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Blok: I Dodici - La Rivoluzione Bolscevica e la Fede, Appunti di Letteratura Russa

Russian LiteraturePoetry AnalysisModernismRevolutionary Literature

Il poema I Dodici di Blok, scritto nel gennaio 1918, descrive lo stato di spaesamento e l'entusiasmo vissuto dai russi durante la rivoluzione bolscevica. Ambientato in una sera di bufera di gennaio, il poema segue le gesta dei dodici rivoluzionari e si sofferma su diverse percezioni della rivoluzione attraverso vari personaggi. Il poema è caratterizzato dalla molteplicità di toni usati da Blok, dal linguaggio basso da bordello a quello aulico e religioso. La presenza di Gesù Cristo all'interno di un inno alla rivoluzione ha creato scompiglio tra i critici e i letterati, poiché la rivoluzione bolscevica era considerata atea. interessante anche a livello musicale, a causa del continuo gioco di rime russe che ha causato problemi ai traduttori italiani.

Cosa imparerai

  • Che tema tratta il poema I Dodici di Aleksandr Blok?
  • Come si accordano le molteplicità di toni usati da Blok nel poema I Dodici?

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 07/01/2019

jack9310
jack9310 🇮🇹

1 documento

Anteprima parziale del testo

Scarica Blok: I Dodici - La Rivoluzione Bolscevica e la Fede e più Appunti in PDF di Letteratura Russa solo su Docsity! Il suo poema I Dodici è dedicato proprio alle prime fasi della rivoluzione, ed infatti è stato scritto nel gennaio 1918, solo pochi mesi dopo la presa del potere da parte dei bolscevichi, e descrive con successo lo stato di spaesamento e insieme di entusiasmo vissuto dai suoi connazionali – e da lui per primo – di fronte all’instaurazione del nuovo ordine. Questo lungo componimento, di 335 versi, è ambientato in una sera di bufera di gennaio, e, benché segua le gesta dei dodici rivoluzionari, da cui appunto prende il nome, si sofferma tuttavia su diverse percezioni della rivoluzione, attraverso vari personaggi: la vecchietta che non capisce lo spreco di fogli per gli slogan politici («Piange una vecchia, sta a soffrire, / mai capirà che vorrà dire, / a che serve lo striscione, / quell’enorme telone»), il letterato dai capelli lunghi che decreta la morte della Russia («Traditori! / La Russia muore!»), il prete che cammina tra la neve, il borghese che alza il bavero del colletto per ripararsi dal freddo («Passerotto di un borghese: fila!»), il cane tignoso, e i dodici bolscevichi che proseguono nella tormenta per andare a combattere. E lo sconvolgimento rivoluzionario si riversa nella vita di ognuno, con esiti rovinosi perfino per i dodici compagni: uno di loro, Pet’ka, uccide la sua amata prostituta Kat’ja, e già non è più chiaro se a spingerlo a tanto sia stato il tradimento in sé o il fatto che il suo nuovo amante Vanja fosse un soldato, quindi un nemico. Pet’ka è un compagno ma è anche un uomo, e si tormenta per quel che ha fatto, quasi impazzisce, riversa il suo dolore sui compagni, che però gli ricordano del loro primo e unico impegno: la guerra («ma che sei, una comare? […] / Ma ti pare che è il momento / di sentire la tua lagna?! / Ci son cose più pesanti / che ci attendono, compagno!»). La particolarità del poema è proprio l’inserire una grande varietà di situazioni che si accorda con la molteplicità di toni usata da Blok: dal linguaggio basso da bordello – dove vanno a rifocillarsi i dodici insieme agli operai, e dove si trova Katja – a quello aulico e addirittura religioso, per esempio nell’ultima parola del poema: Cristo, «Iesuchristo». Persino nella grafia del nome di Gesù, Blok si rifà alla tradizione ortodossa più antica. E come mai, in un inno alla rivoluzione, è presente Gesù Cristo? Questo è ciò che ha creato scompiglio anche un secolo fa tra i critici e i letterati: la rivoluzione bolscevica è stata una rivoluzione atea, e in questo stesso poema si ripete spesso il sintagma «senza croce», eppure proprio alla fine, quindi in posizione di estremo risalto nella costruzione del componimento, compare il nome sacro per eccellenza. Probabilmente, concordando con la lettura che ne dà Cesare G. De Michelis, è perché Blok percepisce la rivoluzione, impersonata dai Dodici, come un andare, come una processione aperta da un Cristo-guida per la creazione del suo Regno sulla terra di Russia. Il testo è interessante anche a livello musicale, come lo stesso Blok si era reso conto, grazie a un continuo gioco di rime, che ha creato non pochi problemi ai traduttori italiani: il loro principale dilemma è stato se rispettare la musicalità, sacrificando il senso letterale del testo, o se operare in maniera opposta, a
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