico: il broncogramma aereo, una piccola quota di aria che permane all'interno del parenchima consolidato. Eco toracica: Il polmone normale è inesplorabile agli ultrasuoni, tuttavia è un utile in presenza di addensamenti polmonari e versamenti   pleurici: il consolidamento polmonare appare come un'area iperecogena mentre il versamento pleurico è definito dalla scomparsa dello sliding pleurico 2) broncopolmonite Patogeni: S. aureus, P. aeruginosa, altri gram — Rx torace: appare segmentale 3) polmonite interstiziale Patogeni: Chlamydia pneumoniae, Micoplasma pneumoniae, virus influenzali, RSv Rx torace: ispessimento della trama interstiziale (setti interalveolari) TC torace: si osservano addensamenti tenui ed omogenei a vetro smerigliato (ground   glasses),   più spesso   ai lobi inferiori, con distribuzione dall'ilo   alla   periferia e possono avere carattere   segmentario e   sottosegmentario. Vengono risparmiati lobi e alveoli. L'esame obiettivo risulta essere  meno   indicativo proprio per   l'interessamento  prevalentemente  interstiziale. 4) altri: 
 • opacità nodulari: Mycobacterium spp, Aspergillus, Candida, altri organismi giunti per disseminazione ematogena 
 • cavitazioni: S. aureus, gram —, anaerobi, Mycobacterium tubercolosis, Aspergillus Esami ematochimici Esami di laboratorio: - emocromo: leucocitosi neutrofila (batteriche) o leucocitosi (virali) - PCR: fornisce informazioni relative al processo infiammatorio in atto e guida l’inizio e la fine della terapia antibiotica - procalcitonina: utile nella differenziazione di una polmonite batterica o virale (aumenta nelle batteriche) - aumento proteine di fase acuta: D-dimero e fibrinoceno (DD con embolia polmonare di cui abbiamo ipocapnia) - alterazioni di funzionalità epatica e renale nelle forme gravi Emogasanalisi: puà mostrare ipossia con ipercapnia (acidosi respiratoria) o normo-ipercapnica (se iperventilazione) Indagine eziologica Si eseguono esami colturali su: a. espettorato: prelievo di 1-2 ml di escreato emesso spontaneamente dal pz e raccolto in un contenitore sterile con tappo a vite. E’ diagnostico nel 10% dei casi ma ci sono molto FP per contaminazione (bassa specificità); può dare informazioni preliminari al primo giorno, risultato negativo il secondo giorno e positivo il terzo giorno. b. aspirato tracheale: prelievo di secrezioni con sondino naso-tracheale !86 • R: respiratory rate → FR ≥ 35 atti/min • B: blood pressure → pressione sistolica < 90 mmHg o diastolica ≤ 60 mmHg • 65: età → > 65 anni in base al punteggio ottenuto è indicato il luogo di cura. Il PSI (Pneumonia Severity Index), invece, attribuisce i seguenti punteggi: I criteri per la definizione di polmonite severa comprendono A) criteri minori: - Frequenza respiratoria > 30 atti/minuto - PaO2/FiO2 < 250 - Polmonite multilobare - Confusione/disorientamento - Azotemia > 20 mg/dL - Leucopenia WBC < 4000 cell/mm3 - Piasrinopenia < 100.000 cell/mm3 - Ipotermia < 36°C - Ipotensione che necessita di importante idratazione B) criteri maggiori: - Necessità di ventilazione meccanica - Shock settico che richiede somministrazione di ammine La presenza di almeno 3 criteri minori o di 1 criterio maggiore definisce la polmonite severa. Per quanto riguarda la terapia antibiotica, il trattamento iniziale è sempre empirico per • la necessità di interventire prontamente una volta sospettata/accertata la diagnosi • la consapevolezza che nel 60% dei casi non è possibile trovare l’organismo patogeno responsabile nonostante i test diagnostici Si basa sulla valutazione dell’età, della gravità del malato, delle eventuali comorbidità di ciascun paziente, dell’eziologia più probabile e dei modelli di resistenza di ogni area. !89 Linee guida terapeutiche sono state sviluppate da molte organizzazioni, le più recenti sono state pubblicate ad Ottobre 2019 (Diagnosis and Treatment of Adults with Community-Acquired Pneumonia. An Official Clinical Practice Guidline of the American Thoracic Society and Infectious Diseases Society of Amenica https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31573350.) Le linee guida devono essere adattate alle situazioni locali di sensibilità, ai prontuari farmaceutici e alle circostanze individuali del paziente.  