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La Canzone di Leopardi: Il Suono della Campana - Titolo e Descrizione, Appunti di Italiano

La poesia 'Il Suono della Campana' di Giacomo Leopardi, esplorando i suoi temi centrali, come la giovinezza, l'illusione e la memoria. La prima strofa presenta il contrasto tra la solitudine del passero e la festa degli altri uccelli, mentre la seconda strofa introduce la figura di Leopardi e la sua relazione con la giovinezza. anche dell'uso di linguaggio poetico e la rappresentazione dell'infinito in questa opera. La canzone è una libera composizione di sei strofe in endecasillabi e settenari alternati, scritta nel 1828.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 10/12/2021

vivarellisara
vivarellisara 🇮🇹

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Scarica La Canzone di Leopardi: Il Suono della Campana - Titolo e Descrizione e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! IL PASSERO SOLITARIO &® è una canzone libera composta da 8 strofe di settenari e endecasillabi. La stesura di quest'opera risale al 1881 e sotto un punto di vista metrico si avvicina ai canti pisano-Pecanatesi. È I°11 componimento dei canti ed è collocato prima dell’Infinito. Leopardi paragona la propria vita a quella di un passero, entrambi conducono un'esistenza solitaria: - passero: i suoi comportamenti sono dovuti alla sua irrazionalità - poeta: è consapevole di star sprecando gli anni migliori della gioventù, che in età adulta rimpiangerà. @ Il suono della campana posto all'inizio del canto ad alcuni appare come espressione di abbandono felice e spensierato, ad altri come espressione malinconica della giovinezza e le illusioni create in quel periodo della nostra vita Le prime due strofe sono costruite in modo simmetrico povesciato - La prima strofa è dedicata al passero, contrappone la sua solitudine (v.1-9; 12-16) alla situazione degli altri uccelli che si trovano a fare festa (v.9-11) - La seconda strofa inizia con Leopardi che paragona le abitudini del passero alle sue Inizialmente ha un comportamento schivo rispetto ai divertimenti dei giovani del suo paese A metà della seconda strofa, possiamo percepire che per quanto solitaria e priva di gioie, per Leopardi la giovinezza è pur sempre l’età privilegiata. Conclude la strofa parlando della propria solitudine - La terza strofa affronta la tematica della vecchiaia, per il passero è una cosa naturale è inconsapevole del suo destino e non prova Pammarico, mentre la condizione umana è più tragica perché l’uomo è consapevole di ciò che gli succederà in futuro e sa che arriverà a rimpiangere il tempo sprecato. ® Utilizza un linguaggio classico con l'utilizzo di termini come core, augelli, sollazzo, german, loco natio, aprica, fia,. Inoltre unisce un linguaggio appare dolce e suggestivo nelle descrizioni paesaggistiche mentre adotta espressioni aspre nei versi dedicati alla vecchiaia, connotati da termini negativi (detestata, muti, noioso, tetro ecc.). Il passero solitario presenta un'atmosfera lirica ed indeterminata e un lessico che evoca efficacemente quel senso di vago e indefinito tipico della poetica leopardiana. Leopardi usa termini del campo semantico della famiglia per descrivere lo stato della giovinezza. Il ritmo è lento. L’nFinito a Lirica di 15 endecasillabi sciolti, senza rime è il primo e più famoso dei piccoli idilli ed è stato scritto a Recanati nel 1819. Fa parte della prima fase della sua produzione poetica, durante il pessimismo storico. Questa lirica può essere divisa in 2 parti: 1- (vv.1-8) Nella prima parte l'io lirico, ispirato da un ostacolo visivo (ovvero la siepe), immagina l’infinità dello spazio che supera la comprensione visiva. 2- (vv.8-15) Nella seconda, il fruscio delle piante ricorda il tempo che scorre paragonandolo all’eternità. Lo smarrimento viene trasformato in dolcezza alla fine della lirica, ponendo fine al viaggio nel desiderio di superamento del limite. L'Infinito di Leopardi rappresenta letteralmente il non-finito ovvero l’immensità dello spazio-tempo, talmente vasta da non poter essere misurata con il pensiero, essendo un prodotto delle risorse creative individuali (finzione immaginativa). Si rivela come una fonte di piacere creata tramite le barriere naturali (colle,siepe) che inducono l'Io ad immaginare cosa potrebbe trovarsi al di là di esse (arrivano ad un processo immaginativo, creando luoghi astratti), oscillando tra lo spazio circostante e quello illimitato. Ciò suscita sensazioni precise, ma allo stesso tempo indeterminate. Questo processo termina nell'ultimo verso, con il dolce naufragio dell'Io e del pensiero, in un totale abbandono personale. Leopardi “naufraga” nella sua stessa visione interiore Se da un lato il suo pensiero annega, dall’altro si immagina una quiete profondissima (questo aggettivo rimanda alla profondità degli abissi). La sensazione dell'infinito è riprodotta da Leopardi attraverso vari elementi: - La rottura della forma-sonetto mediante l'assenza di rima e il prolungamento dei versi per mezzo degli enjambements, presenti in tutto il componimento tranne primo ed ultimo verso. - L'uso del polisindeto “e - L'uso al plurale delle parole astratte che riguardano l'immaginazione (spazi,silenzi) e l'uso al singolare delle parole concrete (colle,siepe) che si riferiscono alla realtà. Nella lirica vi è una contrapposizione tra elementi concreti (questa siepe, questo