Una volta diagnosticato l’agente eziologico, si inizia una terapia antibiotica mirata modificata sulla base dell’antibiogramma. In generale, la terapia empirica a. in polmoniti comunitarie → si basa su beta-lattamici, chinolonici, claritromicina, perchè solitamente sostenute da pneumococco o germi intracellulari b. in polmoniti nosocomiali → si basa su carbapenemici, aminoglicosidi o fluorochinolonici di prima generazione, perchè solitamente sono sostenute da gram —, anaerobi o particolari gram + Terapia della polmonite da Pneumococco L’antibiotico di prima scelta è un β-lattamico (penicilline o cefalosporine), ma ci sono altre opzioni terapeutiche come fluorochinoloni, macrolidi o tetracicline. Il trattamento deve durare almeno 7-10 giorni. Diverse invece le terapie per M. pneumonie e C. pneumonie che necessitano 10-14 giorni o quelle da L. pneumophila che necessita almeno 14 gg. Nei soggetti immunocompromessi sono richieste durate di almeno 3 settimane. Prevenzione: sono disponibili due tipologie di vaccino anti-pneumococcico, diretti contro sierotipi che hanno maggiori probabilità di causare una malattia grave: Terapia empirica Polmonite Terapia Polmonite alveolare classica L’agente eziologico più verosimile è lo Pneumococco quindi somministriamo • penicillina (Augmentin, cioè Amoxicillina + ac. clavulanico) per os, perchè in Italia lo Pneumococco è ancora sensibile alla penicillina Polmonite interstiziale Poichè gli agenti eziologici in questo caso sono intracellulari, dovrò utilizzare farmaci che penetrano nelle cellule • macrolidi • tetracicline • fluorochinolonici di III generazione (Levofloxacina) MRSA Teicoplanina o Linezolid Gram negativi produttori di beta- lattamasi a spettro esteso • Carbapenemici In presenza di Klebsiella, Acinetobacter e Pseudomonas resistenti anche ai carbapenemici: • Tigeciclina Anaerobi (presenza di un ascesso) Clindamicina P. carinii Bactrim (Trimetoprim + Sulfametossazolo) Polmoniti virali • VZV: Aciclovir • CMV: Ganciclovir • virus influenzale: Oseltamivir Polmoniti da funghi • azolici • amfotericina B • echinocandine !90 a) vaccino coniugato (PCV13) che protegge da 13 tipi di pneumococchi. Consigliato a: bambini, soggetti ≥ 65 aa o soggetti con malattie renali croniche, immunodepressi o splenectomizzati (alto rischio) b) vaccino polisaccaridico (PPSV23) che protegge da 23 tipi di pneumococchi. Protezione per 5 anni. Consigliato a: soggetti ≥ 65 aa o soggetti con malattie renali croniche, immunodepressi, splenectomizzati, cardiopatie croniche, m. polmonari, m. epatiche, diabete mellito, alcolisti e fumatori (alto rischio). Resistenza agli antibiotici Il largo impiego di antibiotici ad ampio spettro, nonché l’utilizzo di antibiotici su pazienti immunocompromessi o ricoverati in terapia intensiva ha selezionato patogeni multiresistenti definiti MDR (Multi-Drug Resistant), responsabili di gravi infezioni nosocomiali (oltre il 70% dei batteri che provocano un’infezione nosocomiale è resistente ad almeno uno degli antibiotici di più frequente impiego). Fattori di rischio per MDR nelle infezioni nosocomiali: - degenza prolungata in regime ordinario o in UTI - durata della ventilazione meccanica: > 7 gg - presenza di co-patologie (polmonari, cardiopatie, diabete) - recente impiego di antibiotici ad ampio spettro: dosaggi e/o durata della terapia subottimali - precedente terapia corticosteroidea Patogeni specifici che hanno dimostrato resistenze antibiotiche comprendono 1. Drug Resistant Streptococcus pneumoniae (DRSP): sono ceppi di pneumococco che mostrano resistenza ai beta-lattamici ma anche ad altre classi di antibiotici come i macrolidi e per questo è un fenomeno da controllare. Per fortuna negli ultimi anni in Italia si è visto un lieve calo della resistenza. 2. Stafilococcus aureus Meticillino-Resistente (MRSA): in tal caso si utilizzano vancomicina e linezolid. Fattori di rischio sono: operazioni chirurgiche, ricoveri in terapia intensiva, contatto con pz o operatori sanitari portatori, permanenza in ambito ospedaliero per più di 48 h, cateteri o altri dispostivi. Complicanze Le complicanze della polmonite possono essere molto serie e mettere a rischio la vita del malato. Sono più comuni nelle persone più fragili: gli anziani, i bambini e le persone con altre patologie, come il diabete. Devono essere sospettate in caso di non risoluzione del quadro clinico dopo adeguata terapia o per un peggioramento delle condizioni cliniche. Comprendono: a. pleurite, infiammazione della pleura, spesso accompagnata da versamento pelurico. E’ la complicanza più comune. b. empiema, infezione del liquido pleurico che rende necessaria un’evacuazione chirurgica, mediante drenaggio pleurico e interventi più invasivi. c. ascesso polmonare, cioè formazione di cavità all’interno del polmone piena di pus, causata da un’infezione e circondata da tessuto infiammatorio d. sepsi e shock settico, causato da diffusione ematogena dell’infezione e. ARDS (Sindrome da distress respiratorio acuto): patologia potenzialmente fatale che causa un’insufficienza respiratoria acuta grave. È causata da una lesione alla parete capillare con fuoriuscita e accumulo di liquido negli alveoli e collasso delle sacche d'aria, rendendo i polmoni incapaci di effettuare lo scambio tra ossigeno e anidride carbonica. !91 Disturbi del sonno e monitoraggio I disturbi del sonno sono una serie di patologie caratterizzate da anomalie del ciclo respiratorio durante il sonno e possono essere classificate in base allo sforzo respiratorio in: a) ostruttive (nella > parte dei casi): determinate da alterazioni morfologiche, cioè restringimento o ostruzione delle vie superiori • roncopatia, cioè ostruzione parziale e intermittente senza disturbo del sonno • OSA (Obstructive Sleep Apnoea), senza sintomi • OSAS (Obstructive Sleep Apnoea Syndrome) e OSAHS (Obstructive Sleep Apnoea/Hypopnoea Syndrome), con sintomi • sindrome dell’ipoventilazione nel paziente obeso b) centrali: cessazione del flusso aereo con mantenuta pervietà delle alte vie. 
 • apnee di tipo centrale (CSA) → alterazioni funzionali centrali c) miste: iniziano come centrali e terminano come ostruttive In realtà, però, per disturbi del sonno intendiamo non solo apnee notturne ma anche tutta una serie di patologie che possono portare ad una cattiva qualità del sonno e quindi ad una cattiva respirazione notturna. Tra queste patologie includiamo: A. asma: in particolare forme di asma notturne dovute ad allergeni quali acari (principalmente presenti nel materasso oltre che su tende o divani), gatti (saliva del gatto e meno dei cani) e muffe (principalmente Aspergillus). Il polline è un allergene non notturno perchè la temperatura fredda abbatte il polline presente per terra e per questo si dovrebbe consigliare ai pz di aprire le finestre di notte e chiuderle la mattina. B. BPCO C. ipertrofia prostatica: una nicturia particolarmente marcata può compromettere la durata del sonno; N.B: in realtà la nicturia è anche un sintomo condiviso in quanto l’iperstimolazione simpatica conseguente all’arousal determina aumentato rilascio di adrenalina, quindi aumento della FC, della PA e della filtrazione renale. D. ipertensione arteriosa Fisiologia del sonno Durante il sonno l’attività respiratoria è fisiologicamente diminuita, si assiste ad una fisiologica ipoventilazione notturna. Il sonno è caratterizzato dall’alternarsi di a. sonno non-REM, cioè 4 stadi progressivamente più profonde con tipiche onde elettroencefalografiche b. sonno REM, caratterizzato