colle) ed elementi indeterminati (tanta parte, ultimo orizzonte), che esprimono uno stato d'animo commosso. a a Gli “ostacoli”:utilizzati da Leopardi servono per mettere in atto una riflessione sull'infinito temporale, che scaturirà nell'ultimo verso, dove lo smarrimento viene trasformato in dolcezza. @ Il Colle di cui parla è il monte Tabor dove spesso si recava in cerca di solitudine e per allontanarsi da Recanati, che per lui era come una prigione. L'infinito viene inteso come fonte di piacere, ed essendo senza limiti può essere soddisfatto solo attraverso l'immaginazione, l'illusione e la speranza. @ La Siepe è una metafora per la condizione esistenziale dell’uomo. Viene percepita come un limite, che può essere superato tramite l'immaginazione. La siepe incita l’uomo a tendere verso l’infinito (tema caratteristico del romanticismo). IL SABATO DEL VILLAGGIO ® E' un idillio scritto tra il 20 e il 29 settembre 1829 che fa parte dei canti pisano-recanatesi e che comparve per la prima volta nell'edizione dei canti del 1831. Riprende la struttura e in parte il tema dell’idillio “La quiete dopo la tempesta”. Il tema centrale è infatti quello del piacere, che consiste nell'attesa stessa del piacere e nelle illusioni che si coltivano durante essa, la quale concessione è introdotta da Leopardi attraverso uno scorcio di vita paesana. & E’ una canzone libera costituita da quattro strofe di endecasillabi e settenari alternati senza uno schema fisso e da uno schema libero di rime. La prima strofa è composta trenta versi ed è di carattere descrittivo, mentre le successive tre strofe, la prima di sette, la seconda di cinque e l’ultima di nove versi, sono a carattere descrittivo, meditativo e filosofico. a Nella prima strofa vengono introdotte due figure femminili, in contrapposizione tra loro. La prima è una donzelletta che, in attesa del giorno seguente di festa, raccoglie per i campi un mazzolino di rose e viole, che rappresenta la giovinezza. Attraverso questa figura viene presentata inoltre una critica alla genericità della poetica italiana, che non sa istituire un rapporto immediato con la natura, essendo le rose e le viole due fiori di stagioni diverse. Il mazzo di fiori è inoltre in antitesi con il fascio d'erba, siccome il primo è simbolo di giovinezza e bellezza, mentre il secondo della realtà. In contrapposizione alla giovane si ha la figura della vecchiarella, che siede a filare con le amiche, ricordando i giorni festivi della sua gioventù. Nei successivi versi si ha la descrizione del villaggio attraverso la poetica del vago e dell’indefinito. Vengono descritti il cielo, le colline, le case e attraverso suoni vaghi descrive il clima del sabato sera, caratterizzato dal lieto rumore delle grida dei ragazzi nella piazza e il fischiettio dello zappatore, che pensa al giorno della domenica. Nella seconda strofa viene amplificato l’effetto di vago e indefinito, attraverso il suono degli strumenti di lavoro del falegname, che lavora durante la notte per godersi il giorno di festa, creando un'atmosfera di piacere data dall’attesa del piacere stesso. Il falegname, che lavora di notte può ricordare anche la figura del poeta, ispirato dal silenzio e dalla tranquillità della notte. La terza strofa è la chiave di lettura dell’idillio, perché in pochi versi esprime la concezione leopardiana del piacere. Identifica il sabato, come il giorno gradito della settimana in quanto l’uomo è circondato da speranza e gioia data dall’attesa del giorno di riposo. Questo giorno però si rivela pieno di tristezza, in quanto le aspirazioni si annullano e le persone sono sopraffatte dal pensiero dalla faticosa settimana lavorativa che li attende. Nell'ultima strofa Leopardi con un’apostrofe si rivolge direttamente al garzoncello scherzoso, simbolo di gioia e giovinezza, mettendolo in guardia dinanzi alla vecchiaia: deve godersi la giovinezza e non affrettando il raggiungimento della matura età in quanto la vita dopo l'età della fanciulezza è dolore e noia. Dall’idillio si evince la concezione filosofica, che accompagna i canti pisano recanatesi, ovvero il pessimismo cosmico, secondo il quale la natura è come una matrigna, in quanto inganna gli uomini illudendosi di poter raggiungere la felicità, ma poi li abbandona alla ragione, che li pone davanti alla vera realtà , nella quale l'uomo non riesce a soddisfare il suo desiderio illimitato di raggiungere il piacere assoluto. (pessimismo cosmico: nel mondo si possono raggiungere solo piaceri limitati e finiti dati da illusioni e dalle Pimembranze a sua volta suscitate da un'atmosfera vaga e indefinita) Questa condizione accomuna tutti gli uomini, perciò Leopardi descrive la sua condizione a Recanati che è rappresentazione della condizione universale di qualsiasi persona in qualsiasi luogo. Dal punto di vista stilistico l’idillio si differenzia dagli altri componimenti dei canti pisano pecanatesi, in quanto si ha un ritmo lineare privo di interrogazioni ed esclamazioni. La lingua di Leopardi fonde assieme termini del linguaggio colloquiale e quotidiano (mazzolin, zappatore...), con altri aulici e classicheggianti (face, riede,...). Utilizza termini indefiniti che rimandano luoghi e suoni vaghi, come rumori provenienti da lontano o immagini quotidiane generali. Il poeta si dimostra premuroso nei confronti del garzoncello attraverso toni pacati e affettuosi. a
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