da movimenti oculari tipici (REM = Rapid Eye Movements) in cui la ventilazione viene ulteriormente ridotta (questo può rappresentare un problema in soggetti a rischio). Nel soggetto normale queste due fasi durano circa 90 minuti e si susseguono circa 4-6 cicli durante la notte. L’ipoventilazione notturna è fisiologica perchè durante il sonno le richieste metaboliche dell’organismo sono minori e quindi la ridotta funzionalità dell’apparato respiratorio non si traduce, fisiologicamente, con una caduta dell’ossigenazione o degli scambi di CO2. Durante la notte vi è un’ipotonia muscolare fisiologica che determina un “cedimento” delle prime vie aeree: durante il giorno le vie aeree superiori sono mantenute pervie da 34 muscoli che cooperano per le funzioni. Durante la notte, l’ipotonia di questi muscoli determina una caduta del calibro e un aumento delle resistenze al flusso aereo che oscilla tra il 40 e il 60%. Tuttavia, la riduzione delle richieste metaboliche fa sì che tutto questo non sia motivo di patologia fisiologicamente. OSAS L’OSAS (Obstructive Sleep Apnea Syndrome) è una sindrome caratterizzata da episodi di ostruzione completa (apnee) o incompleta (ipoapnee) ricorrente delle vie aeree superiori associati !94 a frammentazioni del sonno (microrisvegli in corrispondenza delle apnee o arousal), russamento intenso e sonnolenza diurna, cui possono seguire sequele cardiovascolari e neurocomportamentali dovute principalmente ai numerosi episodi di desaturazione ossiemoglobinica e iperattivazione del tono simpatico. Si parla di • apnea → riduzione del flusso aereo >90% oronasale per almeno 10 secondi • ipoapnea → le definizione di ipoapnea può essere: 
 a) raccomandata: riduzione del flusso aereo ≥ 30% + desaturazione di almeno 4% rispetto al basale 
 b) alternativa: riduzione del flusso aereo ≥ 50% + desaturazione di almeno 3% rispetto al basale 
 in entrambi i casi la durata dell’apnea deve essere di almeno 10 secondi. Epidemiologia Colpisce > tra 40-65 aa anche se può colpire bambini soprattutto in presenza di ipertrofia endotonsillare o alterazioni del massiccio maxillo-facciale: secondo studi del 2016, la prevalenza di OSAS è ~3-7% nel sesso maschile e del ~2-5% nel sesso femminile, tuttavia sono solo dati parziali perchè si tratta di una malattia sottodiagnosticata. E’ stata riscontrata notevole associazione con: ipertensione (fino all’80%), SC (fino al 50% dei pz), patologia ischemica (fino al 60%), obesità (fino all’80%) e ictus pregresso (fino al 90%). M > F ma nelle donne in gravidanza o post-menopausa M = F. Questo perchè gli ormoni femminili sembrerebbero essere protettivi per la donna, perchè se la donna avesse deficit respiratori durante la notte questo potrebbe determinare ipossia del feto, e quindi si tratta di un meccanismo di protezione evoluzionistico. Le OSAS hanno una prevalenza molto maggiore nei pz obesi (principale fattore di rischio): questo perchè nei pz obesi si aggiunge una maggior dimensione della lingua e una posizione più bassa dell’osso ioide. Le OSAS aumentano il rischio di incidenti stradali per alterazioni cognitive e sonnolenza diurna: per questo motivo è possibile rinnovare o emettere la patente solo a pz affetti da OSAS severo che si sottopongono alle cure. Per quanto riguarda i bambini, tra i 2-6 anni le OSAS sono molto frequenti per due motivi: 1) addensamento di grasso nelle vie aeree durante lo sviluppo, 2) ipertrofia tonsillare molto frequente (dovuta all’immaturità del SI). Il vero problema è che le OSAS possono ridurre il rilascio di GH determinando gravi disturbi della crescita (facies specifica, in particolare nel bambino asmatico) e possono determinare l’instaurarsi di disturbi respiratori anche nell’adulto. Eziopatogenesi Fisiologicamente, le vie aeree superiori (faringe) non hanno supporto osseo e la pervietà è garantita dal tono della muscolatura faringea (genioglosso e m. tensore del velo palatino), la cui attività è regolata da riflessi del SNC e da recettori faringei. Durante l’inspirazione, in cui la pressione della faringe è minore di quella atmosferica, e la contrazione muscolare garantisce la pervietà del lume. Durante il sonno (e in particolare durante la fase REM) si assiste ad una riduzione del tono della muscolatura, addirittura fino a completa paralisi, e la funzione respiratoria è garantita solo dal muscolo diaframma. La parte più prossimale delle vie aeree che non è sostenuta da struttura cartilaginea (faringe) tende al collasso, con la riduzione o l’arresto del flusso aereo oro-nasale. In generale, possiamo dire che se la pressione esterna al segmento collassabile (faringe) supera la pressione intraluminale (pressione critica) si determina il collasso: ciò avviene principalmente per • aumento resistenza a livello nasale • ridotto tono muscoli faringei (ridotta responsività) • aumento della pressione negativa endoluminale (inspirazione) I fattori di rischio per lo sviluppo di questo quadro patologico comprendono - obesità (per quamento dell’adipe alla base del collo e per la macroglossia): per valutarla bisogna utilizzare BMI, circonferenza del collo (>43 cm M e > 41 cm !95 F) e circonferenza della vita (>94 cm M o 80 cm F) 
 N.B: anche un soggetto longilineo può essere affetto da OSAS perchè la maggior distanza tra osso ioide e cricoide stira le strutture muscolari predisponendo al collasso! - alterazioni anatomo-funzionali delle vie aeree superiori: ipertrofia adeno-tonsillare, micrognazia, ridotta pervientà nasale (poliposi, deviazioni del setto, ipertrofia dei turbinati), macroglossia, dismorfismi cranio-facciali, acromegalia, ipotiroidismo (gozzo) - assunzione di alcol, fumo, farmaci miorilassanti - predisposizione genetica Come conseguenza dell’apnea, si sviluppano un calo dell’ossigenazione e un aumento dell’anidride caribonica che determinano attivazione di meccanismo compensatorio: scomparsa dell’ipertono vagale (fisiologicamente notturno) e iperstimolazione simpatica, con conseguente “microrisveglio cerebrale” o “arousal” (del quale solitamente il soggetto non conserva memoria), che determina improvvisa iperventilazione e aumento della pressione arteriosa. Gli arousals hanno solitamente durata ≥2 sec e possono essere di diversa intensità: causano frammentazione del sonno non permettendo al paziente di raggiungere le fasi più profonde e riposanti. Per questo spesso i pazienti sviluppano alterazioni neurocognitive, nervosismo, confusione, deficit di memoria, sonnolenza diurna. Tutto questo si può associare, come conseguenza a lungo andare a fenomeni di • insufficienza respiratoria notturna • policitemia (stimolata dall’ipossia) • danni endoteliali: l’ipossia intermittente sembra attivare linfociti e monociti a produrre citochine pro- infiammatorie responsabili di danno endoteliale e vascolare (TNF-alfa, NF-kB, HF-1) • alterazioni cardiovascolari • alterata produzione di ormoni sessuali e perdita della libido Le sequele cardiovascolari sono molto importanti e comprendono A. effetti acuti (mediati dall’ipossia): - ridotto apporto di O2 al miocardio → aumentata richiesta di O2 dal miocardio → ischemia cardiaca durante il sonno - edema polmonare (per aumento del post-carico nel VS) - aritmie cardiache: sono determinate da sovraccarico cardiaco indotto dall’attivazione del simpatico e dal rilascio di adrenalina che porta ad un’insufficienza cardiaca destra (per ipertensione polmonare) e conseguenti aritmie B. effetti cronici: - effetti sul miocardio: ipetrofia ventricolare sx e SC sinistro - alterato controllo del sistema autonomo: ipertensione arteriosa 
 L’ipertensione arteriosa è prevalentemente diastolica - auemnto dell’aggregabilità piastrinica e della coagulazione (rischio trombo-embolico) L’ipertensione arteriosa è favorita dai seguenti meccanismi: !96
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